sezione lavoro; sentenza 13 maggio 1987, n. 4410; Pres. Menichino, Est. Buccarelli, P.M.Martone (concl. conf.); Soc. Avandero (Avv. Contaldi, Zanetta) c. Marangon (Avv. Nappi,Correnti). Cassa Trib. Novara 15 febbraio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1215/1216-1219/1220Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181203 .
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1215 PARTE PRIMA 1216
so risultante; giacché l'intenzione del legislatore di assicurare la
definizione delle posizioni dei lavoratori entro brevi termini è cer
tamente comune ai due casi e il tenore della norma del 1978 —
che fa semplicemente «salva la facoltà degli interessati di adire
la magistratura ... ai sensi dell'art. 10 ... » — non lascia dub
bi sul carattere formale del suo richiamo (oltrettutto superfluo) alla regola generale. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 13 maggio
1987, n. 4410; Pres. Menichino, Est. Buccarelli, P.M. Mar
tone (conci, conf.); Soc. Avandero (Avv. Contaldi, Zanetta) c. Marangon (Avv. Nappi, Correnti). Cassa Trib. Novara 15
febbraio 1985.
Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Assunzioni obbli
gatorie — Atto di avviamento — Eccesso di potere — Disap
plicazione (Cost., art. 41; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 5; 1. 2 aprile 1968 n. 482,
disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pub bliche amministrazioni e le aziende private, art. 16, 19, 21, 23).
Il giudice ordinario deve disapplicare in via incidentale l'atto di
avviamento obbligatorio al lavoro di invalido ex I. 482/68 an
che ove l'atto sia affetto da vizio di eccesso di potere, ravvisa
bile nel caso in cui non siano stati rispettati quei criteri generali ed astratti che devono presiedere all'esercizio dei poteri della
pubblica amministrazione, eventualmente adottati in via di au
tolimitazione, ad assicurare il rispetto del principio di unifor mità di trattamento indispensabile per il suo corretto
funzionamento. (1)
II
PRETURA DI TORINO; sentenza 1° dicembre 1986; Giud. Ric
comagno; Coen (Avv. Zuccarello, Monacis) c. Soc. Tipo
grafia sociale torinese (Avv. Pacchiana Parravicini).
Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Avviamento obbli
gatorio — Procedura di esonero — Inosservanza — Fattispecie
(L. 2 aprile 1968 n. 482, art. 13).
È illegittimo l'avviamento obbligatorio di orfani e vedove in so
stituzione degli invalidi in pendenza della procedura di esonero
parziale prevista dall'art. 13 I. 482/68, e cioè prima dell'ema
nazione del decreto ministeriale ivi previsto. (2)
(1) Cfr. in senso conforme, Cass. 1740/82 richiamata in sentenza. Per la disapplicazione dell'illegittimo accertamento sanitario ex art. 10 e 20 1. 482/68, cfr. Cass. 26 marzo 1984, n. 1971, Foro it., 1984, I, 2979, con nota di richiami.
Va sottolineato come nelle sentenze 4410/87 in epigrafe sono anche affermati principi (la indispensabilità della richiesta del datore di lavoro ai fini della legittimità dell'avviamento e la sua differenza dalla denuncia
semestrale, la possibilità che denuncia e richiesta siano fatte in un unico
atto) cosi consolidati da consentire di non riportare le pagine che li ri
guardano. (2) Non si rinvengono precedenti negli esatti termini. Cfr., però, per
l'inesistenza del potere del ministro di sospendere sine die, con circolare, l'applicazione della 1. 482/68 per le imprese che abbiano presentato do mande di esonero ex art. 13 1. cit., Cass. 17 marzo 1982, n. 1740, Foro
it., Rep. 1982, voce Lavoro (collocamento), n. 146. Per la non automati ca sospensione degli obblighi in tale ipotesi, cfr. Pret. Milano 8 novem bre 1976, Pret. Termini Imerese 25 ottobre 1976, Pret. Fidenza 6 aprile 1976, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 63-65.
Circa la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 13, 5° comma, 1. cit., per contrasto con gli art. 4, 1° comma, 27, 32, 1° comma, 35 e 41 Cost., cfr. T.A.R. Lazio, sez.
Ili, ord. 24 novembre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 144. Per la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della do
manda di accertamento del diritto del datore di lavoro ad essere parzial mente esonerato dall'obbligo di assunzione di invalidi ex art. 13 cit., cfr.
Cass., sez. un., 9 novembre 1985, n. 5479, id., 1986, I, 703, con nota di richiami.
Ha negato sussistere responsabilità del datore ove nella sua azienda
Il Foro Italiano — 1988.
I
Motivi della decisione. — (Omissis). La richiamata giurispru denza ha, poi, riconosciuto nei riguardi dei datori di lavoro «one
rati» la sussistenza (anche) di «diritti soggettivi perfetti» (la cui
tutela rientra, pertanto, nella cognizione dell'autorità giudiziaria
ordinaria) allorquando vengano a mancare i presupposti legali su cui si basa l'obbligo di assunzione ex lege previsto. Si è rileva
to al riguardo che l'obbligo di assunzione costituisce in definitiva
un «limite» imposto all'iniziativa economica privata (art. 41, 1°
comma, Cost.) e perciò una compressione (anche se ritenuta co
stituzionalmente giustificata) dei diritti degli imprenditori costitu
zionalmente protetti. Di guisa che, allorquando tale imposizione esorbiti da quella misura che la legge consente, o venga in con
creto attuata al di fuori dei «presupposti» legali previsti e che
la legge stessa richiede, secondo la elaborazione giurisprudenziale al riguardo consolidatasi, in questi casi è evidente che si realizza
una ingiustificata lesione della «posizione soggettiva» degli im
prenditori tenuti all'assunzione, e che non può non trovare tutela
nella cognizione del giudice ordinario derivando dalla anzidetta
«lesione» una conseguenziale compromissione di veri e propri di
ritti, costituzionalmente protetti. E che da ciò consegue la facoltà
degli imprenditori «onerati», che non vogliano suggiacere all'ob
bligo ex lege previsto, di denunziare la «illegittimità» dell'atto
(amministrativo) di avviamento, chiedendone al giudice ordinario
la «disapplicazione» in via incidentale secondo i principi generali di cui alla 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E (art. 5).
Va rilevato però che il sindacato del giudice ordinario sull'atto
amministrativo (di avviamento), ai soli fini della sua disapplica zione nel caso concreto, non è limitato alla sola violazione di
legge, potendosi esso estendere anche all'accertamento del vizio
di «eccesso di potere». Tale controllo non comporta infatti l'esa
me delle ragioni di opportunità e di merito (la cui valutazione
rientra, come è noto, nei poteri della p.a., incensurabili dall'au
torità giudiziaria ordinaria), bensì' l'accertamento che, nel caso
concreto, siano stati rispettati quei «criteri» generali astratti che
devono presiedere all'esercizio dei poteri peculiari della p.a. e che
possono essere adottati, ad esempio, dalla stessa amministrazione
nell'esercizio dei poteri regolamentari di «autolimitazione» al ri
guardo previsti: l'accertamento cioè che la p.a. osservi quel prin
cipio di «uniformità» che è indispensabile per il suo corretto
funzionamento (cfr. Cass. 2855/76, Foro it., Rep. 1976, voce Cir
colazione stradale, n. 132; 1441/76, ibid., voce Giurisdizione ci
vile, n. 108; 2314/79, id., Rep. 1979, voce Atto amministrativo, n. 117, e più recentemente Cass. 1740/82, id., Rep. 1982, voce
Lavoro (collocamento), n. 146).
Orbene, venendo al caso concreto in esame, devesi rilevare che
il datore di lavoro ha denunziato che l'ufficio provinciale del la
voro di Novara ha assegnato l'invalido Marangon Valentino sen
za tenere conto, in palese contrasto con essi, degli obiettivi «criteri»
regolanti l'avviamento di lavoratori protetti nel territorio della
provincia e predeterminati dalla stessa p.a. nell'esercizio dei suoi
poteri di autolimitazione interna diretti a garantire il principio della «uniformità» del suo stesso comportamento, ed ha lamen
tato in modo particolare una palese disparità di trattamento nei
riguardi di altre imprese della zona, che si trovano nella sua stes
sa identica situazione occupazionale e di produzione, o quanto meno in situazione analoga. Egli ha perciò giuridicamente dedot
to una «posizione soggettiva» di non-soggezione all'obbligo di
assunzione, che presenta i caratteri di un vero e proprio diritto
soggettivo, compromesso, nel caso concreto, da un atto ammini
strativo, viziato palesemente da eccesso di potere secondo l'as
sunto dedotto: e che non può non trovare tutela nella cognizione del giudice ordinario, secondo gli enunciati principi generali.
Il datore di lavoro «onerato» ha, infatti, il diritto (costituzio nalmente protetto: art. 41, 1° comma, Cost.) di organizzare libe
non si raggiunga il 15% di dipendenti assunti obbligatoriamente per man canza di lavoratori iscritti negli elenchi degli orfani e delle vedove, Cass. 30 aprile 1981, Manisco, id., Rep. 1983, voce cit., n. 173.
Circa l'illegittimità della richiesta di avviamento condizionata all'acco
glimento dell'istanza di esonero ex art. 13 cit., cfr. Trib. Milano 24 feb braio 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 61.
In tema di collocamento obbligatorio degli orfani, cfr. Cass. 16 luglio 1986, n. 4608, id., 1986, I, 2429, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ramente, nella sua impresa, l'esercizio della «iniziativa economi
ca», anche se indubbiamente limitato dalla «imposizione» (rite
nuta peraltro costituzionalmente giustificata dalle esigenze di
solidarietà sociali dei lavoratori «protetti» che si intendono per
seguire) dell'obbligo di assunzione previsto dalla 1. 482/68: ed
ha conseguentemente l'evidente interesse (legittimo) a che le im
prese, che si trovano nella sua stessa condizione (occupazionale e di produzione), siano assoggettate in «eguale misura» agli oneri
di solidarietà sociali previsti. Tale interesse però si trasforma in vero e proprio «diritto sog
gettivo perfetto» tutelabile in sede di giurisdizione ordinaria al
lorquando l'ufficio provinciale del lavoro, nell'assegnazione dei
lavoratori «protetti» alle imprese dislocate nel territorio della stessa
provincia, abbia violato in concreto quel principio di «uniformi
tà» che deve presiedere, come già rilevato, il corretto comporta
mento della p.a. in contrasto addirittura con i criteri, obiettivi
ed astratti, predeterminati dalla stessa amministrazione (nell'eser cizio del suo potere di autolimitazione) e che devono, a loro vol
ta, regolamentare l'esercizio del potere di avviamento presso i
datori di lavoro obbligati: provocando in tal modo nei riguardi
di questi ultimi palesi e gravi disparità di trattamento.
Va pertanto accolto, senza ulteriore trattazione, il secondo mo
tivo di annullamento, avendo il tribunale erroneamente afferma
to, a questo proposito, in linea di principio (e genericamente), che il datore di lavoro, comunque obbligato all'assunzione, non
ha interesse «giuridicamente tutelabile» a denunziare eventuali «vi
zi» della procedura amministrativa di avviamento ex 1. 482/68,
né può pertanto giustificatamente «rifiutare» il lavoratore-avviato,
denunziando i vizi suddetti, tranne particolari casi (nei quali co
munque non rientra quello dedotto dalla soc. Avandero) di natu
ra «eccezionale» riconducibili a specifiche «ragioni giustificatrici». Cosi decidendo il tribunale (che non ha fra l'altro individuato
correttamente la reale «essenza» della doglianza dedotta) è incor
so chiaramente nei vizi di legittimità denunziati, essendosi disco
stato dagli enunciati principi di diritto.
Deve quindi passarsi all'esame delle censure del terzo motivo,
concernenti il punto in cui il tribunale, estendendo la propria di
samina anche al «merito» delle doglianze proposte, ha comunque
escluso che il datore di lavoro avesse fornito in concreto la prova — idonea a vincere la «presunzione» di legittimità che assiste
per legge l'atto amministrativo — che l'ufficio del lavoro si fosse
comportato in modo ingiustificatamente difforme nell'assegna
zione dei lavoratori «protetti» nei riguardi di altre imprese della
zona, specificatamente indicate dalla soc. Avandero, in condizio
ne identica o analoga. Al riguardo, osserva la corte che il giudi
zio cosi formulato dal tribunale non può essere condiviso,
apparendo chiaramente inficiato dai vizi di legittimità denunziati
dalla società ricorrente.
Ricordati i «criteri» (obiettivi ed astratti) predeterminati dallo
stesso ufficio provinciale del lavoro, ai quali doveva essere ispira
to l'esercizio del potere di avviamento dei lavoratori «protetti»
alle varie imprese dislocate nel territorio- della provincia di Nova
ra (ed ai quali ha fatto riferimento lo stesso tribunale, dopo ave
re istruito la causa: 1) attività della azienda e tipo di invalidità
dei lavoratori «protetti»; 2) sesso degli invalidi; 3) comune di
residenza dei lavoratori «protetti»; 4) stato di «ristrutturazione»
o di «crisi» dell'azienda) va rilevato che il tribunale è pervenuto
al giudizio conclusivo contestato, in modo illogico e contraddit
torio, e senza avere considerato (avendo omesso l'esame dei do
cumenti al riguardo prodotti dalla società appellante) che la
situazione della soc. Avandero era perfettamente «identica» a quel
la delle altre imprese indicate, con riferimento particolare ai cri
teri di cui ai nn. 3 e 4; seguendo poi diversi ed anomali «criteri»
(suggeriti, nel caso concreto, dallo stesso ufficio del lavoro di
Novara e giustificazione della disparità di trattamento riscontra
ta) al di fuori di quelli astrattamente regolamentati, quali ad esem
pio: 5) l'inizio della attività aziendale; 6) la «politica» aziendale.
Ha posto a base della decisione adottata, in definitiva, criteri
non logici e di difficile accertamento (v. il 5°), o criteri di valuta
zione adottati «parzialmente», caso per caso, quanto mai equivo
ci ed arbitrari e contro la ratio e la «logica» del sistema del
collocamento obbligatorio (v. il 6°), in forza dei quali l'ufficio
del lavoro, secondo quanto accertato nel giudizio di merito ha
preferito avviare un maggior numero di lavoratori «protetti» presso
azienda da maggior tempo costituite o avviare un numero minore
presso quelle imprese che, per ragioni di «politica aziendale», si
erano rifiutate, in precedenza, di assumere lavoratori - avviati,
Il Foro Italiano — 1988.
con i quali avevano preferito raggiungere transazioni giudiziali 0 stragiudiziali, favorendo in tal modo, irragionevolmente, pro
prio gli imprenditori renitenti che, «barattando» (di intesa con
1 lavoratori «protetti») il posto di lavoro contro corrispettivo, erano stati in grado cosi di eludere le disposizioni (imperative) della legge sulle assunzioni obbligatorie.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, in
accoglimento dei due motivi di annullamento esaminati, con rin
vio al Tribunale di Vercelli.
II
Motivi della decisione. — Risulta dagli atti di causa che la Coen
venne avviata dall'Uplmo all'azienda convenuta, con atto del 3
settembre 1985, quale orfana di guerra; risulta altresì' che nella
categoria degli «orfani e vedove di guerra per servizio e per lavo
ro» non vi era alcun posto disponibile presso la convenuta (in
proposito la teste Iulio Olga, funzionario dell'Uplmo, ha dichia
rato che «erano già coperti per tale categoria tre posti su due
disponibili»). La teste Iulio ha peraltro affermato che, avendo l'azienda con
venuta presentato nel febbraio 1984 domanda di esonero parziale ex art. 13 1. 482/68, sulla quale non è stata a tutt'oggi presa
alcuna decisione da parte del ministero del lavoro, «grazie alla
sospensiva applicata nella misura del 35% in virtù della circolare
ministeriale n. 101/80, è stata operata una redistribuzione che
ha consentito di convogliare il numero di posti sottratti agli inva
lidi in favore di orfani e vedove; in tal modo si è avuta una
scopertura di quattro unità per la categoria degli orfani e vedove
che ha consentito l'avviamento de quo».
Ora, la suddetta circolare del ministero del lavoro 14 novembre
1980, n. 101, nella parte relativa agli esoneri parziali di cui al
l'art. 13, 5° comma, 1. 482/68, rilevando che «il consolidamento
di situazioni occupative sostanzialmente definitive potrebbe ren
dere di fatto inutile la successiva concessione del beneficio in ar
gomento» afferma di ritenere giustificata nelle more del
procedimento amministrativo una «misura cautelare ed interina
le» che contemperi le contrapposte esigenze, e pertanto dispone
«che la sospensione degli obblighi occcupazionali durante l'iter
istruttorio sia riconosciuta — indipendentemente dalla richiesta
delle aziende interessate — in funzione del settore o classe di ap
partenenza dell'azienda istante nella misura percentuale massima
indicata orientativamente nell'allegata tabella accanto a ciascun
settore medesimo».
Tale «sospensiva» dall'obbligo di assunzione di invalidi nella
misura percentuale prevista da detta tabella, da applicarsi duran
te la fase istruttoria in attesa del decreto del ministro che acco
glie, o respinge, la domanda di esonero parziale, non comporta
però che, in sostituzione degli invalidi non avviati, le aziende deb
bano assumere orfani e vedove. Ciò non è affatto previsto dalla
circolare e, del resto, apparirebbe in contrasto con quelle finalità
meramente cautelari che la circolare persegue intendendo regola
re una situazione transitoria ed evitare che si possano consolidare
«situazioni occupative sostanzialmente definitive».
L'onere di assumere orfani e vedove in sostituzione di invalidi
è stabilito unicamente dall'art. 13, 5° comma, 1. 482/68, che pe
raltro non può applicarsi alla fattispecie in esame in quanto pre
suppone l'emissione, compiuta la fase istruttoria, del decreto
ministeriale di esonero parziale, il quale viene appunto concesso
«alla condizione che, in sostituzione degli invalidi», le aziende
provvedano ad assumere orfani e vedove delle varie categorie.
L'assunzione «in sostituzione» di orfani e vedove è dunque pre
vista dalla legge in correlazione con l'esonero di cui al decreto
ministeriale (ed anzi è previsto che «la mancata assunzione di
orfani e vedove comporta la decadenza dell'esonero») e non ap
pare quindi legittima l'interpretazione dell'Uplmo che anticipa a
tutta la fase istruttoria precedente il decreto l'obbligo di assun
zione «sostitutiva» di orfani e vedove correlandolo alla «sospen
siva» di cui s'è detto. Tale interpretazione crea un nuovo obbligo
di assunzione, in eccedenza alla percentuale riservata alla catego
ria in argomento dall'art. 9 1. 482/68, non stabilito dalla legge
e, come s'è detto, neppure previsto nella ricordata circolare mini
steriale.
La linea di condotta adottata dall'Uplmo (che sostanzialmente
equipara la «sospensiva» all'esonero quanto agli effetti che ne
derivano circa le assunzioni da operarsi in sostituzione degli inva
lidi) appare ispirata dalla finalità di evitare che la presentazione
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1219 PARTE PRIMA 1220
della domanda di esonero da parte di una ditta (domanda che, come previsto nella circolare ministeriale n. 6/13621/A del 16
aprile 1969, «deve essere implicitamente considerata anche come domanda di sospensiva di assunzione di invalidi per la percentua le riferentesi alla richiesta di escomputo») comporti per la stessa il vantaggio di ottenere già nelle more della procedura ammini strativa una consistente sospensione nell'obbligo di assumere in validi ed un'anticipazione degli effetti di un decreto ministeriale di accoglimento, senza che correlativamente sorga alcun obbligo di assunzione sostitutiva.
Si vuole dunque evitare, da parte dell'Uplmo, che le aziende
presentino domande di esonero parziale per creare una situazione che di fatto consente loro, per un lungo periodo, di escludere in misura considerevole gli obblighi derivanti dalla normativa sulle assunzioni obbligatorie, senza alcuna «contropartita» sfavorevole.
Tale finalità è senz'altro comprensibile ma non può, ad avviso del giudicante, legittimare una prassi che porta all'emissione di atti di avviamento obbligatorio sulla base di un obbligo non pre visto dalla legge.
Ritiene il pretore che le incongruenze evidenziate discendano
proprio dalla circolare ministeriale di cui s'è detto: la «sospensi va» dall'obbligo di assunzione di invalidi, disposta in attesa della decisione del ministero sulla domanda di esonero parziale, si può giustificare solo se l'iter istruttorio è molto rapido, ma se l'esple tamento di tale iter richiede (come purtroppo normalmente avvie
ne, e com'è accaduto nel caso di specie) non qualche mese, ma
qualche anno, essa si risolve in una sostanziale vanificazione, nei confronti delle aziende richiedenti l'esonero parziale, della tutela
apprestata dalla 1. 482/68 in favore delle varie categorie di invali di che, com'è noto, trovano le maggiori difficoltà nell'inserimen to lavorativo.
Non sembra al pretore possa ritenersi legittimo un regime di
«sospensiva» che può durare anni, in attesa di una decisione sul l'esonero che, ovviamente, ben può rigettare la richiesta per la accertata insussistenza delle condizioni giustificative.
La sospensiva creata dalle circolari ministeriali si risolve, di
fatto, in un indebito vantaggio per le aziende, del tutto «inflig gente con le finalità della normativa sulle assunzioni obbligatorie.
La legge consente unicamente che l'esonero parziale sia conces so con decreto del ministro, dopo una completa valutazione della situazione di fatto, e non ammette istituti in qualche modo equi pollenti all'esonero da adottarsi in maniera automatica nella fase interinale successiva alla domanda.
L'applicazione della legge avrebbe dovuto condurre, nel caso di specie, pur in presenza di una domanda di esonero, all'avvia mento di un invalido all'azienda convenuta, mentre l'applicazio ne della circolare, in concorso con l'interpretazione «estensiva» adottata dall'Uplmo in favore della categoria «orfani e vedove», hanno portato all'avviamento di un'orfana di guerra che, per quan to sin qui detto, va considerato illegittimo.
Conseguentemente il rifiuto di assunzione della ricorrente risul ta giustificato, onde la convenuta va assolta dalla domanda pro posta in ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 maggio 1987, n. 4187; Pres. Bologna, Est. Caturani, P. M. Lo Ca scio (conci, conf.); Banca popolare di Catania (Avv. Passanisi
Spedalieri) c. Istituto finanziario italiano (Avv. Tafuri). Con
ferma App. Catania 10 giugno 1986.
Titoli di credito — Assegno bancario — Clausola di non trasferi
bilità — Pagamento a persona diversa dal prenditore — Re
sponsabilità della banca — Fattispecie (R.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, disposizioni sull'assegno bancario, art. 43).
È responsabile per il pagamento di assegno bancario non trasferi bile a persona diversa dall'avente diritto la banca giratoria la
quale, in luogo di assumere la veste di giratoria per l'incasso consentita dalla legge, disponga quale giratoria «in pieno» dei titoli, accreditandone l'importo sul conto corrente di persona diversa dal prenditore. (1)
(1) La pronuncia si aggiunge agli altri provvedimenti presentati ai letto ri del Foro in materia di (erroneo) pagamento di assegni muniti di clauso la di non trasferibilità.
Il Foro Italiano — 1988.
Motivi della decisione. — (Omissis). Con i primi tre motivi del ricorso, denunziando violazione e falsa aplicazione dell'art. 2043 c.c., dell'art. 43 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, omesso esa me delle eccezioni formulate in grado di appello nonché difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), si assume: a) che erroneamente la corte d'appello ha ritenuto la responsabilità del la banca senza qualificarla come contrattuale o aquiliana e senza
alcuna prova al riguardo; b) che la detta responsabilità per il
pagamento degli assegni non poteva farsi discendere dalla man cata identificazione dei prenditori sulla base di documenti, poi ché nessuna norma impone tale forma di identificazione e nella
specie l'affidamento riposto nel funzionario dell'istituto emitten te — che garanti il regolare pagamento degli assegni — liberava la banca da ogni responsabilità; c) che la corte d'appello non ha pronunziato sul difetto di legittimazione dell'Ifi all'azione pro posta, essendo unico legittimato il beneficiario del titolo, mentre i titoli non erano assegni bancari in quanto non contenevano l'or dine di pagamento a carico del banchiere, imposto dalla legge.
La domanda dell'Ifi inoltre non poteva essere accolta, essendo da tempo esaurito il rapporto tra traente e solvens con approva zione del debito contabile da parte del primo ed essendosi co
munque verificata la prescrizione. Le riassunte censure sono infondate. Va anzitutto escluso che
la corte d'appello abbia omesso di pronunciarsi sulla questione relativa alla legittimazione ad agire dell'Ifi nei confronti della ri
corrente, avendo la sentenza impugnata trattato l'argomento in modo specifico e risolto il relativo problema positivamente in con formità ad un indirizzo già accolto da questa corte secondo cui la banca girataria per l'incasso di un assegno bancario non tras feribile non soltanto è mandataria del prenditore girante, ma è sostituta anche, e soprattutto, alla banca trattaria nella esplica zione del servizio bancario (per quanto attiene all'identificazione del presentatore ed al conseguente pagamento) cui quest'ultima è obbligata nei confronti del cliente.
Ne consegue che la banca girataria, dovendo eseguire esatta mente in sostituzione della banca trattaria, l'obbligazione deri vante dalla convenzione di assegno, viene a trovarsi in rapporto con il traente, il quale nell'ipotesi di pagamento male effettuato, può esercitare contro la banca girataria l'azione contrattuale ba sata sulla convenzione di assegno, diretta alla ricostituzione dei fondi disponibili presso la banca trattaria per la somma corri
spondente a quella indicata nell'assegno (sent. n. 3928 del 1977, Foro it., 1978, I, 953).
Ed il principio è applicabile anche al caso di specie in cui la banca popolare era girataria piena di titoli, essendo la medesima tenuta comunque ad eseguire esattamente, in sostituzione della banca trattaria, l'obbligazione derivante dalla convenzione di
assegno. Né il giudice d'appello ha perciò omesso di qualificare la re
sponsabilità della banca che, con ampia motivazione non impu gnata in questa sede, è stata considerata di natura contrattuale, essendosi ritenuto appunto che essa trovasse fondamento nella convenzione di assegno intercorsa tra l'Ifi, traente dei titoli e la Banca nazionale del lavoro, trattaria.
Al riguardo la Cassazione nella sentenza in epigrafe, dopo aver affron tato in generale il problema della responsabilità della banca girataria per l'incasso (su cui v. Manfredonia, Osservazioni sulla responsabilità delta banca girataria per l'incasso di assegno non trasferibile, in Banca, borsa, ecc., 1980, II, 278, in nota a Cass. 8 settembre 1977, n. 3928, che si legge anche in Foro it., 1978, I, 953; e da ultimo Cass. 19 maggio 1987, n. 4550, id., 1987, I, 3063, con nota redazionale di riferimenti) si interro ga sulla responsabilità della banca che, invece di pagare l'assegno quale mera girataria per l'incasso, ne disponga arbitrariamente quale girataria in pieno, versandone l'importo sul conto di un terzo.
Rettamente i giudici hanno ravvisato in tale comportamento della ban ca una violazione dell'art. 43 1. a. (che consente solo la girata per l'incas so) ed hanno considerato la banca stessa per ciò solo responsabile dell'erroneo pagamento (sul punto, v. R. Lener, Assegno non trasferibi le ed ipotesi di pagamento a persona diversa dal prenditore, id., 1986, I, 2891).
Si veda comunque l'opportuna precisazione di Cass. 14 dicembre 1987, n. 9267, id., 1988, I, 324.
Sull'onere di «diligenza» nell'identificazione del portatore dell'assegno posto dalla legge a carico della banca pagatrice, v., da ultimo, Cass. 26 novembre 1987, n. 8771 e 19 novembre 1987, n. 8510, nonché App. Roma 31 dicembre 1986 e Conciliatore Roma 12 gennaio 1987, ibid., 79.
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