sezione lavoro; sentenza 22 ottobre 1987, n. 7819; Pres. Afeltra, Est. Alibrandi, P. M. Martone(concl. diff.); Sindacato autonomo personale viaggiante ente Ferrorie dello Stato (Avv. Li Gotti)c. Ente Ferrovie dello Stato. Regolamento di competenza avverso Pret. Reggio Calabria 26febbraio 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 95/96-99/100Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181021 .
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PARTE PRIMA
art. 4 1. n. 738 del 1978 e 22 d.p.r. n. 45 del 1981 — compiti meramente esecutivi di erogazione di spesa in adempimento di
una prestazione già nei suoi confronti definitivamente ed indefet
tibilmente esigibile. Con la conseguenza che ogni disguido od intralcio nello svolgi
mento dei rapporti (interni) tra impresa cessionaria e fondo di
garanzia, oppure nello svolgimento della procedura di pagamento del debito, nessuna menomazione o condizionamento di diritti
può arrecare in pregiudizio del creditore, trattandosi di rapporti e di procedura che non implicano, per il creditore stesso, alcun
onere di collaborazione.
2) Nelle considerazioni sinora esposte sono implicite le ragioni che ostano all'accoglimento delle restanti censure del ricorrente.
Questi — impostando il secondo motivo sulla violazione e fal
sa applicazione degli art. 1183 e 1362 c.c., dell'art. 4 1. n. 738
del 1978 e dell'art. 22 d.p.r. n. 45 del 1981 nonché sull'omesso
esame delle clausole contrattuali, in relazione all'art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c. — addebita ad errore del tribunale l'aver ritenuto
che il credito risarcitorio diviene esigibile sin dal momento della
conclusione dell'accordo liquidatorio, senza cosi avvedersi: a) che
il fondo debitore ha posizione di terzo rispetto all'atto di liquida
zione; b) che una clausola di quest'ultimo prevedeva come eventi
futuri la trasmissione del documento al fondo ed il pagamento. Già si è detto della infondatezza della prima proposizione (sub
a), e quanto alla seconda è sufficiente notare come la clausola
contrattuale cui si allude sia meramente confermativa e descritti
va delle conseguenze esecutive indefettibilmente ricollegate dal ci
tato art. 22 alla conclusione dell'accordo di liquidazione. Di modo che nella locuzione adoperata («l'atto sottoscritto dalle
parti sarà trasmesso al fondo di garanzia che provvederà al paga
mento») null'altro poteva ravvisarsi se non la espressa conferma
della prontezza del soggetto obbligato a procedere alla sollecita
ed incondizionata estinzione del debito.
Sarebbe invero ben strano che un sistema normativo come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di termini volti a favorire
la definizione negoziale della pretesa risarcitoria del danneggiato
prima che il giudice possa essere adito (cfr. in particolare l'art.
8 1. n. 738 del 1978) postulasse poi proprio l'intervento del giudi ce ex art. 1183 c.c. per la fissazione del termine entro cui l'accor
do risarcitorio debba ricevere concreto soddisfacimento.
Vero è, invece, che secondo generali principi il debitore ed il
creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza
(art. 1175 c.c.) e che anche l'atto di liquidazione (ed in particola re la clausola cui il ricorrente allude) devono essere interpreti se
condo nuova fede (art. 1366 c.c.). In questa ottica, le peculiarità del rapporto sono date, da un
lato, dal rilievo che l'accordo liquidatorio consacra la nascita di
un'obbligazione di pagamento certo, liquida ed esigibile senza pre determinazione di un termine, e per altro verso dalla circostanza
che il meccanismo esecutivo dell'obbligazione, delineato dalla legge, non consente la contemporaneità tra sottoscrizione dell'accordo
ed erogazione della somma dovuta.
In siffatta situazione occorre fare richiamo ai criteri altre volte
elaborati e costantemente seguiti da questa corte regolatrice, se
condo cui in caso di mancata indicazione del preciso termine cro
nologico per la esecuzione di un obbligo assunto da una parte, detto termine può essere dedotto per implicito dalla natura stessa
del rapporto con riferimento alle normali finalità di esso; con
la conseguenza che sussiste inadempimento colpevole — genera tore dell'obbligazione dei danni ex art. 1224 c.c. — allorché sia
trascorso, senza che la prestazione venga eseguita, un lasso di
tempo che il giudice del merito consideri, con riferimento alle
circostanze concrete, congruo e comunque non eccedente la nor
male tollerabilità (cfr. Cass. n. 5173 e n. 1647 del 1981, id., Rep.
1981, voce Obbligazioni in genere, nn. 30, 28; n. 1765 del 1975,
id., Rep. 1975, voce cit., n. 28; n. 962 del 1972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 64).
Pertanto, anche quando la prestazione satisfattoria, postuli per le sue modalità un certo tempo per poter essere eseguita (di modo
che l'obbligazione non possa essere adempiuta immediatamente) e le parti non abbiano determinato un termine, non è sempre necessario che il creditore costituisca in mora la controparte fa
cendo previamente ricorso al giudice per la fissazione del termine
stesso ex art. 1183 c.c., ma è sufficiente affinché possa ravvisarsi
responsabilità da inesatto adempimento che, tenuto conto delle
caratteristiche del rapporto e delle finalità del contratto, il rifar
li. Foro Italiano — 1988.
do del debitore nell'adempiere ecceda i limiti segnati dalla nor
male eseguibilità della prestazione (in questo senso, cfr. Cass.
n. 2980 del 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 19, e n. 3089 del
1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 8).
Ritardo, dunque, la cui consapevolezza richiede certo una va
lutazione rigorosa, dato il distacco cronologico dei compiti in au
tomatica successione affidati all'impresa cessionaria (trasmissione dell'atto di liquidazione) ed assolvendi direttamente dal fondo de
bitore (erogazione della somma dovuta); ma che, una volta ravvi
sato dal giudice del merito (mediante apprezzamento di fatto,
non censurabile in sede di legittimità: cfr. Cass. n. 5173 del 1981,
id., Rep. 1981, voce cit., n. 30), concreta un illecito contrattuale.
È quanto, in definitiva, ha riscontrato il tribunale con la sen
tenza impugnata: laddove ha riconosciuto ingiustificato il ritardo
dell'ente gestore del fondo di garanzia, con conseguente sua re
sponsabilità per il pagamento degli interessi legali ed il ristoro
dei danni maggiori, con decorrenza dall'11 luglio 1979, dopo cioè
che erano trascorse circa due settimane dalla sottoscrizione del
l'atto di liquidazione, senza che il debitore avesse provveduto al
pagamento. Né ai fini della imputabilità del ritardo (oltre I'll luglio 1979)
occorreva uno specifico atto di costituzione in mora del non so
lerte debitore: atto non richiesto, ai sensi dell'art. 1219, 2° com
ma, n. 3, c.c. quando, scaduto il termine (espresso od implicito), resti insoddisfatta la prestazione che deve essere eseguita al domi
cilio del creditore.
Nel caso in esame è infatti del tutto incontrovertibile che l'ob
bligazione, avente ad oggetto una somma di denaro, dovesse es
sere adempiuta presso il domicilio del creditore (art. 1182, 3°
comma, c.c.); e che fosse operante la mora ex re in quanto la
collaborazione del creditore all'adempimento era limitato al com
pimento meramente passivo di ricevere la somma dovuta (cfr. Cass. n. 4664 del 1976, id., Rep. 1976, voce cit., n. 46a; n. 1992
del 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 29). La superfluità di un atto di costituzione in mora mediante inti
mazione o richiesta fatta per iscritto, ai fini del riconoscimento
del debito, per interessi e danni maggiori ex art. 1224 c.c., da
ritardato adempimento, rende in radice sterile l'ultima censura
del ricorrente (di cui al terzo motivo) secondo cui la richiesta
ex art. 1219 c.c. avrebbe dovuto essere rivolta direttamente all'I
na ed inutilmente sarebbe stata nella specie ricevuta dall'impresa cessionaria quale soggetto diverso dal debitore e privo di poteri di rappresentanza ex lege.
3) In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 ottobre
1987, n. 7819; Pres. Afeltra, Est. Alibrandi, P. M. Marto
ne (conci, diff.); Sindacato autonomo personale viaggiante en
te Ferrorie dello Stato (Avv. Li Gotti) c. Ente Ferrovie dello
Stato. Regolamento di competenza avverso Pret. Reggio Cala
bria 26 febbraio 1986.
Sindacati — Repressione di condotta antisindacale — Ente Fer
rovie dello Stato — Competenza del pretore — Foro erariale — Esclusione (R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordi
namento dell'avvocatura dello Stato, art. 7; 1. 20 maggio 1970
n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la
voro e norme sul collocamento, art. 28; 1. 17 maggio 1985 n.
210, istituzione dell'ente «Ferrovie dello Stato», art. 23, 24).
Il procedimento per la repressione della condotta antisindacale
previsto dall'art. 28 I. 300/70 non rientra nell'ambito di appli
cazione dell'art. 23 l. 210/85, trattandosi di controversia collet
tiva, ma in quello dell'art. 24, 3° comma, e, pertanto, la
competenza del pretore va determinata secondo il principio ge nerale di cui all'art. 7 t.u. 1611/33, richiamato dal cit. art.
24, che esclude l'applicazione del c.d. foro erariale nelle cause
avanti al pretore. (1)
(1) La corte si pronunzia per la prima volta sull'argomento della disci
plina della procedura ex art. 28 1. 300/70 nei confronti del nuovo ente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Fatto e diritto. — Con ricorso al Pretore di Reggio Calabria
in funzione di giudice del lavoro, depositato in cancelleria I'll
febbraio 1986, il Sindacato autonomo del personale viaggiante
(Sapev) dell'ente Ferrovie dello Stato, dichiarando di aver «aderi
to alla Confsal in forma federativa e premesso di aver richiesto
inutilmente al compartimento di Reggio Calabria delle Ferrovie
dello Stato di essere convocato per un incontro al fine di vedersi
riconosciuti i diritti sindacali previsti dalla 1. n. 300 del 1970, assumeva che il comportamento era palesemente diretto a limita
re l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale e conseguente mente chiedeva, ai sensi dell'art. 28 1. n. 300 cit., che il pretore ordinasse la cessazione del detto comportamento e la rimozione
degli effetti.
L'ente convenuto non si costituiva in giudizio. Con ordinanza del 26 febbraio 1986, il pretore, ritenuto che
nella fattispecie era applicabile l'art. 23 1. n. 210 del 1985, dichia
rava la propria incompetenza per territorio rimettendo le parti davanti al Pretore di Catanzaro in funzione di giudice del lavoro.
Avverso tale provvedimento il Sapev ha proposto istanza di
regolamento di competenza. In data 3 marzo 1987 il procuratore generale cosi concludeva:
«Con unico articolato motivo di ricorso il Sapev lamenta la
violazione dell'art. 413 c.p.c. e della norma generale sul foro ter
ritoriale delle persone giuridiche a contenuto prevalentemente eco
nomico assumendo che: a) l'art. 23 1. n. 210 del 1985, nella parte in cui dispone che le «controversie di lavoro relative al personale
dipendente dell'ente "Ferrovie dello Stato" sono di competenza del pretore del luogo ove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello
Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie», riguarderebbe soltanto le contro
versie individuali di lavoro nelle quali è parte un dipendente del
l'ente e non quelle promosse dalle associazioni sindacali; b) in
conseguenza sarebbero, eventualmente, applicabili le norme che
regolano il foro delle controversie di lavoro; c) in tal senso de
porrebbe anche la constatazione che, trattandosi di norma ecce
zionale, l'art. 23 non potrebbe essere esteso anche alle controversie
diverse da quelle in tale sede espressamente previste; d) diversa
mente interpretato l'art. 23 sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost,
in quanto introdurrebbe una ingiustificata discriminazione rispet to «alla generalità di tutti gli altri imprenditori pubblici e privati»
(e tale sarebbe, allo stato, l'ente Ferrovie dello Stato), nonché
rispetto «a tutti gli altri dipendenti da datori di lavoro pubblici o privati che, ai sensi del citato art. 413 c.p.c., godono di un
foro che si raccorda più alle esigenze dell'accesso al giudice che
non a quelle della regola processuale».
Ferrovie dello Stato dopo la 1. 210/85, con una sentenza strutturata in
modo piuttosto singolare: la motivazione è costituita, infatti, dalla requi sitoria del p.m., riportata integralmente, di indirizzo del tutto confliggen te con la parte conclusiva della decisione, introdotta dalla locuzione «La
corte non ritiene di poter condividere le suesposte argomentazioni» e ri
stretta in poche righe, tanto da far pensare ad un ripensamento tardivo
del collegio giudicante o ad un insanato contrasto fra i suoi membri. Dalla decisione in epigrafe si può trarre, tuttavia, un «segnale» positi
vo circa l'orientamento della corte sul problema della legittimità costitu
zionale dell'art. 23 1. 210/85, cosi come ampiamente esposto dal procuratore
generale, sol che venga riferito alle controversie individuali di lavoro e
non a quelle collettive: il sospetto della incostituzionalità della disposizio ne processuale dettata dal cit. art. 23, nella parte in cui istituisce una
sorta di «foro delle Ferrovie dello Stato» anche per i giudizi di primo
grado nelle controversie di lavoro, era stato avanzato da G. Albenzio, La natura del nuovo ente Ferrovie dello Stato. La competenza per le
controversie di lavoro e il patrocinio dell'avvocatura dello Stato, in Foro
it., 1986, V, 164, cui si rimanda anche per i richiami al precedente costi
tuito dalla sent. 23 gennaio 1969, n. 4 della Corte costituzionale (citata dal p.m.) ed alle altre decisioni in tema di estensione e costituzionalità
della disciplina del c.d. foro erariale.
Sulla natura del nuovo ente delle Ferrovie dello Stato e sui problemi nati in ordine alla «privatizzazione» del rapporto di lavoro dipendente ed alla conseguente devoluzione delle controversie alla giurisdizione del
pretore del lavoro, v. Corte cost. 16 luglio 1987, n. 268, id., 1987, I,
2597, con nota di A. Romano; Cass. 23 aprile 1987, n. 3945, ibid., 2768;
Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 1987, n. 265, e T.A.R. Lazio, sez. Ili, 11 dicembre 1986, n. 3697, ibid., III, 477, con note di richiami.
Sull'applicabilità del giudizio ex art. 28 1. 300/70 nei confronti della
p.a., v. Trib. Firenze 22 novembre 1986, e Pret. Avellino 16 giugno 1987,
ibid., I, 2477, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1988.
Sulla base dei motivi ora ricordati, la Sapev chiede, quindi, in via principale la dichiarazione della competenza del Pretore
di Reggio Calabria in funzione di giudice del lavoro e, in via
subordinata, la dichiarazione di non manifesta infondatezza della
prospettata questione di legittimità costituzionale.
2. Ciò premesso si deve esaminare, in primo luogo, se il proce dimento per la repressione della condotta antisindacale previsto dall'art. 28 1. n. 300 del 1970, rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 23 in esame.
Al quesito deve essere data risposta positiva. Va richiamata sul punto l'ampia elaborazione giurisprudenzia
le formatasi in tema di coordinamento della procedura prevista dall'art. 28 con le disposizioni generali in cui alla riforma del
processo del lavoro (1. n. 533 del 1973), e in particolare, il succes
sivo intervento del legislatore che, nel modificare l'art. 28 nel
senso di attribuire al pretore del lavoro anche il giudizio di oppo sizione al decreto (v. 1. n. 847 dell'8 novembre 1977), ha esteso
il rito del lavoro alla procedura in esame ampliando cosi la no
zione di «controversie di lavoro».
Del resto l'art. 23 si riferisce genericamente alle controversie
di lavoro (e non alle controversie individuali di lavoro come la
rubrica dell'art. 409 c.p.c.) e richiede che le stesse siano relative
al personale dipendente (e non soltanto ai rapporti di lavoro co
me appunto il richiamato art. 409). Alla soluzione proposta non osta, infine, neanche la considera
zione che nell'art. 28 è dettato un autonomo criterio determinati
vo della competenza per territorio (il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunciato): il criterio di cui all'art.
23 opera, infatti, soltanto in una seconda fase e cioè quando è
già stato individuato il giudice che sarebbe stato competente se
condo le norme ordinarie.
3. Cosi interpretato l'art. 23 1. n. 210, la questione di legittimi tà sopra ricordata assume indubbiamente rilevanza nel presente
giudizio. La questione può porsi in relazione agli art. 3, 24, 25 e 113 Cost.
In relazione all'art. 3, qualora non si rinvenga una valida e
ragionevole giustificazione della disparità di trattamento, sul pia no della tutela giurisdizionale, tra i dipendenti dell'ente Ferrovie
dello Stato e gli altri lavoratori subordinati anche dipendenti di
enti pubblici (economici o meno) per le controversie devolute alla
cognizione del pretore in funzione di giudice del lavoro.
In relazione all'art. 24 e (se si include il nuovo ente in una
ampia accezione di pubblica amministrazione) all'art. 113, qualo
ra si ritenga che la eccessiva concentrazione dei giudizi si risolve
in un onere anche economico (oltre che ingiustificato sul piano
della parità di trattamento) tale da incidere in concreto sul diritto
di agire in giudizio. In relazione, infine, all'art. 25 se nella norma in esame si rav
visa la istituzione di un giudice «speciale» in relazione a una ma
teria la cui unica caratteristica sarebbe da individuare nella
partecipazione al giudizio — e soltanto per le controversie di la
voro — dell'ente Ferrovie dello Stato.
Per quanto riguarda quest'ultimo profilo si può richiamare il
principio, enunciato dalla Corte costituzionale, secondo il quale la nozione di giudice naturale corrisponde a quella di giudice isti
tuito in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista
di singole controversie, in modo che sia data al cittadino la cer
tezza circa il giudice che lo deve giudicare (v. le decisioni della
Corte cost. n. 29 del 1958, Foro it., 1958, I, 505; n. 119 del
1963, id., 1963, I, 2028; n. 118 del 1964, id., 1965, I, 155). Si deve, peraltro, rilevare che tale orientamento della Corte
costituzionale è stato criticato da chi, interpretando l'art. 25 Cost,
alla luce di quanto disposto dal successivo art. 102, vi ha ravvisa
to un divieto di istituire un apposito giudice per gruppi di contro
versie individuate con riferimento ad una delle parti in giudizio
e non alla materia.
Va precisato, però, che il 2° comma dell'art. 102 Cost, sembra
far riferimento non alla competenza per territorio del giudice or
dinario ma alla istituzione di sezioni specializzate all'interno degli
uffici giudiziari, soprattutto con riferimento alla possibile parte
cipazione di cittadini estranei alla magistratura.
Comunque, anche accettando l'impostazione in esame, il pro
blema di costituzionalità si risolverebbe in quello del controllo
della ragionevolezza dei criteri adottati dal legislatore per la iden
tificazione dei gruppi di controversie da attribuire alla competen
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PARTE PRIMA
za territoriale di un determinato giudice, e cioè in una valutazio
ne che è comunque imposta dall'art. 3 Cost.
In questa prospettiva, si deve rilevare che si è indubbiamente
in presenza di una diversità di trattamento che, implicando la
concentrazione dei giudici presso soltanto 25 (quelle distrettuali) delle 899 preture esistenti, rende più gravoso il processo e non
soltanto sul piano economico (si pensi, ad esempio, alla compari zione personale delle parti, all'acquisizione delle prove e alla ispe zione dei luoghi da parte del giudice).
Per risolvere la questione non è sufficiente richiamare i princi
pi espressi dalla Corte costituzionale per dichiarare infondata la
questione di legittimità del foro erariale (Corte cost. n. 118 del
1964). In primo luogo perché tale foro si applica soltanto alle contro
versie di competenza del tribunale ed implica una meno intensa
concentrazione dei procedimenti (presso 25 dei 159 tribunali esi
stenti) e riguarda tendenzialmente tutte le controversie in cui è
parte una p.a. e non soltanto quelle in una determinata materia.
Sul piano più generale, poi, perché, in relazione e un ente au
tonomo distinto dallo Stato, meno diretto è il collegamento tra
il maggior costo sopportato dal lavoratore come attore in giudi zio e il vantaggio che quest'ultimo, quale cittadino membro della
collettività, può trarre dal minor costo o dal miglior svolgimento del servizio reso dall'avvocatura dello Stato (argomento questo che è invece fondamentale nella citata sentenza n. 118).
Analogo ragionamento può infine essere svolto per quanto ri
guarda la esigenza di specializzazione del giudice invocata dalla
Corte costituzionale con riferimento a giudizi frequentemente im
plicanti questioni sui generis di complessa risoluzione.
In sintesi potrebbero richiamarsi i motivi addotti dalla stessa
Corte costituzionale (con la sentenza n. 4 del 1969, id., 1969,
I, 572) nel dichiarare l'illegittimità, in relazione agli art. 3 e 24
Cost., dell'art, unico 1. 29 novembre 1952 n. 2388 che attribuisce
alla competenza del Tribunale di Roma le controversie nei con
fronti dell'Enpals. 4. Considerazioni di diverso tenore sono, invece, nel senso del
la infondatezza della questione. In riferimento agli art. 24 e 113 Cost., va rilevato che la con
centrazione dei giudizi presso gli uffici che hanno sede nel capo
luogo del distretto di corte di appello è prevista anche per altre
materie in relazione alle quali la esigenza di un immediato e pe netrante intervento del giudice si pone in misura ancor più inten
sa (si pensi alla competenza del tribunale per i minorenni). La Corte di cassazione, a sua volta (v. le sentenze n. 236 del
1981, id., 1981, I, 1049; e n. 3618 del 1985, id., Rep. 1986, voce
Appello civile, n. 44), si è pronunciata in tal senso con riferimen
to alla applicabilità, peraltro soltanto in sede di impugnazione, del foro erariale nelle controversie dei dipendenti della Azienda
autonoma delle ferrovie dello Stato in materia di infortuni e ma
lattie professionali. Per quanto attiene, poi, al principio della specializzazione del
giudice enunciato dalla stessa riforma del processo del lavoro, va sottolineato come esso possa trovare concreta realizzazione sol
tanto presso gli uffici giudiziari di medie e grandi dimensioni.
In questa prospettiva, del resto, trova valida giustificazione la
concentrazione delle controversie in materia di previdenza e assi
stenza presso le 159 preture circondariali (art. 444 c.p.c.) In relazione all'art. 3 Cost., invece, la questione di legittimità
sarebbe fondata se il particolare trattamento previsto per le con
troversie in esame trovasse la sua giustificazione soltanto in rela
zione alla peculiarità dell'ente datore di lavoro; si tratterebbe infatti
di un vero e proprio «privilegio» per richiamare le parole della
Corte costituzionale nella richiamata sentenza relativa all'Enpals. L'art. 23 1. n. 210 deve essere, però, posto in relazione a quan
to previsto dal successivo art. 24 sul patrocinio dell'avvocatura
dello Stato che, stante la formulazione della norma, deve essere
considerato come obbligatorio e non facoltativo.
In questa prospettiva emerge con evidenza la ragione della scel
ta del legislatore; quella cioè di rendere effettiva la rappresentan za e la difesa in giudizio dell'ente Ferrovie dello Stato, pur con
le attuali strutture e organizzazione dell'avvocatura dello Stato.
E la circostanza che l'art. 23 in esame riguarda — diversamen
te dal «foro erariale — anche i giudizi avanti al pretore, si spiega con la constatazione che per le controversie di lavoro la compe tenza del pretore in primo grado è esclusiva e il relativo procedi mento (in particolare per quanto previsto negli art. 414, 416, 420
c.p.c.) impone, diversamente dal rito ordinario, una effettiva rap
ii. Foro Italiano — 1988.
presentanza e difesa in giudizio anche nella fase che precede l'u
dienza dibattimentale.
Se si considera la ramificazione dell'ente sul territorio naziona
le e l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza in or
dine ai criteri determinativi della competenza del pretore in
funzione di giudice del lavoro (con riferimento in primo luogo al foro della dipendenza dell'azienda), non può che rilevarsi co
me l'applicazione di tali criteri finirebbe col rendere estremamen
te difficile la difesa dell'ente nelle controversie in esame (un indizio
in tal senso può trarsi dalla constatazione che anche nel presente
giudizio l'ente non si è costituito). Ne deriva che, se la individuata disparità di trattamento non
è giustificata, non può derivarne, sotto un diverso profilo, la que stione di legittimità costituzionale, in relazione all'art. 24 Cost.,
del 3° comma dell'art. 24 1. n. 210 interpretato nel senso che
la rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'avvocatura
dello Stato nelle controversie di lavoro è obbligatoria. Le due
questioni di legittimità costituzionale non appaiono manifestamente
infondate e, conseguentemente, possono essere sollevate anche per
l'esigenza di certezza in ordine alla individuazione del giudice chia
mato a risolvere le complesse questioni poste dalla citata 1. n.
210 del 1985.
Chiede che la Corte di cassazione, in camera di consiglio, rite
nuta la rilevanza, sollevi, previa sospensione del giudizio, la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 23 1. 17 maggio 1985
n. 210, in relazione agli art. 3, 24, 25 e 113 Cost, e, in connessio
ne, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, 3° com
ma, 1. cit., in relazione all'art. 24 Cost.».
La corte non ritiene di poter condividere le suesposte argomen tazioni.
La presente è controversia collettiva, cui pertanto non è appli cabile l'art. 23 1. n. 210 che, in deroga al principio generale, im
pone il foro erariale anche per le cause davanti al pretore. Nella specie è invece applicabile l'art. 24 della legge e, pertan
to, il principio generale di cui al testo unico n. 1611 del 1933, secondo cui nelle cause avanti al pretore vige la disciplina proces suale generale con esclusione del foro erariale.
Di conseguenza la controversia in esame è di competenza del
Pretore di Reggio Calabria, in funzione di giudice del lavoro.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 otto
bre 1987, n. 7628; Pres. Bile, Est. Rebuffat, P. M. Minetti
(conci, conf.); Esposito (Avv. Rienzi) c. Palmiero (Avv. Biagi
ni), Min. pubblica istruzione, Provveditorato agli studi di Ca
serta, Buonanno, Natale. Dichiara inammissibile ricorso avverso
Cons. Stato, sez. VI, ord. 29 novembre 1985.
Giustizia amministrativa — Provvedimento impugnato — Istanza
di sospensione della esecuzione — Rigetto del T.A.R. — Ap
pello al Consiglio di Stato — Ordinanza reiettiva — Ricorso
in Cassazione — Inammissibilità (Cost., art. Ili; r.d. 26 giu
gno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 39, 45; 1.
6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrati
vi regionali, art. 21, 28, 33).
L'ordinanza del Consiglio di Stato che respinge l'appello avverso
quella del T.A.R. reiettiva dell'istanza di sospensione della ese
cuzione del provvedimento impugnato, in quanto priva dei re
quisiti formali e sostanziali della pronuncia definitiva della controversia e, perciò, inidonea a passare in giudicato, non può
formare oggetto di ricorso in Cassazione, ai sensi dell'art. Ili
Cost., ancorché basato su motivo attinente alla giurisdizione. (1)
(1) Con la presente sentenza (alla quale G. Saporito su II Sole - 24 ore del 9 dicembre 1987 ha attribuito una portata che non trova riscontro nel testo della pronuncia) le sezioni unite sono giunte alla conclusione riassunta in massima, escludendo che l'orientamento espresso da Cons.
Stato, ad. plen. 20 gennaio 1978, n. 1, Foro it., 1978, III, 1, con nota di F. Satta (e confermato, attraverso la dichiarazione d'incostituzionali tà in parte qua dall'art. 5, ultimo comma, 1. 3 gennaio 1978 n. 1, da Corte cost. 1° febbraio 1982, n. 8, id., 1982, I, 329, con nota redaziona
le), a proposito dell'appellabilità al Consiglio di Stato dei provvedimenti resi dai T.A.R. sulle istanze di sospensione della esecuzione degli atti
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