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sezione lavoro; sentenza 20 ottobre 1987, n. 7747; Pres. Afeltra, Est. M. De Luca, P. M. Martone(concl. conf.); Soc. Sagea (Avv. Antoniuccio, Ricca) c. Cacciotto (Avv. Lavenia). Cassa Trib.Catania 21 gennaio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 441/442-443/444Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181083 .
Accessed: 28/06/2014 09:47
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Al suesposto principio non si è attenuta la sentenza impugnata la quale, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata con
il rinvio della causa ad altro giudice d'appello che si designa nel
Tribunale di Brescia (sezione lavoro), il quale, nel procedere a
nuovo esame, si atterrà al principio stesso.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 ottobre
1987, n. 7747; Pres. Afeltra, Est. M. De Luca, P. M. Mar
tone (conci, conf.); Soc. Sagea (Avv. Antoniuccio, Ricca) c. Cacciotto (Avv. Lavenia). Cassa Trib. Catania 21 gennaio 1985.
Lavoro (rapporto) — Malattia — Minaccia di aborto di lavora
trice — Superamento del comporto — Divieto di licenziamento
(Cod. civ., art. 2110, 2118; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela
delle lavoratrici madri, art. 2) Lavoro (rapporto) — Lavoratrice madre — Licenziamento — Inef
ficacia temporanea (Cod. civ., art. 2118; 1. 30 dicembre 1971
n. 1204, art. 2)
Il divieto di licenziamento di cui all'art. 2 I. 1204 del 1971 è ap
plicabile anche nel caso in cui sia stato superato il periodo di
comporto, calcolato aggiungendo a precedenti assenze per ma
lattia quella dovuta a minaccia di aborto della lavoratrice. (1) Non è nullo ma inefficace fino al raggiungimento di un anno
di età del bambino il licenziamento della lavoratrice madre. (2)
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 2110, 2118
c.c., 112 c.p.c. nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c.), la s.p.a. Sagea censura la sentenza impugnata per ave
re, in dipendenza dell'affermata nullità assoluta del licenziamen
to di lavoratrice in istato di gravidanza, ritenunto ininfluenti, al
fine di decidere, le osservazioni, svolte dal primo giudice ed inve
stite dal proprio appello, in ordine al preteso computo dell'assen
za della lavoratrice per minaccia d'aborto nel periodo di comporto e in ordine alla pretesa rinuncia del datore di lavoro al recesso,
implicito nella riammissione in servizio della lavoratrice dopo il
superamento del comporto, sebbene non sia previsto alcun termi
ne né, tantomeno, prescritta l'immediatezza per tale recesso, che,
nella specie, è stato comunicato (con lettera 13 settembre 1982)
poco più di un mese dopo l'ultima assenza per malattia (dal 5
al 7 agosto 1982) inclusa nel periodo di comporto. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa appli
cazione degli art. 2110, 2118 c.c., 2 e 4 1. 30 dicembre 1971 n.
1204 nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), la società ricorrente censura la sentenza impugnata per avere rite
nuto applicabile il divieto di licenziamento, previsto in favore delle
lavoratrici madri, anche al recesso per superamento del periodo di comporto per malattia, sebbene questo sia correlato ad una
fattispecie autonoma di recesso — nella specie già perfezionatasi all'inizio della gravidanza — e per il suo carattere eccezionale
(di facultizzare il recesso ad nutum) deroga a quel divieto generale. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazio
ne degli art. 2, 3 e 4 1. 1204/71 nonché vizio di motivazione (art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c.), la società ricorrente censura la sentenza
impugnata per avere ritenuto affetto da nullità assoluta — anzi
ché semplicemente inefficace fino al compimento di un anno di
età del bambino (nella specie, fino all'8 dicembre 1983) — il li
cenziamento intimato a lavoratrice in istato di gravidanza.
(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini circa il principio di cui
alla prima massima, affermato dalla Cassazione dando rilievo alla ratio
di conservazione del posto di lavoro nel periodo di particolare situazione
di bisogno connessa con la gravidanza e il puerperio, e alla riconducibilità
del recesso per superamento del comporto all'ampia categoria dei licen
ziamenti (e quindi alla disciplina, pur tassativa, dell'art. 2 1. 1204 del 1971).
Quanto alla seconda massima, è in linea con l'orientamento altamente
maggioritario della giurisprudenza di cassazione di cui è data completa documentazione in sentenza. Contra, ma forse senza piena consapevolez za dello specifico problema, Cass. 4144/84 pure richiamata in sentenza.
Sempre in senso contrario, cfr., nella giurisprudenza di merito, Pret. Pu
tignano 1° aprile 1987, Foro it., 1987, I, 3193, con nota di richiami.
Cass. 7747/87 è pure riportata in Diritto e pratica del lavoro, 1987,
3151, con un commento a prima lettura di E. d'Avossa.
Il Foro Italiano — 1988.
2.1. - Precede nella trattazione, per il suo carattere logicamente
pregiudiziale, il secondo motivo del ricorso, con il quale si censu
ra la sentenza impugnata per avere applicato, al dedotto recesso
del datore di lavoro, per malattia della lavoratrice protrattasi ol
tre il c.d. periodo di comporto (di cui all'art. 2110 c.c.), il divieto
di licenziamento della lavoratrice stessa, dall'inizio della gestazio ne fino al compimento di un anno di età del bambino (di cui
all'art. 2 1. 30 dicembre 1971 n. 1204.
Il motivo non è fondato.
2.2. - In difetto di specificazioni ulteriori, il divieto di licenzia
mento delle lavoratrici madri, durante il periodo considerato (di cui al citato art. 2 1. 1204/71), riguarda qualsiasi licenziamento,
indipendentemente dal tipo e dalla fattispecie che lo legittimi.
Coerentemente, le ipotesi di deroga a quel divieto, previsto tas
sativamente (dal 3° comma dello stesso art. 2), si riferiscono a
tipi diversi di licenziamento.
Cosi la «colpa grave» (di cui alla lettera a di detto comma)
integra ipotesi, particolarmente grave, di «giusta causa» (art. 2119
c.c.) di licenziamento individuale (vedi, per tutte, Cass. n. 1440/86, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 2215; n. 93/81,
id., Rep. 1981, voce cit., n. 1635; n. 1258/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1126; n. 4748/76, id., 1977, I, 332).
La «cessazione dell'attività dell'azienda» (di cui alla lett. b del
lo stesso comma) evoca, poi, ipotesi di fattispecie legittimanti il
licenziamento collettivo (vedi Cass. n. 6236/86, id., Rep. 1986,
voce cit., n. 2213) oppure del giustificato motivo oggettivo (art. 3 1. 604/66) di licenziamento individuale (vedi Cass. n. 3732/78,
id., Rep. 1978, voce cit., n. 549; nn. 1897 e 6806/82, id., Rep.
1982, voce cit., nn. 1796, 1794; n. 3384/83, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 1167; n. 5647/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2114). Sono riconducibili, infine, ad ipotesi di legittima apposizione
del termine (1. 18 aprile 1962 n. 230, art. 1) e di cessazione del
rapporto di lavoro a tempo determinato, le deroghe al divieto
di licenziamento in esame (di cui alla lett. c di quel 3° comma
dell'art. 2 1. 1204/71) in caso di «ultimazione della prestazione
per la quale la lavoratrice è stata assunta» e di «risoluzione del
rapporto per scadenza del termine» (vedi Cass. n. 24 del 1986,
id., Rep. 1986, voce cit., n. 2216). L'ambito generale di applicazione del divieto di licenziamento
delle lavoratrici madri, indipendentemente dal tipo di licenzia
mento (oltre che dal livello occupazionale dell'impresa e dell'uni
tà produttiva di appartenenza della lavoratrice: vedi Cass. n.
2165/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2115, anche in motivazione)
trova, quindi, giuridico fondamento nella interpretazione — let
terale e sistematica — della disciplina legale relativa (art. 2 1.
1204/71), ma pare giustificato, altresì', dalla ratio del divieto.
Questo — allo scopo di assicurare «effettività» alla «protezio ne» della maternità, che è garantita anche costituzionalmente (art.
31, 2° comma, 37, 1° comma, Cost.) — tende, infatti, alla con
servazione del posto di lavoro nel periodo di particolare situazio
ne di bisogno — connessa con la gravidanza ed il puerperio —
della lavoratrice (vedi, per tutte, Cass. n. 2165/85, anche in moti
vazione). Tale ratio sarebbe, all'evidenza, frustrata se il divieto di licen
ziamento in esame — che riguarda anche l'area della recedibilità
ad nutum (di cui all'art. 2118 c.c.; vedi Cass. n. 2165/85, cit.) — non si applicasse al recesso per superamento del periodo di
comporto (di cui all'art. 2110 c.c.), sebbene non compreso tra
le ipotesi tassative di deroga al divieto (di cui all'esaminato 3°
comma dell'art. 2 1. 1204/71), in dipendenza esclusiva della «spe cialità» del recesso stesso.
La «specialità», infatti, comporta, bensì, la prevalenza della
disciplina legale del recesso in esame (art. 2110 c.c.), quale lex
specialis, sia rispetto alla disciplina limitativa dei licenziamenti
individuali (1. 604/66 ed art. 18 1. 300/70) che rispetto alla gene
rale disciplina codicistica (art. 1256, 1463 ss. c.c.), in tema di
risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della pre
stazione (in tal senso è l'orientamento consolidato di questa cor
te: vedere, per tutte, la sentenza n. 2072/80, id., 1980, I, 936,
delle sezioni unite e le recenti sentenze n. 2806/85, id., Rep. 1985,
voce cit., n. 2185; nn. 2490, 3879, 6767, 7136, 7435/86, id.,
Rep. 1986, voce cit., nn. 2313, 2294, 2281, 2279, 2275, della se
zione lavoro), ma non esclude, tuttavia, che il recesso stesso sia
riconducibile all'ampia categoria dei licenziamenti e, come tale,
sia soggetto al divieto di licenziamento — di generale applicazio
ne — delle lavoratrici madri.
3.1. - Segue nell'ordine logico e, quindi, nella trattazione il
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PARTE PRIMA
terzo motivo del ricorso, con il quale si censura la sentenza impu
gnata per avere ritenuto affetto da nullità assoluta — anziché
improduttivo di effetti fino al compimento di un anno di età del
bambino (che, nella specie, precede temporalmente la pronuncia della sentenza di primo grado) — il recesso per superamento del
periodo di comporto, comunicato alla lavoratrice durante la gra vidanza.
Il motivo è fondato e l'accoglimento che ne consegue, assorbe
le censure proposte con il primo motivo del ricorso.
3.2. - «Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio
del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età
del bambino» (art. 2, 1° comma, 1. n. 1204/71). Il limite temporale — che la disposizione testé riportata pone
al previsto divieto di licenziamento delle lavoratrici madri — com
porta, secondo l'insegnamento largamente prevalente di questa corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 2165/85, cit; n. 6806/82,
id., Rep. 1982, voce cit., n. 1794; n. 6611/81, ibid., n. 1797; in senso contrario pare, invece, la sentenza n. 4144/84, id., Rep.
1984, voce cit., n. 2044), che il licenziamento, intimato in viola
zione del divieto, non sia affetto da nullità insanabile, ma soltan
to improduttivo di effetti, limitatamente al periodo nel quale il
divieto opera, cioè fino al compimento di un anno di età del
bambino.
Questa corte non ha motivo per discostarsi dall'insegnamento della propria giurisprudenza prevalente.
La sentenza di «inefficacia temporanea» — che viene proposta
per il licenziamento della lavoratrice madre — risulta, infatti, per fettamente coerente non solo con la prevista (art. 2 1. 1204/71)
temporaneità del divieto relativo (e con la giurisprudenza consoli
data, che si è formata con riferimento al caso analogo del licen
ziamento intimato durante la malattia del lavoratore: vedi, per
tutte, Cass. n. 669/87, id., Mass., 124; nn. 3909, 2779/85, id.,
Rep. 1985, voce cit., nn. 2335, 2220; n. 4915/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2045; n. 5048/82, id., Rep. 1982, voce cit., n.1904), ma anche con la ricordata ratio legis.
La «protezione» della maternità — che la legge intende perse
guire a tutela degli interessi costituzionalmente rilevanti — è rea
lizzata, infatti, dalla conservazione del posto di lavoro, in
dipendenza, appunto, dell'«inefficacia temporanea» del licenzia
mento, durante il periodo di gravidanza e puerperio. Viceversa la sanzione di «nullità» del licenziamento — che pa
re proposta dal ricordato orientamento minoritario della giuris
prudenza di questa corte (v. la sentenza n. 4144/84, cit.) in
conformità di tanta parte della dottrina e della giurisprudenza di merito — estende la tutela della lavoratrice madre al di là
del periodo di tempo, nel quale essa risulta giustificata dalla ratio
del divieto.
La sentenza impugnata — dichiarando la nullità del dedotto
licenziamento di lavoratrice madre — si è discostata dal prevalen te insegnamento della giurisprudenza di legittimità, che questa corte intende confermare, e merita, quindi, le censure che le ven
gono mosse con il terzo motivo del ricorso.
3.3. - L'accoglimento del terzo motivo del ricorso ne assorbe
il primo, con il quale si censura la sentenza impugnata, in quanto — muovendo dalla declaratoria di nullità del licenziamento (inve stita dall'esaminato terzo mezzo) — ha ritenuto ininfluenti, al
fine del decidere, le osservazioni, svolte dal pretore ed investite
dall'appello dell'attuale ricorrente, in ordine al preteso computo, nel periodo di comporto per malattia, dell'assenza della lavora
trice per minaccia d'aborto, nonché in ordine alla pretesa rinun
cia del datore di lavoro al recesso, asseritamente implicita nella
riammissione in servizio della lavoratrice, nonostante l'avvenuto
superamento del periodo di comporto. A seguito dell'annullamento della declaratoria di nullità del li
cenziamento, di cui si discute, il giudice di rinvio dovrà provve dere, infatti, all'esame (anche) delle questioni, che la sentenza
impugnata ha ritenuto assorbite in tale declaratoria e che atten
gono, tra l'altro, alla «immodificabilità» delle ragioni poste a
fondamento del licenziamento (anche) per superamento del perio do di comporto (sulla quale, tuttavia, vedi, per tutte, Cass. nn.
3564 e 2134/86, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1997, 2138; n.
3902/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2160; n. 2134/84, id., Rep.
1984, voce cit., n. 2140), nonché alla «tempestività» nella intima
zione del licenziamento stesso (sulla quale, tuttavia, vedi, per tut
te, Cass. nn. 7200, 4963, 377/86, id., Rep. 1986, voce cit., nn.
2276, 2292, 2328; n. 2868/85, id., 1985, I, 2119; n. 2808/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2183).
Il Foro Italiano — 1988.
4. - Pertanto, mentre va rigettato il secondo motivo, in accogli mento del terzo (che assorbe il primo) motivo del ricorso, la sen
tenza impugnata dev'essere cassata con rinvio ad altro giudice
d'appello.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 agosto
1987, n. 7063; Pres. Zappulli, Est. Nardino, P.M. Martinel
li (conci, diff.); Soc. National Chemsearch (Avv. Conte, Pel
legrini Cislaghi) c. Reale. Cassa Trib. Milano 30 marzo 1983.
Agenzia (contratto di) — Recesso unilaterale in tronco — Ina
dempienza contrattuale — Responsabilità del debitore — Assi
milazione fra contratto di agenzia e contratto di lavoro
subordinato — Esclusione — Fattispecie (Cod. civ., art. 1218,
1456, 1742, 1750, 2119; cod. proc. civ., art. 360, 409).
Nel caso di contratto di agenzia con clausola risolutiva espressa,
l'inadempimento dell'agente è causa di recesso in tronco se a
lui imputabile, quanto meno a titolo di colpa. (1) Nel caso di contratto di agenzia con clausola risolutiva espressa,
il giudice deve accertare solo l'imputabilità dell'inadempimen
to, con esclusione di ogni valutazione sull'entità dello stesso
al fine di determinare il diritto dell'agente all'indennità sostitu
tiva di preavviso. (2)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Milano
del 18 settembre 1981 Ilio Reale convenne in giudizio la s.r.l.
National Chemsearch per sentirla condannare al pagamento di
lire 4.277.608, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, a titolo di indennità sostitutiva di preavviso in relazione ad un
contratto di agenzia illegittimamente risolto dalla preponente a
causa del mancato raggiungimento del minimo di vendite pattui to nei mesi di marzo e aprile 1981.
(1) Costituisce «diritto positivo giurisprudenziale» il principio secondo cui è ammissibile, per giusta causa, la risoluzione in tronco di un contrat to di agenzia da parte del preponente per inadempienza contrattuale. Dif
feriscono, invece, gli agganci normativi per giustificare una siffatta conclusione. Infatti, per qualificare la rilevanza e gli effetti della fattispe cie risolutoria del contratto di agenzia, una parte della giurisprudenza concorda con quanto affermato dalla sentenza su riportata, sostenendo che la risoluzione in tronco, imputabile all'agente per colpa, esime il rece dente dal preavviso e dall'indennità sostitutiva (cfr., tra le più recenti, Cass. 22 gennaio 1986, n. 394, Foro it., Rep. 1986, voce Contratto in
genere, nn. 367, 369; Trib. Milano 25 febbraio 1985, ibid., n. 370). In situazioni consimili, la stessa corte ha utilizzato le norme sul manda
to (cfr. sent. 8 luglio 1983, n. 4591, id., Rep. 1983, voce cit., n. 328; 5 gennaio 1967, n. 25, id., Rep. 1967, voce Agenzia (contratto), n. 16). Mentre in altri casi ancora s'è fatto riferimento al generico concetto di
giusta causa (cfr. sent. 10 gennaio 1984, n. 183, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 24; 11 giugno 1983, n. 4023, id., Rep. 1983, voce Contratto in
genere, n. 329; 9 luglio 1979, n. 3942, id., Rep. 1979, voce Agenzia (con tratto), n. 22; 4 gennaio 1977, n. 12, ibid., n. 21; 11 luglio 1979, n.
4016, (ibid., n. 19). Per sovramercato, in altri casi di recesso in tronco da contratto di agenzia
i giudici di legittimità hanno fatto leva sulla disciplina in tema di recesso dal contratto di lavoro subordinato (cfr. Cass. 20 maggio 1983, n. 5446, id., Rep. 1983, voce cit., n. 23; 4 aprile 1977, n. 1295, id., Rep. 1977, voce cit., n. 31; 10 aprile 1975, n. 1340, id., Rep. 1975, voce cit., n. 41).
Analoga incertezza si rinviene in dottrina. Taluno afferma che la sola
ipotesi di scioglimento del rapporto, senza preavviso e senza indennità
sostitutiva, è data dall'inadempimento visto quale sinonimo di giusta cau sa colposa; più precisamente, ammette il recesso per giusta causa secondo i principi generali ex art. 1453 e 1458 c.c. (v. Baldi, Contratto di agen zia\ Giuffrè, Milano, 1987, 195 ss.; Formiggini, Il contratto di agenzia2, in Trattato diretto da Vassalli, Utet, Torino, 1958, 155; Cerami, Agen zia (contratto di), voce dell' Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1958, I, 881).
Di contro, altra parte della dottrina ritiene legittimo il recesso ante
tempus per una qualunque giusta causa che, colposa o non, consentireb be il recesso dal rapporto a tempo indeterminato senza preavviso e senza indennità sostitutiva (v. Ghezzi, Contratto di agenzia, in Commentario a cura di Scialoja e Branca, Zanichelli-Foro italiano, Bologna-Roma, 1970, 180 ss.).
(2) Orientamento consolidato sul punto: v., da ultimo, Cass. 22 gen naio 1986, n. 394, Foro it., Rep. 1986, voce Contratto in genere, n. 369; 23 gennaio 1982, n. 470, id., Rep. 1982, voce cit., n. 268; 6 marzo 1982, n. 1435, ibid., voce Agenzia (contratto), n. 24.
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