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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 6 maggio 1991, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 6 maggio 1991, n. 4947; Pres. Onnis, Est. Genghini, P.M. Dettori (concl. conf.); Ferrari ed altri (Avv. Marini, Rosso) c. Azienda trasporti municipali di Milano; Azienda trasporti municipali di Milano (Avv. Urbani, Fabbri) c. Ferrari ed altri. Conferma Trib. Milano 25 settembre 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 2781/2782-2787/2788 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185673 . Accessed: 28/06/2014 13:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 13:51:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 6 maggio 1991, n. 4947; Pres. Onnis, Est. Genghini, P.M. Dettori(concl. conf.); Ferrari ed altri (Avv. Marini, Rosso) c. Azienda trasporti municipali di Milano;Azienda trasporti municipali di Milano (Avv. Urbani, Fabbri) c. Ferrari ed altri. ConfermaTrib. Milano 25 settembre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2781/2782-2787/2788Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185673 .

Accessed: 28/06/2014 13:51

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2781 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2782

sociale». Si deve, pertanto, escludere «l'esistenza di un nesso

sinallagmatico tra contributi e prestazioni previdenziali, perché la contribuzione è configurata come mezzo finanziario necessa

rio per l'assolvimento dei compiti di tutela affidati all'ente pre videnziale ed è posto a carico di tutti gli iscritti in ragione della

loro capacità contributiva generica (desunta dall'effettivo eser

cizio professionale) e specifica (ricavata dal reddito dichiarato

ai fini dell'Irpef), mentre il relativo gettito è destinato all'eroga zione delle prestazioni previdenziali in favore di tutti coloro che

vengono a trovarsi nelle condizioni di bisogno previste dalla

legge, nel quadro di una partecipazione solidaristica di ogni iscrit

to all'attività di previdenza svolta dalla cassa».

c) Nel sistema della legge, peraltro, «la solidarietà del grup

po si concilia con le esigenze del singolo», in rapporto agli one

ri contributivi dal medesimo sostenuti, essendo previsto dall'art.

20, 1° comma, 1. n. 6 del 1981 che il professionista iscritto

obbligatoriamente alla cassa, ove cessi dall'iscrizione senza aver

maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione, ha

diritto di ottenere il rimborso dei contributi soggettivi e degli eventuali contributi individuali previsti dalla precedente legisla

zione, con l'interesse legale dal 1 ° gennaio successivo ai relativi

pagamenti (diritto che, a norma del 2° comma dello stesso arti

colo, spetta agli eredi dell'iscritto che non abbiano titolo alla

pensione indiretta). Le considerazioni innanzi riassunte, che questo collegio pie

namente condivide, appaiono già sufficienti a dimostrare l'in

fondatezza delle doglianze dei ricorrenti ed a giustificarne il

rigetto. Non è tuttavia superfluo aggiungere, con riferimento alle ar

gomentazioni svolte sub b) e e), che le sezioni unite di questa

corte, con la sentenza n. 124 del 12 gennaio 1988 (id., 1988,

I, 3353), hanno ribadito, in relazione al sistema di previdenza forense e richiamando le pronunzie della Corte costituzionale

in materia, «il carattere solidaristico (sia pure di categoria) del

la pensione forense», «accentuato» dalla 1. 20 settembre 1980

n. 576, escludendo «qualsiasi rapporto di proporzionalità del

trattamento previdenziale con i contributi versati».

Come già si è detto, tale principio è da ritenersi estensibile

alle analoghe forme di previdenza per gli esercenti professioni intellettuali ed in particolare a quella gestita dalla cassa resi

stente, sicché — come ha esattamente rilevato il Tribunale di

Lucca — «ogni sospetto di contrasto» della normativa di cui

agli art. 20 e 21 1. n. 6 del 1981 con gli art. 3 e 53 Cost, è

manifestamente privo di consistenza e di fondatezza.

In conclusione, l'impugnata sentenza si sottrae alle censure

formulate dai ricorrenti e va tenuta ferma, essendosi il giudice

d'appello sostanzialmente uniformato all'insegnamento delle se

zioni unite di questa Suprema corte.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 maggio

1991, n. 4947; Pres. Onnis, Est. Genghini, P.M. Dettori

(conci, conf.); Ferrari ed altri (Aw. Marini, Rosso) c. Azienda

trasporti municipali di Milano; Azienda trasporti municipali di Milano (Avv. Urbani, Fabbri) c. Ferrari ed altri. Confer ma Trib. Milano 25 settembre 1987.

Lavoro (rapporto) — Scatti di anzianità — Computabilità degli

aumenti dell'indennità di contingenza — Disciplina collettiva

peggiorativa — Disposizione di diritti quesiti — Esclusione (Cod. civ., art. 2077; 1. 31 marzo 1977 n. 91, conversione

in legge, con modificazioni, del d.l. 1° febbraio 1977 n. 12,

art. unico).

Nell'ipotesi di successione di contratti collettivi nel tempo, le

precedenti disposizioni non si incorporano nel contenuto dei

contratti individuali dando luogo a diritti quesiti sottratti al

potere dispositivo dei sindacati, sicché la nuova regolamenta

zione, anche se meno favorevole, si sostituisce integralmente

Il Foro Italiano — 1991.

alla precedente (principio affermato in relazione agli accordi

sindacali del 13 luglio 1978 e 12 marzo 1980 che, intervenuti

a modifica della preesistente e più favorevole disciplina col

lettiva, hanno introdotto per i dipendenti delle aziende muni

cipalizzate un sistema di computo degli scatti di anzianità ba

sato, anziché sull'intera contingenza maturata successivamen

te al 1° febbraio 1977, su una somma convenzionale di importo

inferiore). (1)

Motivi della decisione. — I ricorsi devono essere riuniti ai

sensi dell'art. 335 c.p.c. Con l'unico mezzo i ricorrenti si dolgono per la violazione

e falsa applicazione dell'art. 2 1. 31 marzo 1977 n. 91 in relazio

ne anche agli art. 2077, 1322 e 1372 c.c. (art. 360, nn. 3 e 5,

c.p.c.) in quanto il trattamento dei lavoratori doveva ritenersi

acquisito e non poteva essere modificato in peius dall'accordo

13 luglio 1978, il quale, essendo transattivo, avrebbe richiesto

un espresso conferimento di potere da parte dei lavoratori, nel

caso insussistente; inoltre il tribunale aveva omesso di conside

rare che l'azienda non aveva computato l'indennità di contin

genza maturata successivamente al 1981 negli aumenti periodi

ci, tenendo conto che non si trattava di «ricalcolo», bensì di

(1) Sul problema della correlazione tra la normativa introdotta dal d.l. 12/77 e la normativa contrattuale concernente l'incidenza della con

tingenza sugli scatti di anzianità, la Cassazione (sent. 21 gennaio 1987, n. 537, Foro it., 1988, I, 526, con nota di richiami di P. Lambertucci), si era in precedenza pronunciata in senso difforme: sul presupposto che l'art. 2 d.l. 12/77 non vietasse né il calcolo né il ricalcolo degli aumenti di contingenza sugli scatti di anzianità, ma unicamente le c.d.

scale mobili anomale, aveva concluso che l'accordo transattivo del lu

glio 1978 «non poteva, essendo intervenuto tra le associazioni sindacali, far venir meno il già maturato diritto dei singoli alla percezione di quanto dovuto secondo le norme del contratto collettivo recepite nei contratti

individuali», non in quanto diritto acquisito in forza della precedente contrattazione, dato che questo «riguarda la possibilità che determinate

situazioni possono avere sotto il vigore di una normativa nuova gli ef

fetti giuridici, non ancora conseguiti, previsti dalla normativa abroga ta» ma in quanto «adempimento di obblighi già perfezionati sotto il

vigore di questa». Nel senso, sostenuto da Cass. 4947/91 in epigrafe e dalla identica

Cass. 2 marzo 1991, n. 2198 (est. Genghini), che l'incidenza della con

tingenza sugli scatti di anzianità deve essere affermata nei soli limiti

in cui la contrattazione collettiva lo consente, giacché il disposto del

l'art. 2 cit., pur non introducendo un divieto legale di computo, non

avrebbe intaccato l'autonomia contrattuale delle parti stipulanti nella

disciplina dell'istituto, cfr. invece Trib. Prato 29 ottobre 1986, id., Rep. 1988, voce Lavoro (rapporto), n. 1232 e Riv. it. dir. lav., 1987, II,

656, con nota di R. Romei, Ancora in tema di incidenza della scala

mobile sugli scatti di anzianità, che ha di conseguenza escluso — sicco

me legittima modifica di un preesistente assetto negoziale — il carattere

transattivo, e l'efficacia dispositiva, dell'accordo interconfederale del

13 luglio 1978. Sul principio della legittimità del computo della contingenza matura

ta dopo il 1° febbraio 1977 nella base di calcolo degli scatti di anziani

tà, sempre che gli effetti della variazione della contingenza non venga no calcolati in difformità della normativa operante nel settore dell'in

dustria, v., tra le decisioni più recenti, Trib. Milano 1° luglio 1989, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 1149; Pret. Firenze 9 giugno 1988,

ibid., n. 1150, secondo una lettura della norma dell'art. 2 d.l. 12/77

condivisa dalla stessa Corte di cassazione: oltre alla già citata Cass.

526/87, si vedano Cass. 4 ottobre 1989, n. 3985, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 1406; 23 novembre 1988, n. 6309, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1216; 25 luglio 1987, n. 6469, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1851.

Proprio sulla illegittimità del trattamento differenziato che era venu

to in tal modo a determinarsi tra il settore dell'industria e quello del

commercio, ove risultava vulnerata la possibilità per l'autonomia collet

tiva di disporre l'indicizzazione di determinati elementi accessori della

retribuzione, la Corte costituzionale (sent. 26 marzo 1991, n. 124, id.,

1991, I, 1333, con nota di richiami di G. Amoroso) ha fondato la pro nuncia di incostituzionalità, sopravvenuta dal 28 febbraio 1986, del

l'art. 2 d.l. n. 12 del 1977. Per altri riferimenti sulle caratteristiche del

l'attuale meccanismo di rivalutazione della retribuzione, cfr. la nota

di richiami a Pret. Napoli 12 dicembre 1990, ibid., 2593.

Sulla tematica generale dei limiti alla modificabilità (in peius) delle

discipline contrattuali nelle vicende di successione temporale delle fonti

collettive, e sulla conservazione dei diritti quesiti, oltre a Cass. 11 no

vembre 1988, n. 6116, id., 1989, I, 2270, richiamata in motivazione,

cfr., sempre sul problema specifico della modificabilità in peius dei trat

tamenti collettivi per i lavoratori cessati dal servizio, Cass. 3 febbraio

1989, n. 677, ibid., 2832, ed ivi ulteriori riferimenti.

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2783 PARTE PRIMA 2784

«calcolo», in base all'accordo del 1980, cosi come non era pre cluso dalla legge del 1977.

Con il ricorso incidentale condizionato, primo mezzo, si cen

sura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli art.

414, 420, 421 e 112 c.p.c. (art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.), per non aver escluso espressamente che potesse richiedersi il «calco

lo» degli scatti maturati alla stregua delle variazioni di contin

genza successive al 1° gennaio 1980, trattandosi di domanda

per un verso nuova e per altro verso inammissibile; con il secondo motivo del ricorso incidentale la ricorrente si

duole per violazione degli art. 100 e 112 c.p.c. (art. 360, nn.

3 e 5, c.p.c.), per non aver pronunciato la sentenza in ordine

alla eccepita mancanza di interesse di tutti i ricorrenti che al

1° gennaio 1980, avevano esaurito il numero degli scatti con

trattualmente maturabili secondo l'accordo 12 marzo 1980; con il terzo mezzo l'azienda impugna la sentenza per non

essersi pronunciata sul carattere di globale miglior favore del

ccnl del 1980 (art. 360, n. 5, c.p.c.); con il quarto motivo si censura la sentenza per violazione

e falsa applicazione dell'art. 2, 1° comma, ultima parte, d.l.

n. 12 del 1977, perché, indipendentemente dalla contrattazione

collettiva, l'incidenza dei punti di contingenza sugli aumenti pe riodici di anzianità era esclusa dal cit. art. 2, che trovava poi

accoglimento nei diversi contratti collettivi; con il quinto motivo, si chiede l'annullamento per violazione

del cit. art. 2 sotto altro profilo e per difetto di motivazione

(art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) atteso che la citata norma, come

eccepito in appello, non consentiva il conglobamento nella re

tribuzione o «ricalcoli» previsti in tempi differenti; con il sesto ed ultimo mezzo si censura la sentenza per viola

zione e falsa applicazione dell'art. 5 ter d.l. 10 novembre 1978

n. 702 convertito con modifiche con 1. 8 gennaio 1979 n. 3

(art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), poiché, non solo non esisteva una

norma contrattuale che prevedesse il richiesto trattamento eco

nomico, ma questo, in quanto «aggiuntivo», era vietato ad una

azienda municipalizzata come l'Atm

Preliminarmente, occorre esaminare la questione sollevata dal

ricorrente incidentale relativa all'inammissibilità del ricorso prin

cipale «per difetto di valida delega» tenuto conto della generici tà e del fatto che è contenuta in un foglio separato ancorché

unito al testo da punti metallici.

La questione è infondata. La circostanza che il rilevante nu

mero dei ricorrenti abbia comportato la necessità di contenere

le firme in un foglio separato, non escude l'unitarietà concet

tuale dell'atto, desumibile dalla intestazione del ricorso conte

nente gli stessi nominativi dei firmatari, dall'unione del testo

del ricorso delle firme autenticate dal difensore con i punti me

tallici anzidetti e da un timbro dell'ufficiale giudiziario impres so attraverso le parti cosi' unite.

Il ricorso principale è infondato. Gli argomenti posti a soste

gno delle tesi del ricorrente, possono sintetizzarsi cosi:

a) gli accordi 13 luglio 1978 e 12 marzo 1980 costituivano

obiettiva modifica in peggio di condizioni economiche che già erano entrate a far parte del patrimonio dei lavoratori e delle

quali le associazioni sindacali non potevano disporre in man

canza di specifico mandato; con la conseguenza dell'inapplica bilità di detti accordi, tenuto conto del loro valore transattivo;

b) la domanda era stata erroneamente interpretata, posto che

non si chiedeva il ricalcolo degli scatti di contingenza, non con

sentito dalla 1. n. 91 del 1977, ma il calcolo dell'indennità di

contingenza maturata nel frattempo sugli scatti di anzianità, co

sì come consentito dalla 1. n. 91 cit. e «siccome acquisizione economica paficamente entrata nel loro patrimonio».

Tali argomentazioni, tenuto conto della connessione tra loro

esistente e che si articola fondamentalmente intorno all'affer

mazione che la disciplina contrattuale, in virtù della quale la

domanda era stata respinta, integrava una inammissibile modi

ficazione in peius, possono esaminarsi congiuntamente.

Qualche conforto all'interpretazione data dal tribunale alla 1. n. 91 del 1977, può trarsi dai lavori parlamentari, seduta del

30 marzo 1977 in sede di discussione del disegno di legge di

conversione, con modificazioni, del d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, allorché è stato esplicitamente affermato: «questo provvedimento riflette le intese intercorse tra le confederazioni sindacali dei

lavoratori e la Confindustria, senza vulnerare la sfera contrat

tuale delle parti sociali. L'art. 1 esclude la computabilità degli aumenti della contingenza posteriori al 31 gennaio 1977, ai fini

Il Foro Italiano — 1991.

del calcolo dell'indennità di anzianità mentre l'art. 2 abolisce

i meccanismi di contingenza percentualizzati ed anomali, po nendosi come momento di razionalizzazione del settore, nel senso

di creare un sistema unico. In forza dell'art. 2, infatti, non po tranno più verificarsi in futuro le forme di conglobamento dei

miglioramenti della scala mobile nelle retribuzioni, come avve

niva in vari settori».

Il rappresentante del governo in sede di replica ebbe a preci

sare, con riguardo all'art. 2 1. cit., che detta norma era articola

ta in tre proposizioni: la prima «diretta a ricondurre alla disci

plina contrattuale prevista per il settore dell'industria tutti i mi

glioramenti retributivi collegati alla variazione dell'indice del costo

della vita, che risultino superiori a quelli vigenti in questo setto

re, lasciando invece invariati quelli che hanno una dinamica ad

essi inferiore. La seconda proposizione giuridica (i detti miglio ramenti non possono essere conglobati nella retribuzione, né

possono dar luogo a ricalcoli previsti in tempi differiti) vuole

eliminare gli effetti cosiddetti perversi della contingenza attra

verso il divieto di conglobamento immediato nella retribuzione

delle indennità di contingenza e il divieto di eventuali ricalcoli

previsti in tempi differiti che attuino a fine anno il medesimo

conglobamento. La terza proposizione (inoltre gli effetti della

variazione del costo della vita o di altra forma di indicizzazione

su qualsiasi elemento della retribuzione non possono essere com

putati in difformità della normativa prevalente . . .) tende ad

eliminare l'indicizzazione di altri elementi della retribuzione, la

cui normativa non può essere difforme da quella prevalente pre vista dagli accordi interconfederali nei confronti del settore in

dustriale, giudicata al momento il massimo che possa essere tol

lerato dal sistema economico». Si deve ricordare che in detta

seduta un emendamento (n. 2.5) che tendeva in pratica ad eli

minare tutti gli effetti dell'art. 2 ed in particolare l'esclusione

dell'indennità di contingenza del ricalcolo previsto in tempi dif

feriti (che si risolveva in una eliminazione dei possibili effetti

sugli scatti di anzianità), era stato respinto. Del pari, un ordine

del giorno interpretativo dell'art. 2 nel senso dell'applicabilità del ricalcolo in istituti sui quali avviene immediatamente e non

per conglobamento, e tra questi gli scatti di anzianità, veniva

ritirato.

Si deve osservare che l'espressione «né possono dare luogo a ricalcoli in tempi differiti» introdotta in sede di conversione, teneva conto del fatto ben noto che, fra i ricalcoli in tempi differiti cui può dar luogo un aumento di contingenza, i più noti alla pratica sindacale erano proprio quelli con i quali si

computa l'incidenza della contingenza sugli scatti di anzianità.

Si deve ancora ricordare che a chiarimento della portata tassati

va dell'art. 2, il successivo art. 4 afferma: «È abrogata ogni

disposizione in contrasto con le norme contenute nel presente decreto, le norme regolamentari e le clausole contrattuali che

dispongono in contrasto col presente decreto sono nulle di

diritto».

Come noto sull'interpretazione della legge sorgeva controver

sia tra le parti sociali con particolare riferimento proprio al ri

calcolo degli aumenti periodici di anzianità, e si addiveniva co

si, da parte della Cispel e delle organizzazioni sindacali, al cita

to accordo del 13 luglio 1978, il quale escludeva il ricalcolo

degli aumenti periodici di anzianità sull'indennità di contingen za maturata nell'anno precedente a partire dal 31 dicembre 1977

e, a compensazione, un'erogazione mensile, si precisava in det

to accordo che gli aumenti periodici di anzianità che mature ranno dal 1° gennaio 1978 in poi, verranno calcolati, oltre che

sulla retribuzione minima base contrattuale, e sulla contingenza non conglobata maturata fino al 1° novembre 1976 compreso, anche sull'importo convenzionale di lire 50.000

Successivamente, con l'accordo 12 marzo 1980, si addiveniva ad una trasformazione dell'istituto degli aumenti periodici di

anzianità trasferendo nella retribuzione conglobata l'importo di

due aumenti periodici pari al dieci per cento della retribuzione minima conglobata di ciascun livello in atto al 1° gennaio 1978 e sulla somma convenzionale di lire 50.000; il numero degli scatti

era ridotto da otto a sei.

Le questioni di legittimità costituzionale sollevate sulla 1. n. 91 anche con riferimento agli art. 36 e 39 Cost, erano respinte dalla Corte costituzionale con la sentenza del 30 luglio 1980, n. 141 (Foro it., 1980, I, 2641). Con la sentenza n. 142 (ibid), in pari data, riguardante la 1. n. 91 e la sua incidenza sull'in

dennità di anzianità, la corte riteneva che, a tre anni dall'ap provazione della legge, la progressiva esclusione dal computo

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'indennità del punto di contingenza risultava ancora compa

tibile con l'art. 36 Cost.; rilevava, peraltro, come in futuro,

in mancanza di congrue compensanzioni mediante interventi legis

lativi, si potrebbe determinare un contrasto con gli art. 3 e 36

Cost, ed anche con l'art. 38 stante la progressività del computo

di tale indennità. Recentemente con la sentenza 23 giugno 1988,

n. 697 (id., Rep. 1988, voce Lavoro (rapporto), n. 1612) la Cor

te costituzionale ha ribadito il giudizio di infondatezza delle que

stioni sollevate anche con riguardo all'art. 4 1. n. 91, che, come

si è visto, sancisce la nullità delle clausole contrattuali difformi.

Questa corte, più volte ha ribadito che le funzioni specifiche

riconosciute dall'ordinamento delle associazioni sindacali consi

stono — come emerge dalle varie norme che (senza tuttavia darne

la disciplina prevista dall'art. 39 Cost.) fanno ad esse riferimen

to — nella stipula di contrati collettivi aventi efficacia obbliga

toria per tutti gli appartenenti e nello svolgimento, in favore

degli stessi, di opera di promozione civile, sostegno nelle riven

dicazioni ed assistenza nelle controversie, senza che possa confi

gurarsi una legittimazione delle stesse associazioni a rinunciare,

transigere o conciliare diritti soggettivi (ancorché acquisiti dai

singoli lavoratori in forza di rapporti giuridici convenuti sulla

base dei contratti collettivi), in difetto di espressa previsione

normativa in tal senso e comunque di uno specifico mandato

dei singoli associati (cfr., tra le altre, sent. nn. 1185 del 1979,

non massimata; 155 del 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 385;

1482 del 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 2313; 4280 del 1982, id., Rep. 1983, voce Lavoro (contratto), n. 87; 1140 del 1983,

ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 975; 1577 del 1985, id., Rep.

1985, voce cit., n. 927). Ma non vi è contrasto tra questo principio e quello, parimen

ti enunziato da questa corte nelle sentenze n. 2479 del 1978 (id.,

1978, I, 2185) e n. 4490 del 1979 (sic), secondo le quali, in tema di successione di contratti collettivi, il lavoratore non può

invocare un diritto acquisito in forza della precedente contratta

zione. Poiché è, invero, evidente che una cosa è l'indisponibili

tà da parte del sindacato di diritti soggettivi perfetti nascenti

in capo al lavoratore, dalla vigenza del ccnl che li contempla,

ed altra è la pretesa, da parte del lavoratore, di mantenere defi

nitivamente acquisito nel suo patrimonio giuridico un diritto

nato bensì da una norma collettiva, ma che non trova più in

questa supporto, una volta che essa è stata caducata o sostituita

da una sopravveniente contrattazione collettiva (cfr., da ultimo,

sent. n. 5592 del 1986, id., Rep. 1986, voce Sindacati, n. 40).

Ciò vale anche in caso di rinnovo anticipato del contratto

collettivo, cosi come ha esattamente affermato l'impugnata sen

tenza. Le disposizioni dei contratti collettivi — ha ritenuto il

tribunale in conformità a quanto questa corte ha già avuto oc

casione di affermare (vedi, per tutte, le sentenze 4517/86, id.,

1987, I, 510; 4423/84, id., Rep. 1984, voce Lavoro (contratto),

nn. 30, 66) — non si incorporano nel contenuto dei contratti

individuali, dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere di

spositivo dei sindacati, ma invece operano dall'esterno su singo

li rapporti di lavoro come fonte eteronoma di regolamento, con

corrente con la fonte individuale, sicché, nell'ipotesi di succes

sione fra contratti collettivi, le precedenti disposizioni non sono

suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamen

to più favorevole, che riguarda, appunto, il rapporto tra con

tratto collettivo ed individuale (art. 2077 c.c.; vedi per tutte,

Cass. nn. 2032 del 1988, id., Rep. 1988, voce Lavoro (rappor

to), n. 1257; 2021 del 1988, ibid., voce Lavoro (contratto), n.

53; 7673 del 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 66), restando

la conservazione di quel contratto affidato all'autonomia con

trattuale delle parti collettive stipulanti, che possono prevederla

con apposita clausola di salvaguardia.

Si tratta di principi affermati già in epoca remota da questa

Suprema corte (sent. 19 luglio 1952, n. 2271, id., Rep. 1952,

voce Lavoro (rapporto), n. 114), allorché riteneva che a norma

dell'art. 2077 c.c. le clausole dei contratti individuali più favo

revoli ai lavoratori prevalgono su quelle del contratto collettivo;

ma, quando ad una regolamentazione di carattere generale per

gli appartenenti ad una determinata categoria di lavoratori (nel

le specie si trattava del regolamento generale del Monte dei pe

gni di Milano) se ne sostituisce un'altra, parimenti di carattere

generale, con un contratto collettivo concordato tra le categorie

interessate, le clausole di quest'ultimo, siano o no più favorevo

li, si sostuiscono alle precedenti.

Né tale principio subisce deroga nell'ipotesi in cui il contratto

li Foro Italiano — 1991.

individuale di lavoro richiami espressamente il contratto collet

tivo, quale fonte di disciplina del rapporto, ove non ricorra l'i

potesi — nella specie neanche prospettata — di ricezione del

contratto collettivo richiamato, dovendosi distinguere, quanto

agli effetti, il semplice richiamo da un richiamo ricettivo.

Peraltro il concorso-conflitto tra contratti collettivi di diverso

livello (o ambito) — secondo l'insegnamento più recente di que

sta corte (vedi, per tutte, le sentenze 4517/86, cit.; 4758/87,

id., Rep. 1987, voce Lavoro (contratto), n. 59; 5267/87, ibid.,

n. 58; 1147/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 57; 1759/88, ibid., n. 56) — è affidato non già a criteri predeterminati di generale

applicazione, ma al regolamento delle stesse fonti concorrenti

(e potenzialmente configgenti) dell'autonomia collettiva, la cui

interpretazione sistematica — svolta, eventualmente, anche alla

luce delle norme (statutarie o, comunque, organizzatorie) attri

butive della «competenza» delle divese istanze sindacali (v. Cass.

1445/86, id., 1987, I, 511) — è riservata al giudice di merito

e può essere censurato, in sede di legittimità, soltanto per viola

zione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362

ss. c.c.) o per vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.).

Non ignora questo collegio che recentemente è sorto un con

trasto interpretativo tra le motivazioni delle sentenze 16 gennaio

1986, n. 260 (id., 1986, I, 931), 27 gennaio 1988, n. 689 (id., Rep. 1989, voce cit., n. 54), e quella della sentenza 11 novem

bre 1988, n. 6116 (id., 1989, I, 2270) avendo quest'ultima affer

mato che in difetto di specifico mandato, o di successiva ade

sione o ratifica, degli interessati, il contratto collettivo non può

incidere su diritti sorti, a favore delle parti del rapporto di lavo

ro, in virtù di un precedente contratto collettivo, per l'avvenuto

perfezionamento delle fattispecie costitutive ad essi corrispon

denti o comunque per effetto di prestazioni eseguite, come il

diritto ad una determinata pensione integrativa aziendale, sorto

alla cessazione del rapporto, alla stregua della disciplina all'e

poca vigente, e correlato all'attività lavorativa svolta.

Diversamente, avevano invece ritenuto le precedenti sentenze

che, essendo la disciplina collettiva modificabile (anche in peius)

per i lavoratori da altra successiva, le modifiche di un accordo

aziendale, ancorché peggiorative per i lavoratori cessati dal ser

vizio, sono — in mancanza di diversa previsione contrattuale

— vincolanti anche per questi ultimi, senza che riguardo ad

essi possa porsi una questione di legittimazione delle associazio

ni sindacali ad assumere la rappresentanza, atteso che il succes

sivo accordo sindacale concerne prestazioni dovute ai lavoratori

nel periodo posteriore alla cessazione del servizio e non la cate

goria dei lavoratori pensionati in quanto tali.

Ma tale contrasto non appare strettamente riguardare la ma

teria oggetto del presente ricorso, atteso che, pur avendo ri

guardo alla modificabilità in peius con norma collettiva di un

precedente trattamento retributivo, nell'ambito dell'autonomia

sindacale, tuttavia appare focalizzato su fattispecie diverse, nel

le quali era rilevante l'effetto di modificazione del trattamento

in epoca successiva alla cessazione del rapporto di lavoro.

Per la giurisprudenza meno recente di questa corte si ricorda

no le sentenze 18 luglio 1963, n. 1962, (id., 1964, I, 134), 24

maggio 1960, n. 1336 (id., 1960, I, 1963), 8 maggio 1968, n.

1410 (id., 1968, I, 1427), 11 marzo 1970, n. 631 (id., Rep. 1970, voce cit., nn. 31, 35), 16 ottobre 1973, n. 2600 (id., Rep. 1973,

voce cit., nn. 17, 20); anche se talora la dottrina accoglieva

favorevolmente tali decisioni con la precisazione che le modifi

che peggiorative fossero limitate ai rapporti futuri, si deve tut

tavia considerare come in quegli anni, proprio con le sentenze

indicate, si affermava la derogabilità in peius dei contratti cor

porativi, riconoscendo la funzione normativa del contratto col

lettivo e la sua preminenza rispetto al contratto individuale e

la sostanziale equiparazione dei due diversi contratti collettivi

per costituire regolamentazioni generali dei rapporti di lavoro;

si riteneva cosi che il contratto collettivo di diritto comune rien

trasse fra le «successive modifiche» che l'art. 43 d.l. lgt. n. 369

del 1944 prevedeva quale causa di cessazione dell'ultrattività del

contratto corporativo e di sostituzione o modificazione di que

sto. Osservava a questo riguardo un'autorevole dottrina che la

norma dell'art. 43 sarebbe stata superflua, se «le successive mo

difiche» fossero solo migliorative, non essendo minimamente

in dubbio una derogabilità in melius che corrisponde alla fun

zione stessa dei contratti collettivi. È noto che la norma (cit.

art. 43) ha superato il vaglio di costituzionalità della Corte co

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2787 PARTE PRIMA 2788

stituzionale (sent. n. 1 del 12 febbraio 1963, id., 1963, I, 398)

specificamente per insussistenza di contrasto con l'art. 39, oltre

che con l'art. 41 Cost.

A questo riguardo è stato autorevolmente affermato che i

contratti collettivi producono i loro effetti direttamente sui rap

porti intercorrenti tra ciascun lavoratore ed il datore di lavoro

e sono, pertanto, in vigore malgrado difformi pattuizioni indi

viduali (clausole di salvaguardia, trattamenti caratterizzati dal

Vintuitus personae, ecc.); ciò proprio in quanto la disciplina

degli interessi collettivi in questa materia rientra nella specifica

competenza delle associazioni che tutelano tali interessi e che

si propongono come titolari degli stessi; la contrattazione indi

viduale, evidentemente, eccede la disponibilità di quegli interes

si. È appena il caso di osservare che la stessa durata di un con

tratto collettivo rientra tra gli elementi disponibili da parte del

sindacato, atteso che allo stesso è rimessa la valutazione «col

lettiva» della persistente corrispondenza della norma collettiva

agli interessi dei lavoratori associati, e, mutata la situazione con

tingente rispetto al momento della conclusione del contratto in

vigore, ben può farsi a meno di conservarlo, laddove il nuovo

contratto può risultare «peggiorativo» in alcuni aspetti, ma evi

dentemente rispetto ad una situazione preesistente, mentre la

nuova disciplina è corrispondente agli interessi degli associati

rispetto a quella sopravvenuta, tanto è vero che soltanto ove

la nuova contrattazione risultasse in violazione dell'art. 36 Cost. — ipotesi questa, tuttavia, di ben rara evenienza, dovedosi, pe

raltro, escludere la coincidenza automatica tra trattamento col

lettivo e minimo costituzionalmente garantito — potrebbe per dere il suo carattere normativo; d'altra parte, almeno di regola, la valutazione secondo la quale il nuovo trattamento è «peggio

rativo», è fatta seguendo parametri esclusivamente monetari, laddove evidentemente la ricontrattazione di quelle condizioni

specifiche viene fatta secondo una valutazione — che non può che essere «collettiva» — di altri rilevanti fattori economici e

sociali (innanzi tutto tasso di disoccupazione, sviluppo delle aree

depresse, deflazione economica, lavoro femminile e minorile, fiscalizzazione degli oneri sociali e legislazione sociale, concor

renza internazionale, recessione economica, ecc.). È poi appena il caso di ricordare che una siffatta ricontrattazione si risolve

in una tutela per i lavoratori associati, in quanto abbia caratte

ristiche di effettività ed affidabilità tali, da potersi sulla medesi

ma fondare la programmazione di settore e, talora, di azienda — se di grandi dimensioni — cosi come non avverrebbe se la

nuova contrattazione non avesse efficacia generale e fosse su

bordinata ad una adesione individuale o alla mancata proposi zione di ricorsi. Ne discende che anche sotto questo aspetto vi

è coincidenza tra la natura normativa del contratto e le finalità

che sono proprie della contrattazione collettiva.

Riservata al giudice di merito è la verifica dell'esistenza e l'in

terpretazione di eventuali «clausole di salvaguardia», che — in

deroga alla nuova disciplina contrattuale collettiva introdotta

contestualmente — facciano espressamente salvi i trattamenti

pregressi più favorevoli, che si incorporano, talora, nel conte

nuto del contratto di determinati dipendenti (vedi, per tutte, Cass. 7483/86, id., 1988, I, 527; 8458/87, id., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 834; 2032/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1257). La sentenza impugnata si è unoformata ai principi di diritto enunciati, senza incorrere in vizi denunciabili in sede

di legittimità. Muovendo dall'incensurata interpretazione del

l'accordo interconfederale 17 luglio 1978, il tribunale ha ritenu

to, infatti, che lo stesso accordo, derogando in peius rispetto alla normativa collettiva preesistente ha introdotto, appunto, il divieto sia di «ricalcolo degli aumenti periodici di anzianità», che di computo della «contingenza non conglobata» per il pe riodo successivo al 1° febbraio 1977.

La prospettazione fatta per la prima volta nel ricorso della invalidità dell'accordo in data 13 luglio 1978, in quanto a con tenuto transattivo senza che all'uopo i sindacati avessero avuto

specifico mandato dai lavoratori ricorrenti, introduce un argo mento nuovo, e, pertanto, inammissibile, posto che, come rile vato dalla sentenza impugnata, in sede di appello esplicitamente i ricorrenti avevano escluso di impugnare gli accordi del 1978 e del 1980, ed avevano affermato anzi che la loro pretesa si

fondava proprio su tali accordi.

I diversi motivi del ricorso incidentale condizionato restano assorbiti dal rigetto del ricorso principale.

Il Foro Italiano — 1991.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 aprile

1991, n. 4233; Pres. Vela, Est. Borruso, P.M. Nicita (conci,

diff.); Proc. gen. Cass. c. Vacchio (Avv. Bellucci, Papa) e Proc. gen. app. Napoli. Conferma App. Napoli 3 ottobre

1988.

Matrimonio — Divorzio — Frovvedimento straniero — IX atura

amministrativa — Dichiarazione di efficacia in Italia — Am

missibilità (Cod. proc. civ., art. 797; 1. 10 giugno 1985 n.

301, adesione alla convenzione sul riconoscimento dei divorzi

e delle separazioni personali, adottata all'Aja il 1° giugno

1970, art. 1, 2).

In applicazione dell'art. 1 della convenzione dell'Aja del 1° giu

gno 1970, ratificata dall'Italia con I. 10 giugno 1985 n. 301, devono essere dichiarati efficaci in Italia anche i divorzi stra

nieri accordati con provvedimenti di natura amministrativa. (1)

(1) Con questa decisione la Cassazione, prendendo atto dell'adesione italiana alla convenzione dell'Aja del 1° giugno 1970 (ratificata, appun to, dall'Italia con 1. 10 giugno 1985 n. 301), sanziona definitivamente un ulteriore ridimensionamento dell'area dei provvedimenti stranieri di divorzio cui risulta precluso il riconoscimento di efficacia nel nostro paese.

Diffusa era, infatti, la tesi della non riconoscibilità dei divorzi accor dati all'estero con provvedimenti di natura amministrativa, almeno nei casi in cui simili atti non fosse possibile far rientrare in una delle cate

gorie per le quali è prevista l'attribuzione di efficacia ai sensi degli art. 796 ss. c.p.c., e, quindi, ove non assimilabili ad un atto di volontaria

giurisdizione, ovvero ad un atto contrattuale ricevuto da pubblico uffi ciale. In tal senso, cfr., ad es., Pau, Divorzio (dir. intemaz. privato e processuale), voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1982, III, 117 e Carella, Il divorzio nel diritto intemazionale privato e pro cessuale italiano, in Riv. dir. internaz. privato e proc., 1988, 455.

Una simile tesi, del resto, aveva avuto l'avallo di Cass. 12 maggio 1979, n. 2727, Foro it., 1979, I, 1366, esplicita nel negare, anche sulla base della convenzione dell'Aja del 12 giugno 1902, l'efficacia nel no stro ordinamento ad ogni atto straniero di scioglimento del matrimonio non avente natura di sentenza o di provvedimento di volontaria giuris dizione.

È vero che non si era mancato di ritenere possibile la dichiarazione di efficacia di divorzi accordati con decreto reale danese, ma ciò pur sempre in dipendenza della relativa ipotizzata assimilazione, appunto, ad atti di volontaria giurisdizione (cfr. App. Genova 28 maggio 1976, id., Rep. 1977, voce Delibazione, n. 36, la cui motivazione si legge in Riv. dir. internaz. privato e proc., 1977, 407).

L'adesione italiana alla ricordata convenzione del 1970 ha, però, mu tato profondamente i termini della questione, dato che il suo art. 1 allude senz'altro al «riconoscimento, in uno Stato contraente, dei di vorzi e delle separazioni personali ottenute in un altro Stato contraente a seguito di una procedura giudiziaria o altra procedura ufficialmente riconosciuta in detto Stato e che vi abbiano effetto giuridico». E, di fronte ad un dettato cosi chiaro ed univoco, la Cassazione non può far altro che considerare ormai improponibile, almeno sotto il profilo della natura dell'atto, qualsiasi dubbio circa la possibilità di dichiarare l'efficacia in Italia di divorzi ottenuti in via amministrativa, ove simili

procedure siano previste dall'ordinamento competente, indipendentemen te, insomma, dalla necessità della relativa assimilazione a provvedimen ti di volontaria giurisdizione.

Tale conclusione (per la quale v. già Quadri, Divorzio (dir. civ. e

internaz.), voce del Digesto privato, Torino, 1990, VI, 565, e Carella, op. cit., 461) risulta ovviamente obbligata in relazione ai divorzi pro nunciati dagli organi amministrativi di uno Stato anch'esso aderente

(come, appunto, nel caso di specie, la Danimarca, cui si riferisce la

fattispecie esaminata nella decisione in epigrafe) alla convenzione del

l'Aja del 1970. E se contro la possibilità di assumerla (almeno de iure

condito) quale soluzione generale (valida, cioè, indipendentemente dal l'adesione o meno alla convenzione dello Stato in cui è accordato il divorzio da riconoscere) depone indubbiamente il carattere derogatorio della ricordata clausola convenzionale rispetto alle statuizioni del codice di procedura civile, c'è da chiedersi se a favore di una diversa conclu sione non potrebbe giocare la stessa logica (ispirata a considerazioni di evidente opportunità, onde evitare diversità di trattamento in una materia tanto delicata) che ha condotto la recente giurisprudenza (e ci si riferisce, in particolare, a Cass. 10 novembre 1989, n. 4769, Foro it., Rep. 1989, voce Matrimonio, n. 184, nella motivazione in Nuova

giur. civ., 1990, I, 585, nonché a Cass. 19 aprile 1991, n. 4235 e 21 settembre 1990, n. 9627, Foro it., 1991, I, 2396) ad estendere al di là degli Stati aderenti alla predetta convenzione la peculiare conforma

zione, delineata nel relativo art. 10, della nozione di ordine pubblico applicabile in sede di delibazione dei provvedimenti stranieri di divor zio. [E. Quadri]

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