sezione lavoro; sentenza 27 febbraio 1990, n. 1536; Pres. O. Fanelli, Est. Trezza, P.M. Simeone(concl. conf.); Allara (Avv. Pellegrini, Bagnera) c. Inail (Avv. Mancini, Graziani, Ruffini). CassaTrib. Casale Monferrato 20 ottobre 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2203/2204-2209/2210Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184793 .
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2203 PARTE PRIMA 2204
zione lavoro in altra decisione (18 giugno 1986, n. 4098, id., Rep.
1986, voce cit., n. 868) ritenendo che l'art. 18, 2° comma, d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 (norma che stabilisce che, qualora i requisiti della pensione di invalidità o di vecchiaia, pur non sussistendo
alla data della domanda dell'assicurato, risultino tuttavia posse duti prima della definizione della domanda stessa, o della deci
sione del successivo ricorso in via amministrativa, l'assicurato ha
non di meno diritto alla prestazione pensionistica, e soltanto la
data di decorrenza della stessa risulta differita al primo giorno
del mese successivo a quello in cui si sono perfezionati i requisiti
suddetti), andasse interpretato nel senso che si riferiva non sol
tanto ai requisiti dell'età e dello stato invalidante, bensì anche
al requisito contributivo, attesa l'espressione indifferenziata ed
onnicomprensiva della norma suddetta, che non consente di di
stinguere tra tale ultimo requisito (peraltro, espressamente richia
mato dal 3° comma per i lavoratori agricoli, gli artigiani e gli
esercenti attività commerciali) e gli altri.
A tale orientamento, che considera utilizzabili contribuzioni suc
cessivamente maturate, ma non oltre la definizione del procedi
mento amministrativo intervenuta con la decisione del relativo
ricorso, si è richiamato l'istituto ricorrente, rilevandone, però,
l'inapplicabilità al caso di specie, posto che, com'è pacifico in causa, il requisito contributivo è stato perfezionato dalla Cichella
dopo la chiusura dell' iter amministrativo e nel corso del procedi
mento giudiziario.
Peraltro, in contrasto con il primo prevalente orientamento
giurisprudenziale ed andando anche oltre i limiti considerati dalla
sentenza n. 4098 del 1986, la sezione lavoro di questa corte ha
affermato il diverso principio secondo cui l'art. 18 d.p.r. 27 apri
le 1968 n. 488 — nel prevedere che, qualora i requisiti per la
pensione di vecchiaia e di invalidità, pur non sussistendo alla da
ta della domanda, risultino, tuttavia, posseduti prima della defi
nizione della domanda stessa o della decisione del successivo ri
corso in via amministrativa, la pensione di vecchiaia e quella per
invalidità sono corrisposte dal primo giorno del mese successivo
a quello in cui si è perfezionato il relativo diritto — detta, per
ragioni di natura sociale cui è ispirata anche la norma dell'art.
149 (nuovo testo) disp. att. c.p.c., una particolare disciplina posi
tiva delle condizioni dell'azione, consentendo che anche il requi
sito contributivo necessario (oltre quello della prescritta riduzione
della capacità di guadagno) per il conseguimento del diritto alla
pensione di invalidità possa — ove insufficiente al momento della
presentazione della domanda in sede amministrativa — essere dal
l'assicurato utilmente acquisito, con versamenti successivi a detta
domanda, tanto nel corso del procedimento amministrativo quanto durante il successivo giudizio, salvo il conseguente differimento
della prestazione, a norma dell'art. 18 citato, al primo giorno
del mese successivo a quello in cui si è perfezionato il diritto
(Cass. 16 luglio 1985, n. 4204, id., Rep. 1985, voce cit., n. 966). Tale principio è stato ribadito dalla sezione lavoro con altra deci
sione (4 marzo 1987, n. 2298, id., Rep. 1987, voce cit., n. 923), con cui si è puntualizzato che anche il requisito contributivo è
una condizione dell'azione, onde, in quanto tale, è sufficiente
che sussista al momento della decisione del giudice. Il netto contrasto di orientamenti giurisprudenziali nell'ambito
della sezione lavoro di questa corte, come sopra delineato, ha
provocato l'intervento delle sezioni unite, le quali, componendo il contrasto, hanno confermato il più rigoroso primo indirizzo,
affermando che il requisito contributivo deve essere perfezionato all'atto della domanda amministrativa. È da rilevare che per le
sezioni unite non è condivisibile neppure l'indirizzo intermedio
che, partendo dalla considerazione che l'art. 18 d.p.r. n. 488 del
1968 non distingue tra i vari requisiti della pensione suscettibili
di perfezionamento fino alla decisione del ricorso in via ammini
strativa e, anzi, menziona, al 3° comma, il requisito contributivo
per alcune categorie di lavoratori autonomi, ammette che que st'ultimo possa essere perfezionato anche dopo la domanda am
ministrativa ma prima della definizione amministrativa del proce dimento: le sezioni unite ritengono, invece, che proprio l'espresso richiamo del 3° comma del citato art. 18 al requisito contributivo
per alcune categorie di lavoratori autonomi escluda che tale re
quisito possa essere raggiunto in data successiva a quella di pre
sentazione della domanda amministrativa per tutte le altre cate
gorie di lavoratori assicurati (Cass., sez. un., 15 ottobre 1987,
n. 7626, cit.). In sintesi, la dibattuta questione del perfezionamento o meno
del requisito contributivo anche dopo la domanda di pensione
Il Foro Italiano — 1990.
e pur nel corso del giudizio, andrebbe risolta — secondo le sezio
ni unite — nel senso che la contribuzione, costituendo il presup
posto di fatto, collegato e connesso con il rapporto di lavoro,
perché l'interessato sia «assicurato», deve sussistere prima della
data di presentazione della domanda di pensione in sede ammini
strativa.
Tanto premesso in punto di indirizzi giurisprudenziali sulla sue
sposta vexata quaestio, è da rilevare, a questo punto, che, pro
prio partendo dall'interpretazione più rigorosa della norma, qua
le diritto vivente, e ritenendo che essa, appunto, possa valere sul
piano interpretativo ma non nel giudizio di verifica della sua con
formità ai precetti costituzionali, la Corte costituzionale, interve
nendo in proposito, sul rilievo che non è ammissibile sotto il pro
filo del principio di eguaglianza un trattamento differenziale tra
gestioni speciali e gestione ordinaria dell'assicurazione obbligato
ria, giacché tutte le gestioni afferiscono pur sempre all'ordina
mento previdenziale generale, ha dichiarato, con sentenza n. 355
del 14 giugno 1989 (id., 1989, I, 2046) l'illegittimità costituziona le dell'art. 18 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, nella parte in cui esclu
de che, ai fini del conseguimento della pensione di invalidità da
parte dei lavoratori dipendenti, il requisito contributivo possa es
sere perfezionato anche posteriormente alla domanda di pensio
ne, nel corso del successivo procedimento amministrativo o giu
diziario. Alla luce dello ius superveniens, costituito dalla predetta sen
tenza della Corte costituzionale, il ricorso dell'Inps, che, pur ade
rendo alla tesi intermedia dell'utile raggiungimento del requisito
contributivo prima della definizione del ricorso amministrativo
(caso che esula dalla fattispecie), ma non in fase giudiziaria, non
può essere accolto e va, pertanto, rigettato: attesoché la sentenza
impugnata, ancorché sotto il profilo strettamente interpretativo della norma, ha comunque riconosciuto il diritto della Cichella
all'assegno ordinario di invalidità con decorrenza dal 1° ottobre
1985, primo giorno del mese successivo a quello del raggiungi mento del requisito contributivo in fase giudiziaria.
Ciò che, indipendentemente dalla motivazione assunta, si ap
palesa conforme alla norma nella veste acquisita per effetto della
dichiarazione della sua parziale illegittimità costituzionale.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 febbraio
1990, n. 1536; Pres. O. Fanelli, Est. Trezza, P.M. Simeone
(conci, conf.); Allara (Aw. Pellegrini, Bagnera) c. Inail (Aw.
Mancini, Graziani, Ruffini). Cassa Trìb. Casale Monferrato 20 ottobre 1986.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Silicosi e asbestosi — Rendita di passaggio (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u.
sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali, art. 150).
Il diritto del lavoratore colpito da silicosi o asbestosi alla rendita
di passaggio sorge quando questi abbia abbandonato la lavora
zione morbigena, al fine di sottrarsi al rischio di aggravamento della malattia, non per costrizione ma con un proprio atto di
volontà (nella specie, la Suprema corte ha escluso che il pre
pensionamento del lavoratore possa considerarsi incompatibile con i requisiti del diritto alla rendita di passaggio). (1)
li
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 gennaio
1990, n. 216; Pres. Menichino, Est. Senese, P.M. Visalli
(1) In senso conforme, v. Cass. 11 aprile 1988, n. 2857, Foro it., 1988,
I, 2148, con nota di richiami, ove è riportata anche Corte cost. 18 feb
braio 1988, n. 178, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 150, 5° comma, t.u. 1124/65, nella parte in cui non prevede che la rendita
di passaggio per abbandono di una seconda lavorazione risultata dannosa
possa essere concessa anche quando non sia stata corrisposta la rendita
a seguito dell'abbandono della prima lavorazione morbigena.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
(conci, conf.); Fall. soc. Eternit (Aw. Boverio, Loi) c. Inail. Cassa Trib. Casale Monferrato 29 maggio 1986.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Silicosi e asbestosi — Premio supplementare (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, art.
153).
Il premio supplementare a carico dei datori di lavoro che svolgo no le lavorazioni previste nell'allegato n. 8 al t.u. sugli infortu ni sul lavoro e le malattie professionali, è dovuto solo se risulti
accertato che l'effettuazione di tali lavorazioni determini in con creto una dispersione nell'ambiente di lavoro di amianto o sili ce libera in concentrazione non inferiore a quella normalmente idonea a costituire per il personale addetto il rischio effettivo, e non solo presunto, di contrarre l'asbestosi o la silicosi. (2)
I
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 22 ottobre 1984 Allara Giuseppe chiedeva al Pretore di Casale Monferrato la con danna dell'Inail alla corresponsione in suo favore della rendita di passaggio ex art. 150 d.p.r. 1124/65, con gli interessi a far data dall'abbandono del posto di lavoro, sul presupposto della sua titolarità di rendita di inabilità per asbestosi nella misura del 40% e dell'abbandono del lavoro determinato da motivi profi lattici.
L'Inail si costituiva opponendosi alla domanda ed eccependo che le dimissioni del lavoratore non erano state causate da ragio ni profilattiche, ma dalla volontà di godere del trattamento di
prepensionamento, il quale gli consentiva un trattamento di quie scenza superiore a quello effettivamente maturato.
Con sentenza del 9 luglio 1985 il pretore rigettava la domanda,
accogliendo la tesi del resistente.
Avverso tale decisione proponeva appello l'Allara con ricorso del 22 maggio 1985, rilevando che il primo giudice si era erronea mente fondato non sul motivo esplicito del recesso, ma su di una
eventuale volontà intima e successiva di esso lavoratore.
Ricostituitosi il contraddittorio, il tribunale, con sentenza del 20 ottobre 1986, rigettava il gravame sui seguenti rilievi.
L'ipotesi del prepensionamento, strumento di intervento pub blico di tipo assistenziale nel campo dell'economia e del lavoro, atto a creare, a spese dell'erario, nuovi posti di manodopera, non è stata affatto considerata dal legislatore del t.u. sulle assicura zioni contro gli infortuni sul lavoro, il quale si è limitato a statui
re che, qualora il lavoratore dimessosi percepisca nuova retribu
zione o indennità di disoccupazione, il cumulo di tali emolumenti non possa superare l'importo della retribuzione precedente.
La rendita di passaggio, pertanto, non si caratterizza come un
arricchimento del lavoratore, ma come un incentivo teso all'al lontanamento dal posto di lavoro morbigeno e ad impedire che
le difficoltà di collocazione sul mercato della manodopera conse
guenti alle dimissioni inducano il lavoratore ad aggravre il suo stato di salute protraendo l'attendimento a mansioni dannose per la sua salute. Non può, quindi, ritenersi che, purché si sia verifi
cato un abbandono volontario di una lavorazione causativa di
asbestosi, debba presumersi la motivazione profilattica dello stes
so, senza andare a verificare se sussistano altri motivi che abbia no indotto a tale contegno.
Bene, dunque, aveva motivato il pretore sul punto, evidenzian do anche come, vietando l'art. 16 1. 155/81 sul «prepensiona mento» il cumulo del trattamento di pensione con le prestazioni a carico dell'assicurazione contro la disoccupazione, la medesima
previsione poteva applicarsi alla rendita di passaggio, la quale era assimilabile alle prestazioni suddette.
Né poteva affermarsi che il pretore aveva ricercato una sorta
di motivo interno contrariamente alla volontà espressa dal lavo
ratore; egli, invero, aveva solo interpretato il suo comportamen to, richiesta di prepensionamento subito dopo le dimissioni, al
(2) In senso conforme, v. Cass. 17 gennaio 1986, n. 321, Foro it., Rep. 1986, voce Infortuni sul lavoro, n. 387; 28 marzo 1986, n. 2230, ibid., n. 385 e 15 giugno 1988, n. 4072, id., Rep. 1988, voce cit., n.
293, le quali tutte sottolineano che il rischio per il quale è dovuto il pre mio supplementare dev'essere effettivo e non presunto.
Sulla presunzione o effettività del rischio nel sistema assicurativo delle malattie professionali, da ultimo, v. Cass. 9 marzo 1990, n. 1919, id., 1990, I, 1158, con nota di richiami.
Ir Foro Italiano — 1990.
fine di valutare se fossero state o meno ragioni profilattiche a
determinare l'abbandono della lavorazione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'Allara
fondato su di un solo motivo, cui resiste con controricorso l'I
nail, il quale ha presentato anche memoria; il ricorrente ha depo sitato due note illustrative.
Motivi della decisione. — Deducendo la violazione e falsa ap
plicazione dell'art. 150 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nonché
motivazione illogica ed insufficiente (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), il ricorrente sostiene che la rendita di passaggio compete al lavo
ratore affetto da silicosi o asbestosi in tutti i casi in cui costui
abbandoni una lavorazione che può aggravare l'esistente malat
tia, a nulla rilevando il fatto che egli goda o meno del pensiona mento (normale o anticipato), dato che anche il pensionato non
perde lo stato di lavoratore, potendo ancora rioccuparsi o iscri
versi nelle liste di collocamento. Sarebbe quindi illegittima, se
condo l'Allara, la ricerca del motivo interno alla volontà che ha
indotto al recesso, indagine non richiesta dalla norma e irrilevan
te oltre che di difficile individuazione. Il tribunale avrebbe, altre
sì, errato nell'equiparare la rendita di passaggio all'indennità di
disoccupazione, spettando la prima anche al lavoratore che si sia
rioccupato ma con retribuzione inferiore a quella abbandonata; sicché non potrebbe operare l'art. 16 1. 23 aprile 1981 n. 155, sul divieto di cumulo tra pensione e indennità di disoccupazione, norma che tende solo a impedire che l'Inps paghi allo stesso sog getto sia la pensione che l'indennità di disoccupazione. Né la man
cata previsione del prepensionamento nel t.u. 30 giugno 1965 n.
1124 imporrebbe di ricavare aliunde la disciplina del concorso
tra i due istituti, giacché il prepensionamento altro non è che
la pensione per vecchiaia anticipata, pensione che come istituto
era ben nota al legislatore del 1965.
A sostegno delle esposte argomentazioni il ricorrente richiama
le decisioni di questa corte n. 1919 del 18 marzo 1983 (Foro it.,
Rep. 1983, voce Infortuni sul lavoro, n. 147) e n. 2735 del 5
maggio 1984 {id., Rep. 1984, voce cit., n. 133). Il ricorso è fondato. Va al riguardo premesso, ai fini di un
corretto inquadramento delle censure mosse all'impugnata sen
tenza, che i principi più volte enunciati da questa corte in ordine
alla ratio ed alle condizioni di applicabilità dell'art. 150 t.u. n.
1124 del 1965 sono tratti dall'interpretazione testuale della norma
che non induce alcuna perplessità in ordine alla necessità del rap
porto tra malattia e abbandono dell'attività lavorativa, disponen do infatti detta norma che la rendita di passaggio è dovuta a
favore dell'assicurato il quale abbandoni per ragioni profilattiche la lavorazione cui attendeva e nella quale ha contratto la malat
tia, perché riscontrato affetto da conseguenze dirette di asbestosi o di silicosi con invalidità permanente di qualunque grado, pur ché non superiore all'80%. Peraltro, la connessione tra cessazio ne dell'attività morbigena e malattia professionale trova la sua
ragion d'essere non solo nella lettera ma anche nella ratio della
norma, consistente nella tutela della salute del lavoratore, al qua le viene offerto un incentivo all'abbandono del lavoro anche a
costo di temporanea disoccupazione. Di qui il principio — da
ritenersi pacifico nella giurisprudenza di questa corte — che la rendita di passaggio compete quando il distacco dall'ambiente che ebbe a determinare il sorgere della malattia è volontario e sorret to da ragioni profilattiche. Opinioni divergenti sono state invece
espresse allorquando, nel contesto della situazione di fatto di vol
ta in volta esaminata, hanno assunto rilievo ulteriori eventi, an
ch'essi ricollegati alla vita lavorativa dell'interessato, idonei a for nire sul piano astratto una diversa ed autonoma spiegazione del
comportamento del lavoratore. Ciò ha reso necessario stabilire
se l'esistenza del rapporto tra malattia ed abbandono dell'attività
morbigena — la cui necessità non poteva essere posta in dubbio — fosse egualmente operante anche nel caso di concorso delle
altre circostanze o se invece potesse esserne influenzato, ed in
quale misura, nella sua efficacia causale a produrre il sorgere del beneficio.
È venuto, cioè, a porsi il problema del valore e degli effetti
da attribuire a tali circostanze in relazione all'abbandono dell'at
tività lavorativa.
La*questione è stata da varie decisioni risolta nel senso che
le ragioni profilattiche non vanno considerate come esclusive, os
sia non devono essere le sole a determinare l'abbandono, poten dovi concorrere altri fattori, come ad es. la fruizione del pensio namento anticipato (sent. n. 2735 del 5 maggio 1984, cit.; n. 4455
del 6 luglio 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 126), l'imminente
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2207 PARTE PRIMA 2208
maturazione dell'età per il pensionamento o la rioccupazione in
altro lavoro non morbigeno e perfino il conseguimento della pen sione di anzianità: ciò in base al rilievo che il presupposto per
l'applicazione della rendita di passaggio è soltanto quello dell'ab
bandono volontario dell'attività morbigena, indipendentemente da
eventi successivi che possono concorrere a provocarlo ma che non
ne rappresentano l'unica ragione d'essere (sent. n. 1919 del 18
marzo 1983, cit.; n. 2023 del 25 febbraio 1988 e n. 2626 del 29
marzo 1988, ibid., nn. 131, 130; n. 2857 dell'I 1 aprile 1988, id.,
1988, I, 2148; n. 3653 del 27 maggio 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 127). Per alcuni di essi, tuttavia (come ad es. il licenzia
mento o il collocamento a riposo per limiti di età), si rinvengono decisioni di segno diverso, sostenendosi che in detti casi viene
a mancare tra malattia e abbandono dell'attività l'indispensabile nesso costituito dalle ragioni profilattiche (cosi le sent. n. 436
del 18 gennaio 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 134; n. 3753
del 15 aprile 1987 e n. 6044 del 10 luglio 1987, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 113, 111; n. 553 del 23 gennaio 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 135).
Non sembra tuttavia ravvisabile nella pur variegata giuris
prudenza della corte l'esistenza di un vero e proprio contrasto,
giacché anche nelle pronunce inizialmente ricordate, laddove l'e
sistenza del cennato collegamento tra malattia e abbandono del
lavoro viene ritenuto insensibile all'influenza di fattori coevi o
susseguenti, non è però rinvenibile l'affermazione che ciò si veri
fica anche quando si tratti di eventi tali da escludere in radice
ed in modo inoppugnabile le ragioni profilattiche atteso l'impedi mento ad un qualsiasi ulteriore svolgimento dell'attività di lavoro
(tra questi, appunto, il pensionamento per limiti di età o per ina
bilità). Si può, dunque, affermare in sintesi che, se è vero che per
aversi diritto alla rendita di passaggio deve sussistere una connes
sione tra la malattia professionale e l'abbandono, tale connessio
ne può essere esclusa soltanto quando l'abbandono non si verifi
ca per evitare (anche) l'aggravamento della malattia, bensì (ed
esclusivamente) per altre ragioni, idonee di per sé a costituire l'u
nico fattore determinante della cessazione dell'attività lavorativa.
È sufficiente, cioè, per il sorgere del diritto che l'allontanamento
dall'ambiente morbigeno sia obiettivamente idoneo, sia pure vir
tualmente, ad evitare il rischio di aggravamento della malattia
già contratta e sia altresì', dal punto di vista psicologico, ricolle
gabile alla volontà del lavoratore. Cosicché, ove tale volontà man
chi (come nei casi di licenziamento, raggiungimento dei limiti di
età o inabilità), la spettanza del beneficio è certamente da esclu
dersi per l'insussistenza del requisito normativo delle ragioni pro filattiche. Al contrario, ove l'abbandono non sia imposto da un
fattore estraneo alla volontà dell'interessato e sia perciò astratta
mente ascrivibile alla sfera volitiva del lavoratore come motivo
unico o in concorso con altre circostanze, il beneficio non può essere di per sé escluso, spettando al giudice del merito stabilire, in dipendenza dei fatti insindacabilmente accertati, se sussista in
concreto il motivo profilattico, da solo o in concorso con altre
motivazioni; di talché, all'esito di tale indagine, il beneficio potrà essere negato solo in caso di totale difetto del cennato motivo
profilattico, non potendo l'efficacia di questo, ove esistente, es
sere influenzata, ai fini della concessione della rendita, da un cri
terio di prevalenza o meno rispetto alle altre ragioni concorrenti, valendo il principio di equivalenza e quindi di autonoma suffi
cienza di ciascuna di esse, anche di quella profilattica. Alla stregua delle osservazioni sopra svolte appaiono fondate
le censure mosse dall'Allara all'impugnata sentenza.
Ed invero il principio che il tribunale ha posto a fondamento
della decisione di escludere il diritto alla rendita di passaggio si
è sostanzialmente tradotto nell'astratta incompatibilità tra tale di
ritto e il prepensionamento, il cui verificarsi varrebbe di per sé — secondo il giudice del merito — ad escludere l'esistenza dei
motivi profilattici. Tale infatti è il senso da attribuirsi alla moti
vazione della sentenza, laddove viene condivisa l'interpretazione del primo giudice sul punto dell'incompatibilità (tratta dall'art.
16 1. n. 155 del 1981) tra prepensionamento e prestazioni a carico
dell'assicurazione contro la disoccupazione, assimilabili alla ren dita di passaggio. Il comportamento del ricorrente atto ad esclu
dere le ragioni profilattiche sarebbe stato, dunque, unicamente
quello di richiedere il prepensionamento subito dopo le dimissioni.
Appare evidente allora che in tal modo il tribunale non solo
ha interpretato l'art. 15 del cit. t.u. del 1965 in modo difforme
da quello accolto da questa corte con le surrichiamate pronunce
Il Foro Italiano — 1990.
(ed in specie con quelle n. 2023 del 25 febbraio 1988, e n. 2857
dell'11 aprile 1988), e che va qui confermato alla stregua delle
esposte considerazioni generali, incorrendo cosi nel denunciato
vizio di violazione di legge, ma ha, altresì', omesso di motivare
in ordine al concreto accertamento del motivo profilattico, ossia
di evidenziare le ragioni dell'esclusione di tale motivo dalla sfera
soggettiva del lavoratore, esclusione ravvisata unicamente in rap
porto all'imminente prepensionamento, dando cosi luogo anche
all'ulteriore vizio di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. La sentenza va, dunque, cassata e la causa rimessa ad altro
giudice, che si designa nel Tribunale di Alessandria, il quale, nel
riesaminare la controversia, si atterrà ai principi interpretativi so
pra enunciati.
II
Svolgimento del processo. — Il sig. Angelo Gnocco conveniva, dinanzi al Pretore di Casale Monferrato, l'Inail chiedendone la
condanna a corrispondergli la rendita di passaggio di cui all'art.
150 t.u. 1124/65. Esponeva di esser affetto da asbestosi contratta
prestando attività lavorativa alle dipendenze della società Eternit
in Casale Monferrato e di aver abbandonato la lavorazione per motivi profilattici. Radicatosi il contraddittorio, l'Inail contesta
va la domanda e chiedeva la chiamata in causa dell'Eternit nei
cui confronti, in via subordinata, proponeva domanda per il pa
gamento del premio supplementare di cui all'art. 153 cit. t.u. Ef
fettuata la chiamata in causa del terzo, l'Eternit si costituiva, aderendo alle tesi difensive dell'Inail nei confronti del lavoratore
e contestando la fondatezza della domanda proposta nei suoi con
fronti dal predetto istituto.
Il pretore accoglieva tanto la domanda del lavoratore nei con
fronti dell'Inail quanto la domanda di quest'ultimo nei confronti
dell'Eternit.
La decisione, impugnata dalla sola società Eternit per il capo relativo alla sua condanna al pagamento del premio supplemen
tare, era confermata dal Tribunale di Casale Monferrato con sen
tenza 14/29 maggio 1986.
Riteneva il tribunale che l'obbligo di pagamento del premio
supplementare, stabilito dall'art. 153 t.u. 1124/65, deriva dal sem
plice svolgimento di lavorazioni tabellate, tali da esporre i lavora
tori al rischio astratto di contrarre asbestosi, non essendo richie
sta anche la dimostrazione di un concreto rischio di malattia in
dipendenza della concentrazione di amianto inalabile presente nel
l'ambiente di lavoro.
Non sarebbe infatti condivisibile l'affermazione secondo cui il
sistema normativo prescinde, solo ai fini delle prestazioni di cui
agli art. 140 e 150 cit. t.u., dal rischio in concreto, che sarebbe
invece richiesto per la sussistenza dell'obbligo di corrispondere il premio supplementare. Pertanto, essendo incontestabile che le
lavorazioni svolte nello stabilimento dell'Eternit rientravano tra
quelle tabellate ai fini dell'asbestosi e quindi erano tali da esporre i lavoratori al rischio di contrarre la malattia, la società Eternit
doveva essere condannata al pagamento del premio supplementa re richiesto dall'Inail.
Avverso questa sentenza ricorre per cassazione il curatore della
(frattanto dichiarata fallita) società Eternit per un unico motivo, cui resiste l'Inail con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso, il cu
ratore del fallimento della società Eternit — denunciando viola
zione e falsa applicazione dell'art. 153 t.u. 1164/65 cosi come
modificato dall'art. 10 1. 780/75 in relazione all'art. 360, n. 3,
c.p.c. — lamenta che il tribunale non abbia tenuto conto della
modifica apportata al citato art. 153 dall'art. 101. 780/75, il quale,
collegando l'obbligo di pagamento del premio supplementare «ai
salari specifici riflettenti gli operai esposti ad inalazione di... amian
to in concentrazione tale da determinare il rischio», ha svincolato un tale obbligo dal semplice svolgimento di lavorazioni tabellate
che espongono i dipendenti al rischio, generico e presunto, di
asbestosi (e silicosi), per collegarlo invece alla sussistenza di un
pericolo concreto derivante dall'esposizione degli operai ad inala
zione di amianto (o silice) in concentrazione tale da determinare
il rischio. Diversamente opinando, infatti, prosegue la società ri
corrente, si perviene all'inaccettabile conclusione di svuotare di
qualsiasi significato la modifica dell'art. 153 t.u. 1164/65, la quale invece ha inteso innovare la precedente disciplina legislativa che,
nell'interpretazione giurisprudenziale, collegava l'obbligo di pa
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
gamento del premio supplementare al mero esercizio di lavora zioni tabellate e quindi alla medesima situazione che fondava tanto
l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere il premio normale
quanto la copertura assicurativa dei dipendenti rispetto al rischio di asbestosi (e silicosi).
Il ricorso è fondato. Questa corte, invero, con la sentenza n. 321/86 (Foro it., Rep. 1986, voce Infortuni sul lavoro, n. 387) ha già precisato che il premio supplementare, stabilito dall'art. 153 t.u. 1124/65 (cosi come modificato dall'art. 10 1. 780/75) a carico dei datori di lavoro che svolgono le lavorazioni previste nell'allegato n. 8, è dovuto soltanto se risulti accertato in concre to che, a causa dell'effettuazione delle anzidette lavorazioni ta bellate, si verifichi nell'ambiente di lavoro una dispersione di sili ce libera o di amianto in concentrazione non inferiore a quella normalmente idonea a determinare, per il personale addetto, il rischio effettivo (e non già presunto) di contrarre la silicosi o
l'asbestosi, atteso che l'art. 153 cit. — prescrivendo che il premio suddetto sia quantificato in ragione dell'incidenza percentuale dei salari specifici percepiti dagli operai esposti al rischio concreto delle malattie suddette rispetto al complesso delle retribuzioni cor
risposte a tutti gli operai dell'azienda — non si limita a stabilire il criterio di massima per la determinazione del premio supple mentare ma introduce anche, in relazione all'obbligo di corri
spondere il premio stesso, una condizione limitativa analoga a
quella cui era subordinata, vigente l'art. 143 t.u., l'applicazione dell'intera normativa sull'assicurazione contro la silicosi e l'asbe stosi. Si che, a seguito della ricordata modifica dell'art. 153 t.u., la legge viene a regolare diversamente la sfera di operatività della tutela assicurativa, fondata sulla presunzione assoluta di deriva zione causale della tecnopatia dallo svolgimento dell'attività ta
bellata, e l'obbligo del pagamento del premio supplementare, su bordinato all'accertamento dell'esistenza di un rischio effettivo nell'ambiente di lavoro.
Tali principi, ribaditi con la successiva sentenza n. 2230/86 (ibid., n. 385), ed altre ancora sino alla recente Cass. 4072/88 (id., Rep. 1988, voce cit., n. 293), sono stati disattesi dal Tribunale di Ca sale Monferrato che, nella sentenza impugnata, ha collegato l'ob
bligo di pagamento del premio supplementare al mero svolgimen to di una lavorazione tabellata, negando che condizione del sor
gere di un tale obbligo sia l'esistenza di un rischio «concreto» di asbestosi derivante dall'esposizione dei lavoratori ad inalazio ne di amianto in concentrazione tale da determinare il rischio.
Pertanto, il ricorso dev'essere accolto e l'impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio della causa al Tribunale di Alessan dria che riesaminerà l'appello della società Eternit attenendosi al
seguente principio di diritto: «Il premio supplementare di cui all'art. 153 t.u. 1124/65 (cosi
come modificato dall'art. 10 1. 780/75) è dovuto dai datori di lavori che svolgono le lavorazioni previste nell'allegato n. 8 al citato t.u. soltanto ove risulti accertato in concreto che, a causa dell'effettuazione delle anzidette lavorazioni, si verifichi nell'am biente di lavoro una dispersione di amianto (o di silice libera) in concentrazione non inferiore a quella normalmente idonea a determinare per il personale addetto il rischio effettivo (e non soltanto presunto) di contrarre asbestosi (o silicosi)».
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 febbraio
1990, n. 1530; Pres. Sanduiai, Est. Farinaro, P.M. Visaili
(conci, conf.); Lucchi (Aw. Novelli) c. Inps (Aw. Belloni, Vario, Ausenda). Cassa Trib. Modena 7 aprile 1982.
Invalidi di guerra, del lavoro e per servizio — Invalidi civili ultra
sessantacinquenni — Diritto alla pensione sociale c.d. sostituti va della pensione di inabilità civile — Limiti (L. 30 aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in ma teria di sicurezza sociale, art. 26; 1. 30 marzo 1971 n. 118, con versione in legge del d.l. 30 gennaio 1971 n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili, art. 19; 1. 18 dicembre
Il Foro Italiano — 1990.
1973 n. 854, modalità di erogazione degli assegni, delle pensio ni ed indennità di accompagnamento a favore dei sordomuti, dei ciechi civili e dei mutilati ed invalidi civili, art. 10, 11; d.l. 9 dicembre 1987 n. 495, interpretazione autentica degli art. 10 e 11 1. 18 dicembre 1973 n. 854 e dell'art. 1 1. 11 febbraio 1980 n. 18, in materia di assistenza ai sordomuti ed ai mutilati ed invalidi civili ultrasessantacinquenni, art. 1; 1. 21 marzo 1988 n. 93 conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 8 feb braio 1988 n. 25, recante norme in materia di assistenza ai sor
domuti, ai mutilati ultrasessantacinquenni, art. unico).
Gli invalidi civili già titolari di pensione di invalidità civile, ai sensi dell'art. 19 l. 30 marzo 1971 n. 118, sono ammessi al
godimento della pensione sociale dopo il compimento del ses
santacinquesimo anno di età, ferme restando le stesse condizio ni di reddito previste per la liquidazione della pensione di inva
lidità, della quale viene assicurata la continuità di erogazione sotto la forma della pensione sociale; ove, invece, il trattamen to di invalidità civile non preesiste al compimento del sessanta
cinquesimo anno di età, l'ammissione al godimento della pen sione sociale implica la sussistenza dei criteri propri di questa, ivi compresi i più onerosi limiti di reddito, rispetto a quelli propri dell'invalidità civile; tuttavia, per la sanatoria degli ef fetti del d.l. n. 495 del 1987 operata dalla l. n. 93 del 1988 di conversione, con modifiche, del d.l. n. 25 del 1988, a chi abbia presentato la domanda dopo il compimento del sessanta
cinquesimo anno di età compete la pensione sociale sostitutiva
dell'assegno di inabilità civile sulla base dei requisiti di reddito propri di tale ultima provvidenza. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1989, n. 2808; Pres. Buccarelli, Est. Micali, P.M. La Valva
(conci, conf.); Min. interno c. Dolmi (Aw. Giannetta). Cassa Trib. Brescia 25 novembre 1986.
Invalidi di guerra, del lavoro e per servizio — Invalidi civili ultra
sessantacinquenni — Diritto alla pensione sociale c.d. sostituti va della pensione di inabilità — Insussistenza (L. 30 aprile 1969 n. 153, art. 26; 1. 30 marzo 1971 n. 118, art. 19; 1. 18 dicembre 1973 n. 854, art. 10, 11; 1. 9 dicembre 1987 n. 495, art. 1; 1. 21 marzo 1988 n. 93, art. unico).
Poiché ai sensi dell'art. 111. 18 dicembre 1973 n. 854 agli inabili al lavoro al compimento del sessantacinquesimo anno di età non compete più la pensione di inabilità civile ma solo quella sociale, a maggior ragione chi ne faccia richiesta dopo il com
pimento del sessantacinquesimo anno può conseguire la sola
pensione sociale sul presupposto della sussistenza dei limiti di reddito propri di tale provvidenza. (2)
(1-3) La complessa questione degli invalidi civili ultrasessantacinqufenni (oggi ex novo regolamentata dal d.leg. 23 novembre 1988 n. 509) è af frontata per la prima volta ed antiteticamente risolta dalla Suprema corte con le due pronunce che si riportano.
Tutto ha avuto origine da un intervento in sede penale del giudice istrut tore presso il Tribunale di Rieti del 5 dicembre 1986 che ha segnato una svolta rispetto alla prassi consolidata dei comitati presso la prefettura di attribuire la pensione di inabilità (trasformata in pensione sociale a carico dell'Inps ex art. 19 1. n. 118 del 1971) anche a chi avesse presenta to la domanda dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età e sui presupposti di reddito previsti dalla disciplina della pensione di in validità civile e non su quelli previsti per la pensione sociale ordinaria; ed il problema si era posto in concreto nella giurisprudenza di merito allorché i limiti di reddito, in origine identici per l'attribuzione della pen sione sociale e di quella di inabilità civile, sono stati diversificati (art. 1 1. n. 20 del 1977 ed art. 14 septies 1. n. 33 del 1980) e notevolmente aumentati per il diritto alla seconda prestazione.
Tale scollatura (che secondo Corte cost. 7 luglio 1988, n. 769, Foro it., 1989, I, 2353, con nota di richiami, necessita di un intervento di omo
geneizzazione da parte del legislatore) ha sollecitato recenti provvedimen ti legislativi fino all'integrale riforma operata con il d.leg. n. 509 del 1988 che, apertis verbis, esclude che agli ultrasessantacinquenni invalidi
possa essere attribuita la pensione di invalidità civile. Con il d.l. n. 495 del 9 dicembre 1987 si era stabilito chiaramente che gli invalidi anche se riconosciuti tali a seguito di presentazione della domanda dopo il com pimento del sessantacinquesimo anno di età erano ammessi al godimento della pensione sociale sostitutiva; tale decreto non è stato convertito ed
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