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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 2 febbraio 1990, n....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 2 febbraio 1990, n. 707; Pres. Zappulli, Est. Genghini, P.M. Gazzara (concl. conf.); Fabi ed altri (Avv. Agostini, Vitali) c. Cassa di risparmio di Vigevano; Cassa di risparmio di Vigevano (Avv. Moscarini) c. Fabi ed altri. Conferma Trib. Vigevano 17 ottobre 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 2577/2578-2581/2582 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184857 . Accessed: 25/06/2014 09:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 09:53:22 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 2 febbraio 1990, n. 707; Pres. Zappulli, Est. Genghini, P.M. Gazzara(concl. conf.); Fabi ed altri (Avv. Agostini, Vitali) c. Cassa di risparmio di Vigevano; Cassa dirisparmio di Vigevano (Avv. Moscarini) c. Fabi ed altri. Conferma Trib. Vigevano 17 ottobre1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2577/2578-2581/2582Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184857 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di dilazionare la data della esecuzione, e la dilazione e la sospen sione degli sfratti legislativamente disposti, abbiano di fatto reso

giuridicamente irrilevante il mancato rilascio dell'immobile da parte

del conduttore alle scadenze convenzionali o a quelle autoritati

vamente stabilite in sede di proroga legale delle locazioni, non

essendo praticamente coercibili i rilasci a dette scadenze. Ma il

ragionamento del tribunale, che perviene sostanzialmente ad una

interpretatio abrogans (quanto meno parziale) dell'art. 1591 c.c.,

non può essere condiviso. È vero infatti che l'art. 56 1. n. 392

ed eventuali ulteriori provvedimenti legislativi, determinanti il dif

ferimento dell'esecuzione (art. 7 d.l. 30 dicembre 1988 n. 551),

possono di fatto rendere incoercibile — per un determinato pe riodo di tempo — l'esecuzione dello sfratto, e quindi consentire

la permanenza del conduttore nell'immobile; ciò non esclude pe

raltro che, essendo il conduttore in mora nella restituzione del

l'immobile, dopo la scadenza della locazione, egli sia tenuto non

solo al pagamento del corrispettivo convenuto fino alla riconse

gna, ma anche a risarcire il maggior danno di cui all'art. 1591

c.c. Il conduttore è tenuto insomma all'adempimento della ricon

segna dell'immobile alla scadenza della locazione e se, invece di

provvedere alla riconsegna, intende avvalersi del differimento del

l'esecuzione forzata (eventuale, e conseguente al mancato volon

tario rilascio dell'immobile alla scadenza), è tenuto a sopportare

le conseguenze del danno che con il suo comportamento, contra

rio alle scadenze della locazione, convenzionali o legali, ha posto

in essere. Di ciò è conferma proprio in quei provvedimenti legi

slativi, che o hanno indicato le obbligazioni a carico del condut

tore fino alla data fissata per l'esecuzione dello sfratto e durante

il periodo di proroga del medesimo (art. 36 1. 23 maggio 1950

n. 253, sostituito dall'art. 4 1. 26 novembre 1969 n. 833), o hanno

determinato autoritativamente il corrispettivo dovuto dopo l'e

missione del provvedimento di rilascio (art. 4 d.l. 30 gennaio 1979

n. 21, convertito nella 1. 31 marzo 1979 n. 93), o hanno addirittu

ra legislativamente determinato la somma dovuta ai sensi dell'art.

1591 c.c., per il periodo di sospensione dell'esecuzione di senten

ze di condanna al rilascio di immobili urbani adibiti ad una delle

attività indicate dall'art. 27 1. 392/78 o di altri provvedimenti

esecutivi (art. 7, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1988 n. 551, con

vertito nella 1. 21 febbraio 1989 n. 61). Alla stegua delle esposte

considerazioni deve, pertanto, concludersi che dal complessivo esa

me della legislazione in materia di differimento delle esecuzioni

dei provvedimenti di rilascio degli immobili si evince che, pur

non essendo ravvisabile una precisa e costante mens legis, in te

ma di ulteriore danno ex art. 1591 c.c., non può affermarsi che

il permanere del conduttore nell'immobile fino all'esecuzione del

lo sfratto renda il medesimo immune da conseguenze ulteriori

(oltre il pagamento del corrispettivo pattuito). Di tal che, come

richiesto dall'appellante incidentale, va affermata la responsabili

tà del conduttore per danni ulteriori ex art. 1591 c.c., in sede

di condanna generica, salva poi la competenza dell'ulteriore giu

dizio di liquidazione di accertare se in concreto, ed in relazione

alla particolare fattispecie, tali danni ed in quale misura sussista

no (anche in relazione a quanto dedotto nel separato giudizio

dal danneggiato).

Qui va solo affermato che il mancato rilascio dell'immobile

alla scadenza di legge — in presenza di differimenti dell'esecuzio

ne forzata — non esclude la potenzialità del comportamento del

conduttore di cagionare maggior danno risarcibile ex art. 1591

c.c. Tale orientamento è del resto conforme ad una consolidata

giurisprudenza del giudice di legittimità in tema di condanna ge

nerica del conduttore al maggior danno di cui all'art. 1591 c.c.

(Cass. 27 agosto 1984, n. 4707, id., Rep. 1984, voce cit., n. 467;

13 giugno 1980, n. 3770, id., Rep. 1980, voce cit., n. 172; 13

ottobre 1978, n. 4608, id., Rep. 1978, voce cit., n. 65; 6 maggio

1978, n. 2193, ibid., n. 64). (Omissis)

Il Foro Italiano — 1990 — Parte I-49.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 2 febbraio

1990, n. 707; Pres. Zappulli, Est. Genghini, P.M. Gazzara

(conci, conf.); Fabi ed altri (Aw. Agostini, Vitali) c. Cassa

di risparmio di Vigevano; Cassa di risparmio di Vigevano (Aw.

Moscarini) c. Fabi ed altri. Conferma Trib. Vigevano 17 otto

bre 1981.

Casse di risparmio — Contratto collettivo di lavoro — Necessità

di nulla osta della Banca d'Italia — Esclusione (R.d.l. 12 ago sto 1937 n. 1757, revoca del divieto di inquadramento sindaca

le delle casse di risparmio e degli enti equiparati, art. 2). Lavoro (rapporto) — Premio di rendimento — Natura giuridica

— Elemento retributivo integrativo non obbligatorio.

Per effetto di Corte cost. 24 marzo 1988, n. 330, che ha dichiara

to l'illegittimità dell'art. 2 r.d.l. 12 agosto 1937 n. 1757, deve

escludersi la necessità di subordinare l'efficacia dei contratti

collettivi stipulati dalle casse di risparmio al preventivo nulla

osta della Banca d'Italia. (1)

(1) I. - La Cassazione ha deciso la fattispecie sottoposta al suo esame alla stregua della sentenza con la quale la Corte costituzionale (riportata in Foro it., 1988, I, 1785, con nota di Mazzotta, ed altresì in Dir. lav., 1988, II, 203, con nota di Mazzella), si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 r.d.l. 1757/37, in riferimento agli art. 3, 36, 39 Cost., sollevata dalla stessa Corte di cassazione con l'ordi

nanza dell'11 aprile 1986, n. 432 (Foro it., 1986, I, 2178, ed altresì' in

Risparmio, 1986, 775, con nota di Genghini; Giust. civ., 1987, I, 410, con nota di Vallebona, Il nulla osta della Banca d'Italia per i contratti collettivi delle casse di risparmio: problemi di costituzionalità; Banca, borsa,

ecc., 1987, II, 568, con nota di Tosi, I controlli sulla contrattazione col

lettiva degli enti pubblici economici-, Riv. giur. lav., 1987, II, 201, con nota di Santucci, Problemi di costituzionalità in materia di contrattazio ne collettiva delle casse di risparmio), e dalla Pretura di Venezia con

l'ordinanza del 29 aprile 1985 (Foro it., Rep. 1986, voce Casse di rispar mio, n. 14).

La Corte costituzionale, con la decisione citata, ha rilevato la non con

formità dell'art. 2 r.d.l. 1757/37 con i principi dell'ordinamento costitu

zionale vigente, in quanto «si pone in stridente contrasto con la garanzia dell'autonomia contrattuale collettiva e della più generale libertà sindaca

le, garantita dall'art. 39 Cost.». Si è segnato in tal modo il momento

conclusivo della dibattuta questione circa la sopravvivenza e la legittimità dell'art. 2 r.d.l. 1757/37, specie dopo la soppressione dell'ordinamento

corporativo. Può risultare utile indicare sinteticamente i punti salienti di questa pro

blematica. Con il r.d.l. 1757/37, convertito nella 1. 16 giugno 1938 n. 1207, venne

revocato il divieto di inquadramento sindacale per le casse di risparmio e gli enti equiparati, stabilendosi altresì, a parziale contemperamento del

la riconosciuta libertà di azione sindacale, la previsione di un controllo

preventivo da parte dell'autorità amministrativa a cui subordinare l'ese

cuzione della regolamentazione contrattuale dei rapporti di lavoro. Se

nell'immediato periodo post-corporativo le parti sociali si mostrarono con

cordi nel riconoscere piena validità alla norma limitativa della loro capa cità contrattuale, a partire dal 1968 la situazione mutò radicalmente. Al

l'atteggiamento dell'Acri, ferma nel pretendere l'inserimento nel testo con

trattuale della clausola che condizionava l'efficacia del contratto collettivo

al previo nulla osta della Banca d'Italia, si è contrapposto il dissenso

delle organizzazioni sindacali in ordine all'operatività dell'art. 2 r.d.l.

1757/37, manifestato in calce al contratto stesso. La questione è giunta cosi al vaglio della magistratura che ha dato, peraltro, risposte non

univoche. La giurisprudenza di legittimità si è orientata nel senso di ritenere la

persistente vigenza del nulla osta, limitandone tuttavia l'ambito di appli cazione ai soli contratti collettivi di lavoro, con esclusione di quelli indivi

duali: v. Cass. 28 ottobre 1983, n. 6414, id., Rep. 1984, voce Lavoro

(rapporto), n. 1091; 22 aprile 1975, n. 1571, id., 1975, I, 1962.

Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi al riguardo, ha negato che l'art. 2 r.d.l. 1757/37 possa considerarsi tacitamente abrogato in se

guito alla soppressione dell'ordinamento corporativo e ne ha affermato

la coerenza con l'ordinamento legislativo vigente, in quanto inteso ad

assicurare una forma di controllo sull'esercizio della funzione creditizia

a tutela dei risparmiatori: v. Cons. Stato, sez. III, 9 febbraio 1982, n.

1264/81, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 377, 378; 12 giugno 1968, n. 751,

id.. Rep. 1969, voce Cassa di risparmio, n. 6.

L'implicita abrogazione dell'art. 2 r.d.l. 1757/37 è stata, invece, soste

nuta dalla giurisprudenza di merito che ne ha sottolineato l'intima con

nessione con i principi dell'ordinamento corporativo e l'assenza di ogni

ratio, giustificativa nell'attuale sistema di libertà sindacale: v. Pret. Vene

zia 25 gennaio 1980, id., Rep. 1981, voce Lavoro (contratto), n. 19 e

Dir. lav., 1981, II, 7, con nota adesiva di De Cristofaro, Contrattazione

collettiva e nulla osta della Banca d'Italia: il problema delle casse di ri

sparmio e degli enti equiparati; Trib. Rimini 20 dicembre 1974, Foro

it., 1975, I, 1962.

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2579 PARTE PRIMA 2580

Non può riconoscersi il carattere dell'obbligatorietà ai premi di

rendimento, trattandosi di elementi integrativi della retribuzio

ne di natura straordinaria ed eccezionale la cui concessione al

personale dipendente particolarmente meritevole è rimessa alla

facoltà discrezionale dell'azienda. (2)

Svolgimento del processo. — Con atti notificati il 29 gennaio

1980, il 31 gennaio 1980 ed il 6 febbraio 1980 la Fabi in persona del segretario provinciale Cocchetti Luigi, nonché questi e Silvio

Cotta in proprio, la Falcri, in persona dei segretari responsabili, nonché Giuseppe Rubini, Enrico Pisani, Caterina Viglio, Giusep

pe Omodei Zorini, Silvana Ferrari, Lucia Cottino e Paolo Papia ni in proprio, e inoltre Bricchetti Giovanni quale interveniente

volontario, e la Fidac in persona del segretario provinciale Luigi

Dallavalle, ed infine la ras della Fidac, in persona di Ornella Mo

ro, e Jeva Costantino in proprio, ricorrevano al Pretore di Vige vano chiedendo che, accertata e dichiarata l'avvenuta abrogazio

ne dell'art. 2 r.d.l. n. 1757 del 1937, dichiarasse la Cassa di ri

sparmio di Vigevano tenuta ad eseguire ed applicare ex tunc —

cioè dal 16 dicembre 1978 — il contratto integrativo aziendale,

indipendentemente dal nulla osta della Banca d'Italia; in subordi

ne che, ritenuta rilevante la questione di legittimità costituzionale

della detta norma, per contrasto con gli art. 3 e 39 Cost., sospen desse i giudizi e trasmettesse gli atti alla Corte costituzionale.

I ricorrenti sostenevano che essendo stato siglato il contratto

integrativo aziendale tra la cassa ed i rappresentanti sindacali dei

lavoratori, pur subordinando l'art. 31 del citato contratto la sua

efficacia al nulla osta della Banca d'Italia, le organizzazioni sin

dacali avevano manifestato in calce al contratto il loro dissenso

e che, pertanto, essendo stato il contratto approvato dall'Acri

(Associazione casse di risparmio italiane) ed avendo accertato la

Cassa di risparmio di Vigevano la sopportabilità dell'onere, non

si giustificava la persistente disapplicazione del contratto con con

seguente ritardo delle promozioni e della corresponsione di mag

giorazioni sul rimborso spese per uso dell'auto.

Instauratosi il contraddittorio, la cassa affermava la validità

dell'art. 2 r.d.l. n. 1757 e chiedeva il rigetto della domanda.

È importante precisare che l'analogo nulla osta, previsto dall'art. 3

1. 1303/38, per i contratti collettivi conclusi dagli enti pubblici economici

operanti nel settore, è stato giudicato dalla Suprema corte inammissibile

alla luce dell'art. 39 Cost., e, pertanto, tacitamente abrogato: v. Cass. 2 luglio 1958, n. 2362, id., 1959, I, 987; 31 luglio 1958, n. 2811, id.,

Rep. 1958, voce Municipalizzazione dei pubblici servizi, n. 21 e Riv. dir.

lav., 1959, II, 434, con nota di Richard, Divagazioni in tema di nulla osta ministeriale per l'applicazione di contratti collettivi agli enti pubblici economici.

II. - In dottrina, si sono registrati, di recente, una serie di interventi

che con argomentazioni diverse hanno tentato di fornire un'interpretazio ne dell'art. 2 r.d.l. 1757/37, tale da superarne le censure di incostituzio

nalità: v. Tosi, I controlli sulla contrattazione collettiva degli enti pubbli ci economici, cit., 573 ss.; Pera, Diritto del lavoro, 1984, 141; Carabel

u, Ghera, Rusciano, Contrattazione nelle casse di risparmio e nulla osta delia Banca d'Italia, in Giornale dir. lav., 1987, 771; Rusciano, L'auto nomia collettiva nel settore bancario, in Rass. economia, 1987, 190: l'au tore ritiene di poter escludere l'incompatibilità dell'art. 2 r.d.l. 1757/37

con l'art. 39 Cost., in ragione della considerazione che «il nulla osta si porrebbe come limite non tanto alla contrattazione come tale quanto piuttosto alla formazione della volontà contrattuale, interna alla parte datoriale». Ha espresso rilievi critici nei confronti di questa ricostruzione della norma, Vallebona, Il nulla osta della Banca d'Italia per i contratti collettivi delle casse di risparmio: problemi di costituzionalità, cit., 419.

(2) Relativamente al ricorso principale con il quale la Fabi e le altre

associazioni sindacali affermano l'obbligatorietà dei premi di rendimento

previsti dai ccnl, la Suprema corte ha ribadito la sua precedente giuris prudenza osservando che «il premio di operosità è un elemento retributi vo integrativo . . . concesso intuitu personae, in considerazione della per sona del lavoratore e dei suoi particolari meriti . . .», pertanto, esso co stituisce «una gratificazione facoltativa della cassa collegata ad un com

plesso di elementi di opportunità e di disponibilità, valutabili solo dal

consiglio di amministrazione». In tal senso, v. Cass. 12 aprile 1980, n. 2376, Foro it., Rep. 1981,

voce Lavoro (rapporto), n. 1307 e, indirettamente, Cass. 1° febbraio 1984, n. 781, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1333.

Sulla nozione di premio di rendimento e sulla sua distinzione rispetto ad altre forme di gratificazioni, v. Guidotti, La retribuzione, in Nuovo trattato di diritto del lavoro diretto da Riva Sanseverino e Mazzoni

1971, II, 360-363.

li Foro Italiano — 1990.

Nelle more del giudizio con atto notificato F8 luglio 1980 Ru

bini Giuseppe e gli altri 125 dipendenti della cassa di risparmio indicati in epigrafe ricorrevano al pretore perché condannasse la

cassa di risparmio al pagamento di tutte le somme risultanti do

vute a seguito della validità dei contratti integrativi aziendali per

gli impiegati e per i funzionari.

Si costituiva la cassa di risparmio che resisteva anche a questa domanda.

Il pretore, disposta la riunione delle cause, con sentenza di

chiarava abrogato l'art. 2 cit. r.d.l. n. 1757 e condannava la cas

sa al pagamento in favore dei dipendneti ricorrenti delle somme

per ciascuno indicate a titolo di premio di rendimento a decorrere

dal 15 maggio 1980.

Contro questa sentenza proponeva ricorso la cassa sostenendo

sia il persistente vigore del citato art. 2, che la validità della clau

sola contrattuale che subordina al cennato nulla osta l'efficacia

del contratto; inoltre l'impossibilità di derogare alle norme del

ccnl e l'erronea applicazione dell'art. 2077 c.c. che si riferisce

solo ai contratti individuali, l'inapplicabilità dei benefici derivan ti dal ccnl del 12 luglio 1973 oltre il termine di proroga triennale

previsto nell'art. 135, e, comunque non oltre il 22 luglio 1976

data di stipulazione del nuovo ccnl, nonché l'irrilevanza della let

tera 2 settembre 1974 del presidente della cassa perché provenien te da organo incompetente e perché i premi di rendimento pote vano essere disciplinati solo dai contratti integrativi.

Si costituivano gli appellati che chiedevano la conferma della

sentenza impugnata. Il tribunale riteneva che l'art. 2 cit. r.d.l. n. 1757 dovesse rite

nersi abrogato e che, in ordine alla subordinazione dell'efficacia

del contratto aziendale, non potesse ritenersi essere intervenuto

l'accordo tra le parti; riteneva per contro non dovuto il premio di rendimento essendo rimesso alla facoltà del datore di lavoro

e non essendo applicabile l'art. 2077 c.c., e provenendo la lettera

invocata dai dipendenti a loro favore, dal presidente della cassa,

e, pertanto, da un organo incompetente e deliberare o concedere

gratifiche. Contro questa sentenza propongono ricorso per cassazione la

Fabi e le altre associazioni sindacali, oltre ai dipendenti della cas

sa di risparmio, con quattro diversi motivi; resiste la cassa con

controricorso illustrato da memoria anche per quanto concerne

il ricorso incidentale articolato in tre mezzi di annullamento; resi

stono i ricorrenti con controricorso al ricorso incidentale.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo i ricorrenti si

dolgono per la violazione e falsa applicazione dell'art. 1363 c.c.

(art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) per aver la impugnata sentenza negato il premio di rendimento trattandosi di una facoltà discrezionale

dell'azienda anche a seguito dei contratti integrativi, in realtà i

ccnl rimettono ai contratti integrativi la determinazione della mi

sura e dei criteri obiettivi, e da ciò consegue che tra le parti non

era controverso Van debeatur, rimettendo ai contratti integrativi i casi speciali in cui il premio di rendimento spetta e compete,

qualificando detto premio come retribuzione.

Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impu

gnata per violazione dell'art. 1367 c.c. (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.),

per aver adottato un'interpretazione del contratto nel senso che

le clausole riguardanti il premio di rendimento non avrebbero

alcun significato non avendo contenuto obbligatorio. Con il terzo mezzo i ricorrenti impugnano la sentenza per vio

lazione dell'art. 1366 c.c. (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), per aver

omesso di valutare il comportamento dell'azienda successivo al

l'accordo, avendo la stessa corrisposto il premio nel rispetto dei

criteri fissati dal contratto integrativo senza alcuna discriminazio

ne o ritardo.

Con il quarto ed ultimo motivo i ricorrenti affermano che la

sentenza ha violato l'art. 1362 c.c. (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.)

per aver interpretato il contratto adottando il senso letterale sen

za procedere ad una valutazione complessiva del testo contrattua

le, tenendo anche conto del comportamento delle parti, trascu

rando di considerare il chiaro contenuto obbligatorio del contrat

to e, in particolare, del contratto integrativo. Con il primo motivo del ricorso incidentale i resistenti impu

gnano la sentenza per violazione dell'art. 2 r.d. n. 1757 del 1937

erroneamente ritenuto abrogato ed invece da ritenere tuttora vi

gente; con il secondo motivo del ricorso incidentale si censura

la sentenza per aver ritenuto il citato art. 2 r.d. n. 1757 del 1937

in contrasto con l'art. 39 Cost.; con il terzo motivo ed ultimo

mezzo del ricorso incidentale si censura la sentenza per non aver

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

considerato che indipendente dall'essere ancora in vigore il cit.

art. 2 r.d.l. n. 1757 del 1937, l'efficacia del contratto doveva

essere comunque subordinata al nulla osta della Banca d'Italia

per essere ciò previsto da apposita clausola contrattuale, indipen dentemente da ogni riserva formulata dalle parti che avevano sot

toscritto il contratto nella sua interezza.

Data la manifesta rilevanza della questione di costituzionalità

dell'art. 2 r.d.l. n. 1757 del 1937, questo Supremo collegio con

ordinanza n. 187 dell'udienza del 1° luglio 1985 depositata I'll

aprile 1986, sospendeva il giudizio e disponeva la trasmissione

degli atti alla Corte costituzionale. La corte con sentenza n. 330

del 24 marzo 1988 (Foro it., 1988, I, 1785) dichiarava l'illegitti mità costituzionale dell'art. 2 r.d.l. 12 agosto 1937 n. 1757 con

vertito nella 1. 16 giugno 1938 n. 1207.

All'esito di tale pronuncia occorre, pertanto, decidere in ordi

ne ai ricorsi anzidetti che devono essere riuniti ai sensi dell'art.

335 c.p.c. E occorre logicamente esaminare innanzi tutto il ricorso inci

dentale che è infondato nei due primi motivi alla stregua della

pronuncia della Corte costituzionale, la quale ha ribadito la pre

gressa perdurante vigenza della norma impugnata, e, peraltro, ha affermato la sua connessione con l'orientamento corporativo e conseguentemente il suo contrasto con l'art. 39 Cost., consen

tendo all'autorità amministrativa di condizionare il libero espli carsi della volontà negoziale delle parti sindacali, senza essere fi

nalizzata alla tutela di altri interessi costituzionalmente rilevante, in contrasto «stridente», perciò, con la garanzia dell'autonomia

contrattuale collettiva e della più generale libertà sindacale.

In tal senso, evidentemente, è erronea la motivazione della sen

tenza impugnata che riteneva la norma in questione tacitamente

abrogata per incompatibilità, mentre in realtà l'annullamento è

avvenuto soltanto per effetto della sentenza della Corte costitu

zionale e cosi deve correggersi per questa parte, ai sensi dell'art.

384 c.p.c. Infondato a maggior ragione appare il terzo ed ultimo motivo

del ricorso incidentale atteso che la motivazione in ordine alla

insussistenza di un accordo tra le parti per ritenere l'efficacia del

contratto subordinata al nulla osta della Banca d'Italia, contiene

un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità; ciò per tacere della circostanza che, in ogni caso, una clausola

del genere sarebbe stata contraria ad una norma interpretativa

(art. 39 Cost.) e, pertanto, affetta da nullità assoluta.

Per quanto attiene ai motivi del ricorso principale, essi, per la loro connessione, possono esaminarsi congiuntamente.

Questo Supremo collegio ha più volte affermato che il premio di operosità è un elemento retributivo integrativo che trova la

sua ragion d'essere nel rendimento del lavoratore e, più in gene

rale, nella sua produttività, sicché esso è concesso intuitu perso

nae, in considerazione della persona del lavoratore e dei suoi par ticolari meriti di laboriosità nell'organizzazione aziendale.

Pertanto, ove si accerti che le qualità di rendimento persistono nel caso di avanzamento del lavoratore ad una qualifica superio

re, è illegittimo l'assorbimento del menzionato emolumento nella

retribuzione corrispondente alla nuova qualifica, giacché, cosi ope

rando, si viene a neutralizzare la finalità che presiede alla conces

sione del premio. Ma poi, più specificamente, è stato ritenuto che gli emolumenti

corrisposti per compensare la maggiore attività dei dipendenti o

le gratifiche elargite in conseguenza di determinati avvenimenti

aziendali hanno carattere retributivo quando siano ricollegate ri

spettivamente ad una maggiore attività dei dipendenti, al rendi

mento dei medesimi ed al buon andamento dell'azienda (sent. 12 aprile 1980, n. 2360, id., Rep. 1981, voce Lavoro (rapporto), n. 1315).

Ma nel caso in esame, con un accertametno di fatto che, se

congruamente motivato, non è suscettibile di riesame in sede di

legittimità, il tribunale ha ritenuto che nei ccnl del 1976 e del

1978, rispettivamente per gli impiegati e per i funzionari delle

casse di risparmio, viene stabilito che, con identiche norme, il

personale particolarmente meritevole per rendimento e condotta,

potrà essere premiato con una speciale gratificazione o premio di rendiménto e che i criteri obiettivi e la misura di siffatto pre mio troveranno disciplina nei contratti integrativi aziendali. Co

me risulta evidente dalla lettera e dallo spirito delle norme in

esame, il premio di rendimento costituisce una facoltà della cassa

collegata ad un complesso di elementi di opportunità e di dispo

nibilità, valutabili solo dal consiglio di amministrazione.

li Foro Italiano — 1990.

La natura del premio non viene affatto mutata dai contratti

integrativi aziendali, i quali si limitano a stabilire l'entità pecu niaria della gratifica, il termine entro cui può essere erogata e

le categorie dei dipendenti che ne possano beneficiare. A tale pro

posito l'art. 13 contratto integrativo aziendale 16 dicembre 1978

(per i dipendenti) e l'art. 8 contratti integrativi aziendali, 25 mag

gio 1979 (per i funzionari) sono espliciti, in quanto dopo aver

richiamato le rispettive disposizioni dei ccnl, enunciano l'entità

del premio e i criteri in base ai quali può essere concesso, senza

nulla innovare in ordine alla natura di siffatta gratifica e alla

facoltatività della medesima. Trattandosi di mera facoltà, e non

avendo il contratto integrativo derogato ai rispettivi ccnl, il ri

chiamo dell'art. 2077 c.c. risulta fuori luogo. Si deve in realtà affermare che allorché la norma contrattuale

afferma, come nei diversi ccnl delle casse di risparmio, che i di

pendenti «potranno essere premiati» qualora si «distinguano in

particolar modo per capacità, rendimento e condotta» o abbiano

arrecato «un notevole giovamento all'istituto» o abbiano «lode

volmente disimpegnato un incarico di particolare importanza» o

siano «degni di speciale distinzione», la stessa utilizzazione di

espressioni verbali recanti la caratteristica costante della speciali

tà, della eccezionalità e della straordinarietà, è tale, salvo il con

corso di elementi contrari non dedotti nella specie, da escludere

logicamente una volontà di configurare il premio come obbliga torio erga omnes, ma sottolinea per contro la cennata caratteri

stica intrinseca di gratificazione facoltativa riservata a quelli che

il consiglio di amministrazione abbia individuato come meritevoli.

Né evidentemente la contrattazione aziendale può affermarsi

avere mutato tale caratteristica per aver soltanto individuato —

come previsto dai ccnl — la misura ed i criteri obiettivi, atteso

che l'autonomia privata ben può contenere entro limiti convenuti

tale discrezionalità facoltativa. Ed in tal senso appare del tutto

inconferente il richiamo fatto dal ricorrente alla qualificazione

«retribuzione» contenuta a questo riguardo nei contratti azienda

li, posto che, come si evince dalla lettura delle norme, la retribu

zione è invocata appunto come entità diversa dal premio al quale il medesimo deve essere ragguagliato secondo dati parametri. Ciò

vale anche per il richiamo generico al personale, posto che questo è richiamato ma per categorie negative di soggetti che sono esclu

si (es. assenti per un certo tempo) o per categorie limitative (es. che abbia superato il periodo di prova o abbia ottenuto una qua lifica minima).

Consegue a quanto esposto il rigetto di entrambi i ricorsi cosi

riuniti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 gen naio 1990, n. 324; Pres. Tropea, Est. Patroni Griffi, P.M.

Leo (conci, conf.); Guarnieri (Aw. Craia) c. Bernetti (Avv.

Focaracci). Cassa App. Ancona 28 settembre 1983.

Contratti agrari — Affitto — Mancato mantenimento delle scor

te nel fondo — Conseguenze (Cod. civ., art. 1618, 1640, 1642,

1645; d.l. 5 aprile 1945 n. 157, proroga dei contratti agrari, art. 4).

Ai fini dell'accertamento della gravità dell'inadempimento del

l'affittuario, in relazione al mantenimento delle scorte vive (be stiame bovino) nel fondo, ed in particolare all'obbligo di im

piegare nel fondo il letame del bestiame, assume rilevanza l'ac

certamento della proprietà delle scorte, e se cioè queste siano

di proprietà dell'affittuario ovvero siano rimaste di proprietà del locatore: nel primo caso, ove l'affittuario alieni il bestiame,

occorre valutare se tale alienazione abbia fatto venir meno, ai

sensi dell'art. 1618 c.c., la destinazione, da parte dell'affittua rio stesso, dei mezzi necessari per la conduzione del fondo se

condo la buona tecnica agraria; nel secondo caso, ove si riten

ga che la somma pagata dall'affittuario per il bestiame all'ini

zio del rapporto sia stata data a titolo di garanzia, costituendo

le scorte la dotazione del fondo che deve essere mantenuta per tutta la durata del rapporto (art. 1640, 1° comma, e 1642 c.c.), occorre valutare se la loro asportazione produce una mo

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