sezione lavoro; sentenza 5 luglio 1990, n. 7050; Pres. Menichino, Est. Tondo, P.M. Iannelli(concl. conf.); Mattone ed altri (Avv. Rescigno, Capobianco) c. Banco di Napoli; Fusco ed altri c.Banco di Napoli; Banco di Napoli (Avv. Persiani, Barbagallo, D'Acunto) c. Mattone ed altri;Banco di Napoli c. Fusco ed altri; Banco di Napoli c. De Luca ed altri, Bisceglio Luce ed altri(Avv. Berardi), De Giorgio ed altri; De Giorgi ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2801/2802-2805/2806Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184896 .
Accessed: 28/06/2014 19:16
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 19:16:09 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
perisca per forza maggiore, egli avrà sempre diritto all'equivalen te pecuniario del bene mediante il pagamento da parte della pub blica amministrazione di una somma pari al valore che il fondo aveva al momento dell'estinzione della proprietà per effetto della costruzione dell'opera pubblica, con la rivalutazione per l'even tuale diminuzione del potere di acquisto della moneta fino al giorno della liquidazione, ma non avrà diritto né ai frutti naturali né al mancato godimento dello stesso (cfr. 3243/79).
Se cosi non fosse, e dovesse trattarsi del risarcimento del dan
no, da un lato, il valore del bene perduto dovrebbe essere fissato con riferimento ai valori dell'attualità e non con riferimento al momento del verificarsi della fattispecie acquisitiva-estintiva, dal
l'altro, se si fosse in sede di risarcimento dei danni, l'ex-proprietario non potrebbe sfuggire alle ulteriori vicende positive o negative del bene stesso, dopo il verificarsi del fatto illecito, ma prima del risarcimento.
Come corollario dell'operata distinzione e della riaffermazione che l'acquisto da parte della pubblica amministrazione avviene
per effetto della radicale ed irreversibile trasformazione del suolo del privato, il diritto del privato al controvalore, non rientrando
nell'ambito del fatto illecito, non è soggetto alla prescrizione quin quennale prevista dall'art. 2947 c.c., ma, come qualsiasi altro diritto personale di credito, si prescrive nel termine ordinario sta bilito dall'art. 2946 c.c., in base al quale i diritti si estinguono per prescrizione nel termine di dieci anni. Uno spunto in tal sen so e già in Cass. 15 gennaio 1985, n. 75 (id., Rep. 1986, voce
cit., n. 298), che dopo aver escluso che la rivendica possa avere come petitum il controvalore della cosa, non esclude in un obiter dictum particolarmente significativo, la possibilità di mutare pro spettiva al fine di raccogliere la tesi della prescrizione decennale.
L'accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione sul
punto della sentenza impugnata. Le parti vanno rimesse innanzi alla Corte d'appello di Messina.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 5 luglio 1990, n. 7050; Pres. Menichino, Est. Tondo, P.M. Iannelli (conci,
conf.); Mattone ed altri (Aw. Rescigno, Capobianco) c. Ban co di Napoli; Fusco ed altri c. Banco di Napoli; Banco di Na
poli (Avv. Persiani, Barbagallo, D'Acunto) c. Mattone ed
altri; Banco di Napoli c. Fusco ed altri; Banco di Napoli e. De Luca ed altri, Bisceglio Luce ed altri (Avv. Berardi), De
Giorgio ed altri; De Giorgio ed altri (Aw. De Giorgio) c. Ban
co di Napoli; Achilli ed altri (Avv. Ghera, Berardi) c. Banco
di Napoli; Banco di Napoli c. Achilli ed altri. Conferma Trib. Napoli 23 aprile 1988.
Procedimento civile — Procura «ad litem» — Banco di Napoli — Presidente — Consiglio di amministrazione — Previa auto rizzazione — Necessità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 83).
Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Tratta
mento pensionistico — Normativa di perequazione automatica
delle pensioni pubbliche e private — Inapplicabilità (L. 29 aprile 1976 n. 177, collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento
di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pen sioni degli istituti di previdenza, art. 1, 2; d.l. 23 dicembre
1977 n. 942, provvedimenti in materia previdenziale, art. 1; 1. 27 febbraio 1978 n. 41, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 23 dicembre 1977 n. 942; 1. 21 dicembre 1978 n. 843, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria), art. 18). Lavoro (rapporto) — Accordi collettivi — Efficacia nei confronti
dei lavoratori collocati in quiescenza — Esclusione — Modifi
che «in peius» — Inammissibilità — Conciliazioni e transazio
ni — Validità (Cod. civ., art. 2113).
Il presidente del Banco di Napoli può stare in giudizio per l'isti
tuto stesso, rilasciando i necessari mandati ad litem, senza ne
cessità di preventiva autorizzazione del consiglio di animi
li Foro Italiano — 1990.
Astrazione, con il concerto del direttore generale (da intender
si, quest'ultimo, come atto meramente interno). (1) Il Banco di Napoli non ha alcun obbligo giuridico, anche ai sensi
dell'art. 18 legge finanziaria 21 dicembre 1978 n. 843, di con formarsi a quanto stabilito in materia di perequazione automa tica delle pensioni statali dagli art. 1 e 2 l. 29 aprile 1976 n. 177 oppure, alternativamente, a quanto stabilito per il settore
privato dall'art. 1 d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, convertito in I. 27 febbraio 1978 n. 41, da intendersi con esclusiva funzione di garanzia nel minimo del trattamento pensionistico — avente natura di retribuzione differita a fini previdenziali — spettante ai dipendenti ai sensi dell'art. 108 del regolamento del persona le del 22 gennaio 1975. (2)
Le conciliazioni e transazioni sottoscritte dai dipendenti pensio nati del Banco di Napoli, in ordine alle modificazioni introdot te al trattamento pensionistico regolato dall'art. 108 del regola mento del personale del 22 gennaio 1975, in seguito ad accordi collettivi agli stessi non opponibili perché introducenti modifi cazioni in peius di un trattamento pensionistico di fonte nego ziale, devono considerarsi valide ed efficaci, ai sensi dell'art. 2113 c.c., in quanto espressione di adesione o acquiescenza alle introdotte modificazioni di diritti patrimoniali disponibili già acquisiti. (3)
Motivi della decisione. — (Omissis). Dalla sintetica individua zione dei motivi dei vari ricorsi (che, al fine di ovviare ad inutili, inevitabili ripetizioni, devono essere, nei limiti dell'identità o del la connessione delle questioni proposte, congiuntamente esamina
ti) risulta che i temi essenziali ai fini del decidere sono i seguenti: 1) applicabilità alle pensioni del banco della perequazione auto matica di cui al d.l. n. 492 del 1977, convertito in 1. n. 41 del
1978, o, in alternativa, di quella disciplinata dalla 1. n. 177 del
1976; 2) interpretazione degli art. 89 e 111 del regolamento del
banco; 3) validità delle intervenute transazioni.
Pregiudiziale all'esame di tali questioni di merito è quello di due questioni di rito, rispettivamente sollevate dai ricorrenti Fu sco ed altri, Mattone ed altri, da un lato, e dal Banco di Napoli dall'altro.
La prima questione, relativa al difetto di legitimatio ad proces sum del presidente del Banco di Napoli alla stregua del nuovo statuto dell'ottobre 1984, è stata già da questa corte risolta con sent. n. 3653 dell'I 1 aprile 1987 (Foro it., 1989, I, 861) — cui la sentenza impugnata si è dichiaratamente rifatta — ed i ricor
renti non hanno dedotto nuovi elementi, tali da giustificare una
diversa soluzione. Si deve perciò ribadire che, a norma dell'anzi
detto statuto, l'autorizzazione a stare in giudizio non deve prove nire dall'organo collegiale deliberante del banco, e cioè dal consi
glio di amministrazione, ma al presidente, sia pure di concerto
con il direttore generale, e che, pertanto, è al presidente che spet ta l'iniziativa di agire in giudizio o di promuovere un'impugna zione, e la competenza di rilasciare a tal fine mandato ad litem a procuratori ed avvocati, mentre il previo concerto con il diret
tore generale è atto meramente interno, anche perché non sono
previsti successivi specifici atti di controllo da parte di organi tutori. (Omissis)
Passando all'esame della prima delle suindicate questioni di me
rito, giova premettere che la giurisprudenza di questa corte (v. la cit. sent. n. 3653 del 1987, resa in causa relativa alla stessa vicenda che ha dato luogo a quella in esame) ha già risolto in
senso negativo la questione circa la sussistenza, per il Banco di
Napoli, di un obbligo giuridico, derivantegli anche dall'art. 18
della legge finanziaria n. 843 del 1978, di conformarsi a quanto stabilito in materia di perequazione automatica delle pensioni statali
(1) In termini, Cass. 11 aprile 1987, n. 3653, Foro it., 1989, I, 861
(nella motivazione); per richiami in ordine al rilascio della procura ad litem da parte di ente pubblico, v. Trib. Napoli 14 giugno 1989, id., 1990, I, 1545, con nota di richiami.
(2) In termini, Cass. 11 aprile 1987, n. 3653, Foro it., 1989, I, 861, con nota di richiami, cui adde, sulla medesima problematica sorta per i dipendenti della Cassa di risparmio Vittorio Emanuele delle province siciliane, Cass. 11 ottobre 1989, n. 4066, id., 1990, I, 1610.
(3) Giurisprudenza costante sull'impossibilità, di contratto collettivo, di disporre dei diritti quesiti dei lavoratori e, in particolare, di quelli posti in quiescenza, in mancanza di specifico mandato o, comunque, del con senso degli interessati; per ogni riferimento, v. Cass. 3 febbraio 1989, n. 677, ed altre, Foro it., 1989, I, 2832, con nota di P. Bellocchi.
This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 19:16:09 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2803 PARTE PRIMA 2804
dagli art. 1 e 2 1. n. 177 del 1976, oppure, alternativamente, alle
prescrizioni dell'art. 1 d.l. n. 942 del 1977, convertito in 1. n.
41 del 1978, che ha esteso la perequazione automatica del fondo
pensioni dei lavoratori dipendenti di cui agli art. 9 e 10 1. 3 giu gno 1975 n. 160, alle «pensioni erogate dalle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutiva o integrativa dell'assicurazione generale
obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavo ratori dipendenti o che ne comportino l'esclusione o l'esonero».
Sotto il primo profilo, si deve infatti ribadire che, al rinvio
operato dall'art. 11 all. T all'art. 39 1. n. 486 del 1895 alle dispo sizioni di legge sul trattamento di quiescenza degli impiegati dello
Stato, si può ormai assegnare, in conseguenza della progressiva
privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti del banco, oltre che una funzione suppletiva ed integrativa della disciplina
regolamentare (v. Corte cost. n. 26 del 1986, id., 1987, I, 371), una funzione di garanzia del minimo: nel senso che il trattamento
pensionistico attribuito ai detti dipendenti non può essere inferio
re a quello proprio dei dipendenti statali e che, pertanto, come
non è esclusa una modificazione dello stesso trattamento in senso
più favorevole ai dipendenti da parte dell'ente pubblico economi
co, anche mediante provvedimenti unilateralmente adottati, cosi
è ammissibile, in coerenza con l'accennata privatizzazione del rap
porto, l'operatività in melius della contrattazione collettiva, nei
limiti della sua efficacia soggettiva. Siffatta portata del cit. art. 11 conduce dunque a negare che
il banco sia per tal via tenuto a conformarsi al sistema di pere
quazione automatica delle pensioni, non potendo perciò solo ri
ferirsi alle pensioni dei dipendenti del Banco di Napoli, già disci plinata in modo ancor più favorevole dall'art. 108 reg.
Quanto poi alla alternativa applicabilità dell'art. 1 1. n. 492
del 1977, convertito in 1. n. 41 del 1978, è sufficiente rilevare
che le gestioni prese in considerazione sono quelle non soltanto
dotate di autonomia rispetto ai soggetti od enti datori di lavoro, ma che anche erogano trattamenti di pensione (sostitutivi o inte
grativi o esclusivi o esonerativi dell'assicurazione generale obbli
gatoria) di natura previdenziale; mentre le pensioni direttamente
erogate dal banco, come quelle erogate dallo Stato (v., da ulti
mo, Corte cost. n. 501 del 1988, id., 1989, I, 639) integrano,
per i loro caratteri e per la loro finalità, una forma di retribuzio
ne differita a fini previdenziali, che trova fondamento nell'art.
36 Cost. (v. Corte cost. n. 124 del 1968, id., 1969, I, 7; n. 26
del 1980, id., 1980, I, 897; n. 173 del 1986, id., 1986, I, 2087) che è equiparabile all'indennità di anzianità prevista dall'art. 2120
c.c. come forma equivalente di previdenza e che è compiutamen te disciplinata dalle disposizioni regolamentari del banco (v. sent.
1351/76, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 1512;
7089/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie) n. 366; 2052/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 324; 3614/84, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 2346; 3653/87, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 2851-2853).
Giova a questo punto ricordare che la sentenza impugnata, co
me già esposto in narrativa, ha ritenuto di poter operare nel trat tamento pensionistico in esame una dicotomia, distinguendo in
esso una parte, corrispondente all'ammontare della pensione sta
tale, garantita dall'art. 11 dell'ali. T all'art. 39 1. del 1895 ed
avente natura previdenziale obbligatoria, da una parte aggiunti va, avente natura convenzionale e carattere retributivo. Tale di
stinzione, giustamente criticata (ma emendabile ai sensi dell'art.
384, 2° comma, c.p.c.), oltre ad essere artificiosa e di dubbio
fondamento legislativo, non è nemmeno necessaria ai fini cui si
è inteso adibirla, perché la nozione unitaria e globale della pen sione del banco certamente non vieta di costruire, in relazione
alla funzione garantistica del ripetuto art. 11, il limite dell'equi valenza alla pensione statale come limite per l'autonomia colletti
va, libera di disciplinare per il resto il trattamento pensionistico, avente nella sua globalità natura retributiva (non — ben si inten
de — perché ancorato all'ultima retribuzione, secondo una diver
sa accezione del termine «retributivo» ora riferibile anche alla
pensione dell'assicurazione generale obbligatoria, ma perché di
rettamente erogato dal datore di lavoro). Infondata è, ciò premesso, la questione di incostituzionalità sol
levata dal banco. Non sussiste contrasto con gli art. 35 e 38, 2° comma, Cost., perché un sistema pensionistico che per legge, e quindi obbligatoriamente, garantisce un trattamento non infe
riore alla pensione statale, non si può considerare inidoneo ad
assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita; tanto più che il
riferimento della pensione di natura retributiva all'art. 36 Cost.
Il Foro Italiano — 1990.
comporta, secondo la giurisprudenza costituzionale (v. Corte cost,
n. 501 del 1988 e n. 124 del 1968), che sia assicurata al pensiona to ed alla sua famiglia, come all'impiegato in servizio attivo, «un'e
sistenza libera e dignitosa» e che la proporzionalità (alla qualità ed alla quantità del lavoro prestato) ed adeguatezza della pensio ne devono sussistere non soltanto al momento del collocamento
a riposo, «ma vanno costantemente assicurate anche in prosie
guo, in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della mone
ta» (cosi Corte cost. n. 26 del 1980). Né sussiste contrasto con
l'art. 3 Cost., in quanto il denunciato art. 11 garantisce indub
biamente, nel modo sopra considerato, l'eguaglianza di fronte
alla legge, mentre non ha senso istituire un raffronto della situa
zione, derivante ai pensionati del banco dal concreto esercizio
dell'autonomia collettiva, con la situazione degli altri pensionati
pubblici e privati, posto che la norma invocata assicura l'egua
glianza di fronte alla legge e non di fronte al contratto.
Il secondo punto della controversia concerne — come premes so — l'interpretazione degli art. Ili e 89 del regolamento del
banco. La sentenza impugnata ha, a questo riguardo, ritenuto
insussistènte un potere dell'ente pubblico economico di modifica
re unilateralmente le condizioni del trattamento pensionistico e
di quello economico per i dipendenti in servizio (al quale il pri
mo, ex art. 108 dello stesso regolamento, risultava agganciato), ed ha assegnato alle due clausole, sia in base alla loro lettera, sia in base alla comune intenzione delle parti ed alla ratio com
plessiva dell'assetto di interessi adottato, il carattere di regole pro cedimentali dirette a determinare gli organi del banco competenti a tradurre in formali deliberazioni le modificazioni di trattamen
to stabilite dagli accordi collettivi. Contro questa interpretazione — integrante un apprezzamento di fatto riservato al giudice del
merito ed incensurabile in sede di legittimità se congniamente mo
tivato — il banco, denunciando la violazione delle regole di er
meneutica contrattuale e vizio di motivazione, ha dedotto che
il tribunale, sulla base di una visione degli elementi storici e di
una logica tutte personali e condizionate dalla presupposta con
cezione privatistica e contrattualistica del rapporto pensionistico in esame, ha sopravvalutato la circostanza che la pensione eroga ta dal banco costituirebbe una forma di retribuzione differita equi
parata all'indennità di fine rapporto, cosi svalutando l'autono
mia normativa dell'ente quale gestore ed erogatore di una «pen sione sostitutiva». Senonché, una volta esclusa la natura
previdenziale della pensione in esame (e, con essa, l'insistito ca
rattere «sostitutivo») ed affermatane, per le ragioni esposte, la
natura retributiva, l'interpretazione delle clausole, come sopra ope rata dal giudice del merito, si rivela del tutto coerente con la
disciplina complessiva del trattamento pensionistico e, in definiti
va, con lo stesso comportamento del banco, che, come si è visto,
qualificò come «atto dovuto» l'abrogazione dell'art. 108 reg. e
poi, nel 1982, addivenne, ai fini dell'adozione di un nuovo siste
ma di perequazione, ad un accordo collettivo.
Sulla base delle suesposte considerazioni il ricorso autonomo
del Banco di Napoli iscritto al n. 10817 r.g. 1988 deve essere
rigettato ed alla stessa conclusione si deve giungere per il relativo
ricorso incidentale (n. 11207 r.g. 1988) proposto da Carlo De
Giorgio, essendo la compensazione delle spese, con esso censura
ta, rimessa all'insindacabile apprezzamento del giudice del meri
to. Inammissibili, prima ancora che infondate, sono poi le censu
re contenute nel ricorso n. 8815 r.g. 1988 (proposto dai pensiona ti non addivenuti a conciliazione) e sopra elencate sotto le lettere
da ti) ad e), in quanto dirette contro statuizioni oggettivamente favorevoli ai ricorrenti, del tutto privi di interesse ad impugnarle. Se è infatti vero che l'interesse a ricorrere può sussistere, nono
stante l'esito favorevole del giudizio quale emerge dal dispositi
vo, quando la motivazione contenga una statuizione contraria agli interessi della parte vittoriosa ed idonea, quale necessario presup
posto della decisione, a formare oggetto di giudicato (v., per tut
te, sent. 3 febbraio 1965, n. 175, id., Rep. 1965, voce Cassazione
civile, n. 8), parimenti certo è che nella specie un siffatto «giudi cato implicito» è inconfigurabile e non è stato, del resto, nemme
no dedotto. Sempre con riferimento al ricorso n. 8815 r.g. 1988
non sussiste, invece, l'inammissibilità dell'impugnazione dei ri
correnti Cesario, Radici e Puzio per avere costoro già sottoscritto
il ricorso n. 7095 r.g. 1988, sopra dichiarato improcedibile. Ai sensi dell'art. 387 c.p.c. è infatti ammissibile, prima della decla ratoria di improcedibilità, la rinnovazione del ricorso viziato, e
ben potevano dunque i ricorrenti riproporre le proprie censure
con il ricorso n. 8815 r.g. 1988. Tali specifiche censure (relative
This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 19:16:09 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
al fatto di essere stati indebitamente considerati tra i pensionati addivenuti a conciliazione) sono peraltro, infondate, in quanto
integrate da contestazioni assolutamente generiche e basate su do
cumenti non precisati.
Quanto al restante merito dello stesso ricorso n. 8815 r.g. 1988, e cioè alla doglianza relativa alla prescrizione quinquennale, so
pra elencata sub f), è assorbente la dichiarazione che la nullità
opera di diritto e che la sentenza che l'accerta ha perciò natura
meramente dichiarativa, sicché i ricorrenti, a fronte dell'illegitti ma abrogazione dell'art. 108 reg., ben potevano far valere imme
diatamente i perduranti diritti da esso costituiti, con la conse
guenza che il dies a quo della prescrizione quinquennale applicata è quello del primo inesatto adempimento da parte del banco. Per
quel che concerne, poi, il carattere generale della pronuncia di
condanna e l'omessa considerazione di fatti interrottivi relativi
a singole posizioni, è sufficiente osservare che i ricorrenti aveva
no l'onere di allegare e provare i fatti medesimi, non specificati nemmeno con il presente ricorso; che deve essere dunque rigetta
to, mentre deve essere dichiarato assorbito il ricorso incidentale
condizionato del banco iscritto al n. 11412 r.g. 1988.
Venendo all'esame della terza questione (quella relativa alla va
lidità delle conciliazioni e transazioni poste in essere dalle parti) e dei ricorsi proposti dai pensionati che addivennero a tali atti, si deve premettere che è indubbio che le modificazioni convenzio
nalmente introdotte nel trattamento pensionistico del banco e di
cui alla deliberazione del 17 gennaio 1983, sarebbero state inop
ponibili ai ricorrenti, sia perché già cessati dal servizio e non più
rappresentati dalle organizzazioni firmatarie, sia perché, in con
creto, le anzidette modificazioni non erano loro state estese. Nel
la giurisprudenza di questa Suprema corte è, infatti, ormai fermo
il principio (v. sent. 11 novembre 1988, n. 6116, id., 1989, I, 2270; 3 settembre 1988, n. 5016, ibid., 2832; 22 maggio 1987, n. 4658, ibid., 2833), che, in difetto di specifico mandato o di acquiescenza e ratifica degli interessati, il contratto collettivo, che
di regola non produce effetti nei confronti dei lavoratori pensio
nati, non può disporre dei diritti soggettivi acquisiti dai lavorato
ri; e che, in particolare, le modificazioni in peius di un tratta
mento pensionistico di fonte negoziale, sono inopponibili ai lavo
ratori già cessati dal servizio ed il cui trattamento resta disciplinato
(salvo le variazioni in melius già sopra ricordate) dal regime ne
goziale vigente all'epoca del collocamento a riposo. Senonché i
ricorrenti, richiedendo l'estensione nei propri confronti della nuova
disciplina del 1982 e transigendo la lite insorta in ordine al tratta
mento applicabile nel periodo corrente dall'intervenuta abroga zione del ripetuto art. 108 del reg. all'adozione del nuovo tratta
mento, hanno chiaramente posto in essere (diversamente dai col
leghi che non hanno accettato la nuova disciplina e che, come
sopra si è visto, hanno avuto altra sorte) l'eccezione al suesposto
principio e cioè l'adesione o l'acquiescenza alle introdotte modi
ficazioni del trattamento in peius. Inconsistenti sono gli argomenti opposti in contrasto dai ri
correnti.
La tesi dell'indisponibilità ed irrinunciabilità del diritto a pen sione e della conseguente nullità della transazione, si spunta con
tro il rilievo che quella in esame è una pensione di fonte negozia le o contrattuale, assoggettata al regime sopra considerato e tale
da consentire l'accettazione da parte del pensionato di successive
modificazioni in peius del relativo trattamento. A rigore, del re
sto, la transazione non ha avuto nemmeno per oggetto l'applica zione della nuova disciplina (essendo a tal fine sufficiente la ri
chiesta di adesione, che ha preceduto anche cronologicamente la
conciliazione stragiudiziale), ma la controversia relativa all'am
montare dei ratei di pensione nel periodo sopra precisato, e quin di a diritti patrimoniali già entrati nel patrimonio dell'avente di
ritto e disponibili nei limiti segnati dall'art. 2113 c.c. Anche ad accedere infatti alla tesi della pretesa inapplicabilita degli art. 410
e 411 c.p.c. — invero contraddetta dall'efficacia retroattiva della
pronuncia di incostituzionalità, con la sola salvezza del giudicato
e dei rapporti esauriti — ciò comporterebbe, trattandosi di rinun
zia o transazione relativa a diritti derivanti pur sempre, in consi
derazione del carattere retributivo della pensione, dal rapporto
di lavoro, soltanto l'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 2113
c.c. e quindi l'annullabilità del negozio abdicativo, da far valere nel perentorio termine di sei mesi, nella specie non rispettato.
Fuor di luogo è invece il richiamo dell'ultimo comma dell'art.
2115 c.c., che stabilisce la nullità «di qualsiasi patto diretto ad
eludere gli obblighi relativi alla previdenza ed all'assistenza», trat
II Foro Italiano — 1990.
tandosi di norma chiaramente relativa alle forme di previdenza
obbligatoria, non già a quelle di fonte negoziale ed a carattere
retributivo. E per la stessa ragione risulta inapplicabile l'art. 147
disp. att. c.p.c., che testualmente si riferisce alla controversia in
materia di previdenza ed assistenza «obbligatorie». Esattamente
il giudice del merito ha infine escluso le pretese nullità della tran
sazione per indeterminatezza dell'oggetto, essendo questo quan tomeno determinabile (art. 1346 c.c.).
I ricorsi iscritti ai nn. 8816 r.g. 1988 e 1103 r.g. 1989 devono essere pertanto, rigettati; e, con essi, anche i relativi ricorsi inci
dentali del banco (11412 r.g. 1988, 2392 r.g. 1989), che hanno incondizionatamente riproposto le preliminari, già sopra disattese
questioni relative all'applicabilità della perequazione automatica
di cui alla 1. n. 177 del 1976 ed al d.l. n. 942 del 1977, convertito
in 1. n. 41 del 1978, nonché all'interpretazione degli art. Ili e
98 dsl reg. del banco.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 giugno
1990, n. 6439; Pres. Chiavelli, Est. Mollica, P.M. Marti
nelli (conci, conf.); Inail (Aw. Mancini, Napolitano, Bozzi) c. Soc. Samp; Soc. Samp (Aw. Comito) c. Inail. Conferma Trib. Bologna 1° giugno 1987.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Premio — Deter
minazione del tasso medio aziendale (D.p.r. 20 giugno 1965
n. 1124, t.u. delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art.
39, 40, 41).
Il tasso medio aziendale del triennio precedente, cui fare riferi mento per la determinazione del premio dovuto all'Inali, va
determinato includendo nel calcolo, o con ricalcolo successivo,
l'incasso delle somme recuperate dall'istituto mediante azioni
di regresso. (1)
Svolgimento del processo. — La s.p.a. meccanica di precisione
Samp, premesso che l'Inail, modificando un suo precedente prov
vedimento, aveva determinato per le lavorazioni da essa svolte
a decorrere dal 1° gennaio 1980 il premio dovuto con riferimento
al decorso andamento infortunistico aziendale per il triennio
1976-1978 nella misura del 34 per mille, operando sul tasso me
dio nazionale del 42 per mille una riduzione del 20%, senza ag
giungere, a norma del 15° par. del d.m. 14 novembre 1978, l'ul
teriore riduzione del 10%, perché aveva conteggiato nella deter
minazione del tasso specifico aziendale quanto aveva erogato per un infortunio occorso, nel 1976, ad un proprio dipendente, an
corché avesse recuperato l'indennizzo dall'autore del sinistro, adiva
il Pretore di Bologna per il riconoscimento del suo diritto alla
predetta riduzione del 10% e per il rimborso delle somme pagate e non dovute.
La domanda veniva accolta dall'adito pretore, con sentenza 20
agosto 1985, in sede di gravame, confermata dal Tribunale di
Bologna con decisione del 1° giugno 1987, sul rilievo che se il
tasso specifico aziendale è la risultante di un rapporto tra oneri
affrontati dall'istituto nel triennio antecedente l'anno di riferi
mento del premio e le mercedi, l'istituto deve contabilizzare le
somme erogate per prestazioni infortunistiche e delle quali ha ot
tenuto il rimborso.
Né ad escludere la contabilizzazione delle somme recuperate
(1) Non si rivengono precedenti in termini.
Nel senso che il datore di lavoro è obbligato a corrispondere l'aumento
del premio dal primo giorno del mese successivo a quello in cui l'Inail
gli ha comunicato la nuova misura del tasso medio di tariffa, v. Cass.
9 giugno 1988, n. 3913, Foro it., 1988, I, 2898, con nota di richiami.
Pr ulteriori riferimenti in materia di premio assicurativo contro gli in
fortuni sul lavoro, v. Cass. 25 ottobre 1989, n. 4375, id., 1990, I, 906, con nota di richiami, e Cass. 24 ottobre 1989, n. 4334, ibid., 909, con
nota di richiami. Sull'azione di regresso dell'Inail, da ultimo, cfr. Cass. 8 aprile 1989,
n. 1707, ibid., 1664, con nota di richiami.
This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 19:16:09 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions