sezione lavoro; sentenza 25 agosto 1987, n. 7009; Pres. Pandolfelli, Est. Baldassarre, P. M.Minetti (concl. conf.); Soc. Industrie navali meccaniche affini (Avv. Marini, Pugliese) c.Bologna. Conferma Trib. La Spezia 4 gennaio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1173/1174-1177/1178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181196 .
Accessed: 28/06/2014 11:48
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.223.28.130 on Sat, 28 Jun 2014 11:48:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 otto
bre 1987, n. 7630; Pres. Marziano, Est. Chiavelli, P. M. Pao
lucci (conci, conf.); Min. poste e telecomunicazioni c.
Associazione naz. mutilati e invalidi del lavoro (Avv. Moschel
la). Regolamento di giurisdizione.
Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Assun
zione obbligatoria — Atto di avviamento — Diniego di ente
pubblico — Giurisdizione amministrativa (Cod. proc. civ., art.
409; 1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni
obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende
private, art. 15).
Le controversie aventi ad oggetto la mancata assunzione di lavo
ratori da parte di un ente pubblico non economico (nella spe
cie, Azienda di stato per i servizi telefonici), in seguito alla
violazione di norme sulle assunzioni obbligatorie, rientrano nella
giurisdizione amministrativa. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 7 aprile 1979 l'As
sociazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) chiede
va al Pretore di Roma la condanna dell'Azienda di Stato per
i servizi telefonici (Asst) ad assumere immediatamente sedici ope
rai orfani o vedove di caduti sul lavoro, previa disapplicazione del silenzio-rifiuto formatosi sulla diffida notificata il 15 gennaio 1979 e, con altro ricorso del 9 aprile 1979, chiedeva al T.A.R.
della regione Lazio l'annullamento del suddetto provvedimento di diniego di assunzione.
Il ministero delle poste e delle telecomunicazioni (Azienda di
Stato per i servizi telefonici) propone ricorso per regolamento
preventivo di giurisdizione sorretto da un motivo. Resiste con
controricorso l'Anmil.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo si deduce che
il giudice amministrativo e non quello ordinario ha giurisdizione
sulla causa sia perché l'Asst è parte dell'amministrazione dello
Stato (è un ramo del ministero delle poste e telecomunicazioni
munito di autonomia contabile e finanziaria attenuata perché man
ca di organi propri) sia perché, anche se avesse natura di ente
pubblico economico, dovrebbe pur sempre trovare applicazione
il principio secondo cui negli enti pubblici economici la facoltà
di assunzione del personale costituisce esplicazione del potere or
ganizzativo dell'ente, in relazione al quale le posizioni del privato
hanno natura e consistenza di interesse legittimo. Si aggiunge che, anche in materia di assunzioni obbligatorie,
è riconosciuto il potere discrezionale della p.a. di valutare la con
venienza di coprire i posti e il momento opportuno per provvedere.
Infine, si sostiene che gli interessi fatti valere dall'Animi sono
interessi diffusi di mero fatto, avendo tale azienda perduto la
sua personalità giuridica pubblica e, quindi, la legittimazione di
cui all'art. 15 1. 482/68.
L'istanza è fondata per quanto di ragione. Anzitutto, va preci
sato che l'Azienda di stato per i servizi telefonici è parte dell'am
(1) Cfr., in senso conforme, Cass. 20 novembre 1976, n. 4359, Foro
it., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 309, richiamata in senten za. Per Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 1981, n. 620, id., Rep. 1982, voce cit., n. 260, l'inadempimento dell'obbligo delle pubbliche ammini
strazioni di pronunciarsi sulle istanze loro rivolte ai fini dell'assunzione
in base alle norme sul collocamento obbligatorio, è censurabile in sede
di giurisdizione amministrativa. Corte cost. 30 luglio 1980, n. 140, id., 1980, I, 2958, con nota di ri
chiami, ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art.
15, 2° comma, 1. 482/68, nella parte in cui demanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di assun
zioni obbligatorie di invalidi civili da parte di pubbliche amministrazioni, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost.
Da Cons. Stato, sez. VI, 1° agosto 1986, n. 588, id., Rep. 1986, voce
Concorso a pubblico impiego, n. 26, è stato affermato che l'art. 15 1.
482/68, che dispone che i provvedimenti emessi dall'amministrazione sul
le domande di assunzione nei posti riservati ai sensi della stessa legge, sono conosciuti dall'autorità giurisdizionale amministrativa, non ha pre visto un'ipotesi di giurisdizione esclusiva di tale giudice, mancando nella
norma stessa una statuizione da cui esplicitamente o implicitamente, ma
in modo univoco, possa desumersi il principio secondo cui l'autorità giu risdizionale competente a censurare i provvedimenti di avviamento al la
voro, sia in sé che nei presupposti voluti dalla legge, è il giudice amministrativo.
In tema di avviamento obbligatorio presso le amministrazioni dello Stato
e degli enti pubblici, cfr. Cass. 10 agosto 1987, n. 6869, id., 1987, I,
3251, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1988.
ministrazione dello Stato, munita soltanto di autonomia contabi
le e finanziaria attenuata.
Essa è un ramo del ministero delle poste e telecomunicazioni
e non ha organi propri: il ministro è il capo del consiglio di am
ministrazione ed il direttore tecnico dell'azienda è alle dipendenze del direttore generale delle poste (r.d.l. 23 aprile 1925 n. 520; r.d.l. 14 giugno 1925 n. 884). Al personale si applicano le dispo sizioni vigenti sugli impiegati dello Stato, salvo eventuali deroghe.
Consegue da tanto che all'Azienda di Stato per i servizi telefo
nici non possono essere applicati i principi propri delle aziende
municipalizzate e dei relativi rapporti di lavoro: queste hanno
organi propri, distinti da quelli dell'ente territoriale, che sono
la commissione amministratrice ed il direttore, che ha la direzio
ne e la rappresentanza dell'azienda.
Ciò premesso, è poi indubbio che, a norma dell'art. 15 1. 482/68, i provvedimenti di assunzione del personale presso le amministra
zioni e gli enti pubblici, non conformi alle disposizioni della legge
predetta, nonché il diniego di assunzione, possono essere impu
gnati per l'annullamento tanto in via amministrativa, quanto in
via gurisdizionale, in sede, quindi, di giurisdizione amministrati
va di annullamento.
Né tale disposizione è stata modificata dall'art. 409 c.p.c. nel
testo innovato dall'art. 1 1. 533/73 che si applica a controversie
presupponenti un rapporto di lavoro già instaurato, come esclu
sione di quelle concernenti il pubblico impiego, poiché esso non
ha innovato in materia di giurisdizione, ma solo in materia di
competenza dei giudici ordinari, come si evince dall'enunciato
«sempre che (i rapporti di lavoro) non siano dalla legge devoluti
ad altro giudice».
Pertanto, rientrano nella giurisdizione amministrativa le con
troversie aventi per oggetto la mancata assunzione di lavoratori
da parte di un ente pubblico non economico, in seguito alla vio
lazione di norme sulla assunzione obbligatoria, poiché il giudice ordinario non potrebbe annullare i provvedimenti di assunzione
emanati da una p.a. né potrebbe costituire un rapporto di pubbli
co impiego (Cass. 20 novembre 1976, n. 4359, Foro it., Rep.
1977, voce Impiegato dello Stato, n. 309). (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 agosto
1987, n. 7009; Pres. Pandolfelli, Est. Baldassarre, P. M.
Minetti (conci, conf.); Soc. Industrie navali meccaniche affini
(Avv. Marini, Pugliese) c. Bologna. Conferma Trib. La Spe
zia 4 gennaio 1984.
Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi da lavoro
dipendente — Prestazione lavorativa effettuata all'estero —
'Emigrati' iscritti nelle anagrafi della popolazione residente —
Datore di lavoro con sede in Italia — Retribuzione erogata in
Italia — Rapporto a tempo determinato — Assoggettabilità —
Esclusione (R.d. 13 novembre 1919 n. 2205, testo unico dei
provvedimenti sull'emigrazione e sulla tutela giuridica degli emi
grati, art. 2, 10; d.p.r. 31 gennaio 1958 n. 138, regolamento di esecuzione della 1. 24 dicembre 1954 n. 1228, sull'ordina
mento dell'anagrafe della popolazione residente, art. 9; d.p.r.
29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disciplina dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche, art. 3).
In tema di Irpef, i redditi derivanti da lavoro subordinato, ancor
ché non manuale, prestato all'estero da cittadini italiani 'emi
grati' rimasti iscritti nelle anagrafi della popolazione residente,
sono esclusi dalla base imponibile anche se i loro percettori
siano dipendenti di imprese con sede nel territorio nazionale,
la retribuzione sia in tutto od in parte erogata in Italia e si
tratti di rapporti di lavoro a tempo determinato. (1)
(1) In mancanza di precedenti nella giurisprudenza della Cassazione,
constano talune decisioni dei giudici tributari sostanzialmente conformi
a quella in epigrafe: cfr. Comm. trib. I grado Firenze 28 ottobre 1983,
Foro it., Rep. 1984, voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 143, in tema di insegnamento presso università estere; Comm. trib.
centrale 14 settembre 1985, n. 7570, id., Rep. 1986, voce cit., n. 174,
per il caso particolare di redditi conseguiti da marittimo imbarcato su
navi battenti bandiera estera; Comm. trib. Il grado Piacenza 10 giugno
This content downloaded from 91.223.28.130 on Sat, 28 Jun 2014 11:48:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di La Spe zia del 25 settembre 1980 Michele Bologna, assumendo di avere
prestato lavoro subordinato in Venezuela per la s.p.a. Industrie
navali meccaniche affini - Inma in virtù di contratto a tempo
determinato, conveniva in giudizio la predetta società per la con
danna al pagamento di voci diverse, tra le quali il rimborso di
trattenute fiscali indebitamente praticate. Il giudice adito, dopo aver disposto la chiamata in causa del
l'amministrazione delle finanze ed escusso quale teste Sebastiano
Marino funzionario delle imposte dirette, accoglieva la domanda
proposta contro la Inma, rilevando in motivazione che ad essa
era estranea l'amministrazione chiamata in causa.
La pronuncia appellata dalla soc. Inma trovava conferma nella
decisione indicata in epigrafe, con la quale il tribunale — premes so che il pretore aveva richiamato solo ad abundantiam la depo sizione del Marino, essendo fondata invece la decisione sul
contenuto della circolare n. 95 del 18 ottobre 1977 del ministero
delle finanze — osservava che alla luce di tale circolare, la sen
tenza di primo grado meritava adesione, in quanto dalla lettera
di assunzione risultava che questa era a tempo determinato a mo
tivo delle caratteristiche dell'incarico conferito al Bologna, che
consisteva nel collaborare in qualità di disegnatore tecnico al la
voro di allestimento e collaudo di una nave cisterna presso il can
tiere Dianca di Puerto Cabello, nonché all'addestramento del
personale venezuelano adibito alla sala disegno del predetto can
tiere, mentre la riserva del diritto di disporre il rimpatrio del di
pendente non comportava la possibilità di svolgimento dell'attività
lavorativa anche in Italia, trattandosi di clausola risolutiva espressa
prevista al punto 13 della lettera.
In conseguenza la retribuzione percepita per il periodo di per manenza all'estero non doveva essere assoggettata a ritenuta Ir
pef, mentre per il periodo successivo di lavoro in patria (dal 19
al 31 dicembre 1979) non risultava dimostrato che fosse stato
raggiunto il minimo impositivo di lire 960.000. Né sarebbe potuto sostenere che venga meno al dovere di ordi
naria diligenza il lavoratore che non si dolga immediatamente delle ritenute fiscali operate dal datore di lavoro, trattandosi di
questione di non lieve consistenza in relazione alla quale l'errore
del lavoratore non può configurare quella colpa di cui all'art.
1227 c.c.
Riteneva infine il tribunale che il comportamento dell'Inma fosse
«frutto di una erronea interpretazione delle norme vigenti, conse
guente anche ad una circolare del 1975», sicché, pur sussistendo
l'obbligo di rimborsare le trattenute irritualmente operate, appa riva equa la compensazione delle spese del grado.
La Inma s.p.a. affida il ricorso per cassazione a due mezzi
d'annullamento. Il Bologna non si è costituito.
Motivi della decisione. — La società ricorrente con i due moti
vi muove alla sentenza impugnata le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione degli art. 2, 2° comma, e
3, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, omessa e/o caren te motivazione per avere adottato un criterio interpretativo della
predetta norma in netto contrasto con quello accolto dalla circo lare n. 12/934 del 28 marzo 1975, secondo cui debbono essere considerati soggetti passivi di imposta i lavoratori che svolgono lavoro all'estero ma sono legati da rapporto di lavoro con società
che ha sede in Italia e qui conservano, pertanto, il centro dei loro affari; criterio, in ogni caso, non conciliabile con la meno
rigida interpretazione, desumibile dalla successiva circolare del
1977, secondo cui l'esclusione dell'imposizione fiscale riguarda
1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 136, relativamente alle ipotesi di lavoro
prestato in rapporto di dipendenza con impresa avente sede in Italia ed
operante all'estero; Comm. trib. II grado Terni 10 gennaio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 193, in caso di contratto di lavoro a tempo deter minato.
La non assoggettabilità ad Irpef va invece esclusa per i redditi prodotti da lavoratore inviato all'estero in trasferta, in forza di un preesistente rapporto di lavoro (v. Comm. trib. centrale 5 luglio 1985, n. 6589, id., Rep. 1985, voce cit., n. 193).
In dottrina, v. M. Alderighi, La disciplina fiscale dei redditi dei di
pendenti di imprese italiane all'estero, in Bollettino trib., 1978, 264; A.
Zopolo, Il lavoro dipendente all'estero, in Rass. imp. dir., 1978, 369; L. Pietrantonio, Sul trattamento tributario dei redditi di lavoro dipen dente prestato all'estero, in Imp. dir. erariali, 1978, I, 45; F. Petrucci, Il concetto di emigrante secondo il d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, in Riv. trib., 1974, 107.
Il Foro Italiano — 1988.
soltanto i lavoratori dipendenti titolari di specifico contratto di
lavoro che preveda la prestazione in esclusiva del lavoro nello
Stato estero.
Al contrario il Bologna era legato alla società ricorrente da
contratto, nel quale la prestazione in Venezuela era espressamen te qualificata «trasferita» (e come tale era retribuita), ed era pat tuito che parte della retribuzione doveva essere pagata in Italia
alla moglie del lavoratore.
Nello stesso contratto era previsto l'anticipato richiamo; cosa
questa verificatasi in concreto prima della scadenza dei primi no
ve mesi del contratto a termine, con la prosecuzione, sia pure
per breve tempo, del lavoro in patria.
2) Violazione e falsa applicazione dei principi sulla responsabi lità per danno, dell'art. 37 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 e del
l'art. 1227 c.c., omessa motivazione, perché, a voler seguire la
tesi della sentenza della illegittimità delle ritenute, anche un ra
gionevole dubbio giustifica le ritenute fiscali, mentre il lavoratore
avrebbe potuto chiedere il rimborso a norma dell'art. 37 cit., evi
tando cosi il danno, come prescrive l'art. 1227, 2° comma, c.c.
I due motivi, che per connessione vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
L'art. 2 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, sull'istituzione e la
disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il quale
definisce, in generale, la soggettività passiva, precisa nel suo 2°
comma che si considerano residenti (e in quanto tali sono sogget ti imponibili) le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.
In deroga al principio generale (desumibile dal coordinamento
della norma ora citata con quella del precedente art. 1), secondo
cui sono imponibili tutti i redditi delle persone residenti, il 2°
comma dell'art. 3 esclude dalla base imponibile, tra l'altro, i red diti di lavoro dipendente prestato all'estero da cittadini italiani, che sono rimasti iscritti nelle anagrafi della popolazione residente.
La deroga, che incide sulla sola base imponibile, ed opera an che nel caso di sussistente soggettività passiva d'imposta per altri
redditi, presuppone la ricorrenza di due requisiti riguardanti la fonte del reddito e la specifica posizione di cittadino emigrato.
II primo di tali requisiti che ha carattere oggettivo, si avvera tutte le volte che il reddito (altrimenti imponibile) sia il corrispet tivo della prestazione di lavoro subordinato in territorio di Stato estero.
Data la genericità e l'ampiezza della formula usata dalla legge, deve ritenersi, da un lato, che essa ricomprenda anche la presta zione di lavoro subordinato non manuale (come meglio si dirà in seguito), dall'altra, che detto requisito non viene meno se il lavoro sia prestato in virtù di contratto (anche a tempo determi
nato) con impresa avente sede nel territorio nazionale e se la re tribuzione sia, in tutto o, come si assume nella specie, in parte, erogata in Italia e sia qui utilizzata dal lavoratore o dai suoi fa miliari.
Il requisito soggettivo sussiste quando il cittadino italiano, pre statore del predetto lavoro, possa essere qualificato emigrante, anche se sia rimasto iscritto in anagrafe quale residente.
Quest'ultima precisazione esclude che sia possibile delimitare la categoria avente diritto all'esenzione in virtù della equiparazio ne alle persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente di «coloro che hanno nel territorio dello Stato la sede principale dei loro affari ed interessi o vi dimorano per più di sei mesi»
(art. 2, 2° comma). Per lo stesso motivo non può ricavarsi la definizione di emi
grante da norme, quali l'art. 9, lett. b, d.p.r. 31 gennaio 1958 n. 138 (regolamento sull'ordinamento delle anagrafi della popo lazione residente), che riguardano la posizione anagrafica, ovvero il testo unico sull'ellettorato d.p.r. 20 marzo 1967 n. 223, che a detta posizione ricollegano diritti e doveri del cittadino.
La definizione di emigrante (o emigrato) deve essere ricavata
pertanto dal coordinato disposto dell'art. 3 cit. e dell'art. 10 r.d. 13 novembre 1919 n. 2205, sulla emigrazione e la tutela giuridica dell'emigrante, il quale di questa figura fornisce l'espressa defini zione agli effetti delle leggi e dei regolamenti sull'emigrazione.
Per l'art. 10 cit. è considerato emigrante ogni cittadino che
espatri esclusivamente a scopo di lavoro manuale e per esercitare il piccolo traffico, o vada a raggiungere prossimi congiunti già emigrati a scopo di lavoro, o ritorni in paese estero, ove già pre cedentemente sia emigrato, avendo soddisfatto gli obblighi di or dine militare ex art. 9.
In base a tale definizione rimarrebbero esclusi dal predetto be neficio fiscale i prestatori di lavoro non manuale.
This content downloaded from 91.223.28.130 on Sat, 28 Jun 2014 11:48:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Va considerato però che, mentre l'art. 10 non esaurisce l'indi
viduazione degli aventi diritto alla qualifica di emigrante, preve dendo il successivo art. 17 la categoria dell'emigrante, in paesi
transoceanici, l'art. 3, cpv., cit. con la generica dizione di cui
si è detto elimina, ai fini fiscali, la restrizione al solo lavoro ma
nuale; restrizione che sarebbe difficile conciliare, sia con l'evolu
zione che hanno subito le qualifiche lavorative, sempre meno
catalogabili in base alla manualità della prestazione, sia con i
principi costituzionali sopravvenuti (art. 35 Cost.), sia con la stessa
ratio della norma agevolativa, che tende a favorire il lavoratore
costretto, comunque, a subire i disagi del lavoro fuori dai confini
dello Stato e, al tempo stesso, a rendere competitivo tale lavoro
nell'interesse generale dell'economia pubblica nazionale.
Poiché, come accertato dal giudice dell'appello il lavoro del
Bologna era stato svolto esclusivamente all'estero (Venezuela), dove
10 stesso era stato costretto a trasferirsi al solo fine di rendere
la prestazione lavorativa contrattata, la retribuzione corrisposta
gli non doveva essere assoggettata all'imposta sul reddito delle
persone fisiche.
Conseguentemente la società datrice di lavoro non avrebbe do
vuto operare la ritenuta in acconto ai sensi dell'art. 23 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 ed è responsabile verso il lavoratore
per le somme indebitamente trattenute.
Né il diritto di quest'ultimo a percepire l'intera retribuzione
può essere escluso dalle perplessità interpretative ingenerate an
che dalle circolari a cui la ricorrente (ed il tribunale) fanno riferi
mento, giacché l'errore del datore di lavoro, tenuto a corrispondere la retribuzione ed unico legittimato a determinare l'acconto d'im
posta e ad operare la ritenuta ed il relativo versamento all'erario,
non può ricadere sul lavoratore, creditore dell'integrale corri
spettivo. Nemmeno può addebitarsi a quest'ultimo di avere concorso nel
fatto del debitore, pur avendo omesso di esperire la procedura di cui all'art. 38, 2° comma, d.p.r. n. 602/73 cit. (e non art.
37, citato da parte ricorrente, il quale riguarda la riscossione per ritenuta diretta di cui all'art. 2, mentre qui si tratta di riscossione
mediante versamenti diretti ex art. 3, n. 1). L'art. 38 non esclude infatti l'esperibilità dell'azione verso il
datore di lavoro per il rimborso delle somme indebitamente trat
tenute e versate al fisco.
L'ammissibilità (e la priorità) di tale azione è anzi comprovata dalla diversità di trattamento delle distinte ipotesi di cui all'art.
37, riguardante i dipendenti statali, per la cui azione è previsto 11 lungo termine decennale di prescrizione, a fronte del ristretto
termine (diciotto mesi) di decadenza assegnato ai lavoratori pri vati per domandare il rimborso all'intendenza di finanza; e ciò,
peraltro, in posizione di subordine e svantaggio rispetto al datore
di lavoro, essendo questi il solo a conoscere l'importo delle som
me effettivamente versate o l'esatta causale del versamento, il
quale deve essere dimostrato da chi agisce in ripetizione contro
l'amministrazione finanziaria.
Poiché la sentenza impugnata, nella sostanza ispirata agli espo sti principi, ha deciso correttamente, il ricorso deve essere respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 luglio
1987, n. 6410; Pres. Lo Surdo, Est. Fiduccia, P. M. Golia
(conci, conf.); Schiavone e altro (Avv. Dalfino) c. Lepore (Aw. Avezzano Comes). Conferma App. Lecce 13 giugno 1984.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso
dall'abitazione — Trasferimento a titolo oneroso dell'immobile — Prelazione del conduttore — Condizioni soggettive — Tito
larità dell'attività svolta nell'immobile (L. 27 luglio 1978 n. 392,
disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 35, 38, 39).
Perché spetti il diritto di prelazione e riscatto di cui agli art. 38
e 39 I. 392/78, è necessario che coincidano in capo alla stessa
persona la qualità di conduttore dell'immobile e la titolarità
dell'attività produttiva o commerciale (a contatto diretto con
il pubblico) ivi esercitata, ancorché questa sia svolta dal con
duttore — eventualmente sotto forma di società di persone —
insieme ad altri soggetti estranei al rapporto di locazione. (1)
(1) Non si rinvengono precedenti in termini.
Con riferimento all'ipotesi dell'immobile sublocato, nel senso che spet
II Foro Italiano — 1988.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso gli Schiavone denunciano violazione e falsa applicazione degli art.
38, 39 e 41 I. n. 392 del 1978, degli art. 1571 ss. c.c., degli art.
2247 ss. c.c. e dei principi in materia di società di fatto in relazio
ne all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. I ricorrenti, dopo aver censurato la sentenza d'appello per ave
re — come il giudice di primo grado — mancato di riconoscere
quale caso di riscatto l'ipotesi in cui il locatore dopo la comuni
cazione della proposta di vendita e l'adesione del conduttore, si
astenga dal dare esecuzione al contratto da ritenersi perfetto, si
duole per la ritenuta necessità della coincidenza della figura del
conduttore e dell'esercente l'attività produttiva o commerciale ri
volta al pubblico. Al riguardo dai ricorrenti si sostiene che per la ratio della legge del 1978 si deve aver riguardo non tanto al
profilo soggettivo della qualità del conduttore, quanto al profilo
oggettivo dell'attività svolta nell'immobile locato, da tutelare con
la prelazione. Inoltre si deduce che nella specie si era verificata
una sostituzione nel rapporto locativo di Antonio Schiavone o
quanto meno una estensione di quel rapporto al predetto per es
sere intervenuta una comunione di interessi e, quindi, quella so
cietà di fatto con l'originario conduttore, che era ben comprovata dall'esercizio dell'attività nel negozio da parte del detto titolare
della licenza, e cosi a conoscenza ed opponibile alla proprietaria Sciatti.
II motivo non è fondato. Il giudice del merito — Corte d'ap
pello di Lecce — nella impugnata sentenza ha proceduto ad una
definizione del soggetto titolare del diritto di prelazione (e riscat
to) previsto dall'art. 38 (e 39) 1. 392/78 nel senso della necessaria
coincidenza dell'esercente l'attività considerata con il titolare del
rapporto di locazione, che — con le precisazioni che si apporte ranno — si appalesa frutto di una esatta interpretazione della
detta normativa ed in consonanza con tale definizione ha negati vamente apprezzato la titolarità di quel diritto nei ricorrenti Schia
vone con un motivato accertamento delle risultanze probatorie immune da deficienze logiche ed errori giuridici.
Va debitamente rilevato che le censure dei ricorrenti oltre che
afferire a tale apprezzamento del giudice del merito si rivolgono in primis alla adottata definizione del soggetto titolare della co
siddetta prelazione urbana, riproponendo a questa corte quella loro concezione meramente oggettiva — cioè della tutela con l'an
zidetto diritto dell'attività esercitata nell'immobile indipendente mente dalla titolarità del rapporto di conduzione — che non può ricevere suffragio alla luce della disciplina normativa del 1978.
Al riguardo deve tenersi presente che per le locazioni di immo
bili urbani non destinati ad abitazione la citata legge ha previsto
una serie progressiva di agevolazioni che vanno dalla durata del
ta al subconduttore — e non al conduttore — il diritto di prelazione ex art. 38 1. 392/78, v. Trib. Genova 23 dicembre 1986, Foro it., 1987,
I, 939, con nota di richiami. Analogamente, con riguardo al diritto all'in
dennità per la perdita dell'avviamento, v. Pret. Verona 31 marzo 1987, Arch. locazioni, 1987, 370, e Pret. Tolmezzo 10 aprile 1987, ibid., 553.
Nel senso che al conduttore che abbia sublocato l'immobile non spetta — a titolo personale e diretto — l'indennità ex art. 34 1. 392/78, v., d'altra parte, Cass. 14 aprile 1986, n. 2617, Foro it., 1986, I, 2500, con
osservazioni di D. Piombo (nonché in Giust. civ., 1987, I, 922, con nota
di Izzo, e in Giur. it., 1987, 1,1, 256, con nota di Barba), ed ivi richiami
anche della giurisprudenza secondo cui l'indennità in questione spetta al
conduttore indipendentemente dalla sua qualità di effettivo esercente del
l'attività svolta nell'immobile (Pret. Chieti 11 aprile 1985, Foro it., Rep.
1985, voce Locazione, n. 814) o di titolare della licenza commerciale (Pret. Palermo 26 ottobre 1984, ibid., n. 791, per esteso in Locazioni urbane,
1985, 105). V. altresì' Trib. Napoli 22 maggio 1986, Arch, locazioni, 1986,
672, che ha riconosciuto al subconduttore il diritto all'indennità di avvia
mento nei confronti del conduttore-sublocatore, anche se siano rimaste
intestate a quest'ultimo la licenza commerciale e l'insegna dell'esercizio; e da ultimo, in dottrina, E. Caputo, Il diritto di prelazione nella nuova
disciplina delle locazioni urbane, Cedam, Padova, 1987, 25 ss.
Circa la riferibilità ai soci dell'attività svolta in forma di società di
persone (ma non, invece, nel caso di società di capitali), sottolineata nella
motivazione della sentenza in epigrafe, v. — in tema di recesso ex art.
73 e 29, lett. b), 1. 392/78 e nel senso della deducibilità delle esigenze societarie da parte del locatore che sia socio di società di persone —
Cass. 13 dicembre 1984, n. 6535, Foro it., 1985, I, 1751, con nota di
richiami. Adde, nello stesso senso: Trib. Ravenna 25 maggio 1985, id.,
Rep. 1985, voce cit., n. 708; e, con riferimento al previgente art. 4, n.
1, 1. 253/50, Cass. 4 settembre 1985, n. 4606, ibid., n. 707. Peraltro, in senso opposto, qualora il locatore sia socio accomandante di una so
cietà in accomandita semplice per la cui necessità agisce ex art. 73 cit., v. Cass. 28 luglio 1986, n. 4824, id., Rep. 1986, voce cit., n. 461.
This content downloaded from 91.223.28.130 on Sat, 28 Jun 2014 11:48:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions