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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 15 aprile 1987, n....

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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 15 aprile 1987, n. 3758; Pres. Della Terza, Est. Beneforti, P.M. Gazzara (concl. diff.); Moraitis (Avv.

sezione lavoro; sentenza 15 aprile 1987, n. 3758; Pres. Della Terza, Est. Beneforti, P.M. Gazzara(concl. diff.); Moraitis (Avv. Carucci) c. Soc. Cartiera Marano (Avv. Pontecorvo, Del Vecchio).Cassa Trib. Cosenza 18 aprile 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1959/1960-1965/1966Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181336 .

Accessed: 28/06/2014 14:06

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1959 PARTE PRIMA I960

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 aprile

1987, n. 3758; Pres. Della Terza, Est. Beneforti, P.M. Gaz

zara (conci, diff.); Moraitis (Avv. Carucci) c. Soc. Cartiera

Marano (Avv. Pontecorvo, Del Vecchio). Cassa Trib. Co

senza 18 aprile 1984.

Lavoro (rapporto) — Licenziamento — Illegittimità — Reinte

grazione nel posto di lavoro — Adibizione a mansioni diverse

da quelle originarie — Illegittimità (L. 20 maggio 1970 n. 300,

norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della

libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro

e norme sul collocamento, art. 18).

L'ordine giudiziale di reintegrazione ex art. 18 I. 20 maggio 1970

n. 300 comporta il diritto del lavoratore di riassumere le abi

tuali mansioni nel posto di lavoro occupato anteriormente, senza

che abbia rilevanza l'avvenuta sostituzione del lavoratore licen

ziato con altra persona chiamata a svolgere le medesime

mansioni. (1)

(1) Sul diritto del lavoratore di essere adibito alle medesime mansioni,

la Cassazione si era pronunziata diversamente dalla sentenza in epigrafe,

sostenendo la legittima adibizione del lavoratore reintegrato in azienda

ex art. 18 statuto lavoratori a mansioni diverse dalle originarie, purché

nei limiti previsti dall'art. 2103 c.c.: in tal senso, v. sent. 30 marzo 1983,

n. 2335, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1031, e in Noti

ziario giur. lav., 1983, 396; 12 gennaio 1983, n. 204, Foro it., Rep. 1983,

voce cit., n. 2188, e in Giusi, civ., 1983, I, 2671, secondo cui il datore

di lavoro deve reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato nel mede

simo posto occupato in precedenza e, ove ciò non sia possibile per avve

nuta soppressione del posto stesso, dovrà adibire il lavoratore a mansioni

equivalenti. Per la giurisprudenza di merito, v. Trib. Milano 15 febbraio

1985, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 2248, e in Lavoro 80, 1985, 535,

per il quale la modifica della posizione lavorativa del dipendente reinte

grato deve avvenire in conformità all'art. 13 statuto lavoratori; Pret. Cas

sino 7 marzo 1981, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 2250, e in Riv.

giur. lav., 1983, II, 432, relativa ad una ipotesi di reintegrazione di lavo

ratore a domicilio; Pret. Rho 14 luglio 1978, Foro it., Rep. 1979, voce

cit., n. 475, che ha ritenuto legittimo esercizio dello ius variandi il com

portamento dell'azienda che offra mansioni equivalenti al lavoratore da

reintegrare; Pret. Bari 14 febbraio 1974, id.. Rep. 1975, voce cit., n.

1034, secondo cui il rifiuto del dipendente di riprendere servizio in man

sioni equivalenti comporta la risoluzione del rapporto di lavoro; Pret.

Roma 14 novembre 1973, id., Rep. 1974, voce cit., n. 728, e in Temi

romana, 1974, 103, secondo la quale, quando il rapporto di lavoro sia

ripristinato, il datore di lavoro può esercitare il proprio ius variandi, nei

limiti dell'art. 13 statuto lavoratori, poiché le parti sono ritornate nella

stessa situazione giuridica anteriore al licenziamento, con diritti e doveri

non diversi da quelli esistenti in detta situazione. Inoltre, per una breve

casistica, v. Pret. Milano 15 dicembre 1981, Foro it., Rep. 1982, voce

cit., n. 208, e in Lavoro 80, 1982, 158 (il prestatore di lavoro reintegrato

nell'organizzazione produttiva ha diritto all'assegnazione di nuove man

sioni quando le mansioni precedenti al licenziamento illegittimo erano

nocive); Cass. 22 aprile 1981, n. 2376, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 1643, e Mass. giur. lav., 1982, 54 (il lavoratore reintegrato può essere

obbligato a frequentare corsi di addestramento istituiti ai sensi dell'art.

4 d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547 — recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro — per evitare pericoli, incidenti e danni ai dipendenti ed ai terzi, ed il suo eventuale rifiuto comporta la risoluzione del rappor

to); Trib. Prato 24-30 ottobre 1974, Giur. merito, 1975, II, 279, e, per altra parte, in Foro it., 1975, II, 371 (l'ordine di reintegrazione non può considerarsi eseguito con la formale ricostituzione del rapporto di lavoro

e la contestuale richiesta di intervento della cassa integrazione guadagni: nella specie si trattava di lavoratori attivi sindacalmente); Pret. Milano

4 ottobre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 2055, e in Lavoro 80, 1984, 317 («il lavoratore invalido, il cui licenziamento sia annullato, deve essere

reintegrato nel posto di lavoro o in altri equivalente, adeguato e compati bile con lo stato ed il grado di invalidità del lavoratore al momento della

reintegrazione»); Pret. Milano 11 marzo 1981, Foro it., Rep. 1982 voce

cit., n. 2256, e in Orient, giur. lav., 1981, 765 (per una ipotesi di invalidi

tà del lavoratore cui segua la legittima risoluzione del rapporto di lavoro

e la novazione dello stesso con mutamento completo dell'attività lavorati

va e del posto di lavoro del dipendente); Trib. Milano 26 gennaio 1982, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 1720, e in Lavoro 80, 1982, 477 (deve

comunque essere reintegrato il lavoratore che non possa continuare a svol

gere le mansioni precedenti al licenziamento illegittimo, perché privato dell'autorizzazione amministrativa per accedere agli spazi doganali del

l'aeroporto). In dottrina, relativamente alle condizioni di reintegra del prestatore di la

voro illegittimamente licenziato, si può anzitutto osservare che la riammis

sione in azienda del lavoratore deve concretizzarsi nella «reintegrazione del

lavoratore nella dinamica del rapporto di lavoro», ossia nell'«effettivo

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Con ricorso diretto al Pretore

di Cosenza e depositato il 2 giugno 1982 Giorgio Moraitis espo

neva: che licenziato dalla datrice di lavoro s.p.a. Cartiera f.lli

Marano nel novembre 1981, era stato formalmente reintegrato

nel posto di lavoro il 22 marzo 1982 in forza di sentenza di quel

pretore, confermata in appello e destinato, sempre come diretto

re tecnico, non già alla cartiera di Mongrassano ove lavorava

in precedenza, bensì alla cartiera di Campagnano di Cosenza con

la motivazione che alla cartiera di Mongrassano era stato destina

to quale responsabile di produzione il sig. Francesco Marano e

che lo stabilimento di Campagnano era rimasto privo di direzio

e reale reinserimento nell'organizzazione produttiva». Il rifiuto di far la

vorare impedisce la effettiva reintegrazione del lavoratore nell'organizza

zione produttiva, analogamente al rifiuto di ammettere il lavoratore in

azienda (D'Antona, La reintegrazione nei posto di lavoro, Padova, 1979,

193). Il lavoratore ammesso al lavoro solo «fisicamente» non si può conside

rare reintegrato che parzialmente: «se egli non viene restituito ai suoi

compiti ed utilizzato nel lavoro produttivo in modo corretto e leale, si

continuerà a consumare a suo danno il medesimo illecito . . . alla cui

eliminazione è preordinato l'intero sistema dell'art. 18, e ciò prescinden

do dai riflessi che un simile contegno imprenditoriale può avere dal punto

di vista della tutela della professionalità (art. 13 statuto lavoratori)»: D'An

tona, op. cit., 195; nello stesso senso, Garofalo, in Lo statuto dei lavo

ratori, diretto da Giugni, Milano, 1980, 51; Pret. Roma 18 dicembre

1979, Foro it., Rep. 1980, voce cit., 1389, e in Riv. giur. lav., 1979,

II, 1048; Pret. Roma 10 dicembre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce cit.,

n. 1392, e in Riv. giur. lav., 1979, II, 1049; Pret. Domodossola 14 aprile

1979, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 1262, e in Riv. giur. lav., 1979,

II, 682.

In generale, sul contenuto dell'obbligo di reintegrazione, v. Lanfran

cm, Situazioni giuridiche individuali a rilevanza collettiva ed attuazione

della condanna alla reintegrazione del lavoratore, in Riv. giur. lav., 1977,

I, 343, e, da ultimo, Dell'Olio, Licenziamenti illegittimi e provvedimenti

giudiziari, in Giornale dir. lav., 1987, 423; Mazziotti, Licenziamenti ille

gittimi e provvedimenti giudiziari, ibid., 491; Pedrazzoli, Struttura dei

rimedi a! licenziamento illegittimo, in Lavoro e diritto, 1988, 79.

Ritengono che il lavoratore reintegrato possa essere adibito a mansioni

diverse dalle originarie, Pera, La cessazione del rapporto di lavoro, Pa

dova, 1980, 189; Riva Sanseverino, Diritto del lavoro, Padova, 1978,

446; P. Sandulli, in Commentario dello statuto dei lavoratori, diretto

da Prosperetti, Milano, 1975, 563.

In effetti, l'adibizione a mansioni originarie del lavoratore reintegrato,

benché per un verso suscettibile di integrare e puntualizzare il concetto

di reintegrazione che si è delineato per altro verso — se è vero che «per

discriminatorio si indica non ciò che è differenziato, ma soltanto ciò che

è ingiustamente differenziato» (Panzarani, Gli atti discriminatori nel rap

porto di lavoro, in Dir. lav., 1980, I, 9) — potrebbe configurare una

illecita quanto irragionevole disparità di trattamento tra il lavoratore mai

espulso dall'azienda e quello licenziato e poi reintegrato.

Quest'ultimo, infatti, in seguito alla reintegrazione godrebbe di una

tutela assai più rigida e più favorevole di quella goduta dal primo lavora

tore. A meno che non si ammetta che subito dopo l'adibizione «formale»

del lavoratore alle mansioni originarie sia possibile il suo spostamento

a mansioni equivalenti, come avviene per qualsiasi altro lavoratore. Ma

in tal caso, allora, il valore sostanziale della decisione in epigrafe non

si scosterebbe da quelle che l'hanno preceduta. Si è posta inoltre la questione se il datore di lavoro che si trovi nella

obiettiva impossibilità di adibire il lavoratore alle mansioni originarie possa

licenziare il lavoratore o debba invece provare di non poterlo utilizzare

in altre mansioni, come avviene, secondo la giurisprudenza consolidata,

nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Nel senso che deve essere provata l'impossibilità di utilizzazione del

lavoratore in mansioni diverse dalle originarie, v. Trib. Roma 22 novem

bre 1974 (Foro it., Rep. 1975, voce cit., n. 821, e in Riv. giur. lav.,

1975, II, 110, con nota di D'Antona), secondo cui, qualora a tale impos

sibilità segua il licenziamento del lavoratore, si tratterebbe di licenzia

mento per giustificato motivo obiettivo (da adottare secondo le regole)

e non di impossibilità di reintegra. Un ulteriore problema si pone con riguardo alla sostituzione del lavo

ratore licenziato (che abbia impugnato il licenziamento) con altro dipen

dente chiamato a svolgere le sue mansioni nello stesso posto di lavoro.

La sentenza in epigrafe considera provvisoria tale sostituzione sul presup

posto che il datore di lavoro deve riassegnare il prestatore reintegrato

al suo posto di lavoro originario. In questo caso, ove le mansioni del lavoratore licenziato alle quali è

adibito siano, per il sostituto, mansioni superiori e ove, superato il termi

ne di tre mesi (ex art. 13 statuto lavoratori), questi venga definitivamente

promosso nelle mansioni originariamente appartenenti al lavoratore licen

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ne tecnica, perché il titolare sig. Ernesto Marano aveva assunto

un incarico sindacale presso la Confindustria; che tale provvedi

mento era illegittimo ed esponva il ricorrente al pericolo di un

licenziamento, poiché lo stabilimento di Campagnano aveva un

numero di dipendenti non superiori a quindici.

Per questi motivi il Moraitis chiedeva che fosse dichiarato ille

gittimo il trasferimento e riconosciuto il suo diritto a prestare

lavoro nello stabilimento di Mongrassano.

La società convenuta in persona del presidente Ernesto Mara

no eccepiva che il trasferimento era motivato da comprovate esi

genze tecniche, per essere lo stabilimento di Campagnano rimasto

privo di direttore tecnico, a seguito dei nuovi incarichi assunti

dal titolare.

Con successivo ricorso depositato il 22 dicembre 1982 Giorgio

Moraitis, nel far presente che con nota del 9 luglio 1982 era stato

licenziato «a seguito dell'espletamento della procedura per ridu

zione di personale prevista dall'accordo interconfederale 5 mag

gio 1965», impugnava il licenziamento e chiedeva la reintegrazione

nel posto di lavoro, perché, essendo stato illegittimamente trasfe

rito dallo stabilimento di Mongrassano a quello di Campagnano,

il licenziamento stesso doveva ritenersi privo di giusta causa o

di giustificato motivo, in quanto le ragioni poste a suo fonda

mento dovevano essere valutate in relazione allo stabilimento di

Mongrassano.

ziato, si potrebbe configurare che, dal momento che il lavoratore reinte

grato deve essere riadibito alle mansioni originarie, il sostituto, non po tendo più essere declassato (poiché, come s'è detto, sono trascorsi i tre

mesi previsti dalla legge e quindi la pronunzia è divenuta definitiva) do

vrà essere adibito, ove esistano, a mansioni equivalenti (altrimenti il da

tore di lavoro si ritroverebbe due lavoratori che svolgono la medesima

funzione) o, in mancanza, potrebbe addirittura essere licenziato per giu stificato motivo oggettivo.

La decisione che si riporta non prende in esame il problema del muta

mento (a prescindere dalla modifica delle mansioni) del «posto» di lavoro

del dipendente reintegrato in azienda a seguito di licenziamento illegittimo. In base alla pronunzia de qua si potrebbe supporre che, similmente

a quanto affermato per le mansioni, il lavoratore debba essere reintegra to nel proprio posto originario di lavoro. Ma anche in questa ipotesi, ove non si voglia cadere in una ingiustificata disparità di trattamento

analoga a quella delineata, sembrerebbe lecito ammettere, conformemen

te a quanto affermato in precedenza dalla stessa Corte di cassazione (sent. 30 marzo 1983, n. 2335, cit.), la possibilità di spostamento del dipendente

reintegrato ad altro posto di lavoro, cosi come avviene per gli altri lavo

ratori, ove ricorrano quelle «comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive» (di cui all'art. 13 statuto lavoratori) che giustificano il tra

sferimento del lavoratore da un'unità produttiva all'altra (ad esempio,

quando, nel periodo intercorrente, tra il licenziamento illegittimo e la

reintegrazione, il posto di lavoro originario risulti soppresso). 11 problema del rientro in azienda e del successivo trasferimento del

lavoratore allontanatosi per varie cause dal luogo di lavoro è stato af

frontato in diverse pronunzie. Secondo Cass. 5 aprile 1982, n. 2076, Foro it., 1982, I, 1578, «il lavo

ratore temporaneamente distaccato presso altro imprenditore, alle cui di

pendenze abbia espletato, per un periodo superiore a tre mesi, mansioni

qualificate, ma del tutto eterogenee, rispetto a quelle svolte in preceden

za, non ha diritto, una volta cessato il comando, ad acquisire, presso il proprio datore di lavoro, la qualifica superiore». Si veda anche Trib.

Bologna 28 novembre 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 1068, e

in Riv. it. dir. lav., 1985, II, 120 (il lavoratore temporaneamente coman

dato presso altro imprenditore ha diritto, allo scadere del comando, a

riprendere il proprio posto di lavoro e può essere trasferito solo in pre senza delle comprovate ragioni previste dall'art. 2103 c.c.); Pret. Milano

4 novembre 1983, Foro it.. Rep. 1984, voce cit., n. 1067, e in Lavoro

80, 1984, 235 («la copertura, nelle more del giudizio di impugnazione del licenziamento, del posto già occupato dal dipendente licenziato, non

costituisce valida ragione del trasferimento di questo, avvenuto dopo la

sua reintegrazione a seguito della declaratoria di nullità del licenziamen

to»); Pret. Milano 27 gennaio 1983, Foro it., 1983, I, 1134 («è qualifica

bile come trasferimento, e come tale legittimo, in base al disposto dell'art.

2103 c.c., solo se adottato in presenza di comprovate ragioni tecniche,

organizzative e produttive (nella specie ritenute insussistenti), l'atto con

cui il datore di lavoro», reintegrando ex art. 700 c.p.c. nel posto di lavo

ro un dipendente, in precedenza sospeso e posto in c.i.g., «lo assegni

ad uno stabilimento diverso da quello in cui originariamente svolgeva

la propria attività»); Pret. Milano 21 dicembre 1982, Foro it., Rep. 1983,

voce cit., n. 1258, e in Lavoro 80, 1983, 132 (lo spostamento del lavora

tore ad altra unità produttiva in seguito alla riammissione in servizio,

va considerato trasferimento e soggetto ai limiti di cui all'art. 13 statuto

lavoratori).

Il Foro Italiano — 1988 — Parte I-37.

La società convenuta eccepiva che il licenziamento si era reso

indispensabile pr il venir meno di una linea di produzione, quella

della carta «camoscino» e che si era trattato di licenziamento col

lettivo eseguito in conformità all'accordo interconfederale del 1965.

Riuniti i procedimenti il pretore con sentenza del 6 maggio 1983,

dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alla impu

gnazione del trasferimento rigettava l'impugnazione del licenzia

mento collettivo, ritenendo provati gli estremi del licenziamento

collettivo per riduzione di personale che aveva interessato l'intera

azienda dopo un periodo di crisi e di utilizzazione massiccia della

cassa integrazione guadagni dal gennaio al giugno 1982 in en

trambi gli stabilimenti della società.

Contro tale decisione Giorgio Moraitis interponeva appello da

vanti al Tribunale di Cosenza lamentando che il pretore erronea

mente avesse ritenuto il licenziamento ricollegabile ad una crisi

produttiva riguardante anche lo stabilimento di Mongrassano e

non soltanto quello di Campagnano, quando, viceversa, nessuna

riduzione di personale era avvenuta nella prima unità, ove egli

doveva ritenersi tutt'ora in servizio all'epoca del licenziamento

collettivo, essendo illegittimo il suo trasferimento precedentemen

te disposto allo stabilimento di Campagnano.

La società appellata resisteva alla impugnazione che il tribuna

le rigettava con sentenza 13 gennaio-18 aprile 1984 per i seguenti

motivi. Il trasferimento del Moraitis dallo stabilimento di Mongrassa

no a quello di Campagnano risultava adeguatamente motivato

e rispondeva inoltre a comprovate e obiettive esigenze aziendali

quali quelle indicate nella lettera 16 marzo 1982 e cioè: a) l'essere

il posto già occupato dallo stesso Moraitis nello stabilimento di

Mongrassano coperto da Francesco Marano, azionista della so

cietà, fino dal novembre 1981; b) l'essersi reso vacante il posto

di direttore tecnico presso lo stabilimento di Campagnano, a se

guito di impegnativo incarico sindacale assunto dal titolare Erne

sto Marano; c) l'esigenza della continua presenza nello stabilimento

di Campagnano «di un responsabile tecnico di produzione al fine

di accrescere la produttività e migliorare la qualità dell'attuale

produzione» della carta tipo camoscino ivi prodotta, che costitui

va per la società uno degli articoli più venduti, la cui produzione

oraria dai kg. 276 del mese di febbraio 1982 era scesa a kg. 269

nel mese successivo, epoca del trasferimento, mentre successiva

mente a questo era salita a kg. 281.

Tali circostanze dovevano ritenersi provate perché non conte

state dal Moraitis.

La scelta attuata dalla datrice di lavoro nel senso di destinare

alla direzione tecnica dello stabilimento di Mongrassano il Mo

raitis anziché Francesco Marano, di fronte ad un dato reale in

volgente un problema organizzativo e produttivo non era

sindacabile dal giudice che doveva limitarsi a prendere atto della

esistenza del problema che aveva reso necessaria una diversa strut

turazione dell'azienda «relativamente alla direzione tecnica».

D'altra parte la produzione dello stabilimento di Mongrassano

con il nuovo direttore tecnico Francesco Marano nel febbraio 1982

aveva raggiunto il maximum di kg. 236.700 in luogo dei kg.

171.000 prodotti nell'ottobre 1981, sotto la direzione del Moraitis

il che evidenziava la non opportunità di un suo ritorno al prece

dente posto. L'insinuazione del Moraitis secondo cui egli era stato trasferito

proprio a quello sbilimento che era in crisi produttiva era con

traddetta dalla documentazione prodotta dalla società e non con

testata ex adverso, da cui risultava che: a) solo nello stabilimento

di Mongrassano vi era stata crisi produttiva per riduzione delle

commesse, con richiesta di cassa integrazione guadagni per gli

operai in vari periodi compresi fra il 30 novembre 1981 ed il

29 maggio 1982; b) all'epoca del trasferimento (16 marzo 1982)

i lavoratori di Mongrassano erano in cassa integrazione; c) nello

stabilimento di Campagnano la cassa integrazione risultava ri

chiesta solo per il periodo 22-27 febbraio 1982 («causa neve»)

e nel periodo l°-6 marzo 1982 («causa rottura impastatrice»).

La produzione dello stabilimento di Campagnano, dopo la punta

del maggio 1982, proprio nel mese successivo aveva subito un

brusco crollo, scendendo a kg. 214 orari, si da imporre nello stes

so mese la decisione di eliminare la produzione della carta «ca

moscino» e di licenziare dieci dipendenti.

Nessuna doglianza era stata mossa dall'appellante in merito al

la ritualità del licenziamento collettivo.

Contro tale decisione Giorgio Moraitis ha proposto ricorso da

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1963 PARTE PRIMA 1964

vanti a questa corte, fondato su cinque motivi di annullamento ed a cui l'intimata società resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente

denuncia omessa pronuncia su punto decisivo e contestuale viola zione dell'art. 112 c.p.c. nonché omessa e insufficiente motiva zione (art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.) per avere il giudice d'appello portato l'esame alle ragioni giustificatrici del suo tras ferimento ad altra unità produttiva, quali erano state addotte dalla

controparte, senza tener conto del fatto che, all'atto del trasferi mento stesso, gli competeva di diritto il posto di direttore tecnico dello stabilimento di Mongrassano nel quale posto, con sentenza del Pretore di Cosenza, confermata in appello e dichiarativa delle

illegittimità del subito licenziamento, egli era stato reintegrato, senza, peraltro, poterlo riassumere a causa del tras ferimento.

Tale mancata considerazione, secondo il ricorrente, ha permes so al tribunale di ritenere decisivo a favore della datrice di lavoro «l'essere il posto già proprio del Moraitis ormai occupato da al tra persona», quando invece il diritto alla reintegrazione nel po sto di lavoro già occupato escludeva l'esistenza di esigenze aziendali che fossero tali da giustificare il trasferimento.

Né, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, le esigenze giustificatici potevano identificarsi nella circostanza che il posto fosse ormai occupato da altra parsona, ivi assegnata dopo il li

cenziamento di esso ricorrente.

Poiché, aggiunge il ricorrente, la sua reintegrazione nel posto di lavoro mai era avvenuta, difettava, d'altra parte, l'attualità di una prestazione lavorativa quale presupposto necessario del

trasferimento, configurandosi, in luogo di questo, l'inottempe ranza all'ordine di reintegrazione, eluso attraverso l'immotivato trasferimento in posto diverso da quello occupato.

Con il secondo motivo si denunciano violazione ed errata ap plicazione dell'art. 18, 1° comma, 1. 20 maggio 1970 n. 300, non ché contestuale emissione e contraddittorietà di motivazione (art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.) perché il tribunale, come conse

guenza dell'omesso esame del punto relativo alla priorità del di ritto alla materiale reintegrazione nel posto di lavoro occupato, non solo ha ritenuto, illogicamente, la legittimità del trasferimen to sulla base di esigenze aziendali inconciliabili con il prioritario obbligo di reintegrazione gravante sulla società ma ha anche vio lato o falsamente applicato la norma dell'art. 18 citato che ga rantisce il diritto del lavoratore illegittimamente licenziato di essere

reintegrato nel posto di lavoro che egli occupava all'atto del li cenziamento.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli art. 2697 e 2103 c.c. nonché dell'art. 115 c.p.c., con contestuale erronea motivazione (art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.) per avere il tribunale ritenuto provate le obiettive esigenze aziendali addot te a giustificazione del trasferimento ed esposte dalla datrice di lavoro nella lettera 22 marzo 1982, e ciò sul semplice rilievo che esse non erano state contestate dal ricorrente e senza tenere conto alcuno delle contestazioni da lui mosse in merito, prima stragiu dizialmente, poi, con il ricorso al pretore, e, infine, con l'atto

d'appello. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art.

115 c.p.c. e contestuale contraddittoria ed erronea motivazione su punto decisivo (art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.) per avere il tribunale, in aperto contrasto con il principio secondo cui il giudice deve porre a fondamento della decisione soltanto le prove proposte dalle parti, tratto il proprio convincimento sul la obiettività delle ragioni invocate dalla datrice di lavoro a giu stificazione dell'impugnato trasferimento, dalla molto maggiore produzione ottenuta dal nuovo direttore tecnico dello stabilimen to di Mongrassano (236.700 kg. nel febbraio 1982) rispetto a quella ottenuta dal ricorrente (kg. 171.000 nell'ottobre 1981), ritenendo la circostanza tale da giustificare ampiamente il diniego di riasse

gnarlo a tale unità produttiva e ciò sulla base di dati meramente

allegati e non provati. Con il quinto motivo si denunciano insufficiente e contraddit

toria motivazione su un punto decisivo (art. 360, 1° comma, n.

5, c.p.c.) per avere il tribunale ritenuto che il ricorrente non av vesse mosso alcuna lagnanza in ordine alla ritualità del licenzia mento collettivo che aveva portato alla chiusura dello stabilimento di Campagnano, quando il provvedimento anziché sotto il profi lo della ritualità avrebbe dovuto essere esaminato sotto l'aspetto della contestata riferibilità di esso al ricorrente medesimo, questi,

Il Foro Italiano — 1988.

essendo de iure tutt'ora in pianta presso lo stabilimento di Mon

grassano ove nessun licenziamento era stato disposto e dove in

ogni caso una riduzione di personale mai avrebbe potuto coinvol

gere il dipendente preposto alla direzione tecnica, a meno di una

chiusura definitiva, della cartiera.

I cinque motivi sopra esposti possono essere esaminati con

giuntamente, stanti la connessione, l'interdipendenza o la com

plementarità delle varie questioni sottoposte, talune delle quali risultano anche trattate in maniera sostanzialmente ripetitiva.

II ricorso è fondato, poiché con esso, attraverso varie conver

genti prospettazioni, si pone giustamente in evidenza come il giu dice d'appello, nella impugnata pronuncia, limitando indebitamente il thema decidendum, abbia trattato la fondamentale questione relativa alla legittimità del trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva (art. 13, 1° comma, ultima ipotesi, 1. 20 maggio 1970 n. 300) esclusivamente in relazione alle esigenze aziendali addotte dalla società datrice di lavoro, anziché con riferimento al diritto prioritario del dipendente ad essere reimmesso nel posto di lavoro occupato all'atto dell'illegittimo licenziamento.

L'ordine giudiziale di reintegrazione, come è reso palese dal dettato testuale e dalla ratio dell'art. 18, 1° comma, 1. 300/70 e come si evince anche dal suo collegamento logico-sistematico con la regola della non trasferibilità del lavoratore ad altra unità

produttiva se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive (art. 13 cit.,) non può, invero, ritenersi osservato in base ad una puramente nominale reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, quale, invece, risulta operata nella specie, mediante l'invio al Moraitis della lettera 22 marzo 1982 ove lo si dichiarava «reintegrato nel posto di lavoro» e, al tempo stesso,

gli si comunicava il disposto suo trasferimento alla cartiera di

Campagnano, stante la vacanza del posto di direttore tecnico e

attesa, altresì, l'urgenza di aumentarne la produzione, mediante il suo apporto lavorativo.

Infatti, osserva la corte, la dichiarazione giudiziale della illegit timità del disposto licenziamento, come ricostituisce, de iure, il

rapporto, da considerarsi, perciò, mai risolto, cosi ne ripristina integralmente l'originario contenuto obbligatorio e, con esso, an che il diritto del lavoratore a riassumere le abituali mansioni nel

posto di lavoro occupato anteriormente, diritto questo che assu

me, si può dire, una valenza superiore a quella normale, ogni qualvolta, come nel caso di specie, sia stata giudizialmente esclusa, quale giusta causa di cessazione del rapporto, non già l'esistenza di inadempienze ai vari obblighi collaterali a quello della presta zione lavorativa, bensì' l'esistenza di addebiti concernenti la stessa

capacità professionale, dimostrata dal dipendente, nell'espletamen to delle mansioni affidategli.

La sostituzione del lavoratore licenziato (il quale abbia impu gnato il licenziamento) con altra persona chiamata a svolgere le sue mansioni nello stesso posto di lavoro non può dunque essere considerata che provvisoria, ovvero sub condicione, subordinata, cioè, alla reiezione giudiziale della impugnativa contro il licenzia

mento, cosicché, sopravvenuto l'ordine di reintegrazione del la

voratore, il datore di lavoro, quali che siano gli impegni assunti con il sostituto, deve in via prioritaria reimmettere il dipendente nel suo posto di lavoro, non potendo egli sottrarsi all'effetto ri

pristinatorio proprio della sentenza che ordina la reintegrazione. Ciò neppure nel caso in cui egli, avvalendosi della naturale in

coercibilità dell'ordine di reintegrazione, ad esso non ottemperi. Infatti, fino a quando con sentenza di riforma in appello non

sia accertata la legittimità del licenziamento, il posto nel quale il lavoratore ingiustificatamente non è stato reimmesso, soltanto a lui compete, essendo stato il rapporto ricostituito de iure con la sentenza di reintegrazione.

Né ha rilievo in contrario l'esistenza di apprezzabili esigenze tecnico-organizzative dell'impresa di reperire altro lavoratore in

luogo di quello licenziato, trattandosi di un effetto che deriva dal licenziamento poi dichiarato illegittimo; che è imputabile, an

ch'esso, al datore di lavoro e che questi deve, perciò, rimuovere

prioritariamente, liberando il posto di lavoro spettante al dipen dente reintegrato.

Sulla base delle precedenti considerazioni, manifestamente di

sapplicate dal giudice d'appello risultano le citate norme degli art. 18, 1° comma, e 13, 1° comma, ultima ipotesi, 1. 20 maggio 1970 n. 300, in ossequio alle quali norme lo stesso giudice d'ap pello, anziché appuntarsi alla supposta, immotivata, irrevocabili tà della operata sostituzione del lavoratore licenziato con Francesco

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 15 aprile 1987, n. 3758; Pres. Della Terza, Est. Beneforti, P.M. Gazzara (concl. diff.); Moraitis (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Marano, azionista della s.p.a. datrice di lavoro, avrebbe dovuto

qualificare tale sostituzione come provvisoria, e, in ogni caso,

poi cessata per effetto della sentenza di reintegra del lavoratore

sostituito.

Se, da un lato, innegabili ragioni tecniche, organizzative e pro duttive imponevano la sostituzione del dipendente licenziato in

attesa dell'esito della proposta impugnativa, dall'altro lato, tale

sostituzione non poteva ritenersi definitiva, tanto meno dopo la

sentenza accertante l'illegittimità del licenziamento, né poteva in

tegrare quel presupposto di fatto che, secondo il tribunale, aveva

reso ormai irrevocabile il trasferimento del lavoratore ad altra

unità produttiva.

Poiché lo stabilimento di Mongrassano aveva il suo nuovo di

rettore tecnico (ritenuto inamovibile) né, ovviamente, era possibi le una sua convivenza con il precedente direttore tecnico, il

trasferimento di quest'ultimo allo stabilimento di Mongrassano non poteva dal tribunale essere attribuito a quelle comprovate

esigenze tecniche, organizzative e produttive che, nella previsione del cit. art. 13, 1° comma, ultima ipotesi, valgono, esse sole, a giustificare il trasferimento del lavoratore ad altra unità pro

duttiva, ma doveva essere ricollegato al licenziamento illegittimo

operato dalla datrice di lavoro, quale suo effetto parimenti impu tabile alla medesima che essa aveva l'ordine di rimuovere.

Ne consegue che non può nemmeno prospettarsi nella specie

l'ipotesi di una insindacabile scelta da parte della datrice di lavo

ro, circa la persona ritenuta idonea ad occupare il posto di diret

tore tecnico in una piuttosto che nell'altra delle due cartiere gestite,

ipotesi che il tribunale ha invece ritenuto pienamente configura bile sulla base di una generica affermazione di principio e senza

considerare come difettassero i presupposti soggettivi di una le

gittima scelta fra più dipendenti. Manifestamente a senso unico risultava infatti l'asserita «scel

ta», dopo la «definitiva» assegnazione di Francesco Marano al

posto di direttore tecnico nella cartiera di Mongrassano già occu

pato dal Moraitis.

La sentenza del tribunale contravviene, del resto, allo stesso

giudicato formatosi sulla idoneità del Moraitis a svolgere le man

sioni di direttore tecnico della cartiera di Mongrassano, quando,

sia pur in forma ellittica e sfuggente, allude all'asserito scarso

rendimento dimostrato dal lavoratore in quel posto, ravvisandovi

una ulteriore ragione della scelta operata dalla datrice di lavoro,

e, con ciò, contraddicendo, peraltro, alla stessa motivazione del

trasferimento, imperniata su un preciso giudizio di idoneità ad

incrementare la produzione di Campagnano, espresso nei con

fronti del Moraitis.

Risultando accertato, in linea di diritto, che al lavoratore rein

tegrato competeva di essere riassegnato alla cartiera di Mongras sano quale direttore tecnico e che illegittimamente egli fu, invece,

trasferito alla cartiera di Campagnano previa nominale reintegra zione nel posto di lavoro (accertamento, questo, che assorbe o

rende ultroneo o irrilevante l'esame di ogni altra questione sotto

posta nei cinque motivi di ricorso) la sentenza del tribunale deve

pertanto essere cassata con rinvio, per violazione dell'art. 18, 1°

comma, 1. 20 maggio 1970 n. 300 nonché per falsa applicazione dell'art. 13, 1° comma, ultima ipotesi, stessa legge, restando cosi

assorbite le censure di insufficiente e contraddittoria motivazione

su punti di fatto decisivi.

Il giudice del rinvio, attenendosi al punto di diritto sopra enun

ciato, dichiarerà il Moraitis in forza alla cartiera di Mongrassano

e perciò non coinvolto dal licenziamento collettivo e dalla conse

guente chiusura della cartiera di Campagnano, provvedendo, quin

di, su ogni domanda conseguenziale.

Il Foro Italiano — 1988.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 28 feb

braio 1987, n. 2149; Pres. Parisi, Est. Sammartino, P. M. Ze

ma (conci, conf.); Lo Bello (Aw. Battaglia, Gaglio) c. Siragusa

(Avv. Pace, Sbarra). Conferma Trib. Termini Imerese 7 mar

zo 1983.

Impugnazioni civili in genere — Impugnazione incidentale tardi

va su capo di sentenza autonomo rispetto al principale — Am

missibilità — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 107, 332, 333,

334, 343).

L'impugnazione principale consente alla parte impugnata di pro

porre a sua volta impugnazione incidentale tardiva su qualun

que capo della sentenza ancorché autonomo (principio enunciato

con riferimento all'ipotesi in cui nel corso del giudizio di primo

grado era stata disposta per ordine del giudice la chiamata in

causa di un terzo in capo al quale era stato riconosciuto il dirit

to dedotto in giudizio dall'attore; proposto appello dal conve

nuto soccombente, avevano appellato in via incidentale tardiva

sia l'attore, per sentir accogliere la domanda a proprio favore, sia il terzo). (1)

(1) La corte ha perso una buona occasione per fare chiarezza sull'am bito di ammissibilità dell'impugnazione incidentale tardiva.

Ai fini di cogliere esattamente i problemi affrontati con la sentenza in epigrafe è opportuno prendere le mosse del caso concreto.

L'attore, assegnatario di terreni dell'Ente di sviluppo agricolo (Esa) agisce in revindica contro il possessore senza titolo. Il giudice ordina l'in tervento dell'Esa e condanna il convenuto al rilascio dei beni a favore del terzo. Contro tale sentenza appella in via principale il convenuto ed in via incidentale sia l'attore che il terzo.

La corte doveva quindi risolvere le seguenti questioni: a) se si rientrava in un'ipotesi di causa scindibile o, invece, inscindibile; b) se l'attore —

ove si versasse in causa scindibile (come ha ritenuto la corte) — poteva impugnare in via incidentale tardiva.

Sub a) L'orientamento assolutamente prevalente in giurisprudenza è che l'intervento del terzo chiamato in causa per ordine del giudice ex art. 107 c.p.c., dia luogo ad un litisconsorzio necessario processuale; v. Cass. 10 dicembre 1986, n. 7338, Foro it., 1986, voce Intervento in cau

sa, n. 41; 29 novembre 1985, n. 5928, id., 1986, I, 2237, con nota di

richiami; ciò implica che nei successivi gradi di giudizio si verifica la in scindibilità delle cause; v., oltre alle sentenze citate, Cass. 27 febbraio

1981, n. 1201, id., Rep. 1981, voce Impugnazioni civili, n. 124. Questo indirizzo ha trovato un'indiretta conferma quando si è detto che la in scindibilità di cause ex art. 331 c.p.c. è esclusa nella sola ipotesi in cui il chiamato in causa sia estromesso nel corso dello stesso giudizio di pri mo grado e sempreché il capo relativo alla pronuncia di estromissione non sia impugnato; v. Cass. 5 febbraio 1983, n. 959, id., Rep. 1983, voce cit., n. 112; 16 dicembre 1982, n. 6960, id., Rep. 1982, voce cit-, n. 121; 23 dicembre 1981, n. 6762, id., 1982, I, 1324, con nota di richia mi. In dottrina in senso conforme, v. Andrioli, Diritto processuale civi

le, 1979, I, 797; Id., Commento, II3, 397; Satta, Commentario, II, 2, 64; Grasso, Impugnazioni incidentali, 1973, 156; Cerri, Intervento «ius su iudicis» e legittimazione ad agire e a contraddire, in Foro it., 1972, I, 486, spec. 491; Costa, Intervento coatto «iussu iudicis» e inscindibilità

dell'impugnazione, in Giur. it., 1968, I, 1, 559.

Tuttavia, Cass. 16 dicembre 1980, n. 6513, Foro it., 1981, I, 1074, con nota di richiami, ponendosi in contrasto con l'orientamento suddet

to, ha ritenuto che l'intervento iussu iudicis non comporti necessariamen te la inscindibilità di cause ai sensi e per gli effetti dell'art. 331 c.p.c. Tale assunto è sostenuto anche in dottrina da Trocker, Intervento per ordine del giudice, 1984, 487 ss.; Vaccarella, Note in tema di litiscon

sorzio nelle fasi di gravame: il principio dell'unitarietà de! termine di

impugnazione, in Riv. dir. proc., 1972, 97; Fabbrini, Note in tema di

integrazione del contraddittorio nei giudizi di impugnazione, in Giur. it., 1969, I, 1, 555.

La corte con la sentenza in epigrafe ha seguito quest'ultimo indirizzo

(anche se non ha ritenuto opportuno diffondersi sulla questione). Tale

scelta appare corretta. Infatti nel caso di specie vincitore era solo il terzo

intervenuto, mentre soccombenti erano tanto il convenuto, quanto l'atto re. Il giudizio d'impugnazione instaurato dal convenuto contro il terzo

poteva pertanto anche svolgersi senza la presenza dell'attore; e la even

tuale pronuncia di riforma non sarebbe stata incompatibile con il capo di sentenza che aveva dichiarato inesistente il diritto invocato dall'attore. Era affar suo capovolgere a proprio favore le sorti del processo propo nendo impugnazione (cfr. Fabbrini, cit., 566; Vaccarella, cit., 116).

Sub b) Abbiamo già evidenziato che attore e convenuto erano entrambi

soccombenti e che l'unico vincitore del primo grado era il terzo. Anzi,

per la esattezza la soccombenza del convenuto si poteva cogliere solo

con riguardo all'intervenuto, perché nei confronti dell'attore non può nep

pure parlarsi di soccombenza, posto che la domanda proposta da que st'ultimo contro il convenuto era stata respinta.

Ci sembra quindi di tutta evidenza che l'impugnazione del convenuto

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