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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 25 agosto 1987, n....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 25 agosto 1987, n. 7009; Pres. Pandolfelli, Est. Baldassarre, P. M. Minetti (concl. conf.); Soc. Industrie navali meccaniche affini (Avv. Marini, Pugliese) c. Bologna. Conferma Trib. La Spezia 4 gennaio 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1173/1174-1177/1178 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181196 . Accessed: 28/06/2014 11:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.130 on Sat, 28 Jun 2014 11:48:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 25 agosto 1987, n. 7009; Pres. Pandolfelli, Est. Baldassarre, P. M.Minetti (concl. conf.); Soc. Industrie navali meccaniche affini (Avv. Marini, Pugliese) c.Bologna. Conferma Trib. La Spezia 4 gennaio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1173/1174-1177/1178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181196 .

Accessed: 28/06/2014 11:48

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 otto

bre 1987, n. 7630; Pres. Marziano, Est. Chiavelli, P. M. Pao

lucci (conci, conf.); Min. poste e telecomunicazioni c.

Associazione naz. mutilati e invalidi del lavoro (Avv. Moschel

la). Regolamento di giurisdizione.

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun

zione obbligatoria — Atto di avviamento — Diniego di ente

pubblico — Giurisdizione amministrativa (Cod. proc. civ., art.

409; 1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni

obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende

private, art. 15).

Le controversie aventi ad oggetto la mancata assunzione di lavo

ratori da parte di un ente pubblico non economico (nella spe

cie, Azienda di stato per i servizi telefonici), in seguito alla

violazione di norme sulle assunzioni obbligatorie, rientrano nella

giurisdizione amministrativa. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 7 aprile 1979 l'As

sociazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) chiede

va al Pretore di Roma la condanna dell'Azienda di Stato per

i servizi telefonici (Asst) ad assumere immediatamente sedici ope

rai orfani o vedove di caduti sul lavoro, previa disapplicazione del silenzio-rifiuto formatosi sulla diffida notificata il 15 gennaio 1979 e, con altro ricorso del 9 aprile 1979, chiedeva al T.A.R.

della regione Lazio l'annullamento del suddetto provvedimento di diniego di assunzione.

Il ministero delle poste e delle telecomunicazioni (Azienda di

Stato per i servizi telefonici) propone ricorso per regolamento

preventivo di giurisdizione sorretto da un motivo. Resiste con

controricorso l'Anmil.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo si deduce che

il giudice amministrativo e non quello ordinario ha giurisdizione

sulla causa sia perché l'Asst è parte dell'amministrazione dello

Stato (è un ramo del ministero delle poste e telecomunicazioni

munito di autonomia contabile e finanziaria attenuata perché man

ca di organi propri) sia perché, anche se avesse natura di ente

pubblico economico, dovrebbe pur sempre trovare applicazione

il principio secondo cui negli enti pubblici economici la facoltà

di assunzione del personale costituisce esplicazione del potere or

ganizzativo dell'ente, in relazione al quale le posizioni del privato

hanno natura e consistenza di interesse legittimo. Si aggiunge che, anche in materia di assunzioni obbligatorie,

è riconosciuto il potere discrezionale della p.a. di valutare la con

venienza di coprire i posti e il momento opportuno per provvedere.

Infine, si sostiene che gli interessi fatti valere dall'Animi sono

interessi diffusi di mero fatto, avendo tale azienda perduto la

sua personalità giuridica pubblica e, quindi, la legittimazione di

cui all'art. 15 1. 482/68.

L'istanza è fondata per quanto di ragione. Anzitutto, va preci

sato che l'Azienda di stato per i servizi telefonici è parte dell'am

(1) Cfr., in senso conforme, Cass. 20 novembre 1976, n. 4359, Foro

it., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 309, richiamata in senten za. Per Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 1981, n. 620, id., Rep. 1982, voce cit., n. 260, l'inadempimento dell'obbligo delle pubbliche ammini

strazioni di pronunciarsi sulle istanze loro rivolte ai fini dell'assunzione

in base alle norme sul collocamento obbligatorio, è censurabile in sede

di giurisdizione amministrativa. Corte cost. 30 luglio 1980, n. 140, id., 1980, I, 2958, con nota di ri

chiami, ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art.

15, 2° comma, 1. 482/68, nella parte in cui demanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di assun

zioni obbligatorie di invalidi civili da parte di pubbliche amministrazioni, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost.

Da Cons. Stato, sez. VI, 1° agosto 1986, n. 588, id., Rep. 1986, voce

Concorso a pubblico impiego, n. 26, è stato affermato che l'art. 15 1.

482/68, che dispone che i provvedimenti emessi dall'amministrazione sul

le domande di assunzione nei posti riservati ai sensi della stessa legge, sono conosciuti dall'autorità giurisdizionale amministrativa, non ha pre visto un'ipotesi di giurisdizione esclusiva di tale giudice, mancando nella

norma stessa una statuizione da cui esplicitamente o implicitamente, ma

in modo univoco, possa desumersi il principio secondo cui l'autorità giu risdizionale competente a censurare i provvedimenti di avviamento al la

voro, sia in sé che nei presupposti voluti dalla legge, è il giudice amministrativo.

In tema di avviamento obbligatorio presso le amministrazioni dello Stato

e degli enti pubblici, cfr. Cass. 10 agosto 1987, n. 6869, id., 1987, I,

3251, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1988.

ministrazione dello Stato, munita soltanto di autonomia contabi

le e finanziaria attenuata.

Essa è un ramo del ministero delle poste e telecomunicazioni

e non ha organi propri: il ministro è il capo del consiglio di am

ministrazione ed il direttore tecnico dell'azienda è alle dipendenze del direttore generale delle poste (r.d.l. 23 aprile 1925 n. 520; r.d.l. 14 giugno 1925 n. 884). Al personale si applicano le dispo sizioni vigenti sugli impiegati dello Stato, salvo eventuali deroghe.

Consegue da tanto che all'Azienda di Stato per i servizi telefo

nici non possono essere applicati i principi propri delle aziende

municipalizzate e dei relativi rapporti di lavoro: queste hanno

organi propri, distinti da quelli dell'ente territoriale, che sono

la commissione amministratrice ed il direttore, che ha la direzio

ne e la rappresentanza dell'azienda.

Ciò premesso, è poi indubbio che, a norma dell'art. 15 1. 482/68, i provvedimenti di assunzione del personale presso le amministra

zioni e gli enti pubblici, non conformi alle disposizioni della legge

predetta, nonché il diniego di assunzione, possono essere impu

gnati per l'annullamento tanto in via amministrativa, quanto in

via gurisdizionale, in sede, quindi, di giurisdizione amministrati

va di annullamento.

Né tale disposizione è stata modificata dall'art. 409 c.p.c. nel

testo innovato dall'art. 1 1. 533/73 che si applica a controversie

presupponenti un rapporto di lavoro già instaurato, come esclu

sione di quelle concernenti il pubblico impiego, poiché esso non

ha innovato in materia di giurisdizione, ma solo in materia di

competenza dei giudici ordinari, come si evince dall'enunciato

«sempre che (i rapporti di lavoro) non siano dalla legge devoluti

ad altro giudice».

Pertanto, rientrano nella giurisdizione amministrativa le con

troversie aventi per oggetto la mancata assunzione di lavoratori

da parte di un ente pubblico non economico, in seguito alla vio

lazione di norme sulla assunzione obbligatoria, poiché il giudice ordinario non potrebbe annullare i provvedimenti di assunzione

emanati da una p.a. né potrebbe costituire un rapporto di pubbli

co impiego (Cass. 20 novembre 1976, n. 4359, Foro it., Rep.

1977, voce Impiegato dello Stato, n. 309). (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 agosto

1987, n. 7009; Pres. Pandolfelli, Est. Baldassarre, P. M.

Minetti (conci, conf.); Soc. Industrie navali meccaniche affini

(Avv. Marini, Pugliese) c. Bologna. Conferma Trib. La Spe

zia 4 gennaio 1984.

Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi da lavoro

dipendente — Prestazione lavorativa effettuata all'estero —

'Emigrati' iscritti nelle anagrafi della popolazione residente —

Datore di lavoro con sede in Italia — Retribuzione erogata in

Italia — Rapporto a tempo determinato — Assoggettabilità —

Esclusione (R.d. 13 novembre 1919 n. 2205, testo unico dei

provvedimenti sull'emigrazione e sulla tutela giuridica degli emi

grati, art. 2, 10; d.p.r. 31 gennaio 1958 n. 138, regolamento di esecuzione della 1. 24 dicembre 1954 n. 1228, sull'ordina

mento dell'anagrafe della popolazione residente, art. 9; d.p.r.

29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disciplina dell'imposta

sul reddito delle persone fisiche, art. 3).

In tema di Irpef, i redditi derivanti da lavoro subordinato, ancor

ché non manuale, prestato all'estero da cittadini italiani 'emi

grati' rimasti iscritti nelle anagrafi della popolazione residente,

sono esclusi dalla base imponibile anche se i loro percettori

siano dipendenti di imprese con sede nel territorio nazionale,

la retribuzione sia in tutto od in parte erogata in Italia e si

tratti di rapporti di lavoro a tempo determinato. (1)

(1) In mancanza di precedenti nella giurisprudenza della Cassazione,

constano talune decisioni dei giudici tributari sostanzialmente conformi

a quella in epigrafe: cfr. Comm. trib. I grado Firenze 28 ottobre 1983,

Foro it., Rep. 1984, voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 143, in tema di insegnamento presso università estere; Comm. trib.

centrale 14 settembre 1985, n. 7570, id., Rep. 1986, voce cit., n. 174,

per il caso particolare di redditi conseguiti da marittimo imbarcato su

navi battenti bandiera estera; Comm. trib. Il grado Piacenza 10 giugno

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di La Spe zia del 25 settembre 1980 Michele Bologna, assumendo di avere

prestato lavoro subordinato in Venezuela per la s.p.a. Industrie

navali meccaniche affini - Inma in virtù di contratto a tempo

determinato, conveniva in giudizio la predetta società per la con

danna al pagamento di voci diverse, tra le quali il rimborso di

trattenute fiscali indebitamente praticate. Il giudice adito, dopo aver disposto la chiamata in causa del

l'amministrazione delle finanze ed escusso quale teste Sebastiano

Marino funzionario delle imposte dirette, accoglieva la domanda

proposta contro la Inma, rilevando in motivazione che ad essa

era estranea l'amministrazione chiamata in causa.

La pronuncia appellata dalla soc. Inma trovava conferma nella

decisione indicata in epigrafe, con la quale il tribunale — premes so che il pretore aveva richiamato solo ad abundantiam la depo sizione del Marino, essendo fondata invece la decisione sul

contenuto della circolare n. 95 del 18 ottobre 1977 del ministero

delle finanze — osservava che alla luce di tale circolare, la sen

tenza di primo grado meritava adesione, in quanto dalla lettera

di assunzione risultava che questa era a tempo determinato a mo

tivo delle caratteristiche dell'incarico conferito al Bologna, che

consisteva nel collaborare in qualità di disegnatore tecnico al la

voro di allestimento e collaudo di una nave cisterna presso il can

tiere Dianca di Puerto Cabello, nonché all'addestramento del

personale venezuelano adibito alla sala disegno del predetto can

tiere, mentre la riserva del diritto di disporre il rimpatrio del di

pendente non comportava la possibilità di svolgimento dell'attività

lavorativa anche in Italia, trattandosi di clausola risolutiva espressa

prevista al punto 13 della lettera.

In conseguenza la retribuzione percepita per il periodo di per manenza all'estero non doveva essere assoggettata a ritenuta Ir

pef, mentre per il periodo successivo di lavoro in patria (dal 19

al 31 dicembre 1979) non risultava dimostrato che fosse stato

raggiunto il minimo impositivo di lire 960.000. Né sarebbe potuto sostenere che venga meno al dovere di ordi

naria diligenza il lavoratore che non si dolga immediatamente delle ritenute fiscali operate dal datore di lavoro, trattandosi di

questione di non lieve consistenza in relazione alla quale l'errore

del lavoratore non può configurare quella colpa di cui all'art.

1227 c.c.

Riteneva infine il tribunale che il comportamento dell'Inma fosse

«frutto di una erronea interpretazione delle norme vigenti, conse

guente anche ad una circolare del 1975», sicché, pur sussistendo

l'obbligo di rimborsare le trattenute irritualmente operate, appa riva equa la compensazione delle spese del grado.

La Inma s.p.a. affida il ricorso per cassazione a due mezzi

d'annullamento. Il Bologna non si è costituito.

Motivi della decisione. — La società ricorrente con i due moti

vi muove alla sentenza impugnata le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione degli art. 2, 2° comma, e

3, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, omessa e/o caren te motivazione per avere adottato un criterio interpretativo della

predetta norma in netto contrasto con quello accolto dalla circo lare n. 12/934 del 28 marzo 1975, secondo cui debbono essere considerati soggetti passivi di imposta i lavoratori che svolgono lavoro all'estero ma sono legati da rapporto di lavoro con società

che ha sede in Italia e qui conservano, pertanto, il centro dei loro affari; criterio, in ogni caso, non conciliabile con la meno

rigida interpretazione, desumibile dalla successiva circolare del

1977, secondo cui l'esclusione dell'imposizione fiscale riguarda

1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 136, relativamente alle ipotesi di lavoro

prestato in rapporto di dipendenza con impresa avente sede in Italia ed

operante all'estero; Comm. trib. II grado Terni 10 gennaio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 193, in caso di contratto di lavoro a tempo deter minato.

La non assoggettabilità ad Irpef va invece esclusa per i redditi prodotti da lavoratore inviato all'estero in trasferta, in forza di un preesistente rapporto di lavoro (v. Comm. trib. centrale 5 luglio 1985, n. 6589, id., Rep. 1985, voce cit., n. 193).

In dottrina, v. M. Alderighi, La disciplina fiscale dei redditi dei di

pendenti di imprese italiane all'estero, in Bollettino trib., 1978, 264; A.

Zopolo, Il lavoro dipendente all'estero, in Rass. imp. dir., 1978, 369; L. Pietrantonio, Sul trattamento tributario dei redditi di lavoro dipen dente prestato all'estero, in Imp. dir. erariali, 1978, I, 45; F. Petrucci, Il concetto di emigrante secondo il d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, in Riv. trib., 1974, 107.

Il Foro Italiano — 1988.

soltanto i lavoratori dipendenti titolari di specifico contratto di

lavoro che preveda la prestazione in esclusiva del lavoro nello

Stato estero.

Al contrario il Bologna era legato alla società ricorrente da

contratto, nel quale la prestazione in Venezuela era espressamen te qualificata «trasferita» (e come tale era retribuita), ed era pat tuito che parte della retribuzione doveva essere pagata in Italia

alla moglie del lavoratore.

Nello stesso contratto era previsto l'anticipato richiamo; cosa

questa verificatasi in concreto prima della scadenza dei primi no

ve mesi del contratto a termine, con la prosecuzione, sia pure

per breve tempo, del lavoro in patria.

2) Violazione e falsa applicazione dei principi sulla responsabi lità per danno, dell'art. 37 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 e del

l'art. 1227 c.c., omessa motivazione, perché, a voler seguire la

tesi della sentenza della illegittimità delle ritenute, anche un ra

gionevole dubbio giustifica le ritenute fiscali, mentre il lavoratore

avrebbe potuto chiedere il rimborso a norma dell'art. 37 cit., evi

tando cosi il danno, come prescrive l'art. 1227, 2° comma, c.c.

I due motivi, che per connessione vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.

L'art. 2 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, sull'istituzione e la

disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il quale

definisce, in generale, la soggettività passiva, precisa nel suo 2°

comma che si considerano residenti (e in quanto tali sono sogget ti imponibili) le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.

In deroga al principio generale (desumibile dal coordinamento

della norma ora citata con quella del precedente art. 1), secondo

cui sono imponibili tutti i redditi delle persone residenti, il 2°

comma dell'art. 3 esclude dalla base imponibile, tra l'altro, i red diti di lavoro dipendente prestato all'estero da cittadini italiani, che sono rimasti iscritti nelle anagrafi della popolazione residente.

La deroga, che incide sulla sola base imponibile, ed opera an che nel caso di sussistente soggettività passiva d'imposta per altri

redditi, presuppone la ricorrenza di due requisiti riguardanti la fonte del reddito e la specifica posizione di cittadino emigrato.

II primo di tali requisiti che ha carattere oggettivo, si avvera tutte le volte che il reddito (altrimenti imponibile) sia il corrispet tivo della prestazione di lavoro subordinato in territorio di Stato estero.

Data la genericità e l'ampiezza della formula usata dalla legge, deve ritenersi, da un lato, che essa ricomprenda anche la presta zione di lavoro subordinato non manuale (come meglio si dirà in seguito), dall'altra, che detto requisito non viene meno se il lavoro sia prestato in virtù di contratto (anche a tempo determi

nato) con impresa avente sede nel territorio nazionale e se la re tribuzione sia, in tutto o, come si assume nella specie, in parte, erogata in Italia e sia qui utilizzata dal lavoratore o dai suoi fa miliari.

Il requisito soggettivo sussiste quando il cittadino italiano, pre statore del predetto lavoro, possa essere qualificato emigrante, anche se sia rimasto iscritto in anagrafe quale residente.

Quest'ultima precisazione esclude che sia possibile delimitare la categoria avente diritto all'esenzione in virtù della equiparazio ne alle persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente di «coloro che hanno nel territorio dello Stato la sede principale dei loro affari ed interessi o vi dimorano per più di sei mesi»

(art. 2, 2° comma). Per lo stesso motivo non può ricavarsi la definizione di emi

grante da norme, quali l'art. 9, lett. b, d.p.r. 31 gennaio 1958 n. 138 (regolamento sull'ordinamento delle anagrafi della popo lazione residente), che riguardano la posizione anagrafica, ovvero il testo unico sull'ellettorato d.p.r. 20 marzo 1967 n. 223, che a detta posizione ricollegano diritti e doveri del cittadino.

La definizione di emigrante (o emigrato) deve essere ricavata

pertanto dal coordinato disposto dell'art. 3 cit. e dell'art. 10 r.d. 13 novembre 1919 n. 2205, sulla emigrazione e la tutela giuridica dell'emigrante, il quale di questa figura fornisce l'espressa defini zione agli effetti delle leggi e dei regolamenti sull'emigrazione.

Per l'art. 10 cit. è considerato emigrante ogni cittadino che

espatri esclusivamente a scopo di lavoro manuale e per esercitare il piccolo traffico, o vada a raggiungere prossimi congiunti già emigrati a scopo di lavoro, o ritorni in paese estero, ove già pre cedentemente sia emigrato, avendo soddisfatto gli obblighi di or dine militare ex art. 9.

In base a tale definizione rimarrebbero esclusi dal predetto be neficio fiscale i prestatori di lavoro non manuale.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Va considerato però che, mentre l'art. 10 non esaurisce l'indi

viduazione degli aventi diritto alla qualifica di emigrante, preve dendo il successivo art. 17 la categoria dell'emigrante, in paesi

transoceanici, l'art. 3, cpv., cit. con la generica dizione di cui

si è detto elimina, ai fini fiscali, la restrizione al solo lavoro ma

nuale; restrizione che sarebbe difficile conciliare, sia con l'evolu

zione che hanno subito le qualifiche lavorative, sempre meno

catalogabili in base alla manualità della prestazione, sia con i

principi costituzionali sopravvenuti (art. 35 Cost.), sia con la stessa

ratio della norma agevolativa, che tende a favorire il lavoratore

costretto, comunque, a subire i disagi del lavoro fuori dai confini

dello Stato e, al tempo stesso, a rendere competitivo tale lavoro

nell'interesse generale dell'economia pubblica nazionale.

Poiché, come accertato dal giudice dell'appello il lavoro del

Bologna era stato svolto esclusivamente all'estero (Venezuela), dove

10 stesso era stato costretto a trasferirsi al solo fine di rendere

la prestazione lavorativa contrattata, la retribuzione corrisposta

gli non doveva essere assoggettata all'imposta sul reddito delle

persone fisiche.

Conseguentemente la società datrice di lavoro non avrebbe do

vuto operare la ritenuta in acconto ai sensi dell'art. 23 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 ed è responsabile verso il lavoratore

per le somme indebitamente trattenute.

Né il diritto di quest'ultimo a percepire l'intera retribuzione

può essere escluso dalle perplessità interpretative ingenerate an

che dalle circolari a cui la ricorrente (ed il tribunale) fanno riferi

mento, giacché l'errore del datore di lavoro, tenuto a corrispondere la retribuzione ed unico legittimato a determinare l'acconto d'im

posta e ad operare la ritenuta ed il relativo versamento all'erario,

non può ricadere sul lavoratore, creditore dell'integrale corri

spettivo. Nemmeno può addebitarsi a quest'ultimo di avere concorso nel

fatto del debitore, pur avendo omesso di esperire la procedura di cui all'art. 38, 2° comma, d.p.r. n. 602/73 cit. (e non art.

37, citato da parte ricorrente, il quale riguarda la riscossione per ritenuta diretta di cui all'art. 2, mentre qui si tratta di riscossione

mediante versamenti diretti ex art. 3, n. 1). L'art. 38 non esclude infatti l'esperibilità dell'azione verso il

datore di lavoro per il rimborso delle somme indebitamente trat

tenute e versate al fisco.

L'ammissibilità (e la priorità) di tale azione è anzi comprovata dalla diversità di trattamento delle distinte ipotesi di cui all'art.

37, riguardante i dipendenti statali, per la cui azione è previsto 11 lungo termine decennale di prescrizione, a fronte del ristretto

termine (diciotto mesi) di decadenza assegnato ai lavoratori pri vati per domandare il rimborso all'intendenza di finanza; e ciò,

peraltro, in posizione di subordine e svantaggio rispetto al datore

di lavoro, essendo questi il solo a conoscere l'importo delle som

me effettivamente versate o l'esatta causale del versamento, il

quale deve essere dimostrato da chi agisce in ripetizione contro

l'amministrazione finanziaria.

Poiché la sentenza impugnata, nella sostanza ispirata agli espo sti principi, ha deciso correttamente, il ricorso deve essere respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 luglio

1987, n. 6410; Pres. Lo Surdo, Est. Fiduccia, P. M. Golia

(conci, conf.); Schiavone e altro (Avv. Dalfino) c. Lepore (Aw. Avezzano Comes). Conferma App. Lecce 13 giugno 1984.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Trasferimento a titolo oneroso dell'immobile — Prelazione del conduttore — Condizioni soggettive — Tito

larità dell'attività svolta nell'immobile (L. 27 luglio 1978 n. 392,

disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 35, 38, 39).

Perché spetti il diritto di prelazione e riscatto di cui agli art. 38

e 39 I. 392/78, è necessario che coincidano in capo alla stessa

persona la qualità di conduttore dell'immobile e la titolarità

dell'attività produttiva o commerciale (a contatto diretto con

il pubblico) ivi esercitata, ancorché questa sia svolta dal con

duttore — eventualmente sotto forma di società di persone —

insieme ad altri soggetti estranei al rapporto di locazione. (1)

(1) Non si rinvengono precedenti in termini.

Con riferimento all'ipotesi dell'immobile sublocato, nel senso che spet

II Foro Italiano — 1988.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso gli Schiavone denunciano violazione e falsa applicazione degli art.

38, 39 e 41 I. n. 392 del 1978, degli art. 1571 ss. c.c., degli art.

2247 ss. c.c. e dei principi in materia di società di fatto in relazio

ne all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. I ricorrenti, dopo aver censurato la sentenza d'appello per ave

re — come il giudice di primo grado — mancato di riconoscere

quale caso di riscatto l'ipotesi in cui il locatore dopo la comuni

cazione della proposta di vendita e l'adesione del conduttore, si

astenga dal dare esecuzione al contratto da ritenersi perfetto, si

duole per la ritenuta necessità della coincidenza della figura del

conduttore e dell'esercente l'attività produttiva o commerciale ri

volta al pubblico. Al riguardo dai ricorrenti si sostiene che per la ratio della legge del 1978 si deve aver riguardo non tanto al

profilo soggettivo della qualità del conduttore, quanto al profilo

oggettivo dell'attività svolta nell'immobile locato, da tutelare con

la prelazione. Inoltre si deduce che nella specie si era verificata

una sostituzione nel rapporto locativo di Antonio Schiavone o

quanto meno una estensione di quel rapporto al predetto per es

sere intervenuta una comunione di interessi e, quindi, quella so

cietà di fatto con l'originario conduttore, che era ben comprovata dall'esercizio dell'attività nel negozio da parte del detto titolare

della licenza, e cosi a conoscenza ed opponibile alla proprietaria Sciatti.

II motivo non è fondato. Il giudice del merito — Corte d'ap

pello di Lecce — nella impugnata sentenza ha proceduto ad una

definizione del soggetto titolare del diritto di prelazione (e riscat

to) previsto dall'art. 38 (e 39) 1. 392/78 nel senso della necessaria

coincidenza dell'esercente l'attività considerata con il titolare del

rapporto di locazione, che — con le precisazioni che si apporte ranno — si appalesa frutto di una esatta interpretazione della

detta normativa ed in consonanza con tale definizione ha negati vamente apprezzato la titolarità di quel diritto nei ricorrenti Schia

vone con un motivato accertamento delle risultanze probatorie immune da deficienze logiche ed errori giuridici.

Va debitamente rilevato che le censure dei ricorrenti oltre che

afferire a tale apprezzamento del giudice del merito si rivolgono in primis alla adottata definizione del soggetto titolare della co

siddetta prelazione urbana, riproponendo a questa corte quella loro concezione meramente oggettiva — cioè della tutela con l'an

zidetto diritto dell'attività esercitata nell'immobile indipendente mente dalla titolarità del rapporto di conduzione — che non può ricevere suffragio alla luce della disciplina normativa del 1978.

Al riguardo deve tenersi presente che per le locazioni di immo

bili urbani non destinati ad abitazione la citata legge ha previsto

una serie progressiva di agevolazioni che vanno dalla durata del

ta al subconduttore — e non al conduttore — il diritto di prelazione ex art. 38 1. 392/78, v. Trib. Genova 23 dicembre 1986, Foro it., 1987,

I, 939, con nota di richiami. Analogamente, con riguardo al diritto all'in

dennità per la perdita dell'avviamento, v. Pret. Verona 31 marzo 1987, Arch. locazioni, 1987, 370, e Pret. Tolmezzo 10 aprile 1987, ibid., 553.

Nel senso che al conduttore che abbia sublocato l'immobile non spetta — a titolo personale e diretto — l'indennità ex art. 34 1. 392/78, v., d'altra parte, Cass. 14 aprile 1986, n. 2617, Foro it., 1986, I, 2500, con

osservazioni di D. Piombo (nonché in Giust. civ., 1987, I, 922, con nota

di Izzo, e in Giur. it., 1987, 1,1, 256, con nota di Barba), ed ivi richiami

anche della giurisprudenza secondo cui l'indennità in questione spetta al

conduttore indipendentemente dalla sua qualità di effettivo esercente del

l'attività svolta nell'immobile (Pret. Chieti 11 aprile 1985, Foro it., Rep.

1985, voce Locazione, n. 814) o di titolare della licenza commerciale (Pret. Palermo 26 ottobre 1984, ibid., n. 791, per esteso in Locazioni urbane,

1985, 105). V. altresì' Trib. Napoli 22 maggio 1986, Arch, locazioni, 1986,

672, che ha riconosciuto al subconduttore il diritto all'indennità di avvia

mento nei confronti del conduttore-sublocatore, anche se siano rimaste

intestate a quest'ultimo la licenza commerciale e l'insegna dell'esercizio; e da ultimo, in dottrina, E. Caputo, Il diritto di prelazione nella nuova

disciplina delle locazioni urbane, Cedam, Padova, 1987, 25 ss.

Circa la riferibilità ai soci dell'attività svolta in forma di società di

persone (ma non, invece, nel caso di società di capitali), sottolineata nella

motivazione della sentenza in epigrafe, v. — in tema di recesso ex art.

73 e 29, lett. b), 1. 392/78 e nel senso della deducibilità delle esigenze societarie da parte del locatore che sia socio di società di persone —

Cass. 13 dicembre 1984, n. 6535, Foro it., 1985, I, 1751, con nota di

richiami. Adde, nello stesso senso: Trib. Ravenna 25 maggio 1985, id.,

Rep. 1985, voce cit., n. 708; e, con riferimento al previgente art. 4, n.

1, 1. 253/50, Cass. 4 settembre 1985, n. 4606, ibid., n. 707. Peraltro, in senso opposto, qualora il locatore sia socio accomandante di una so

cietà in accomandita semplice per la cui necessità agisce ex art. 73 cit., v. Cass. 28 luglio 1986, n. 4824, id., Rep. 1986, voce cit., n. 461.

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