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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 28 luglio...

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sezioni unite civili; sentenza 28 luglio 1986, n. 4812; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M. Fabi (concl. conf.); Abellonio e altri (Avv. D'Amato, Villani) c. Soc. Zanussi (Avv. Scognamiglio). Cassa Trib. Torino 24 aprile 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1275/1276-1283/1284 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181210 . Accessed: 25/06/2014 03:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 03:14:24 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 28 luglio 1986, n. 4812; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M. Fabi(concl. conf.); Abellonio e altri (Avv. D'Amato, Villani) c. Soc. Zanussi (Avv. Scognamiglio).Cassa Trib. Torino 24 aprile 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1275/1276-1283/1284Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181210 .

Accessed: 25/06/2014 03:14

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1275 PARTE PRIMA 1276

alla ditta Farmocalabra, senza procedere ad alcun esame delle

questioni e delle contestazioni sollevate dalla società appellata, la quale, invece, insisteva sul proprio difetto di legittimazione

passiva per il periodo anteriore alla sua costituzione.

Ne deriva che la motivazione è solo apparente, poiché l'acco

glimento del gravame è motivato con il semplice e testuale rilie vo: «è pacifico che la società Cuzzocrea è subentrata, nella gestione dell'azienda, alla ditta individuale Farmocalabra, precedente tito

lare della stessa».

Al cennato difetto di motivazione deve ovviare il giudice di

rinvio, il quale, procedendo a nuovo esame della controversia, dovrà considerare che, nell'ambito di applicazione dell'art. 2112

c.c., vanno ricondotte tutte le ipotesi di mutamento di titolarità

della impresa, la quale, tuttavia, deve restare inalterata, in tutto o in parte, nella sua realtà economica obiettiva, indipendente mente dalla natura del mezzo giuridico mediante il quale il trasfe rimento dell'azienda di era realizzato. Pertanto, al fine di stabilire la continuità del rapporto di lavoro del dipendente, non rileva, né il mutamento della titolarità dell'impresa, né la circostanza che la ditta cedente (Farmocalabra) abbia eventualmente conti nuato ad esercitare la stessa attività economica. Quel che, invece,

importa è l'accertamento del trapasso aziendale in relazione ad

elementi oggettivi, in presenza dei quali, il licenziamento del la

voratore, seguito dalla sua immediata riassunzione, va valutato con il ragionevole sospetto che esso sia avvenuto in violazione del diritto del lavoratore all'infrazionabilità delle sue spettanze.

D'altra parte, il giudice di rinvio dovrà anche valutare se l'e sercizio dell'attività economica in questione, ossia la produzione e la commercializzazione di medicinali, sia oggetto di concessione

amministrativa, poiché, nell'affermativa, il carattere originario (e non derivativo) della concessione medesima comporta una deci sione circa l'applicabilità ad essa dell'ipotesi di trasferimento di azienda (cfr. Cass. 15 maggio 1980, n. 3219, Foro it., Rep. 1980, voce Lavoro (rapporto), n. 1183). Inoltre, la sentenza impugnata non soddisfa l'obbligo della motivazione laddove respinge l'ecce zione di prescrizione del diritto di credito, affermando che la so cietà debitrice non avrebbe dimostrato, e neppure dichiarato, di avere avuto, contemporaneamente alla Augimeri, un numero di

dipendenti, tale da rendere operante la tutela legale del posto di lavoro.

La premessa del ragionamento è esatta laddove si afferma che il termine della prescrizione decorre durante lo svolgimento del

rapporto di lavoro, qualora la stabilità di questo sia legalmente tutelata. Circostanza, quest'ultima, che deve essere provata dal datore di lavoro, mentre il lavoratore ha soltanto l'onere di pro vare la sussistenza del rapporto di lavoro dedotto in giudizio.

Tuttavia, proprio in relazione al cennato onere probatorio del datore di lavoro, il giudice del merito non può prescindere dalla

circostanza, omettendone la valutazione, quanto meno ai fini dei

poteri istruttori di cui all'art. 421 c.p.c., che il lavoratore non abbia contestato il fatto, dedotto dal datore di lavoro, di avere avuto alle dipendenze, contemporaneamente alla Augimeri, «mol tissimi lavoratori», e di avere provveduto alla gestione di un'im

presa, le cui dimensioni rendevano applicabile il principio della decorrenza della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro.

Consegue dalle argomentazioni esposte che il ricorso deve esse re accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata va, quin di, annullata e la causa rimessa, per nuovo esame, ad altro

tribunale, il quale deciderà la controversia applicando i principi sopra enunciati.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 lu

glio 1986, n. 4812; Pres. Brancaccio, Est. Cassata, P.M. Fa bi (conci, conf.); Abellonio e altri (Avv. D'Amato, Villani) c. Soc. Zanussi (Aw. Scognamiglio). Cassa Trib. Torino 24

aprile 1981.

Prescrizione e decadenza — Rapporto di lavoro — Anzianità di servizio del lavoratore — Prescrittibilità autonoma — Esclusio ne (Cod. civ., art. 2934, 2946).

Lavoro (rapporto) — Rapporto di lavoro con società estinta per fusione — Successione a titolo universale della società risultan te dalla fusione (Cod. civ., art. 2112, 2501, 2504).

Il Foro Italiano — 1988.

L'anzianità di servizio del lavoratore subordinato non forma og

getto di diritto soggettivo — come tale suscettibile di autonoma

prescrizione — ma integra il fatto giuridico, costitutivo di dirit

ti, che sono soggetti a prescrizione con decorrenza e nei termini

per ciascuno previsti. (1) La società risultante dalla fusione subentra alle società che ne

sono estinte, quale successore a titolo universale, anche nei rap

porti di lavoro subordinato e nelle relative obbligazioni, pre scindendo dalla conoscenza o conoscibilità che ne abbia al

momento della fusione. (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 maggio

1986, n. 3559; Pres. Franceschelli, Est. Nuovo, P.M. Pan

dolfelli (conci, conf.); Rai-TV (Avv. Castana, Formigoni Pa

sotelli) c. Amelotti; Amelotti (Aw. Manzi, Celona) c. Rai-TV.

Conferma Trib. Milano 20 luglio 1981.

Prescrizione e decadenza — Rapporto di lavoro — Anzianità di

servizio del lavoratore — Prescrittibilità autonoma — Esclusio

ne (Cod. civ., art. 2934, 2946). Lavoro (rapporto) — Corsi di addestramento indetti ed organiz

zati dall'imprenditore — Oggetto del rapporto — Insegnamen to a fini di formazione professionale — Apprendistato —

Differenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 2094, 2130; 1. 19 gen naio 1955 n. 25, disciplina dell'apprendistato, art. 2, 12).

L'anzianità di servizio del lavoratore subordinato non forma og

getto di un diritto soggettivo — come tale suscettibile di auto

noma prescrizione — ma costituisce il presupposto di fatto per l'attribuzione di diritti, che sono soggetti a prescrizione secon

do i regimi rispettivi. (3)

(1,3) Chiamate a comporre il contrasto di giurisprudenza — in tema di prescrittibilità autonoma dell'anzianità di servizio del lavoratore su bordinato (sul quale, vedi Cass. 21 giugno 1985, n. 3743 ed altre, Foro it., 1985, I, 2599, con nota di richiami) — le sezioni unite, con la senten za in epigrafe (annotata da S. Saetta, in Mass. gen. lav., 1986, 649), confermano la soluzione negativa della questione, accolta dall'orienta mento più recente della Corte di cassazione, al quale aderiscono — oltre ché Cass. 3559/86 (pure riportata in epigrafe) ed i precedenti richiamati dalle sezioni unite (Cass. 15 maggio 1984, n. 2960, Foro it., Rep. 1984, voce Prescrizione e decadenza, n. 91; 15 giugno 1985, n. 3623, id., Rep. 1985, voce cit., n. 37; 5 dicembre 1984, n. 6379, 26 febbraio 1985, n.

1654, id., 1985, I, 2599, con nota di richiami) — anche Cass. 21 giugno 1985, n. 3473 (ibid.); 17 settembre 1985, n. 4697 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 35, annotata da A. Vallebona, Questioni sull'oggetto della pre scrizione in materia di lavoro: diritto, fatto, rapporto fondamentale, «sta tus», in Giust. civ., 1986, I, 826); 3 gennaio 1986, n. 26, 21 marzo 1986, n. 2018 (Foro it., Rep. 1986, voce cit., nn. 2684, 2641).

In senso contrario, vedi Cass. 12 febbraio 1985, n. 1196 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 33) e gli altri precedenti menzionati nella nota di ri chiami a Cass. 3743/85 ed altre, cit.

Riguarda, invece, la prescrizione (ordinaria decennale) del diritto alla

qualifica, la sentenza (Cass. 19 febbraio 1985, n. 1497, ibid., n. 96), che le sezioni unite citano quale precedente contrario all'orientamento da esse condiviso.

Su tale equivoco (presente, tra le altre nella citata Cass. 4697/85) —

in ordine alla distinzione concettuale, (anche) ai fini del regime della pre scrizione, tra anzianità di servizio e diritto a qualifica (nonché altri diritti e status) — fa chiarezza la su riportata Cass. 3559/86.

In tema di prescrizione dei diritti dei lavoratori, vanno segnalate, de iure condendo, le innovazioni alla disciplina codicistica, introdotte dal

disegno di legge sulla «disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi e norme sul campo d'applicazione della 1. 20 maggio 1970 n. 300», pre sentato al senato della repubblica in data 17 ottobre 1985 dal senatore G. Giugni ed altri (id., 1986, I, 1185), laddove (art. 26) prevede la so

spensione della prescrizione, oltre che nei casi previsti dall'art. 2941 c.c., anche «tra prestatore e datore di lavoro, in costanza di uno dei rapporti di lavoro di cui agli art. 409 c.p.c.» e inoltre introduce l'art. 2948 bis c.c., in forza del quale «i diritti del prestatore di lavoro subordinato si estinguono per prescrizione in un anno dalla data di cessazione del

rapporto». Tale disegno di legge ha formato oggetto di un incontro-dibattito (con

relazioni di Giugni e Mengoni), organizzato dalla sezione umbra del Centro nazionale studi di diritto del lavoro «D. Napoletano» (Perugia 16 gen naio 1987), ed è commentato, anche nella parte relativa alla prescrizione dei diritti dei lavoratori, da S.Centofanti (Prime considerazioni su un

progetto di nuova disciplina dei licenziamenti, in Dir. lav., 1986, I, 336, spec. 356 ss.), R. Greco (Note su una proposta di riforma della discipli

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il rapporto, che si instaura tra l'imprenditore che indica ed orga nizzi corsi di addestramento professionale e l'allievo che vi par

tecipi, ha per oggetto soltanto l'insegnamento diretto a fini formativi, mentre la prestazione di attività fisica ed intellettua

le dell'allievo esula dal sinallagma contrattuale e, ove non sia

strumentalmente diretta ed indispensabile agli stessi fini, dà luogo allo speciale rapporto di lavoro dell'apprendistato (nella specie, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza del giudice di merito, che aveva negato l'esistenza di un rapporto di mero

addestramento professionale, essendo gli allievi tenuti ad osser

vare orari e ritmi di produzione di lavoratori dipendenti, perce

pendo l'indennità di disagio prevista per la loro particolare

attività). (4)

I

Motivi della decisione. — Col primo mezzo del ricorso la sen

tenza del tribunale è censurata — sotto i profili della violazione

e falsa applicazione dell'art. 2934 c.c. e della contraddittorietà

della motivazione — per aver ritenuto prescritto «il diritto del

l'appellante all'accertamento giudiziale dell'esistenza o meno» —

nel periodo controverso — «di un rapporto di lavoro subordina

to» costituente «fonte» e «presupposto» dei singoli diritti posti a fondamento delle sue domande; laddove avrebbe dovuto essere

ritenuto che questi ultimi trovavano diretto fondamento nel con

tratto o nella equipollente situazione di fatto che aveva dato vita

al rapporto, che questo non era oggetto di un diritto a sé stante, né in ogni caso il suo autonomo accertamento poteva essere con

siderato presupposto necessario dell'accertamento degli altri e che

pertanto il fondamento della proposta eccezione di prescrizione andava verificato per ciascuna pretesa con riferimento al momen

to inziale della possibilità di farla valere e non al tempo dei fatti

cui si riferiva. Col secondo mezzo si addebita al tribunale di avere — in viola

zione e con falsa applicazione degli art. 2935, 2946 e 2948, nn.

4 e 5, c.c. — assunto come termine iniziale del corso della eccepi ta e ritenuta prescrizione (decennale) il 1° maggio 1965 (data del

la formale instaurazione del rapporto con la Castor) senza tener

conto — in conseguenza dell'avviso censurato col primo motivo — della sospensione del detto corso, giusta quanto disposto dalla

Corte costituzionale con la sentenza n. 63 del 1966 (Foro it., 1966,

I, 985), sino all'entrata in vigore della 1. n. 300 del 1970, che

aveva assicurato condizioni di effettiva stabilità alle posizioni dei

lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, e senza rilevare

na dei licenziamenti, in Questione giustizia, 1986, n. 3, 349, spec. 374) nonché da S. Chiusolo (Il disegno di legge Giugni sulla disciplina dei

licenziamenti individuali e collettivi: verso il diritto del lavoro della ri

strutturazione o della restaurazione?, in Lavoro 80, 1986, 995). Cfr. an che i richiami nelle note in Foro it., 1988, I, 792 e id., 1987, I, 2031.

La successiva giurisprudenza della Corte di cassazione si è conformata al principio di diritto enunciato dalle sezioni unite (vedi, per tutte, Cass. 462 e 306/88, Foro it., Mass.; 9373, 8538, 8409, 8398, 6940, 5917, 5777, 5347, 5327, 5271, 3258/87, id., Mass., 1529, 1416, 1393, 1389, 1190, 1005, 977, 917, 913, 900, 559).

(2) In senso conforme, v. Cass. 8 novembre 1983, n. 6612, Foro it., 1985, I, 106 con nota di richiami.

Sul trasferimento d'azienda, vedi G. Meliadò, Trasferimento e ristrut

turazione delle aziende in crisi: precisazioni di disciplina e distinzioni «on

tologiche» (nota a Cass. 28 marzo 1985, n. 2187, id., 1986, I, 172), al

quale si rinvia per riferimenti ulteriori. Sullo stesso tema, vedi, altresì, M. De Luca, Licenziamenti collettivi,

trasferimenti d'azienda, crisi dell'impresa procedure concorsuali e «tute le» dei lavotatori nel diritto comunitario: brevissime note sullo stato di

«conformazione» dell'ordinamento italiano (note a Corte giust. Ce 6 no vembre 1985, causa 131/84, ed altri, id., 1986, IV, 109); Corte giust. 10 luglio 1986, causa n. 235/84 (Dir. lav., 1986, II, 426 con nota di

Foglia), che ha accertato l'inadempimento della repubblica italiana agli obbligi comunitari in tema di trasferimento d'azienda (tale sentenza sarà

riportata in un prossimo fascicolo). (4) In senso conforme, vedi Cass. 7 aprile 1981, n. 1958, Foro it.,

1982, I, 218, con nota di richiami. Adde: Cass. 23 luglio 1984, n. 4330

(id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 712, e, per esteso, in Giur.

it., 1986, I, 1, 1413); 2 dicembre 1983, n. 7227 (Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 567); 3 ottobre 1983, n. 1590 (ibid., n. 513, e, per esteso, in Giust. civ., 1983, I, 3314).

In tema di apprendistato, vedi, da ultimo, Cass. 21 ottobre 1986, n.

6180, Foro it., 1986, I, 3013, con nota di richiami, con riferimento al

recesso dal rapporto del datore di lavoro.

Il Foro Italiano — 1988.

che l'avviso seguito, comportando l'inapplicabilità della detta so

spensione, nel caso di diritti venuti a mancare per effetto della

prescrizione del diritto all'accertamento della situazione giuridica che ne costituisce il presupposto, avrebbe dovuto esigere un nuo

vo giudizio sulla costituzionalità di cosiffatta disciplina. Col terzo mezzo si censura — ravvisandovi violazione e falsa

applicazione degli art. 2116, 2° comma, 2934, 2935 e 2946 c.c.

e insufficienza e contraddittorietà di motivazione — la dichiara

zione di estinzione anche del diritto a risarcimento per omessa

regolarizzazione assicurativa nel periodo controverso, frutto an

ch'essa dell'erroneo avviso censurato col primo motivi e della man

cata considerazione che tale diritto, potendo essere fatto valere

solo dopo che l'adempimento contributivo fosse divenuto impos sibile e che in conseguenza di ciò si fosse determinata la perdita di una prestazione previdenziale di cui ricorressero tutti gli altri

presupposti, non poteva iniziare a prescriversi quando, alla data

indicata, la detta ipotesi non poteva ancora essersi avverata.

La censura esposta col quarto mezzo — in cui si prospettano violazione e/o falsa applicazione degli art. 2054, 2112 e 2727 c.c.,

degli art. 115 e 116 c.p.c. e difetto di motivazione su punti decisi

vi — si appunta sulla ritenuta applicabilità e sulla concreta appli cazione fatta nel caso delle disposizioni dell'art. 2112 con

l'affermazione della non opponibilità alla Zanussi del rapporto con la Castor nel periodo controverso, laddove, a parte il fatto

che ogni pronuncia al riguardo doveva considerarsi preclusa dalla

ritenuta prescrizione dei diritti in questione, avrebbe dovuto esse

re rilevato che la Zanussi era succeduta alla Castor a titolo, non

particolare, ma universale, con conseguente assunzione di tutte

le obbligazioni a carico di quest'ultima e che alla luce degli ele

menti di prova acquisiti, ma non presi in considerazione, non

poteva comunque negarsi la consapevolezza, da parte della resi

stente, del detto rapporto. Col quinto mezzo, infine, si addebita al tribunale di aver affer

mato — incorrendo nei vizi di omessa e insufficiente motivazione

e di violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. — che

nelle prestazioni fornite dalla ricorrente alla Castor nel periodo controverso si configurava un «lavoro parasubordinato» e per averne tratto la conclusione della insussistenza di tutti i diritti

in questione; laddove dall'esame indebitamente omesso delle pro ve acquisite sarebbe chiaramente risultato che le dette prestazioni erano state fornite sotto vincolo di stretta subordinazione e lad

dove oltretutto da una adeguata analisi della figura, non codifi

cata, del rapporto di lavoro parasubordinato si sarebbe dovuto

trarre la conclusione che anch'esso comportava, secondo autore

voli precedenti giurisprudenziali, il diritto alla percezione di una

indennità di anzianità.

La questione della prescrittibilità del diritto all'accertamento

di un'azianità di servizio maggiore di quella riconosciuta dal da

tore di lavoro di cui si occupa il primo motivo del ricorso è stata

dalla sezione lavoro risolta con numerose sentenze — ultima quella del 19 febbraio 1985, n. 1497 (id., Rep. 1985, voce Prescrizione

e decadenza, n. 96) — in senso positivo: e con quattro recenti

sentenze (del 15 maggio 1984, n. 2960, id., Rep. 1984, voce cit., n. 91; del 5 dicembre 1984, n. 6379, del 26 febbraio 1985, n.

1654, id., 1985, I, 2599 e del 15 giugno 1985, n. 3623, id., Rep. 1985, voce cit., n. 37) in senso negativo.

Di qui l'assegnazione della causa alle sezioni unite per la com

posizione del contrasto.

Delle due soluzioni la corte ritiene esatta la seconda.

Il nodo essenziale della questione è costituito dal duplice di

lemma se, da un canto, l'anzianità sia o non sia oggetto di un

diritto e se, dall'altro, la prescrizione possa o non possa operare su situazioni in cui non si configuri un diritto; e i due quesiti,

posti in questi essenziali termini, trovano una chiara risposta già nella semplice lettera dell'art. 2934 c.c. secondo cui «ogni diritto

si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge».

Infatti l'anzianità di servizio non è certamente un bene della

vita in ordine al quale siano esercitabili poteri giuridici, ma solo

la dimensione temporale che connota — come le sue varie moda

lità di svolgimento — un determinato rapporto di lavoro e che

come tale contribuisce a definire in concreto la reciproca posizio ne delle parti nell'ambito di questo; non è ontologicamente passi

bile, dunque, non solo, evidentemente, di disposizioni traslative, ma neppure di disposizioni abdicative, giacché una ipotetica ri

nunzia ad essa non potrebbe in realtà essere intesa, se non

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1279 PARTE PRIMA 1280

come espressione sintetica della rinunzia (ricadente sotto la disci

plina dell'art. 2113 c.c.) ai singoli diritti di cui si ponga a presup

posto; e corrispondentemente è da escludersi che su di essa —

o sulla possibilità del suo accertamento — possa operare con ef

fetto unitariamente abrogativo una volontà di legge che concerne

invece distintamente — con diversità di previsioni edittali e di

possibili applicazioni concrete in relazione ad eventualità (come le sospensioni e le interruzioni) per ciascuno variabili — solo i

singoli diritti. L'anzianità non è neppure uno status, né elemento costitutivo

di uno status, perché la posizione giuridica del lavoratore nel rap

porto col datore di lavoro è priva di quella valenza erga omnes, di ordine pubblico, che, come è noto, caratterizza gli status (di

cittadino, di coniuge, di figlio) che l'ordinamento conosce; e quan d'anche in tale posizione si volesse poi ravvisare, come è ritenuto

in alcune delle sentenze da cui si dissente, una situazione o un

elemento determinante di una situazione soggettiva in certo mo

do assimilabile ad uno status, tale assimilazione — in definitiva

senza costrutto — non potrebbe di certo condurre alla conclusio

ne della prescrittibilità, giacché gli status sono per definizione — e non tanto perché i diritti ad essi inerenti sono indisponibili,

quanto perché non sono essi stessi diritti — insuscettibili di estin

zione per prescrizione. Né può, in alcun modo, giovare alla tesi della prescrittibilità

la considerazione delle esigenze di certezza del diritto e degli in

convenienti che per converso comporta il protrarsi oltre i termini

di prescrizione della possibilità di contese tra gli interessati; giac ché è da un canto risaputo che la ratio dell'istituto della prescri zione comprende — oltre alla filosofia del tempus omnia solvit

e alla preoccupazione per la difficoltà di provare circostanze di

fatto remote — un intento sanzionatorio — posto, anzi, in primo

piano — dell'inerzia del titolare del diritto che è inconcepibile in rapporto ad una situazione di mero fatto; e sarebbe, dall'altro,

paradossale che una situazione venuta obiettivamente in essere

possa agli effetti giuridici considerarsi cancellata per decorso di

tempo prima che per decorso di tempo possa essersi estinto alcu

no dei diritti che essa comporta — si pensi all'indennità di fine

rapporto, che comincia a prescriversi solo dalla cessazione di que

sto, al risarcimento del danno da omessa contribuzione, la cui

prescrizione prende corso solo dal momento in cui si sarebbe ma

turato il diritto alla prestazione previdenziale — e che, giusto, la qualificano come realtà di rilievo giuridico.

L'anzianità di servizio può dunque essere sempre oggetto di

accertamento giudiziale, purché soltanto, come richiede l'art. 100

c.p.c., la relativa domanda sia sorretta da un adeguato interesse;

ossia, purché la giuridica certezza riguardo ad essa sia strumento

indispensabile per l'affermazione di specifici diritti, tuttavia eser

citabili. Posto, dunque, che il tribunale, pur riconoscendo che «di per

se stesso un fatto è sempre accertabile», ha ritenuto che «si pre scrive il diritto alla dichiarazione giudiziale dell'esistenza di un

rapporto di lavoro subordinato» e che tale prescrizione «co

pre . . . non solo le differenze retributive richieste per ferie e G.N.

(che sarebbero comunque già coperte dalla prescrizione ex art.

2948, n. 4, c.c.) ma anche quelle a titolo di indennità di anziani

tà», in quanto «essa estingue ogni diritto che trovi la sua fonte

in quello già prescritto e preclude qualsiasi possibilità di ricostru

zione della carriera con riferimento al periodo prescritto, sotto

ogni aspetto, compreso quello contributivo», si deve dare atto

che, per quanto si è detto, e per la conseguente impossibilità di

configurare nell'ambito del rapporto di lavoro la derivazione di

tutti i diritti del lavoratore (non già direttamente dal contratto,

ma) da un ipotetico diritto fondamentale, il primo motivo del

ricorso — che è sostenuto dall'interesse all'integrazione della in

dennità di anzianità e delle percepite retribuzioni (in ordine alle

quali è mancata, malgrado l'avviso al riguardo espresso in via

ipotetica per le seconde, una autonoma pronunzia di estinzione) — risulta fondato e va accolto per quanto di ragione. Occorre

infatti procedere ad una puntuale verifica del fondamento del

l'eccezione di prescrizione, tenendo distinte, ai fini del computo del tempo, la pretesa all'integrazione dell'indennità di anzianità — il diritto alla quale matura, come s'è rilevato, all'atto della

cessazione del rapporto di lavoro — dalle pretese ad integrazioni di altri emolumenti, le quali invece si sarebbero dovute percepire nel corso del rapporto stesso.

Il secondo e il terzo motivo, avendo oggetti dipendenti, restano

evidentemente assorbiti.

Il Foro Italiano — 1988.

Il quarto motivo è anch'esso fondato, giacché il tribunale, nel

ritenere che nella specie fosse in principio applicabile l'art. 2112

c.c., regolante gli effetti dei trasferimenti di azienda sui rapporti di lavoro, ma che tuttavia l'Abellonio non poteva far valere nei

rapporti della resistente il rapporto in precedenza svolto con la

Castor per non aver «dimostrato . . . che la soc. Zanussi fosse

al corrente della sua situazione all'interno dell'azienda al momento

del passaggio della stessa in proprietà della società medesima», non ha tenuto conto del fatto, addotto dalla ricorrente e riferito

come pacifico nella parte narrativa della sentenza che tra le due

società era intervenuto, non un trasferimento di azienda, ma una

fusione nel febbraio 1970 sotto la ragione sociale «Zanussi s.p.a.», con la conseguenza — vero l'assunto — che i rapporti col perso nale dipendente di ciascuna delle due società continuavano a svol

gersi con quella risultante dalla fusione in forza, non già dell'art.

2112, ma dell'art. 2504 c.c., ossia in forza di una successione

a titolo, non particolare, ma universale (Cass. 8 novembre 1983, n. 6612, id., 1985, I, 106), in relazione alla quale l'asserta incon

sapevolezza veniva a mancare di qualsiasi rilievo.

Egualmente fondato è, infine, il quinto motivo, perché l'affer

mazione del giudice a quo che comunque le prove esperite hanno

dimostrato che nella specie si tratta di un lavoro parasubordinato con i caratteri di continuità e coordinazione nel senso che l'attivi

tà di lavoro veniva svolta dalla Abellonio in assenza di precisi ordini da parte della datrice di lavoro, ma era teleologicamente connessa con i fini economici perseguiti da quest'ultima manca

del supporto di una specifica indicazione delle concrete circostan

ze di fatto prese in esame, solo in riferimento alle quali sarebbe

possibile il controllo, di legittimità, della dipendenza della adot

tata conclusione da una argomentazione logicamente corretta.

Accolti, pertanto, i motivi primo, quarto e quinto del ricorso, dichiarati assorbiti i rimanenti e cassata in conseguenza la senten

za impugnata, la causa deve essere rinviata per nuovo esame ad

altro giudice d'appello.

II

Motivi della decisione. — I due ricorsi, essendo diretti contro

la medesima sentenza, vanno riuniti d'ufficio a norma dell'art.

335 c.p.c. Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando la vio

lazione e falsa applicazione dell'art. 2946 c.c. nonché l'omessa

motivazione su un punto decisivo, lamenta la Rai che il tribunale

senza motivazione alcuna abbia disatteso la sua eccezione di pre scrizione decennale del diritto a rivendicare una maggiore anzia

nità, diritto che, secondo la giurisprudenza di questa corte, decorre

anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.

Contro lo stesso capo di sentenza si rivolge il ricorso incidenta

le dei lavoratori, con il quale, denunciando la violazione degli art. 2946, 1414 c.c., 1422, 2126 c.c., nonché omessa motivazione

sul punto, si dolgono che il tribunale, dopo aver affermato l'esat

to principio, secondo il quale l'effettiva data di inizio del rappor to di lavoro è un fatto e non un diritto, abbia affermato che

la pretesa di fondare dei diritti su tale accertamento è sicuramen

te soggetto all'ordinario regime di prescrizione. Il discorso, secondo i resistenti, va invece ristretto agli effetti

della situazione di fatto, nel senso che i singoli diritti a certi trat

tamenti economici derivanti dalla situazione di fatto sono pre scrittibili con riferimento alla maturazione di ciascun diritto a

tale trattamento e non dal giorno del maturare del loro remoto

presupposto di fatto.

Entrambi i motivi (quello del ricorso principale e quello del

ricorso incidentale) sono infondati. (Omissis) Ciò premesso, non è esatto che il tribunale non abbia nemme

no esaminato l'eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla

Rai, perché anzi ne ha tenuto conto per quanto attiene alla pre scrizione del diritto di progressione automatica. La verità è, pe

rò, che l'eccezione dell'azienda non si riferiva a tale diritto, ma

all'accertamento della maggiore anzianità dei lavoratori alle sue

dipendenze, quale rivendicazione di una posizione soggettiva (o

status) di lavoratore subordinato: è eccezione questa, che se fosse

stata ritenuta fondata dal tribunale, avrebbe dovuto comportare la dichiarazione di estinzione di tutti i diritti fatti valere dai lavo

ratori, salvo i casi di avvenuta interruzione, essendo pacifico che

la presente causa è sorta a ben oltre dieci anni di distanza dai

contestati corsi di istruzione professionale.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Obiettano però a questo proposito i resistenti che l'accertamento

da loro richiesto è imprescrittibile, perché diretto a far dichiarare

la nullità del contratto simulato avente ad oggetto la formazione

professionale degli allievi, con la conseguenza che, trattandosi di

un rapporto di lavoro, dalla nullità di tale contratto deriva ex

art. 2126, 1° comma, c.c. la pienezza dei suoi effetti per quanto

riguarda i diritti dei lavoratori.

Tale tesi è però del tutto infondata. Va in primo luogo rilevato

in fatto che non è stato dedotto che fra la Rai e i lavoratori

fosse intervenuto un accordo simulatorio diretto a far apparire un rapporto di formazione professionale per occultare un rap

porto di lavoro subordinato, effettivamente voluto dalle parti; né tale questione può essere sollevata per la prima volta in Cas

sazione.

Va poi rilevato che, anche se tale simulazione fosse stata pro

vata, le pretese dei lavoratori si baserebbero pur sempre sul con

tratto di lavoro dissimulato e sarebbero soggette a prescrizioni secondo i principi generali.

Il richiamo all'art. 2126 c.c. è poi del tutto fuori luogo, sia

perché esso si applica quando è nullo o è annullato il contratto

di lavoro, mentre nel caso ipotizzato dai resistenti la nullità colpi rebbe il rapporto simulato di formazione professionale e porte rebbe come conseguenza a riconoscere validità proprio al rapporto di lavoro; sia perché l'art. 2126 fa salvi gli effetti già prodotti dal rapporto dichiarato nullo, ma non sottrae affatto alla prescri zione i diritti sorti da tale rapporto.

L'eccezione proposta dalla Rai trova fondamento in una parte della giurisprudenza di questa corte, secondo la quale l'accerta

mento del diritto allo status di lavoratore è soggetto alla prescri zione decennale, decorrente anche in costanza del rapporto di

lavoro.

Va subito rilevato che in tali sentenze il termine status non

viene utilizzato nel suo significato tecnico di qualità giuridica, che deriva ad un soggetto dalla sua appartenenza necessaria o

volontaria a un gruppo, a una classe, a una comunità o allo Sta

to, qualità giuridica che costituisce il presupposto per l'applica zione al soggetto medesimo di una serie di norme, integranti una

situazione giuridica uniforme e omogenea per tutti i soggetti in

possesso di quello status.

Sotto questo profilo lo status di lavoratore viene in rilievo ai

fini dell'applicabilità di una serie di norme costituzionali e non, che su tale qualità giuridica si basano (ad es. diritto ad una retri

buzione adeguata, diritto all'assistenza e alla previdenza sociale, diritto di associazione sindacale, diritto di sciopero, diritto di ma

nifestazione del pensiero nei luoghi di lavoro, ecc.). In tale signi

ficato, però, lo status non è un diritto, ma costituisce il presupposto

specifico in base al quale sono attribuiti, alla persona che ne ab

bia il possesso, poteri, diritti, facoltà ed obblighi: esso è perciò

per sua natura irrinunciabile e imprescrittibile. Ora è vero che lavoratore è colui che è parte di un rapporto

di lavoro, ma ciò non significa che lo status di lavoratore costi

tuisca un diritto, nascente dal rapporto, perché lo status deriva

dalla legge e trova nel rapporto il presupposto di fatto perché

possa esplicarsi. Del tutto errato sarebbe poi indicare col termine status il com

plesso di diritti e obblighi nascenti dal rapporto di lavoro, per

ché, trattandosi di situazioni soggettive che derivano non

dall'appartenenza ad un particolare ordinamento giuridico, ma

dalla stipulazione di un contratto, l'uso di tale termine in questo contesto finirebbe col privare detta situazione soggettiva di qual siasi rilevanza giuridica autonoma. È infatti del tutto inutile e

fuorviante parlare di status del lavoratore (come di status del ven

ditore, del locatore, dell'appaltatore, ecc.) per indicare riassunti

vamente i diritti e gli obblighi contrattualmente assunti da ciascuna

parte di un rapporto obbligatorio; e soprattutto non avrebbe al

cuna rilevanza sul piano giuridico, tanto meno su quello della

prescrizione, in relazione alla quale sono soggetti ad estinzione,

spesso in termini diversi, i singoli diritti nascenti dal rapporto, e non l'intera situazione giuridica spettante ad una parte del rap

porto medesimo.

Per la verità nella giurisprudenza di questa corte il termine sta

tus viene utilizzato in senso improprio, quasi sempre per indicare

la posizione del lavoratore nell'impresa, conseguente ad una de

terminata qualifica (vedi, ad es., Cass. 19 gennaio 1984, n. 482,

Foro it., Rep. 1984, voce Prescrizione e decadenza, n. 83; 5 mag

gio 1983, n. 3091, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 14, 32; 4 feb

braio 1983, n. 928, ibid., n. 35; 20 giugno 1981, n. 4052, id.,

Il Foro Italiano — 1988.

Rep. 1981, voce cit., n. 157, ecc.). È noto, infatti, che la promo zione o l'espletamento di fatto di mansioni superiori comporta l'attribuzione al lavoratore di una serie di diritti, alcuni dei quali

attengono ad una determinata collocazione nell'organizzazione aziendale e alle derivanti posizioni di vantaggio (diritto alla car

riera, alle mansioni inerenti alla qualifica, eventuale passaggio di categoria, ecc.: tutti diritti questi ricompresi nel suddetto uso

improprio del termine status) e altri attengono, invece, alle diffe

renze retributive connesse con la nuova qualifica: distinzione questa che ha assunto particolare rilievo proprio in materia di prescri

zione, dopo che la giurisprudenza costituzionale ha affermato il

principio della non decorrenza della prescrizione quinquennale dei

crediti di lavoro durante il rapporto medesimo, che non sia assi

stito da stabilità, mentre gli altri diritti inerenti alla qualifica (i cosiddetti diritti di status, appunto) sono soggetti alla prescrizio ne decennale, insuscettibile di sospensione durante il corso del

rapporto. Ma non di questo si tratta nella specie. Vi sono alcuni istituti

legali e contrattuali in cui l'anzianità del lavoratore alle dipen denze dell'azienda costituisce presupposto (unico o unito ad altri)

per il conseguimento di determinati diritti (promozioni, scatti di

stipendio, indennità di fine rapporto e, per alcune normative col

lettive, anche diversa durata delle ferie, del periodo di comporto,

ecc). Ora è vero che ciò che conta non è il semplice fatto naturale

del decorso del tempo, ma la durata nel tempo di un determinato

rapporto giuridico: tuttavia in tali ipotesi l'esistenza del rappor

to, anche se il relativo accertamento implica la soluzione di pro blemi circa la definizione giuridica di una parte di esso (come nella specie in cui si discute se nel primo periodo sia intercorso

tra le parti un rapporto di lavoro vero e proprio o un rapporto di istruzione professionale), viene dedotto non come fonte di di

ritto (per es. alle differenze retributive dovute come dipendente

rispetto alla borsa di studio corrisposta come partecipante ai cor

si di istruzione: diritto questo certamente prescritto, perché tali

corsi si erano svolti ben al di là dell'ultimo decennio) ma come

fatto giuridico rilevante ad altri effetti. Non esiste dunque un

diritto all'anzianità di ignoto contenuto autonomamente prescri

vibile, ma esiste un'anzianità, che costituisce presupposto di fatto

per l'attribuzione di alcuni diritti, questi si soggetti a prescrizione secondo il regime loro proprio (prescrizione decennale per il dirit

to alla qualifica, prescrizione quinquennale per il diritto alle dif

ferenze retributive, all'indennità di fine rapporto, ecc.) (vedi in

questo senso Cass. 10 dicembre 1984, n. 6494, id., Rep. 1984,

voce Lavoro (rapporto), n. 2341; 5 dicembre 1984, n. 6379, 15

maggio 1984, n. 2960, ibid., voce Prescrizione e decadenza, nn,

89,91). In questo senso ha deciso il Tribunale di Milano, il quale ha

fatto decorrere il termine decennale di prescrizione dei diritti alla

ricostruzione della carriera non dal momento di svolgimento dei

corsi (come avrebbe dovuto fare se avesse accolto la tesi della

Rai di una pretesa prescrizione del diritto di status) ma dal mo

mento di maturazione dei singoli diritti, per cui del tutto incom

prensibile diventa la censura mossa dai ricorrenti incidentali; i

quali fra l'altro esplicitamente riconoscono che «la relativa pre scrizione decorre dal giorno della . . . maturazione» dei singoli diritti.

Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando la

violazione e falsa applicazione degli art. 1241 ss. c.c. nonché omes

sa motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta

la Rai che il tribunale non abbia accolto la sua domanda ricon

venzionale di restituzione di quanto percepito dai singoli ricor

renti a titolo di borse di studio, crediti questi immediatamente

liquidi ed esigibili, a differenza delle spettanze richieste dai lavo

ratori, che devono essere liquidate in separato giudizio. Sostiene

che del tutto insufficiente è la motivazione sul punto della senten

za, laddove afferma che «le gratifiche vanno imputate a retribu

zioni parziali» senza affrontare in alcun modo il punto

dell'impossibilità nella specie di una compensazione parziale per

difetto di pari liquidità dei due crediti. Anche questo motivo è infondato. I lavoratori non hanno chie

sto che il rapporto di istruzione professionale fosse dichiarato

nullo, ma hanno sostenuto che tale rapporto, dopo l'insegnamen to di alcune nozioni teoriche, si era trasformato in un vero e

proprio rapporto di lavoro subordinato. Tale tesi (accolta dai giu

dici di merito) non comportava che diventasse senza titolo quan

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1283 PARTE PRIMA 1284

to percepito dagli allievi come borsa di studio, perché le presta zioni di attività vi erano state e se mai esse dovevano essere retri

buite in misura maggiore. Ma nella specie non era stata nemmeno proposta questa do

manda, in quanto l'accertamento della maggiore anzianità veniva

fatta valere solo agli effetti della carriera e degli scatti di stipen

dio, successiva a tale periodo, per cui non appare chiaro su quale fondamento giuridico si basi la richiesta di restituzione delle som

me a suo tempo versate dalla Rai a titolo di borsa di studio.

Con il terzo motivo, denunciando la violazione e falsa applica zione dell'art. 2697 c.c. nonché la contraddittoria motivazione

circa un punto decisivo della controversia, lamenta la Rai che

il tribunale abbia ritenuto sussistente un rapporto di lavoro su

bordinato nel periodo di svolgimento del corso, senza considera

re che l'addestramento professionale era necessario per completare la preparazione solamente scolastica dei partecipanti e che la cor

responsione di gratifiche variabili e solo ad alcuni degli allievi

non poteva avere altro fondamento che nel progresso dell'appren dimento di alcuni rispetto ad altri.

Anche questo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza costante di questa corte, nel rapporto che si istituisce nei corsi

di perfezionamento per lavoratori, indetti dalle imprese con auto

nomia di regolamentazione, organizzazione e funzionamento, l'in

segnamento diretto alla formazione professionale dell'allievo

costituisce l'unico oggetto del contratto e la prestazione di attivi

tà fisica e intellettuale da parte dello stesso allievo non può essere

utilizzata nell'impresa, essendo essa estranea al sinallagma con

trattuale (Cass. 23 luglio 1984, n. 4330, id., Rep. 1984, voce La

voro (rapporto), n. 712; 2 dicembre 1983, n. 7227, id., Rep. 1983, voce cit., n. 567; 3 marzo 1983, n. 1590, ibid., n. 513).

Perché tale rapporto non diventi di lavoro subordinato (ap

prendistato) e il tempo trascorso per la frequenza dei corsi non

possa cumularsi all'effettiva anzianità di servizio è imprescindibi

le, dunque, che la prestazione dell'allievo sia strumentalmente di

retta a siffatta formazione e sia richiesta solo nei limiti in cui

sia indispensabile alle necessità del tipo di insegnamento da im

partire. Ora nella specie è stato accertato in fatto che gli allievi erano

tenuti ad osservare gli orari e i ritmi di produzione propri della

squadra cui erano addetti, percependo anche l'indennità di disa

gio prevista per la particolare attività.

Appare pertanto immune da vizi logici e giuridici la motivazio

ne della sentenza, che, sulla base di questi fatti, ha ritenuto che

le prestazioni richieste agli allievi erano uguali a quella dei lavo

ratori dipendenti dalla Rai e quindi eccedevano le necessità del

l'apprendimento. Entrambi i ricorsi vanno dunque respinti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 luglio

1986, n. 4371; Pres. Bologna, Est. Jofrida, P. M. Minetti

(conci, diff.); Soc. Effe (Avv. Moricca, Salvo) c. Tacchinar

di. Conferma App. Brescia 3 novembre 1981.

Titoli di credito — Cambiale — Rappresentanza — Menzione

del mandato — Necessità — Esclusione — Indicazioni suffi

cienti (R.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, modificazioni alle nor

me sulla cambiale e sul vaglia cambiario, art. 11, 12).

In mancanza di una norma che imponga l'adozione di formule

prefissate per l'enunciazione del rapporto di rappresentanza, nel caso di sottoscrizione di una cambiale in nome e per conto

altrui, qualunque indicazione, purché idonea ad evidenziare detto

rapporto, vincola il rappresentato (nella specie, la corte ha rite

nuto idonea la collocazione della firma cambiaria individuale

sotto il timbro di una società). (1)

(1) In termini, con riferimento a titoli costituiti da assegni bancari o

circolari, cfr. Cass. 5 maggio 1972, n. 1361, Foro it., 1972, I, 2452, con nota di richiami.

Secondo Cass. 25 ottobre 1978, n. 4866, id., Rep. 1978, voce Titoli di credito, n. 24, e Cass. 18 febbraio 1975, n. 631, id., Rep. 1975, voce

cit., n. 13, è sufficiente, ai fini della validità di una obbligazione cambia ria assunta in rappresentanza di altri, la generica indicazione «per procu ra» o altra equivalente. Nello stesso senso, cfr. Cass. 26 giugno 1968, n. 2150, id., 1968, I, 2469, con nota di ulteriori richiami.

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — In data 3 dicembre 1977 la s.n.c.

Effe di Como notificava a Tacchinardi Gianfranco precetto di

pagamento per la somma di lire 8.400.819 portata da cinque cam

biali tratte.

Su tali titoli era apposta nello spazio riservato al traente un

timbro della s.p.a. Iseco, al di sotto del quale risultava la firma

del Tacchinardi; uguali timbro e firma sussistevano nella parte dei titoli riservata alla girata. Nell'atto di precetto la soc. Effe

affermava che le cambiali erano state emesse dal Tacchinardi senza

che fosse fornito del potere di rappresentare la soc. Iseco, per cui — a norma dell'art. 11 legge cambiaria — l'intimato era ob

bligato personalmente. Avverso l'atto di precetto proponeva opposizione il Tacchinar

di con atto 7 dicembre 1977, assumendo e chiedendo di provare,

per interrogatorio e testi, che aveva emesso i titoli nell'interesse

e quale rappresentante della s.p.a. Iseco, tanto vero che gli effetti

erano stati rilasciati in pagamento di merce ordinata dalla Iseco

alla Effe. Chiedeva, pertanto, all'adito Tribunale di Cremona che

fosse dichiarato nullo ed inefficace l'atto di precetto. Nel corso dell'istruttoria esso opponente esibiva un documento

in data 25 giugno 1976 a firma apparente dell'amministratore unico

della soc. Iseco, contenente la procura a lui rilasciata a negoziare in nome e nell'interesse della stessa.

Con sentenza in data 5 ottobre 1978 il tribunale rigettava l'op

posizione perché infondata. Avverso tale pronunzia proponeva

impugnazione il Tacchinardi per motivi di rito e di merito e la

competente Corte d'appello di Brescia, con sentenza 3 novembre

1981, a contraddittorio integro, in riforma, accoglieva l'opposi zione a precetto del 3 dicembre 1977 con ogni conseguenza.

Ricorre, quindi, per cassazione la s.n.c. Effe, allegando un unico

mezzo di censura.

Motivi della decisione. — Deduce la ricorrente, con l'unico mez

zo, violazione degli art. 11 e 12 r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, nonché difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.): vero

che l'obbligazione cambiaria può essere assunta mediante la fir

ma apposta sulla cambiale da un rappresentante, ma tale qualità deve essere (con qualsiasi formula) dichiarata nel titolo, altrimen

ti la semplice firma vincola personalmente ed esclusivamente il

firmatario in proprio. La corte di merito non avrebbe tenuto conto

che, nella specie, nessuna delle cambiali presenta il requisito di

cui sopra; né sarebbe esatto il richiamo in sentenza a una asserita

prassi comunemente adottata in commercio, secondo la quale chi

appone la sua firma sotto il timbro di una società, agisce in nome

e per conto di essa, poiché, agli atti difetta in modo assoluto

la possibilità di ricorrere alla presunzione sancita dall'art. 12, 2°

comma, legge cambiaria.

Il motivo è infondato. Come in dottrina ricordato, la sottoscri

zione cambiaria è elemento essenziale e costitutivo dell'obbliga zione che ne sorge e che vi si compenetra a tal punto da potersi affermare per essa che tota vis et fides scripturae in subscriptione consista. Appunto per tale sua funzione la legge cambiaria nel l'art. 8 ha voluto indicare in modo preciso come quella sottoscri

zione debba essere fatta per assumere rilevanza cambiaria; e

naturalmente il concetto implicito, da cui parte la legge, nello

stabilire la forma della sottoscrizione cambiaria, è sempre quello che si possa da essa desumere, nel modo più sicuro possibile,

Contra, nel senso che il nesso di rappresentanza può risultare, in man canza di indicazione sulla cambiale, da elementi e vicende estranei al tito

lo, App. Bologna 15 maggio 1984, id., Rep. 1986, voce Cooperativa, n. 53, e in Giur. comm., 1986, II, 112, annotata da Angiello, Note minime in tema di rappresentanza cambiaria; Cass. 25 luglio 1967, n.

1934, Foro it., Rep. 1967, voce Titoli di merito, n. 48. Per una riconferma del carattere di letteralità dei titoli di credito che

rende opponibile ai terzi solo le indicazioni risultanti dal documento, cfr. Cass. 25 luglio 1980, n. 4843, id., Rep. 1980, voce cit., n. 22; 12 maggio 1976, n. 1676, id., Rep. 1976, voce cit., n. 23.

Per un'ampia panoramica della giurisprudenza e delle particolari que stioni cui ha dato luogo il tema della rappresentanza cambiaria, in dottri na G.U. Tedeschi, Codice dei titoli di credito annotato, Torino, 1983, sub art. 12, 76 ss.

In tema di rappresentanza cambiaria delle società di capitali, v. Cass. 19 giugno 1987, n. 5374, Foro it., Mass., 925, ai sensi della quale le sottoscrizioni degli amministratori vincolano la società purché i firmatari siano titolari dell'organo rappresentativo; v. pure Cass. 5 giugno 1985, n. 3360, id., 1985, I, 2231, che, in tema di limitazione dei poteri di rap presentanza, ha ritenuto applicabile l'art. 2384 c.c. anche in materia cam biaria con prevalenza sull'art. 12 r.d. 1669/33.

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