sezioni unite civili; sentenza 15 luglio 1987, n. 6173; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Chiavelli,P. M. Paolucci (concl. diff.); Cavallo ed altro (Avv. Pellegrini, Magnani Noya) c. Min. tesoro(Avv. dello Stato Ceneritti). Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2675/2676-2685/2686Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181446 .
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2675 PARTE PRIMA 2676
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 lu
glio 1987, n. 6173; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Chia
velli, P. M. Paolucci (conci, diff.); Cavallo ed altro (Avv.
Pellegrini, Magnani Noya) c. Min. tesoro (Avv. dello Stato
Ceneritti). Regolamento preventivo di giurisdizione.
Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendenti ex Inam — Fon
do previdenziale aziendale — Prestazioni — Giurisdizione am
ministrativa (D.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, art. 75; 1. 20 marzo
1980 n. 75, proroga del termine previsto dall'art. 1 1. 6 dicem
bre 1979 n. 610, in materia di trattamento economico del per sonale civile e militare dello Stato in servizio ed in quiescenza; norme in materia di computo della tredicesima mensilità e di
riliquidazione dell'indennità di buonuscita e norme di interpre tazione e di attuazione dell'art. 6 1. 29 aprile 1976 n. 177, sul
trasferimento degli assegni vitalizi al fondo sociale e riapertura dei termini per la opzione, art. 6).
La domanda proposta da dipendenti di enti previdenziali mutua
listici per il conseguimento di prestazioni erogate dal fondo di
previdenza interno è devoluta alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, atteso che investe obbligazioni di natu
ra sostanzialmente retributiva facenti carico all'ente datore di
lavoro e strettamente inerenti al rapporto di pubblico
impiego. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 giu
gno 1987, n. 5730; Pres. Brancaccio, Est. Chiavelli, P. M.
Virgilio (conci, conf.); Min. poste e telecomunicazioni c. Ber
nardini (Avv. Assennato) e Inail (Avv. Contaldi, Napolita
no). Conferma Trib. Roma 28 gennaio 1980.
Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendente del ministero delle
poste e telecomunicazioni — Infortunio sul lavoro — Doman
da di prestazioni — Giurisdizione ordinaria (Cod. proc. ci v., art. 442, 444; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposi zioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, art. 127).
È devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto in
veste posizioni di diritto soggettivo, la domanda con cui un
dipendente dell'amministrazione postale chieda, nei confronti dell'amministrazione stessa, in qualità di gestore dell'assicura
zione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la correspon sione di una rendita per invalidità derivante da infortunio sul
lavoro. (2)
(1-3, 5) Giurisprudenza costante; in termini: Cass. 14 maggio 1987, n. 4436, Foro it., Mass., 747 (per dipendenti ex Enpdep); 21 marzo 1987, n. 2805, ibid., 470 (per dipendenti ex Inam e Enpas); 9 febbraio 1987, n. 1357, ibid., 227 (per dipendenti delle camere di commercio); 16 gen naio 1987, n. 313, ibid., 58 (per dipendenti ente Parco nazionale d'A
bruzzo); 11 novembre 1986 n. 6577, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 114 (per dipendenti Inadel-Onmi); 24 febbraio 1986, n. 1103, id., 1986, I, 2216, con nota di richiami sulla giurisdizione per le contro versie concernenti il trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti locali gestiti dalla cassa di previdenza per i dipendenti degli enti locali e sul rapporto di lavoro dei dipendenti delle camere di commercio in Italia ed all'estero.
Sulla natura delle somme versate a fondi di previdenza aziendali e/o
integrativi e sulla funzione di questi ultimi, v. Cass. 13 maggio 1987, n. 4422, id., 1987, I, 1723, con nota di richiami.
Sulla gestione da parte della pubblica amministrazione della assicura zione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro dei propri dipendenti, v.
(con riferimento all'ex azienda delle Ferrovie dello Stato) Cass. 3 maggio 1986, n. 2990, ibid., 180, con nota di richiami, cui ad de. in riferimento all'amministrazione postale, Cass. 15 gennaio 1983, n. 320, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1229; 11 ottobre 1979, n. 5278, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1284.
(4) In termini, Cass. 16 aprile 1986, n. 2695, Foro it., 1987, I, 880, con nota di richiami, cui adde Cass. 15 gennaio 1987, n. 250, id., Mass., 46; 9 dicembre 1986, n. 7290, id., Rep. 1986, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 420; 24 novembre 1986, n. 6894, ibid., n. 421; 11 no vembre 1986, nn. 6578 e 6577, ibid., nn. 419, 418.
Il Foro Italiano — 1988.
Ill
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 1° apri le 1987, n. 3110; Pres. Tamburrino, Est. Panzarani, P. M.
Sgroi V. (conci, conf.); Camera di commercio di Genova (Avv.
Pellerano) c. Reggiani (Avv. Marino). Regolamento preven tivo di giurisdizione.
Camera di commercio — Dipendenti — Fondo di previdenza —
Indennità di anzianità — Giurisdizione amministrativa (R.d.
26 giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 29; 1. 23 febbraio 1968 n. 125, nuove norme concernenti il perso nale delle camere di commercio, industria, artigianato e agri
coltura; d.m. 16 marzo 1970, regolamento del personale delle
camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura; 1.
25 luglio 1971 n. 557, norme integrative della 1. 23 febbraio
1968 n. 125; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribuna
li amministrativi regionali, art. 7).
Spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la
competenza a conoscere della domanda proposta da dipenden te di camera di commercio per conseguire il residuo importo sulla indennità di anzianità dovuta dal fondo di previdenza, atteso che l'oggetto della domanda è costituito non già da pre
stazioni di natura previdenziale ma da obbligazioni che fanno carico direttamente al datore di lavoro, ente pubblico non eco
nomico, in relazione a rapporto di pubblico impiego. (3)
IV
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 19 gen naio 1987, n. 413; Pres. Brancaccio, Est. Menichino, P. M.
Paolucci (conci, conf.); Corso (Avv. Viola, Berti) c. Inadel
(Avv. Capobianco). Cassa Trib. Venezia 28 marzo 1984.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello —
Incompetenza del giudice adito — Foro erariale — Riassunzio
ne — Termine di trenta giorni — Inapplicabilità (Cod. proc.
civ., art. 25, 428; r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudi zio dello Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura dello Stato, art. 7).
Impiegato degli enti locali — Dipendente ex Onmi — Indennità
di anzianità — Giurisdizione amministrativa — Indennità «pre mio fine servizio» — Giurisdizione ordinaria (L. 23 dicembre
1975 n. 698, scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'O
pera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia, art. 9; 1. 1° agosto 1977 n. 563, modifiche ed integrazioni alla
1. 23 dicembre 1975 n. 698, art. 5).
La riassunzione del giudizio d'appello proposto a tribunale in
competente secondo le regole del c.d. foro erariale non è assog
gettata alle disposizioni dettate dall'art. 428 c.p.c., sia perché trattasi di norma applicabile al solo primo grado sia perché le regole dettate dall'art. 25 c.p.c. e 7 r.d. 1611/33 individuano
una ipotesi di competenza funzionale inderogabile rilevabile an
che d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio. (4) La controversia, promossa nei confronti dell'Inadel da un dipen
dente della disciolta Onmi, per conseguire il pagamento dell'in
dennità di anzianità e della indennità «premio di fine servizio»,
spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
quanto alla prima richiesta, riguardante un diritto che trova
titolo immediato e diretto nel rapporto di pubblico impiego, mentre è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, quanto alla seconda richiesta, attinente ad un autonomo rapporto di
natura previdenziale. (5)
I
Motivi della decisione. — Nell'ambito della previdenza sociale
obbligatoria, il rapporto giuridico previdenziale ha una sua pro
per altri riferimenti sul c.d. foro erariale, v. Cass. 30 ottobre 1984, n. 5544, id., 1985, I, 790; 30 marzo 1984, n. 2142, id., 1984, I, 1847, con note di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
pria autonomia rispetto al rapporto di lavoro, anche di pubblico
impiego, che ne costituisce solo un presupposto esterno, per la
diversità che lo caratterizza rispetto alla fonte, alla causa, ai sog
getti ed al contenuto.
Codesta autonoma struttura giuridica spiega e giustifica l'attri
buzione delle controversie che derivano dall'applicazione delle nor
me in materia di previdenza obbligatoria, concernenti situazioni
di diritto soggettivo ed insorte tra l'ente previdenziale ed il sog
getto protetto nonché tra lo stesso ente ed il datore di lavoro
a cui fa carico l'obbligo contributivo, alla giurisdizione del giudi ce ordinario, pur se il rapporto di lavoro appartiene all'area del
l'impiego pubblico (art. 442, 1° comma, c.p.c.).
Ma, se al di fuori della sfera di applicazione delle norme di
legge in tema di previdenza sociale obbligatoria, particolari pre
stazioni, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, siano
dovute al dipendente dalla stessa parte datoriale, anche per il tra
mite di un fondo speciale di carattere aziendale, pur alimentato
in parte con contributi del dipendente e non costituente un centro
autonomo di imputazione di relazioni giuridiche, in base ad una
normativa interna, fonte integrativa della disciplina del rapporto di lavoro, e quindi in funzione sinallagmatica di retribuzione dif
ferita, fa difetto in tal caso un distinto ed autonomo rapporto
previdenziale, che giustifichi per le relative controversie la giuris dizione del giudice onorario, quale che sia la natura, privata o
pubblica, del rapporto di lavoro.
In siffatta ipotesi la cognizione delle dette controversie, spette rà al giudice del rapporto di lavoro, cioè al giudice onorario o
al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, a se
conda che il rapporto stesso abbia natura privatistica o di pubbli
co impiego.
Ora, come risulta dal diretto controllo degli atti processuali,
consentito a questa corte in tema di giurisdizione, la prestazione che forma oggetto della domanda si riferisce ad una componente
dell'indennità una tantum, che il disciolto ente pubblico (non eco
nomico), alle cui dipendenze i predetti ricorrenti lavoravano in
virtù di un rapporto di pubblico impiego, prima del loro trasferi
mento alle Usi, erogava per tramite dell'apposito fondo costitui
to al suo interno, agli impiegati che fossero cessati dal servizio
senza aver maturato il diritto a pensione, a norma dell'art. 32
del regolamento di previdenza e quiescenza del personale, delibe
rato dal consiglio di amministrazione dell'ente stesso ed approva to con decreto ministeriale.
L'anzidetto fondo, amministrato e garantito dall'ente pubbli
co, e solo contabilmente evidenziato nei relativi bilanci annuali,
alimentato essenzialmente con contributi a carico dell'ente mede
simo, e, in misura inferiore, con i contributi versati dagli impie
gati, era destinato ad erogare, alla stregua del citato regolamen
to, una pensione integrativa, ossia aggiuntiva rispetto a quella
dovuta dal competente ente previdenziale nell'ambito dell'assicu
razione generale obbligatoria, ed un trattamento di quiescenza,
consistente in un'indennità di buonuscita per gli impiegati che
fossero cessati dal servizio con diritto a pensione, e nell'indennità
una tantum, di cui si è fatto cenno, nel caso di cessazione dal
servizio senza diritto a trattamento pensionistico. Come ripetutamente affermato da questa corte in analoghe con
troversie, la domanda proposta dai dipendenti di enti previden ziali o mutualistici per il conseguimento di prestazioni erogate dal fondo di previdenza interno (indennità di buonuscita, inden
nità una tantum, trattamento pensionistico integrativo) è devolu
ta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso
che investe obbligazioni di natura sostanzialmente retributiva, fa
centi carico all'ente datore di lavoro, nel quale il predetto fondo
si immedesima come branca della relativa organizzazione, e stret
tamente inerenti al rapporto di pubblico impiego (cfr. Cass., sez.
un., 11 gennaio 1979, n. 185, Foro it., Rep. 1979, voce Impiega
to dello Stato, n. 1366; 25 maggio 1979, n. 3022, id., 1980, I,
778; 13 dicembre 1979, n. 6494, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1369;
14 giugno 1980, n. 3800, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1294; 25
luglio 1980, n. 4825, ibid., n. 1292; 14 maggio 1981, n. 3164, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1174; 23 marzo 1983, n. 2021, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 822; 15 maggio 1984, n. 2982, id., Rep.
1984, voce cit., n. 905). Non può indurre a mutare un tale indirizzo giurisprudenziale
la sentenza 27 luglio 1985, n. 4371 (id., Rep. 1985, voce cit.,
n. 1012) delle sezioni unite di questa corte in controversia relativa
al trattamento integrativo di pensione per un impiegato dipen
II Foro Italiano — 1988.
dente dall'Enpas, collocato a riposo, nella quale è stata afferma
ta la giurisdizione del giudice ordinario su! presupposto che la
domanda fosse inerente ad un distinto ed autonomo rapporto
previdenziale. È stato già avvertito, infatti, con la sentenza 17 giugno 1981,
n. 3943 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 882) delle stesse sezioni
unite, che occorre pur sempre distinguere le prestazioni che il
detto ente pubblico ha il compito istituzionale di erogare per leg
ge in favore dei dipendenti dello Stato a titolo di indennità di
buonuscita (t.u. 29 dicembre 1973 n. 1032) e le prestazioni di
natura essenzialmente retributiva erogate dallo stesso ente, me
diante apposito fondo speciale di previdenza, in favore del pro
prio personale dipendente in forza di un regolamento interno,
sicché per le controversie relative a queste ultime prestazioni sus
siste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (la 1.
20 marzo 1980 n. 75 ha, peraltro, stabilito all'art. 6 che le con
troversie in materia di indennità di buonuscita e di cessazione
del rapporto di impiego relative al personale dello Stato e delle
aziende autonome appartengono alla giurisdizione esclusiva dei
T.A.R.). Né vale istituire un qualche raffronto con l'indennità premio
di servizio dovuta dall'Inadel ai dipendenti degli enti locali a nor
ma delle leggi 2 giugno 1930 n. 733 e 8 marzo 1968 n. 152, la
cui natura indiscutibilmente previdenziale, siccome traente titolo
da un rapporto assicurativo distinto ed autonomo rispetto al rap
porto di pubblico impiego (cfr. Cass., sez. un., 1° marzo 1979,
n. 1316, id., 1980, I, 203), ovviamente non muta quando a bene
ficiarne siano gli stessi impiegati dell'istituto, per la ragione che
anch'essi sono obbligatoriamente iscritti per legge a tale forma
previdenziale, sebbene non dipendenti da enti locali. In questo
caso può dirsi irrilevante la mera coincidenza nello stesso ente
pubblico delle figure di datore di lavoro e di gestore della forma
di previdenza obbligatoria al fine di una deroga per le relative
controversie alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass.,
sez. un., 3 maggio 1986, n. 3004, id., Rep. 1986, voce Impiegato
degli enti locali, n. 131; 19 aprile 1984, n. 2564, id., 1985, I, 1718; 27 aprile 1983, n. 2876, id., Rep. 1983, voce cit., n. 136).
A diversa conclusione deve invece pervenirsi quando, in difetto
di un distinto ed autonomo rapporto giuridico previdenziale, ven
gano a coincidere, come nel caso in esame, nello stesso ente pub
blico la qualità di datore di lavoro e di gestore di un fondo inter
no di previdenza e quiescenza per il personale dipendente. Ciò posto, si osserva che l'indennità una tantum per gli impie
gati che fossero cessati dal servizio alle dipendenze dell'ente sen
za aver maturato il diritto a pensione era formata da a) una som
ma a carico dell'ente pari a tanti dodicesimi dell'ultima retribu
zione per quanti erano gli anni di servizio utile; b) una somma
a carico del fondo, determinata in base ai coefficienti di capita
lizzazione indicati nell'allegata tabella, a titolo di restituzione dei
contributi versati al fondo stesso dall'amministrazione e dall'im
piegato per i periodi di servizio effettivo; c) le quote del valore
di riscatto eventualmente versate al fondo dall'amministrazione
e dall'impiegato. Né può essere condiviso quanto ha sostenuto il procuratore
generale della discussione orale e, cioè che, in ogni caso, sussiste
rebbe la giurisdizione del giudice ordinario perché la domanda
è rivolta ad ottenere la restituzione delle somme di cui alla lett.
b) del cit. art. 32 del regolamento, le quali sarebbero rimaste
prive di destinazione, a seguito dello scioglimento dell'ente pub
blico, del trasferimento dei lavoratori alle dipendenze delle Usi,
e per effetto del mancato esercizio da parte loro della facoltà,
prevista dal citato art. 75 d.p.r. n. 761 del 1979, di optare per
il mantenimento della posizione assicurativa già costituita nell'am
bito dell'assicurazione generale obbligatoria e dei fondi integrati
vi esistenti presso gli enti di provenienza e della conseguente loro
iscrizione obbligatoria, per il trattamento di quiescenza, alla cas
sa per le pensioni agli impiegati degli enti locali e, per quello
di previdenza, all'Inadel.
Senonché la pretesa ha per oggetto, come già si è detto, una
componente dell'indennità una tantum prevista da una norma in
terna integrativa della disciplina del rapporto di pubblico impie
go, sicché ogni questione circa l'ulteriore sorte di codesta
componente e circa il diritto del dipendente ad ottenere la restitu
zione della corrispondente somma a seguito dello scioglimento
dell'ente e dopo il suo trasferimento alle dipendenze di altra p.a.
e l'assoggettamento ad un diverso trattamento di quiescenza e
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2679 PARTE PRIMA 2680
previdenza, attiene al merito e non alla giurisdizione, la quale rimane pur sempre determinata in riferimento all'oggetto sostan
ziale della domanda, strettamente inerente al rapporto di pubbli co impiego.
Né, infine, può giovare alla tesi dei ricorrenti la prospettazione della domanda come rivolta a conseguire una restituzione di in
debito, per la pretesa caducazione della funzione previdenziale delle somme accantonate dall'ente, anche con i contributi dei la
voratori, a seguito del mancato esercizio della facoltà di opzione,
per l'ovvia considerazione che anche l'accertamento di tale cadu
cazione e delle conseguenze giuridiche correlative implica, pur sem
pre, la cognizione del rapporto previdenziale, di natura facoltati
va integrativa, avente la sua fonte, immediata e diretta, nel rap
porto di impiego pubblico, cui ineriva.
In conclusione, si deve dichiarare la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo in sede esclusiva.
II
Motivi della decisione. — Con il motivo di ricorso, il ministero
denuncia violazione degli art. 1 e 442 c.p.c., 7 1. 6 dicembre 1971
n. 1034 e 29 t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, 127 t.u. 30 giugno 1965 n. 1124 e 2 r.d. 16 giugno 1938 n. 1275, in relazione all'art.
360, nn. 1 e 3, c.p.c. e sostiene che non può condividersi la tesi
secondo la quale nel sistema previsto dall'art. 127 d.p.r. 30 giu
gno 1965 n. 1124 (in base al quale l'Inail provvede, in caso di
infortunio, alla erogazione delle prestazioni in favore dei dipen denti delle aziende autonome del ministero delle poste e teleco
municazioni che rimborsa all'Inail le spese) il ministero cumuli
la duplice veste di assicurante ed assicuratore, per cui sarebbe
possibile distinguere il rapporto di assicurazione da quello di pub blico impiego.
Alla distinzione dei rapporti ostano, secondo il ricorrente, la
mancanza di un soggetto estraneo (l'assicuratore) e del rapporto contributivo. Sarebbe da ritenere, pertanto, che lo Stato sia tenu
to soltanto a praticare ai propri dipendenti lo stesso trattamento
dell'assicurazione obbligatoria. Tale trattamento sarebbe però cor
relato al rapporto di pubblico impiego che ne costituisce la fonte, con le inevitabili conseguenze in ordine alla giurisdizione sulle
controversie relative.
Il motivo non è fondato. Come le sezioni unite di questa corte
hanno avuto più volte occasione di precisare, la domanda, con la quale un dipendente dell'amministrazione postale chieda, nei
confronti dell'amministrazione stessa, in qualità di gestore del
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la cor
responsione di una rendita per invalidità derivante da infortunio
sul lavoro, investe posizioni di diritto soggettivo inerenti ad un
rapporto previdenziale autonomo rispetto a quello di pubblico impiego, che ne costituisce mero presupposto, e, pertanto, resta
devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. sent. 5278/79, Foro it., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 1284; 320/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1229).
Né può avere alcun rilievo il fatto che, negli ordinari rapporti di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, i rapporti medesi mi siano caratterizzati da tre soggetti (datore di lavoro, assicu
rante; Inail, assicuratore; lavoratore, assicurato) mentre, nel si stema della «gestione per conto dello Stato» — come nella specie — i soggetti si riducano a due, cumulando l'amministrazione la
duplice posizione di datore di lavoro assicurante e di assicurato
re, posto che, ai fini della competenza giurisdizionale dell'assicu razione generale obbligatoria, non rileva la natura dei soggetti del rapporto, ma bensì quella del rapporto previdenziale obbliga torio, le cui controversie sono espressamente assegnate alla com
petenza del pretore (art. 442 e 444 c.p.c.; cfr. anche in rapporto all'abrogato art. 459 la sent. 2602/62, id., 1962, I, 1796).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Ili
Motivi della decisione. — Nella propria istanza la camera di
commercio, industria, artigianato e agricoltura di Genova, rile vando che la domanda della Reggiani concerne l'indennità di an
zianità e la liquidazione delle somme accantonate dal proprio fondo
Il Foro Italiano — 1988.
di previdenza, deduce che per ciò che concerne il primo elemen
to, essendo essa ricorrente un ente pubblico non economico, le
relative controversie appartengono in via esclusiva alla cognizio ne del giudice amministrativo (art. 409, n. 4, c.p.c., art. 29 t.u.
approvato con il r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 7 1. 6 dicembre
1971 n. 1034). Argomenta poi che per quanto attiene altresì' al fondo di previ
denza sussiste la suddetta giurisdizione del giudice amministrati
vo la quale parimenti deriva dal r.d. n. 1054 del 1924 e dalla
1. n. 1034 del 1971 ed è stata affermata dalla sentenza 14 gennaio
1981, n. 309 (Foro it., Rep. 1981, voce Impiegato dello Stato, n. 1133) di queste sezioni unite nonché da decisione dell'adunan
za plenaria del Consiglio di Stato. Aggiunge la ricorrente che in
ogni caso l'art. 442 c.p.c. richiama, per il relativo procedimento, l'art. 409 dello stesso codice il quale sottrae alla cognizione del
giudice ordinario le controversie concernenti rapporti fra dipen denti ed enti pubblici non economici. Chiede pertanto che sia
dichiarato il difetto di giurisdizione del pretore in funzione di giudice del lavoro. (Omissis).
Passando quindi all'esame del contenuto dell'istanza di regola mento, va riconosciuta la fondatezza delle deduzioni della ri
corrente.
Premesso che le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono indubbiamente degli enti pubblici non econo
mici dato invero che esse non svolgono attività imprenditoriale di produzione di beni e servizi, ma perseguono fini di ordine ge nerale per lo sviluppo dell'economia delle singole province e l'as
sistenza delle categorie produttive (cfr. la sentenza di queste se
zioni unite 23 febbraio 1979, n. 1192, id., Rep. 1979, voce cit., n. 227, che trova peraltro corrispondenza nella giurisprudenza
amministrativa), nella fattispecie chiaramente emerge dalle stesse
affermazioni della parte attrice che l'oggetto sostanziale della sua
domanda è costituito, non già da prestazioni di natura previden ziale (cui, per i dipendenti degli enti locali, sono preposti la cassa
di previdenza per le pensioni degli impiegati degli enti locali e
l'«Istituto nazionale assistenza dipendenti enti locali» con spet tanza a conoscere delle relative controversie, rispettivamente, del
la Corte dei conti e dell'autorità giudiziaria ordinaria: cfr., per
es., sez. un. 5 marzo 1985, n. 1824, id., Rep. 1985, voce Pensio
ne, n. 17 e 1° marzo 1979, n. 1316, id., 1980, I, 203), bensì'
dall'adempimento da parte della camera di commercio di Genova
dell'obbligazione di corrispondere il residuo importo sull'inden
nità di anzianità dovuta dal fondo di previdenza, nonché la capi talizzazione degli interessi e dei capitali in relazione a versamenti
eseguiti, con la relativa capitalizzazione e gli interessi composti, oltre l'importo della rivalutazione e gli ulteriori interessi.
Si tratta pertanto di obblighi che — quale che sia il fondamen
to della domanda — appaiono far carico direttamente all'ente
datore di lavoro in relazione al rapporto di pubblico impiego in tercorso con la dante causa dell'attrice e da cui esula qualsiasi aspetto previdenziale, vertendosi invero sul pagamento di somme
maturate a favore della stessa dante causa quale diretto effetto dell'avvenuto svolgimento del detto rapporto e quindi neppure discutendosi di normali prestazioni del fondo di previdenza am
ministrato dalla stessa camera di commercio.
Ma anche in relazione a tale ultimo profilo va in ogni caso ricordata la giurisprudenza di questa Suprema corte secondo cui
neppure la domanda proposta dal dipendente di ente pubblico non economico collocato a riposo volta al conseguimento delle
prestazioni dovute dai fondi di previdenza gestiti dai medesimi enti investe un rapporto previdenziale autonomo e distinto rispet to a quello di pubblico impiego, trovando siffatte prestazioni in detto rapporto il loro titolo immediato e diretto e facendosi con tale domanda valere un debito del datore di lavoro di natura so stanzialmente retributiva (cfr. la sentenza 14 gennaio 1981, n.
309, id., Rep. 1981, voce Impiegato dello Stato, n. 1133; richia mata dalla ricorrente, nonché quelle 2 giugno 1981, n. 3548, id., Rep. 1981, voce Ricchezza mobile; n. 17; e 16 aprile 1985, n.
2514, id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 1011, tutte concernenti proprio le camere di commercio, e inoltre quella 16
maggio 1984, n. 2982, id., Rep. 1984, voce cit., n. 905). Al che va aggiunto che, agli affetti della disposizione di cui all'art. 442, 1° comma, c.p.c., diversa si rivela invece l'ipotesi in cui l'impiega to di un ente previdenziale sia obbligatoriamente assicurato presso di esso sicché il relativo rapporto previdenziale trovi titolo diret
to, non già nell'assunzione dell'impiegato stesso e nello svolgimento
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
da parte sua di prestazioni lavorative nell'ambito dell'organizza zione pubblicistica, bensì appunto nell'obbligatoria sua iscrizione all'ente riguardato nella sua funzione previdenziale essendo con ciò l'impiegato medesimo destinatario di una tutela assicurativa comune ad altri dipendenti pubblici (cfr. le sentenze di queste sezioni unite 20 novembre 1982, nn. 6242-6245, id., Rep. 1982, voce Impiegato degli enti locali, nn. 92-95; 15 ottobre 1983, n.
6043, id., Rep. 1983, voce cit., n. 130; 19 aprile 1984, n. 2563, id., Rep. 1984, voce cit., n. Ili, e n. 2564, id., 1985, I, 1711). Peraltro, secondo quanto si è sopra richiamato, nelle prestazioni dei fondi di previdenza gestiti dagli enti-datori di lavoro viene riconosciuta una natura essenzialmente retributiva (pur non po tendosi non considerare la coesistenza che, con diversa accentua
zione, sovente permane fra tale profilo e quello previdenziale: cfr. Cass. 13 settembre 1978, n. 4127, id., 1978, I, 1872, e i ri chiami in essa contenuti), laddove l'applicazione del 2° comma del suddetto art. 442 c.p.c. presuppone che gli obblighi di assi stenza e di previdenza di natura particolare derivano «da contrat ti e accordi collettivi».
In base a tali ragioni e rimanendo assorbita ogni altra conside
razione, dev'essere pertanto dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a conoscere la presente controversia
(art. 7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034).
IV
Motivi della decisione. — (Omissis). Passando pertanto all'esa me dei motivi del ricorso, si osserva che, con il primo di essi denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 428 c.p.c. in relazione agli art. 359 e 50 dello stesso codice, la ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale di Venezia ha respinto l'ec cezione di tardività della riassunzione del processo d'appello rite nendo doversi applicare la regola finale dell'art. 50. Asssume in
proposito, contestando la tesi seguita della sentenza impugnata, che la disciplina processuale è sempre dettata per il giudizio di
primo grado mentre quello d'appello è modellato su di esso, cosi come stabilito nella regola generale dell'art. 359 c.p.c., talché non vi è motivo per escludere che i richiami contenuti negli art. 436 e 437 alle corrispondenti disposizioni sul processo del lavoro non
rispondono ad eguale ratio. Aggiunge che, essendo l'art. 50 dero
gato, per la specialità del processo del lavoro, dall'art. 428, sif fatta deroga si estende al secondo grado, non già per analogia o interpretazione estensiva, bensì perché il suo raggio di efficacia
comprende altresì il processo di secondo grado, dovendo invero anche in esso valere le esigenze di celerità e semplificazioni del rito speciale.
In proposito anzitutto si osserva come la norma dell'art. 428
c.p.c. nel testo introdotto dall'art. 1 1. 11 agosto 1973 n. 553 — sul rilievo dell'incompetenza del giudice investito di una causa di lavoro e sulla remissione di essa al pretore in funzione di giu dice del lavoro con fissazione di un termine perentorio non supe riore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale — sia stata oggetto di contrastanti valutazioni della dottrina. E, invero, mentre da una parte di essa si è sostenuto che detta norma con cerne il conflitto che può sorgere tra più pretori in funzione di
giudici del lavoro e che la stessa concerne pertanto la competenza per territorio di cui agli art. 413, 2° comma, ss. (nuovo testo) c.p.c. da un'altra parte, all'opposto si è ritenuto che la previsione ivi contenuta attiene all'ipotesi in cui una causa di lavoro sia pro posta con rito speciale avanti al giudice diverso dal pretore con
conseguente capovolgimento di una questione di competenza per materia.
Se peraltro la formulazione letterale della norma in esame è effettivamente tale da prestarsi a diverse interpretazioni ciò che sembra invece incontestabile è che con essa il legislatore del 1973 ha mostrato di preoccuparsi che le cause del lavoro siano corret tamente introdotte avanti al giudice competente e cioè avanti al
pretore in funzione di giudice del lavoro e che ogni questione al riguardo sia sollecitamente affrontata e risolta in conformità di quelle esigenze di celerità che caratterizzano il relativo proces so. Situazioni di dubbio circa la competenza del giudice adito
possono tuttavia completamente presentarsi solo nel procedimen to di primo grado, e invero è in tale momento che deve stabilirsi se una controversia rientri effettivamente fra quelle di cui all'art. 409 (o 442) c.p.c. e se inoltre, tenuto anche conto delle diverse
Il Foro Italiano — 1988.
previsioni di cui all'art. 413, essa sia portata alla cognizione per
l'appunto, del giudice competente. Invece l'individuazione in sé del giudice d'appello (avanti al quale possono pur porsi problemi di osservanza del rito prescritto: art. 439 c.p.c.) non può dar
luogo a incertezza alcuna, tale essendo invero (a parte quanto può riguardare invece il c.d. «foro erariale») il tribunale nel cui circondario ha sede il pretore che ha deciso la causa e ciò secon do l'assoluto e inderogabile criterio della competenza funzionale
per gradi che, per le cause di lavoro, l'art. 433, 1° comma, c.p.c. richiama attraverso la semplice indicazione, quale giudice ad quem, del «tribunale territorialmente competente».
Ma la determinazione di tale giudice non può che essere effet tuata in base alla norma generale dell'art. 341 dello stesso codice, il quale per tutte le controversie indica quello (sovraordinato) «nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la senten za» impugnata. Se pertanto la disciplina dell'art. 428 c.p.c. —
che, come ha considerato nella presente controversia il Tribunale di Venezia, è specificamente dettata per il procedimento di primo grado e non è affatto richiamata nel paragrafo relativo alle impu gnazioni — ha una sua peculiare ragion d'essere appunto per il
procedimento di primo grado, non emerge un analogo motivo
perché essa debba essere applicata anche a quello d'appello, il che peraltro — secondo quanto ancora esattamente rilevato dal tribunale —
comporterebbe, al postutto, l'estensione di una de
roga a un'ipotesi non prevista. D'altra parte la stessa ricorrente per affermare tale applicabili
tà ha dovuto far richiamo alla regola generale dell'art. 359 del codice di rito sull'osservanza nel procedimento d'appello in quanto applicabili delle norme dettate per quello di primo grado. Ma se con ciò la ricorrente da un lato implicitamente riconosce quel principio più volte affermato da questa Suprema corte, secondo cui il processo del lavoro trova pur sempre nelle norme generali del rito ordinario le naturali regole di riferimento ove non siano state per esso introdotte delle particolari disposizioni, dall'altro la medesima viene a pretendere che sia attribuita alla suddetta
regola generale (la quale di per sé importa anche il richiamo e dell'art. 50 dello stesso codice sulla riassunzione della causa avanti al giudice competente nel termine fissato nella sentenza e in man canza in quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o di quella dichiarativa dell'incompetenza) una efficacia eterogenea rispetto alla sua naturale portata nell'ambito del codice e cioè l'estensione di una regola particolare quale è
quella dell'art. 428 (nuovo testo). Al contrario deve piuttosto os servarsi che nel paragrafo 2, sezione II tit. 4 del libro II dello stesso codice, cosi come innovato dalla 1. n. 533 del 1973 sul
procedimento d'appello nelle controversie di lavoro, i richiami alle norme disciplinanti il procedimento di primo grado sono ana liticamente enunciati (cfr. l'art. 434, 1° comma, in relazione al
l'art. 414; l'art. 436, 4° comma, in relazione all'art. 416; l'art.
437, 3° e 4° comma, in relazione rispettivamente all'art. 423 e ai commi 2° e 3° dell'art. 429; l'art. 438, 1° e 2° comma, in
relazione rispettivamente all'art. 430 e al 2° comma dell'art. 431; l'art. 439 in relazione agli art. 426 e 427 e infine, l'art. 441, 1°
comma, in relazione all'art. 423); e che, nello stesso tempo, man
ca una norma parallela a quella del ricordato art. 359.
Per le ipotesi non contemplate rimane pertanto indubbiamente
legittimo il riferimento a tale norma generale ma questa non può essere utilizzata, per ampliare i casi oggetto dei suddetti richiami e la portata di regole che sono state specificamente dettate per il rito del lavoro in deroga a quelle comuni. Alla quale considera zione va aggiunto che, in base a fondamentali principi generali, non appare ammissibile che l'osservanza del criterio della compe tenza funzionale per gradi quale è — in ogni tipo di procedimen to — quella del giudice dell'impugnazione (rispondente a evidenti
ragioni di ordine pubblico processuale tanto che la dottrina ha
affermato che l'organo investito dell'impugnazione che sia diver
so da quello predeterminato dalla legge sarebbe addirittura privo di giurisdizione), possa essere sostanzialmente sanata attraverso il meccanismo preclusivo di cui al 1° comma dell'art. 428 al qua le è poi organicamente e inscindibilmente collegata la disposizio ne del 2° comma sulle modalità di riassunzione della causa.
Può aggiungersi, con riferimento alla ragione particolare per la quale il Tribunale di Belluno aveva dichiarato la propria in
competenza e cioè la sussistenza del foro erariale a norma del
l'art. 25 c.p.c. e dell'art. 7 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 (il cui
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2683 PARTE PRIMA 2684
2° comma dispone, tra l'altro, che l'appello dalle sentenze dei
pretori è proposto innanzi al tribunale «del luogo ha sede l'avvo
catura dello Stato nel cui distretto le sentenze stesse furono pro
nunciate»), che l'inapplicabilità dell'art. 428 c.p.c. trova confor to in base a ulteriori rilievi. Deve invero considerarsi che — supe rati iniziali dubbi insorti al momento della redazione del nuovo
codice di rito — il foro dello Stato conformemente all'interpreta zione che era stata sempre data alle disposizioni del suddetto r.d.
1611 del 1933, integra una ipotesi di competenza funzionale inde
rogabile, in relazione alla quale viene ritenuto che la corrispon dente eccezione o il rilievo d'ufficio possano aver luogo per la
prima volta in ogni stato e grado del giudizio, cosi come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Suprema corte. Que st'ultima — con richiamo peraltro alla sentenza 22 dicembre 1964, n. 118 della Corte costituzionale (Foro it., 1965, I, 155) — ha
invero ribadito l'esigenza di concentrare a vantaggio della collet
tività sia i giudizi ai quali partecipa lo Stato sia gli uffici dell'av vocatura dello Stato presso un numero ristretto di sedi giudiziarie — si da dare impulso alla specializzazione di queste. La stesa giuris
prudenza ha pertanto sottolineato il carattere cogente della rego la del foro erariale, precisando che essa non soffre eccezione in
riferimento alle controversie del lavoro, dato che le norme relati
ve alla competenza territoriale, per tali controversie pur con le
loro peculiari caratteristiche e finalità si inseriscono nell'ambito
del processo ordinario e quindi possono essere derogate dalle norme
negative al detto foro erariale aventi carattere speciale (cfr. in
tali termini, per es., la sentenza della sezione lavoro 13 maggio 1983, n. 3276, id., 1984, I, 234, e i vari richiami in essa contenu
ti; ed altresì' quelle 24 gennaio 1983, n. 666, id., Rep. 1983, voce
Competenza civile, n. 112; 13 luglio 1983, n. 4800, ibid., nn.
102, 149; e 26 ottobre 1983, n. 6333, ibid., n. 101, 148; ancora
sull'applicabilità della disciplina del foro dello Stato alle cause di lavoro v. poi la sentenza di queste Sezioni unite 5 novembre
1984, n. 5584, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 382, nella quale si è tra l'altro ritenuta la manifesta infondatezza di
rilievi d'illegittimità costituzionale al riguardo). Il foro erariale viene pertanto — come ha sottolineato ancora
la dottrina — a sovrapporsi alle norme processuali comuni, tal ché deve osservarsi che ogni regola che in ipotesi limitasse la rile vabilità dell'incompetenza del giudice del lavoro anche nel proce dimento d'appello dovrebbe necessariamente cedere di fronte alla assoluta cogenza dell'individuazione del suddetto foro. Pertanto, oltre ai motivi prevalenti ed assorbenti per i quali è stato detto che non può estendersi (nel rito del lavoro) al procedimento di
appello la disciplina dell'art. 428 c.p.c. devesi pure aggiungere che — in ordine al foro dello Stato — non potrebbe applicarsi il relativo disposto; ed invero il provvedimento di remissione ad altro giudice e di fissazione di un termine perentorio non superi i trenta giorni per la riassunzione della causa con il rito speciale è condizionato dalla tempestiva eccezione o dal rilievo d'ufficio non oltre la prima udienza, e ciò in netto contrasto con il ricor dato il principio della rilevabilità della incompetenza per detto «foro erariale» anche in ogni stato e grado del procedimento.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 1. 23 dicembre 1975 n. 698, modifi cato dalla 1. 1° agosto 1977 n. 563, sotto il profilo della attualità del diritto al trattamento di fine servizio, della liquidità ed esigi bilità del relativo credito alla data dello scioglimento deH'Onmi.
Ella sostiene con ampie argomentazioni che la maturazione del
proprio diritto al trattamento di fine rapporto al momento della estinzione dell'Onmi, comporta la sua pretesa alla relativa corre
sponsione e l'obbligo del versamento da parte dell'Inadel succe duto all'altro ente soppresso nella posizione di ente previdenziale a tale epoca; che diversamente l'erogazione alla data successiva della fine del rapporto con il nuovo ente presso cui era continua to il rapporto di impiego arriverebbe a comportare una violazio ne degli art. 3 e 36 Cost, per la conseguente vanificazione della entità del detto trattamento, ed un arricchimento senza causa del
l'Inadel; che nessuna continuità né successione era sostenibile fra i due rapporti di impiego (prima con l'Onmi e poi con il nuovo ente pubblico), per giustificare il mancato pagamento del tratta mento di fine servizio con la cessata Onmi.
Devesi premettere che il trattamento di fine servizio, reclamato dalla ricorrente, è costituito da due distinte indennità: quella di anzianità e quella c.d. di buonuscita o più esattamente «premio
li Foro Italiano — 1988.
di fine servizio»; inoltre, circa la pretesa entità di ciascuna si chiede
la inclusione, nella base mensile di computo, delle voci accessorie
per indennità integrativa speciale e per assegno perequativo. Alla stregua di tale precisazione, come queste sezioni unite ci
vili hanno affermato in altri casi analoghi al presente, la contro
versia promossa nei confronti dell'Inadel da un dipendente della
disciolta Opera nazionale per la protezione della maternità ed in
fanzia, per conseguire il pagamento dell'indennità di anzianità
e della indennità «premio di fine servizio», spetta alla giurisdizio ne esclusiva del giudice amministrativo, quanto alla prima delle
indicate richieste, riguardante un diritto che trova titolo imme
diato e diretto nel rapporto di pubblico impiego, mentre è devo
luta alla cognizione del giudice ordinario, quanto alla seconda
richiesta, attinente ad un autonomo rapporto di natura previden ziale (Cass., sez. un., 27 luglio 1984, n. 4436, id., 1985, I, 495).
Il principio relativo alla giurisdizione esclusiva del giudice am
ministrativo per le controversie concernenti l'indennità di anzia
nità trae fondamento, nella fattispecie, dal fatto che la ricorrente
era dipendente di un ente pubblico non economico (Onmi) e tale
è anche l'Inadel.
Come rilevato nella citata decisione, «non può opporsi che l'in
dennità di anzianità non è dovuta dall'ente datore di lavoro, poi ché ciò discende dalle leggi sopravvenute, relative allo scioglimento delPOnmi (1. n. 698 del 1975 e successive), atteso che, dovendo
le funzioni originarie dell'opera continuare ad essere svolte sia
dallo Stato sia dagli enti locali, la volontà legislativa di conside
rare sostanzialmente unico il rapporto di servizio di tali dipen denti si evince inequivocabilmente dalla richiamata 1. n. 698 del
1975, che prevede la liquidazione del trattamento di quiescenza sulla base del ricongiungimento di tutti i servizi sul presupposto dell'inalterata continuità oggettiva dei rapporti medesimi. Conse
gue da ciò che la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giu dice amministrativo in materia non può essere negata in base alla
sola considerazione che, per esigenze di ordine politico, la presta zione predetta è stata posta a carico di altro ente pubblico —
pur sempre non economico — che amministra i fondi stanziati
a tale scopo. Per questa parte, pertanto, va dichiarata l'indennità di
buonuscita-premio di fine servizio (i due termini stanno ad indi
care distinti aspetti della stessa indennità, che, per il periodo tra
scorso alle dipendenze dell'Ornili si definisce «di buonuscita» e,
per il periodo trascorso alle dipendenze dell'ente locale, si defini
sce «premio di fine servizio», pur avendo i due emolumenti disci
plina sensibilmente diverse). Stante la natura previdenziale di tale indennità, esattamente è
stata di fatto ritenuta nelle fasi di merito la giurisdizione del giu dice ordinario (sul carattere previdenziale dell'indennità di buo
nuscita; sent. 13 settembre 1978, n. 4127, id., 1978, I, 1872; del l'indennità premio di fine servizio, sent. 27 aprile 1983, n.
2876-2885, id., Rep. 1983, voce Lavoro e previdenza (controver sie), nn. 413-420).
Sussistendo su tale pretesa la giurisdizione del giudice ordina
rio, devesi rilevare che giustamente il tribunale ha rigettato la domanda relativa dell'odierna ricorrente.
Secondo il testo dell'art. 9 1. 23 dicembre 1975 n. 698 modifi cato dall'art. 5 1. 1° agosto 1977 n. 563 concernente il personale della soppressa Onmi va considerato che con l'espressione «am
ministrazioni riceventi» sono indicate quelle alle quali sono tras feriti i dipendenti ex Onmi (e cioè Stato o altre pubbliche ammi
nistrazioni) mentre gli istituti od enti previdenziali previsti sono,
rispettivamente, per le amministrazioni statali l'Enpas e per le altre amministrazioni pubbliche (come gli enti locali) i diversi or
ganismi fra i quali appunto l'Inadel.
La diversità di disciplina delle indennità di fine servizio, ed in particolare la diversità fra la indennità di buonuscita, dovuta secondo il precedente ordinamento ai dipendenti Onmi (fino alla
soppressione) e quella poi dovuta ai medesimi presso le «ammini strazioni riceventi» a seconda che si tratti dello Stato (fra i cui
impiegati è pure dovuta la «buonuscita» a carico Enpas) ovvero di altre amministrazioni (per i cui impiegati è prevista un'altra
forma, come il premio fine servizio a carico Inadel), giustifica la previsione delle norme suddette e che si articola in due punti.
Il primo prevede che detta indennità sia corrisposta al dipen dente, passato dall'Onmi ad altra amministrazione, in modo uni tario e globale per tutto il suo servizio, presso entrambi detti enti;
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
al termine definitivo del rapporto presso la nuova «amministra
zione ricevente».
Il secondo dispone — al fine suddetto — il versamento da par te dell'ufficio liquidazione (ministero del tesoro), e per conto del
lo Onmi della quota maturata di indennità, per il servizio presso detto ente, presso l'ente previdenziale che assicura i dipendenti della nuova amministrazione (cui sono trasferiti gli impiegati ex
Onmi), in modo che al termine del servizio le due quote di inden
nità siano cumulate nella unica erogazione all'interessato.
Pertanto, l'interpretazione letterale della legge pone chiaramente
in luce come l'Inadel debba liquidare agli ex dipendenti Onmi, iscritti alla gestione previdenza in base alla legge di cui trattasi, il trattamento di fine servizio e, in particolare, l'indennità di buo
nuscita subito all'atto della cessazione dal servizio.
Sarebbe poi illogico ritenere che l'Inadel debba provvedere ad
un pagamento che avrebbe potuto esere effettuato dall'ufficio li
quidazione del ministro del tesoro qualora la legge dovesse inter
pretarsi nel senso delle frazionabilità dei due rapporti di servizio; alle dipendenze dell'Ornili ed alle dipendenze dell'ente locale «ri
cevente».
Come già è stato ritenuto con il precedente costante orienta
mento concernente la stessa questione (sent. 5470/79, id., Rep.
1979, voce Giurisdizione civile, n. 108; 2725/84, id., Rep. 1984, voce Maternità e infanzia, n. 6; 5491/85, id., Rep. 1985, voce
cit., n. 4), il rapporto di lavoro degli ex dipendenti Onmi è unico, dato che la citata legge parla di «trasferimento del personale On
mi all'ente locale», invero nel rapporto di lavoro stesso è mutato
soltanto un termine soggettivo e quindi non ricorre la novazione
oggettiva del rapporto dalla quale potrebbe ricavarsi la distinzio
ne dei due servizi e quindi la risoluzione di quello precedente con l'Onmi a giustificazione della pretesa di autonoma e imme
diata liquidazione della corrispondente indennità di «buonuscita»
in esame.
Devesi aggiungere che sono diverse le modalità di liquidazione di tale indennità secondo i diversi coefficienti di calcolo e cioè:
una con 1/2 dell'SOVo dell'ultima retribuzione annua per la «buo
nuscita» ed una con 1/15 dell'80% per l'indennità premio di ser
vizio; perciò qualora il legislatore non avesse disposto, per la con
nessa diversa misura, il detto accredito all'Inadel della parte pre cedentemente maturata (presso la Onmi), lo stesso Inadel avrebbe
dovuto liquidare l'indennità con i criteri del premio servizio e
cioè con 1/15 dell'80% dell'ultima retribuzione annua per l'inte
ro rapporto, compreso quello presso l'Onmi.
La domanda della ricorrente è stata perciò esattamente respin ta dal tribunale.
Deve dunque concludersi con la declaratoria della giurisdizione esclusiva della giustizia amministrativa in ordine all'indennità di
anzianità e con il rigetto del ricorso in ordine all'indennità di
buonuscita. Sul punto concernente la prima indennità l'impugna ta sentenza deve essere cassata senza rinvio (art. 382 c.p.c.).
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 mag
gio 1987, n. 4441; Pres. Tamburrino, Est. Panzarani, P. M.
Sgroi V. (conci, conf.); Inail (Avv. Schillaci, Pugliatti) c.
Rotili (Avv. Angelini). Cassa App. Roma 27 maggio 1981.
Lavoro (rapporto; — ìuieia tiene condizioni ai lavoro — viola
zione — Infortunio del dipendente — Responsabilità contrat
tuale ed extracontrattuale — Concorso (Cod. civ., art. 2043,
2087, 2947). Impiegato dello Stato e pubblico — Tutela delle condizioni di
lavoro — Violazione — Infortunio del dipendente — Azione
di responsabilità contrattuale — Giurisdizione amministrativa
(Cod. civ., art. 2087; cod. proc. civ., art. 409; d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, norme per la prevenzione degli infortuni sul lavo
ro, art. 18; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali
amministrativi regionali, art. 7).
Nel campo della disciplina del lavoro dipendente la tutela delle
condizioni di lavoro costituisce, a norma dell'art. 2087 c.c.,
Il Foro Italiano — 1988.
una delle obbligazioni primarie del datore, sanzionata anche
penalmente e fonte di responsabilità, a carico del datore di la
voro, di natura sia contrattuale che excontrattuale, con conse
guente diritto del lavoratore di attivare entrambe le azioni, an
che in concorso, a tutela dei suoi diritti. (1) L'azione di responsabilità contrattuale avente ad oggetto la os
servanza, da parte di ente pubblico non economico (nella spe
cie, l'Inail) degli obblighi ad esso incombenti nello svolgimento del rapporto di pubblico impiego e, in particolare, la osservan
za delle prescrizioni dettate a tutela delle condizioni di lavoro,
appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice ammini
strativo. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 16 gen naio 1987, n. 304; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Tondo, P. M. Sgroi V. (conci, conf.); Università cattolica S. Cuore
(Avv. Bellini) c. Cupini (Avv. Paoletti). Regolamento pre ventivo di giurisdizione.
Impiegato dello Stato e pubblico — Tutela delle condizioni di
lavoro — Violazione — Infortunio del dipendente — Azione
di responsabilità extracontrattuale — Giurisdizione ordinaria
(Cod. civ., art. 2043, 2087; cod. proc. civ., art. 409; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazio
ne obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro
fessionali, art. 10).
Spetta al giudice ordinario la cognizione della domanda proposta dal pubblico impiegato nei confronti di ente pubblico non eco
nomico (nella specie, Università cattolica del Sacro Cuore) avente
per oggetto il risarcimento dei danni per la lesione del suo di
ritto assoluto alla integrità fisica a causa del comportamento
colposo della pubblica amministrazione concretante una respon sabilità extracontrattuale. (3)
III
TRIBUNALE DI PALERMO; sentenza 6 giugno 1986; Pres. F.
Romano, Est. Salvago; Avila ed altra (Avv. Maniscalco Ba
sile, Vittorelli ) c. Regione siciliana e Comune di Carini (Avv.
Cutietta).
Impiegato dello Stato e pubblico — Tutela delle condizioni di
lavoro — Violazione — Decesso del dipendente — Risarcimen
to dei danni agli eredi — Diritti patrimoniali conseguenziali — Competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro
(Cod. civ., art. 2087; cod. proc. civ., art. 409; d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547; d.p.r. 19 marzo 1956 n. 303, norme generali per
l'igiene del lavoro).
La domanda con cui gli eredi del dipendente della regione, dece
duto per aver prestato servizio in locali malsani ed in condizio
ni antigieniche, chiedono il risarcimento dei danni derivati dal
la morte del loro congiunto per violazione delle disposizioni sulla tutela e l'igiene del lavoro di cui ai d.p.r. 27 aprile 1955
n. 547 e 19 marzo 1956 n. 303, concerne i c.d. diritti patrimo niali conseguenziali alla condotta illecita della pubblica ammi
nistrazione e, come tale, è devoluta alla competenza funzionale del pretore quale giudice del lavoro, ai sensi dell'art. 409, n.
5, c.p.c. (4)
(1-4) Le decisioni della Cassazione applicano principi più volte affer
mati (anche dalla giurisprudenza amministrativa) in tema di sussistenza
di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di lavoro
per violazione delle norme sulla tutela delle condizioni di lavoro e di
inerenza della prima (responsabilità contrattuale) al rapporto di lavoro, con conseguente attribuzione della potestà decisionale sulle relative con
troversie alla autorità giudiziaria competente a conoscere del rapporto stesso; tuttavia, per controversie concernenti l'attribuzione di benefici ri
conosciuti dalle norme regolanti il rapporto assicurativo obbligatorio, viene
ritenuta dalla Cassazione (e in contrasto con alcune decisioni della autori
tà giudiziaria amministrativa) l'autonomia dal rapporto di pubblico im
piego e la spettanza delle controversie alla giurisdizione ordinaria: v. Pret.
Firenze 18 dicembre 1987, in questo fascicolo, I, 2728, con nota di richia mi per il settore del lavoro pubblico.
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