sezione lavoro; sentenza 25 febbraio 1988, n. 2031; Pres. Onnis, Est. Pontrandolfi, P. M.Gazzara (concl. conf.); Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della soc. Esso italiana (Avv.Gentiloni Silverj) c. Min. tesoro (Avv. dello Stato Sabelli). Cassa App. Roma 22 aprile 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 191/192-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183747 .
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PARTE PRIMA
cui, non può disconoscersi l'esattezza del principio, affermato dalla
predetta decisione di questa sezione, con riferimento ai commer
cianti. Non può essere condivisa, invece, la seconda sentenza di
questa corte (Cass. 3 febbraio 1987, n. 986), che ha esteso lo
stesso principio alle società artigiane, per le quali invece esiste
l'espressa previsione legislativa dell'art. 1 della legge sull'assicu
razione malattia degli artigiani, in relazione all'art. 3 della legge
sull'artigianato. Né sembra esatto il rilievo che l'art. 20 d.l. del 1974 richiede
per la concessione del beneficio dell'aliquota ridotta il doppio
requisito, per il datore di lavoro, di essere artigiano e di essere
iscritto negli elenchi nominativi per l'assicurazione malattia, per
ché, a parte il fatto che ciò non giustificherebbe in ogni caso
la diversa regolamentazione della società artigiana, i requisiti per essere artigiani e per essere iscritti negli elenchi nominativi sono,
per quel che si è detto, gli stessi. Ed allora la norma in esame
non può voler dire altro che l'aliquota ridotta spetta alle imprese
artigiane, riconosciute come tali dall'Inps ai fini dell'iscrizione
dei relativi titolari negli elenchi nominativi dell'assicurazione ma
lattie.
Infine poco convincente sembra l'ultimo argomento contenuto
nella predetta decisione e ripreso dall'Inps sulla ragionevolezza di un diverso trattamento ai fini degli assegni familiari fra impre se collettive composte interamente da artigiani e imprese in cui
sia pure una minoranza sia di soci di capitale. Innanzitutto tale ragionamento può avere fondamento in astratto
solo interpretando l'art. 20 in esame nel senso che tale norma
introduce un diverso trattamento fra i due tipi di società e si
sono esposti sopra, invece, gli argomenti per escludere un'inter
pretazione siffatta.
Ma nemmeno in astratto sarebbe giustificabile tale diverso trat
tamento, dato che, in base all'art. 3 della legge sull'artigianato, sia l'impresa collettiva composta interamente da artigiani che quella
composta solo per la maggioranza da artigiani hanno gli stessi
limiti, e cioè la preminenza del lavoro sul capitale e il conteggio dei soci artigiani nel numero dei dipendenti che l'impresa può
impiegare (art. 4 e 2 1. 25 luglio 1966 n. 860). Il ricorso va dunque respinto.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 febbraio
1988, n. 2031; Pres. Onnis, Est. Pontrandolfi, P. M. Gazza
ra (conci, conf.); Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della soc. Esso italiana (Aw. Gentiloni Silverj) c. Min. teso
ro (Aw. dello Stato Sabelli). Cassa App. Roma 22 aprile 1985.
Previdenza sociale — Contributi — Aliquota aggiuntiva — Iscrit
ti al fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende in
dustriali — Obbligo di versamento — Esclusione (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutua
listici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della
spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 4; 1.
17 agosto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 8 luglio 1974 n. 264).
Non è dovuta l'aliquota aggiuntiva sulla contribuzione dell'assi
curazione obbligatoria contro le malattie per gli iscritti al fon do di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali. (1)
(1-2) Le decisioni che si riportano riflettono il contrasto già presente nella giurisprudenza di merito.
A sostegno dell'obbligatorietà dell'assistenza erogata dal Fasdai (e per ciò del versamento dell'aliquota aggiuntiva dell'1,65%), v. Pret. Torino 12 giugno 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 227; Trib. Bologna 29 dicembre 1986, ibid., n. 649; Trib. Bergamo 14 luglio 1986, ibid., n. 223; Trib. Bergamo 3 luglio 1986, ibid., n. 250; Trib.
Bergamo 13 giugno 1986, ibid., n. 225; Trib. Milano 20 maggio 1986, ibid., n. 1161; Pret. Novara 24 marzo 1986, ibid., n. 226; Pret. Bergamo 15 febbraio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 567; Pret. Modena 4 gen naio 1986, ibid., n. 356; Pret. Palermo 16 dicembre 1985, ibid., n. 357; Pret. Bologna 12 settembre 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 356.
Il Foro Italiano — 1989.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 gennaio
1988, n. Ill; Pres. Valente, Est. Vaccaro, P.M. Leo (conci,
conf.); Inps (Avv. Fonzo, Romoli) c. Soc. it. per il traforo
del Monte Bianco (Avv. Persiani, Cataudella). Cassa Trib.
Aosta 7 novembre 1985.
Previdenza sociale — Contributi — Aliquota aggiuntiva — Iscrit
ti al fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende in
dustriali — Obbligo di versamento — Sussistenza (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, art. 4; 1. 17 agosto 1974 n. 386, art. 1).
È dovuta l'aliquota aggiuntiva sulla contribuzione dell'assicura
zione obbligatoria contro le malattie per gli iscritti al fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali. (2)
I
Motivi della decisione. — Col primo motivo, denunciando vio
lazione e falsa applicazione dell'accordo collettivo 14 dicembre
1956, esteso erga omnes con d.p.r. 2 gennaio 1962 n. 483, ema
nato ai sensi della 1. 14 luglio 1959 n. 741, in relazione all'art.
360, n. 3, c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione
all'art. 360, n. 5, c.p.c., il «Piano» ricorrente lamenta che la
corte di merito abbia erroneamente interpretato il suddetto ac
cordo collettivo ritenendo che con questo fosse stata istituita una
forma di assistenza obbligatoria. Tra l'altro, il ricorrente pone in rilievo che esso «Piano» fu istituito nel 1952 in base ad un
accordo liberamente intervenuto tra la società Esso e i suoi diri
genti, che lo stesso aveva lo scopo di provvedere all'assistenza
sanitaria dei dirigenti ad esso eventualmente iscritti e che erano
iscritti coloro che, avendone i requisiti, ne facevano espressa ri
chiesta; tutto ciò stando a dimostrare che l'assistenza fornita dal
«Piano» non poteva essere considerata obbligatoria, cosi come
richiesto dalla 1. 17 agosto 1974 n. 386, ma era, invece, facoltati
va. Peraltro, erroneamente la corte di merito ha affermato essere
l'obbligatorietà dell'assistenza sanitaria, con relativo onere con
tributivo, già contenuta nell'accordo collettivo 14 dicembre 1956, dato che l'art. 1 di tale accordo si limitò a stabilire che l'assisten
za sanitaria per i dirigenti di aziende industriali, presso le quali non risultassero già funzionanti iniziative dirette ad assicurare la
prestazione di assistenza sanitaria in caso di infermità, sarebbe
stata attuata attraverso il Fasdai; non prevedendo, quindi, l'ac
cordo in parola per i dirigenti di aziende industriali alcuna obbli
gatorietà di partecipazione a forme di assistenza sanitaria e
stabilendo, anzi, che tale assistenza sarebbe stata prestata soltan
to «ai dirigenti che saranno iscritti al fondo», e non anche a
quei dirigenti che avevano una forma di assistenza aziendale, co
me l'avevano i dirigenti della Esso italiana presso la quale era
già funzionante il piano di assistenza sanitaria, di evidente carat
tere facoltativo.
Col secondo motivo, denunciando omessa, insufficiente e con
traddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., il ricorrente sostiene che
la corte di merito ha del tutto trascurato di esaminare la docu
mentazione offerta da esso «Piano» a dimostrazione del carattere
meramente facoltativo dell'assistenza da esso prestata. Col terzo motivo, denunciando omessa, insufficiente e contrad
dittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in
relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., nonché violazione e falsa ap
plicazione della 1. 29 febbraio 1980 n. 33, di conversione del d.l.
30 dicembre 1979 n. 663, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.,
In senso contrario, Pret. Livorno 24 ottobre 1987, Riv. it. dir. lav., 1988, 492, con nota di V. A. Poso; Trib. Aosta 1° settembre 1986, Foro
it., Rep. 1987, voce cit., n. 222; Pret. Parma 12 marzo 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 316; Pret. Parma 8 novembre 1985, ibid., n. 320; Pret. Milano 16 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 343.
In dottrina, cfr. AA. VV., La previdenza dei dirìgenti d'azienda nel sistema pensionistico italiano, Milano, 1983.
In merito all'art. 4 d.l. 264/74 è stata sollevata questione di costituzio nalità da Pret. Prato 19 novembre 1982, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 214, e da Pret. Roma 30 luglio 1983, ibid., n. 495, la quale ultima non ritiene più giustificata, stante l'unificazione delle prestazioni assisten ziali di malattia nel servizio sanitario nazionale, la previsione di una con tribuzione più gravosa a carico di dipendenti degli enti pubblici parastatali.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il ricorrente si duole del fatto che dal riferimento dell'art. 3, lett.c), della citata legge ai dirigenti non iscritti a nessun fondo, cassa
0 ente, e, cioè ai dirigenti non assistiti, la corte di merito non
abbia arguito la non obbligatorietà dell'assistenza sanitaria pre stata ai dirigenti e, segnatamente, la non obbligatorietà dell'iscri
zione ad esso Piano.
Il ricorso, i cui tre motivi possono essere congiuntamente esa
minati per la loro stretta connessione, è fondato.
La corte non condivide l'argomentazione di fondo della sen
tenza impugnata secondo cui l'assistenza sanitaria, prevista in am
bito aziendale dal Piano di assistenza sanitaria per i dirigenti della
Esso italiana s.p.a. ed erogata agli assistiti fino al 31 dicembre
1979 (e, cioè, fino all'entrata in vigore del servizio sanitario na
zionale), avrebbe dato luogo, come l'analoga assistenza sanitaria
gestita sul piano nazionale dal Fondo di assistenza sanitaria per 1 dirigenti di aziende industriali (Fasdai), ad una forma di assicu
razione obbligatoria contro le malattie, tale, pertanto, da deter
minare, a carico del fondo gestore dell'assicurazione (nella specie: il suddetto Piano), l'obbligo di applicare l'aliquota aggiuntiva ai
contributi dovuti per l'assicurazione obbligatoria contro le malat
tie (aliquota pari all'1,65% della reribuzione imponibile ai fini contributivi, di cui l'I,50% a carico del datore di lavoro e lo
0,15% a carico del lavoratore), ai sensi dell'art. 4 d.l. 8 luglio 1974 n. 264, convertito, con modificazioni, nella 1. 17 agosto 1974
n. 386, e il conseguente obbligo di versare poi il gettito derivante
dalla suddetta maggiorazione contributiva nel conto corrente spe ciale intestato al ministero del tesoro, ai sensi dell'art. 5 1. cit.
Per altro verso, la corte non può disconoscere l'esattezza di
altre argomentazioni della sentenza impugnata, esattezza che non
è bastata, però, ad evitare la predetta erronea argomentazione di fondo, che, a sua volta, è il frutto di un'erronea interpretazio
ne (e, quindi, della violazione e falsa interpretazione) dell'accor
do collettivo nazionale 14 dicembre 1956 (art. 1, 2 e 3), stipulando tra la Confindustria e la Federazione nazionale dirigenti di azien
de industriali (istitutivo del Fasdai) e reso efficace erga omnes
con d.p.r. 2 gennaio 1962 n. 483, ai sensi della 1. 14 luglio 1959
n. 741, interpretazione di cui il ricorrente giustamente si duole
nel primo e nel secondo motivo, anche sotto il profilo del vizio
di insufficiente e contraddittoria motivazione.
Sul punto è opportuno, anzitutto, chiarire che i contratti e gli
accordi collettivi resi efficaci erga omnes in virtù dei decreti emessi
in esecuzione della legge di delega n. 741 del 1959 sono suscettibi
li di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione,
la quale, nell'esercitare il controllo della sentenza impugnata, non
deve limitarsi alla verifica dell'osservanza delle regole di erme
neutica contrattuale e della congruità della motivazione e non
ha, quindi, bisogno della mediazione del giudice del merito, pur
se quella interpretazione, riguardando norme sorte come patto
contrattuale, deve svolgersi soprattutto alla stregua delle regole
di cui agli art. 1362 ss. c.c., e deve tendere alla ricerca della co
mune intenzione dei contraenti (Cass. 12 marzo 1984, n. 1690,
Foro it., 1985, I, 1440; 29 aprile 1982, n. 2685, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 1215).
Ciò premesso, si osserva che, com'è noto, l'assicurazione gene
rale contro le malattie gestita dall'Inani non ebbe, fin dal suo
inizio, efficacia generale, essendo rimasta circoscritta alle sole ca
tegorie di lavoratori espressamente menzionate dall'art. 4 1. 11
gennaio 1943 n. 138 (istitutiva dell'ente poi denominato Istituto
nazionale per l'assicurazione contro le malattie - Inam), ed essen
do rimasta esclusa, pertanto, tra le altre, quella dei dirigenti di
aziende industriali.
Quest'ultima categoria, priva di una forma qualsiasi di tratta
mento assistenziale di malattia, ricorse, talvolta, a prescindere dalla
stipulazione di contratti di assicurazione su base privatistica e in
dividuale da parte dei singoli dirigenti, alla costituzione di parti colari fondi di carattere aziendale e facoltativo. È pacifico in causa
— e lo riconosce la stessa sentenza impugnata — che il Piano
per i dirigenti della società Esso italiana, costituito in sede azien
dale nel 1952, ebbe (almeno fino all'accordo collettivo nazionale
del 1956) carattere facoltativo, dato che era prevista la facoltati
vità dell'iscrizione per i dirigenti della Esso. Con l'accordo collettivo nazionale 14 dicembre 1956, stipulato
tra la Confindustria e la Federazione nazionale dirigenti di azien
de industriali, fu stabilito quanto segue:
Il Foro Italiano — 1989 — Parte 7-4.
Art. 1: «Dalla data di entrata in vigore del presente accordo
l'assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali apparte nenti ad aziende presso le quali non risultino già funzionanti, o non vengano poste in essere, previ accordi delle due parti con
traenti, iniziative dirette ad assicurare la prestazione di assistenza
sanitaria in caso di infermità, sarà attuata attraverso il fondo
di assistenza sanitaria costituito presso la Federazione nazionale
dirigenti di aziende industriali». Art. 2: «L'assistenza sanitaria ai dirigenti che saranno iscritti
al fondo di cui sopra sarà prestata nei modi e nei limiti stabiliti
dal regolamento del fondo stesso da concordare tra le parti con
traenti».
Nel pacifico presupposto che la maggiorazione istituita dall'art.
4 1. n. 386 del 1974, di conversione del d.l. n. 264 del 1974,
riguardava i «contributi dovuti per l'assicurazione obbligatoria contro le malattie», la sentenza impugnata ha ritenuto di indivi
duare, in relazione alla competenza residuale attribuita al fondo
di nuova istituzione (Fasdai) in tema di assistenza di malattia, il carattere obbligatorio, sia pure di fonte contrattuale, di tale
assistenza. L'obbligatorietà, peraltro, inizialmente limitata ai de
stinatari della contrattazione collettiva e, cioè, agli iscritti alle
organizzazioni sindacali stipulanti, si sarebbe estesa a tutti i diri
genti appartenenti alla categoria del settore industriale a seguito dell'estensione erga omnes operata in virtù del d.p.r. n. 483 del
1962, emesso ai sensi della 1. n. 741 del 1954.
Per la sentenza impugnata, le soprariportate disposizioni con
trattuali rivelerebbero inequivocamente «l'intento di assicurare a
tutti i dirigenti l'assistenza, prescrivendo l'attuazione di questa attraverso il fondo per tutti coloro che non ne fossero già provvi sti in virtù di accordi aziendali, in atto o successivamente conclu
si»; per cui l'accertata natura obbligatoria dell'assistenza prevista dall'accordo e l'espressione «dirigenti che saranno iscritti al fon
do» renderebbero evidente che al fondo stesso non si sarebbero
iscritti quei dirigenti che, in virtù di accordi aziendali, avessero
già goduto di assistenza sanitaria, con la conseguenza che la for
mulazione delle norme contrattuali non potrebbe essere intesa
«quale indicativa della facoltatività dell'assistenza, la quale» era
«stata invece stabilita come obbligatoria, ma» dovrebbe «essere
intesa unicamente quale ammissione della differenziazione degli enti preposti a gestire l'assicurazione stessa». Inoltre — sempre secondo la sentenza impugnata — l'accertata natura obbligatoria dell'assistenza prevista dall'apcordo tramite la costituzione del Fa
sdai, pur avendo l'accordo stesso fatto salve le gestioni autonome
di assicurazione, quale il Piano per i dirigenti Esso, per il quale era prescritta la facoltatività dell'iscrizione, avrebbe determinato
l'obbligatorietà anche dell'assistenza gestita dalle singole aziende,
senza che avesse alcuna rilevanza il fatto che queste ultime preve devano l'iscrizione facoltativa, «poiché la sancita obbligatorietà dell'assistenza non consiste nella mera possibilità, concessa agli
interessati, di valersi di essa, ma si risolve nella sua concreta,
ineludibile, attuazione, prescindendo dalla volontà degli inte
ressati».
Per la verità, la sentenza impugnata, almeno per questa parte
correttamente, non ha ritenuto di fondare l'asserita «obbligato rietà» dell'assistenza nel d.p.r. n. 483 del 1962, «la cui finalità, e il cui limite conseguentemente, quale fissata dalla legge di dele
ga (n. 741 del 1959)», consisteva «nell'estensione dell'area di va
lidità dell'accordo e non certo nella modificazione del suo
contenuto». Ed invero, la natura obbligatoria o facoltativa del
l'assistenza malattia per i dirigenti industriali non poteva certa
mente desumersi dal decreto estensivo dell'efficacia dell'accordo
collettivo, il quale decreto non avrebbe potuto alterare i caratteri
distintivi dell'attività assistenziale attribuita dall'accordo colletti
vo al Fasdai, ma solo limitarsi ad accrescerne l'ambito di operati
vità nei confronti di tutti i lavoratori appartenenti alla categoria
dei dirigenti industriali. La sentenza impugnata, però, desume il carattere obbligatorio
dell'assistenza malattia, disciplinata dall'accordo più volte men
zionato, dalle stesse clausole contrattuali, ma, a parere di questa
corte, tale sentenza incorre in una errata interpretazione delle clau
sole stesse (peraltro, frutto della violazione del canone ermeneuti
co della ricerca della comune intenzione delle parti stipulanti),
nonché in vizio di insufficiente, illogica e contraddittoria moti vazione.
Se, infatti, non può negarsi che intento delle parti contraenti
fosse stato quello di assicurare a tutti i dirigenti l'assistenza ma
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PARTE PRIMA
lattia attraverso la costituzione, con un accordo collettivo di por
tata nazionale, di un apposito fondo (il Fasdai), ciò non significa
affatto che le parti stesse avevano voluto creare una forma di
assistenza-previdenza per le malattie di carattere obbligatorio, anche
se di fonte convenzionale.
L'esclusione espressa dell'operatività del fondo generale di nuova
costituzione nei confronti dei dirigenti industriali per i quali fos
sero già in atto o venissero posti in essere, con accordi successivi
su scala aziendale, fondi particolari di assistenza malattia di ca
rattere facoltativo (come facoltativa, ad es., era l'iscrizione al
Piano di assistenza per i dirigenti della Esso) dimostra semplice
mente che, con la costituzione del Fasdai su scala nazionale, si
volle offrire la possibilità ai dirigenti che non fossero già iscritti
a fondi o casse aziendali (istituiti con contratti o accordi azienda
li) e a quelli appartenenti ad aziende per le quali non sarebbero
stati posti in essere nel futuro analoghi accordi aziendali, costitu
tivi di fondi o casse specifici, di iscriversi ad un Fondo nazionale
con pari carattere facoltativo, ma non si volle certamente obbli
gare i dirigenti non iscritti a fondi aziendali ad iscriversi al Fa
sdai; dovendosi, del resto, la pretesa obbligatorietà del vincolo
di adesione a quest'ultimo escludere se non altro per la previsio
ne, contenuta nell'art. 1 dell'accordo collettivo del 1956, di ac
cordi aziendali finalizzati a costituire anche nel futuro fondi
destinati ad assicurare la prestazione di assistenza sanitaria in ca
so di infermità. Né in una qualsiasi parte dell'accordo collettivo
del 1956 si accennava, minimamente, ad un obbligo di iscrizione
al Fasdai. Ciò significa che il Fasdai aveva una competenza generale resi
duale di assistenza sanitaria, con persistente carattere facoltativo,
per i dirigenti appartenenti ad aziende prive di fondi assistenziali
specifici, e che la natura privatistica del Fasdai — e a maggior
ragione, delle casse aziendali particolari, come il Piano per i diri
genti della Esso — non potrebbe essere alterata sull'assunto apo
dittico e indimostrato del carattere obbligatorio delle rispettive
gestioni di assistenza sanitaria, in contrasto con il loro scopo mu
tualistico prettamente privato.
Quanto al d.p.r. n. 483 del 1962, questo ebbe solo l'effetto
di estendere la facoltà di servirsi della competenza residuale del
Fasdai in materia di assistenza sanitaria ai dirigenti industriali
non iscritti alla Federazione nazionale di aziende industriali, che
aveva stipulato con la Confindustria l'accordo collettivo naziona
le 14 dicembre 1956, ma non certo, di trasformare l'assistenza
malattia per i dirigenti industriali da contrattuale-facoltativa in
obbligatoria-legale. Del resto, come si è argomentato esattamente in dottrina, clau
sole del tipo di quelle contenute negli art. 1 e 2 del citato accordo
collettivo, costitutivo del Fasdai, attengono alla c.d. «parte ob
bligatoria» dei contratti e degli accordi collettivi e pongono rap
porti obbligatori direttamente tra le sole associazioni sindacali
stipulanti, specie quando si tratta delle c.d. «clausole istituziona
li», dirette, cioè, a costituire e regolamentare organismi aziendali
aventi competenza in materia di rapporto di lavoro (es.: commis
sioni interne) ovvero di previdenza e di assistenza (es.: casse edili,
forme facoltative o integrative di previdenza). Ammesso poi e non concesso che l'assistenza sanitaria erogata
dal Fasdai, come dai particolari fondi aziendali, avesse avuto ca
rattere obbligatorio, sia pure di fonte contrattuale (come sembra
opinare la sentenza impugnata), e non meramente facoltativo, e
poiché l'art. 4 1. n. 386 del 1974 prescriveva il versamento di
«un'aliquota aggiuntiva ai contributi dovuti per l'assicurazione
obbligatoria contro le malattie», in tale prescrizione non sarebbe
ro potute rientrare le gestioni assistenziali in discorso, poiché per
«assicurazione obbligatoria contro le malattie», comprensiva del
le forme sostitutive ed esonerative, può intendersi solo quella na
scente e disciplinata da norme di legge, e, cioè, da disposizioni normative di carattere cogente, e non anche altre forme assicura
tive di fonte contrattuale, in cui i relativi obblighi potrebbero
essere anche risolti per mutuo consenso delle parti stipulanti. Ma — ripetesi
— tali forme assicurative di fonte contrattuale aveva
no carattere facoltativo, essendo prevista la mera facoltà dei diri
genti interessati di iscriversi ad esse.
D'altra parte, l'aliquota aggiuntiva dell'1,65% dei contributi
di malattia, istituita con l'art. 4, 1° comma, d.l. n. 264 del 1974,
convertito nella 1. n. 386 del 1974, aveva per fine prevalente, an
che se non esclusivo, il finanziamento dell'estinzione dei debiti
degli enti mutualistici pubblici verso gli enti ospedalieri (art. 1)
Il Foro Italiano — 1989.
e non poteva riguardare gestioni previdenziali facoltative istituite
su scala nazionale ovvero aziendale, gestioni che, come il Fasdai
o il Piano di assistenza per i dirigenti della Esso, erano rimaste
del tutto estranee a quei debiti, avendo assicurato ai rispettivi
iscritti una assistenza ospedaliera in forma esclusivamente indiretta.
Ciò non significa che il Fasdai e le altre gestioni facoltative
di assistenza malattia rimasero estranei alla sfera di efficacia del
d.l. n. 264 del 1974, convertito nella 1. n. 386 del 1974, e delle
successive leggi riguardanti l'avvio della riforma sanitaria. Ma
deve operarsi una netta distinzione tra il generale ambito di tutta
la predetta normativa e il più ristretto ambito degli art. 4, 5 e
14 d.l. n. 264 del 1974, attinenti alle maggiorazioni contributive
di malattia, gravanti, come già detto, soltanto sugli enti gestori
per legge dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie. Infat
ti, la normativa di cui si è detto fu finalizzata alla soppressione
di tutte le mutue, comunque strutturate ed estese territorialmen
te, le quali avevano provveduto all'assistenza contro le malattie
mediante forme di assicurazione obbligatoria ovvero anche di as
sicurazione facoltativa, giacché l'assistenza malattia era destinata
ad essere gestita soltanto dal servizio sanitario nazionale (il quale
non avrebbe tollerato forme di assistenza facoltativa se non in
funzione meramente integrativa dell'assistenza malattia garantita
dal regime generale). In tale prospettiva trae spiegazione l'art. 12 della citata legge
di conversione n. 386 del 1974 del d.l. n. 264 del 1974, il quale
disponeva testualmente che «i compiti in materia di assistenza
ospedaliera degli enti anche previdenziali che gestiscono forme
di assistenza contro le malattie, nonché delle casse mutue anche
aziendali, comunque denominati e strutturati, sono trasferiti alle
regioni..., le quali erogano le relative prestazioni in forma diret
ta...»; ed anche l'art. 12 bis, che, nel demandare ad un decreto
del presidente della repubblica, da emanarsi previa delibera del
consiglio dei ministri, lo scioglimento dei consigli di amministra
zione e il commissariamento dei principali enti pubblici gestori
dell'assistenza obbligatoria di malattia, tra i quali l'Inam, l'En
pas e l'Inadel, demandava ad altro decreto presidenziale, su pro
posta ministeriale, l'individuazione di altri enti e gestioni di
assistenza malattia da sopprimere, stabilendo, altresì, entro un
determinato termine, l'estinzione di tutti gli enti e di tutte le ge
stioni autonome preposti all'erogazione dell'assistenza sanitaria
in regime mutualistico e la ripartizione delle relative funzioni e
strutture tra lo Stato, le regioni e gli altri enti territoriali per
l'attuazione del servizio sanitario nazionale.
E proprio in adempimento di quest'ultima disposizione, il d.p.r.
29 aprile 1977 individuava, all'art. 1, tra gli enti e le gestioni
di cui sopra da sopprimere, le «casse o fondi di assistenza sanita
ria per i dirigenti di aziende industriali», nonché «gli altri enti,
fondi e casse mutue anche aziendali, comunque denominati e strut
turati, per i quali siano previste da leggi, regolamenti e contratti
collettivi di lavoro forme anche parziali di contribuzioni obbli
gatorie». Peraltro, la sentenza impugnata ha escluso, su questo punto
correttamente, che una conferma dell'obbligo per i dirigenti di
aziende industriali già iscritti al Fasdai o a fondi aziendali di assi
stenza malattia di versare l'aliquota aggiuntiva pari all'1,65% della
retribuzione imponibile fosse da riscontrare, come una sorta di
interpretazione autentica dell'art. 4 d.l. n. 264 del 1974, converti
ta nella 1. n. 386 del 1974, nell'art. 3, 1° comma, lett. c), d.l.
30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella 1. 29 febbraio 1980
n. 33, il quale, nel prescrivere, con decorrenza dal 1° gennaio
1980, l'obbligo, per i dirigenti, di versare i contributi secondo
le modalità e nelle misure vigenti nel 1979 per gli iscritti al Fondo
di assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende industriali aggiun
geva l'espressione «ferma restando la quota aggiuntiva di cui al
l'art. 4 della predetta legge» (e, cioè, della 1. n. 386 del 1974).
Tale aggiunta — secondo la sentenza impugnata — non poteva
essere considerata una «formula confermativa di un obbligo chia
ramente ritenuto già esistente — se si vuole, in via di interpreta
zione autentica — della norma del 1974»; e ciò sia perché la
formula costituiva un mero inciso di una disposizione di più am
pia portata, sia perché nessun accenno si rinveniva, né nella for
mula, né nella norma che la conteneva, che potesse far presumere una volontà di interpretazione autentica, sia perché «pregiudizia le alla ventilata interpretazione autentica sarebbe stata la necessi
tà di affermare l'ambito delle categorie per le quali vigeva l'assicurazione obbligatoria contro le malattie, essendo questo il
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
presupposto dal quale conseguiva l'obbligo del versamento dei
contributi».
Ma se tutto ciò è esatto, la sentenza impugnata non ha effet
tuato una più attenta disamina dell'art. 3, 1° comma, lett. c),
1. n. 33 del 1980, da cui avrebbe potuto trarre conferma del ca
rattere innovativo e non già interpretativo di questa norma, quanto
all'obbligo di versamento dell'aliquota aggiuntiva alla contribu
zione base di malattia per i dirigenti industriali e con riferimento
alla locuzione «ferma restando la quota aggiuntiva...»; e di ciò
giustamente il ricorrente si duole nel terzo motivo, sotto il profilo
del vizio di motivazione. Ed invero, la definitiva riprova della natura meramente facol
tativa dell'assistenza sanitaria gestita dal Fasdai e dagli analoghi
fondi aziendali può agevolmente desumersi dal riferimento del
citato art. 3, 1° comma, lett. c), oltre che «ai dirigenti assistiti
da casse o fondi di assistenza sanitaria, ancorché non individuati
ai sensi della 1. 17 agosto 1974 n. 386», anche ad «altri dirigenti
non assistiti da enti, casse o fondi di assistenza sanitaria», e, cioè,
a dirigenti che fino a tutto il 1979 erano rimasti privi di una
qualsiasi assistenza sanitaria e che, conseguentemente, non ave
vano corrisposto alcuna contribuzione di malattia.
Il richiamo, poi, per la contribuzione dovuta per i dirigenti
dal gennaio 1980, alle modalità e alle misure vigenti nel 1979
per gli iscritti al Fasdai, sta solo a significare che la contribuzione
fu determinata, sia pure per relationem, alla stregua dei contribu
ti di malattia corrisposti nel 1979 al principale gestore, su scala
nazionale, dell'assistenza sanitaria per i dirigenti di aziende indu
striali (da tale data, infatti, i contributi dovevano essere versati
all'Inps, ai sensi del 6° comma del citato art. 3).
Inoltre, la locuzione «ferma restando la quota aggiuntiva di
cui all'art. 4» (della 1. n. 386 del 1974) non serviva affatto a
confermare l'obbligo di una contribuzione aggiuntiva già dovuta
in precedenza per i dirigenti, ma solo a precisare, sia pure con
formulazione poco perspicua, che dal 1° gennaio 1980 per i diri
genti industriali si sarebbe dovuta versare non solo la contribu
zione base di malattia, ma anche, per la prima volta, l'aliquota
aggiuntiva ai contributi per l'assicurazione obbligatoria contro le
malatite, stabilita dall'art. 4, 1° comma, 1. n. 386 del 1974 per
tutti i lavoratori dipendenti.
Infine — e lo si chiarisce per mero scrupolo — la natura facol
tativa dell'assistenza sanitaria erogata dal Fasdai e dai fondi azien
dali specifici ai dirigenti industriali, tra cui il Piano di assistenza
per i dirigenti della Esso, non potrebbe essere esclusa ex post,
con conseguente efficacia retroattiva dell'obbligo della contribu
zione aggiuntiva, stabilito dall'art. 4, 1° comma, 1. n. 386 del
1974, per effetto della sentenza della Corte costituzionale 19 giu
gno 1981, n. 103 (id., 1981, I, 2638), la quale, dichiarando l'ille
gittimità dell'art. 4 1. 11 gennaio 1943 n. 138, nella parte in cui
limitava alle categorie ivi indicate l'iscrizione obbligatoria all'I
nam, non è idonea a modificare la natura giuridica privata del
Fasdai e dei fondi aziendali di assistenza sanitaria per i dirigenti
industriali, né può modificare il carattere facoltativo dell'assistenza
da tali fondi gestita fino al 1979. Per le considerazioni sopra svolte, il ricorso dev'essere accolto
e l'impugnata sentenza cassata con il rinvio della causa ad altro
giudice d'appello, che si designa nella Corte d'appello de l'Aqui
la, che, nel procedere a nuovo esame, si atterrà al seguente prin
cipio di diritto: «Poiché l'assistenza sanitaria erogata ai dirigenti di aziende in
dustriali dal Fondo di assistenza sanitaria per i dirigenti di azien
de industriali (Fasdai) e dai fondi aziendali specifici ha carattere
facoltativo ed origine contrattuale, non è dovuta per gli iscritti
ai predetti fondi l'aliquota aggiuntiva ai contributi per l'assicura
zione obbligatoria contro le malattie istituita, per i lavoratori di
pendenti iscritti alla suddetta assicurazione obbligatoria, dall'art.
4, 1° comma, 1. 17 agosto 1974 n. 386, di conversione, con modi
ficazione, del d.l. 8 luglio 1974 n. 264».
II
Con il primo motivo l'istituto ricorrente denuncia violazione
dell'art. 4 d.l. n. 264 del 1974 conv. nella 1. n. 386 del 1974
in relazione agli art. 2069 e 2077 c.c., del d.p.r. n. 483 del 1962
in relazione alla 1. n. 741 del 1969 e all'art. 3 d.l. n. 663 del
1979 conv. nella I. n. 33 del 1980; motivazione carente e con
II Foro Italiano — 1989.
traddittoria (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Deduce che il Tribunale
di Aosta erroneamente ha ritenuto che dall'obbligo del versamen
to del contributo in esame fossero esclusi gli iscritti al Fasdai
posto che, contrariamente all'assunto del suddetto giudice, in forza
dell'accordo collettivo del 1956 erga omnes con d.p.r. n. 483 del
1962, l'iscrizione al suddetto fondo era obbligatoria e non già
facoltativa.
Con il secondo motivo denunzia violazione dell'art. 4 d.l. n.
264 del 1974 conv. nella 1. n. 386 del 1974 in relazione all'art.
136 Cost, e all'art. 30, 3° comma, 1. n. 87 del 1953 (art. 360,
n. 3) e deduce che, dichiarata l'illegittimità costituzionale del
l'art. 4 1. n. 138 del 1943 nella parte in cui limitava l'obbligato
rietà dell'iscrizione all'ente alle sole categorie di lavoratori ivi
indicate, è stata esclusa l'esistenza di forme facoltative di assi
stenza. E comunque, ove si ritenesse facoltativa l'assicurazione
malattia presso il Fasdai si dovrebbe necessariamente riconoscere
che i dirigenti godevano dell'assicurazione Inam (e conseguente
mente che sussiste l'obbligo di corrispondere il contributo).
I due motivi congiuntamente esaminabili, in quanto connessi,
sono fondati.
II tribunale ha ritenuto di escludere che la società fosse assog
gettabile a contribuzione con gli argomenti che l'assistenza sani
taria derivava da fonte pattizia (e non legale) vincolante solo per
gli iscritti alle associazioni sindacali, e che, inoltre, era facoltati
va la stessa funzione delle prestazioni assistenziali nell'ambito de
gli iscritti. Quanto sopra era fatto palese, a giudizio del tribunale, dalla
lettera dell'art. 1 dell'accordo collettivo 14 dicembre 1955 (erga
omnes in forza del d.p.r. n. 463 del 1982) in cui è fatto uso
del verbo nella forma futura («saranno»), nonché dal disposto
alla lett. e) dell'art. 3 1. n. 33 del 1980 chiaramente dimostrativa
dell'esistenza di dirigenti non assistiti da enti, casse o fondi di
assistenza sanitaria.
Il collegio ritiene non condivisibili i suddetti argomenti essendo
il primo conseguenza di incompleta lettura dell'accordo e l'altro
il risultato di non appagante indagine.
Infatti non è stato spiegato, né è possibile comprendere, come
dall'uso della forma futura del verbo possa conclusivamente de
sumersi la natura facoltativa e non obbligatoria dell'iscrizione al
fondo in questione; inoltre, nel contesto del periodo, esso appare
sintatticamente necessario in quanto riferito ad iscrizioni future,
ossia successive alla stipula, dell'accordo, infine, l'indubbio si
gnificato, limitativo deriva dal fatto che in quel momento la iscri
zione era consentita solo agli aderenti alle organizzazioni stipulanti
nonché dall'esistenza di altre casse aziendali.
Né l'interpretazione della norma nel senso di cui nell'impugna
ta sentenza può trarre forza convincente dall'argomento che alla
natura privatistica dell'accordo non può non essere collegata la
facoltà (e non l'obbligo) dell'iscrizione in quanto puntualmente
viene obiettato dall'Inps che dalla suddetta premessa l'unica con
seguenza deducibile è l'obbligatorietà (e non già la facoltà), ex
art. 2069 c.c., per le parti stipulanti ed in conseguenza del d.p.r.
n. 463 del 1982 (che ha resa obbligatorio l'accordo) per tutti i
dirigenti. Assume anche il tribunale che la suddetta estensione dell'effi
cacia dell'accordo anche ai non aderenti alle associazioni sinda
cali stipulanti non muta il contenuto dell'atto per cui non può
sostenersi neppure per questa via che l'iscrizione al Fasdai, prima
facoltativa, sia diventata obbligatoria. Anche in relazione a ciò,
si impone di cogliere la portata dell'accordo sulla obbligatorietà
o non dell'iscrizione al fondo.
Alla già dimostrata impossibilità, sul piano letterale, di attri
buire alla forma futura del verbo il significato di concedere una
facoltà (e di escludere l'obbligo) si affianca, sul piano sistemati
co, l'erroneo procedimento ermeneutico consistito nella lettura
isolata della norma, la quale andava invece interpretata nel con
testo delle altre; ciò facendo si traggono conclusioni contrarie
a quelle del tribunale, in quanto, nel preambolo, dalle parti fu
precisato l'intento di assicurare opportune forme di assistenza sa
nitaria a tutti i dirigenti dipendenti da aziende industriali. La volontà di realizzare un sistema generale di assistenza è age
volmente deducible dalla larga estensione dei destinatari (a tutti
e non solo a coloro che lo avessero voluto) ed è confermata dalla
perentorietà della successiva espressione («sarà attuata attraverso
il fondo») chiaramente esplicativa della reale intenzione delle parti
in termini di obbligo e non già di facoltà (es.: «potrà essere»...).
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PARTE PRIMA
A supporto di ciò, quale elemento qualificante della disciplina contenuta nell'accordo, vale la considerazione che con esso si è
inteso completare — laddove mancava — l'assetto assistenziale
a favore dei dirigenti rendendolo operante per i casi in cui le
prestazioni sanitarie non risultavano già funzionanti presso l'a
zienda o non sarebbero state poste in essere: e vale altresì consta
tare che siffatta estensione della forma assistenziale realizzava il
precetto costituzionale di cui all'art. 38, 2° comma, al quale non
può non ritenersi che le parti si siano ispirate stante l'innegabile manifestata finalità di sottrarre ai rischi della mancata assistenza
quella parte residua dei dirigenti che ne fossero privi (solo con
la sentenza n. 103 del 1981, Foro it., 1981, I, 2638, la Corte
costituzionale dichiarò la illegittimità dell'art. 4 1. n. 138 del 1943
nella parte in cui limita alle categorie di lavoratori in esso indica
te l'iscrizione obbligatoria all'Inani). Nessun ausilio alla tesi della non obbligatorietà dell'iscrizione
al Fasdai può essere tratta dalla norma di cui alla lett. c) d.l.
n. 633 del 1979 (conv. nella 1. n. 33 del 1980) che estende l'assi
stenza sanitaria anche ai «dirigenti non assistiti da enti, casse o
fondi di assistenza sanitaria», il che secondo il tribunale sarebbe
inconcepibile se questa fosse già estesa all'intera categoria profes
sionale, potendosi obiettare che codesta previsione non postula necessariamente che fra gli stessi fossero compresi gli industriali.
L'obbligatorietà dell'iscrizione al fondo sembra dunque al col
legio derivare in materia piana, per quanto è stato detto in prece
denza, proprio per imposizione pattizia; e ciò comporta l'obbligo del versamento dell'aliquota aggiuntiva di cui al d.l. n. 284 del
1974 (conv. nella 1. n. 386 del 1974). Né il collegio ritiene condivisibile l'ulteriore argomento addot
to dal tribunale che la pretesa dell'Inail sarebbe comunque infon
data in quanto al pagamento della suddetta aliquota sarebbero
soggette solo le forme di assicurazione istituite o regolate per legge. Infatti la lettera della norma, priva di distinguo, non sembra
autorizzare siffatta opinione; e se essa non indirizza pacificamen te nel senso contrario serve tuttavia da chiave di lettura del siste
ma potendosi osservare, per quanto sarà detto, come dallo stesso
non siano desumibili argomenti utili per giustificare esoneri.
L'aliquota in esame è infatti disciplinata da una norma inserita
in un contesto di altre norme mirate ad attuare una forma di
assistenza generalizzata concretamente realizzabile con l'apporto dell'istituto «fondo nazionale per l'assicurazione ospedaliera» (art.
14, 1° comma) alla cui alimentazione dovevasi provvedere con
i contributi provenienti, senza distinzioni circa la loro natura pub blica o privata, da ciascun «ente o gestione» ed anche da «casse
aziendali» con palese conseguente impossibilità di distinguere, ai
fini dell'obbligo in discussione, fra fruitori di assistenza dovuta
ex lege o di diversa natura.
Ed incisivamente — a dimostrazione della cogenza delle norme — è intervenuto il legislatore a disciplinare la materia sanzionan
do con l'irrogazione di pene pecuniarie (art. 15, 1° comma) l'i nosservanza delle disposizioni che regolano il versamento dei
contributi previsti a carico di enti, gestioni e perfino di casse azien
dali (art. 14, punto 1) senza alcun riferimento al titolo legale o
pattizio della loro costituzione, ma con sicura conferma dell'ob
bligo del versamento dell'aliquota in esame a carico del Fasdai.
Ciò si evince infatti dall'art. 3, lett. c), d.l. n. 663 del 1979, convertito nella 1. n. 33 del 1980, relativo al «finanziamento del
servizio sanitario nazionale». La norma, nel disciplinare la mate
ria dei contributi sociali di malattia dovuti a titolo provvisorio
per l'anno 1980, stabilisce che: «i dirigenti di aziende assistiti da
casse o fondi di assistenza sanitaria, ancorché non individuati
ai sensi della 1. n. 386 del 1974, nonché gli altri dirigenti non
assistiti da enti, casse o fondi di assistenza sanitaria» debbono
versare i contributi secondo la modalità e nelle misure vigenti nel 1979 per gli iscritti al Fondo di assistenza sanitaria dirigenti aziende industriali di cui al d.m. 5 gennaio 1979 ferma restando
la quota aggiuntiva di cui alla predetta legge».
Nell'espressione suddetta (ferma restando l'aliquota) è manife sto il riferimento ad un contributo già esistente di cui viene affer
mata la continuazione; e l'intento ricognitivo della sua esistenza
a carico del Fasdai deriva, inoltre, dal contestuale richiamo alle
modalità ed alla misura dei contributi sociali di malattia dovuti
per l'anno 1980 dallo stesso ente. Ulteriore conferma del suddet to intento ricognitivo dell'esistenza del contributo si deduce altre sì' dall'uso di analoga espressione («nulla è innovato in ordine
Il Foro Italiano — 1989.
alla quota aggiuntiva...) a proposito di artigiani, esercenti attività
commerciali e coltivatori diretti (lett. a del medesimo art. 3 d.l.
n. 663 del 1979) a carico dei quali una quota aggiuntiva (determi nata in misura diversa) venne sostituita dal 3° comma della su
citata norma modificato solo in relazione alla misura della legge di conversione n. 336 del 1974).
Convincono infine dell'esattezza della tesi che qui si sostiene
le finalità della contribuzione il cui carattere «sociale» è posto in evidenza dall'art. 3 su citato nonché del richiamo che in esso
viene fatto dell'art. 75 1. n. 833 del 1978 che contiene identica
definizione. Sembra pertanto al collegio che, ai fini in discussione, non ab
bia rilevanza alcuna la natura privatistica del Fasdai (affermata da Cass. n. 2136 del 1985, id., 1985, I, 1008) dovendosi piuttosto fare riferimento alla obbligatorietà, già dimostrata, della iscrizio
ne al fondo, e, quindi, delle prestazioni di assistenza sanitaria.
Ed a proposito di ciò, in chiusura e per completezza, non è
vano rilevare che la tesi della società secondo la quale l'aliquota
aggiuntiva sarebbe obbligatoria solo successivamente al 31 dicem
bre 1979 (ex 1. n. 33 del 1980) non è conciliabile con il principio dell'obbligatorietà dell'iscrizione all'Inam per tutte le categorie sancito da Corte costituzionale 16 giugno 1981, n. 103, del quale è stata fatta applicazione da questa corte (v. sez. un. 2 marzo
1982, n. 1278, id., 1982 I, 1009, e sez. lav. n. 4292 del 1983,
id., Rep. 1984, voce Previdenza sociale, n. 499). In accoglimento del ricorso deve pertanto concludersi per l'as
soggettabilità del Fasdai al versamento dell'aliquota aggiuntiva e deve, in conseguenza di ciò, cassarsi l'impugnata decisione con
rinvio al Tribunale di Torino il quale si atterrà al principio di
diritto suddetto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 febbraio
1988, n. 1658; Pres. Nocella, Est. Marotta, P.M. Dettori
(conci, conf.); Inail (Avv. Mancini, Napoletano, Lai) c. Tac
ca (Avv. Corua). Cassa Trib. Novara 18 aprile 1986.
Infortuni sul lavoro — Lavoratore agrìcolo — Indennità giorna liera per inabilità assoluta temporanea — Esclusione (Disp. sulla
legge in generale, art. 11, 12; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art.
205, 213; 1. 12 marzo 1968 n. 334, norme per l'accertamento
dei lavoratori agricoli aventi diritto alle prestazioni previden
ziali, art. 8; 1. 10 maggio 1982 n. 251, norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro fessionali, art. 4, 21).
Non spetta ai lavoratori agricoli l'indennità giornaliera per inabi
lità temporanea assoluta nel caso di infortunio sul lavoro oc corso prima dell'entrata in vigore della l. n. 251/82, anche se lo stato di inabilità si sia protratto oltre tale data. (1)
(1) In senso conforme la decisione citata in motivazione: Cass. 8 mag gio 1987, n. 4273, Foro it., 1987, I, 2356, con nota di richiami, cui adde Cass. 17 aprile 1987, n. 3863, id., Rep. 1987, voce Infortuni sul lavoro, n. 306.
Sui soggetti che possono essere considerati beneficiari della indennità
giornaliera, si vedano: Cass. 27 aprile 1987, n. 4075, ibid., n. 305, con cui la corte ha escluso dall'indennità parenti del titolare dell'azienda agri cola o forestale diversi da quelli indicati alla lett. b) dell'art. 205, 1°
comma, t.u. 1124/65 (ossia moglie, figli, anche naturali e adottivi) e che
prestino la loro opera nell'azienda in forma associativa e senza vincolo di subordinazione; nonché, Cass. 9 dicembre 1986, n. 7297, ibid., n. 307; 14 dicembre 1985, n. 6357, id., 1986, I, 701, che ha escluso dalla catego ria dei lavoratori agricoli aventi diritto all'indennità i piccoli coloni.
L'efficacia della legge, limitata a tutti gli infortuni accaduti successiva mente alla sua entrata in vigore (il 1° gennaio 1982), con conseguente esclusione di quelli occorsi in precedenza, anche se produttivi di effetti successivi e perduranti oltre tale data, è stata ribadita da tutte le sentenze richiamate, sollevando critiche di incostituzionalità presso alcuni giudici di merito. Si veda, sotto il profilo del contrasto con gli art. 3 e 38 Cost., Pret. Chiavari, ord. 5 luglio 1984, ibid., 856.
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