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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 14 dicembre 1990, n....

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sezione lavoro; sentenza 14 dicembre 1990, n. 11890; Pres. ed est. Pontrandolfi, P.M. La Valva (concl. conf.); Ferrarese (Avv. Panariti, Danieli, Giacino) c. Inps (Avv. Prosperi Valenti, Sposato). Cassa Trib. Verona 2 marzo 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 3175/3176-3177/3178 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185741 . Accessed: 28/06/2014 19:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.94 on Sat, 28 Jun 2014 19:18:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 14 dicembre 1990, n. 11890; Pres. ed est. Pontrandolfi, P.M. La Valva(concl. conf.); Ferrarese (Avv. Panariti, Danieli, Giacino) c. Inps (Avv. Prosperi Valenti,Sposato). Cassa Trib. Verona 2 marzo 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 3175/3176-3177/3178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185741 .

Accessed: 28/06/2014 19:18

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3175 PARTE PRIMA 3176

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 dicem bre 1990, n. 11890; Pres. ed est. Pontrandolfi, P.M. La Valva (conci, conf.); Ferrarese (Aw. Panariti, Danieli, Gia

cino) c. Inps (Avv. Prosperi Valenti, Sposato). Cassa Trib. Verona 2 marzo 1987.

Previdenza sociale — Lavoratori autonomi — Contributi ag giuntivi aziendali — Reddito imponibile — Disciplina (D.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, adeguamento dei contributi sociali di malattia dovuti dagli artigiani, dagli esercenti delle attività

commerciali, dai coltivatori diretti e dai liberi professionisti, art. 1; 1. 26 febbraio 1982 n. 54, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, art. 2; 1. 29 febbraio 1988 n. 48, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 30 dicembre 1987 n. 536, recante fiscalizzazio ne degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel

Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'Inps, art. 6).

Il contributo aggiuntivo aziendale previsto a carico degli arti

giani e degli esercenti attività commerciali dall'art. 1, 2° com

ma, d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, deve essere applicato sul solo reddito d'impresa, relativo all'attività per la quale si ha titolo

all'iscrizione negli elenchi, con esclusione di quello derivante da attività professionale. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Ve rona in data 7 giugno 1986, Luigi Ferrarese proponeva appello avverso la sentenza del 19 marzo 1986 del Pretore del lavoro di Verona con la quale era stata rigettata la domada di accerta mento negativo dell'obbligo di versare all'Inps il contributo azien dale ex art. 1 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, calcolato sul reddito da attività professionale esercitata in forma associata nell'anno

precedente. Lamentava che la pronuncia di primo grado era incorsa in un equivoco pregiudiziale nel distinguere tra reddito

d'impresa ai fini contributivi e quello ai fini fiscali, trattandosi del medesimo elemento, ed estrapolando dal dettato normativo l'istituto non previsto di «reddito complessivo imponibile di chiarato ai fini Irpef».

Precisava che, a tenore dello stesso d.p.r. n. 597 del 1973

(art. 49), il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni — come nella specie — doveva infatti considerarsi di lavoro

autonomo, e non già reddito d'impresa, laddove, nell'impugna ta sentenza, non era stata nemmeno considerata la circostanza che anche il reddito di partecipazione va distinto a seconda che trattisi di partecipazione ad attività d'impresa ovvero ad attività artistiche o professionali, esercitate in forma associata. Sostene va che «non esiste la categoria giuridica dei redditi di partecipa zione in quanto si tratta solamente di una modalità di produ zione del reddito d'impresa in forma associata» e che, inoltre, le associazioni tra professionisti non effettuano altro che lavoro

autonomo, ed essendo equiparate alle società semplici, i relativi redditi non possono assimilarsi a quelli di imprese.

Precisato, pertanto, che lo studio di commercialisti, cui esso

appellante apparteneva, consisteva in un'associazione senza per sonalità giuridica e non già in una società in accomandita o in nome collettivo, ne derivava che il relativo reddito, non es sendo d'impresa, non avrebbe potuto venir assoggettato al con tributo aggiuntivo aziendale di cui al d.p.r. n. 538 del 1980 e al d.l. n. 791 del 1981.

Chiedeva, quindi, la riforma della sentenza pretorile.

(1) La sentenza cassata Trib. Verona 2 marzo 1987 è riportata in Foro it., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 324.

Per il periodo antededente all'entrata in vigore dall'art. 6, 27° com ma, 1. 48/88, sulla commisurazione del contributo aggiuntivo aziendale al reddito d'impresa imponibile dichiarato ai fini dell'Irpef anziché al reddito d'impresa come derivante dall'attività (di impresa) tutelata che ha dato titolo alle assicurazioni sociali obbligatorie, v. Pret. Parma, ord. 13 maggio 1986, ibid., n. 215 e la successiva ordinanza di restitu zione degli atti al giudice a quo, atteso lo ius superveniens, 21 luglio 1988, n. 866, id., Rep. 1989, voce cit., n. 283.

Per l'estensione del contributo aggiuntivo aziendale non solo all'utile dell'impresa direttamente esercitata dal singolo produttore di reddito ma anche ai collaboratori familiari dell'imprenditore, Pret. Bologna 13 gennaio 1989, ibid., n. 349 e 18 marzo 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 269.

li Foro Italiano — 1991.

Instauratosi il contraddittorio, l'Inps eccepiva che il contri

buto di cui trattasi andava invece applicato sul reddito comples sivo imponibile ai fini Irpef, ivi compreso quello derivante da attività autonoma. Faceva riferimento all'art. 31 1. n. 41 del

1986, secondo cui i lavoratori autonomi sono obbligati a versa

re, con decorrenza dal 1986, il 7,5% di tutto il loro reddito

imponibile e, rilevando che, in primo grado, il dato normativo era stato correttamente considerato, instava per il rigetto del

l'appello. Con sentenza 2 marzo 1987 il Tribunale di Verona rigettava

l'appello e confermava la gravata sentenza, compensando tra le parti le spese del grado.

Riteneva il tribunale che la tesi dell'appellante secondo cui il reddito di partecipazione ad attività professionale sarebbe già soggetto a contribuzione per la gestione professionisti e, pertan to, non potrebbe essere assoggettato anche a «contributo ag giuntivo», pena un'illegittima quanto contraddittoria duplica zione d'imposta, fosse risolutivamente resistita già del tenore letterale delle relative disposizioni normative. Infatti, il contri buto aggiuntivo in argomento è stabilito nella misura del due

per cento del reddito derivante dall'attività professionale assog gettato ai fini dell'Irpef. E non è dubbio che la base imponibile dell'Irpef sia costituita dal reddito complessivo della persona (art. 3 legge Irpef), onde il reddito professionale va a confluire nel predetto reddito complessivo.

L'art. 8 d.p.r. n. 597 del 1973 non consente deduzioni diverse allorché statuisce che il ripetuto reddito complessivo si determi na sommando i redditi netti di ogni categoria che concorre a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio, nella

specie, d'una professione. La distinzione fra il detto reddito complessivo e il reddito

d'impresa è operata unicamente dal d.p.r. n. 538 del 1980 che

prevede il contributo aggiuntivo aziendale dovuto da artigiani ed esercenti attività commerciali, laddove le associazioni di pro fessionisti risultano espressamente equiparate alle società sem

plici (art. 5, 3° comma, lett. c, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597). Sempre secondo il tribunale, la tesi dell'appellante, tra l'al

tro, sottende una contraddizione di comodo, giacché il reddito ai fini Irpef andrebbe considerato complessivo in sede di decur tabilità delle perdite e scindibile, invece, nel caso di applicazio ne del contributo aggiuntivo.

Appariva corretto, infine, il criterio interpretativo adottato

dall'Inps, in relazione all'art. 1 d.p.r. n. 538 del 1980, e con densato nel rilievo che in detta norma il legislatore ha limitato la base imponibile al solo reddito derivante dall'attività profes sionale, mentre un'analoga previsione riduttiva non è rinvenibi le nel testo normativo regolante la presente fattispecie.

Avverso la suddetta sentenza Luigi Ferrarese ha proposto ri corso per cassazione affidato a due motivi. L'Inps si è costitui to con procura speciale e il difensore ha partecipato alla discus sione. Il ricorrente ha prodotto memoria.

Motivi della decisione. — Col primo motivo del ricorso, de nunciando omessa motivazione, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., il Ferraresi deduce che il tribunale non ha fornito alcuna motivazione in ordine alla domanda proposta da esso ricorrente con riferimento al contributo di cui all'art. 2 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, convertito in 1. 26 febbraio 1982 n. 54.

Col secondo motivo, denunciando errore di diritto, in rela zione all'art. 360, n. 3, c.p.c., il ricorrente deduce che il tribu nale non ha considerato che l'art. 1, 2° comma, d.p.r. n. 538 del 1980 e l'art. 2 d.l. n. 791 del 1981 non operano alcuna distinzione fra reddito complessivo e reddito d'impresa, limi tandosi a stabilire per artigiani e commercianti l'obbligo di cor

rispondere il contributo aggiuntivo aziendale sul reddito

d'impresa.

Improprio è inoltre — per il ricorrente — il riferimento nel

l'impugnata sentenza all'art. 5 d.p.r. n. 597 del 1973, perché, se è vero che tale articolo equipara le società o associazioni costituite fra artisti e professionisti per l'esercizio in forma as sociata dell'arte o della professione di tipo diverso dalle società

semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, appunto alle società semplici, il successivo art. 6, dopo avere classificato i singoli redditi in fondiari, di capitale, di lavoro, d'impresa e diversi, precisa che solamente per le società in nome collettivo e in accomandita semplice, non quindi per le società semplici cui sono equiparate le associazioni professionali, i redditi, da

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

qualsiasi fonte provengano e quale che sia l'oggetto della socie

tà, sono considerati redditi d'impresa. I successivi art. 49 e 51 danno poi la definizione rispettiva

mente di reddito di lavoro autonomo (che comprende anche

l'esercizio in forma associata di cui alla lett. c del 3° comma dell'art. 5) e di reddito d'impresa (derivante dall'esercizio d'im

prese commerciali). V'è stata, quindi, violazione e falsa applicazione delle norme

di legge richiamate.

Aggiunge il ricorrente che, con interpretazione autentica delle

norme in questione, il d.l. 30 dicembre 1987 n. 536, all'art.

6, 21° comma, recepito nella legge finanziaria per il 1988, stabi

lisce che per reddito d'impresa di cui all'art. 1 d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538 e successive modificazioni ed integrazioni, e del

l'art. 2 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, convertito, con modifica

zioni, in 1. 26 febbraio 1982 n. 54, si intende il reddito d'impre sa relativo alle sole attività per le quali si ha titolo all'iscrizione

nei rispettivi elenchi.

Sono quindi esclusi dal contributo aggiuntivo non solo i red

diti non derivanti da esercizio d'impresa, ma anche quelli d'im

presa purché diversa da quella per cui si è ottenuta l'iscrizione

negli elenchi.

II ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiun tamente perché strettamente connessi, è fondato.

La sentenza, con motivazione non adeguata, si è basata su un elemento inconferente ai fini della decisione, quale il reddito

complessivo ai fini Irpef ovvero l'imponibile Irpef. Giova osservare che l'art. 1, 2° comma, d.p.r. 8 luglio 1980

n. 538 e l'art. 2, 2° comma, d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, con

vertito, con modificazioni, in 1. 26 febbraio 1982 n. 54, oltre

a non operare alcuna distinzione tra reddito complessivo e red

dito d'impresa, si limitano a stabilire, per artigiani e commer

cianti, un contributo aggiuntivo aziendale, pari all' 1,50% per il d.p.r. n. 538 del 1980, e del 4-4,20% per il d.l. n. 791 del

1981, del reddito d'impresa imponibile ai fini Irpef, relativo

all'anno precedente. Il caso di specie non rientra certamente in tale previsione. Infatti, l'art. 49, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597

(istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone

fisiche) definisce «reddito di lavoro autonomo quello derivante

dall'esercizio di arti e professioni, compreso l'esercizio in forme

associate di cui alla lett. c) del 3° comma dell'art. 5».

L'art. 5 (che si riferisce ai redditi prodotti in forma associa

ta), al 1 ° comma, stabilisce, in via generale, che «i redditi delle

società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o amministra

tiva o l'oggetto principale dell'attività, sono imputati a ciascun

socio indipendentemente dall'effettiva percezione, proporziona tamente alla sua quota di partecipazione agli utili», e al 3° com

ma precisa, ai fini delle imposte sul reddito, alla lettera c), che

«le società o associazioni costituite fra artisti e professionisti

per l'esercizio in forma associata dell'arte o della professione, di tipo diverso da quelli indicati nel 1 ° comma e prive di perso nalità giuridica, sono equiparate alle società semplici».

Ciò significa che l'esercizio in forma associata di arti e pro fessioni è considerato, ai fini Irpef, lavoro autonomo e che le

società o associazione nelle quali si svolge tale esercizio sono

equiparate alle società semplici, ossia a società non commerciali

o, in altri termini, a società che si reputa non abbiano per og

getto l'esercizio di attività commerciali ai sensi nell'art. 51 dello

stesso d.p.r. n. 597 del 1973; esercizio che, ai sensi del 1° com

ma di quest'ultima norma, costituisce il presupposto imprescin dibile per aversi reddito d'impresa (imponibile ai fini Irpef).

Si aggiunga che il 2° comma dell'art. 6 d.p.r. n. 597 del 1973, ai fini della «classificazione dei redditi, considera indiscrimina

tamente redditi d'impresa quelli prodotti dalle società in nome

collettivo e in accomandita semplice, e non anche quelli prodot ti dalle società semplici.

Quando, allora, il d.p.r. n. 538 del 1980 e il d.l. n. 791 del

1981 stabiliscono, a carico degli artigiani e degli esercenti attivi

tà commerciali, un contributo aggiuntivo aziendale commisura

to in misura percentuale del reddito d'impresa imponibile ai

fini dell'Irpef, evidentemente recepiscono, ai rilevati fini contri

butivi, i concetti di «esercente attività commerciale» e di «red

dito d'impresa», di cui alla normativa fiscale del d.p.r. n. 597

del 1973, concetti ai quali rimane del tutto estraneo il lavoro

autonomo (con il relativo reddito), in esso compreso quello co

Il Foro Italiano — 1991.

stituito dall'esercizio in forma associata di arti e professioni (com binato disposto dagli art. 49, 1° comma, e 5, 3° comma, lett.

e, d.p.r. n. 597). Ne deriva che l'esercizio in forma associata di arti e profes

sioni (caso di specie) non dà luogo ad imposizione del contribu to aggiuntivo aziendale in misura percentuale del reddito d'im

presa imponibile ai fini dell'Irpef, poiché non sussiste il presup posto del reddito d'impresa.

Deve aggiungersi — conformemente a quanto rilevato dal ri corrente — che, con interpretazione autentica dell'art. 1, 2° com

ma, d.p.r. n. 538 del 1980 e dell'art. 2, 2° comma, d.l. n. 791 del 1981, convertito in 1. n. 54 del 1982, l'art. 6, 27° comma, d.l. 30 dicembre 1987 n. 536, recepito nella legge finanziaria

per il 1988, stabilisce che «per reddito d'impresa di cui all'art. 1 d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538 e successive modificazioni ed inte

grazioni, e all'art. 2 d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, convertito, con modificazioni, dalla 1. 26 febbraio 1982 n. 54, si intende il reddito d'impresa relativo alla sola attività per la quale si ha titolo all'iscrizione ai rispettivi elenchi».

Sono quindi esclusi dal contributo aggiuntivo non solo i red

diti non derivanti da esercizio d'impresa (come nella specie), ma anche quelli d'impresa purché diversa da quella per cui si è ottenuta l'iscrizione negli elenchi. Per cui ogni eventuale resi duo dubbio sulla non debenza, nella fattispecie, del contributo

aggiuntivo rimarrebbe, comunque, fugato dalla suddetta norma di interpretazione autentica.

L'impugnata sentenza si è discostata dai suesposti principi, onde il ricorso dev'essere accolto e l'impugnata sentenza cassa ta con il rinvio della causa ad altro giudice d'appello, che si

designa nel Tribunale di Padova, il quale, nel procedere a nuo vo esame, si atterrà ai principi di diritto sopra esposti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 settem

bre 1990, n. 9239; Pres. Scanzano, Est. Luccioli, P.M. Don

narumma (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Coc

co) c. Bertolini. Cassa Comm. trib. centrale 14 febbraio 1985, n. 1441.

Tributi in genere — Imprese operanti in territori depressi —

Esenzione decennale — Imprese artigiane produttrici di servi

zi — Esclusione (L. 29 luglio 1957 n. 635, disposizioni inte

grative della 1. 10 agosto 1950 n. 847, per l'esecuzione di ope re straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale, art. 8; 1. 22 luglio 1966 n. 614, interventi straordi nari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e

centrale, art. 8).

Il beneficio dell'esenzione decennale da ogni tributo diretto sul

reddito, previsto a favore delle imprese artigiane aventi ad

oggetto la produzione di beni che operano nelle zone depresse dell'Italia settentrionale e centrale, non è applicabile alle im

prese artigiane che nelle stesse zone esercitino attività di pro duzione di servizi. (1).

(1) In senso conforme, v. Cass. 24 maggio 1988, n. 3608, Foro it., Rep. 1989, voce Tributi in genere, n. 680; Comm. trib. I grado Treviso 19 settembre 1988, ibid., n. 685; Cass. 3 dicembre 1987, n. 8973, id., Rep. 1987, voce cit., n. 642. Una questione di costituzionalità relativa all'art. 8 1. 614/66, sollevata in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., è stata dichiarata manifestamente inammissibile da Corte cost., ord. 22 ottobre 1987, n. 319, ibid., n. 641.

In materia di benefici sui costi delle imprese operanti in zone depres se, mentre l'art. 8 1. 614/66 limitava il beneficio delle esenzioni fiscali alle sole «nuove imprese artigiane» ed alle «nuove piccole e medie im

prese industriali aventi per oggetto produzione di beni», sul fronte degli oneri sociali non si registrava la stessa tendenza restrittiva, tanto che l'art. 18 d.l. 918/68 e le disposizioni ad esso successive hanno ricono sciuto lo sgravio contributivo alle «aziende industriali» ovvero alle im

prese industriali ed artigiane operanti nel settore manifatturiero (per riferimenti alla successione normativa in materia, v. Fornero, Fiscaliz zazione degli oneri sociali, voce del Novissimo digesto, appendice, To

rino, 1982, III, 789, nota 18). L'interpretazione di tale nozione ha dato

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