sezioni unite civili; sentenza 2 febbraio 1987, n. 930; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M.Minetti (concl. conf.); Comunità europea dell'energia atomica (Avv. De Caterini) c. Beditti (Avv.D'Amato). Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 217/218-219/220Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181043 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la Zecchin, avendo la stessa a disposizione altri locali sufficiente
mente ampi. Avverso tale sentenza le locatrici proponevano ap
pello, che veniva rigettato dal Pretore di Piove di Sacco con
sentenza del 26 gennaio 1982.
Riteneva il pretore, per quanto riguarda il presente ricorso: che
la necessità dedotta dalle locatrici era quella di destinare l'immo
bile locato a pertinenza del fondo agricolo. Ora, l'art. 29 1. n.
392 del 1978, che, in relazione all'art. 73 stessa legge, regola il
caso di recesso del locatore, rimanda alle situazioni previste dal
l'art. 27 predetta legge e, cioè, ai casi in cui il locatore intenda
adibire l'immobile ad attività «industriali, commerciali ed artigia nali». La tassatività dei casi previsti dal citato art. 27 non con
sente, quindi, una interpretazione analogica, mentre una
interpretazione estensiva non sarebbe sufficiente a ricomprendere l'attività di connessione all'agricoltura tra quelle tutelate. Le lo
catrici ricorrono, ora per cassazione sulla base di un mezzo di
annullamento. Il De Zordi resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo di annullamento, le ricorrenti Gelmi-Zecchin, denunziata violazione e falsa appli cazione dell'art. 29 in relazione agli art. 27 e 73 1. n. 392 del
1978, nonché vizio di motivazione, lamentano che il giudice di
secondo grado ha escluso l'attività agricola come legittimante il
locatore dal recedere per necessità dal contratto di locazione rela
tivo ad immobile adibito ad uso non abitativo, ritenendo che la
predetta attività non è prevista dal citato art. 27 accanto a quelle
«industriali, commerciali ed artigianali» tassativamente indicate.
La censura è infondata, e va, pertanto, accolta. È certo, infat
ti, che l'art. 27 1. n. 392 del 1978 contempla tra le attività sogget te alla normativa speciale esclusivamente quelle «industriali, commerciali ed artigianali» di interesse turistico, ex di lavoro au
tonomo e sembra, pertanto, escludere espressamente le attività
agricole.
Ora, ai sensi dell'art. 2135 c.c. sono attività agricole non solo
quelle primarie, cioè, dirette alla coltivazione del fondo, alla sil
vicoltura, all'allevamento del bestiame (1° comma) ma anche quelle cosiddette «connesse» di cui le più rilevanti sono quelle rivolte
alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli (2°
comma).
Se, intanto, l'esclusione della operatività della legge sull'equo canone in relazione alle attività agricole primarie trae la sua ratio
non solo dall'espressione letterale della norma, ma soprattutto dalla esistenza di uno specifico fattore (terra) che giustifica l'ap
plicazione della disciplina speciale dettata in materia, non altret
tanto può affermarsi per quanto concerne le attività agricole
connesse, di cui al citato 2° comma dell'art. 2135 c.c., le quali, di per se stesse non hanno un contenuto propriamente agricolo
e, quindi, potrebbero considerarsi anche attività commerciali, ma
acquistano, per disposizione legislativa, carattere agricolo allor
ché siano esercitate in connessione con una delle attività agricole fondamentali previste dal codice. Né consegue che anche l'attivi
tà secondaria di trasformazione o alienazione dei prodotti agrico
li, in quanto intesa al completo sfruttamento e all'integrale valorizzazione di questi va riferita al titolare dell'impresa agraria deve applicarsi la normativa esistente per questa ultima.
Non va escluso, tuttavia, che — a fini diversi dalla disciplina
giuridica ed economica dell'impresa — le attività extragrarie ven
gano in rilievo per la loro effettiva natura, industriale e commer
ciale, laddove rileva la valutazione dell'attività concretamente
svolta. In tale prospettiva vanno interpretate le disposizioni dei
citati art. 27 e 29 1. n. 392 del 1978, che riguardano rispettiva mente la durata delle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso
da quello di abitazione ed il diritto di recesso del locatore per
gli stessi immobili. Infatti, quando l'art. 27 considera gli immo
bili che sono «adibiti» ad attività industriali, commerciali, arti
gianali, ecc., è palese il riferimento obiettivo alla utilizzazione
concreta cui gli immobili sono destinati e allo svolgimento di cer
te attività economiche professionali, a prescindere dalla natura
giuridica dell'impresa esercente. Allo stesso modo il successivo
art. 29 prescinde dalla qualificazione del soggetto locatore che
faccia valere uno dei motivi di recesso previsti in quella norma,
ed incentra il precetto sulla utilizzazione concreta che egli intenda
fare dell'immobile di cui chiede la disponibilità. In aderenza a tale interpretazione deve, cosi, ritenersi che an
che il locatore titolare dell'impresa agricola o che intenda eserci
tare tale impresa possa ottenere la disponibilità dell'immobile
locato, quando intenda adibirlo all'esercizio dell'attività commer
ciale o industriale connessa a quella tipicamente agraria di cui
Il Foro Italiano — 1988.
all'art. 2135 c.c. o, ancora, quando intenda utilizzare l'immobile
per deposito di merci, in quanto anche tale utilizzazione deve
considerarsi attinente alle attività privilegiate dal legislatore con
la conseguenza che può anch'essa giustificare il recesso da parte del locatore (v. per riferimenti Cass. 21 luglio 1983, n. 5920, Fo
ro it., 1984, I, 910). È appena il caso di accennare che il principio innanzi indicato
trova applicazione anche nella disciplina transitoria delle locazio
ni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione per il rinvio
contenuto nell'art. 73 1. n. 392 del 1978 ai motivi di recesso di
cui all'art. 29.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, e la causa rinvia
ta, per nuovo esame al Pretore di Padova.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 2 feb
braio 1987, n. 930; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M. Mi
netti (conci, conf.); Comunità europea dell'energia atomica
(Avv. De Caterini) c. Beditti (Avv. D'Amato). Regolamento
preventivo di giurisdizione.
Giurisdizione civile — Agente di organismo comunitario — Con
troversia di lavoro — Difetto di giurisdizione del giudice italia
no (Trattato istitutivo dell'Euratom, art. 152; regolamento 29
febbraio 1968 n. 259 del consiglio, che definisce lo statuto dei
funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile
agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure
applicabili temporaneamente ai funzionari della commissione).
Si sottrae alla giurisdizione del giudice italiano, e rientra nella
giurisdizione della Corte di giustizia delle Comunità europee, la controversia instaurata da dipendente, già «agente di stabili
mentoi» e in base a nuovo contratto «agente temporaneo di
ricerca» nella sede di Ispra, per condanna della Comunità eu
ropea dell'energia atomica alla rivalutazione monetaria ed agli
interessi, per pagamento in ritardo della indennità di anzianità,
maturata in base a precedente contratto. (1)
Svolgimento del processo. — Essendo stata, il 23 dicembre 1982,
convenuta dinanzi al Pretore di Gavirate dal dipendente Romolo
Beditti — già «agente di stabilimento» e dal 30 ottobre 1976,
in base a nuovo contratto, «agente temporaneo di ricerca» nella
sede di Ispra — per essere condannata ad integrare con un sup
plemento per rivalutazione e con gli interessi previsti dal contrat
to collettivo operante tra le parti il pagamento, effettuato con
quattro mesi di ritardo, dell'indennità di anzianità liquidata per la risoluzione del primo rapporto, la commissione delle Comuni
tà europee ha proposto con tempestivo ricorso a questa corte istan
za di regolamento preventivo di giurisdizione, cui ha poi fatto
seguito con una memoria.
Il Beditti ha proposto controricorso inammissibile perché tardivo.
Motivi della decisione. — Il ricorrente sostiene che la contro
versia appartiene alla competenza della Corte di giustizia delle
Comunità europee in base a tre argomenti. Il primo è che, per essere l'obbligazione di pagamento di inte
ressi di «natura del tutto autonoma e distinta rispetto a quella
(1) In senso conforme, v. Cass. 5 gennaio 1981, n. 13, Foro it., 1981,
I, 2253, che ha ritenuto l'applicabilità alla Ceea dell'art. 1 1. 23 ottobre
1960 n. 1369, sul divieto di intermediazione di mano d'opera, per quanto
riguarda i c.d. «agenti locali» (nella specie, ai dipendenti di ditte appalta tici di lavori di manutenzione di impianti elettrici del centro di ricerche
della Comunità di Ispra, è stata riconosciuta la dipendenza diretta dalla
Comunità, con il diritto all'applicazione del trattamento più favorevole);
e Corte giust. 11 marzo 1975 causa 65/74, id., 1975, IV, 201, con ampia nota di richiami, che ha statuito: 1) che «l'art. 152 del trattato Ceea
deve interpretarsi nel senso che esso si applica non soltanto ai soggetti aventi lo status di dipendenti di ruolo o agenti diversi da quelli locali,
ma anche ai soggetti che rivendicano tale status; 2) che «la Corte di giu stizia è competente a pronunciarsi su qualsiasi controversia tra la Comu
nità e gli agenti di questa, nei limiti e alle condizioni determinate dallo
statuto o risultanti dal regime applicabile a questi ultimi».
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PARTE PRIMA
principale», per essere a sua volta «l'azione risarcitoria . . . rime
dio giuridico autonomo e distinto», per essere la pretesa sub iudi
ce fatta valere in pendenza del nuovo rapporto tra le parti e per
essere, infine, il contenzioso tra la Comunità e gli «agenti tempo ranei» devoluto per regolamento, in conformità alla disposizione
generale dell'art. 152 del trattato Ceea ed a quella particolare del richiamato «statuto» degli agenti «funzionari», alla detta cor
te, la giurisdizione si deve nel caso ritenere determinata dal fatto
che la controversia si svolge tra la commissione e un (in atto)
agente temporaneo. Il secondo argomento è che, a prescindere da ciò, il regolamen
to comunitario concernente il «regime» degli «altri agenti» defe
risce alla cognizione della Corte di giustizia anche le controversie
concernenti gli «agenti degli stabilimenti», indipendentemente dal
fatto che per il trattamento di questi è raccomandato l'adegua mento alle regole locali.
Il terzo argomento è che, a voler prescindere dall'esistenza del
le specifiche disposizioni comunitarie in materia, per forza pro
pria direttamente applicabili in Italia, la competenza del giudice nazionale sarebbe nel caso comunque esclusa dal generale princi
pio dell'immunità dalla giurisdizione — stabilita dal diritto inter
nazionale e riconosciuta dall'ordinamento italiano — di cui, al
pari di uno Stato estero, la Comunità gode per quanto riguarda i rapporti col personale stabilmente impiegato alle sue dipenden ze per l'esercizio di attività ordinate al perseguimento dei suoi
fini istituzionali, e dal fatto, oltretutto, che essa offre al suo in
terno a tali dipendenti adeguate garanzie giurisdizionali. L'assunto che la pretesa di rivalutazione e interessi relativi al
trattamento finale del primo rapporto intercorso tra le parti sia
da considerarsi riservata alla cognizione della Corte di giustizia sol perché non concernente le obbligazioni principali inerenti al
rapporto cessato e perché avanzata in pendenza del rapporto suc
cessivo è evidentemente infondato, giacché è evidente che l'adem
pimento di obbligazioni, anche se accessorie o succedanee, attinenti
all'uno dei due rapporti separato da una indiscussa soluzione di
continuo non si pone in alcun modo in relazione con la sussisten
za dell'altro.
È fondato, invece, e comporta l'assorbimento del terzo argo
mento, l'assunto che le controversie relative ai rapporti della Co
munità con gli «agenti degli stabilimenti», quale il Beditti è stato
fino al 30 ottobre 1976, sono dalle disposizioni vigenti sottratte
alla giurisdizione del giudice italiano.
L'art. 152 del trattato istitutivo della Comunità europea per
l'energia atomica (Ceea) stabilisce, infatti, che «la Corte di giu stizia è competente a pronunciarsi su qualsiasi controversia tra
la Comunità e gli agenti di questa, nei limiti e nelle condizioni
determinati dallo statuto o risultanti dal regime applicabile a que sti ultimi» e i regolamenti comunitari hanno in conseguenza ap
prontato (dapprima per ciascuna delle Comunità e poi unitariamente per tutte) uno «statuto» ed un «regime», che rego lano, rispettivamente, i rapporti con i dipendenti «funzionari»
e con tutti gli «altri agenti», tra cui erano compresi — finché
la categoria non è stata abolita col regolamento n. 2615 del 1976 — gli «agenti degli stabilimenti»; e per questi ultimi si trova nel
detto «regime» stabilito — al pari che per tutte le altre categorie di personale dipendente, con la sola eccezione degli «agenti loca
li» — che «si applicano per analogia ... le disposizioni dei titoli
VI e VII dello statuto relative al regime disciplinare ed ai mezzi
di ricorso», tra cui sono comprese quelle (art. 90 e 91), secondo
cui «qualsiasi persona cui si applica il presente statuto può pre sentare all'autorità che ha il potere di nomina reclamo avverso
un atto che le arrechi pregiudizio ...» e «la Corte di giusti zia ... è competente a dirimere ogni controversia tra la Comuni
tà e una delle persone indicate nel presente statuto circa la legalità di un atto che rechi pregiudizio a detta persona ai sensi dell'art.
90, § 2». Posto, dunque, che a fronte di tali precise disposizioni — la
cui validità ed efficacia nei confronti del nostro ordinamento so
no fuori discussione — nessun rilievo può assumere — in man
canza di contraddizioni che possano implicare deroga — il fatto
che nel disciplinare specificamente i rapporti degli «agenti degli stabilimenti del centro comune di ricerche nucleari che prestano servizio in Italia» il regolamento n. 9 del 18 dicembre 1963 si
è in parte richiamato al contratto nazionale dei metalmeccanici
ed alle leggi italiane; posto ciò, si deve (in concordanza con quanto
Il Foro Italiano — 1988.
la Corte di giustizia e questa corte hanno ritenuto e deciso con
le sentenze, rispettivamente, dell'I 1 marzo 1975, Foro it., 1975,
IV, 201 e del 5 gennaio 1981, n. 13, id., 1981, I, 2253) senz'altro
dare atto che la cognizione della controversia in esame si sottrae
alla giurisdizione del giudice italiano.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 gennaio
1987, n. 685; Pres. Chiavelli, Est. De Rosa, P.M. Pandol
felli (conci, diff.); Comune di Manduria (Avv. Scognamiglio) c. Cuberti e Minnone; Cuberti e Minnone (Avv. Mazzarelli) c. Comune di Manduria. Cassa Trib. Taranto 27 aprile 1982.
Lavoro (rapporto) — Lavoro subordinato o autonomo — Criteri
distintivi — Origine contrattuale del rapporto di lavoro — Vo
lontà delle parti — Rilevanza (Cod. civ., art. 2094, 2126, 2222).
In considerazione dell'origine contrattuale del rapporto di lavoro
subordinato, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro
come autonomo o subordinato, l'indagine del giudice non può
prescindere dalla ricerca degli elementi dai quali dedurre, an
che in via di logica presunzione, l'incontro delle volontà dirette
alla conclusione del contratto. (1)
(1). 1. - La sentenza si segnala per un inconsueto sconfinamento in terreno tipicamente deputato a dibattiti teorici, di quel genere particolar mente cruciale, cui la dottrina giuslavoristica si è dedicata lungamente e con passione.
La pronuncia rivela l'intento di precludere in modo conclusivo l'even tualità — del resto improbabile — di una riabilitazione delle concezioni dottrinali (1) che svalutano la rilevanza del contratto come fonte costitu tiva del rapporto di lavoro subordinato, nonché di quelle che, pur accet tando la tesi contrattualistica, tuttavia configurano il contratto di lavoro
come contratto a causa associativa, che pone in essere una comunione di scopo fra i contraenti (2). La preliminare delegittimazione di tali teorie
rispetto al nostro ordinamento è non solo funzionale alla censura del
procedimento argomentativo seguito nella sentenza cassata, ma va oltre le esigenze strettamente tecnico-giuridiche di giustificare la decisione di annullamento. Essa costituisce soprattutto il segnale di una inequivocabi le presa d'atto della rilevanza del dibattito dottrinale su questi temi e una sorta di omologazione dell'indirizzo teorico sempre più nutrito che intende il contratto di lavoro come contratto di scambio, la cui disciplina non è più rintracciabile sulla sola scorta delle norme del codice civile, ma risulta invece aggiornata, dalla più recente normativa e, in particola
(1) Riferimenti bibliografici sui sostenitori della tesi contrattualistica, di quelle acontrattualistiche e istituzionistiche, sono in E. Ghera, Diritto del lavoro, Bari, 1986, 80.
Per una ricostruzione dell'articolato dibattito dottrinale sull'origine con trattuale o acontrattuale del rapporto di lavoro, con accurati «distinguo» in relazione alle valenze di politica del diritto o di presupposti concettuali e teorici, sottesi a ciascuna differenziata sfumatura dei due contrapposti orientamenti, cfr. M. Pedrazzoli, Democrazia industriale e subordina zione, Milano, 1985, 84, ss.; F. Liso, La mobilità del lavoratore in azien da: il quadro legale, Milano, 1982, 38; L. Mariucci, // lavoro decentrato.
Discipline legislative e contrattuali, Milano, 1979, 65 ss., 76, nota 111; R. De Luca Tamajo, La norma inderogabile nel diritto del lavoro, Na poli, 1976, 91; M. Dell'Olio, La prestazione di fatto de! lavoro subordi nato, Padova, 1970, 22 ss., e cap. III.
(2) Per la critica agli «istituzionisti», cfr. G. Giugni, Mansioni e quali fica nel rapporto di lavoro, Napoli, 1963, 292 ss.; L. Spagnuolo Vigori ta, Gli usi aziendali, Napoli, 1965, 13 ss.; M. Persiani, Contratto di lavoro e organizzazione, Padova, 1966, 38 ss.; L. Mengoni, Lezioni sul contratto di lavoro, Celuc, Milano, 1971, 18 ss.; F. Mazziotti, Contenu to ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, 1974, 1 ss.
Per la critica agli autori che concepiscono il contratto di lavoro come contratto a causa associativa, cfr. specialmente F. Santoro Passarelli, Il lavoro nell'impresa, in Justitia, 1961, ora in Libertà e autorità nel dirit to civile. Altri saggi, Padova, 1977, 253 ss.; L. Mengoni, Contratto e
rapporto di lavoro nella recente dottrina italiana, in Riv. società, 1965, 681; Persiani, Contratto di lavoro e organizzazione, cit., 58 ss.; R. Sco gnamiglio, Diritto del lavoro. Parte generale, Bari, 1972, 65 ss.
Una versione particolarmente originale della costruzione associativa co munitaria del contratto di lavoro si deve a A. Cessari, Fedeltà, lavoro, impresa, Milano, 1969; Id., «lura» e «leges» nella disciplina dei licenzia menti individuali, in Riv. dir. lav., 1979, I, 77. Per una critica a tale
autore, cfr., da ultimo, Liso, La mobilità del lavoratore in azienda, cit., 46 ss.
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