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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 26 aprile 1991, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 26 aprile 1991, n. 4593; Pres. Antoci, Est. Battaglia, P.M. Visalli (concl. diff.); Enel (Avv. Cataudella, Buffa) c. Migliaccio (Avv. Barcellona, Giuffrida). Conferma Trib. Catania 20 aprile 1988 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 1759/1760-1761/1762 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185503 . Accessed: 28/06/2014 09:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.81 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 26 aprile 1991, n. 4593; Pres. Antoci, Est. Battaglia, P.M. Visalli (concl. diff.); Enel (Avv. Cataudella,

sezione lavoro; sentenza 26 aprile 1991, n. 4593; Pres. Antoci, Est. Battaglia, P.M. Visalli (concl.diff.); Enel (Avv. Cataudella, Buffa) c. Migliaccio (Avv. Barcellona, Giuffrida). Conferma Trib.Catania 20 aprile 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1759/1760-1761/1762Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185503 .

Accessed: 28/06/2014 09:25

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1759 PARTE PRIMA 1760

senziale del complesso credito di lavoro tardivamente soddisfat

to, partecipa della natura retributiva del credito originario e

trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attività la

vorativa.

Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, com

prese quelle tributarie di cui agli art. 46, 1° comma, e 48, 1°

comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, in forza della quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da «tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo

d'imposta in dipendenza del lavoro prestato», è soggetto all'im

posta sul reddito delle persone fisiche, e quindi anche alla rite

nuta a titolo di acconto che il datore di lavoro è obbligato ad

operare, all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, 1° com

ma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600.

Questa soluzione risulta anche conforme al principio di tassa

tività delle esenzioni ed agevolazioni fiscali, giustamente richia

mato nella sentenza 717/85 sul rilievo che non è rinvenibile nel

l'ordinamento tributario alcuna disposizione che, in deroga al

regime d'imposizione dei redditi di lavoro, giustifichi l'esonero

da Irpef della componente indicizzata dalla retribuzione.

La decisione, nel senso sopra precisato, è infine rispettosa

dell'esigenza — sottolineata dalla Corte costituzionale nella sen

tenza 277/84 e ripetutamente ribadita da questa corte — di «man

tenere nella sua sostanziale integrità e proporzione il rapporto tra reddito ed imposta» (pur con l'attenuazione dell'onere fisca

le del lavoratore per effetto del sistema di tassazione separata di cui agli art. 12 e 13 d.p.r. 597/73, ove il credito originario

riguardi periodi d'imposta precedenti), al fine di evitare che il

mancato assoggettamento all'imposizione personale dell'«elemen

to rivalutativo» si risolva «in una ingiustificata ridotta tassazio

ne dell'effettivo reddito, una volta percepito dal lavoratore nel

la sua interezza» (v. Cass. 717/85, cit.). Nella fattispecie in esame il giudice di appello si è puntual

mente uniformato ai principi di diritto che le sezioni unite in

tendono conformare. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, non avendo la ricorrente dedotto argomentazioni diverse da quelle innanzi disattese.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 aprile

1991, n. 4593; Pres. Antoci, Est. Battaglia, P.M. Visaili

(conci, diff.); Enel (Avv. Cataudella, Buffa) c. Migliaccio

(Avv. Barcellona, Giuffrida). Conferma Trib. Catania 20

aprile 1988.

Energia elettrica — Cassazione civile — Ricorso — Inammissi

bilità — Estremi — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 77; d.p.r. 21 dicembre 1965 n. 1720, approvazione dello statuto dell'E

nel, art. 14).

È inammissibile il ricorso per cassazione dell'Enel proposto da

due dirigenti, muniti di generica procura del presidente, priva

perfino del conferimento del potere di stare in giudizio per l'ente. (1)

(1) Nei precisi termini della massima non si rinvengono precedenti, ma la rappresentanza processuale dell'Enel è stata più volte esaminata dalla Cassazione, con particolare riferimento alla posizione del diretto re del compartimento, cui si è costantemente riconosciuto il potere di

rappresentare l'ente in relazione agli affari di sua competenza e nel

l'ambito della circoscrizione in cui opera, anche con riguardo alla pro posizione del ricorso per cassazione (sent. 9 novembre 1984, n. 5678, Foro it., Rep. 1985, voce Energia elettrica, n. 9; adde, sent. 16 giugno 1982, n. 3652, id., Rep. 1983, voce cit., n. 4, secondo cui la costituzio ne del menzionato direttore non determina alcuna incertezza in ordine alla rappresentanza della persona giuridica). E il ripetuto potere — ha

soggiunto la corte — si estende automaticamente al vice direttore, in caso

Il Foro Italiano — 1991.

Svolgimento del processo. — Antonio Migliaccio con ricorso

del 10 ottobre 1983 al Pretore di Catania chiedeva il riconosci

mento del diritto all'inquadramento, dal 1° gennaio 1971, nella

categoria AS corrispondente alle mansioni superiori (rispetto a

quelle convenzionali della categoria Al) in concreto svolte alle

dipendenze dell'Enel, e quindi la condanna dell'ente al paga mento delle relative differenze retributive.

Il pretore, nella resistenza dell'Enel, con sentenza del 14 lu

glio 1987 riconosceva il dirito del Migliaccio all'inquadramento nella categoria AS dal 19 ottobre 1973 e alle conseguenti diffe

renze retributive.

L'appello dell'Enel era rigettato dal Tribunale di Catania con

sentenza del 20 aprile 1988.

Ricorre per cassazione con unico motivo l'Enel. Resiste con

controricorso il Migliaccio, che ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — L'esame del ricorso è precluso dal

l'inammissibilità del ricorso stesso.

Il ricorso risulta proposto dall'Enel «in persona dei suoi pro curatori e legali rappresentanti ing. Gaetano Speziale ed ing.

Giuseppe Accurso».

La qualità di «procuratori» fa intendere che gli ingegneri Spe ziale ed Accurso agiscano in base a procura loro rilasciata dal

rappresentante legale dell'ente; mentre la qualità di «rappresen tanti legali» indica queste stesse persone come non bisognose di procura alcuna per agire a nome dell'ente, essendo i loro

poteri di rapresentanza fondati direttamente sulla legge. Ma l'unica qualità fatta valere dallo Speziale e dall'Accurso

nel rilascio della procura speciale ai difensori davanti alla Corte

di cassazione è quella di «procuratori». Infatti, tale loro procu ra speciale ha questo iniziale testuale tenore: «l'Ente nazionale

per l'energia elettrica — Enel — con sede in Roma, in persona dei dirigenti ing. Gaetano Speziale e Giuseppe Accurso procura tori dell'ente, giusta procura loro rilasciata dal presidente del

l'Enel il 4 dicembre 1987 in notar Raffaello Capasso di Roma,

Rep. n. 14127, reg.ta a Roma il 9 dicembre 1987 al n. 55665, domiciliati per ragioni d'ufficio in Palermo, via Marchese di

Villabianca n. 121, presso la sede del compartimento Enel di

Palermo, costituisce e nomina suoi procuratori speciali il prof, aw. Antonio Cataudella e l'avv. Salvadore Buffa... perché con

giuntamente o separatamente, Io rappresentino e difendano nel

giudizio da proporsi avanti la Corte di cassazione...».

Dunque, gli ingegneri Speziale ed Accurso hanno proposto il ricorso per cassazione nella loro sola qualità di «procuratori»

dell'Enel, per cui non si pone il problema (sollevato dalla difesa

del controricorrente) se essi potessero (se direttore e vicediretto

di assenza o di impedimento del medesimo direttore, posto che le limi

tazioni contenute nella delibera del consiglio di amministrazione del l'ente del 7 febbraio 1964 sono state caducate a seguito dell'entrata in vigore dello statuto, approvato con d.p.r. 21 dicembre 1965 n. 1720

(sent. 28 giugno 1989, n. 3143, id., Rep. 1989, voce cit., n. 8; 24 feb braio 1986, n. 453, id., Rep. 1986, voce cit., n. 8; 13 giugno 1983, n. 4056, id., Rep. 1983, voce cit., n. 3; sez. un. 15 febbraio 1982, n. 926, id., 1982, I, 660, con nota di richiami; cui adde, Gentile, in Rass. giur. Enel, 1982, 29). Ed è appena il caso di aggiungere che le

divergenti valutazioni del rapporto tra la delibera 7 febbraio 1964 e lo statuto 21 dicembre 1965, esibite da Cass. 6 novembre 1980, n. 5958 Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 69 e da Cass. 8 luglio 1980, n. 4349, id., 1980, I, 2745, con nota di richiami, nell'ambito del contrasto com

posto dalla citata sez. un. n. 926 del 1982, non sembrano essere state definitivamente superate da quest'ultima pronuncia, se è vero che nella sua motivazione, dopo essersi esclusa la possibilità di porre «il proble ma in termini di coordinamento o di compatibilità tra le due fonti nor

mative (delibera e statuto)», si è tuttavia osservato che «a titolo di con valida dell'accolta soluzione, non può non rilevarsi che essa appare coor

dinata armonicamente anche con la disposizione della deliberazione del 7 febbraio 1964».

È singolare, ad ogni modo, che sez. I 8 luglio 1980, n. 4349 e sez. un. 15 febbraio 1982, n. 926, pur avendo risolto in modo diametral mente opposto la questione della estensibilità al vice direttore del com

partimento del potere di rappresentanza dell'Enel spettante al direttore, siano poi state concordi nel ravvisare nello statuto dell'ente la fonte esaustiva ed onnicompensiva del suo assetto, trattandosi di atto «ema nato nell'esercizio dell'autonomia organizzativa conferita all'ente» (sul

punto, R. Albano, Ente nazionale per l'energia elettrica, Enel, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, 1989, XII, 3) «con l'art. 11 d.p.r. 15 dicembre 1962 n. 1670, per cui le competenze dei vari organi e i relativi limiti non possono essere individuati al di fuori o mediante inte

grazione delle norme statutarie». [C.M. Barone]

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1761 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1762

re del compartimento di Palermo — qualità in effetti non indi

cate —) proporre ricorso per cassazione in forza dell'art. 14,

lett. /, dello statuto dell'ente (d.p.r. 21 dicembre 1965 n. 1720).

Tuttavia, nella discussione orale, la difesa del controricorren

te ha anche contestato che il presidente dell'Enel potesse nomi

nare (per l'esercizio delle sue funzioni) «procuratori» — nel senso

(proprio del termine) di cui all'art. 1392 c.c., tra l'altro con

poteri deliberativi sulla proposizione di ricorsi per cassazione

(la procura, per l'esattezza, è anteriore alla sentenza impugna

ta) —. Ed il rilievo (valutabile comunque d'ufficio, attenendo

anche alla legittimazione processuale) è fondato.

L'Enel è un ente pubblico economico, e i suoi atti, di norma,

sono «disciplinati dalle leggi di diritto privato» (art. 3, n. 11,

1. 6 dicembre 1962 n. 1643). Ma la sua organizzazione è fissata

per legge, anzitutto, nelle sue strutture essenziali (art. 2 1. 6

dicembre 1962 n. 1643 e norme della conseguente legge delegata

che è il d.p.r. 13 dicembre 1962 n. 1070); e lo statuto di cui

al cit. d.p.r. 21 dicembre 1965 n. 1720, emesso in base all'art.

11 della stessa legge delegata, disciplina poi in modo articolato

e completo i singoli organi e le rispettive attribuzioni. È appun

to l'art. 7 della legge delegata — ancor prima dello statuto —

ad attribuire solo al presidente in generale la rappresentanza

legale dell'ente, pur se all'art. 3, n. 6, abbia contestualmente

sancito che «l'organizzazione dell'ente nazionale dovrà essere

funzionalmente articolata e territorialmente decentrata». Lo stesso

statuto, anche dopo l'art. 1 d.p.r. 18 marzo 1965 n. 342 (norme

integrative della legge istitutiva dell'ente 6 dicembre 1962 n. 1643)

che ha sancito che gli organi centrali e territoriali dell'Enel e

le rispettive competenze sono stabilite dallo statuto dell'ente»,

ha ribadito in via generale (salve le deroghe dell'accennato art.

14, 1° e 2° comma, lett. /, e dell'art. 12, 4° comma, lett. e)

l'attribuzione della rappresentanza legale (art. 4, lett. a) al pre

sidente.

Ora, le norme sull'organizzazione degli enti pubblici econo

mici sono inderogabili oltre tutto perché segnano le modalità

necessarie con le quali, per la realizzazione del fine pubblico,

gli enti stessi devono operare. Com'è orientamento diffuso, l'ente

pubblico economico resta nell'ambito del diritto pubblico nel

momento iniziale organizzatorio e nel momento finale del con

trollo della gestione (salve specifiche previsioni per attività in

termedie). Da questo discende che la capacità di diritto privato dell'ente

deve svolgersi nei limiti delle norme di organizzazione, e che,

inoltre, i titolari degli organi non hanno, in via di principio,

alcun potere dispositivo sulle loro attribuzioni, neppure ai fini

del semplice esercizio, salvi ovviamente i casi di deroga espres

samente previsti o traibili dal sistema.

Lo statuto, difatti, conformemente a quanto previsto dall'art.

7 della legge delegata (il d.p.r. 15 dicembre 1962 n. 1670), con

sente al presidente solo deleghe al vice presidente ed ai singoli

consiglieri (entro determinati limiti): art. 4, lett. d, e art. 4,

2° comma. Né può giovare il richiamo all'ultima parte del già

citato art. 4, lett. e), dello statuto, sulla «facoltà di conferire

le necessarie procure», attribuite al presidente (per l'esercizio

della legale rappresentanza «dinanzi ai terzi ed a qualsiasi auto

rità amministrativa e giudiziaria»), perché le «procure» qui pre

viste sono solo quelle «necessarie», e cioè le «procure» prescrit

te perché il rappresentante legale svolga in talune sedi il suo

ufficio (come, ad esempio, la procura alle liti). Una diversa in

terpretazione urterebbe contro l'uso dell'aggettivo «necessarie»

e contro la limitata possibilità di deleghe: è vero che il delegato

agisce di solito in nome proprio, diversamente dal «procurato

re», ma il risultato dell'esercizio di poteri propri dell'organo

da parte di estranei all'organo stesso sarebbe egualmente una

deroga alla sfera esclusiva delle attribuzioni, già affermata.

Non giova neppure la previsione statutaria (art. 12, 4° com

ma, lett. h) del conferimento — da parte del direttore generale — a dirigenti e impiegati dell'ente o a terzi di «procure per

il compimento di singoli atti o categorie di atti nell'interesse

dell'ente». È una previsione per il solo direttore generale (che

ha attribuzioni diverse da quelle del presidente), la quale, poi,

per la regola generale dell'art. 77, 1° comma, c.p.c., non con

sente a quei procuratori di agire in giudizio per l'ente.

In conclusione, la legge e lo statuto, nel fissare la misura

Il Foro Italiano — 1991 — Parte 1-32.

della competenza dei singoli organi, vietano ai loro titolari im

plicitamente di conferire procure diverse da quelle previste.

Pertanto, non sono ammissibili «procure» generiche a «diri

genti», come nella specie (generiche, in quanto la mancata pro duzione della «procura» non consente altra definizione e non

permette una specifica verifica dei relativi poteri), senza per di

più la necessaria indicazione del ricordato art. 77 , 1° comma,

c.p.c. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 aprile

1991, n. 3694; Pres. Ruperto, Est. Berni Canani, P.M. Ze

ma (conci, conf.); D'Ascenzo (Aw. Berardi, Di Donato) c. Inps (Avv. Ricci, Maresca, Angelo, Cotroneo). Confer ma Trib. Larino 3 maggio 1988.

Previdenza sociale — Pensione di invalidità — Riconoscimento

giudiziale — Soppressione — Giudizio di comparazione fra

le condizioni di salute accertate con sentenza e quelle al mo

mento della revoca — Necessità — Insussistenza (R.d.l. 14

aprile 1939 n. 636, modificazioni delle disposizioni sulle assi curazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la

tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, art. 10).

A differenza della pensione di anzianità e vecchiaia il diritto alle quali sorge in conseguenza di un evento puntuale, la pen

sione di invalidità presuppone uno stato destinato a protrarsi

nel tempo e del quale non è possibile prevedere la durata;

pertanto, anche nell'ipotesi in cui la pensione di invalidità

sia stata accordata in seguito a domanda giudiziale e sulla

base di un accertamento contenuto in una sentenza passata

in giudicato, la pensione può essere soppressa ai sensi del

l'art. 10 r.d.l. n. 636 del 1939 senza che sia necessario opera re alcun raffronto fra le condizioni accertate in sentenza e

quelle attuali al fine di valutare se vi sia stato miglio

ramento. (1)

(1) Contra, da ultimo, Cass. 9 maggio 1990, n. 3820, Foro it., Mass.,

558, richiamata in motivazione, che distingue fra le ipotesi di pensione accordata in sede amministrativa e pensione accordata in seguito a sen

tenza, ammettendo solo nel primo caso la possibilità di «revoca» anche

nell'ipotesi in cui non si riscontri alcun miglioramento ma si accerti

che la prestazione era stata concessa ingiustificatamente ab origine (e nello stesso senso, v. pure Cass. 14 aprile 1987, n. 3721, id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 815; 6 febbraio 1986, n. 755, id., Rep. 1986, voce cit., n. 980; 14 giugno 1985, n. 3579, id., Rep. 1985, voce cit., n. 991).

In argomento, v. Cass. 14 novembre 1989, id., 1990, I, 3239, con

nota di richiami, che ha ritenuto non ripetibili, ai sensi del disposto dell'art. 52 I. n. 88 del 1989, le somme percepite quali ratei di pensione di invalidità revocata, evidentemente sul presupposto che la soppressio ne avesse effetto retroattivo.

Più in generale, v. Cass. 8 maggio 1990, n. 3783, ibid., 2512, con

ampia nota di richiami, nella quale si dà conto degli indirizzi giurispru denziali contrastanti in materia di soppressione di pensione di invalidi

tà, da un lato affermandosi che la soppressione presuppone la constata

zione dell'avvenuto miglioramento delle condizioni di salute del pensio nato e dall'altro che, al contrario, l'Inps può sempre, in sede di revoca,

riesaminare la sussistenza del c.d. requisito medico senza alcuna neces

sità di valutare l'intervento di miglioramento (fra le due tesi, v. Cass.

22 dicembre 1989, n. 5795, id., Rep. 1989, voce cit., n. 763, secondo

cui il giudizio comparativo deve essere fatto solo nei casi in cui si sia

riscontrato un grado di invalidità prossimo alla soglia invalidante).

* * *

La pronuncia in rassegna muove dal presupposto che nella sentenza

che accorda(va) la pensione di invalidità il giudicato si formi solo sulla

sussistenza del rapporto assicurativo e sul requisito contributivo, ma

non, evidentemente, sullo stato invalidante; in tal modo — si legge nel

la motivazione — la pronuncia accerterebbe il solo diritto al rateo di pen

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