sezione lavoro; sentenza 9 febbraio 1989, n. 822; Pres. Chiavelli, Est. Aliberti, P.M. Martone(concl. conf.); Soc. Montefluos e altro (Avv. Salvucci) c. Sinquadri - Sindacato nazionale quadriindustria (Avv. Mazzani). Conferma Trib. Venezia 7 aprile 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2821/2822-2823/2824Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184215 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che in linea generale la decadenza può essere impedita solo me
diante il compimento di un atto determinato, non suscettibile di
equipollenti, la cui operatività deve persistere durante tutto l'iter
necessario al conseguimento dello scopo che gli è proprio: ne con
segue che la tempestiva proposizione della domanda giudiziale non deve ritenersi idonea a conseguire l'effetto impeditivo della
decadenza se il processo sia dichiarato estinto solo ove l'atto ri
chiesto per impedirla consista proprio ed esclusivamente nell'e
sercizio di un'azione (conf. Cass. 2339/82, id., Rep. 1982, voce
Prescrizione e decadenza, n. 192 e 2407/82, id., 1982, I, 2241, nonché 61/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 118, malgrado la mas
sima tratta da quest'ultima possa suscitare qualche perplessità). Ma anche nella citata sentenza 4214/80 si riconosce — né poteva essere altrimenti — che l'esercizio del diritto di retratto può avve
nire anche in via stragiudiziale; solo che in questo caso, ad inte
grare validamente la fattispecie legale, la medesima pronuncia ri
chiede l'adesione del retrattato. Neppure questa considerazione
sembra peraltro condivisibile. Infatti costituiscono ostacolo in
sormontabile l'ormai consolidata costruzione, da parte di questa corte regolatrice, del diritto di riscatto come diritto potestativo che si realizza con la mera dichiarazione di volontà del retraente, avente efficacia costitutiva, alla quale il retrattato rimane sogget
to, cosicché l'eventuale pronuncia giudiziale ha natura esclusiva
mente dichiarativa; nonché l'altro insegnamento, secondo cui l'atto
introduttivo del processo, sottoscritto dal solo procuratore, è di
rettamente riferibile alla parte anche laddove contiene una mani
festazione di volontà negoziale quale la dichiarazione di riscatto,
per effetto della procura speciale alla lite rilasciata a margine od
in calce all'atto medesimo, in quanto con la sottoscrizione della
procura la parte fa proprio il contenuto dell'atto. Se ne deve con
cludere che anche dopo la 1. n. 2 del 1979 il diritto di riscatto
agrario può esercitarsi con atto stragiudiziale e che in tale ipotesi l'adesione del terzo retrattato ha rilevanza esclusivamente al fine
della decorrenza del termine per il pagamento del prezzo; con
l'ulteriore conseguenza che, ove tale diritto venga esercitato con
domanda giudiziale, quest'ultima assume anche valore di manife
stazione di volontà negoziale che non viene travolta dalla succes
siva estinzione del processo e mantiene efficacia impeditiva della
decadenza dal suddetto diritto di retratto. Questa corte non si
nasconde le conseguenze pratiche di siffatta affermazione, com
portante un eccessivo appesantimento della posizione processuale del terzo (e dei successivi aventi causa) che rimane esposto, mal
grado l'inerzia processuale del titolare del diritto di retratto, al
termine prescrizionale decennale ex art. 2967 c.c., superabile solo
con l'onere, a suo carico, di proporre azione di accertamento
negativo. Ma, pur auspicando un ulteriore intervento legislativo in materia, non sembra possibile discostarsi dall'impostazione tra
dizionale dell'istituto de quo, che, ripetesi, la 1. n. 2 del 1979
non ha modificato (ed infatti detta legge parla tuttora di «senten
za che riconosce il diritto»). L'eccezione di improcedibiltà deve, pertanto, ritenersi infonda
ta ed il primo motivo del ricorso Di Leo va respinto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 febbraio
1989, n. 822; Pres. Chiavelli, Est. Aliberti, P.M. Martone
(conci, conf.); Soc. Montefluos e altro (Aw. Salvucci) c. Sin
quadri - Sindacato nazionale quadri industria (Avv. Mazzani).
Conferma Trìb. Venezia 7 aprile 1986.
Sindacati — Contributi sindacali — Sindacato non firmatario del l'accordo collettivo applicato in azienda e designato alla riscos
sione — Diritto alla riscossione mediante trattenuta — Viola zione — Comportamento antisindacale e inadempimento con
trattuale (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'at tività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento,
art. 26, 28).
Oltre che inadempimento del datore, da cui scaturisce il diritto
del lavoratore ad agire ex art. 26, 3° comma, l. n. 300 del
1970, l'inottemperanza all'obbligo di versamento dei contributi
sindacali in favore dell'associazione indicata dal lavoratore stes
II Foro Italiano — 1989.
so, quando non vi siano contratti collettivi o quando si sia
in presenza di sindacato non firmatario di essi, costituisce com
portamento antisindacale, denunciatile ex art. 28 I. 300/70 dal
l'associazione sindacale. (1)
Motivi della decisione. — Le ricorrenti società denunziano con
il primo mezzo violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n.
3, c.p.c., dell'art. 26, 2° comma, 1. 300/70, in relazione all'art.
68 ccnl 23 luglio 1979 per i lavoratori addetti all'industria chimi
ca, deducendo che ex art. 26, 2° comma, alle sole associazioni
sindacali che hanno stipulato il ccnl la legge attribuisce il diritto
soggettivo, ex art. 28, a sentire dichiarare giudizialmente la con
dotta antisindacale nel caso di datore di lavoro inadempiente, mentre rispetto al 3° comma dello stesso art. 26 tale diritto sog
gettivo spetta ai singoli lavoratori richiedenti, ex art. 414 c.p.c. Con il secondo motivo denunziano omessa e/o insufficiente mo
tivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360, n.
5, c.p.c. Afferma non essere condivisibile che quando la legge riconosce
un particolare diritto soggettivo al lavoratore, lo stesso diritto
spetta anche al sindacato e ciò in virtù della libertà di organizza zione sindacale ex art. 39 Cost.
La corte osserva che, in sostanza, la questione in esame è quel la se il giudice possa ordinare al datore di lavoro il versamento
dei contributi sindacali, da trattenere sulle retribuzioni dei lavo
ratori, in favore di un'associazione sindacale, che non sia firma
taria di alcun contratto collettivo: tale è la fattispecie in esame, in cui il resistente non aveva firmato alcun contratto collettivo,
fattispecie nella quale, inoltre, a favore del predetto, settantatre
lavoratori avevano rilasciato deleghe per la trattenuta mensile,
deleghe restituite al Sinquadri da parte datoriale, come risulta
dall'accertamento di fatto contenuto nell'impugnata sentenza.
L'art. 26 1. 20 maggio 1970 n. 300, intitolato «contributi sinda
cali», cosi recita:
«I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolge re opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali al
l'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svol
gimento dell'attività aziendale.
«Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di perce
pire, tramite ritenuta sul salario, i contributi sindacali che i lavo
ratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai contratti
collettivi di lavoro, che garantiscano la segretezza del versamento
effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione sindacale.
«Nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato dai contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il versa
mento del contributo sindacale all'associazione da lui indicata».
La corte ricorda, poi, una propria pronunzia (3778/86, Foro
it., 1986, I, 2456) con la quale ha ritenuto che il Sinquadri non
aveva il diritto soggettivo di chiedere il versamento dei contributi
sindacali perché tale associazione sindacale non era firmataria di
alcun contratto collettivo.
(1) Cfr., in senso conforme, Pret. Milano 28 gennaio 1988, Foro it..
Rep. 1988, voce Sindacati, n. 164. Sul diverso, ma connesso problema della sussistenza del diritto delle
organizzazioni sindacali non firmatarie dei contratti collettivi applicati in azienda alla trattenuta diretta dei contributi degli aderenti ex art. 26, 2° comma, 1. n. 300 del 1970, cfr. in senso negativo, Cass. 6 giugno
1986, n. 3778, id., 1986, I, 2455, con nota di riferimenti e nota, su diver
so profilo, di L. de Angelis, Riflessioni minime sull'art. 6 della legge
per i quadri; in senso positivo, cfr., invece, Pret. Milano 10 giugno 1988,
id., 1989, I, 1649, con nota di richiami. Per fattispecie varie in tema di riscossione dei contributi sindacali, cfr.
Pret. Milano 23 ottobre 1987, Pret. Albenga 5 maggio 1988, Pret. Firen
ze 2 maggio 1988, id., Rep. 1988, voce cit., nn. 78, 137, 163.
Corte cost. 24 marzo 1988, n. 334, id., 1988, I, 1774, con nota di
richiami e nota di R. Greco, Sindacato confederale e sindacato di me
stiere: verso una diversificazione dei modelli di rappresentanza, ha di
chiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 2, 1° comma, 1. n. 852 del 1973, sollevata in riferimento agli art. 3 e 39, 1° comma,
Cost., nella parte in cui prevede che il diritto di riscuotere i contributi
associativi versati dai lavoratori agricoli spetti soltanto alle federazioni
di categoria aderenti alle confederazioni sindacali a carattere nazionale
rappresentate nel Cnel.
Sulla natura chirografaria del credito delle associazioni sindacali, nei
confronti del datore di lavoro dichiarato fallito, relativo a contributi di
cui all'art. 26, 2° comma, 1. 300/70, cfr. Cass. 7 febbraio 1989, n. 761,
id., 1989, 1, 1837, con nota di richiami.
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2823 PARTE PRIMA 2824
Osserva che la norma dell'art. 26 accorda tutela giuridica al
sindacato come istituzione in sé a condizione che esso abbia con
sistenza effettiva nel mondo del lavoro, una sua concretezza la
cui prova ha voluto affidare con presunzione iuris et de iure al
l'unico dato obiettivo che ne poteva fornire la testimonianza irre
futabile, e cioè la sua capacità di essersi saputo imporre come
parte contraente di un contratto collettivo di lavoro.
Con detta pronunzia ha, tra l'altro, osservato: (il legislatore) «Col 1° comma dell'art. 26 ha assicurato ai lavoratori il diritto
di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sinda
cali all'interno dei luoghi di lavoro, affinché il 1° comma del
l'art. 39 Cost, non rimanesse espressione vuota di civiltà giuridica. «Col 2° comma, ha introdotto il diritto soggettivo delle asso
ciazioni sindacali a finanziarsi con contributi degli iscritti me diante ritenute operate dai datori di lavoro, stabilendo la condi
cio iuris che tali modalità siano disciplinate dai contratti colletti
vi, la cui stipulazione avrebbe costituito presunzione invincibile
dell'affidabilità delle associazioni stesse quali parti contrapposte di datori di lavoro (momento dell'atto).
«Col 3° comma, ha riconosciuto ai lavoratori il diritto sogget tivo di chiedere ai datori di lavoro di versare i loro contributi
sindacali all'associazione preferita, affinché la libertà di fondarle
non restasse frustrata o mortificata dalla necessità di provvedervi direttamente di volta in volta, assicurando, cosi, di riflesso, alle
associazioni suddette il diritto di vivere e ben vivere, al pari di
quelle che avevano stipulato contratti collettivi».
La corte osserva che un'attenta considerazione di tale ultima
parte — quella relativa al 3° comma dell'art. 26 — consente di
rilevare che se tale norma dà al lavoratore (quando non vi siano
contratti collettivi e, quindi, quando si è in presenza di sindacato
non firmatario di accordo collettivo, il che logicamente, nella so
stanza, è lo stesso) il diritto di chiedere il versamento a favore
di un'associazione da lui indicata, non perciò la posizione di tale
associazione non ha addirittura alcun rilievo giuridicamente ri
levante.
Il legislatore ha voluto pur sempre (come è rilevato nella citata
sentenza) assicurare anche alle associazioni non stipulanti (al pari di quelle stipulanti) il diritto di vivere.
Il che significa che, ove il datore di lavoro non adempia la
richiesta di suoi dipendenti di versare contributi sindacali ad un'as
sociazione da questi indicata, se è vero che ai lavoratori suddetti
è data azione contro il datore di lavoro ex art. 26, 3° comma, non è men vero che il comportamento datoriale anche se viola
direttamente il dovere esistente ( sia pure nei confronti dei lavo
ratori ex art. 26, 3° comma) di versare i contributi al sindacato
preferito da essi, cionondimeno in concreto limita anche l'eserci
zio della libertà e dell'attività sindacale: invero il mancato versa
mento dei contributi al sindacato cagiona un mancato reperimen to di finanziamenti (al sindacato), il che incide, intuitivamente, in senso limitativo sull'attività sindacale e, in ultima analisi, sulla stessa libertà, che può, in concreto, venire ad essere notevolmen
te condizionata venendo a mancare dei mezzi di finanziamento, occorrenti per lo svolgimento delle attività dell'associazione.
In tal modo il datore di lavoro pone in essere una attività che
è certamente antisindacale, tale essendo ogni comportamento che
in effetti ponga limiti all'esercizio della libertà e dell'attività sin
dacale (art. 28 1. 300/70).
Pertanto, in ipotesi come quella in esame, il comportamento datoriale risulta plurioffensivo, cioè esso oltre a ledere il diritto
del lavoratore ex art. 26, 3° comma, costituisce una condotta
antisindacale nei sensi di cui sopra: l'associazione sindacale può,
quindi, agire nei suoi confronti ex art. 28 statuto lavoratori.
Conclusivamente, quando il datore di lavoro, nel caso di cui
all'art. 26, 3° comma, non ottempera all'obbligo di versamento
dei contributi sindacali in favore dell'associazione indicata dai lavoratori, il diritto di questi e quello dell'associazione non sono
in alternativa, ma concorrono: l'inadempimento datoriale fa sor
gere il diritto dei lavoratori (deleganti) ad agire contro il datore di lavoro ex art. 26, 3° comma, ma può insorgere in via giudizia ria anche l'associazione sindacale sotto il diverso profilo dell'art.
28 quello della condotta datoriale, che, nel violare l'obbligo che
ha verso i lavoratori deleganti, si pone nello stesso tempo come limitazione della libertà sindacale, e come tale, è reprimibile.
Il ricorso va, quindi, rigettato.
Il Foro Italiano — 1989.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 7 febbraio
1989, n. 736; Pres. Parisi, Est. Giavedoni, P.M. De Martini
(conci, diff.); Triverio (Aw. Romeo, Pallotta) c. Soc. Scai (Aw. Albanese). Cassa App. Roma 23 aprile 1985.
Professioni intellettuali — Ingegnere — Prestazioni parziali —
Onorario (L. 2 marzo 1949 n. 143, approvazione della tariffa
professionale degli ingegneri ed architetti art. 15, 18).
Impugnazioni civili in genere — Impugnazione incidentale tardi
va — Requisiti oggettivi di ammissibilità — Accoglimento par ziale (Cod. proc. civ., art. 334, 343, 360).
Il compenso per le prestazioni parziali dell'ingegnere va calcola
to, ex art. 18 l. 2 marzo 1949 n. 143, applicando le aliquote della tabella B non al valore dell'opera realizzata, ma all'im
porto preventivamente ricavato utilizzando le percentuali della
tabella A. (1) L'ammissibilità dell'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334
c.p.c. deve essere valutata secondo i requisiti oggettivi (rispetto dell'ambito dell'impugnazione principale e dipendenza da que
sta) previsti dalla legge, in rapporto ad ogni singolo motivo
dell'appello, escludendo quindi i motivi che assumono valore
autonomo rispetto all'impugnazione principale. (2)
Svolgimento del processo. — L'ing. Mario Trivero otteneva, in data 23 aprile 1974, dal presidente del Tribunale di Roma, decreto ingiuntivo di pagamento a carico della s.p.a. Scai (società
chirurgica addominale italiana) per l'importo di lire 29.387.520, oltre interessi, quale saldo del compenso spettantegli per l'opera
professionale prestata a favore della società per la direzione dei
lavori di costruzione di una casa di cura in Roma al km. 8,500 della via Aurelia, nonché per compiti connessi, compenso liqui dato dal consiglio dell'ordine degli ingegneri in lire 36.596.000 sulle quali la committente aveva versato acconti per lire 11 milioni.
Avverso il decreto proponeva tempestiva opposizione la Scai
deducendo che il compenso del professionista era stato erronea
mente liquidato, per eccessiva valutazione del valore dell'opera, e che inoltre talune attività esposte in parcella non erano state
eseguite. In via riconvenzionale chiedeva la condanna dell'inti
mante al risarcimento dei danni da essa subiti per il negligente
comportamento del Trivero.
Il tribunale, con sentenza 26 febbraio 1981, in parziale accogli mento delle domande proposte dalle parti, dichiarato inefficace
il decreto opposto, condannava la società opponente al pagamen to della ulteriore somma di lire 45.605.783 quale compenso per
l'opera professionale, e il Trivero al pagamento di lire 31.924.895
a titolo di risarcimento danni per la negligente condotta nella
direzione dei lavori.
Su gravame principale della Scai e incidentale del Trivero, la
Corte d'appello di Roma, con sentenza 23 aprile 1985, in parziale
accoglimento dell'appello principale, riduceva l'importo comples sivo del compenso a lire 7.832.000, mentre dichiarava inammissi
bile, per tardività, l'appello incidentale.
Osservava la corte che era parzialmente fondato il secondo mo
(1) La sentenza corregge un duplice errore commesso dal giudice di
merito, certamente causato dall'infelice formulazione legislativa. Breve
mente, diremo che la 1. 143/49 riporta due tabelle; una (la tab. A) riguar da il calcolo dell'onorario dell'ingegnere o architetto che abbia eseguito per intero l'opera, elencando una serie di percentuali da rapportare al suo valore; l'altra (la tab. B relativa alle prestazioni parziali, contiene
aliquote a base unitaria applicabili alla somma risultante dal calcolo delle
percentuali indicate dalla tab. A; in altre parole, vi è un nesso (o rappor to) di proporzionalità inscindibile tra le due tabelle, per cui non è possibi le calcolare l'ammontare di una parte della prestazione, senza aver prima calcolato il tutto (ricavabile dalla tab. A). Questo il nesso sottolineato dalla Suprema corte, che richiama in motivazione anche un precedente in senso conforme (Cass. 26 gennaio 1982, n. 505, Foro it., Rep. 1982, voce Professioni intellettuali, n. 79).
(2) Secondo Cass. 24 novembre 1988, n. 6311 (Foro it., 1989, I, 1142, con nota di richiami e osservazioni di A. Proto Pisani) nei processi a due parti, in caso di soccombenza ripartita, l'ammissibilità dell'impugna zione incidentale tardiva non è soggetta ad alcuna limitazione di carattere
oggettivo. Le sezioni unite civili hanno discusso la questione all'udienza del 22
giugno (relatore R. Sgroi).
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