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sezioni unite civili; sentenza 28 luglio 1986, n. 4812; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M. Fabi(concl. conf.); Abellonio e altri (Avv. D'Amato, Villani) c. Soc. Zanussi (Avv. Scognamiglio).Cassa Trib. Torino 24 aprile 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1275/1276-1283/1284Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181210 .
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1275 PARTE PRIMA 1276
alla ditta Farmocalabra, senza procedere ad alcun esame delle
questioni e delle contestazioni sollevate dalla società appellata, la quale, invece, insisteva sul proprio difetto di legittimazione
passiva per il periodo anteriore alla sua costituzione.
Ne deriva che la motivazione è solo apparente, poiché l'acco
glimento del gravame è motivato con il semplice e testuale rilie vo: «è pacifico che la società Cuzzocrea è subentrata, nella gestione dell'azienda, alla ditta individuale Farmocalabra, precedente tito
lare della stessa».
Al cennato difetto di motivazione deve ovviare il giudice di
rinvio, il quale, procedendo a nuovo esame della controversia, dovrà considerare che, nell'ambito di applicazione dell'art. 2112
c.c., vanno ricondotte tutte le ipotesi di mutamento di titolarità
della impresa, la quale, tuttavia, deve restare inalterata, in tutto o in parte, nella sua realtà economica obiettiva, indipendente mente dalla natura del mezzo giuridico mediante il quale il trasfe rimento dell'azienda di era realizzato. Pertanto, al fine di stabilire la continuità del rapporto di lavoro del dipendente, non rileva, né il mutamento della titolarità dell'impresa, né la circostanza che la ditta cedente (Farmocalabra) abbia eventualmente conti nuato ad esercitare la stessa attività economica. Quel che, invece,
importa è l'accertamento del trapasso aziendale in relazione ad
elementi oggettivi, in presenza dei quali, il licenziamento del la
voratore, seguito dalla sua immediata riassunzione, va valutato con il ragionevole sospetto che esso sia avvenuto in violazione del diritto del lavoratore all'infrazionabilità delle sue spettanze.
D'altra parte, il giudice di rinvio dovrà anche valutare se l'e sercizio dell'attività economica in questione, ossia la produzione e la commercializzazione di medicinali, sia oggetto di concessione
amministrativa, poiché, nell'affermativa, il carattere originario (e non derivativo) della concessione medesima comporta una deci sione circa l'applicabilità ad essa dell'ipotesi di trasferimento di azienda (cfr. Cass. 15 maggio 1980, n. 3219, Foro it., Rep. 1980, voce Lavoro (rapporto), n. 1183). Inoltre, la sentenza impugnata non soddisfa l'obbligo della motivazione laddove respinge l'ecce zione di prescrizione del diritto di credito, affermando che la so cietà debitrice non avrebbe dimostrato, e neppure dichiarato, di avere avuto, contemporaneamente alla Augimeri, un numero di
dipendenti, tale da rendere operante la tutela legale del posto di lavoro.
La premessa del ragionamento è esatta laddove si afferma che il termine della prescrizione decorre durante lo svolgimento del
rapporto di lavoro, qualora la stabilità di questo sia legalmente tutelata. Circostanza, quest'ultima, che deve essere provata dal datore di lavoro, mentre il lavoratore ha soltanto l'onere di pro vare la sussistenza del rapporto di lavoro dedotto in giudizio.
Tuttavia, proprio in relazione al cennato onere probatorio del datore di lavoro, il giudice del merito non può prescindere dalla
circostanza, omettendone la valutazione, quanto meno ai fini dei
poteri istruttori di cui all'art. 421 c.p.c., che il lavoratore non abbia contestato il fatto, dedotto dal datore di lavoro, di avere avuto alle dipendenze, contemporaneamente alla Augimeri, «mol tissimi lavoratori», e di avere provveduto alla gestione di un'im
presa, le cui dimensioni rendevano applicabile il principio della decorrenza della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro.
Consegue dalle argomentazioni esposte che il ricorso deve esse re accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata va, quin di, annullata e la causa rimessa, per nuovo esame, ad altro
tribunale, il quale deciderà la controversia applicando i principi sopra enunciati.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 lu
glio 1986, n. 4812; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M. Fa bi (conci, conf.); Abellonio e altri (Avv. D'Amato, Villani) c. Soc. Zanussi (Aw. Scognamiglio). Cassa Trib. Torino 24
aprile 1981.
Prescrizione e decadenza — Rapporto di lavoro — Anzianità di servizio del lavoratore — Prescrittibilità autonoma — Esclusio ne (Cod. civ., art. 2934, 2946).
Lavoro (rapporto) — Rapporto di lavoro con società estinta per fusione — Successione a titolo universale della società risultan te dalla fusione (Cod. civ., art. 2112, 2501, 2504).
Il Foro Italiano — 1988.
L'anzianità di servizio del lavoratore subordinato non forma og
getto di diritto soggettivo — come tale suscettibile di autonoma
prescrizione — ma integra il fatto giuridico, costitutivo di dirit
ti, che sono soggetti a prescrizione con decorrenza e nei termini
per ciascuno previsti. (1) La società risultante dalla fusione subentra alle società che ne
sono estinte, quale successore a titolo universale, anche nei rap
porti di lavoro subordinato e nelle relative obbligazioni, pre scindendo dalla conoscenza o conoscibilità che ne abbia al
momento della fusione. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 maggio
1986, n. 3559; Pres. Franceschelli, Est. Nuovo, P.M. Pan
dolfelli (conci, conf.); Rai-TV (Avv. Castana, Formigoni Pa
sotelli) c. Amelotti; Amelotti (Aw. Manzi, Celona) c. Rai-TV.
Conferma Trib. Milano 20 luglio 1981.
Prescrizione e decadenza — Rapporto di lavoro — Anzianità di
servizio del lavoratore — Prescrittibilità autonoma — Esclusio
ne (Cod. civ., art. 2934, 2946). Lavoro (rapporto) — Corsi di addestramento indetti ed organiz
zati dall'imprenditore — Oggetto del rapporto — Insegnamen to a fini di formazione professionale — Apprendistato —
Differenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 2094, 2130; 1. 19 gen naio 1955 n. 25, disciplina dell'apprendistato, art. 2, 12).
L'anzianità di servizio del lavoratore subordinato non forma og
getto di un diritto soggettivo — come tale suscettibile di auto
noma prescrizione — ma costituisce il presupposto di fatto per l'attribuzione di diritti, che sono soggetti a prescrizione secon
do i regimi rispettivi. (3)
(1,3) Chiamate a comporre il contrasto di giurisprudenza — in tema di prescrittibilità autonoma dell'anzianità di servizio del lavoratore su bordinato (sul quale, vedi Cass. 21 giugno 1985, n. 3743 ed altre, Foro it., 1985, I, 2599, con nota di richiami) — le sezioni unite, con la senten za in epigrafe (annotata da S. Saetta, in Mass. gen. lav., 1986, 649), confermano la soluzione negativa della questione, accolta dall'orienta mento più recente della Corte di cassazione, al quale aderiscono — oltre ché Cass. 3559/86 (pure riportata in epigrafe) ed i precedenti richiamati dalle sezioni unite (Cass. 15 maggio 1984, n. 2960, Foro it., Rep. 1984, voce Prescrizione e decadenza, n. 91; 15 giugno 1985, n. 3623, id., Rep. 1985, voce cit., n. 37; 5 dicembre 1984, n. 6379, 26 febbraio 1985, n.
1654, id., 1985, I, 2599, con nota di richiami) — anche Cass. 21 giugno 1985, n. 3473 (ibid.); 17 settembre 1985, n. 4697 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 35, annotata da A. Vallebona, Questioni sull'oggetto della pre scrizione in materia di lavoro: diritto, fatto, rapporto fondamentale, «sta tus», in Giust. civ., 1986, I, 826); 3 gennaio 1986, n. 26, 21 marzo 1986, n. 2018 (Foro it., Rep. 1986, voce cit., nn. 2684, 2641).
In senso contrario, vedi Cass. 12 febbraio 1985, n. 1196 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 33) e gli altri precedenti menzionati nella nota di ri chiami a Cass. 3743/85 ed altre, cit.
Riguarda, invece, la prescrizione (ordinaria decennale) del diritto alla
qualifica, la sentenza (Cass. 19 febbraio 1985, n. 1497, ibid., n. 96), che le sezioni unite citano quale precedente contrario all'orientamento da esse condiviso.
Su tale equivoco (presente, tra le altre nella citata Cass. 4697/85) —
in ordine alla distinzione concettuale, (anche) ai fini del regime della pre scrizione, tra anzianità di servizio e diritto a qualifica (nonché altri diritti e status) — fa chiarezza la su riportata Cass. 3559/86.
In tema di prescrizione dei diritti dei lavoratori, vanno segnalate, de iure condendo, le innovazioni alla disciplina codicistica, introdotte dal
disegno di legge sulla «disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi e norme sul campo d'applicazione della 1. 20 maggio 1970 n. 300», pre sentato al senato della repubblica in data 17 ottobre 1985 dal senatore G. Giugni ed altri (id., 1986, I, 1185), laddove (art. 26) prevede la so
spensione della prescrizione, oltre che nei casi previsti dall'art. 2941 c.c., anche «tra prestatore e datore di lavoro, in costanza di uno dei rapporti di lavoro di cui agli art. 409 c.p.c.» e inoltre introduce l'art. 2948 bis c.c., in forza del quale «i diritti del prestatore di lavoro subordinato si estinguono per prescrizione in un anno dalla data di cessazione del
rapporto». Tale disegno di legge ha formato oggetto di un incontro-dibattito (con
relazioni di Giugni e Mengoni), organizzato dalla sezione umbra del Centro nazionale studi di diritto del lavoro «D. Napoletano» (Perugia 16 gen naio 1987), ed è commentato, anche nella parte relativa alla prescrizione dei diritti dei lavoratori, da S.Centofanti (Prime considerazioni su un
progetto di nuova disciplina dei licenziamenti, in Dir. lav., 1986, I, 336, spec. 356 ss.), R. Greco (Note su una proposta di riforma della discipli
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il rapporto, che si instaura tra l'imprenditore che indica ed orga nizzi corsi di addestramento professionale e l'allievo che vi par
tecipi, ha per oggetto soltanto l'insegnamento diretto a fini formativi, mentre la prestazione di attività fisica ed intellettua
le dell'allievo esula dal sinallagma contrattuale e, ove non sia
strumentalmente diretta ed indispensabile agli stessi fini, dà luogo allo speciale rapporto di lavoro dell'apprendistato (nella specie, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza del giudice di merito, che aveva negato l'esistenza di un rapporto di mero
addestramento professionale, essendo gli allievi tenuti ad osser
vare orari e ritmi di produzione di lavoratori dipendenti, perce
pendo l'indennità di disagio prevista per la loro particolare
attività). (4)
I
Motivi della decisione. — Col primo mezzo del ricorso la sen
tenza del tribunale è censurata — sotto i profili della violazione
e falsa applicazione dell'art. 2934 c.c. e della contraddittorietà
della motivazione — per aver ritenuto prescritto «il diritto del
l'appellante all'accertamento giudiziale dell'esistenza o meno» —
nel periodo controverso — «di un rapporto di lavoro subordina
to» costituente «fonte» e «presupposto» dei singoli diritti posti a fondamento delle sue domande; laddove avrebbe dovuto essere
ritenuto che questi ultimi trovavano diretto fondamento nel con
tratto o nella equipollente situazione di fatto che aveva dato vita
al rapporto, che questo non era oggetto di un diritto a sé stante, né in ogni caso il suo autonomo accertamento poteva essere con
siderato presupposto necessario dell'accertamento degli altri e che
pertanto il fondamento della proposta eccezione di prescrizione andava verificato per ciascuna pretesa con riferimento al momen
to inziale della possibilità di farla valere e non al tempo dei fatti
cui si riferiva. Col secondo mezzo si addebita al tribunale di avere — in viola
zione e con falsa applicazione degli art. 2935, 2946 e 2948, nn.
4 e 5, c.c. — assunto come termine iniziale del corso della eccepi ta e ritenuta prescrizione (decennale) il 1° maggio 1965 (data del
la formale instaurazione del rapporto con la Castor) senza tener
conto — in conseguenza dell'avviso censurato col primo motivo — della sospensione del detto corso, giusta quanto disposto dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 63 del 1966 (Foro it., 1966,
I, 985), sino all'entrata in vigore della 1. n. 300 del 1970, che
aveva assicurato condizioni di effettiva stabilità alle posizioni dei
lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, e senza rilevare
na dei licenziamenti, in Questione giustizia, 1986, n. 3, 349, spec. 374) nonché da S. Chiusolo (Il disegno di legge Giugni sulla disciplina dei
licenziamenti individuali e collettivi: verso il diritto del lavoro della ri
strutturazione o della restaurazione?, in Lavoro 80, 1986, 995). Cfr. an che i richiami nelle note in Foro it., 1988, I, 792 e id., 1987, I, 2031.
La successiva giurisprudenza della Corte di cassazione si è conformata al principio di diritto enunciato dalle sezioni unite (vedi, per tutte, Cass. 462 e 306/88, Foro it., Mass.; 9373, 8538, 8409, 8398, 6940, 5917, 5777, 5347, 5327, 5271, 3258/87, id., Mass., 1529, 1416, 1393, 1389, 1190, 1005, 977, 917, 913, 900, 559).
(2) In senso conforme, v. Cass. 8 novembre 1983, n. 6612, Foro it., 1985, I, 106 con nota di richiami.
Sul trasferimento d'azienda, vedi G. Meliadò, Trasferimento e ristrut
turazione delle aziende in crisi: precisazioni di disciplina e distinzioni «on
tologiche» (nota a Cass. 28 marzo 1985, n. 2187, id., 1986, I, 172), al
quale si rinvia per riferimenti ulteriori. Sullo stesso tema, vedi, altresì, M. De Luca, Licenziamenti collettivi,
trasferimenti d'azienda, crisi dell'impresa procedure concorsuali e «tute le» dei lavotatori nel diritto comunitario: brevissime note sullo stato di
«conformazione» dell'ordinamento italiano (note a Corte giust. Ce 6 no vembre 1985, causa 131/84, ed altri, id., 1986, IV, 109); Corte giust. 10 luglio 1986, causa n. 235/84 (Dir. lav., 1986, II, 426 con nota di
Foglia), che ha accertato l'inadempimento della repubblica italiana agli obbligi comunitari in tema di trasferimento d'azienda (tale sentenza sarà
riportata in un prossimo fascicolo). (4) In senso conforme, vedi Cass. 7 aprile 1981, n. 1958, Foro it.,
1982, I, 218, con nota di richiami. Adde: Cass. 23 luglio 1984, n. 4330
(id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 712, e, per esteso, in Giur.
it., 1986, I, 1, 1413); 2 dicembre 1983, n. 7227 (Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 567); 3 ottobre 1983, n. 1590 (ibid., n. 513, e, per esteso, in Giust. civ., 1983, I, 3314).
In tema di apprendistato, vedi, da ultimo, Cass. 21 ottobre 1986, n.
6180, Foro it., 1986, I, 3013, con nota di richiami, con riferimento al
recesso dal rapporto del datore di lavoro.
Il Foro Italiano — 1988.
che l'avviso seguito, comportando l'inapplicabilità della detta so
spensione, nel caso di diritti venuti a mancare per effetto della
prescrizione del diritto all'accertamento della situazione giuridica che ne costituisce il presupposto, avrebbe dovuto esigere un nuo
vo giudizio sulla costituzionalità di cosiffatta disciplina. Col terzo mezzo si censura — ravvisandovi violazione e falsa
applicazione degli art. 2116, 2° comma, 2934, 2935 e 2946 c.c.
e insufficienza e contraddittorietà di motivazione — la dichiara
zione di estinzione anche del diritto a risarcimento per omessa
regolarizzazione assicurativa nel periodo controverso, frutto an
ch'essa dell'erroneo avviso censurato col primo motivi e della man
cata considerazione che tale diritto, potendo essere fatto valere
solo dopo che l'adempimento contributivo fosse divenuto impos sibile e che in conseguenza di ciò si fosse determinata la perdita di una prestazione previdenziale di cui ricorressero tutti gli altri
presupposti, non poteva iniziare a prescriversi quando, alla data
indicata, la detta ipotesi non poteva ancora essersi avverata.
La censura esposta col quarto mezzo — in cui si prospettano violazione e/o falsa applicazione degli art. 2054, 2112 e 2727 c.c.,
degli art. 115 e 116 c.p.c. e difetto di motivazione su punti decisi
vi — si appunta sulla ritenuta applicabilità e sulla concreta appli cazione fatta nel caso delle disposizioni dell'art. 2112 con
l'affermazione della non opponibilità alla Zanussi del rapporto con la Castor nel periodo controverso, laddove, a parte il fatto
che ogni pronuncia al riguardo doveva considerarsi preclusa dalla
ritenuta prescrizione dei diritti in questione, avrebbe dovuto esse
re rilevato che la Zanussi era succeduta alla Castor a titolo, non
particolare, ma universale, con conseguente assunzione di tutte
le obbligazioni a carico di quest'ultima e che alla luce degli ele
menti di prova acquisiti, ma non presi in considerazione, non
poteva comunque negarsi la consapevolezza, da parte della resi
stente, del detto rapporto. Col quinto mezzo, infine, si addebita al tribunale di aver affer
mato — incorrendo nei vizi di omessa e insufficiente motivazione
e di violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. — che
nelle prestazioni fornite dalla ricorrente alla Castor nel periodo controverso si configurava un «lavoro parasubordinato» e per averne tratto la conclusione della insussistenza di tutti i diritti
in questione; laddove dall'esame indebitamente omesso delle pro ve acquisite sarebbe chiaramente risultato che le dette prestazioni erano state fornite sotto vincolo di stretta subordinazione e lad
dove oltretutto da una adeguata analisi della figura, non codifi
cata, del rapporto di lavoro parasubordinato si sarebbe dovuto
trarre la conclusione che anch'esso comportava, secondo autore
voli precedenti giurisprudenziali, il diritto alla percezione di una
indennità di anzianità.
La questione della prescrittibilità del diritto all'accertamento
di un'azianità di servizio maggiore di quella riconosciuta dal da
tore di lavoro di cui si occupa il primo motivo del ricorso è stata
dalla sezione lavoro risolta con numerose sentenze — ultima quella del 19 febbraio 1985, n. 1497 (id., Rep. 1985, voce Prescrizione
e decadenza, n. 96) — in senso positivo: e con quattro recenti
sentenze (del 15 maggio 1984, n. 2960, id., Rep. 1984, voce cit., n. 91; del 5 dicembre 1984, n. 6379, del 26 febbraio 1985, n.
1654, id., 1985, I, 2599 e del 15 giugno 1985, n. 3623, id., Rep. 1985, voce cit., n. 37) in senso negativo.
Di qui l'assegnazione della causa alle sezioni unite per la com
posizione del contrasto.
Delle due soluzioni la corte ritiene esatta la seconda.
Il nodo essenziale della questione è costituito dal duplice di
lemma se, da un canto, l'anzianità sia o non sia oggetto di un
diritto e se, dall'altro, la prescrizione possa o non possa operare su situazioni in cui non si configuri un diritto; e i due quesiti,
posti in questi essenziali termini, trovano una chiara risposta già nella semplice lettera dell'art. 2934 c.c. secondo cui «ogni diritto
si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge».
Infatti l'anzianità di servizio non è certamente un bene della
vita in ordine al quale siano esercitabili poteri giuridici, ma solo
la dimensione temporale che connota — come le sue varie moda
lità di svolgimento — un determinato rapporto di lavoro e che
come tale contribuisce a definire in concreto la reciproca posizio ne delle parti nell'ambito di questo; non è ontologicamente passi
bile, dunque, non solo, evidentemente, di disposizioni traslative, ma neppure di disposizioni abdicative, giacché una ipotetica ri
nunzia ad essa non potrebbe in realtà essere intesa, se non
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1279 PARTE PRIMA 1280
come espressione sintetica della rinunzia (ricadente sotto la disci
plina dell'art. 2113 c.c.) ai singoli diritti di cui si ponga a presup
posto; e corrispondentemente è da escludersi che su di essa —
o sulla possibilità del suo accertamento — possa operare con ef
fetto unitariamente abrogativo una volontà di legge che concerne
invece distintamente — con diversità di previsioni edittali e di
possibili applicazioni concrete in relazione ad eventualità (come le sospensioni e le interruzioni) per ciascuno variabili — solo i
singoli diritti. L'anzianità non è neppure uno status, né elemento costitutivo
di uno status, perché la posizione giuridica del lavoratore nel rap
porto col datore di lavoro è priva di quella valenza erga omnes, di ordine pubblico, che, come è noto, caratterizza gli status (di
cittadino, di coniuge, di figlio) che l'ordinamento conosce; e quan d'anche in tale posizione si volesse poi ravvisare, come è ritenuto
in alcune delle sentenze da cui si dissente, una situazione o un
elemento determinante di una situazione soggettiva in certo mo
do assimilabile ad uno status, tale assimilazione — in definitiva
senza costrutto — non potrebbe di certo condurre alla conclusio
ne della prescrittibilità, giacché gli status sono per definizione — e non tanto perché i diritti ad essi inerenti sono indisponibili,
quanto perché non sono essi stessi diritti — insuscettibili di estin
zione per prescrizione. Né può, in alcun modo, giovare alla tesi della prescrittibilità
la considerazione delle esigenze di certezza del diritto e degli in
convenienti che per converso comporta il protrarsi oltre i termini
di prescrizione della possibilità di contese tra gli interessati; giac ché è da un canto risaputo che la ratio dell'istituto della prescri zione comprende — oltre alla filosofia del tempus omnia solvit
e alla preoccupazione per la difficoltà di provare circostanze di
fatto remote — un intento sanzionatorio — posto, anzi, in primo
piano — dell'inerzia del titolare del diritto che è inconcepibile in rapporto ad una situazione di mero fatto; e sarebbe, dall'altro,
paradossale che una situazione venuta obiettivamente in essere
possa agli effetti giuridici considerarsi cancellata per decorso di
tempo prima che per decorso di tempo possa essersi estinto alcu
no dei diritti che essa comporta — si pensi all'indennità di fine
rapporto, che comincia a prescriversi solo dalla cessazione di que
sto, al risarcimento del danno da omessa contribuzione, la cui
prescrizione prende corso solo dal momento in cui si sarebbe ma
turato il diritto alla prestazione previdenziale — e che, giusto, la qualificano come realtà di rilievo giuridico.
L'anzianità di servizio può dunque essere sempre oggetto di
accertamento giudiziale, purché soltanto, come richiede l'art. 100
c.p.c., la relativa domanda sia sorretta da un adeguato interesse;
ossia, purché la giuridica certezza riguardo ad essa sia strumento
indispensabile per l'affermazione di specifici diritti, tuttavia eser
citabili. Posto, dunque, che il tribunale, pur riconoscendo che «di per
se stesso un fatto è sempre accertabile», ha ritenuto che «si pre scrive il diritto alla dichiarazione giudiziale dell'esistenza di un
rapporto di lavoro subordinato» e che tale prescrizione «co
pre . . . non solo le differenze retributive richieste per ferie e G.N.
(che sarebbero comunque già coperte dalla prescrizione ex art.
2948, n. 4, c.c.) ma anche quelle a titolo di indennità di anziani
tà», in quanto «essa estingue ogni diritto che trovi la sua fonte
in quello già prescritto e preclude qualsiasi possibilità di ricostru
zione della carriera con riferimento al periodo prescritto, sotto
ogni aspetto, compreso quello contributivo», si deve dare atto
che, per quanto si è detto, e per la conseguente impossibilità di
configurare nell'ambito del rapporto di lavoro la derivazione di
tutti i diritti del lavoratore (non già direttamente dal contratto,
ma) da un ipotetico diritto fondamentale, il primo motivo del
ricorso — che è sostenuto dall'interesse all'integrazione della in
dennità di anzianità e delle percepite retribuzioni (in ordine alle
quali è mancata, malgrado l'avviso al riguardo espresso in via
ipotetica per le seconde, una autonoma pronunzia di estinzione) — risulta fondato e va accolto per quanto di ragione. Occorre
infatti procedere ad una puntuale verifica del fondamento del
l'eccezione di prescrizione, tenendo distinte, ai fini del computo del tempo, la pretesa all'integrazione dell'indennità di anzianità — il diritto alla quale matura, come s'è rilevato, all'atto della
cessazione del rapporto di lavoro — dalle pretese ad integrazioni di altri emolumenti, le quali invece si sarebbero dovute percepire nel corso del rapporto stesso.
Il secondo e il terzo motivo, avendo oggetti dipendenti, restano
evidentemente assorbiti.
Il Foro Italiano — 1988.
Il quarto motivo è anch'esso fondato, giacché il tribunale, nel
ritenere che nella specie fosse in principio applicabile l'art. 2112
c.c., regolante gli effetti dei trasferimenti di azienda sui rapporti di lavoro, ma che tuttavia l'Abellonio non poteva far valere nei
rapporti della resistente il rapporto in precedenza svolto con la
Castor per non aver «dimostrato . . . che la soc. Zanussi fosse
al corrente della sua situazione all'interno dell'azienda al momento
del passaggio della stessa in proprietà della società medesima», non ha tenuto conto del fatto, addotto dalla ricorrente e riferito
come pacifico nella parte narrativa della sentenza che tra le due
società era intervenuto, non un trasferimento di azienda, ma una
fusione nel febbraio 1970 sotto la ragione sociale «Zanussi s.p.a.», con la conseguenza — vero l'assunto — che i rapporti col perso nale dipendente di ciascuna delle due società continuavano a svol
gersi con quella risultante dalla fusione in forza, non già dell'art.
2112, ma dell'art. 2504 c.c., ossia in forza di una successione
a titolo, non particolare, ma universale (Cass. 8 novembre 1983, n. 6612, id., 1985, I, 106), in relazione alla quale l'asserta incon
sapevolezza veniva a mancare di qualsiasi rilievo.
Egualmente fondato è, infine, il quinto motivo, perché l'affer
mazione del giudice a quo che comunque le prove esperite hanno
dimostrato che nella specie si tratta di un lavoro parasubordinato con i caratteri di continuità e coordinazione nel senso che l'attivi
tà di lavoro veniva svolta dalla Abellonio in assenza di precisi ordini da parte della datrice di lavoro, ma era teleologicamente connessa con i fini economici perseguiti da quest'ultima manca
del supporto di una specifica indicazione delle concrete circostan
ze di fatto prese in esame, solo in riferimento alle quali sarebbe
possibile il controllo, di legittimità, della dipendenza della adot
tata conclusione da una argomentazione logicamente corretta.
Accolti, pertanto, i motivi primo, quarto e quinto del ricorso, dichiarati assorbiti i rimanenti e cassata in conseguenza la senten
za impugnata, la causa deve essere rinviata per nuovo esame ad
altro giudice d'appello.
II
Motivi della decisione. — I due ricorsi, essendo diretti contro
la medesima sentenza, vanno riuniti d'ufficio a norma dell'art.
335 c.p.c. Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando la vio
lazione e falsa applicazione dell'art. 2946 c.c. nonché l'omessa
motivazione su un punto decisivo, lamenta la Rai che il tribunale
senza motivazione alcuna abbia disatteso la sua eccezione di pre scrizione decennale del diritto a rivendicare una maggiore anzia
nità, diritto che, secondo la giurisprudenza di questa corte, decorre
anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.
Contro lo stesso capo di sentenza si rivolge il ricorso incidenta
le dei lavoratori, con il quale, denunciando la violazione degli art. 2946, 1414 c.c., 1422, 2126 c.c., nonché omessa motivazione
sul punto, si dolgono che il tribunale, dopo aver affermato l'esat
to principio, secondo il quale l'effettiva data di inizio del rappor to di lavoro è un fatto e non un diritto, abbia affermato che
la pretesa di fondare dei diritti su tale accertamento è sicuramen
te soggetto all'ordinario regime di prescrizione. Il discorso, secondo i resistenti, va invece ristretto agli effetti
della situazione di fatto, nel senso che i singoli diritti a certi trat
tamenti economici derivanti dalla situazione di fatto sono pre scrittibili con riferimento alla maturazione di ciascun diritto a
tale trattamento e non dal giorno del maturare del loro remoto
presupposto di fatto.
Entrambi i motivi (quello del ricorso principale e quello del
ricorso incidentale) sono infondati. (Omissis) Ciò premesso, non è esatto che il tribunale non abbia nemme
no esaminato l'eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla
Rai, perché anzi ne ha tenuto conto per quanto attiene alla pre scrizione del diritto di progressione automatica. La verità è, pe
rò, che l'eccezione dell'azienda non si riferiva a tale diritto, ma
all'accertamento della maggiore anzianità dei lavoratori alle sue
dipendenze, quale rivendicazione di una posizione soggettiva (o
status) di lavoratore subordinato: è eccezione questa, che se fosse
stata ritenuta fondata dal tribunale, avrebbe dovuto comportare la dichiarazione di estinzione di tutti i diritti fatti valere dai lavo
ratori, salvo i casi di avvenuta interruzione, essendo pacifico che
la presente causa è sorta a ben oltre dieci anni di distanza dai
contestati corsi di istruzione professionale.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Obiettano però a questo proposito i resistenti che l'accertamento
da loro richiesto è imprescrittibile, perché diretto a far dichiarare
la nullità del contratto simulato avente ad oggetto la formazione
professionale degli allievi, con la conseguenza che, trattandosi di
un rapporto di lavoro, dalla nullità di tale contratto deriva ex
art. 2126, 1° comma, c.c. la pienezza dei suoi effetti per quanto
riguarda i diritti dei lavoratori.
Tale tesi è però del tutto infondata. Va in primo luogo rilevato
in fatto che non è stato dedotto che fra la Rai e i lavoratori
fosse intervenuto un accordo simulatorio diretto a far apparire un rapporto di formazione professionale per occultare un rap
porto di lavoro subordinato, effettivamente voluto dalle parti; né tale questione può essere sollevata per la prima volta in Cas
sazione.
Va poi rilevato che, anche se tale simulazione fosse stata pro
vata, le pretese dei lavoratori si baserebbero pur sempre sul con
tratto di lavoro dissimulato e sarebbero soggette a prescrizioni secondo i principi generali.
Il richiamo all'art. 2126 c.c. è poi del tutto fuori luogo, sia
perché esso si applica quando è nullo o è annullato il contratto
di lavoro, mentre nel caso ipotizzato dai resistenti la nullità colpi rebbe il rapporto simulato di formazione professionale e porte rebbe come conseguenza a riconoscere validità proprio al rapporto di lavoro; sia perché l'art. 2126 fa salvi gli effetti già prodotti dal rapporto dichiarato nullo, ma non sottrae affatto alla prescri zione i diritti sorti da tale rapporto.
L'eccezione proposta dalla Rai trova fondamento in una parte della giurisprudenza di questa corte, secondo la quale l'accerta
mento del diritto allo status di lavoratore è soggetto alla prescri zione decennale, decorrente anche in costanza del rapporto di
lavoro.
Va subito rilevato che in tali sentenze il termine status non
viene utilizzato nel suo significato tecnico di qualità giuridica, che deriva ad un soggetto dalla sua appartenenza necessaria o
volontaria a un gruppo, a una classe, a una comunità o allo Sta
to, qualità giuridica che costituisce il presupposto per l'applica zione al soggetto medesimo di una serie di norme, integranti una
situazione giuridica uniforme e omogenea per tutti i soggetti in
possesso di quello status.
Sotto questo profilo lo status di lavoratore viene in rilievo ai
fini dell'applicabilità di una serie di norme costituzionali e non, che su tale qualità giuridica si basano (ad es. diritto ad una retri
buzione adeguata, diritto all'assistenza e alla previdenza sociale, diritto di associazione sindacale, diritto di sciopero, diritto di ma
nifestazione del pensiero nei luoghi di lavoro, ecc.). In tale signi
ficato, però, lo status non è un diritto, ma costituisce il presupposto
specifico in base al quale sono attribuiti, alla persona che ne ab
bia il possesso, poteri, diritti, facoltà ed obblighi: esso è perciò
per sua natura irrinunciabile e imprescrittibile. Ora è vero che lavoratore è colui che è parte di un rapporto
di lavoro, ma ciò non significa che lo status di lavoratore costi
tuisca un diritto, nascente dal rapporto, perché lo status deriva
dalla legge e trova nel rapporto il presupposto di fatto perché
possa esplicarsi. Del tutto errato sarebbe poi indicare col termine status il com
plesso di diritti e obblighi nascenti dal rapporto di lavoro, per
ché, trattandosi di situazioni soggettive che derivano non
dall'appartenenza ad un particolare ordinamento giuridico, ma
dalla stipulazione di un contratto, l'uso di tale termine in questo contesto finirebbe col privare detta situazione soggettiva di qual siasi rilevanza giuridica autonoma. È infatti del tutto inutile e
fuorviante parlare di status del lavoratore (come di status del ven
ditore, del locatore, dell'appaltatore, ecc.) per indicare riassunti
vamente i diritti e gli obblighi contrattualmente assunti da ciascuna
parte di un rapporto obbligatorio; e soprattutto non avrebbe al
cuna rilevanza sul piano giuridico, tanto meno su quello della
prescrizione, in relazione alla quale sono soggetti ad estinzione,
spesso in termini diversi, i singoli diritti nascenti dal rapporto, e non l'intera situazione giuridica spettante ad una parte del rap
porto medesimo.
Per la verità nella giurisprudenza di questa corte il termine sta
tus viene utilizzato in senso improprio, quasi sempre per indicare
la posizione del lavoratore nell'impresa, conseguente ad una de
terminata qualifica (vedi, ad es., Cass. 19 gennaio 1984, n. 482,
Foro it., Rep. 1984, voce Prescrizione e decadenza, n. 83; 5 mag
gio 1983, n. 3091, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 14, 32; 4 feb
braio 1983, n. 928, ibid., n. 35; 20 giugno 1981, n. 4052, id.,
Il Foro Italiano — 1988.
Rep. 1981, voce cit., n. 157, ecc.). È noto, infatti, che la promo zione o l'espletamento di fatto di mansioni superiori comporta l'attribuzione al lavoratore di una serie di diritti, alcuni dei quali
attengono ad una determinata collocazione nell'organizzazione aziendale e alle derivanti posizioni di vantaggio (diritto alla car
riera, alle mansioni inerenti alla qualifica, eventuale passaggio di categoria, ecc.: tutti diritti questi ricompresi nel suddetto uso
improprio del termine status) e altri attengono, invece, alle diffe
renze retributive connesse con la nuova qualifica: distinzione questa che ha assunto particolare rilievo proprio in materia di prescri
zione, dopo che la giurisprudenza costituzionale ha affermato il
principio della non decorrenza della prescrizione quinquennale dei
crediti di lavoro durante il rapporto medesimo, che non sia assi
stito da stabilità, mentre gli altri diritti inerenti alla qualifica (i cosiddetti diritti di status, appunto) sono soggetti alla prescrizio ne decennale, insuscettibile di sospensione durante il corso del
rapporto. Ma non di questo si tratta nella specie. Vi sono alcuni istituti
legali e contrattuali in cui l'anzianità del lavoratore alle dipen denze dell'azienda costituisce presupposto (unico o unito ad altri)
per il conseguimento di determinati diritti (promozioni, scatti di
stipendio, indennità di fine rapporto e, per alcune normative col
lettive, anche diversa durata delle ferie, del periodo di comporto,
ecc). Ora è vero che ciò che conta non è il semplice fatto naturale
del decorso del tempo, ma la durata nel tempo di un determinato
rapporto giuridico: tuttavia in tali ipotesi l'esistenza del rappor
to, anche se il relativo accertamento implica la soluzione di pro blemi circa la definizione giuridica di una parte di esso (come nella specie in cui si discute se nel primo periodo sia intercorso
tra le parti un rapporto di lavoro vero e proprio o un rapporto di istruzione professionale), viene dedotto non come fonte di di
ritto (per es. alle differenze retributive dovute come dipendente
rispetto alla borsa di studio corrisposta come partecipante ai cor
si di istruzione: diritto questo certamente prescritto, perché tali
corsi si erano svolti ben al di là dell'ultimo decennio) ma come
fatto giuridico rilevante ad altri effetti. Non esiste dunque un
diritto all'anzianità di ignoto contenuto autonomamente prescri
vibile, ma esiste un'anzianità, che costituisce presupposto di fatto
per l'attribuzione di alcuni diritti, questi si soggetti a prescrizione secondo il regime loro proprio (prescrizione decennale per il dirit
to alla qualifica, prescrizione quinquennale per il diritto alle dif
ferenze retributive, all'indennità di fine rapporto, ecc.) (vedi in
questo senso Cass. 10 dicembre 1984, n. 6494, id., Rep. 1984,
voce Lavoro (rapporto), n. 2341; 5 dicembre 1984, n. 6379, 15
maggio 1984, n. 2960, ibid., voce Prescrizione e decadenza, nn,
89,91). In questo senso ha deciso il Tribunale di Milano, il quale ha
fatto decorrere il termine decennale di prescrizione dei diritti alla
ricostruzione della carriera non dal momento di svolgimento dei
corsi (come avrebbe dovuto fare se avesse accolto la tesi della
Rai di una pretesa prescrizione del diritto di status) ma dal mo
mento di maturazione dei singoli diritti, per cui del tutto incom
prensibile diventa la censura mossa dai ricorrenti incidentali; i
quali fra l'altro esplicitamente riconoscono che «la relativa pre scrizione decorre dal giorno della . . . maturazione» dei singoli diritti.
Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando la
violazione e falsa applicazione degli art. 1241 ss. c.c. nonché omes
sa motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta
la Rai che il tribunale non abbia accolto la sua domanda ricon
venzionale di restituzione di quanto percepito dai singoli ricor
renti a titolo di borse di studio, crediti questi immediatamente
liquidi ed esigibili, a differenza delle spettanze richieste dai lavo
ratori, che devono essere liquidate in separato giudizio. Sostiene
che del tutto insufficiente è la motivazione sul punto della senten
za, laddove afferma che «le gratifiche vanno imputate a retribu
zioni parziali» senza affrontare in alcun modo il punto
dell'impossibilità nella specie di una compensazione parziale per
difetto di pari liquidità dei due crediti. Anche questo motivo è infondato. I lavoratori non hanno chie
sto che il rapporto di istruzione professionale fosse dichiarato
nullo, ma hanno sostenuto che tale rapporto, dopo l'insegnamen to di alcune nozioni teoriche, si era trasformato in un vero e
proprio rapporto di lavoro subordinato. Tale tesi (accolta dai giu
dici di merito) non comportava che diventasse senza titolo quan
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1283 PARTE PRIMA 1284
to percepito dagli allievi come borsa di studio, perché le presta zioni di attività vi erano state e se mai esse dovevano essere retri
buite in misura maggiore. Ma nella specie non era stata nemmeno proposta questa do
manda, in quanto l'accertamento della maggiore anzianità veniva
fatta valere solo agli effetti della carriera e degli scatti di stipen
dio, successiva a tale periodo, per cui non appare chiaro su quale fondamento giuridico si basi la richiesta di restituzione delle som
me a suo tempo versate dalla Rai a titolo di borsa di studio.
Con il terzo motivo, denunciando la violazione e falsa applica zione dell'art. 2697 c.c. nonché la contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia, lamenta la Rai che
il tribunale abbia ritenuto sussistente un rapporto di lavoro su
bordinato nel periodo di svolgimento del corso, senza considera
re che l'addestramento professionale era necessario per completare la preparazione solamente scolastica dei partecipanti e che la cor
responsione di gratifiche variabili e solo ad alcuni degli allievi
non poteva avere altro fondamento che nel progresso dell'appren dimento di alcuni rispetto ad altri.
Anche questo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza costante di questa corte, nel rapporto che si istituisce nei corsi
di perfezionamento per lavoratori, indetti dalle imprese con auto
nomia di regolamentazione, organizzazione e funzionamento, l'in
segnamento diretto alla formazione professionale dell'allievo
costituisce l'unico oggetto del contratto e la prestazione di attivi
tà fisica e intellettuale da parte dello stesso allievo non può essere
utilizzata nell'impresa, essendo essa estranea al sinallagma con
trattuale (Cass. 23 luglio 1984, n. 4330, id., Rep. 1984, voce La
voro (rapporto), n. 712; 2 dicembre 1983, n. 7227, id., Rep. 1983, voce cit., n. 567; 3 marzo 1983, n. 1590, ibid., n. 513).
Perché tale rapporto non diventi di lavoro subordinato (ap
prendistato) e il tempo trascorso per la frequenza dei corsi non
possa cumularsi all'effettiva anzianità di servizio è imprescindibi
le, dunque, che la prestazione dell'allievo sia strumentalmente di
retta a siffatta formazione e sia richiesta solo nei limiti in cui
sia indispensabile alle necessità del tipo di insegnamento da im
partire. Ora nella specie è stato accertato in fatto che gli allievi erano
tenuti ad osservare gli orari e i ritmi di produzione propri della
squadra cui erano addetti, percependo anche l'indennità di disa
gio prevista per la particolare attività.
Appare pertanto immune da vizi logici e giuridici la motivazio
ne della sentenza, che, sulla base di questi fatti, ha ritenuto che
le prestazioni richieste agli allievi erano uguali a quella dei lavo
ratori dipendenti dalla Rai e quindi eccedevano le necessità del
l'apprendimento. Entrambi i ricorsi vanno dunque respinti.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 luglio
1986, n. 4371; Pres. Bologna, Est. Jofrida, P. M. Minetti
(conci, diff.); Soc. Effe (Avv. Moricca, Salvo) c. Tacchinar
di. Conferma App. Brescia 3 novembre 1981.
Titoli di credito — Cambiale — Rappresentanza — Menzione
del mandato — Necessità — Esclusione — Indicazioni suffi
cienti (R.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, modificazioni alle nor
me sulla cambiale e sul vaglia cambiario, art. 11, 12).
In mancanza di una norma che imponga l'adozione di formule
prefissate per l'enunciazione del rapporto di rappresentanza, nel caso di sottoscrizione di una cambiale in nome e per conto
altrui, qualunque indicazione, purché idonea ad evidenziare detto
rapporto, vincola il rappresentato (nella specie, la corte ha rite
nuto idonea la collocazione della firma cambiaria individuale
sotto il timbro di una società). (1)
(1) In termini, con riferimento a titoli costituiti da assegni bancari o
circolari, cfr. Cass. 5 maggio 1972, n. 1361, Foro it., 1972, I, 2452, con nota di richiami.
Secondo Cass. 25 ottobre 1978, n. 4866, id., Rep. 1978, voce Titoli di credito, n. 24, e Cass. 18 febbraio 1975, n. 631, id., Rep. 1975, voce
cit., n. 13, è sufficiente, ai fini della validità di una obbligazione cambia ria assunta in rappresentanza di altri, la generica indicazione «per procu ra» o altra equivalente. Nello stesso senso, cfr. Cass. 26 giugno 1968, n. 2150, id., 1968, I, 2469, con nota di ulteriori richiami.
Il Foro Italiano — 1988.
Svolgimento del processo. — In data 3 dicembre 1977 la s.n.c.
Effe di Como notificava a Tacchinardi Gianfranco precetto di
pagamento per la somma di lire 8.400.819 portata da cinque cam
biali tratte.
Su tali titoli era apposta nello spazio riservato al traente un
timbro della s.p.a. Iseco, al di sotto del quale risultava la firma
del Tacchinardi; uguali timbro e firma sussistevano nella parte dei titoli riservata alla girata. Nell'atto di precetto la soc. Effe
affermava che le cambiali erano state emesse dal Tacchinardi senza
che fosse fornito del potere di rappresentare la soc. Iseco, per cui — a norma dell'art. 11 legge cambiaria — l'intimato era ob
bligato personalmente. Avverso l'atto di precetto proponeva opposizione il Tacchinar
di con atto 7 dicembre 1977, assumendo e chiedendo di provare,
per interrogatorio e testi, che aveva emesso i titoli nell'interesse
e quale rappresentante della s.p.a. Iseco, tanto vero che gli effetti
erano stati rilasciati in pagamento di merce ordinata dalla Iseco
alla Effe. Chiedeva, pertanto, all'adito Tribunale di Cremona che
fosse dichiarato nullo ed inefficace l'atto di precetto. Nel corso dell'istruttoria esso opponente esibiva un documento
in data 25 giugno 1976 a firma apparente dell'amministratore unico
della soc. Iseco, contenente la procura a lui rilasciata a negoziare in nome e nell'interesse della stessa.
Con sentenza in data 5 ottobre 1978 il tribunale rigettava l'op
posizione perché infondata. Avverso tale pronunzia proponeva
impugnazione il Tacchinardi per motivi di rito e di merito e la
competente Corte d'appello di Brescia, con sentenza 3 novembre
1981, a contraddittorio integro, in riforma, accoglieva l'opposi zione a precetto del 3 dicembre 1977 con ogni conseguenza.
Ricorre, quindi, per cassazione la s.n.c. Effe, allegando un unico
mezzo di censura.
Motivi della decisione. — Deduce la ricorrente, con l'unico mez
zo, violazione degli art. 11 e 12 r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, nonché difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.): vero
che l'obbligazione cambiaria può essere assunta mediante la fir
ma apposta sulla cambiale da un rappresentante, ma tale qualità deve essere (con qualsiasi formula) dichiarata nel titolo, altrimen
ti la semplice firma vincola personalmente ed esclusivamente il
firmatario in proprio. La corte di merito non avrebbe tenuto conto
che, nella specie, nessuna delle cambiali presenta il requisito di
cui sopra; né sarebbe esatto il richiamo in sentenza a una asserita
prassi comunemente adottata in commercio, secondo la quale chi
appone la sua firma sotto il timbro di una società, agisce in nome
e per conto di essa, poiché, agli atti difetta in modo assoluto
la possibilità di ricorrere alla presunzione sancita dall'art. 12, 2°
comma, legge cambiaria.
Il motivo è infondato. Come in dottrina ricordato, la sottoscri
zione cambiaria è elemento essenziale e costitutivo dell'obbliga zione che ne sorge e che vi si compenetra a tal punto da potersi affermare per essa che tota vis et fides scripturae in subscriptione consista. Appunto per tale sua funzione la legge cambiaria nel l'art. 8 ha voluto indicare in modo preciso come quella sottoscri
zione debba essere fatta per assumere rilevanza cambiaria; e
naturalmente il concetto implicito, da cui parte la legge, nello
stabilire la forma della sottoscrizione cambiaria, è sempre quello che si possa da essa desumere, nel modo più sicuro possibile,
Contra, nel senso che il nesso di rappresentanza può risultare, in man canza di indicazione sulla cambiale, da elementi e vicende estranei al tito
lo, App. Bologna 15 maggio 1984, id., Rep. 1986, voce Cooperativa, n. 53, e in Giur. comm., 1986, II, 112, annotata da Angiello, Note minime in tema di rappresentanza cambiaria; Cass. 25 luglio 1967, n.
1934, Foro it., Rep. 1967, voce Titoli di merito, n. 48. Per una riconferma del carattere di letteralità dei titoli di credito che
rende opponibile ai terzi solo le indicazioni risultanti dal documento, cfr. Cass. 25 luglio 1980, n. 4843, id., Rep. 1980, voce cit., n. 22; 12 maggio 1976, n. 1676, id., Rep. 1976, voce cit., n. 23.
Per un'ampia panoramica della giurisprudenza e delle particolari que stioni cui ha dato luogo il tema della rappresentanza cambiaria, in dottri na G.U. Tedeschi, Codice dei titoli di credito annotato, Torino, 1983, sub art. 12, 76 ss.
In tema di rappresentanza cambiaria delle società di capitali, v. Cass. 19 giugno 1987, n. 5374, Foro it., Mass., 925, ai sensi della quale le sottoscrizioni degli amministratori vincolano la società purché i firmatari siano titolari dell'organo rappresentativo; v. pure Cass. 5 giugno 1985, n. 3360, id., 1985, I, 2231, che, in tema di limitazione dei poteri di rap presentanza, ha ritenuto applicabile l'art. 2384 c.c. anche in materia cam biaria con prevalenza sull'art. 12 r.d. 1669/33.
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