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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 30 maggio 1990, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 30 maggio 1990, n. 5050; Pres. Sandulli, Est. Ravagnani, P. M. Martone (concl. conf.); Ente Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato Lancia) c. Puccioni (Avv. Fabbri, Barletta). Conferma Trib. Firenze 31 luglio 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 2171/2172-2175/2176 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184788 . Accessed: 28/06/2014 12:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 12:23:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 30 maggio 1990, n. 5050; Pres. Sandulli, Est. Ravagnani, P. M. Martone (concl. conf.); Ente Ferrovie

sezione lavoro; sentenza 30 maggio 1990, n. 5050; Pres. Sandulli, Est. Ravagnani, P. M. Martone(concl. conf.); Ente Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato Lancia) c. Puccioni (Avv. Fabbri,Barletta). Conferma Trib. Firenze 31 luglio 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2171/2172-2175/2176Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184788 .

Accessed: 28/06/2014 12:23

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2171 PARTE PRIMA 2172

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 30 maggio 1990, n. 5050; Pres. Sanduixi, Est. Ravagnani, P. M. Mar

tone (conci, conf.); Ente Ferrovie dello Stato (Aw. dello Stato

Lancia) c. Puccioni (Aw. Fabbri, Barletta). Conferma Trib.

Firenze 31 luglio 1987.

Ferrovie, tramvie e filovie — Dipendenti dell'ente Ferrovie dello

Stato — Regime transitorio — Dispensa dal servizio per persi stente insufficiente rendimento (L. 26 marzo 1958 n. 425; stato

giuridico del personale delle Ferrovie dello Stato, art. 162; 1.

6 febbraio 1979 n. 42, nuove norme su inquadramento, ordina

mento organico, stato giuridico e trattamento economico del

personale dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, art.

9; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà

e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività

sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art.

18; 1. 17 maggio 1985 n. 210, istituzione dell'ente Ferrovie del

lo Stato, art. 14, 21).

Nella fase transitoria che va dall'entrata in vigore della I. n. 210

del 1985 fino alla stipulazione del primo contratto collettivo, il rapporto di lavoro dei dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato è disciplinato dalla precedente normativa di fonte legale, che

prevale — per il suo carattere di specialità — sulla normativa

generale, anche inderogabile, dettata per il rapporto di lavoro di natura privatistica; pertanto, trova applicazione la disciplina

speciale della dispensa per persistente insufficiente rendimento del dipendente (ex art. 162 l. 425/58) e non già la normativa

legale limitativa dei licenziamenti individuali (ex art. 18 l.

300/70), ancorché la tutela desumibile dalla prima non sia dis

simile da quella approntata dalla seconda. (1) Nel regime transitorio del rapporto di lavoro dei dipendenti del

l'ente Ferrovie dello Stato la dispensa dal servizio per persi stente insufficiente rendimento, prevista dall'art. 162 l. n. 425

del 1958, come modificato per effetto dell'art. 9 l. n. 42 del

1979, non consegue automaticamente per il solo rispetto da parte dell'ente della procedura della previa doppia ammonizione (di cui al d.m. n. 2537 del 1979), ma è necessario che — nel giudi zio avente ad oggetto la legittimità della dispensa — l'ente me desimo alleghi e provi i fatti specifici che mostrino l'insuffi ciente rendimento contestato. (2)

(1-2) Con la sentenza in rassegna la Corte di cassazione ritorna sulla dibattuta questione del regime transitorio applicabile al rapporto di lavo ro dei dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato nel periodo dall'entrata in vigore della 1. n. 210 del 1985, istitutiva del nuovo ente, fino al primo contratto collettivo; la soluzione accolta è conforme a Cass. 3 maggio 1989, n. 2050, che ha costituito il primo intervento sul tema (Foro it., 1989, I, 1786, con nota di richiami, cui si rinvia per la ricognizione della

giurisprudenza di merito; adde, successivamente, in senso conforme, Cass. 18 giugno 1990, n. 6112, id., Mass., e, per la giurisprudenza di merito, in senso contrario, Trib. Roma 8 febbraio 1989, e Pret. Milano 23 giugno 1989, id., 1989, I, 2601).

Ancorché il profilo specifico esaminato dalla Suprema corte nelle due pronunce sia diverso (in quest'ultima è stata affermata l'inapplicabilità dell'art. 13 statuto lavoratori fino alla stipulazione del primo contratto collettivo; in quella in rassegna è stata ritenuta l'inapplicabilità dell'art. 18 statuto lavoratori fino allo stesso momento), le ragioni della soluzione accolta sono analoghe, anche perché la questione esegetica dell'identifica zione del regime transitorio non riguarda questo o quell'istituto, ma è di carattere generale. In entrambe le ipotesi la Suprema corte si è dovuta confrontare con lo stesso problema di fondo che ruota essenzialmente intorno all'interpretazione degli art. 14, 1° comma, e 21 1. n. 210, cit.

Tra le tre opzioni esegetiche possibili (immediata abrogazione di tutta la precedente disciplina come conseguenza dell'immediata trasformazione del rapporto di pubblico impiego in rapporto di natura privatistica; ovve ro abrogazione della stessa limitatamente alla disciplina non contrastante con quella inderogabile dettata dal codice civile, come previsto dall'art. 14, 1° comma, per la normativa speciale prevista per il settore dell'«orga nizzazione» intesa, in tal caso, come comprensiva della normativa in ma teria di lavoro; transitoria perdurante vigenza di tutta la disciplina prece dente fino alla stipulazione del primo contratto collettivo cui è demanda ta la disciplina del rapporto ex art. 21 cit.) la Suprema corte è quindi decisamente orientata in favore della terza soluzione, escludendosi in par ticolare con un'articolata motivazione, ricognitiva delle varie argomenta zioni desumibili dalla lettera e dalla ratio dell'art. 14, che nel termine «organizzazione» possa rientrare anche la disciplina del rapporto di lavo ro. La conseguenza è che la saldatura tra la speciale disciplina legale di pubblico impiego dettata per i dipendenti dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato (prima della 1. 210/85) e la disciplina collettiva previ sta dal ccnl 23 gennaio 1988 (con decorrenza 5 febbraio 1988) per i dipen

II Foro Italiano — 1990.

Motivi della decisione. - Con il primo motivo, il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli art. 14 e 21 1.

17 maggio 1985 n. 210 e delle norme inderogabili dettate per il

rapporto di lavoro privato, nonché difetto di motivazione, assu

me con varie argomentazioni che, contrariamente a quanto affer

mato dai giudici del merito, il rapporto di lavoro del personale ferroviario sia regolato, fino alla stipulazione dei contratti collet tivi da detta legge previsti, esclusivamente dalla disciplina dettata

in precedenza per il rapporto di servizio dei dipendenti dell'azien

da autonoma delle Ferrovie dello Stato.

Con il quarto motivo, che per connessione è opportuno esami

nare congiuntamente al primo, l'ente, deducendo violazione e falsa

applicazione degli art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604 e 18 1. 20 maggio 1970 n. 300 e della normativa anteriore alla 1. n. 210 del 1985,

per erronea interpretazione degli art. 14 e 21 della medesima e

denti dell'ente Ferrovie dello Stato si realizza con la transitoria perma nente vigenza della prima, da intendersi come disciplina speciale derogati va di quella legale di carattere generale dettata per il rapporto di lavoro di diritto privato (sulla cui ammissibilità, in riferimento al contiguo rap porto degli autoferrotramvieri, v., da ultimo, Corte cost. 27 aprile 1988, n. 500, id., Rep. 1988, voce Ferrovie e tramvie, n. 134).

Si determina in tal modo un assetto del regime transitorio non dissimile da quello previsto dalla 1. 29 marzo 1983 n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego) che, nel demandare agli accordi sindacali la disciplina di alcuni

aspetti del rapporto (art. 2), aveva previsto (all'art. 29, 3° comma) che le precedenti norme legislative o regolamentari relative a tali materie ri manessero transitoriamente in vigore fino all'emanazione della nuova di

sciplina di fonte negoziata (al fine di evitare un vuoto normativo che

parimenti si determinerebbe nel caso del rapporto di lavoro dei dipenden ti dell'ente Ferrovie dello Stato se si ritenesse immediatamente abrogata la precedente disciplina con l'entrata in vigore della 1. 210/85).

In entrambe le ipotesi l'effetto abrogativo della precedente normativa discende sempre da un precetto di una norma primaria nel rispetto del

regime della gerarchia delle fonti, precetto che è formulato in termini

espressi nella 1. 93/83 e che può desumersi in via interpretativa dalla 1. 210/85 (in generale, v. anche R. Foglia, Appunti sulle fonti del rapporto di lavoro del personale dell'ente Ferrovie dello Stato, in Dir. lav., 1987, I, 9).

In dottrina, il problema dell'identificazione del regime transitorio è sta to dibattuto soprattutto in relazione all'applicabilità dell'art. 13 statuto

lavoratori, e non già dell'art. 18 statuto lavoratori, perché la precedente disciplina legale non conosceva alcun analogo automatismo di progressio ne alla qualifica superiore in ragione dell'espletamento di fatto delle rela tive mansioni, mentre approntava non di meno una tutela del posto di lavoro non dissimile da quella reale, talché nel primo caso, piuttosto che nel secondo, sono maggiormente evidenti le conseguenze pratiche della diversa opzione esegetica.

Sono favorevoli alla (transitoria) inapplicabilità dell'art. 13 statuto la voratori: C. Peyron, La nuova disciplina sostanziale del rapporto di la voro dei dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato, in Dir. lav., 1987, I, 25; Id., Il rapporto di lavoro del personale dell'ente Ferrovie dello Stato secondo la I. 210/85, in Foro it., 1986, V, 157; G. Amoroso, in Amoroso

Foglia-Martone-Piccinino, Il rapporto di lavoro dei dipendenti dell'en te Ferrovie dello Stato, 1988, 37 ss.; Id., Riflessioni su! regime transitorio deI rapporto di lavoro nel nuovo ente Ferrovie dello Stato, in Dir. lav., 1987, I, 17.

Nel senso invece dell'immediata applicabilità dell'art. 13, v. P. Alle va, La legislazione e contrattazione collettiva 1984-85, in Giornale dir. lav., 1985, 417; R. D'Isa, La riforma delle ferrovie ed i rapporti di lavo ro: prime osservazioni sulla I. 17 maggio 1985 n. 210, in Riv. it. dir. lav., 1986, I, 112; A. Andreoni, Funzioni dirigenziali e mobilità laterale dell'ente Ferrovie dello Stato, in Riv. giur. lav., 1987, II, 155.

La soluzione accolta dalla Suprema corte non implica però che per manga, ancorché transitoriamente, la natura pubblicistica del rapporto, che invece è divenuto immediatamente di natura privatistica con la conse

guente giurisdizione del giudice ordinario; in tal senso — dopo due inizia li pronunce (Cass. 10 febbraio 1987, n. 1393, Foro it., 1987, I, 1051 e 23 aprile 1987, n. 3945, ibid., 2768) — si sono costantemente espresse le sezioni unite (cfr. explurimis Cass. 14 giugno 1990, n. 5774, id., Mass.; 11 giugno 1990, n. 5684, ibid.; 24 aprile 1990, n. 3445, ibid.; 19 aprile 1990, n. 3266, ibid. ; 6 aprile 1990, n. 2869, ibid. ; inoltre, meno recente mente, Cass. 28 giugno 1989, n. 3123, id., 1989, I, 3018; 5 gennaio 1989, n. 2, ibid., 683, entrambe con nota di richiami). In dottrina, v. A. Mar tone, Rapporti di lavoro con l'ente Ferrovie dello Stato e giurisdizione dell'a.g.o., in Dir. lav., 1987, II, 294; G. Stipo, Problemi di giurisdizione a seguito dell'istituzione dell'ente Ferrovie dello Stato, in Rass. avv. Sta to, 1987, I, 69; R. Di Geronimo, La natura giuridica dell'ente Ferrovie dello Stato e la tutela giurisdizionale dei suoi dipendenti, in Riv. amm., 1988, 1168.

In generale, v. anche F. Mastrangeli, Rassegna di giurisprudenza sul la legge n. 210/85 (istituzione dell'ente Ferrovie dello Stato), in Giust. civ., 1988, II, 409. [G. Amoroso]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

per violazione dell'art. 162 1. n. 425 del 1958 nonché del d.m.

2537/79, lamenta che il tribunale abbia ordinato la reintegrazio ne nel posto di lavoro ed accertato il diritto al risarcimento del

danno quantificato in cinque mensilità dell'ultima retribuzione, ed abbia quindi applicato istituti non previsti dalla normativa an

teriore alla 1. n. 210 del 1985 ed ancora vigente fino alla stipula zione dei contratti collettivi. D'altra parte detti istituti non sono

neppure previsti da norme inderogabili del codice civile, sicché non avrebbero potuto essere applicati neanche se gli art. 14 e

21 cit. avessero operato una qualche immediata estensione in or

dine a disposizioni sul lavoro privato. In ogni caso, l'estinzione

del rapporto nella specie è derivata non da recesso per giusta causa o giustificato motivo ma da dispensa per scarso rendimen

to, e, quindi, da istituto per il quale non è prevista la reintegra zione nel posto di lavoro con risarcimento del danno quantificato in cinque mensilità di retribuzione.

I motivi esaminati, pur se fondati, non sono idonei ad inficiare

l'impugnata sentenza nella parte dispositiva. II primo motivo, poi, in particolare, attesa l'eccezione solleva

ta al riguardo dalla parte resistente, ma non accoglibile, non può essere dichiarato inammissibile, per pretesa estraneità al contenu

to della sentenza di appello, in considerazione del collegamento con il quarto in tema di compatibilità tra la vecchia disciplina e le norme non derogabili del codice civile e delle leggi integrative e modificative di questo.

Ciò premesso, occorre rilevare che nella fase transitoria che,

formalmente, va dall'entrata in vigore della 1. 17 maggio 1985

n. 210, istitutiva del nuovo ente delle Ferrovie dello Stato — ma,

in concreto, dall'inizio della gestione dell'ente secondo la nuova

normativa, cioè dal 1° gennaio 1986 (art. 26 1. cit.) — sino al

momento della stipulazione del primo contratto collettivo per il

personale dipendente, la difficoltà di individuare la normativa ap

plicabile al rapporto di lavoro dei ferrovieri, posto che la norma

tiva contrattuale di natura collettiva e individuale prevista dal

l'art. 21 1. cit. non sussiste (il primo contratto collettivo è succes

sivo al periodo che ora qui interessa) né vi è una norma che

espressamente abroghi ovvero mantenga in vigore lo stato giuri dico quesito, può essere superata, ad avviso di questa Suprema

corte, osservando che l'abrogazione implicita di detto stato giuri

dico per effetto dell'art. 21 cit., oltre a creare un vuoto normati

vo quanto meno anomalo, sarebbe in contrasto con il dato te

stuale di cui al 2° comma dell'articolo, secondo il quale la disci

plina del rapporto attinente, in particolare, alla sua costituzione

e cessazione, nonché alla responsabilità civile e disciplinare, non

può essere derogato, in sede di prima applicazione, se non in

melius dalla normativa contrattuale e regolamentare. Tale disci

plina, pertanto, inequivocabilmente rimane in vigore fino alla sti

pulazione del primo contratto collettivo e all'emanazione del pri mo regolamento.

Devesi quindi ritenere che in questa fase transitoria il rapporto dei dipendenti del nuovo ente continui ad essere regolato dalla

normativa legislativa sua propria, che prevale su norme difformi

applicabili in generale al rapporto di lavoro privato, in armonia

con il sistema del vigente ordinamento, nel quale per il similare

rapporto di lavoro degli autoferrotramvieri la giurisprudenza ha

reiteratamente affermato l'inapplicabilità di norme fondamentali

di diritto privato, quali quelle di cui agli art. 7, 13 e 18 1. 20

maggio 1970 n. 300, in considerazione della peculiarità di tale

rapporto, di natura intermedia tra quella pubblica e quella priva

ta, e della specialità della relativa normativa, che nel suo com

plesso integra un corpus compiuto ed organico (v., tra le altre,

Cass. 24 gennaio 1984, n. 585, Foro it., Rep. 1984, voce Ferrovie

e tramvie, n. 63). A tale affermazione di principio non osta il richiamo che il

2° comma dell'art. 21 cit. fa all'art. 14 stessa legge, nel cui 1°

comma si dispone che «tutte le disposizioni di legge e di regola

mento vigenti all'entrata in vigore della presente legge ed applica

bili all'organizzazione, all'esercizio ferroviario, alla materia con

tabile e finanziaria ed ai servizi di igiene e di sanità dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, sempreché siano compatibili

con la disciplina dettata nella presente legge e da norme non de

rogabili del codice civile e della Comunità economica europea,

restano in vigore fino all'adozione dei regolamenti (esclusivi) di

cui ai successivi 3° e 4° comma.

Invero, posto che il sistema delle fonti delineabile dalla combi

nazione delle norme in esame può essere individuato nei regola

menti esclusivi (in materia di lavoro, nn. 1 e 4, 4° comma, art.

Il Foro Italiano — 1990.

14), negli altri regolamenti e nel contratto collettivo, ritiene que sto collegio che un limite all'applicabilità della vecchia disciplina del rapporto di lavoro non sia dato dalle norme inderogabili del

codice civile, concernendo tale limite, a norma del 1° comma

del cit. art. 14, soltanto le leggi e i regolamenti attinenti all'orga nizzazione.

D'altra parte, la nozione di organizzazione non può intendersi

in senso lato, come comprensiva della regolamentazione dei rap

porti di lavoro, posto che il legislatore dal 1985 ha collocato la

regolamentazione dei rapporti dei dipendenti dell'ente Ferrovie

dello Stato nell'art. 21, e non sarebbe logico ravvisare la discipli na transitoria in un'altra norma (art. 14) attinente alla delegifica zione ed ai regolamenti tecnici (v. rubrica di quest'ultimo artico

lo), tanto più che nell'art. 21 è esplicito il riferimento alla disci plina del rapporto di lavoro, mentre nell'art. 14 il termine

organizzazione può essere inteso soltanto in senso proprio come

servizio, non in senso improprio come comprensivo di tutto ciò

che attiene all'azienda e quindi anche ai rapporti con i dipenden ti. Al riguardo, invero, occorre rilevare che, anzitutto, il senso

improprio di organizzazione sarebbe cosi ampio da ricomprende re anche la materia del rapporto di lavoro, ma, nello stesso tem

po, non sarebbe poi cosi ampio, tanto da risultare distinto nello

stesso art. 14 dalla materia contabile, finanziaria, dai servizi di

sanità, ecc.; inoltre, per organizzazione dell'ente il legislatore ha

inteso specificamente ed espressamente l'organizzazione azienda

le in senso stretto, quale è prevista dall'art. 20 1. n. 210 del 1985, in cui non è fatta menzione alcuna della regolamentazione del

rapporto di lavoro, sulla quale è immaginabile soltanto una inci

denza indiretta della disciplina ivi prevista; infine, se il 1° comma

dell'art. 14 si riferisse all'organizzazione come comprensiva del

rapporto di lavoro, dovrebbe ritenersi che il termine finale di vi

genza della vecchia disciplina sarebbe individuabile nel momento

dell'adozione soltanto dei regolamenti esclusivi e degli altri rego

lamenti, come quelli di organizzazione, mentre detto termine è

individuato dal 2° comma dell'art. 21 nel momento della stipula

zione dei contratti collettivi, che ben possono derogare, entro certi

limiti, alla vecchia disciplina. Consegue conclusivamente da tali rilievi che nella fase transito

ria non trova applicazione il 1 ° comma dell'art. 14 1. n. 210 del

1985, mentre la vecchia disciplina pubblicistica del rapporto di

lavoro non solo permane nel suo vigore, ma neppure può dirsi

limitata nella parte contrastante con disposizioni inderogabili vuoi

del codice civile, vuoi delle leggi integrative e modificative di que

sto, siccome normativa speciale superabile soltanto dal primo con

tratto collettivo più favorevole ai lavoratori o comunque dai con

tratti successivi. Né all'uopo sarebbe stata necessaria una norma

espressa di rinvio, posto che in via interpretativa è sufficiente

tener conto dei criteri che presiedono all'esegesi delle norme che

si succedono nel tempo in ordine ad una determinata materia.

È bensì vero che non può negarsi l'abrogazione tacita di alcune

norme incompatibili con l'affermata privatizzazione del rapporto

di lavoro, ma ciò non vale a fondare la critica di contraddittorie

tà con quanto sopra affermato, non potendosi escludere che, ove

la specialità della vecchia disciplina derivi essenzialmente dal ca

rattere pubblicistico del rapporto, anziché dalla specialità del ser

vizio, l'evidente incompatibilità non può non comportare una ese

gesi nel senso dell'abrogazione tacita, limitata peraltro e parziale

(per le norme, ad esempio, costituitve di situazioni soggettive di

interesse legittimo incompatibili con un rapporto privatistico, e

per quelle che prevedono il giuramento del dipendente all'atto

dell'assunzione), e non generalizzata, quale quella cui porterebbe

la tesi costruita sull'applicabilità del 1° comma dell'art. 14 1. n.

210 del 1985.

Ciò posto, l'applicazione tout court dell'art. 18 dello statuto

dei lavoratori (1. 20 maggio 1970 n. 300), per quanto riguarda sia la reintegrazione nel posto di lavoro sia il risarcimento del

danno nella misura minima di cinque mensilità, deve essere di

chiarata non corretta; trattandosi di disciplina integrativa (e non

derogabile) del codice civile, e quindi estranea al corpus normati

vo vigente nella fase transitoria del rapporto in esame, per il qua

le non è previsto il licenziamento ma la dispensa e, in ogni caso,

non sono previsti la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risar

cimento del danno nella misura minima di cinque mensilità di

retribuzione. In tale corpus, peraltro, in caso di illegittimità del provvedi

mento di dispensa dal servizio, l'immediata riassunzione in servi

zio costituisce un atto legalmente dovuto (v. Cons. Stato, sez.

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2175 PARTE PRIMA 2176

VI, 21 novembre 1984, n. 664, id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 930) e non è esclusa la possibilità di una condanna al risarcimento dei danni conseguenti, in concreto liquidati con riferimento al parametro di cinque mensilità di retribuzione. Per

tanto, per quanto sarà detto in relazione al secondo e terzo moti vo del ricorso, devesi riconoscere che le conseguenze tratte dalla declaratoria del tribunale di invalidità ed inefficacia delle delibere di dispensa sono sostanzialmente conformi alla vecchia disciplina e quindi non censurabili se non per la parte normativa e quindi lessicale della relativa motivazione (art. 384, 2° comma, c.p.c.).

Con il secondo motivo l'ente, deducendo violazione e falsa ap plicazione degli art. 162 1. 26 marzo 1958 n. 425, 129 d.p.r. 10

gennaio 1957 n. 3, 9 e 33 1. 6 febbraio 1979 n. 42, 21 e 26 1. 17 maggio 1985 n. 210, 11 preleggi, d.m. dei trasporti 2537/79 e dei principi sull'attività amministrativa, nonché difetto di moti

vazione, assume che l'istituto della dispensa del lavoratore pre supponga una sola procedura, non due, in relazione ai due com ma del cit. art. 162 unitariamente considerati; non sia regolato dalla vecchia disciplina risultante dall'abrogazione operata ad av viso del tribunale dalla 1. n. 42 del 1979, ma dal d.m. del 1979, da ritenere pienamente vigente per tutto il 1985 e da interpretare nel senso che per la dispensa per insufficiente rendimento occor rono due ammonizioni contenenti solo l'identificazione per «tipi» delle mende riscontrate e costitutive di una presunzione di scarso

rendimento, anche per fatti già considerati in sede disciplinare e, quindi, rilevanti ai fini della dispensa, non operando il princi pio ne bis in idem rispetto alla dispensa medesima non avente natura disciplinare.

Con il terzo motivo, che per connessione è opportuno esamina re insieme col secondo, l'ente deduce violazione dell'art. 162 1.

425/58, del d.m. 2537/79, degli art. 14, 21 e 26, ultimo comma, 1. 210/85 e delle norme inderogabili per il rapporto di lavoro

privato, per avere il tribunale ritenuto onere dell'ente medesimo

provare fatti specifici e non soltanto il persistente insufficiente

rendimento; violazione dell'art. 1 preleggi, degli art. 2697 c.c., 162 1. 475/58, 21 1. 1034/71 e 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, per avere il tribunale negato valore probatorio alla diffida del 4 gennaio 1985; violazione degli art. 26, ultimo comma, 1. 210/85 e 2697 c.c. per avere il tribunale negato valore probatorio ad una certificazione amministrativa quale la proposta di dispensa; violazione degli stessi articoli e dei principi in materia di valore

probatorio degli atti amministrativi per avere il tribunale negato valore probatorio agli atti della procedura amministrativa; dedu ce inoltre difetto di motivazione in ordine a punti controversi

rilevanti; lamenta infine che sia stato applicato il principio ne bis in idem al caso della dispensa, pur trattandosi di provvedi mento non disciplinare.

I motivi sono infondati. L'art. 162 1. 26 marzo 1958 n. 425 dispone che (1° comma,

2a parte) «può essere dispensato dal servizio il dipendente che abbia dato prove di incapacità o persistente insufficiente rendi mento» e che (2° comma) «è considerato di insufficiente rendi mento il dipendente che, previamente ammonito, riporti, al ter mine dell'anno nel quale è stato richiamato, una qualificazione inferiore a normale».

Nel 1° comma, quindi, è prevista in via generale la dispensa dal servizio ove esistano prove di insufficiente rendimento che, dovendo essere persistente, presuppone previe ammonizioni o con testazioni. Nel 2° comma, invece, era stabilita una presunzione legale indotta dalla qualificazione inferiore a normale riportata dal dipendente previamente ammonito. Tale presunzione, peral tro, è stata abrogata dall'art. 9, 1° comma, 1. 6 febbraio 1979 n. 42, in forza del quale sono state soppresse tutte le norme dello stato giuridico che prevedevano particolari conseguenze in rela zione all'attribuzione di giudizi di qualificazione, discrezionalmente formulati dall'amministrazione. Per contro, la norma che con sente la dispensa per provato insufficiente rendimento non è stata

soppressa, in quanto la cessazione del rapporto ivi prevista di

pende da specifiche e congrue circostanze attribuibili al lavorato re, nel rispetto della procedura prevista dal d.m. 2537/79 (previa doppia ammonizione), e non da generici giudizi di natura unilate rale e discrezionale.

Correttamente interpretando tali fonti normative, il tribunale ha posto in evidenza come la disciplina dettata dal cit. d.m. non

valga ad innestare la procedura in esso disposta nelle due ipotesi dell'art. 162 1. n. 425 del 1958, facendo cosi rivivere la presunzio ne di cui al 2° comma dell'art. 162 medesimo, ma sia idonea

Il Foro Italiano — 1990.

a garantire la difesa del dipendente di fronte alle prove di insuffi ciente rendimento, delle quali l'ente è onerato.

La correttezza di tale interpretazione non ha bisogno di riferi mento alcuno al contenuto indicato nella sentenza impugnata della raccomandazione n. 166 del 2 giugno 1982 dell'Oil, non essendo

questa fonte di diritto, ma soltanto una proposta suggerita ai

governi dei singoli paesi, affinché gli Stati aderenti ispirino ad essa le rispettive leggi nazionali in materia di lavoro. Essa, d'altra

parte, non abbisogna del previo esame della compatibilità della normativa interpretata con le norme inderogabili del codice civi

le, non solo perché, per quanto si è detto, non è applicabile l'art.

14, 1° comma, 1. n. 210 del 1985, ma anche perché la disciplina della dispensa integrata dal d.m. 2537/79 in ordine alla relativa

procedura di irrogazione, è all'evidenza più favorevole al lavora tore rispetto alla normativa privatistica dettata dallo statuto dei lavoratori (1. n. 300 del 1970, cit.) e dalla 1. 15 luglio 1966 n. 604, sé da superare verosimilmente anche il limite del trattamento di migliore favore che l'art. 21, 2° comma, 1. n. 210 del 1985

pone alla contrattazione collettiva nella prima applicazione di detta

legge. Ciò posto, devesi rilevare che il Tribunale di Firenze ha accer

tato che l'ente Ferrovie dello Stato non ha fornito alcuna prova del persistente insufficiente rendimento del Puccioni, e che le am monizioni fatte nel corso del procedimento di irrogazione della

dispensa furono del tutto vaghe e generiche. Tale accertamento, che è oggetto esclusivo dei poteri dei giudi

ci del merito, non è censurabile in questa sede, anche perché con forme alla rilevata corretta interpretazione della normativa appli cabile, e perché esaurientemente motivato.

D'altra parte, la specificità dei riferimenti a fatti in ipotesi rile vanti è stata accertata soltanto relativamente alle deduzioni fatte in giudizio e non nel corso del procedimento di cui al cit. d.m., del quale, pertanto, essa, siccome tardiva, non ha potuto integra re la lacunosità e conseguente illegiitimità.

Né al riguardo sono influenti le deduzioni del ricorrente in or dine al valore probatorio degli atti amministrativi emessi nelle

procedure di ammonizione e diffida. Assorbente è invero il rilie vo che nella specie non di atti amministrativi aventi contenuto di volizione si tratta, ma di atti diversi dai provvedimenti, privi di contenuto volitivo che, conformemente ad autorevole dottrina, possono essere qualificati non già atti certificativi, come invece assume l'ente, ma atti di valutazione o di apprezzamento, pre supponenti un processo psichico di apprendimento e risolventisi nella enunciazione di un giudizio valutativo. L'amministrazione non era, pertanto, in alcun modo esonerata dall'onere probatorio in ordine ai fatti costituenti oggetto degli atti in questione da essa medesima emessi.

Del pari ininfluente è la censura in ordine al principio ne bis in idem, in quanto, contrariamente a quanto assume il ricorrente, i giudici del merito non hanno preso in considerazione i fatti in dicati nella documentazione prodotta per la considerazione deci siva che essi non risultano contestati nelle diffide e non presenta no quindi rilievo al fine di considerare ex post corretta la proce dura terminata con la dispensa, a prescindere, pertanto, da quel principio che è mutuato dalla 1. n. 300 del 1970, e che, come si è visto, non è applicabile alla specie, siccome estraneo al cor

pus normativo del rapporto in esame. Né ha fondamento nella normativa vigente, la pretesa suffi

:ienza, nelle ammonizioni, dell'indicazione per «tipi» delle «men

de», evincendosi al contrario dall'art. 162 e dal d.m. citati la necessità di una contestazione specifica e idonea ad una valida difesa (c.d. chance).

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, pur se in or dine al primo ed al quarto motivo si deve correggere la motiva zione della sentenza nei sensi di cui si è detto.

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