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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 25 febbraio 1988, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 25 febbraio 1988, n. 2031; Pres. Onnis, Est. Pontrandolfi, P. M. Gazzara (concl. conf.); Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della soc. Esso italiana (Avv. Gentiloni Silverj) c. Min. tesoro (Avv. dello Stato Sabelli). Cassa App. Roma 22 aprile 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 191/192-199/200 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183747 . Accessed: 28/06/2014 12:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.31 on Sat, 28 Jun 2014 12:54:36 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 25 febbraio 1988, n. 2031; Pres. Onnis, Est. Pontrandolfi, P. M.Gazzara (concl. conf.); Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della soc. Esso italiana (Avv.Gentiloni Silverj) c. Min. tesoro (Avv. dello Stato Sabelli). Cassa App. Roma 22 aprile 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 191/192-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183747 .

Accessed: 28/06/2014 12:54

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PARTE PRIMA

cui, non può disconoscersi l'esattezza del principio, affermato dalla

predetta decisione di questa sezione, con riferimento ai commer

cianti. Non può essere condivisa, invece, la seconda sentenza di

questa corte (Cass. 3 febbraio 1987, n. 986), che ha esteso lo

stesso principio alle società artigiane, per le quali invece esiste

l'espressa previsione legislativa dell'art. 1 della legge sull'assicu

razione malattia degli artigiani, in relazione all'art. 3 della legge

sull'artigianato. Né sembra esatto il rilievo che l'art. 20 d.l. del 1974 richiede

per la concessione del beneficio dell'aliquota ridotta il doppio

requisito, per il datore di lavoro, di essere artigiano e di essere

iscritto negli elenchi nominativi per l'assicurazione malattia, per

ché, a parte il fatto che ciò non giustificherebbe in ogni caso

la diversa regolamentazione della società artigiana, i requisiti per essere artigiani e per essere iscritti negli elenchi nominativi sono,

per quel che si è detto, gli stessi. Ed allora la norma in esame

non può voler dire altro che l'aliquota ridotta spetta alle imprese

artigiane, riconosciute come tali dall'Inps ai fini dell'iscrizione

dei relativi titolari negli elenchi nominativi dell'assicurazione ma

lattie.

Infine poco convincente sembra l'ultimo argomento contenuto

nella predetta decisione e ripreso dall'Inps sulla ragionevolezza di un diverso trattamento ai fini degli assegni familiari fra impre se collettive composte interamente da artigiani e imprese in cui

sia pure una minoranza sia di soci di capitale. Innanzitutto tale ragionamento può avere fondamento in astratto

solo interpretando l'art. 20 in esame nel senso che tale norma

introduce un diverso trattamento fra i due tipi di società e si

sono esposti sopra, invece, gli argomenti per escludere un'inter

pretazione siffatta.

Ma nemmeno in astratto sarebbe giustificabile tale diverso trat

tamento, dato che, in base all'art. 3 della legge sull'artigianato, sia l'impresa collettiva composta interamente da artigiani che quella

composta solo per la maggioranza da artigiani hanno gli stessi

limiti, e cioè la preminenza del lavoro sul capitale e il conteggio dei soci artigiani nel numero dei dipendenti che l'impresa può

impiegare (art. 4 e 2 1. 25 luglio 1966 n. 860). Il ricorso va dunque respinto.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 febbraio

1988, n. 2031; Pres. Onnis, Est. Pontrandolfi, P. M. Gazza

ra (conci, conf.); Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della soc. Esso italiana (Aw. Gentiloni Silverj) c. Min. teso

ro (Aw. dello Stato Sabelli). Cassa App. Roma 22 aprile 1985.

Previdenza sociale — Contributi — Aliquota aggiuntiva — Iscrit

ti al fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende in

dustriali — Obbligo di versamento — Esclusione (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutua

listici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della

spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 4; 1.

17 agosto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 8 luglio 1974 n. 264).

Non è dovuta l'aliquota aggiuntiva sulla contribuzione dell'assi

curazione obbligatoria contro le malattie per gli iscritti al fon do di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali. (1)

(1-2) Le decisioni che si riportano riflettono il contrasto già presente nella giurisprudenza di merito.

A sostegno dell'obbligatorietà dell'assistenza erogata dal Fasdai (e per ciò del versamento dell'aliquota aggiuntiva dell'1,65%), v. Pret. Torino 12 giugno 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 227; Trib. Bologna 29 dicembre 1986, ibid., n. 649; Trib. Bergamo 14 luglio 1986, ibid., n. 223; Trib. Bergamo 3 luglio 1986, ibid., n. 250; Trib.

Bergamo 13 giugno 1986, ibid., n. 225; Trib. Milano 20 maggio 1986, ibid., n. 1161; Pret. Novara 24 marzo 1986, ibid., n. 226; Pret. Bergamo 15 febbraio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 567; Pret. Modena 4 gen naio 1986, ibid., n. 356; Pret. Palermo 16 dicembre 1985, ibid., n. 357; Pret. Bologna 12 settembre 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 356.

Il Foro Italiano — 1989.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 gennaio

1988, n. Ill; Pres. Valente, Est. Vaccaro, P.M. Leo (conci,

conf.); Inps (Avv. Fonzo, Romoli) c. Soc. it. per il traforo

del Monte Bianco (Avv. Persiani, Cataudella). Cassa Trib.

Aosta 7 novembre 1985.

Previdenza sociale — Contributi — Aliquota aggiuntiva — Iscrit

ti al fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende in

dustriali — Obbligo di versamento — Sussistenza (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, art. 4; 1. 17 agosto 1974 n. 386, art. 1).

È dovuta l'aliquota aggiuntiva sulla contribuzione dell'assicura

zione obbligatoria contro le malattie per gli iscritti al fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali. (2)

I

Motivi della decisione. — Col primo motivo, denunciando vio

lazione e falsa applicazione dell'accordo collettivo 14 dicembre

1956, esteso erga omnes con d.p.r. 2 gennaio 1962 n. 483, ema

nato ai sensi della 1. 14 luglio 1959 n. 741, in relazione all'art.

360, n. 3, c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione

all'art. 360, n. 5, c.p.c., il «Piano» ricorrente lamenta che la

corte di merito abbia erroneamente interpretato il suddetto ac

cordo collettivo ritenendo che con questo fosse stata istituita una

forma di assistenza obbligatoria. Tra l'altro, il ricorrente pone in rilievo che esso «Piano» fu istituito nel 1952 in base ad un

accordo liberamente intervenuto tra la società Esso e i suoi diri

genti, che lo stesso aveva lo scopo di provvedere all'assistenza

sanitaria dei dirigenti ad esso eventualmente iscritti e che erano

iscritti coloro che, avendone i requisiti, ne facevano espressa ri

chiesta; tutto ciò stando a dimostrare che l'assistenza fornita dal

«Piano» non poteva essere considerata obbligatoria, cosi come

richiesto dalla 1. 17 agosto 1974 n. 386, ma era, invece, facoltati

va. Peraltro, erroneamente la corte di merito ha affermato essere

l'obbligatorietà dell'assistenza sanitaria, con relativo onere con

tributivo, già contenuta nell'accordo collettivo 14 dicembre 1956, dato che l'art. 1 di tale accordo si limitò a stabilire che l'assisten

za sanitaria per i dirigenti di aziende industriali, presso le quali non risultassero già funzionanti iniziative dirette ad assicurare la

prestazione di assistenza sanitaria in caso di infermità, sarebbe

stata attuata attraverso il Fasdai; non prevedendo, quindi, l'ac

cordo in parola per i dirigenti di aziende industriali alcuna obbli

gatorietà di partecipazione a forme di assistenza sanitaria e

stabilendo, anzi, che tale assistenza sarebbe stata prestata soltan

to «ai dirigenti che saranno iscritti al fondo», e non anche a

quei dirigenti che avevano una forma di assistenza aziendale, co

me l'avevano i dirigenti della Esso italiana presso la quale era

già funzionante il piano di assistenza sanitaria, di evidente carat

tere facoltativo.

Col secondo motivo, denunciando omessa, insufficiente e con

traddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., il ricorrente sostiene che

la corte di merito ha del tutto trascurato di esaminare la docu

mentazione offerta da esso «Piano» a dimostrazione del carattere

meramente facoltativo dell'assistenza da esso prestata. Col terzo motivo, denunciando omessa, insufficiente e contrad

dittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in

relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., nonché violazione e falsa ap

plicazione della 1. 29 febbraio 1980 n. 33, di conversione del d.l.

30 dicembre 1979 n. 663, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.,

In senso contrario, Pret. Livorno 24 ottobre 1987, Riv. it. dir. lav., 1988, 492, con nota di V. A. Poso; Trib. Aosta 1° settembre 1986, Foro

it., Rep. 1987, voce cit., n. 222; Pret. Parma 12 marzo 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 316; Pret. Parma 8 novembre 1985, ibid., n. 320; Pret. Milano 16 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 343.

In dottrina, cfr. AA. VV., La previdenza dei dirìgenti d'azienda nel sistema pensionistico italiano, Milano, 1983.

In merito all'art. 4 d.l. 264/74 è stata sollevata questione di costituzio nalità da Pret. Prato 19 novembre 1982, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 214, e da Pret. Roma 30 luglio 1983, ibid., n. 495, la quale ultima non ritiene più giustificata, stante l'unificazione delle prestazioni assisten ziali di malattia nel servizio sanitario nazionale, la previsione di una con tribuzione più gravosa a carico di dipendenti degli enti pubblici parastatali.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

il ricorrente si duole del fatto che dal riferimento dell'art. 3, lett.c), della citata legge ai dirigenti non iscritti a nessun fondo, cassa

0 ente, e, cioè ai dirigenti non assistiti, la corte di merito non

abbia arguito la non obbligatorietà dell'assistenza sanitaria pre stata ai dirigenti e, segnatamente, la non obbligatorietà dell'iscri

zione ad esso Piano.

Il ricorso, i cui tre motivi possono essere congiuntamente esa

minati per la loro stretta connessione, è fondato.

La corte non condivide l'argomentazione di fondo della sen

tenza impugnata secondo cui l'assistenza sanitaria, prevista in am

bito aziendale dal Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della

Esso italiana s.p.a. ed erogata agli assistiti fino al 31 dicembre

1979 (e, cioè, fino all'entrata in vigore del servizio sanitario na

zionale), avrebbe dato luogo, come l'analoga assistenza sanitaria

gestita sul piano nazionale dal Fondo di assistenza sanitaria per 1 dirigenti di aziende industriali (Fasdai), ad una forma di assicu

razione obbligatoria contro le malattie, tale, pertanto, da deter

minare, a carico del fondo gestore dell'assicurazione (nella specie: il suddetto Piano), l'obbligo di applicare l'aliquota aggiuntiva ai

contributi dovuti per l'assicurazione obbligatoria contro le malat

tie (aliquota pari all'1,65% della reribuzione imponibile ai fini contributivi, di cui l'I,50% a carico del datore di lavoro e lo

0,15% a carico del lavoratore), ai sensi dell'art. 4 d.l. 8 luglio 1974 n. 264, convertito, con modificazioni, nella 1. 17 agosto 1974

n. 386, e il conseguente obbligo di versare poi il gettito derivante

dalla suddetta maggiorazione contributiva nel conto corrente spe ciale intestato al ministero del tesoro, ai sensi dell'art. 5 1. cit.

Per altro verso, la corte non può disconoscere l'esattezza di

altre argomentazioni della sentenza impugnata, esattezza che non

è bastata, però, ad evitare la predetta erronea argomentazione di fondo, che, a sua volta, è il frutto di un'erronea interpretazio

ne (e, quindi, della violazione e falsa interpretazione) dell'accor

do collettivo nazionale 14 dicembre 1956 (art. 1, 2 e 3), stipulando tra la Confindustria e la Federazione nazionale dirigenti di azien

de industriali (istitutivo del Fasdai) e reso efficace erga omnes

con d.p.r. 2 gennaio 1962 n. 483, ai sensi della 1. 14 luglio 1959

n. 741, interpretazione di cui il ricorrente giustamente si duole

nel primo e nel secondo motivo, anche sotto il profilo del vizio

di insufficiente e contraddittoria motivazione.

Sul punto è opportuno, anzitutto, chiarire che i contratti e gli

accordi collettivi resi efficaci erga omnes in virtù dei decreti emessi

in esecuzione della legge di delega n. 741 del 1959 sono suscettibi

li di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione,

la quale, nell'esercitare il controllo della sentenza impugnata, non

deve limitarsi alla verifica dell'osservanza delle regole di erme

neutica contrattuale e della congruità della motivazione e non

ha, quindi, bisogno della mediazione del giudice del merito, pur

se quella interpretazione, riguardando norme sorte come patto

contrattuale, deve svolgersi soprattutto alla stregua delle regole

di cui agli art. 1362 ss. c.c., e deve tendere alla ricerca della co

mune intenzione dei contraenti (Cass. 12 marzo 1984, n. 1690,

Foro it., 1985, I, 1440; 29 aprile 1982, n. 2685, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 1215).

Ciò premesso, si osserva che, com'è noto, l'assicurazione gene

rale contro le malattie gestita dall'Inani non ebbe, fin dal suo

inizio, efficacia generale, essendo rimasta circoscritta alle sole ca

tegorie di lavoratori espressamente menzionate dall'art. 4 1. 11

gennaio 1943 n. 138 (istitutiva dell'ente poi denominato Istituto

nazionale per l'assicurazione contro le malattie - Inam), ed essen

do rimasta esclusa, pertanto, tra le altre, quella dei dirigenti di

aziende industriali.

Quest'ultima categoria, priva di una forma qualsiasi di tratta

mento assistenziale di malattia, ricorse, talvolta, a prescindere dalla

stipulazione di contratti di assicurazione su base privatistica e in

dividuale da parte dei singoli dirigenti, alla costituzione di parti colari fondi di carattere aziendale e facoltativo. È pacifico in causa

— e lo riconosce la stessa sentenza impugnata — che il Piano

per i dirigenti della società Esso italiana, costituito in sede azien

dale nel 1952, ebbe (almeno fino all'accordo collettivo nazionale

del 1956) carattere facoltativo, dato che era prevista la facoltati

vità dell'iscrizione per i dirigenti della Esso. Con l'accordo collettivo nazionale 14 dicembre 1956, stipulato

tra la Confindustria e la Federazione nazionale dirigenti di azien

de industriali, fu stabilito quanto segue:

Il Foro Italiano — 1989 — Parte 7-4.

Art. 1: «Dalla data di entrata in vigore del presente accordo

l'assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali apparte nenti ad aziende presso le quali non risultino già funzionanti, o non vengano poste in essere, previ accordi delle due parti con

traenti, iniziative dirette ad assicurare la prestazione di assistenza

sanitaria in caso di infermità, sarà attuata attraverso il fondo

di assistenza sanitaria costituito presso la Federazione nazionale

dirigenti di aziende industriali». Art. 2: «L'assistenza sanitaria ai dirigenti che saranno iscritti

al fondo di cui sopra sarà prestata nei modi e nei limiti stabiliti

dal regolamento del fondo stesso da concordare tra le parti con

traenti».

Nel pacifico presupposto che la maggiorazione istituita dall'art.

4 1. n. 386 del 1974, di conversione del d.l. n. 264 del 1974,

riguardava i «contributi dovuti per l'assicurazione obbligatoria contro le malattie», la sentenza impugnata ha ritenuto di indivi

duare, in relazione alla competenza residuale attribuita al fondo

di nuova istituzione (Fasdai) in tema di assistenza di malattia, il carattere obbligatorio, sia pure di fonte contrattuale, di tale

assistenza. L'obbligatorietà, peraltro, inizialmente limitata ai de

stinatari della contrattazione collettiva e, cioè, agli iscritti alle

organizzazioni sindacali stipulanti, si sarebbe estesa a tutti i diri

genti appartenenti alla categoria del settore industriale a seguito dell'estensione erga omnes operata in virtù del d.p.r. n. 483 del

1962, emesso ai sensi della 1. n. 741 del 1954.

Per la sentenza impugnata, le soprariportate disposizioni con

trattuali rivelerebbero inequivocamente «l'intento di assicurare a

tutti i dirigenti l'assistenza, prescrivendo l'attuazione di questa attraverso il fondo per tutti coloro che non ne fossero già provvi sti in virtù di accordi aziendali, in atto o successivamente conclu

si»; per cui l'accertata natura obbligatoria dell'assistenza prevista dall'accordo e l'espressione «dirigenti che saranno iscritti al fon

do» renderebbero evidente che al fondo stesso non si sarebbero

iscritti quei dirigenti che, in virtù di accordi aziendali, avessero

già goduto di assistenza sanitaria, con la conseguenza che la for

mulazione delle norme contrattuali non potrebbe essere intesa

«quale indicativa della facoltatività dell'assistenza, la quale» era

«stata invece stabilita come obbligatoria, ma» dovrebbe «essere

intesa unicamente quale ammissione della differenziazione degli enti preposti a gestire l'assicurazione stessa». Inoltre — sempre secondo la sentenza impugnata — l'accertata natura obbligatoria dell'assistenza prevista dall'apcordo tramite la costituzione del Fa

sdai, pur avendo l'accordo stesso fatto salve le gestioni autonome

di assicurazione, quale il Piano per i dirigenti Esso, per il quale era prescritta la facoltatività dell'iscrizione, avrebbe determinato

l'obbligatorietà anche dell'assistenza gestita dalle singole aziende,

senza che avesse alcuna rilevanza il fatto che queste ultime preve devano l'iscrizione facoltativa, «poiché la sancita obbligatorietà dell'assistenza non consiste nella mera possibilità, concessa agli

interessati, di valersi di essa, ma si risolve nella sua concreta,

ineludibile, attuazione, prescindendo dalla volontà degli inte

ressati».

Per la verità, la sentenza impugnata, almeno per questa parte

correttamente, non ha ritenuto di fondare l'asserita «obbligato rietà» dell'assistenza nel d.p.r. n. 483 del 1962, «la cui finalità, e il cui limite conseguentemente, quale fissata dalla legge di dele

ga (n. 741 del 1959)», consisteva «nell'estensione dell'area di va

lidità dell'accordo e non certo nella modificazione del suo

contenuto». Ed invero, la natura obbligatoria o facoltativa del

l'assistenza malattia per i dirigenti industriali non poteva certa

mente desumersi dal decreto estensivo dell'efficacia dell'accordo

collettivo, il quale decreto non avrebbe potuto alterare i caratteri

distintivi dell'attività assistenziale attribuita dall'accordo colletti

vo al Fasdai, ma solo limitarsi ad accrescerne l'ambito di operati

vità nei confronti di tutti i lavoratori appartenenti alla categoria

dei dirigenti industriali. La sentenza impugnata, però, desume il carattere obbligatorio

dell'assistenza malattia, disciplinata dall'accordo più volte men

zionato, dalle stesse clausole contrattuali, ma, a parere di questa

corte, tale sentenza incorre in una errata interpretazione delle clau

sole stesse (peraltro, frutto della violazione del canone ermeneuti

co della ricerca della comune intenzione delle parti stipulanti),

nonché in vizio di insufficiente, illogica e contraddittoria moti vazione.

Se, infatti, non può negarsi che intento delle parti contraenti

fosse stato quello di assicurare a tutti i dirigenti l'assistenza ma

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PARTE PRIMA

lattia attraverso la costituzione, con un accordo collettivo di por

tata nazionale, di un apposito fondo (il Fasdai), ciò non significa

affatto che le parti stesse avevano voluto creare una forma di

assistenza-previdenza per le malattie di carattere obbligatorio, anche

se di fonte convenzionale.

L'esclusione espressa dell'operatività del fondo generale di nuova

costituzione nei confronti dei dirigenti industriali per i quali fos

sero già in atto o venissero posti in essere, con accordi successivi

su scala aziendale, fondi particolari di assistenza malattia di ca

rattere facoltativo (come facoltativa, ad es., era l'iscrizione al

Piano di assistenza per i dirigenti della Esso) dimostra semplice

mente che, con la costituzione del Fasdai su scala nazionale, si

volle offrire la possibilità ai dirigenti che non fossero già iscritti

a fondi o casse aziendali (istituiti con contratti o accordi azienda

li) e a quelli appartenenti ad aziende per le quali non sarebbero

stati posti in essere nel futuro analoghi accordi aziendali, costitu

tivi di fondi o casse specifici, di iscriversi ad un Fondo nazionale

con pari carattere facoltativo, ma non si volle certamente obbli

gare i dirigenti non iscritti a fondi aziendali ad iscriversi al Fa

sdai; dovendosi, del resto, la pretesa obbligatorietà del vincolo

di adesione a quest'ultimo escludere se non altro per la previsio

ne, contenuta nell'art. 1 dell'accordo collettivo del 1956, di ac

cordi aziendali finalizzati a costituire anche nel futuro fondi

destinati ad assicurare la prestazione di assistenza sanitaria in ca

so di infermità. Né in una qualsiasi parte dell'accordo collettivo

del 1956 si accennava, minimamente, ad un obbligo di iscrizione

al Fasdai. Ciò significa che il Fasdai aveva una competenza generale resi

duale di assistenza sanitaria, con persistente carattere facoltativo,

per i dirigenti appartenenti ad aziende prive di fondi assistenziali

specifici, e che la natura privatistica del Fasdai — e a maggior

ragione, delle casse aziendali particolari, come il Piano per i diri

genti della Esso — non potrebbe essere alterata sull'assunto apo

dittico e indimostrato del carattere obbligatorio delle rispettive

gestioni di assistenza sanitaria, in contrasto con il loro scopo mu

tualistico prettamente privato.

Quanto al d.p.r. n. 483 del 1962, questo ebbe solo l'effetto

di estendere la facoltà di servirsi della competenza residuale del

Fasdai in materia di assistenza sanitaria ai dirigenti industriali

non iscritti alla Federazione nazionale di aziende industriali, che

aveva stipulato con la Confindustria l'accordo collettivo naziona

le 14 dicembre 1956, ma non certo, di trasformare l'assistenza

malattia per i dirigenti industriali da contrattuale-facoltativa in

obbligatoria-legale. Del resto, come si è argomentato esattamente in dottrina, clau

sole del tipo di quelle contenute negli art. 1 e 2 del citato accordo

collettivo, costitutivo del Fasdai, attengono alla c.d. «parte ob

bligatoria» dei contratti e degli accordi collettivi e pongono rap

porti obbligatori direttamente tra le sole associazioni sindacali

stipulanti, specie quando si tratta delle c.d. «clausole istituziona

li», dirette, cioè, a costituire e regolamentare organismi aziendali

aventi competenza in materia di rapporto di lavoro (es.: commis

sioni interne) ovvero di previdenza e di assistenza (es.: casse edili,

forme facoltative o integrative di previdenza). Ammesso poi e non concesso che l'assistenza sanitaria erogata

dal Fasdai, come dai particolari fondi aziendali, avesse avuto ca

rattere obbligatorio, sia pure di fonte contrattuale (come sembra

opinare la sentenza impugnata), e non meramente facoltativo, e

poiché l'art. 4 1. n. 386 del 1974 prescriveva il versamento di

«un'aliquota aggiuntiva ai contributi dovuti per l'assicurazione

obbligatoria contro le malattie», in tale prescrizione non sarebbe

ro potute rientrare le gestioni assistenziali in discorso, poiché per

«assicurazione obbligatoria contro le malattie», comprensiva del

le forme sostitutive ed esonerative, può intendersi solo quella na

scente e disciplinata da norme di legge, e, cioè, da disposizioni normative di carattere cogente, e non anche altre forme assicura

tive di fonte contrattuale, in cui i relativi obblighi potrebbero

essere anche risolti per mutuo consenso delle parti stipulanti. Ma — ripetesi

— tali forme assicurative di fonte contrattuale aveva

no carattere facoltativo, essendo prevista la mera facoltà dei diri

genti interessati di iscriversi ad esse.

D'altra parte, l'aliquota aggiuntiva dell'1,65% dei contributi

di malattia, istituita con l'art. 4, 1° comma, d.l. n. 264 del 1974,

convertito nella 1. n. 386 del 1974, aveva per fine prevalente, an

che se non esclusivo, il finanziamento dell'estinzione dei debiti

degli enti mutualistici pubblici verso gli enti ospedalieri (art. 1)

Il Foro Italiano — 1989.

e non poteva riguardare gestioni previdenziali facoltative istituite

su scala nazionale ovvero aziendale, gestioni che, come il Fasdai

o il Piano di assistenza per i dirigenti della Esso, erano rimaste

del tutto estranee a quei debiti, avendo assicurato ai rispettivi

iscritti una assistenza ospedaliera in forma esclusivamente indiretta.

Ciò non significa che il Fasdai e le altre gestioni facoltative

di assistenza malattia rimasero estranei alla sfera di efficacia del

d.l. n. 264 del 1974, convertito nella 1. n. 386 del 1974, e delle

successive leggi riguardanti l'avvio della riforma sanitaria. Ma

deve operarsi una netta distinzione tra il generale ambito di tutta

la predetta normativa e il più ristretto ambito degli art. 4, 5 e

14 d.l. n. 264 del 1974, attinenti alle maggiorazioni contributive

di malattia, gravanti, come già detto, soltanto sugli enti gestori

per legge dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie. Infat

ti, la normativa di cui si è detto fu finalizzata alla soppressione

di tutte le mutue, comunque strutturate ed estese territorialmen

te, le quali avevano provveduto all'assistenza contro le malattie

mediante forme di assicurazione obbligatoria ovvero anche di as

sicurazione facoltativa, giacché l'assistenza malattia era destinata

ad essere gestita soltanto dal servizio sanitario nazionale (il quale

non avrebbe tollerato forme di assistenza facoltativa se non in

funzione meramente integrativa dell'assistenza malattia garantita

dal regime generale). In tale prospettiva trae spiegazione l'art. 12 della citata legge

di conversione n. 386 del 1974 del d.l. n. 264 del 1974, il quale

disponeva testualmente che «i compiti in materia di assistenza

ospedaliera degli enti anche previdenziali che gestiscono forme

di assistenza contro le malattie, nonché delle casse mutue anche

aziendali, comunque denominati e strutturati, sono trasferiti alle

regioni..., le quali erogano le relative prestazioni in forma diret

ta...»; ed anche l'art. 12 bis, che, nel demandare ad un decreto

del presidente della repubblica, da emanarsi previa delibera del

consiglio dei ministri, lo scioglimento dei consigli di amministra

zione e il commissariamento dei principali enti pubblici gestori

dell'assistenza obbligatoria di malattia, tra i quali l'Inam, l'En

pas e l'Inadel, demandava ad altro decreto presidenziale, su pro

posta ministeriale, l'individuazione di altri enti e gestioni di

assistenza malattia da sopprimere, stabilendo, altresì, entro un

determinato termine, l'estinzione di tutti gli enti e di tutte le ge

stioni autonome preposti all'erogazione dell'assistenza sanitaria

in regime mutualistico e la ripartizione delle relative funzioni e

strutture tra lo Stato, le regioni e gli altri enti territoriali per

l'attuazione del servizio sanitario nazionale.

E proprio in adempimento di quest'ultima disposizione, il d.p.r.

29 aprile 1977 individuava, all'art. 1, tra gli enti e le gestioni

di cui sopra da sopprimere, le «casse o fondi di assistenza sanita

ria per i dirigenti di aziende industriali», nonché «gli altri enti,

fondi e casse mutue anche aziendali, comunque denominati e strut

turati, per i quali siano previste da leggi, regolamenti e contratti

collettivi di lavoro forme anche parziali di contribuzioni obbli

gatorie». Peraltro, la sentenza impugnata ha escluso, su questo punto

correttamente, che una conferma dell'obbligo per i dirigenti di

aziende industriali già iscritti al Fasdai o a fondi aziendali di assi

stenza malattia di versare l'aliquota aggiuntiva pari all'1,65% della

retribuzione imponibile fosse da riscontrare, come una sorta di

interpretazione autentica dell'art. 4 d.l. n. 264 del 1974, converti

ta nella 1. n. 386 del 1974, nell'art. 3, 1° comma, lett. c), d.l.

30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella 1. 29 febbraio 1980

n. 33, il quale, nel prescrivere, con decorrenza dal 1° gennaio

1980, l'obbligo, per i dirigenti, di versare i contributi secondo

le modalità e nelle misure vigenti nel 1979 per gli iscritti al Fondo

di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali aggiun

geva l'espressione «ferma restando la quota aggiuntiva di cui al

l'art. 4 della predetta legge» (e, cioè, della 1. n. 386 del 1974).

Tale aggiunta — secondo la sentenza impugnata — non poteva

essere considerata una «formula confermativa di un obbligo chia

ramente ritenuto già esistente — se si vuole, in via di interpreta

zione autentica — della norma del 1974»; e ciò sia perché la

formula costituiva un mero inciso di una disposizione di più am

pia portata, sia perché nessun accenno si rinveniva, né nella for

mula, né nella norma che la conteneva, che potesse far presumere una volontà di interpretazione autentica, sia perché «pregiudizia le alla ventilata interpretazione autentica sarebbe stata la necessi

tà di affermare l'ambito delle categorie per le quali vigeva l'assicurazione obbligatoria contro le malattie, essendo questo il

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

presupposto dal quale conseguiva l'obbligo del versamento dei

contributi».

Ma se tutto ciò è esatto, la sentenza impugnata non ha effet

tuato una più attenta disamina dell'art. 3, 1° comma, lett. c),

1. n. 33 del 1980, da cui avrebbe potuto trarre conferma del ca

rattere innovativo e non già interpretativo di questa norma, quanto

all'obbligo di versamento dell'aliquota aggiuntiva alla contribu

zione base di malattia per i dirigenti industriali e con riferimento

alla locuzione «ferma restando la quota aggiuntiva...»; e di ciò

giustamente il ricorrente si duole nel terzo motivo, sotto il profilo

del vizio di motivazione. Ed invero, la definitiva riprova della natura meramente facol

tativa dell'assistenza sanitaria gestita dal Fasdai e dagli analoghi

fondi aziendali può agevolmente desumersi dal riferimento del

citato art. 3, 1° comma, lett. c), oltre che «ai dirigenti assistiti

da casse o fondi di assistenza sanitaria, ancorché non individuati

ai sensi della 1. 17 agosto 1974 n. 386», anche ad «altri dirigenti

non assistiti da enti, casse o fondi di assistenza sanitaria», e, cioè,

a dirigenti che fino a tutto il 1979 erano rimasti privi di una

qualsiasi assistenza sanitaria e che, conseguentemente, non ave

vano corrisposto alcuna contribuzione di malattia.

Il richiamo, poi, per la contribuzione dovuta per i dirigenti

dal gennaio 1980, alle modalità e alle misure vigenti nel 1979

per gli iscritti al Fasdai, sta solo a significare che la contribuzione

fu determinata, sia pure per relationem, alla stregua dei contribu

ti di malattia corrisposti nel 1979 al principale gestore, su scala

nazionale, dell'assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende indu

striali (da tale data, infatti, i contributi dovevano essere versati

all'Inps, ai sensi del 6° comma del citato art. 3).

Inoltre, la locuzione «ferma restando la quota aggiuntiva di

cui all'art. 4» (della 1. n. 386 del 1974) non serviva affatto a

confermare l'obbligo di una contribuzione aggiuntiva già dovuta

in precedenza per i dirigenti, ma solo a precisare, sia pure con

formulazione poco perspicua, che dal 1° gennaio 1980 per i diri

genti industriali si sarebbe dovuta versare non solo la contribu

zione base di malattia, ma anche, per la prima volta, l'aliquota

aggiuntiva ai contributi per l'assicurazione obbligatoria contro le

malatite, stabilita dall'art. 4, 1° comma, 1. n. 386 del 1974 per

tutti i lavoratori dipendenti.

Infine — e lo si chiarisce per mero scrupolo — la natura facol

tativa dell'assistenza sanitaria erogata dal Fasdai e dai fondi azien

dali specifici ai dirigenti industriali, tra cui il Piano di assistenza

per i dirigenti della Esso, non potrebbe essere esclusa ex post,

con conseguente efficacia retroattiva dell'obbligo della contribu

zione aggiuntiva, stabilito dall'art. 4, 1° comma, 1. n. 386 del

1974, per effetto della sentenza della Corte costituzionale 19 giu

gno 1981, n. 103 (id., 1981, I, 2638), la quale, dichiarando l'ille

gittimità dell'art. 4 1. 11 gennaio 1943 n. 138, nella parte in cui

limitava alle categorie ivi indicate l'iscrizione obbligatoria all'I

nam, non è idonea a modificare la natura giuridica privata del

Fasdai e dei fondi aziendali di assistenza sanitaria per i dirigenti

industriali, né può modificare il carattere facoltativo dell'assistenza

da tali fondi gestita fino al 1979. Per le considerazioni sopra svolte, il ricorso dev'essere accolto

e l'impugnata sentenza cassata con il rinvio della causa ad altro

giudice d'appello, che si designa nella Corte d'appello de l'Aqui

la, che, nel procedere a nuovo esame, si atterrà al seguente prin

cipio di diritto: «Poiché l'assistenza sanitaria erogata ai dirigenti di aziende in

dustriali dal Fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di azien

de industriali (Fasdai) e dai fondi aziendali specifici ha carattere

facoltativo ed origine contrattuale, non è dovuta per gli iscritti

ai predetti fondi l'aliquota aggiuntiva ai contributi per l'assicura

zione obbligatoria contro le malattie istituita, per i lavoratori di

pendenti iscritti alla suddetta assicurazione obbligatoria, dall'art.

4, 1° comma, 1. 17 agosto 1974 n. 386, di conversione, con modi

ficazione, del d.l. 8 luglio 1974 n. 264».

II

Con il primo motivo l'istituto ricorrente denuncia violazione

dell'art. 4 d.l. n. 264 del 1974 conv. nella 1. n. 386 del 1974

in relazione agli art. 2069 e 2077 c.c., del d.p.r. n. 483 del 1962

in relazione alla 1. n. 741 del 1969 e all'art. 3 d.l. n. 663 del

1979 conv. nella I. n. 33 del 1980; motivazione carente e con

II Foro Italiano — 1989.

traddittoria (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Deduce che il Tribunale

di Aosta erroneamente ha ritenuto che dall'obbligo del versamen

to del contributo in esame fossero esclusi gli iscritti al Fasdai

posto che, contrariamente all'assunto del suddetto giudice, in forza

dell'accordo collettivo del 1956 erga omnes con d.p.r. n. 483 del

1962, l'iscrizione al suddetto fondo era obbligatoria e non già

facoltativa.

Con il secondo motivo denunzia violazione dell'art. 4 d.l. n.

264 del 1974 conv. nella 1. n. 386 del 1974 in relazione all'art.

136 Cost, e all'art. 30, 3° comma, 1. n. 87 del 1953 (art. 360,

n. 3) e deduce che, dichiarata l'illegittimità costituzionale del

l'art. 4 1. n. 138 del 1943 nella parte in cui limitava l'obbligato

rietà dell'iscrizione all'ente alle sole categorie di lavoratori ivi

indicate, è stata esclusa l'esistenza di forme facoltative di assi

stenza. E comunque, ove si ritenesse facoltativa l'assicurazione

malattia presso il Fasdai si dovrebbe necessariamente riconoscere

che i dirigenti godevano dell'assicurazione Inam (e conseguente

mente che sussiste l'obbligo di corrispondere il contributo).

I due motivi congiuntamente esaminabili, in quanto connessi,

sono fondati.

II tribunale ha ritenuto di escludere che la società fosse assog

gettabile a contribuzione con gli argomenti che l'assistenza sani

taria derivava da fonte pattizia (e non legale) vincolante solo per

gli iscritti alle associazioni sindacali, e che, inoltre, era facoltati

va la stessa funzione delle prestazioni assistenziali nell'ambito de

gli iscritti. Quanto sopra era fatto palese, a giudizio del tribunale, dalla

lettera dell'art. 1 dell'accordo collettivo 14 dicembre 1955 (erga

omnes in forza del d.p.r. n. 463 del 1982) in cui è fatto uso

del verbo nella forma futura («saranno»), nonché dal disposto

alla lett. e) dell'art. 3 1. n. 33 del 1980 chiaramente dimostrativa

dell'esistenza di dirigenti non assistiti da enti, casse o fondi di

assistenza sanitaria.

Il collegio ritiene non condivisibili i suddetti argomenti essendo

il primo conseguenza di incompleta lettura dell'accordo e l'altro

il risultato di non appagante indagine.

Infatti non è stato spiegato, né è possibile comprendere, come

dall'uso della forma futura del verbo possa conclusivamente de

sumersi la natura facoltativa e non obbligatoria dell'iscrizione al

fondo in questione; inoltre, nel contesto del periodo, esso appare

sintatticamente necessario in quanto riferito ad iscrizioni future,

ossia successive alla stipula, dell'accordo, infine, l'indubbio si

gnificato, limitativo deriva dal fatto che in quel momento la iscri

zione era consentita solo agli aderenti alle organizzazioni stipulanti

nonché dall'esistenza di altre casse aziendali.

Né l'interpretazione della norma nel senso di cui nell'impugna

ta sentenza può trarre forza convincente dall'argomento che alla

natura privatistica dell'accordo non può non essere collegata la

facoltà (e non l'obbligo) dell'iscrizione in quanto puntualmente

viene obiettato dall'Inps che dalla suddetta premessa l'unica con

seguenza deducibile è l'obbligatorietà (e non già la facoltà), ex

art. 2069 c.c., per le parti stipulanti ed in conseguenza del d.p.r.

n. 463 del 1982 (che ha resa obbligatorio l'accordo) per tutti i

dirigenti. Assume anche il tribunale che la suddetta estensione dell'effi

cacia dell'accordo anche ai non aderenti alle associazioni sinda

cali stipulanti non muta il contenuto dell'atto per cui non può

sostenersi neppure per questa via che l'iscrizione al Fasdai, prima

facoltativa, sia diventata obbligatoria. Anche in relazione a ciò,

si impone di cogliere la portata dell'accordo sulla obbligatorietà

o non dell'iscrizione al fondo.

Alla già dimostrata impossibilità, sul piano letterale, di attri

buire alla forma futura del verbo il significato di concedere una

facoltà (e di escludere l'obbligo) si affianca, sul piano sistemati

co, l'erroneo procedimento ermeneutico consistito nella lettura

isolata della norma, la quale andava invece interpretata nel con

testo delle altre; ciò facendo si traggono conclusioni contrarie

a quelle del tribunale, in quanto, nel preambolo, dalle parti fu

precisato l'intento di assicurare opportune forme di assistenza sa

nitaria a tutti i dirigenti dipendenti da aziende industriali. La volontà di realizzare un sistema generale di assistenza è age

volmente deducible dalla larga estensione dei destinatari (a tutti

e non solo a coloro che lo avessero voluto) ed è confermata dalla

perentorietà della successiva espressione («sarà attuata attraverso

il fondo») chiaramente esplicativa della reale intenzione delle parti

in termini di obbligo e non già di facoltà (es.: «potrà essere»...).

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PARTE PRIMA

A supporto di ciò, quale elemento qualificante della disciplina contenuta nell'accordo, vale la considerazione che con esso si è

inteso completare — laddove mancava — l'assetto assistenziale

a favore dei dirigenti rendendolo operante per i casi in cui le

prestazioni sanitarie non risultavano già funzionanti presso l'a

zienda o non sarebbero state poste in essere: e vale altresì consta

tare che siffatta estensione della forma assistenziale realizzava il

precetto costituzionale di cui all'art. 38, 2° comma, al quale non

può non ritenersi che le parti si siano ispirate stante l'innegabile manifestata finalità di sottrarre ai rischi della mancata assistenza

quella parte residua dei dirigenti che ne fossero privi (solo con

la sentenza n. 103 del 1981, Foro it., 1981, I, 2638, la Corte

costituzionale dichiarò la illegittimità dell'art. 4 1. n. 138 del 1943

nella parte in cui limita alle categorie di lavoratori in esso indica

te l'iscrizione obbligatoria all'Inani). Nessun ausilio alla tesi della non obbligatorietà dell'iscrizione

al Fasdai può essere tratta dalla norma di cui alla lett. c) d.l.

n. 633 del 1979 (conv. nella 1. n. 33 del 1980) che estende l'assi

stenza sanitaria anche ai «dirigenti non assistiti da enti, casse o

fondi di assistenza sanitaria», il che secondo il tribunale sarebbe

inconcepibile se questa fosse già estesa all'intera categoria profes

sionale, potendosi obiettare che codesta previsione non postula necessariamente che fra gli stessi fossero compresi gli industriali.

L'obbligatorietà dell'iscrizione al fondo sembra dunque al col

legio derivare in materia piana, per quanto è stato detto in prece

denza, proprio per imposizione pattizia; e ciò comporta l'obbligo del versamento dell'aliquota aggiuntiva di cui al d.l. n. 284 del

1974 (conv. nella 1. n. 386 del 1974). Né il collegio ritiene condivisibile l'ulteriore argomento addot

to dal tribunale che la pretesa dell'Inail sarebbe comunque infon

data in quanto al pagamento della suddetta aliquota sarebbero

soggette solo le forme di assicurazione istituite o regolate per legge. Infatti la lettera della norma, priva di distinguo, non sembra

autorizzare siffatta opinione; e se essa non indirizza pacificamen te nel senso contrario serve tuttavia da chiave di lettura del siste

ma potendosi osservare, per quanto sarà detto, come dallo stesso

non siano desumibili argomenti utili per giustificare esoneri.

L'aliquota in esame è infatti disciplinata da una norma inserita

in un contesto di altre norme mirate ad attuare una forma di

assistenza generalizzata concretamente realizzabile con l'apporto dell'istituto «fondo nazionale per l'assicurazione ospedaliera» (art.

14, 1° comma) alla cui alimentazione dovevasi provvedere con

i contributi provenienti, senza distinzioni circa la loro natura pub blica o privata, da ciascun «ente o gestione» ed anche da «casse

aziendali» con palese conseguente impossibilità di distinguere, ai

fini dell'obbligo in discussione, fra fruitori di assistenza dovuta

ex lege o di diversa natura.

Ed incisivamente — a dimostrazione della cogenza delle norme — è intervenuto il legislatore a disciplinare la materia sanzionan

do con l'irrogazione di pene pecuniarie (art. 15, 1° comma) l'i nosservanza delle disposizioni che regolano il versamento dei

contributi previsti a carico di enti, gestioni e perfino di casse azien

dali (art. 14, punto 1) senza alcun riferimento al titolo legale o

pattizio della loro costituzione, ma con sicura conferma dell'ob

bligo del versamento dell'aliquota in esame a carico del Fasdai.

Ciò si evince infatti dall'art. 3, lett. c), d.l. n. 663 del 1979, convertito nella 1. n. 33 del 1980, relativo al «finanziamento del

servizio sanitario nazionale». La norma, nel disciplinare la mate

ria dei contributi sociali di malattia dovuti a titolo provvisorio

per l'anno 1980, stabilisce che: «i dirigenti di aziende assistiti da

casse o fondi di assistenza sanitaria, ancorché non individuati

ai sensi della 1. n. 386 del 1974, nonché gli altri dirigenti non

assistiti da enti, casse o fondi di assistenza sanitaria» debbono

versare i contributi secondo la modalità e nelle misure vigenti nel 1979 per gli iscritti al Fondo di assistenza sanitaria dirigenti aziende industriali di cui al d.m. 5 gennaio 1979 ferma restando

la quota aggiuntiva di cui alla predetta legge».

Nell'espressione suddetta (ferma restando l'aliquota) è manife sto il riferimento ad un contributo già esistente di cui viene affer

mata la continuazione; e l'intento ricognitivo della sua esistenza

a carico del Fasdai deriva, inoltre, dal contestuale richiamo alle

modalità ed alla misura dei contributi sociali di malattia dovuti

per l'anno 1980 dallo stesso ente. Ulteriore conferma del suddet to intento ricognitivo dell'esistenza del contributo si deduce altre sì' dall'uso di analoga espressione («nulla è innovato in ordine

Il Foro Italiano — 1989.

alla quota aggiuntiva...) a proposito di artigiani, esercenti attività

commerciali e coltivatori diretti (lett. a del medesimo art. 3 d.l.

n. 663 del 1979) a carico dei quali una quota aggiuntiva (determi nata in misura diversa) venne sostituita dal 3° comma della su

citata norma modificato solo in relazione alla misura della legge di conversione n. 336 del 1974).

Convincono infine dell'esattezza della tesi che qui si sostiene

le finalità della contribuzione il cui carattere «sociale» è posto in evidenza dall'art. 3 su citato nonché del richiamo che in esso

viene fatto dell'art. 75 1. n. 833 del 1978 che contiene identica

definizione. Sembra pertanto al collegio che, ai fini in discussione, non ab

bia rilevanza alcuna la natura privatistica del Fasdai (affermata da Cass. n. 2136 del 1985, id., 1985, I, 1008) dovendosi piuttosto fare riferimento alla obbligatorietà, già dimostrata, della iscrizio

ne al fondo, e, quindi, delle prestazioni di assistenza sanitaria.

Ed a proposito di ciò, in chiusura e per completezza, non è

vano rilevare che la tesi della società secondo la quale l'aliquota

aggiuntiva sarebbe obbligatoria solo successivamente al 31 dicem

bre 1979 (ex 1. n. 33 del 1980) non è conciliabile con il principio dell'obbligatorietà dell'iscrizione all'Inam per tutte le categorie sancito da Corte costituzionale 16 giugno 1981, n. 103, del quale è stata fatta applicazione da questa corte (v. sez. un. 2 marzo

1982, n. 1278, id., 1982 I, 1009, e sez. lav. n. 4292 del 1983,

id., Rep. 1984, voce Previdenza sociale, n. 499). In accoglimento del ricorso deve pertanto concludersi per l'as

soggettabilità del Fasdai al versamento dell'aliquota aggiuntiva e deve, in conseguenza di ciò, cassarsi l'impugnata decisione con

rinvio al Tribunale di Torino il quale si atterrà al principio di

diritto suddetto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 febbraio

1988, n. 1658; Pres. Nocella, Est. Marotta, P.M. Dettori

(conci, conf.); Inail (Avv. Mancini, Napoletano, Lai) c. Tac

ca (Avv. Corua). Cassa Trib. Novara 18 aprile 1986.

Infortuni sul lavoro — Lavoratore agrìcolo — Indennità giorna liera per inabilità assoluta temporanea — Esclusione (Disp. sulla

legge in generale, art. 11, 12; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art.

205, 213; 1. 12 marzo 1968 n. 334, norme per l'accertamento

dei lavoratori agricoli aventi diritto alle prestazioni previden

ziali, art. 8; 1. 10 maggio 1982 n. 251, norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro fessionali, art. 4, 21).

Non spetta ai lavoratori agricoli l'indennità giornaliera per inabi

lità temporanea assoluta nel caso di infortunio sul lavoro oc corso prima dell'entrata in vigore della l. n. 251/82, anche se lo stato di inabilità si sia protratto oltre tale data. (1)

(1) In senso conforme la decisione citata in motivazione: Cass. 8 mag gio 1987, n. 4273, Foro it., 1987, I, 2356, con nota di richiami, cui adde Cass. 17 aprile 1987, n. 3863, id., Rep. 1987, voce Infortuni sul lavoro, n. 306.

Sui soggetti che possono essere considerati beneficiari della indennità

giornaliera, si vedano: Cass. 27 aprile 1987, n. 4075, ibid., n. 305, con cui la corte ha escluso dall'indennità parenti del titolare dell'azienda agri cola o forestale diversi da quelli indicati alla lett. b) dell'art. 205, 1°

comma, t.u. 1124/65 (ossia moglie, figli, anche naturali e adottivi) e che

prestino la loro opera nell'azienda in forma associativa e senza vincolo di subordinazione; nonché, Cass. 9 dicembre 1986, n. 7297, ibid., n. 307; 14 dicembre 1985, n. 6357, id., 1986, I, 701, che ha escluso dalla catego ria dei lavoratori agricoli aventi diritto all'indennità i piccoli coloni.

L'efficacia della legge, limitata a tutti gli infortuni accaduti successiva mente alla sua entrata in vigore (il 1° gennaio 1982), con conseguente esclusione di quelli occorsi in precedenza, anche se produttivi di effetti successivi e perduranti oltre tale data, è stata ribadita da tutte le sentenze richiamate, sollevando critiche di incostituzionalità presso alcuni giudici di merito. Si veda, sotto il profilo del contrasto con gli art. 3 e 38 Cost., Pret. Chiavari, ord. 5 luglio 1984, ibid., 856.

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