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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 12 maggio 1990, n....

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sezione lavoro; sentenza 12 maggio 1990, n. 4079; Pres. Zappulli, Est. Alvaro, P.M. De Tommaso (concl. diff.); Crescioli (Avv. Cavallucci) c. Soc. Le Fonti (Avv. Fanfani). Cassa Trib. Firenze 19 giugno 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 1883/1884-1885/1886 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184731 . Accessed: 25/06/2014 03:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 03:47:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 12 maggio 1990, n. 4079; Pres. Zappulli, Est. Alvaro, P.M. De Tommaso (concl. diff.); Crescioli (Avv.

sezione lavoro; sentenza 12 maggio 1990, n. 4079; Pres. Zappulli, Est. Alvaro, P.M. De Tommaso(concl. diff.); Crescioli (Avv. Cavallucci) c. Soc. Le Fonti (Avv. Fanfani). Cassa Trib. Firenze 19giugno 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1883/1884-1885/1886Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184731 .

Accessed: 25/06/2014 03:47

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1883 PARTE PRIMA 1884

di Napoli — sui giudicati in ordine alle varie quote annuali, per ché tali giudicati valgono nella persistenza delle leggi e delle vo

lontà collettive contrattuali attuali e possono — come in generale — essere superati da leggi o volontà contrattuali. È la stessa leg

ge — si ribadisce — che consente i suddetti immediati accerta

menti, pur nell'eventualità di mutamento della disciplina; e que sto la legge consente anche nel caso delle anticipazioni previste dal 6° comma dell'art. 2120 c.c. nuovo testo, caso che può impli care accertamenti come quello in esame. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 maggio

1990, n. 4079; Pres. Zappulli, Est. Alvaro, P.M. De Tomma

so (conci, diff.); Crescioli (Avv. Cavallucci) c. Soc. Le Fonti

(Avv. Fanfani). Cassa Trib. Firenze 19 giugno 1986.

Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare — Recedibilità

«ad nutum» del datore di lavoro in dipendenza del livello occu

pazionale dell'impresa — Garanzie procedimentali — Applica bilità (Cod. civ., art. 2118; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme

sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà

sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme

sul collocamento, art. 7).

Al seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 427 del

1989, le garanzie procedimentali (contestazione preventiva del

l'addebito, audizione a difesa del lavoratore incolpato) — pre viste dall'art. 7, 2° e 3° comma, l. 300/70 — sono applicabili ai licenziamenti disciplinari, intimati nell'area della recedibilità

ad nutum, indipendentemente dal livello occupazionale del

l'impresa. (1)

Svolgimento del processo. — Sauro Crescioli, operaio alle di

pendenze della società Le Fonti, conveniva avanti al Pretore di

Firenze la stessa società datrice di lavoro per sentirsi dichiarare

illegittimo il licenziamento intimatogli per difetto delle formalità

prescritte dall'art. 7 1. 300/70, a nulla rilevando che l'impresa avesse meno di quindici dipendenti.

Il pretore, con sentenza 5 giugno 1985, accoglieva il ricorso

e dichiarava l'illegittimità del recesso per mancata previa conte

stazione dell'addebito e condannava il datore di lavoro al risarci

mento del danno pari alle retribuzioni non percette.

(1) La sentenza si adegua a Corte cost. 427/89, Foro it., 1989, I, 2685, con nota di M. De Luca, Licenziamenti disciplinari nelle «piccole impre se»: la Corte costituzionale estende la garanzia del contraddittorio, ma restano alcuni problemi (annotata da G. Amoroso, in Dir. lav., 1989, II, 360).

Né la sentenza in rassegna, tuttavia, né la sopravvenuta «novella» (1. 108/90) della disciplina dei licenziamenti individuali — che ha «bloccato» le operazioni referendarie per l'abrogazione parziale dell'art. 35 1. 300/70

(v. Cass., ufficio centrale per il referendum, ord. 21 maggio 1990, in

questo fascicolo, I, 1874, con nota di M. De Luca, Licenziamenti indivi duali nelle «piccole imprese»: la nuova legge «blocca» il referendum) —

risolvono i problemi lasciati aperti dalla Corte costituzionale (e segnalati da De Luca nella nota relativa).

La Cassazione, infatti, non ritiene di dovere indicare al giudice di rin vio il sistema sanzionatorio applicabile al licenziamento disciplinare inti

mato, nell'area della recedibilità ad nutum, senza l'osservanza delle pre scritte garanzie procedimentali (sul punto, v. la nota di De Luca a Corte cost. 427/89, spec. § 4).

Esula, poi, dalla nuova legge (n. 108/90) qualsiasi riferimento ai licen ziamenti disciplinari, sebbene il testo — licenziato dalla commissione la voro della camera in sede referente (nella seduta del 1° marzo 1990) —

prevedesse (art. 1, ultimo comma) la nullità e la tutela reale per i licenzia menti disciplinari — intimati in violazione del 2° e 3° comma dell'art. 7 1. 300/70 — quale che sia il numero dei lavoratori occupati.

La nuova legge, tuttavia, impone a qualsiasi datore di lavoro (art. 2, 2° comma, 1. 108/90), a pena di inefficacia, la comunicazione per iscritto del licenziamento e, a richiesta del lavoratore, anche dei motivi.

Ciò comporta l'eliminazione, in radice, del problema, attinente all'o messa motivazione del licenziamento disciplinare, intimato nell'area della recedibilità ad nutum (sul quale vedi De Luca, op. ult. cit., spec. § 2).

Il Foro Italiano — 1990.

Sull'appello della soccombente, il Tribunale di Firenze, con sen

tenza 19 giugno 1986, in totale riforma dell'impugnata decisione

del pretore, respingeva il ricorso del lavoratore licenziato assu

mendo che né la Corte costituzionale, con la nota statuizione

204/82 (Foro it., 1982, I, 2981), ha inteso privare di efficacia

l'art. 2118 c.c. ed il principio del libero recesso per le imprese che occupano meno di sedici dipendenti, né per il recesso ad nu

tum è ipotizzabile l'applicazione dell'art. 7 dello statuto dei lavo

ratori, il quale presuppone la rilevanza di una causa di legittima zione del licenziamento e pone garanzie formali perché detta cau

sa possa validamente essere spesa a sua giustificazione. Avverso detta sentenza del Tribunale di Firenze, ricorre ora

il Crescioli Sauro e con quattro mezzi ne chiede l'annullamento.

Resiste con controricorso la società Le Fonti.

Motivi della decisione. — Con i quattro motivi, il ricorrente

censura la sentenza d'appello per violazione e falsa applicazione del 1° comma dell'art. 434 c.p.c. per avere il tribunale, affer

mando che la Corte costituzionale non aveva inteso modificare

l'art. 2118 c.c., giudicato ultra petita; violazione dell'art. 7, 2°

comma, 1. 300/70 sotto il duplice profilo che, dall'errata inter

pretazione della sentenza 204/82 della Corte costituzionale, il giu dice a quo avrebbe tratto la conseguenza dell'inapplicabilità delle

formalità procedimentali ai licenziamenti disciplinari alle imprese sottodimensionate e della residua efficacia del recesso di cui al

l'art. 2118 c.c.; violazione e falsa applicazione dell'art. 12 preleg

gi poiché, di contro alla motivazione della gravata sentenza, nel

l'ermeneutica legislativa non rientra l'approfondimento dei giudi zi nei quali la questione di legittimità costituzionale è stata

sollevata.

A parte la considerazione che la qualificazione giuridica del

fatto data dal giudice costituisce l'esercizio del potere-dovere del

la giurisdizione e non ipotizza mai un difetto di ultrapetizione, tutte le doglianze possono essere trattate congiuntamente stante

la chiara interdipendenza o connessione tra le stesse che investo

no la lettura della nota sentenza della corte della legittimità costi

tuzionale 204/82 e l'assunzione della stessa come supporto moti

vazionale della gravata sentenza del tribunale.

Questa corte già con orientamento consolidato aveva avuto mo

do di ricordare che il licenziamento cui, per difetto della consi

stenza dei lavoratori occupati, sia inapplicabile la normativa delle

leggi 604/66 e 300/70, resta soggetto alla disciplina stabilita dagli art. 2118 e 2119 c.c., sicché il licenziamento in tronco, nullo per difetto di giusta causa, ove sia accertata la volontà del datore

di lavoro di recedere comunque dal rapporto, deve intendersi con

vertito in licenziamento ad nutum con diritto del lavoratore al

l'indennità sostitutiva del preavviso (Cass. 6683/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), nn. 1625, 1757; 5384/85, id., Rep. 1985, voce cit. n. 2017; 160/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2368).

Successivamente, le sezioni unite (8189/87, id., 1987, I, 3239), avevano ancora precisato, con riguardo alle imprese che si sot

traggono per le loro dimensioni (meno di sedici dipendenti alla

disciplina Imitatrice del licenziamento individuale fissata dalle leggi 604/66 e 300/70, in quanto consentito ad nutum, che lo stesso

non è soggetto, ancorché motivato da ragioni disciplinari, alle

prescrizioni dell'art. 7 dello statuto dei lavoratori in tema di san

zioni disciplinari, le quali, pertanto, restano operanti per le sole

sanzioni non espulsive. Si chiariva infatti che la soluzione della controversia non di

pende dallo stabilire se la normativa dell'art. 7 citato si applichi alle aziende con un numero minore di sedici dipendenti, ma piut tosto dalla considerazione che nelle aziende suddette, essendo il

motivo del licenziamento irrilevante agli effetti risolutori, manca

il presupposto della sua applicazione restando essa operante per le sanzioni non espulsive.

In prosieguo ancora però la Corte costituzionale con la senten

za 427/89 (id., 1989, I, 2685) ha ulteriormente affermato che l'art.

7 dello statuto, 2° e 3° comma, deve ritenersi parimenti illegitti mo nella parte in cui esclude (secondo la detta precedente inter

pretazione) la sua applicabilità anche ai licenziamenti disciplinari

irrogati nell'ambito delle imprese che occupano meno di sedici

dipendenti. Dichiara infatti la Corte costituzionale, nella parte motiva del

la sua sentenza 427/89 che, se diversamente interpretato, l'art.

7 dello statuto verrebbe a violare l'art. 3 Cost, perché le garanzie

procedimentali previste dalla norma censurata sarebbero applica te ai lavoratori delle dette aziende minori per sanzioni di minore

entità e non per la più grave sanzione espulsiva, quantunque il

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

licenziamento c.d. disciplinare, oltre a produrre la perdita del po sto di lavoro, leda la dignità professionale e personale del lavo ratore.

Principi di civiltà giuridica ed innegabili esigenze di assicurare la parità di trattamento garantita dal precetto costituzionale (art. 3) richiedono che a favore del lavoratore, colpito dalla più grave delle sanzioni disciplinari, quale è quella espulsiva, con perdita del posto di lavoro e lesione della dignità professionale e perso nale, siano assicurate le garanzie previste dall'art. 7 dello statuto dei lavoratori. Il dipendente deve infatti essere posto in grado di conoscere l'infrazione contestata, la sanzione ed i motivi, e

posto nella condizione di difendersi adeguatamente per accertare l'effettiva sussistenza dell'addebito in contraddittorio con il dato re di lavoro.

Queste ragioni (aggiunge la corte) attengono alla specie di li cenziamento ed ai motivi che lo determinano e prescindono dal numero dei dipendenti impiegati nell'impresa; sicché le garanzie di cui all'art. 7 dello statuto devono essere riconosciute anche sii lavoratori di imprese che occupino meno di sedici dipendenti.

Non vi è dubbio infatti (conclude la corte) che il licenziamento

per motivi disciplinari, senza l'osservanza delle garanzie suddette oltre ad incidere sulla sfera morale e professionale del lavoratore, crea ostacoli o addirittura impedimenti alle nuove occasioni di lavoro che il licenziato deve poi necessariamente trovare.

La dichiarata illegittimità dell'art. 7, 2° e 3° comma, sotto la nuova prospettazione che coinvolge anche le imprese con meno di sedici dipendenti, emerge, pertanto, come punto di riferimento assorbente di ogni altra questione e deve necessariamente condur re a riesaminare i motivi dell'appello avverso la sentenza del Pre tore di Firenze alla luce della detta sentenza della Corte costitu zionale.

Il ricorso dunque, per quanto attiene all'interpretazione della normativa vigente, in collisione con quella che era già l'indirizzo della giurisprudenza, trova oggi fondamento e deve essere accol to per quanto di ragione con rinvio al Tribunale di Prato che dovrà attenersi al principio di diritto predetto e che trova la sua matrice nella sentenza 427 della Corte costituzionale del 18 luglio 1989.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 aprile 1990, n. 3545; Pres. Bologna, Est. Carbone, P.M. Amatucci

E. (conci, conf.); Prefetto di Ferrara (Aw. dello Stato Onu

frio) c. Soc. Estersport (Aw. Garuti, Borghi, Ferrari). Con

ferma Pret. Ferrara 5 marzo 1984.

Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Opposizione ad

ordinanza-ingiunzione — Giudizio — Intervento di terzi — Am

missibilità — Fattispecie (L. 24 novembre 1981 n. 689, modifi che al sistema penale, art. 22, 23).

Sanità pubblica — Esposizione in negozi di capi di abbigliamento muniti di cartellini raffiguranti il marchio di un tipo di sigaret te — Divieto della pubblicità ai prodotti da fumo — Violazio ne — Insussistenza — Fattispecie (L. 10 aprile 1962 n. 165, divieto della propaganda pubblicitaria di prodotti da fumo).

Nel procedimento pretorile di opposizione al provvedimento ap

plicativo di sanzioni amministrative, è ammissibile l'intervento

da parte di terzi (nella specie, la corte ha però concluso per l'inammissibilità dell'intervento in quanto lo stesso non era stato

espletato nelle precedenti fasi del giudizio). (1) Non costituisce violazione della l. 10 aprile 1962 n. 165, che vieta

la propaganda pubblicitaria di prodotti da fumo, l'esposizione nella vetrina di un negozio di capi di abbigliamento e articoli

sportivi muniti di cartellini in cui risulta raffigurato il marchio

delle sigarette «Marlboro» con la scritta in corsivo «leisure wear

styled Andrea De Adamich». (2)

(1) La massima suona come un vero revirement della Cassazione, visto che la Suprema corte civile aveva ritenuto inammissibile, nel giudizio di

Il Foro Italiano — 1990.

Svolgimento del processo. — Il nucleo di polizia tributaria di Ferrara contestò, con verbale del 14 giugno 1983 a Roberto Schia

von, quale titolare della s.a.s. Estersport la violazione della 1. 10 aprile 1962 n. 165, per aver esposto nella vetrina del suo nego zio in Ferrara capi di abbigliamento e articoli sportivi muniti di cartellini in cui risultava raffigurato il marchio delle sigarette Mari boro con scritta in corsivo «leisure wear styled Andrea de Ada mich». Nonostante la memoria difensiva della società e l'inter

vento ad adiuvandum della s.p.a. Andrea De Adamich, il prefet to di Ferrara respinte le contestazioni, dichiarò inammissibile l'intervento ed emise l'ordinanza con la quale ingiunse alla s.a.s.

Estersport il pagamento della somma di lire 5.000.000 a titolo di sanzione amministrativa per la violazione della 1. 165/62 aven do posto in essere atti idonei a propagandare e pubblicizzare pro dotti da fumo.

Propose opposizione la soc. Estersport, accolta dal Pretore di Ferrara con sentenza del 5 marzo 1984, ora impugnata. Secondo la decisione pretorile, la s.p.a. Andrea De Adamich aveva otte nuto le prescritte necessarie autorizzazioni e concessioni per usare

opposizione ad ordinanza-ingiunzione, qualsiasi forma di intervento. Cfr. sent. 18 novembre 1988, n. 6231, Foro it., Rep. 1988, voce Sanzioni am ministrative e depenalizzazione, n. 108; 21 aprile 1988, n. 3079, ibid., n. 109; 13 maggio 1987, n. 4384, id., Rep. 1987, voce cit., n. 73; 19

gennaio 1985, n. 138, id., 1985, I, 420, con nota di richiami anche in dottrina.

(2) Pret. Ferrara 5 marzo 1984, confermata dalla sentenza riportata, è massimata in Foro it., Rep. 1985, voce Sanità pubblica, n. 179. La prefettura di Catania (provvedimento 28 febbraio 1984, ibid., n. 180) ha ritenuto che l'uso del marchio «Marlboro leisure wear» per la pubbli cità di prodotti della società De Adamich non configura nemmeno indi rettamente propaganda pubblicitaria delle sigarette Marlboro e quindi non è passibile delle sanzioni previste dal d.l. 10 gennaio 1983 n. 4. Cfr. an che Pref. Genova 3 luglio 1984, ibid., n. 181.

In motivazione, la Suprema corte richiama la propria precedente deci sione 29 luglio 1987, n. 6547, id., Rep. 1988, voce Marchio, n. 23, nella

quale era stato affermato che l'uso del marchio dei prodotti da fumo non è di per sé vietato, ma è vietata solo la propaganda pubblicitaria dei detti prodotti: con la conseguenza che, se il marchio viene adoperato per indicare i reparti della scaffalatura ove i singoli prodotti da fumo sono esposti per la vendita con il sistema del self service, non ricorre

l'ipotesi prevista e sanzionata dalla legge che vieta l'incentivazione dell'u so del tabacco. In prima istanza la controversia era stata decisa da Pret. Milano 31 gennaio 1984, id., Rep. 1985, voce Sanità pubblica, nn. 176-178.

Corte cost. 23 marzo 1983, n. 71, id., 1984, I, 36, con nota di Albeg

gianti, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimià costituzionale

degli art. 1 e 14 1. 24 dicembre 1975 n. 706, nella parte in cui non hanno escluso dalla depenalizzazione la contravvenzione prevista dall'art, unico 1. 10 aprile 1962 n. 165.

Dell'infrazione di cui si discute sono stati investiti anche i giudici am ministrativi. Tar Lazio, sez. II, 1° luglio 1981, n. 639, id., Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, n. 503, ha dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso proposto contro la diffida a non procedere ulteriormente a trasgredire il divieto di pubblicizzare prodotti da fumo, in quanto provvedimento non previsto dalla legge e quindi emanato inu tilmente. Più di recente, Tar Lazio, sez. II, 7 marzo 1988, n. 390, id., 1989, III, 154, con nota di richiami, ha riconosciuto legittimo il diniego opposto dal ministero delle finanze a società — che produce e commercia articoli di abbigliamento sportivo — a svolgere un'operazione a premio comportante, tra l'altro, la distribuzione di fazzoletti da collo con deno minazione «Kim top line», atteso che l'uso del marchio «Kim» simile nella forma e nei colori al marchio delle omonime sigarette costituisce

propaganda indiretta del prodotto da fumo perché capace di evocare que st'ultimo in modo sicuro e non equivoco.

Nel senso che la mancata osservanza della 1. 10 aprile 1962 n. 165

comporta la violazione degli art. 1 e 12 del codice di autodisciplina pub blicitaria, v. la decisione del Giuri 24 luglio 1978, id., Rep. 1979, voce

Concorrenza, n. 46 (la pronuncia, e altre analoghe, è riportata in Riv. dir. ind., 1979, II, 117, con nota di Sarno).

Per talune fattispecie nelle quali capi di abbigliamento venivano com mercializzati con il marchio di sigarette, v. App. Milano 20 maggio 1986, Foro it., Rep. 1988, voce Marchio, n. 95 e 24 febbraio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 54.

In dottrina, v. Franceschelli, Fumo e uso del marchio a fini pubblici tari, in Riv. dir. ind., 1987, II, 313; Lisi, Lo sconvolgente problema del

fumo - Ma è vietato fumare? In particolare: violazione del divieto di

pubblicità dei prodotti da fumo - Appunti e considerazioni, in Nuova

rass., 1988, 1296; Serafin, Il divieto di propaganda pubblicitaria di pro dotti da fumo tra libertà di iniziativa economica e diritto di cronaca, in Dir. e società, 1984, 479; Sandri, Divieto di pubblicità delle sigarette e diritto di pubblicità del marchio, in Riv. dir. ind., 1984, II, 228.

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