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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 22 ottobre 1987, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 22 ottobre 1987, n. 7819; Pres. Afeltra, Est. Alibrandi, P. M. Martone (concl. diff.); Sindacato autonomo personale viaggiante ente Ferrorie dello Stato (Avv. Li Gotti) c. Ente Ferrovie dello Stato. Regolamento di competenza avverso Pret. Reggio Calabria 26 febbraio 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 95/96-99/100 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181021 . Accessed: 25/06/2014 03:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 03:12:29 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 22 ottobre 1987, n. 7819; Pres. Afeltra, Est. Alibrandi, P. M. Martone(concl. diff.); Sindacato autonomo personale viaggiante ente Ferrorie dello Stato (Avv. Li Gotti)c. Ente Ferrovie dello Stato. Regolamento di competenza avverso Pret. Reggio Calabria 26febbraio 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 95/96-99/100Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181021 .

Accessed: 25/06/2014 03:12

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PARTE PRIMA

art. 4 1. n. 738 del 1978 e 22 d.p.r. n. 45 del 1981 — compiti meramente esecutivi di erogazione di spesa in adempimento di

una prestazione già nei suoi confronti definitivamente ed indefet

tibilmente esigibile. Con la conseguenza che ogni disguido od intralcio nello svolgi

mento dei rapporti (interni) tra impresa cessionaria e fondo di

garanzia, oppure nello svolgimento della procedura di pagamento del debito, nessuna menomazione o condizionamento di diritti

può arrecare in pregiudizio del creditore, trattandosi di rapporti e di procedura che non implicano, per il creditore stesso, alcun

onere di collaborazione.

2) Nelle considerazioni sinora esposte sono implicite le ragioni che ostano all'accoglimento delle restanti censure del ricorrente.

Questi — impostando il secondo motivo sulla violazione e fal

sa applicazione degli art. 1183 e 1362 c.c., dell'art. 4 1. n. 738

del 1978 e dell'art. 22 d.p.r. n. 45 del 1981 nonché sull'omesso

esame delle clausole contrattuali, in relazione all'art. 360, nn.

3 e 5, c.p.c. — addebita ad errore del tribunale l'aver ritenuto

che il credito risarcitorio diviene esigibile sin dal momento della

conclusione dell'accordo liquidatorio, senza cosi avvedersi: a) che

il fondo debitore ha posizione di terzo rispetto all'atto di liquida

zione; b) che una clausola di quest'ultimo prevedeva come eventi

futuri la trasmissione del documento al fondo ed il pagamento. Già si è detto della infondatezza della prima proposizione (sub

a), e quanto alla seconda è sufficiente notare come la clausola

contrattuale cui si allude sia meramente confermativa e descritti

va delle conseguenze esecutive indefettibilmente ricollegate dal ci

tato art. 22 alla conclusione dell'accordo di liquidazione. Di modo che nella locuzione adoperata («l'atto sottoscritto dalle

parti sarà trasmesso al fondo di garanzia che provvederà al paga

mento») null'altro poteva ravvisarsi se non la espressa conferma

della prontezza del soggetto obbligato a procedere alla sollecita

ed incondizionata estinzione del debito.

Sarebbe invero ben strano che un sistema normativo come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di termini volti a favorire

la definizione negoziale della pretesa risarcitoria del danneggiato

prima che il giudice possa essere adito (cfr. in particolare l'art.

8 1. n. 738 del 1978) postulasse poi proprio l'intervento del giudi ce ex art. 1183 c.c. per la fissazione del termine entro cui l'accor

do risarcitorio debba ricevere concreto soddisfacimento.

Vero è, invece, che secondo generali principi il debitore ed il

creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza

(art. 1175 c.c.) e che anche l'atto di liquidazione (ed in particola re la clausola cui il ricorrente allude) devono essere interpreti se

condo nuova fede (art. 1366 c.c.). In questa ottica, le peculiarità del rapporto sono date, da un

lato, dal rilievo che l'accordo liquidatorio consacra la nascita di

un'obbligazione di pagamento certo, liquida ed esigibile senza pre determinazione di un termine, e per altro verso dalla circostanza

che il meccanismo esecutivo dell'obbligazione, delineato dalla legge, non consente la contemporaneità tra sottoscrizione dell'accordo

ed erogazione della somma dovuta.

In siffatta situazione occorre fare richiamo ai criteri altre volte

elaborati e costantemente seguiti da questa corte regolatrice, se

condo cui in caso di mancata indicazione del preciso termine cro

nologico per la esecuzione di un obbligo assunto da una parte, detto termine può essere dedotto per implicito dalla natura stessa

del rapporto con riferimento alle normali finalità di esso; con

la conseguenza che sussiste inadempimento colpevole — genera tore dell'obbligazione dei danni ex art. 1224 c.c. — allorché sia

trascorso, senza che la prestazione venga eseguita, un lasso di

tempo che il giudice del merito consideri, con riferimento alle

circostanze concrete, congruo e comunque non eccedente la nor

male tollerabilità (cfr. Cass. n. 5173 e n. 1647 del 1981, id., Rep.

1981, voce Obbligazioni in genere, nn. 30, 28; n. 1765 del 1975,

id., Rep. 1975, voce cit., n. 28; n. 962 del 1972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 64).

Pertanto, anche quando la prestazione satisfattoria, postuli per le sue modalità un certo tempo per poter essere eseguita (di modo

che l'obbligazione non possa essere adempiuta immediatamente) e le parti non abbiano determinato un termine, non è sempre necessario che il creditore costituisca in mora la controparte fa

cendo previamente ricorso al giudice per la fissazione del termine

stesso ex art. 1183 c.c., ma è sufficiente affinché possa ravvisarsi

responsabilità da inesatto adempimento che, tenuto conto delle

caratteristiche del rapporto e delle finalità del contratto, il rifar

li. Foro Italiano — 1988.

do del debitore nell'adempiere ecceda i limiti segnati dalla nor

male eseguibilità della prestazione (in questo senso, cfr. Cass.

n. 2980 del 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 19, e n. 3089 del

1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 8).

Ritardo, dunque, la cui consapevolezza richiede certo una va

lutazione rigorosa, dato il distacco cronologico dei compiti in au

tomatica successione affidati all'impresa cessionaria (trasmissione dell'atto di liquidazione) ed assolvendi direttamente dal fondo de

bitore (erogazione della somma dovuta); ma che, una volta ravvi

sato dal giudice del merito (mediante apprezzamento di fatto,

non censurabile in sede di legittimità: cfr. Cass. n. 5173 del 1981,

id., Rep. 1981, voce cit., n. 30), concreta un illecito contrattuale.

È quanto, in definitiva, ha riscontrato il tribunale con la sen

tenza impugnata: laddove ha riconosciuto ingiustificato il ritardo

dell'ente gestore del fondo di garanzia, con conseguente sua re

sponsabilità per il pagamento degli interessi legali ed il ristoro

dei danni maggiori, con decorrenza dall'11 luglio 1979, dopo cioè

che erano trascorse circa due settimane dalla sottoscrizione del

l'atto di liquidazione, senza che il debitore avesse provveduto al

pagamento. Né ai fini della imputabilità del ritardo (oltre I'll luglio 1979)

occorreva uno specifico atto di costituzione in mora del non so

lerte debitore: atto non richiesto, ai sensi dell'art. 1219, 2° com

ma, n. 3, c.c. quando, scaduto il termine (espresso od implicito), resti insoddisfatta la prestazione che deve essere eseguita al domi

cilio del creditore.

Nel caso in esame è infatti del tutto incontrovertibile che l'ob

bligazione, avente ad oggetto una somma di denaro, dovesse es

sere adempiuta presso il domicilio del creditore (art. 1182, 3°

comma, c.c.); e che fosse operante la mora ex re in quanto la

collaborazione del creditore all'adempimento era limitato al com

pimento meramente passivo di ricevere la somma dovuta (cfr. Cass. n. 4664 del 1976, id., Rep. 1976, voce cit., n. 46a; n. 1992

del 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 29). La superfluità di un atto di costituzione in mora mediante inti

mazione o richiesta fatta per iscritto, ai fini del riconoscimento

del debito, per interessi e danni maggiori ex art. 1224 c.c., da

ritardato adempimento, rende in radice sterile l'ultima censura

del ricorrente (di cui al terzo motivo) secondo cui la richiesta

ex art. 1219 c.c. avrebbe dovuto essere rivolta direttamente all'I

na ed inutilmente sarebbe stata nella specie ricevuta dall'impresa cessionaria quale soggetto diverso dal debitore e privo di poteri di rappresentanza ex lege.

3) In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 ottobre

1987, n. 7819; Pres. Afeltra, Est. Alibrandi, P. M. Marto

ne (conci, diff.); Sindacato autonomo personale viaggiante en

te Ferrorie dello Stato (Avv. Li Gotti) c. Ente Ferrovie dello

Stato. Regolamento di competenza avverso Pret. Reggio Cala

bria 26 febbraio 1986.

Sindacati — Repressione di condotta antisindacale — Ente Fer

rovie dello Stato — Competenza del pretore — Foro erariale — Esclusione (R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordi

namento dell'avvocatura dello Stato, art. 7; 1. 20 maggio 1970

n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,

della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la

voro e norme sul collocamento, art. 28; 1. 17 maggio 1985 n.

210, istituzione dell'ente «Ferrovie dello Stato», art. 23, 24).

Il procedimento per la repressione della condotta antisindacale

previsto dall'art. 28 I. 300/70 non rientra nell'ambito di appli

cazione dell'art. 23 l. 210/85, trattandosi di controversia collet

tiva, ma in quello dell'art. 24, 3° comma, e, pertanto, la

competenza del pretore va determinata secondo il principio ge nerale di cui all'art. 7 t.u. 1611/33, richiamato dal cit. art.

24, che esclude l'applicazione del c.d. foro erariale nelle cause

avanti al pretore. (1)

(1) La corte si pronunzia per la prima volta sull'argomento della disci

plina della procedura ex art. 28 1. 300/70 nei confronti del nuovo ente

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Fatto e diritto. — Con ricorso al Pretore di Reggio Calabria

in funzione di giudice del lavoro, depositato in cancelleria I'll

febbraio 1986, il Sindacato autonomo del personale viaggiante

(Sapev) dell'ente Ferrovie dello Stato, dichiarando di aver «aderi

to alla Confsal in forma federativa e premesso di aver richiesto

inutilmente al compartimento di Reggio Calabria delle Ferrovie

dello Stato di essere convocato per un incontro al fine di vedersi

riconosciuti i diritti sindacali previsti dalla 1. n. 300 del 1970, assumeva che il comportamento era palesemente diretto a limita

re l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale e conseguente mente chiedeva, ai sensi dell'art. 28 1. n. 300 cit., che il pretore ordinasse la cessazione del detto comportamento e la rimozione

degli effetti.

L'ente convenuto non si costituiva in giudizio. Con ordinanza del 26 febbraio 1986, il pretore, ritenuto che

nella fattispecie era applicabile l'art. 23 1. n. 210 del 1985, dichia

rava la propria incompetenza per territorio rimettendo le parti davanti al Pretore di Catanzaro in funzione di giudice del lavoro.

Avverso tale provvedimento il Sapev ha proposto istanza di

regolamento di competenza. In data 3 marzo 1987 il procuratore generale cosi concludeva:

«Con unico articolato motivo di ricorso il Sapev lamenta la

violazione dell'art. 413 c.p.c. e della norma generale sul foro ter

ritoriale delle persone giuridiche a contenuto prevalentemente eco

nomico assumendo che: a) l'art. 23 1. n. 210 del 1985, nella parte in cui dispone che le «controversie di lavoro relative al personale

dipendente dell'ente "Ferrovie dello Stato" sono di competenza del pretore del luogo ove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello

Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie», riguarderebbe soltanto le contro

versie individuali di lavoro nelle quali è parte un dipendente del

l'ente e non quelle promosse dalle associazioni sindacali; b) in

conseguenza sarebbero, eventualmente, applicabili le norme che

regolano il foro delle controversie di lavoro; c) in tal senso de

porrebbe anche la constatazione che, trattandosi di norma ecce

zionale, l'art. 23 non potrebbe essere esteso anche alle controversie

diverse da quelle in tale sede espressamente previste; d) diversa

mente interpretato l'art. 23 sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost,

in quanto introdurrebbe una ingiustificata discriminazione rispet to «alla generalità di tutti gli altri imprenditori pubblici e privati»

(e tale sarebbe, allo stato, l'ente Ferrovie dello Stato), nonché

rispetto «a tutti gli altri dipendenti da datori di lavoro pubblici o privati che, ai sensi del citato art. 413 c.p.c., godono di un

foro che si raccorda più alle esigenze dell'accesso al giudice che

non a quelle della regola processuale».

Ferrovie dello Stato dopo la 1. 210/85, con una sentenza strutturata in

modo piuttosto singolare: la motivazione è costituita, infatti, dalla requi sitoria del p.m., riportata integralmente, di indirizzo del tutto confliggen te con la parte conclusiva della decisione, introdotta dalla locuzione «La

corte non ritiene di poter condividere le suesposte argomentazioni» e ri

stretta in poche righe, tanto da far pensare ad un ripensamento tardivo

del collegio giudicante o ad un insanato contrasto fra i suoi membri. Dalla decisione in epigrafe si può trarre, tuttavia, un «segnale» positi

vo circa l'orientamento della corte sul problema della legittimità costitu

zionale dell'art. 23 1. 210/85, cosi come ampiamente esposto dal procuratore

generale, sol che venga riferito alle controversie individuali di lavoro e

non a quelle collettive: il sospetto della incostituzionalità della disposizio ne processuale dettata dal cit. art. 23, nella parte in cui istituisce una

sorta di «foro delle Ferrovie dello Stato» anche per i giudizi di primo

grado nelle controversie di lavoro, era stato avanzato da G. Albenzio, La natura del nuovo ente Ferrovie dello Stato. La competenza per le

controversie di lavoro e il patrocinio dell'avvocatura dello Stato, in Foro

it., 1986, V, 164, cui si rimanda anche per i richiami al precedente costi

tuito dalla sent. 23 gennaio 1969, n. 4 della Corte costituzionale (citata dal p.m.) ed alle altre decisioni in tema di estensione e costituzionalità

della disciplina del c.d. foro erariale.

Sulla natura del nuovo ente delle Ferrovie dello Stato e sui problemi nati in ordine alla «privatizzazione» del rapporto di lavoro dipendente ed alla conseguente devoluzione delle controversie alla giurisdizione del

pretore del lavoro, v. Corte cost. 16 luglio 1987, n. 268, id., 1987, I,

2597, con nota di A. Romano; Cass. 23 aprile 1987, n. 3945, ibid., 2768;

Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 1987, n. 265, e T.A.R. Lazio, sez. Ili, 11 dicembre 1986, n. 3697, ibid., III, 477, con note di richiami.

Sull'applicabilità del giudizio ex art. 28 1. 300/70 nei confronti della

p.a., v. Trib. Firenze 22 novembre 1986, e Pret. Avellino 16 giugno 1987,

ibid., I, 2477, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1988.

Sulla base dei motivi ora ricordati, la Sapev chiede, quindi, in via principale la dichiarazione della competenza del Pretore

di Reggio Calabria in funzione di giudice del lavoro e, in via

subordinata, la dichiarazione di non manifesta infondatezza della

prospettata questione di legittimità costituzionale.

2. Ciò premesso si deve esaminare, in primo luogo, se il proce dimento per la repressione della condotta antisindacale previsto dall'art. 28 1. n. 300 del 1970, rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 23 in esame.

Al quesito deve essere data risposta positiva. Va richiamata sul punto l'ampia elaborazione giurisprudenzia

le formatasi in tema di coordinamento della procedura prevista dall'art. 28 con le disposizioni generali in cui alla riforma del

processo del lavoro (1. n. 533 del 1973), e in particolare, il succes

sivo intervento del legislatore che, nel modificare l'art. 28 nel

senso di attribuire al pretore del lavoro anche il giudizio di oppo sizione al decreto (v. 1. n. 847 dell'8 novembre 1977), ha esteso

il rito del lavoro alla procedura in esame ampliando cosi la no

zione di «controversie di lavoro».

Del resto l'art. 23 si riferisce genericamente alle controversie

di lavoro (e non alle controversie individuali di lavoro come la

rubrica dell'art. 409 c.p.c.) e richiede che le stesse siano relative

al personale dipendente (e non soltanto ai rapporti di lavoro co

me appunto il richiamato art. 409). Alla soluzione proposta non osta, infine, neanche la considera

zione che nell'art. 28 è dettato un autonomo criterio determinati

vo della competenza per territorio (il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunciato): il criterio di cui all'art.

23 opera, infatti, soltanto in una seconda fase e cioè quando è

già stato individuato il giudice che sarebbe stato competente se

condo le norme ordinarie.

3. Cosi interpretato l'art. 23 1. n. 210, la questione di legittimi tà sopra ricordata assume indubbiamente rilevanza nel presente

giudizio. La questione può porsi in relazione agli art. 3, 24, 25 e 113 Cost.

In relazione all'art. 3, qualora non si rinvenga una valida e

ragionevole giustificazione della disparità di trattamento, sul pia no della tutela giurisdizionale, tra i dipendenti dell'ente Ferrovie

dello Stato e gli altri lavoratori subordinati anche dipendenti di

enti pubblici (economici o meno) per le controversie devolute alla

cognizione del pretore in funzione di giudice del lavoro.

In relazione all'art. 24 e (se si include il nuovo ente in una

ampia accezione di pubblica amministrazione) all'art. 113, qualo

ra si ritenga che la eccessiva concentrazione dei giudizi si risolve

in un onere anche economico (oltre che ingiustificato sul piano

della parità di trattamento) tale da incidere in concreto sul diritto

di agire in giudizio. In relazione, infine, all'art. 25 se nella norma in esame si rav

visa la istituzione di un giudice «speciale» in relazione a una ma

teria la cui unica caratteristica sarebbe da individuare nella

partecipazione al giudizio — e soltanto per le controversie di la

voro — dell'ente Ferrovie dello Stato.

Per quanto riguarda quest'ultimo profilo si può richiamare il

principio, enunciato dalla Corte costituzionale, secondo il quale la nozione di giudice naturale corrisponde a quella di giudice isti

tuito in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista

di singole controversie, in modo che sia data al cittadino la cer

tezza circa il giudice che lo deve giudicare (v. le decisioni della

Corte cost. n. 29 del 1958, Foro it., 1958, I, 505; n. 119 del

1963, id., 1963, I, 2028; n. 118 del 1964, id., 1965, I, 155). Si deve, peraltro, rilevare che tale orientamento della Corte

costituzionale è stato criticato da chi, interpretando l'art. 25 Cost,

alla luce di quanto disposto dal successivo art. 102, vi ha ravvisa

to un divieto di istituire un apposito giudice per gruppi di contro

versie individuate con riferimento ad una delle parti in giudizio

e non alla materia.

Va precisato, però, che il 2° comma dell'art. 102 Cost, sembra

far riferimento non alla competenza per territorio del giudice or

dinario ma alla istituzione di sezioni specializzate all'interno degli

uffici giudiziari, soprattutto con riferimento alla possibile parte

cipazione di cittadini estranei alla magistratura.

Comunque, anche accettando l'impostazione in esame, il pro

blema di costituzionalità si risolverebbe in quello del controllo

della ragionevolezza dei criteri adottati dal legislatore per la iden

tificazione dei gruppi di controversie da attribuire alla competen

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PARTE PRIMA

za territoriale di un determinato giudice, e cioè in una valutazio

ne che è comunque imposta dall'art. 3 Cost.

In questa prospettiva, si deve rilevare che si è indubbiamente

in presenza di una diversità di trattamento che, implicando la

concentrazione dei giudici presso soltanto 25 (quelle distrettuali) delle 899 preture esistenti, rende più gravoso il processo e non

soltanto sul piano economico (si pensi, ad esempio, alla compari zione personale delle parti, all'acquisizione delle prove e alla ispe zione dei luoghi da parte del giudice).

Per risolvere la questione non è sufficiente richiamare i princi

pi espressi dalla Corte costituzionale per dichiarare infondata la

questione di legittimità del foro erariale (Corte cost. n. 118 del

1964). In primo luogo perché tale foro si applica soltanto alle contro

versie di competenza del tribunale ed implica una meno intensa

concentrazione dei procedimenti (presso 25 dei 159 tribunali esi

stenti) e riguarda tendenzialmente tutte le controversie in cui è

parte una p.a. e non soltanto quelle in una determinata materia.

Sul piano più generale, poi, perché, in relazione e un ente au

tonomo distinto dallo Stato, meno diretto è il collegamento tra

il maggior costo sopportato dal lavoratore come attore in giudi zio e il vantaggio che quest'ultimo, quale cittadino membro della

collettività, può trarre dal minor costo o dal miglior svolgimento del servizio reso dall'avvocatura dello Stato (argomento questo che è invece fondamentale nella citata sentenza n. 118).

Analogo ragionamento può infine essere svolto per quanto ri

guarda la esigenza di specializzazione del giudice invocata dalla

Corte costituzionale con riferimento a giudizi frequentemente im

plicanti questioni sui generis di complessa risoluzione.

In sintesi potrebbero richiamarsi i motivi addotti dalla stessa

Corte costituzionale (con la sentenza n. 4 del 1969, id., 1969,

I, 572) nel dichiarare l'illegittimità, in relazione agli art. 3 e 24

Cost., dell'art, unico 1. 29 novembre 1952 n. 2388 che attribuisce

alla competenza del Tribunale di Roma le controversie nei con

fronti dell'Enpals. 4. Considerazioni di diverso tenore sono, invece, nel senso del

la infondatezza della questione. In riferimento agli art. 24 e 113 Cost., va rilevato che la con

centrazione dei giudizi presso gli uffici che hanno sede nel capo

luogo del distretto di corte di appello è prevista anche per altre

materie in relazione alle quali la esigenza di un immediato e pe netrante intervento del giudice si pone in misura ancor più inten

sa (si pensi alla competenza del tribunale per i minorenni). La Corte di cassazione, a sua volta (v. le sentenze n. 236 del

1981, id., 1981, I, 1049; e n. 3618 del 1985, id., Rep. 1986, voce

Appello civile, n. 44), si è pronunciata in tal senso con riferimen

to alla applicabilità, peraltro soltanto in sede di impugnazione, del foro erariale nelle controversie dei dipendenti della Azienda

autonoma delle ferrovie dello Stato in materia di infortuni e ma

lattie professionali. Per quanto attiene, poi, al principio della specializzazione del

giudice enunciato dalla stessa riforma del processo del lavoro, va sottolineato come esso possa trovare concreta realizzazione sol

tanto presso gli uffici giudiziari di medie e grandi dimensioni.

In questa prospettiva, del resto, trova valida giustificazione la

concentrazione delle controversie in materia di previdenza e assi

stenza presso le 159 preture circondariali (art. 444 c.p.c.) In relazione all'art. 3 Cost., invece, la questione di legittimità

sarebbe fondata se il particolare trattamento previsto per le con

troversie in esame trovasse la sua giustificazione soltanto in rela

zione alla peculiarità dell'ente datore di lavoro; si tratterebbe infatti

di un vero e proprio «privilegio» per richiamare le parole della

Corte costituzionale nella richiamata sentenza relativa all'Enpals. L'art. 23 1. n. 210 deve essere, però, posto in relazione a quan

to previsto dal successivo art. 24 sul patrocinio dell'avvocatura

dello Stato che, stante la formulazione della norma, deve essere

considerato come obbligatorio e non facoltativo.

In questa prospettiva emerge con evidenza la ragione della scel

ta del legislatore; quella cioè di rendere effettiva la rappresentan za e la difesa in giudizio dell'ente Ferrovie dello Stato, pur con

le attuali strutture e organizzazione dell'avvocatura dello Stato.

E la circostanza che l'art. 23 in esame riguarda — diversamen

te dal «foro erariale — anche i giudizi avanti al pretore, si spiega con la constatazione che per le controversie di lavoro la compe tenza del pretore in primo grado è esclusiva e il relativo procedi mento (in particolare per quanto previsto negli art. 414, 416, 420

c.p.c.) impone, diversamente dal rito ordinario, una effettiva rap

ii. Foro Italiano — 1988.

presentanza e difesa in giudizio anche nella fase che precede l'u

dienza dibattimentale.

Se si considera la ramificazione dell'ente sul territorio naziona

le e l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza in or

dine ai criteri determinativi della competenza del pretore in

funzione di giudice del lavoro (con riferimento in primo luogo al foro della dipendenza dell'azienda), non può che rilevarsi co

me l'applicazione di tali criteri finirebbe col rendere estremamen

te difficile la difesa dell'ente nelle controversie in esame (un indizio

in tal senso può trarsi dalla constatazione che anche nel presente

giudizio l'ente non si è costituito). Ne deriva che, se la individuata disparità di trattamento non

è giustificata, non può derivarne, sotto un diverso profilo, la que stione di legittimità costituzionale, in relazione all'art. 24 Cost.,

del 3° comma dell'art. 24 1. n. 210 interpretato nel senso che

la rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'avvocatura

dello Stato nelle controversie di lavoro è obbligatoria. Le due

questioni di legittimità costituzionale non appaiono manifestamente

infondate e, conseguentemente, possono essere sollevate anche per

l'esigenza di certezza in ordine alla individuazione del giudice chia

mato a risolvere le complesse questioni poste dalla citata 1. n.

210 del 1985.

Chiede che la Corte di cassazione, in camera di consiglio, rite

nuta la rilevanza, sollevi, previa sospensione del giudizio, la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 23 1. 17 maggio 1985

n. 210, in relazione agli art. 3, 24, 25 e 113 Cost, e, in connessio

ne, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, 3° com

ma, 1. cit., in relazione all'art. 24 Cost.».

La corte non ritiene di poter condividere le suesposte argomen tazioni.

La presente è controversia collettiva, cui pertanto non è appli cabile l'art. 23 1. n. 210 che, in deroga al principio generale, im

pone il foro erariale anche per le cause davanti al pretore. Nella specie è invece applicabile l'art. 24 della legge e, pertan

to, il principio generale di cui al testo unico n. 1611 del 1933, secondo cui nelle cause avanti al pretore vige la disciplina proces suale generale con esclusione del foro erariale.

Di conseguenza la controversia in esame è di competenza del

Pretore di Reggio Calabria, in funzione di giudice del lavoro.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 otto

bre 1987, n. 7628; Pres. Bile, Est. Rebuffat, P. M. Minetti

(conci, conf.); Esposito (Avv. Rienzi) c. Palmiero (Avv. Biagi

ni), Min. pubblica istruzione, Provveditorato agli studi di Ca

serta, Buonanno, Natale. Dichiara inammissibile ricorso avverso

Cons. Stato, sez. VI, ord. 29 novembre 1985.

Giustizia amministrativa — Provvedimento impugnato — Istanza

di sospensione della esecuzione — Rigetto del T.A.R. — Ap

pello al Consiglio di Stato — Ordinanza reiettiva — Ricorso

in Cassazione — Inammissibilità (Cost., art. Ili; r.d. 26 giu

gno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 39, 45; 1.

6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrati

vi regionali, art. 21, 28, 33).

L'ordinanza del Consiglio di Stato che respinge l'appello avverso

quella del T.A.R. reiettiva dell'istanza di sospensione della ese

cuzione del provvedimento impugnato, in quanto priva dei re

quisiti formali e sostanziali della pronuncia definitiva della controversia e, perciò, inidonea a passare in giudicato, non può

formare oggetto di ricorso in Cassazione, ai sensi dell'art. Ili

Cost., ancorché basato su motivo attinente alla giurisdizione. (1)

(1) Con la presente sentenza (alla quale G. Saporito su II Sole - 24 ore del 9 dicembre 1987 ha attribuito una portata che non trova riscontro nel testo della pronuncia) le sezioni unite sono giunte alla conclusione riassunta in massima, escludendo che l'orientamento espresso da Cons.

Stato, ad. plen. 20 gennaio 1978, n. 1, Foro it., 1978, III, 1, con nota di F. Satta (e confermato, attraverso la dichiarazione d'incostituzionali tà in parte qua dall'art. 5, ultimo comma, 1. 3 gennaio 1978 n. 1, da Corte cost. 1° febbraio 1982, n. 8, id., 1982, I, 329, con nota redaziona

le), a proposito dell'appellabilità al Consiglio di Stato dei provvedimenti resi dai T.A.R. sulle istanze di sospensione della esecuzione degli atti

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