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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 13 maggio 1987, n....

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4
sezione lavoro; sentenza 13 maggio 1987, n. 4410; Pres. Menichino, Est. Buccarelli, P.M. Martone (concl. conf.); Soc. Avandero (Avv. Contaldi, Zanetta) c. Marangon (Avv. Nappi, Correnti). Cassa Trib. Novara 15 febbraio 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1215/1216-1219/1220 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181203 . Accessed: 25/06/2014 08:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.145 on Wed, 25 Jun 2014 08:10:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 13 maggio 1987, n. 4410; Pres. Menichino, Est. Buccarelli, P.M.Martone (concl. conf.); Soc. Avandero (Avv. Contaldi, Zanetta) c. Marangon (Avv. Nappi,Correnti). Cassa Trib. Novara 15 febbraio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1215/1216-1219/1220Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181203 .

Accessed: 25/06/2014 08:10

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1215 PARTE PRIMA 1216

so risultante; giacché l'intenzione del legislatore di assicurare la

definizione delle posizioni dei lavoratori entro brevi termini è cer

tamente comune ai due casi e il tenore della norma del 1978 —

che fa semplicemente «salva la facoltà degli interessati di adire

la magistratura ... ai sensi dell'art. 10 ... » — non lascia dub

bi sul carattere formale del suo richiamo (oltrettutto superfluo) alla regola generale. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 maggio

1987, n. 4410; Pres. Menichino, Est. Buccarelli, P.M. Mar

tone (conci, conf.); Soc. Avandero (Avv. Contaldi, Zanetta) c. Marangon (Avv. Nappi, Correnti). Cassa Trib. Novara 15

febbraio 1985.

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Assunzioni obbli

gatorie — Atto di avviamento — Eccesso di potere — Disap

plicazione (Cost., art. 41; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 5; 1. 2 aprile 1968 n. 482,

disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pub bliche amministrazioni e le aziende private, art. 16, 19, 21, 23).

Il giudice ordinario deve disapplicare in via incidentale l'atto di

avviamento obbligatorio al lavoro di invalido ex I. 482/68 an

che ove l'atto sia affetto da vizio di eccesso di potere, ravvisa

bile nel caso in cui non siano stati rispettati quei criteri generali ed astratti che devono presiedere all'esercizio dei poteri della

pubblica amministrazione, eventualmente adottati in via di au

tolimitazione, ad assicurare il rispetto del principio di unifor mità di trattamento indispensabile per il suo corretto

funzionamento. (1)

II

PRETURA DI TORINO; sentenza 1° dicembre 1986; Giud. Ric

comagno; Coen (Avv. Zuccarello, Monacis) c. Soc. Tipo

grafia sociale torinese (Avv. Pacchiana Parravicini).

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Avviamento obbli

gatorio — Procedura di esonero — Inosservanza — Fattispecie

(L. 2 aprile 1968 n. 482, art. 13).

È illegittimo l'avviamento obbligatorio di orfani e vedove in so

stituzione degli invalidi in pendenza della procedura di esonero

parziale prevista dall'art. 13 I. 482/68, e cioè prima dell'ema

nazione del decreto ministeriale ivi previsto. (2)

(1) Cfr. in senso conforme, Cass. 1740/82 richiamata in sentenza. Per la disapplicazione dell'illegittimo accertamento sanitario ex art. 10 e 20 1. 482/68, cfr. Cass. 26 marzo 1984, n. 1971, Foro it., 1984, I, 2979, con nota di richiami.

Va sottolineato come nelle sentenze 4410/87 in epigrafe sono anche affermati principi (la indispensabilità della richiesta del datore di lavoro ai fini della legittimità dell'avviamento e la sua differenza dalla denuncia

semestrale, la possibilità che denuncia e richiesta siano fatte in un unico

atto) cosi consolidati da consentire di non riportare le pagine che li ri

guardano. (2) Non si rinvengono precedenti negli esatti termini. Cfr., però, per

l'inesistenza del potere del ministro di sospendere sine die, con circolare, l'applicazione della 1. 482/68 per le imprese che abbiano presentato do mande di esonero ex art. 13 1. cit., Cass. 17 marzo 1982, n. 1740, Foro

it., Rep. 1982, voce Lavoro (collocamento), n. 146. Per la non automati ca sospensione degli obblighi in tale ipotesi, cfr. Pret. Milano 8 novem bre 1976, Pret. Termini Imerese 25 ottobre 1976, Pret. Fidenza 6 aprile 1976, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 63-65.

Circa la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 13, 5° comma, 1. cit., per contrasto con gli art. 4, 1° comma, 27, 32, 1° comma, 35 e 41 Cost., cfr. T.A.R. Lazio, sez.

Ili, ord. 24 novembre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 144. Per la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della do

manda di accertamento del diritto del datore di lavoro ad essere parzial mente esonerato dall'obbligo di assunzione di invalidi ex art. 13 cit., cfr.

Cass., sez. un., 9 novembre 1985, n. 5479, id., 1986, I, 703, con nota di richiami.

Ha negato sussistere responsabilità del datore ove nella sua azienda

Il Foro Italiano — 1988.

I

Motivi della decisione. — (Omissis). La richiamata giurispru denza ha, poi, riconosciuto nei riguardi dei datori di lavoro «one

rati» la sussistenza (anche) di «diritti soggettivi perfetti» (la cui

tutela rientra, pertanto, nella cognizione dell'autorità giudiziaria

ordinaria) allorquando vengano a mancare i presupposti legali su cui si basa l'obbligo di assunzione ex lege previsto. Si è rileva

to al riguardo che l'obbligo di assunzione costituisce in definitiva

un «limite» imposto all'iniziativa economica privata (art. 41, 1°

comma, Cost.) e perciò una compressione (anche se ritenuta co

stituzionalmente giustificata) dei diritti degli imprenditori costitu

zionalmente protetti. Di guisa che, allorquando tale imposizione esorbiti da quella misura che la legge consente, o venga in con

creto attuata al di fuori dei «presupposti» legali previsti e che

la legge stessa richiede, secondo la elaborazione giurisprudenziale al riguardo consolidatasi, in questi casi è evidente che si realizza

una ingiustificata lesione della «posizione soggettiva» degli im

prenditori tenuti all'assunzione, e che non può non trovare tutela

nella cognizione del giudice ordinario derivando dalla anzidetta

«lesione» una conseguenziale compromissione di veri e propri di

ritti, costituzionalmente protetti. E che da ciò consegue la facoltà

degli imprenditori «onerati», che non vogliano suggiacere all'ob

bligo ex lege previsto, di denunziare la «illegittimità» dell'atto

(amministrativo) di avviamento, chiedendone al giudice ordinario

la «disapplicazione» in via incidentale secondo i principi generali di cui alla 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E (art. 5).

Va rilevato però che il sindacato del giudice ordinario sull'atto

amministrativo (di avviamento), ai soli fini della sua disapplica zione nel caso concreto, non è limitato alla sola violazione di

legge, potendosi esso estendere anche all'accertamento del vizio

di «eccesso di potere». Tale controllo non comporta infatti l'esa

me delle ragioni di opportunità e di merito (la cui valutazione

rientra, come è noto, nei poteri della p.a., incensurabili dall'au

torità giudiziaria ordinaria), bensì' l'accertamento che, nel caso

concreto, siano stati rispettati quei «criteri» generali astratti che

devono presiedere all'esercizio dei poteri peculiari della p.a. e che

possono essere adottati, ad esempio, dalla stessa amministrazione

nell'esercizio dei poteri regolamentari di «autolimitazione» al ri

guardo previsti: l'accertamento cioè che la p.a. osservi quel prin

cipio di «uniformità» che è indispensabile per il suo corretto

funzionamento (cfr. Cass. 2855/76, Foro it., Rep. 1976, voce Cir

colazione stradale, n. 132; 1441/76, ibid., voce Giurisdizione ci

vile, n. 108; 2314/79, id., Rep. 1979, voce Atto amministrativo, n. 117, e più recentemente Cass. 1740/82, id., Rep. 1982, voce

Lavoro (collocamento), n. 146).

Orbene, venendo al caso concreto in esame, devesi rilevare che

il datore di lavoro ha denunziato che l'ufficio provinciale del la

voro di Novara ha assegnato l'invalido Marangon Valentino sen

za tenere conto, in palese contrasto con essi, degli obiettivi «criteri»

regolanti l'avviamento di lavoratori protetti nel territorio della

provincia e predeterminati dalla stessa p.a. nell'esercizio dei suoi

poteri di autolimitazione interna diretti a garantire il principio della «uniformità» del suo stesso comportamento, ed ha lamen

tato in modo particolare una palese disparità di trattamento nei

riguardi di altre imprese della zona, che si trovano nella sua stes

sa identica situazione occupazionale e di produzione, o quanto meno in situazione analoga. Egli ha perciò giuridicamente dedot

to una «posizione soggettiva» di non-soggezione all'obbligo di

assunzione, che presenta i caratteri di un vero e proprio diritto

soggettivo, compromesso, nel caso concreto, da un atto ammini

strativo, viziato palesemente da eccesso di potere secondo l'as

sunto dedotto: e che non può non trovare tutela nella cognizione del giudice ordinario, secondo gli enunciati principi generali.

Il datore di lavoro «onerato» ha, infatti, il diritto (costituzio nalmente protetto: art. 41, 1° comma, Cost.) di organizzare libe

non si raggiunga il 15% di dipendenti assunti obbligatoriamente per man canza di lavoratori iscritti negli elenchi degli orfani e delle vedove, Cass. 30 aprile 1981, Manisco, id., Rep. 1983, voce cit., n. 173.

Circa l'illegittimità della richiesta di avviamento condizionata all'acco

glimento dell'istanza di esonero ex art. 13 cit., cfr. Trib. Milano 24 feb braio 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 61.

In tema di collocamento obbligatorio degli orfani, cfr. Cass. 16 luglio 1986, n. 4608, id., 1986, I, 2429, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ramente, nella sua impresa, l'esercizio della «iniziativa economi

ca», anche se indubbiamente limitato dalla «imposizione» (rite

nuta peraltro costituzionalmente giustificata dalle esigenze di

solidarietà sociali dei lavoratori «protetti» che si intendono per

seguire) dell'obbligo di assunzione previsto dalla 1. 482/68: ed

ha conseguentemente l'evidente interesse (legittimo) a che le im

prese, che si trovano nella sua stessa condizione (occupazionale e di produzione), siano assoggettate in «eguale misura» agli oneri

di solidarietà sociali previsti. Tale interesse però si trasforma in vero e proprio «diritto sog

gettivo perfetto» tutelabile in sede di giurisdizione ordinaria al

lorquando l'ufficio provinciale del lavoro, nell'assegnazione dei

lavoratori «protetti» alle imprese dislocate nel territorio della stessa

provincia, abbia violato in concreto quel principio di «uniformi

tà» che deve presiedere, come già rilevato, il corretto comporta

mento della p.a. in contrasto addirittura con i criteri, obiettivi

ed astratti, predeterminati dalla stessa amministrazione (nell'eser cizio del suo potere di autolimitazione) e che devono, a loro vol

ta, regolamentare l'esercizio del potere di avviamento presso i

datori di lavoro obbligati: provocando in tal modo nei riguardi

di questi ultimi palesi e gravi disparità di trattamento.

Va pertanto accolto, senza ulteriore trattazione, il secondo mo

tivo di annullamento, avendo il tribunale erroneamente afferma

to, a questo proposito, in linea di principio (e genericamente), che il datore di lavoro, comunque obbligato all'assunzione, non

ha interesse «giuridicamente tutelabile» a denunziare eventuali «vi

zi» della procedura amministrativa di avviamento ex 1. 482/68,

né può pertanto giustificatamente «rifiutare» il lavoratore-avviato,

denunziando i vizi suddetti, tranne particolari casi (nei quali co

munque non rientra quello dedotto dalla soc. Avandero) di natu

ra «eccezionale» riconducibili a specifiche «ragioni giustificatrici». Cosi decidendo il tribunale (che non ha fra l'altro individuato

correttamente la reale «essenza» della doglianza dedotta) è incor

so chiaramente nei vizi di legittimità denunziati, essendosi disco

stato dagli enunciati principi di diritto.

Deve quindi passarsi all'esame delle censure del terzo motivo,

concernenti il punto in cui il tribunale, estendendo la propria di

samina anche al «merito» delle doglianze proposte, ha comunque

escluso che il datore di lavoro avesse fornito in concreto la prova — idonea a vincere la «presunzione» di legittimità che assiste

per legge l'atto amministrativo — che l'ufficio del lavoro si fosse

comportato in modo ingiustificatamente difforme nell'assegna

zione dei lavoratori «protetti» nei riguardi di altre imprese della

zona, specificatamente indicate dalla soc. Avandero, in condizio

ne identica o analoga. Al riguardo, osserva la corte che il giudi

zio cosi formulato dal tribunale non può essere condiviso,

apparendo chiaramente inficiato dai vizi di legittimità denunziati

dalla società ricorrente.

Ricordati i «criteri» (obiettivi ed astratti) predeterminati dallo

stesso ufficio provinciale del lavoro, ai quali doveva essere ispira

to l'esercizio del potere di avviamento dei lavoratori «protetti»

alle varie imprese dislocate nel territorio- della provincia di Nova

ra (ed ai quali ha fatto riferimento lo stesso tribunale, dopo ave

re istruito la causa: 1) attività della azienda e tipo di invalidità

dei lavoratori «protetti»; 2) sesso degli invalidi; 3) comune di

residenza dei lavoratori «protetti»; 4) stato di «ristrutturazione»

o di «crisi» dell'azienda) va rilevato che il tribunale è pervenuto

al giudizio conclusivo contestato, in modo illogico e contraddit

torio, e senza avere considerato (avendo omesso l'esame dei do

cumenti al riguardo prodotti dalla società appellante) che la

situazione della soc. Avandero era perfettamente «identica» a quel

la delle altre imprese indicate, con riferimento particolare ai cri

teri di cui ai nn. 3 e 4; seguendo poi diversi ed anomali «criteri»

(suggeriti, nel caso concreto, dallo stesso ufficio del lavoro di

Novara e giustificazione della disparità di trattamento riscontra

ta) al di fuori di quelli astrattamente regolamentati, quali ad esem

pio: 5) l'inizio della attività aziendale; 6) la «politica» aziendale.

Ha posto a base della decisione adottata, in definitiva, criteri

non logici e di difficile accertamento (v. il 5°), o criteri di valuta

zione adottati «parzialmente», caso per caso, quanto mai equivo

ci ed arbitrari e contro la ratio e la «logica» del sistema del

collocamento obbligatorio (v. il 6°), in forza dei quali l'ufficio

del lavoro, secondo quanto accertato nel giudizio di merito ha

preferito avviare un maggior numero di lavoratori «protetti» presso

azienda da maggior tempo costituite o avviare un numero minore

presso quelle imprese che, per ragioni di «politica aziendale», si

erano rifiutate, in precedenza, di assumere lavoratori - avviati,

Il Foro Italiano — 1988.

con i quali avevano preferito raggiungere transazioni giudiziali 0 stragiudiziali, favorendo in tal modo, irragionevolmente, pro

prio gli imprenditori renitenti che, «barattando» (di intesa con

1 lavoratori «protetti») il posto di lavoro contro corrispettivo, erano stati in grado cosi di eludere le disposizioni (imperative) della legge sulle assunzioni obbligatorie.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, in

accoglimento dei due motivi di annullamento esaminati, con rin

vio al Tribunale di Vercelli.

II

Motivi della decisione. — Risulta dagli atti di causa che la Coen

venne avviata dall'Uplmo all'azienda convenuta, con atto del 3

settembre 1985, quale orfana di guerra; risulta altresì' che nella

categoria degli «orfani e vedove di guerra per servizio e per lavo

ro» non vi era alcun posto disponibile presso la convenuta (in

proposito la teste Iulio Olga, funzionario dell'Uplmo, ha dichia

rato che «erano già coperti per tale categoria tre posti su due

disponibili»). La teste Iulio ha peraltro affermato che, avendo l'azienda con

venuta presentato nel febbraio 1984 domanda di esonero parziale ex art. 13 1. 482/68, sulla quale non è stata a tutt'oggi presa

alcuna decisione da parte del ministero del lavoro, «grazie alla

sospensiva applicata nella misura del 35% in virtù della circolare

ministeriale n. 101/80, è stata operata una redistribuzione che

ha consentito di convogliare il numero di posti sottratti agli inva

lidi in favore di orfani e vedove; in tal modo si è avuta una

scopertura di quattro unità per la categoria degli orfani e vedove

che ha consentito l'avviamento de quo».

Ora, la suddetta circolare del ministero del lavoro 14 novembre

1980, n. 101, nella parte relativa agli esoneri parziali di cui al

l'art. 13, 5° comma, 1. 482/68, rilevando che «il consolidamento

di situazioni occupative sostanzialmente definitive potrebbe ren

dere di fatto inutile la successiva concessione del beneficio in ar

gomento» afferma di ritenere giustificata nelle more del

procedimento amministrativo una «misura cautelare ed interina

le» che contemperi le contrapposte esigenze, e pertanto dispone

«che la sospensione degli obblighi occcupazionali durante l'iter

istruttorio sia riconosciuta — indipendentemente dalla richiesta

delle aziende interessate — in funzione del settore o classe di ap

partenenza dell'azienda istante nella misura percentuale massima

indicata orientativamente nell'allegata tabella accanto a ciascun

settore medesimo».

Tale «sospensiva» dall'obbligo di assunzione di invalidi nella

misura percentuale prevista da detta tabella, da applicarsi duran

te la fase istruttoria in attesa del decreto del ministro che acco

glie, o respinge, la domanda di esonero parziale, non comporta

però che, in sostituzione degli invalidi non avviati, le aziende deb

bano assumere orfani e vedove. Ciò non è affatto previsto dalla

circolare e, del resto, apparirebbe in contrasto con quelle finalità

meramente cautelari che la circolare persegue intendendo regola

re una situazione transitoria ed evitare che si possano consolidare

«situazioni occupative sostanzialmente definitive».

L'onere di assumere orfani e vedove in sostituzione di invalidi

è stabilito unicamente dall'art. 13, 5° comma, 1. 482/68, che pe

raltro non può applicarsi alla fattispecie in esame in quanto pre

suppone l'emissione, compiuta la fase istruttoria, del decreto

ministeriale di esonero parziale, il quale viene appunto concesso

«alla condizione che, in sostituzione degli invalidi», le aziende

provvedano ad assumere orfani e vedove delle varie categorie.

L'assunzione «in sostituzione» di orfani e vedove è dunque pre

vista dalla legge in correlazione con l'esonero di cui al decreto

ministeriale (ed anzi è previsto che «la mancata assunzione di

orfani e vedove comporta la decadenza dell'esonero») e non ap

pare quindi legittima l'interpretazione dell'Uplmo che anticipa a

tutta la fase istruttoria precedente il decreto l'obbligo di assun

zione «sostitutiva» di orfani e vedove correlandolo alla «sospen

siva» di cui s'è detto. Tale interpretazione crea un nuovo obbligo

di assunzione, in eccedenza alla percentuale riservata alla catego

ria in argomento dall'art. 9 1. 482/68, non stabilito dalla legge

e, come s'è detto, neppure previsto nella ricordata circolare mini

steriale.

La linea di condotta adottata dall'Uplmo (che sostanzialmente

equipara la «sospensiva» all'esonero quanto agli effetti che ne

derivano circa le assunzioni da operarsi in sostituzione degli inva

lidi) appare ispirata dalla finalità di evitare che la presentazione

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1219 PARTE PRIMA 1220

della domanda di esonero da parte di una ditta (domanda che, come previsto nella circolare ministeriale n. 6/13621/A del 16

aprile 1969, «deve essere implicitamente considerata anche come domanda di sospensiva di assunzione di invalidi per la percentua le riferentesi alla richiesta di escomputo») comporti per la stessa il vantaggio di ottenere già nelle more della procedura ammini strativa una consistente sospensione nell'obbligo di assumere in validi ed un'anticipazione degli effetti di un decreto ministeriale di accoglimento, senza che correlativamente sorga alcun obbligo di assunzione sostitutiva.

Si vuole dunque evitare, da parte dell'Uplmo, che le aziende

presentino domande di esonero parziale per creare una situazione che di fatto consente loro, per un lungo periodo, di escludere in misura considerevole gli obblighi derivanti dalla normativa sulle assunzioni obbligatorie, senza alcuna «contropartita» sfavorevole.

Tale finalità è senz'altro comprensibile ma non può, ad avviso del giudicante, legittimare una prassi che porta all'emissione di atti di avviamento obbligatorio sulla base di un obbligo non pre visto dalla legge.

Ritiene il pretore che le incongruenze evidenziate discendano

proprio dalla circolare ministeriale di cui s'è detto: la «sospensi va» dall'obbligo di assunzione di invalidi, disposta in attesa della decisione del ministero sulla domanda di esonero parziale, si può giustificare solo se l'iter istruttorio è molto rapido, ma se l'esple tamento di tale iter richiede (come purtroppo normalmente avvie

ne, e com'è accaduto nel caso di specie) non qualche mese, ma

qualche anno, essa si risolve in una sostanziale vanificazione, nei confronti delle aziende richiedenti l'esonero parziale, della tutela

apprestata dalla 1. 482/68 in favore delle varie categorie di invali di che, com'è noto, trovano le maggiori difficoltà nell'inserimen to lavorativo.

Non sembra al pretore possa ritenersi legittimo un regime di

«sospensiva» che può durare anni, in attesa di una decisione sul l'esonero che, ovviamente, ben può rigettare la richiesta per la accertata insussistenza delle condizioni giustificative.

La sospensiva creata dalle circolari ministeriali si risolve, di

fatto, in un indebito vantaggio per le aziende, del tutto «inflig gente con le finalità della normativa sulle assunzioni obbligatorie.

La legge consente unicamente che l'esonero parziale sia conces so con decreto del ministro, dopo una completa valutazione della situazione di fatto, e non ammette istituti in qualche modo equi pollenti all'esonero da adottarsi in maniera automatica nella fase interinale successiva alla domanda.

L'applicazione della legge avrebbe dovuto condurre, nel caso di specie, pur in presenza di una domanda di esonero, all'avvia mento di un invalido all'azienda convenuta, mentre l'applicazio ne della circolare, in concorso con l'interpretazione «estensiva» adottata dall'Uplmo in favore della categoria «orfani e vedove», hanno portato all'avviamento di un'orfana di guerra che, per quan to sin qui detto, va considerato illegittimo.

Conseguentemente il rifiuto di assunzione della ricorrente risul ta giustificato, onde la convenuta va assolta dalla domanda pro posta in ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 maggio 1987, n. 4187; Pres. Bologna, Est. Caturani, P. M. Lo Ca scio (conci, conf.); Banca popolare di Catania (Avv. Passanisi

Spedalieri) c. Istituto finanziario italiano (Avv. Tafuri). Con

ferma App. Catania 10 giugno 1986.

Titoli di credito — Assegno bancario — Clausola di non trasferi

bilità — Pagamento a persona diversa dal prenditore — Re

sponsabilità della banca — Fattispecie (R.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, disposizioni sull'assegno bancario, art. 43).

È responsabile per il pagamento di assegno bancario non trasferi bile a persona diversa dall'avente diritto la banca giratoria la

quale, in luogo di assumere la veste di giratoria per l'incasso consentita dalla legge, disponga quale giratoria «in pieno» dei titoli, accreditandone l'importo sul conto corrente di persona diversa dal prenditore. (1)

(1) La pronuncia si aggiunge agli altri provvedimenti presentati ai letto ri del Foro in materia di (erroneo) pagamento di assegni muniti di clauso la di non trasferibilità.

Il Foro Italiano — 1988.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con i primi tre motivi del ricorso, denunziando violazione e falsa aplicazione dell'art. 2043 c.c., dell'art. 43 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, omesso esa me delle eccezioni formulate in grado di appello nonché difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), si assume: a) che erroneamente la corte d'appello ha ritenuto la responsabilità del la banca senza qualificarla come contrattuale o aquiliana e senza

alcuna prova al riguardo; b) che la detta responsabilità per il

pagamento degli assegni non poteva farsi discendere dalla man cata identificazione dei prenditori sulla base di documenti, poi ché nessuna norma impone tale forma di identificazione e nella

specie l'affidamento riposto nel funzionario dell'istituto emitten te — che garanti il regolare pagamento degli assegni — liberava la banca da ogni responsabilità; c) che la corte d'appello non ha pronunziato sul difetto di legittimazione dell'Ifi all'azione pro posta, essendo unico legittimato il beneficiario del titolo, mentre i titoli non erano assegni bancari in quanto non contenevano l'or dine di pagamento a carico del banchiere, imposto dalla legge.

La domanda dell'Ifi inoltre non poteva essere accolta, essendo da tempo esaurito il rapporto tra traente e solvens con approva zione del debito contabile da parte del primo ed essendosi co

munque verificata la prescrizione. Le riassunte censure sono infondate. Va anzitutto escluso che

la corte d'appello abbia omesso di pronunciarsi sulla questione relativa alla legittimazione ad agire dell'Ifi nei confronti della ri

corrente, avendo la sentenza impugnata trattato l'argomento in modo specifico e risolto il relativo problema positivamente in con formità ad un indirizzo già accolto da questa corte secondo cui la banca girataria per l'incasso di un assegno bancario non tras feribile non soltanto è mandataria del prenditore girante, ma è sostituta anche, e soprattutto, alla banca trattaria nella esplica zione del servizio bancario (per quanto attiene all'identificazione del presentatore ed al conseguente pagamento) cui quest'ultima è obbligata nei confronti del cliente.

Ne consegue che la banca girataria, dovendo eseguire esatta mente in sostituzione della banca trattaria, l'obbligazione deri vante dalla convenzione di assegno, viene a trovarsi in rapporto con il traente, il quale nell'ipotesi di pagamento male effettuato, può esercitare contro la banca girataria l'azione contrattuale ba sata sulla convenzione di assegno, diretta alla ricostituzione dei fondi disponibili presso la banca trattaria per la somma corri

spondente a quella indicata nell'assegno (sent. n. 3928 del 1977, Foro it., 1978, I, 953).

Ed il principio è applicabile anche al caso di specie in cui la banca popolare era girataria piena di titoli, essendo la medesima tenuta comunque ad eseguire esattamente, in sostituzione della banca trattaria, l'obbligazione derivante dalla convenzione di

assegno. Né il giudice d'appello ha perciò omesso di qualificare la re

sponsabilità della banca che, con ampia motivazione non impu gnata in questa sede, è stata considerata di natura contrattuale, essendosi ritenuto appunto che essa trovasse fondamento nella convenzione di assegno intercorsa tra l'Ifi, traente dei titoli e la Banca nazionale del lavoro, trattaria.

Al riguardo la Cassazione nella sentenza in epigrafe, dopo aver affron tato in generale il problema della responsabilità della banca girataria per l'incasso (su cui v. Manfredonia, Osservazioni sulla responsabilità delta banca girataria per l'incasso di assegno non trasferibile, in Banca, borsa, ecc., 1980, II, 278, in nota a Cass. 8 settembre 1977, n. 3928, che si legge anche in Foro it., 1978, I, 953; e da ultimo Cass. 19 maggio 1987, n. 4550, id., 1987, I, 3063, con nota redazionale di riferimenti) si interro ga sulla responsabilità della banca che, invece di pagare l'assegno quale mera girataria per l'incasso, ne disponga arbitrariamente quale girataria in pieno, versandone l'importo sul conto di un terzo.

Rettamente i giudici hanno ravvisato in tale comportamento della ban ca una violazione dell'art. 43 1. a. (che consente solo la girata per l'incas so) ed hanno considerato la banca stessa per ciò solo responsabile dell'erroneo pagamento (sul punto, v. R. Lener, Assegno non trasferibi le ed ipotesi di pagamento a persona diversa dal prenditore, id., 1986, I, 2891).

Si veda comunque l'opportuna precisazione di Cass. 14 dicembre 1987, n. 9267, id., 1988, I, 324.

Sull'onere di «diligenza» nell'identificazione del portatore dell'assegno posto dalla legge a carico della banca pagatrice, v., da ultimo, Cass. 26 novembre 1987, n. 8771 e 19 novembre 1987, n. 8510, nonché App. Roma 31 dicembre 1986 e Conciliatore Roma 12 gennaio 1987, ibid., 79.

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