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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 26 ottobre...

Date post: 27-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 26 ottobre 1988, n. 5787; Pres. Brancaccio, Rel. Maltese, Est. Granata, P.M. Caristo (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Palatiello) c. Colombo. Cassa Comm. trib. centrale 16 aprile 1985, n. 3447 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 3231/3232-3241/3242, 267/268 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181531 . Accessed: 25/06/2014 06:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.81 on Wed, 25 Jun 2014 06:26:27 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 26 ottobre 1988, n. 5787; Pres. Brancaccio, Rel. Maltese, Est. Granata, P.M. Caristo (concl. conf.);

sezioni unite civili; sentenza 26 ottobre 1988, n. 5787; Pres. Brancaccio, Rel. Maltese, Est.Granata, P.M. Caristo (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Palatiello) c. Colombo. CassaComm. trib. centrale 16 aprile 1985, n. 3447Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3231/3232-3241/3242, 267/268Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181531 .

Accessed: 25/06/2014 06:26

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3231 PARTE PRIMA 3232

dell'incidente iscritto al n. 1218 reg. ord. 1984, sollevata dalla

difesa dell'Amabilino, perché la 1. 6 agosto 1984 n. 425 è entrata

in vigore, ai sensi dell'art. 14 della stessa, sotto la data del 9

agosto 1984, posteriore alla data del 18 aprile 1984 di emissione

della ordinanza.

12.1. - Oggetto d'imputazione sono gli art. 14 (sezioni del

consigliere di presidenza), 2° comma («La prima sezione è com

posta: a) del presidente della corte che la presiede; b) del procu ratore generale; c) dei primi nove presidenti di sezione secondo

l'ordine di ruolo»), 4 («La seconda sezione è composta: a) del

presidente della corte che la presiede; b) dei primi quattro presi denti di sezione che seguono nell'ordine di ruolo quelli chiamati

a comporre la prima sezione; c) dei primi due consiglieri secondo

l'ordine del ruolo, componenti le sezioni di controllo; d) dei pri mi due consiglieri, secondo l'ordine del ruolo, componenti le se

zioni giurisdizionali; e) del primo vice procuratore generale secondo

l'ordine di ruolo; f) del segretario generale, con funzione di rela

tore»), 15 (Norme sulla composizione e sul funzionamento delle

sezioni), 2° comma («In caso di assenza o di impedimento, il

presidente della corte può essere sostituito, nella presidenza di

ciascuna sezione, dal presidente di sezione che precede nell'ordi

ne di ruolo tra quelli componenti le sezioni medesime») e 3° comma

(«I presidenti di sezione, i consiglieri ed il vice procuratore gene

rale, componenti le due sezioni del consiglio di presidenza, in

caso di assenza o di impedimento sono sostituiti dai magistrati di pari funzioni che immediatamente seguono in ordine di ruo

lo») 1. 20 dicembre 1961 n. 1345 (istituzione e funzionamento

di una quarta e di una quinta sezione speciale per i giudizi su

ricorsi in materia di pensioni di guerra ed altre disposizioni relati

ve alla Corte dei conti) in riferimento agli art. 3 e 108, 2° com

ma, Cost., dell'art. 8 (art. 4 1. 14 agosto 1862 n. 800), 3° comma

(«Il parere della commissione può essere provocato dal presiden te della Corte o dal governo») r.d. 12 luglio 1934 n. 1214 (appro vazione del t.u. delle leggi sulla Corte dei conti) in riferimento

agli art. 100, 3° comma, 108, 2° comma, 97, 1° e 2° comma,

24, 2° comma, e 3 Cost., e dell'art. 2, 2° comma («Al principio di ogni anno il presidente della corte, sentito il consiglio di presi

denza, assegna un congruo numero di magistrati a ciascuna delle

sezioni giurisdizionali e alle sezioni riunite per i giudizi di cui al comma precedente») 1. 21 marzo 1953 n. 161 (modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) in riferimento agli art. 3, 1° comma, 97 e 108, 1° e 2° comma, Cost.

12.2. - La menzione di alcuni degli articoli riportati va integra ta con le disposizoni che gli articoli medesimi richiamano:

— gli adempimenti, per i quali sono, ai sensi dell'art. 14, 1°

comma, istituite due sezioni in seno al consiglio di presidenza della Corte dei conti, sono descritti nell'art. 13 (Promozioni a

primo referendario, a consigliere e vice procuratore generale, ai

presidenti di sezione e procuratore generale), a tenor del quale «Le promozioni da referendario a primo referendario sono di

sposte con decreto del presidente della repubblica, su proposta del presidente del consiglio dei ministri. Il giudizio di promovibi

lità, a scelta o secondo il turno di anzianità, è dato dalla seconda

sezione del consiglio di presidenza della Corte dei conti. Le pro mozioni a primo referendario, a consigliere, o vice procuratore

generale a presidente di sezione o procuratore generale sono di

sposte con decreto del presidente della repubblica, su proposta del presidente del consiglio dei ministri, sentito il consiglio dei

ministri, previo parere di promovibilità dato dalla prima sezione

del consiglio di presidenza della Corte dei conti»; — per l'art. 8, 1° e 2° comma, r.d. 1214/34 la commissione,

il cui parere conforme è provocato dal presidente della corte o

dal governo, è composta dai presidente e vice presidenti del sena

to e della camera dei deputati, ed è il presupposto del decreto

del presidente della repubblica (olirti decreto reale) con il quale

presidenti e consiglieri della Corte dei conti possono essere revo

cati o collocati d'ufficio a riposo o allontanati in qualsiasi modo.

13. - La lettura delle disposizioni impugnate, inquadrate nelle

normative in cui sono inserite, dimostra che non è sotto alcun

aspetto garantita la indipendenza dei magistrati della Corte dei

conti, che l'art. 12 1. 6 agosto 1984 n. 425 giova sol in parte ad assicurare cancellando l'autodichia di cui le sezioni giurisdi zionali della Corte dei conti si fregiavano: si pensi al potere di

proposta riconosciuto al presidente del consiglio dei ministri pre visto dall'art. 13 1. 1345/61, alla composizione della commissione

di cui all'art. 8 r.d. 1214/34 e al potere di provocarne il parere conforme attribuito al governo.

Il Foro Italiano — 1988.

Tanto più data la pluralità delle soluzioni prospettate dai giu dizi a quibus, il magistero inteso a ricondurre la Corte dei conti

nell'area della Costituzione compete non alla Corte costituziona

le, che è giudice delle norme sottordinate e non produttore di

queste, ma al parlamento che non ha mancato di dar vita a leggi

per le giurisdizioni ordinaria e amministrativa, e vi si dedica an

che per la Corte dei conti da non poco tempo seppure senza at

tingere concrete mete.

A ciascuno il suo.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti gli incidenti

iscritti ai nn. 165, 166, 341 e 1218/84, e 355/86, dichiara inam

missibili le questioni di legittimità costituzionale I) dell'art. 14, 4° comma, 1. 20 dicembre 1961 n. 1345 in riferimento agli art.

3 e 108, 2° comma, Cost, sollevata dalle sezioni riunite della Corte

dei conti con ordinanze iscritte ai nn. 165, 166 e 341/84, II) a)

degli art. 14, 2° comma, 15, 2° e 3° comma, 1. 20 dicembre 1961

n. 1345 in riferimento agli art. 3 e 108, 2° comma, Cost, e b) dell'art. 8, 3° comma, r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, in riferimento

agli art. 3 e 24, 2° comma, 97, 1° e 2° comma, 100, 3° comma,

e 108, 2° comma, sollevate dalle sezioni riunite della Corte dei

conti con ordinanza iscritta al n. 1218/84, III) dell'art. 2, 2° com

ma, 1. 21 marzo 1953 n. 161 sollevata in riferimento agli art.

3, 1° comma, 97 e 108 Cost, dal T.A.R. Lazio sez. I, con ordi

nanza iscritta al n. 355/86.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26 otto

bre 1988, n. 5787; Pres. Brancaccio, Rei. Maltese, Est. Gra

nata, P.M. Caristo (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello

Stato Palatiello) c. Colombo. Cassa Comm. trib. centrale 16

aprile 1985, n. 3447.

CORTE DI CASSAZIONE; sez

Tributi in genere — Invim — Avviso di accertamento — Conte

nuto — Nullità per difetto di motivazione — Esclusione —

Estremi — Fattispecie (D.p.r. 6 dicembre 1977 n. 914, norme

integrative e correttive del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, con

cernente disciplina dell'imposta di registro e del d.p.r. 26 otto

bre 1972 n. 637, concernente disciplina dell'imposta sulle

successioni e donazioni, art. 1, 3; d.p.r. 26 ottobre 1972 n.

634, disciplina dell'imposta di registro, art. 48, 49).

L'avviso di accertamento di valore ai fini dell'Invim, contenente

la sommaria descrizione dell'immobile alienato ed il riferimen to a «tabella Ute» e a «perizia tecnica di fiducia», non allegate al provvedimento fiscale né acquisite agli atti del procedimento

tributario, non può essere dichiarato nullo per difetto di moti

vazione, attese la valutabilità delle indicazioni della «tabella»,

comunque a disposizione del contribuente presso l'ufficio, e

la possibilità di trarre dalla stessa («tabella»), integrata dagli altri elementi direttamente riferiti nell'avviso, adeguata giustifi cazione del maggior valore accertato. (1)

(1-2) Con le riportate sentenze (le cui massime si sono mantenute nei

limiti delle fattispecie decise per la impossibilità di riprodurre o riassume

re comprensibilmente il lunghissimo ed identico principio di diritto enun

ciato in tutte le pronunzie) e le coeve nn. 5783, 5786 e 5788 a 5795, le sezioni unite sono tornate sul tema della motivazione degli avvisi di

accertamento di valore ai fini deirinvim e dell'imposta di registro, pren dendo le mosse dalle precedenti sez. un. 3 giugno 1987, nn. 4853 e 4844, Foro it., 1987 I, 2021, con nota di richiami (adde, per le imposte sul reddito di r.m., art. 13, sez. I 8 giugno 1988, n. 3888, id., 1988, I, 2903, con ulteriori indicazioni), sottoposte ad attento ed approfondito riesame.

La corte, cosi come espressamente dichiarato in motivazione, ha rite nuto di condividere l'impostazione della sent. n. 4853, reputata preferibi le in parte qua a quella della sent. n. 4844 del 1987. A tale direttiva

di fondo, però le sezioni unite hanno fatto seguire molteplici precisazioni e puntualizzazioni (opportunamente riprese nel principio di diritto) che

dovrebbero porre fine, una volta per tutte, a vicende del tipo di quelle finora portate alla cognizione del Supremo collegio in subiecta materia.

Il reale intento delle pronunzie in rassegna e delle coeve non sembra,

però, essere stato, sulle prime, esattamente colto, specie dalla stampa quo tidiana (cons., ad es., La Repubblica del 27 ottobre 1988). Si è reso,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26 otto

bre 1988, n. 5785; Pres. Brancaccio, Rei. Maltese, Est. Gra

nata, P. M. Caristo (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello

Stato Palateello) c. Iacobucci. Cassa Comm. trib. centrale 18

novembre 1983, n. 3743.

Tributi in genere — Invim — Avviso di accertamento — Timbro

a stampa — Nullità per motivazione apparente — Esclusione — Condizioni — Fattispecie (D.p.r. 6 dicembre 1977 n. 914, art. 1, 3; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, art. 48, 49)

L'avviso di accertamento di valore ai fini dell'Invim con timbro

a stampa privo di specifico riferimento ai cespiti trasferiti nel

triennio, ai relativi prezzi e al reddito netto ascrivibile all'im

mobile, non può essere dichiarato nullo per motivazione appa

rente, in difetto della verifica della idoneità delle indicazioni

del medesimo avviso a dare, indipendentemente dal mezzo gra

fico usato, sufficiente conto del criterio di comparazione adot

tato nel caso concreto dall'ufficio. (2)

I

Svolgimento del processo. — Il 7 febbraio del 1977 l'ufficio

del registro di Monfalcone notificò a Erardo Colombo avviso di

accertamento di valore in relazione alla cessione di un appar temento.

La commissione di primo grado annullò l'avviso perché inido

neo a far conoscere al contribuente le ragioni dell'imposizione. Con decisione del 16 aprile 1985 la Commissione centrale, adi

ta dall'ufficio finanziario, confermò la statuizione di nullità del

l'accertamento, osservando che l'avviso notificato al contribuente

conteneva soltanto una sommaria descrizione dell'immobile e il

riferimento a «tabella Ute» e ad una «perizia tecnica di fiducia»

non allegate al provvedimento fiscale né acquisite agli atti del

giudizio. Contro tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l'am

ministrazione finanziaria adducendo due motivi di censura.

Motivi della decisione. — 1.- Col primo mezzo la ricorrente

denuncia vizi di eccesso di potere giurisdizionale e violazione e

falsa applicazione dei principi generali sulla nullità degli atti am

ministrativi.

Osserva che le commissioni tributarie sono organi di giurisdi zione speciale del tutto diversi dagli organi della giustizia ammi

nistrativa.

Il sistema di tutela giurisdizionale ad esse affidato si realizza,

infatti, non con l'annullamento degli atti della p.a. ma attraverso

l'accertamento del rapporto tributario.

Oggetto della cognizione del giudice speciale è il completo rie

same di tale rapporto.

Trattasi, quindi, di un giudizio di merito e non di impugnazione annullamento.

Nello svolgimento di esso non compete all'organo giudiziario un potere autoritativo volto alla rimozione del concreto atto di

esercizio della potestà amministrativa; per cui le commissioni per

vengono all'accertamento della obbligazione tributaria ex lege senza

necessità della formale eliminazione dell'atto, spettando successi

vamente all'amministrazione finanziaria il compito di sostituire

i provvedimenti riconosciuti illegittimi e riliquidare l'imposta. Di conseguenza, l'eventuale mancanza della motivazione nel

l'avviso di un atto di imposizione fiscale viene sanata, in sede

contenziosa, attraverso l'acquisizione, disposta anche d'ufficio,

degli elementi necessari per il giudizio di stima, in merito al quale

cosi, necessario il comunicato stampa dello stesso giorno nel quale il se

gretario generale della Cassazione ha, fra l'altro precisato che «la corte

ha dichiarato di aderire all'opinione secondo la quale deve escludersi che

l'uso di «particolari mezzi grafici» dia luogo, di per sé solo, al difetto

di motivazione conducente alla invalidazione dell'accertamento. E poi, nelle due controversie (sent. n. 5785 e n. 5795) in cui tale specifico aspet to veniva in rilievo, ha annullato le decisioni della Commissione tributa

ria centrale che avevano applicato il contrario principio generale, ed ha

affermato doversi accertare, con giudizio di fatto riservato al giudice di

merito, se in relazione alle peculiarità del caso concreto la relativa moti

vazione, pur se standardizzata, possa ritenersi, o non, sufficiente». [C.M.

Barone]

Il Foro Italiano — 1988.

la pronuncia delle commissioni assume valore sostitutivo dell'ori

ginario provvedimento. Le commissioni, in definitiva, sono tenute a compiere l'accer

tamento del rapporto e non possono limitarsi ad una mera pro nuncia costitutiva di annullamento dell'atto, venendo meno

altrimenti alla loro funzione, consistente nel risolvere la «contro

versia» tributaria con la verifica della fondatezza della pretesa avanzata dalla pubblica amministrazione.

Col secondo mezzo l'amministrazione ricorrente denuncia la

violazione degli art. 48 e 49 d.p.r. n. 634 del 1972, anche nella

modificazione introdotta dal d.p.r. 6 dicembre 1977 n. 914, e

il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della contro

versia.

Sotto il primo profilo sostiene che l'eventuale difetto della mo

tivazione dell'avviso di accertamento non ne avrebbe potuto, co

munque, comportare la nullità.

Sotto il secondo profilo afferma che la Commissione centrale

avrebbe errato nel considerare l'avviso privo di un'adeguata mo

tivazione.

2. - Il ricorso ripropone la complessa problematica concernente

la nozione, la rilevanza e gli effetti, in materia di imposte di regi stro ed Invim, del difetto di motivazione degli avvisi di accerta

mento di maggior valore, sulla quale queste sezioni unite si sono

recentemente pronunziate in due distinte occasioni, peraltro non

in termini del tutto coincidenti, con le sentenze — fra le altre

di pari data — n. 4844 e n. 4853 (Foro it., 1987, I, 2021), emesse

ii 3 giugno 1987. Per larga parte del loro svolgimento le due decisioni, con piena

consonanza di accenti, enunciano, o meglio ribadiscono sulla scia

di risalente giurisprudenza consolidata, taluni fondamentali

concetti.

Il giudizio tributario è costruito, formalmente, come giudizio di impugnazione dell'atto, ma tende all'accertamento sostanziale

del rapporto, nel senso che l'atto è il «veicolo di accesso» al giu dizio di merito, al quale si perviene appunto «per il tramite» del

l'impugnazione dell'atto. Quindi concerne la legittimità formale

e sostanziale del provvedimento, con la precisazione peraltro che

al giudizio di merito sul rapporto non è dato pervenire quando ricorrano determinati vizi formali dell'atto in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla invalidazione di esso, con ciò non

omettendo affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, ma

anzi pienamente e correttamente esplicandola. In particolare il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annul

lamento nel caso di «difetto assoluto» (sent. 4853) o di «totale

carenza» (sent. 4844) di motivazione di una espressa comminato

ria legale di nullità, la invalidazione dell'atto.

E tanto basta per rilevare la infondatezza del primo motivo, che ancora una volta ripropone (anche con la prospettazione, pe raltro infondata come rilevato nelle citate decisioni, di una que stione di giurisdizione) la tesi, da quelle decisioni disattesa, della

illegittimità, in principio, di una pronunzia limitata all'annulla

mento dell'atto di accertamento carente di motivazione.

3. - Le due sentenze più volte richiamate concordano anche

sulla individuazione in linea di principio della funzione e, in ra

gione di questa, del contenuto minimo (dell'obbligo) della moti

vazione.

La funzione è concordemente individuata nel compito di ester

nare, ancorché in termini sommari e semplificati, le ragioni del

provvedimento, evidenziandone i momenti ricognitivi e logico deduttivi essenziali, in modo da consentire al destinatario dell'at

to di svolgere efficacemente la propria difesa attraverso la tempe stiva impugnazione di esso.

Conseguentemente, il contenuto minimo essenziale della moti

vazione, in coerenza con la misura di conformità al modello lega le data dal riscontro della idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo normativamente assegnatogli, è quello che sia tale

da consentire la identificazione dei presupposti materiali e giuri dici cui è correlata la pretesa tributaria.

Le due sentenze, peraltro, poi divergono, per un verso, quanto

alla ulteriore specificazione e messa a punto di tale contenuto

minimo in principio concordemente individuato, e, per altro ver

so, quanto alla disciplina dell'onere della prova in ragione della

maggiore o minore articolazione della motivazione al di là del

contenuto minimo così precisato. Sotto il secondo aspetto, infatti, mentre la sentenza n. 4853

colloca su piani affatto diversi motivazione dell'accertamento e vazione, pur se standardizzata, possa ritenersi, o non, sufficiente». [C.M.

Barone]

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3235 PARTE PRIMA 3236

onere della prova e ritiene che l'onere della prova dei fatti costi

tutivi della pretesa incomba sempre all'amministrazione, invece

per la sentenza n. 4844 l'onere della prova resterebbe influenzato

e condizionato dalla misura in cui l'ufficio abbia motivato l'atto.

Sotto il primo aspetto, poi, mentre la sentenza n. 4844 ravvisa

la esistenza di un (sufficiente) principio di motivazione nella me

ra indicazione di un presunto valore venale, invece la sentenza

n. 4853 — pur con la precisazione che né l'adozione di un meto

do estimativo non conforme al tipo di bene valutato, né il ricorso

ad un criterio diverso da quelli indicati nella legge, né l'eventuale

adozione di formule ripetitive o di particolari mezzi grafici danno

luogo, in principio, al difetto di motivazione conducente alla in

validazione — esige che la motivazione permetta di individuare

quale dei metodi di stima previsti dalla legge sia stato prescelto

o, comunque, quali criteri siano stati seguiti nella valutazione,

ed altresì di conoscere, sia pure in modo sommario, gli elementi

qualificativi del bene o comparativi all'uopo utilizzati.

4. - Rimediati questi ultimi aspetti della questione, le sezioni

unite ritengono di dover confermare l'indirizzo espresso dalla sen

tenza n. 4853, con le ulteriori precisazioni concettuali che risulte

ranno dal prosieguo del discorso così pervenendo a giudicare a

sua volta fondato per quanto di ragione il secondo motivo di

ricorso, che a tali specifici aspetti si correla.

Nel procedimento di accertamento della obbligazione d'impo sta — di registro e Invim — bisogna distinguere le operazioni

(attività ricognitive e momenti logico-valutativi) attraverso le quali si determina il valore dell'immobile, dell'atto di imposizione che

l'ufficio, nel caso di rettifica del valore, deve, in forma d'avviso,

portare a conoscenza del contribuente per mezzo della notifi

cazione.

Alle operazioni di accertamento è dedicato, nel sistema del d.p.r. 6 dicembre 1977 n. 914, la disposizione dell'art. 1, che a modifi

ca dell'art. 48, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, prescri ve all'ufficio di osservare, in via alternativa, tre possibili criteri

nella valutazione del cespite immobiliare: comparativo, avendo

riguardo ai trasferimenti, avvenuti negli ultimi tre anni, di immo

bili con analoghe caratteristiche; di capitalizzazione del reddito

al tasso medio, applicato alla stessa data e nella stessa località

per gli investimenti immobiliari; e di acquisizione degli elementi

di valutazione forniti dai comuni.

L'ufficio finanziario è tenuto a seguire questi criteri nell'eserci

zio dei poteri di controllo del valore dichiarato dal contribuente

o del corrispettivo pattuito; con la precisazione, peraltro, che può adottare criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella

legge quando risulti, anche implicitamente, la inutilizzabiltà o la

insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luogo,

all'oggetto e ad ogni altra peculiarità del rapporto tributario da

accertare; e che nell'eventuale futuro giudizio esso rimane vinco

lato alla propria scelta e deve dimostrare il fondamento della pro

pria pretesa. L'atto di imposizione invece, che conclude le operazioni di cui

all'art. 1, è contemplato e regolato dal successivo art. 3, mod.

dell'art. 49, 2° comma, d.p.r. n. 634 del 1972, in base al quale l'avviso di rettifica — da notificare entro il termine di decadenza

di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale — deve

contenere «l'indicazione del valore (...) nonché il criterio seguito dall'ufficio per la determinazione del valore venale (...) secondo

le indicazioni di cui al precedente articolo (...)»: dove le «indica

zioni» rappresentano le direttive legali di metodo per lo svolgi mento delle operazioni di accertamento, e il «criterio seguito»

rappresenta il metodo, adottato, di volta in volta, dall'ufficio

per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nell'esercizio di

suddetti poteri di controllo del valore dichiarato o del compenso

pattuito. Solo del metodo scelto, dunque, non delle operazioni concreta

mente svolte in esecuzione di esso, l'ufficio deve informare, con

l'avviso di rettifica del valore, il soggetto passivo del rapporto. In sede contenziosa, poi, l'ufficio ha l'onere di provare la sus

sistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del para metro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro

rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa

allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accerta

mento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di leg

ge, mentre al contribuente è consentito di dimostrare l'infondateza

di quella pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall'ufficio.

Ciò posto, in linea di principio, va subito aggiunto che, nella

Il Foro Italiano — 1988.

determinazione del contenuto minimo della motivazione dell'ac

certamento, va tenuto presente che questa tende ad una duplice finalità: a) quella di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nella eventuale fase contenziosa successiva e b) quella di consentire al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di

difesa di fronte alla pretesa maggiore fiscale.

Per il raggiungimento di questa duplice finalità, nel valutare

la congruità della motivzione dell'accertamento — e quindi nella

ipotesi negativa per dichiarare la nullità di questo — vanno di

stinti i casi in cui le peculiarità della fattispecie consentano di

ritenere sufficiente l'indicazione del criterio in astratto seguito nella

stima, da quelli in cui tali peculiarità richiedano una ulteriore

concreta illustrazione e specificazione. Il discrimine fra le due

categorie di casi non è suscettibile di canonizzazione astratta, in

quanto è solo la concretezza delle singole fattispecie che consente

di stabilire se l'indicazione del criterio di legge o di altro simile

è sufficiente ad evitare che il fisco introduca nell'eventuale giudi

zio di opposizione elementi di ampliamento della controversia tri

butaria e soprattutto che il contribuente sia sacrificato nel suo

diritto di difesa. È di tutta evidenza che è compito del giudice di merito valutare

la congruità della motivazione dell'accertamento alla duplice sud

detta finalità, sia operando la scelta del criterio astratto, vuoi

in base alle indicazioni espresse dal legislatore vuoi in base ad

altre similmente significative, come anche di stabilire se il riferi

mento al criterio prescelto sia sufficiente o se sarebbe dovuto es

sere integrato con riguardo ad ulteriori elementi che avrebbero

consentito una adeguata esplicazione del diritto di difesa del con

tribuente. È ovvio che il giudizio in proposito è sottoposto al

controllo di legittimità della Corte di cassazione per eventuali vizi

della sua motivazione.

Questa soluzione del complesso quesito, stabilendo il minimun

essenziale della motivazione dell'accertamento a seconda della pe

culiarità delle fattispecie, e quindi lasciando un largo apprezza mento al giudice di merito, si presenta come un equilibrato

superamento delle opposte soluzioni estremistiche, sostenute in

giurisprudenza e in dottrina: da una parte cioè quella che esige

una motivazione dell'accertamento ancorata sempre di elementi

concreti — nella prospettiva di una accentuata garanzia del con

tribuente — soluzione la quale appare eccessivamente formalisti

ca, cioè non corrispondente ad effettive esigenze sostanziali, spesso di non facile o addirittura impossibile adempimento, e quasi sem

pre in pratica, risolventesi in una ingiusta elusione dell'obbligo

tributario; dall'altra l'opposta soluzione, che tende a ridurre la

motivazione ad una mera apparenza, e, quindi, in manifesto con

trasto con l'ispirazione garantista che è recepita nel nostro ordi

namento tributario, coerentemente ad un orientamento generale del sistema.

5. - È appena il caso di precisare che il quesito concernente

le modalità strutturali della motivazione dell'avviso non riceve

una risposta diversa con riferimento al precedente assetto norma

tivo degli art. 48 e 49 d.p.r. n. 634 del 26 ottobre 1972, nel quale l'art. 48 riguardava le operazioni di accertamento e l'art. 49 l'at

to conclusivo del procedimento stesso e le sue forme.

Per lo svolgimento delle operazioni, invero, l'art. 48 prescrive va all'ufficio l'osservanza di un criterio cumulativo, di cui erano

elementi costitutivi la comparazione dei valori accertabili nell'ul

timo triennio, «nonché» la capitalizzazione del reddito, oggetto della «indicazione» — in via cumulativa o alternativa, a seconda

dell'effettiva utilizzabilità dell'uno o dell'altro o di entrambi i

parametri — prevista dal successivo art. 49, concernente il mo

mento finale impositivo della procedura amministrativa di accer

tamento: indicazione necessaria e sufficiente a integrare il minimo

di forma richiesto per la validità dell'avviso.

Ferma restando, sempre, la facoltà dell'ufficio di applicare cri

teri diversi (ricorrendo le condizioni, sopra accennate, ostative

alla operatività dei parametri legali) dando comunicazione della

propria scelta, nelle stesse forme, al contribuente.

Sotto il profilo interessante la controversia, non esiste, pertan

to, una differenza apprezzabile fra i due sistemi normativi del

1972 e del 1977, che impongono una soluzione unitaria del pro blema concernente la struttura formale dell'avviso di rettifica, al

la cui validità può essere sufficiente anche la sola indicazione del

criterio astratto adottato dall'ufficio nello svolgimento delle ope razioni di liquidazione del valore del bene immobile trasferito,

peraltro con le precisazioni sopra espresse.

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 26 ottobre 1988, n. 5787; Pres. Brancaccio, Rel. Maltese, Est. Granata, P.M. Caristo (concl. conf.);

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il problema delle conseguenze giuridiche della inosservanza di

tali prescrizioni formali trova la propria soluzione nelle premesse

già svolte intorno alla natura del processo tributario come giudi zio d'impugnazione.

Invero — come già queste sezioni unite hanno precisato — «la

tutela giurisdizionale non può che consistere nella invalidazione

del provvedimento quando la carenza di motivazione sia tale da

non consentire l'identificazione dei presupposti materiali e giuri dici cui è correlata la pretesa dell'amministrazione, relativa all'e

sistenza, alla quantificazione e all'attuazione dell'obbligazione tributaria; e risulti conseguentemente precluso il controllo di que sti presupposti da parte del giudice tributario, il quale, ai fini

del riesame del merito del rapporto, dispone di un ampio potere di indagine istruttoria (...) ma non può, ovviamente, sostituirsi

all'amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei

presupposti del rapporto d'imposta (che devono essere allegati

dall'amministrazione)» (sent. cit., 3 giugno 1987, n. 4853). 6. - Non rimane che trarre le conclusioni dalle considerazioni

fin qui svolte, per la risoluzione del caso controverso.

La Commissione tributaria centrale ha ritenuto non motivato

l'accertamento perché contenente soltanto una sommaria descri

zione dell'immobile ed il riferimento a «tabella Ute» e ad una

«perizia tecnica di fiducia» non allegate al provvedimento fiscale, né acquisite agli atti del giudizio.

Osserva il collegio che la mancata allegazione della stima Ute, cui l'avviso di accertamento faccia riferimento, non impedisce, in principio, che di essa debba tenersi conto come elemento della

motivazione, essendo il contribuente in grado di prendere visione

del documento presso l'ufficio che ha emesso l'avviso, e di verifi

care in tal modo i criteri seguiti dalla stima (in tal senso già Cass., sez. un., n. 4853 del 1987, cit.).

Costituisce, poi, problema di merito stabilire se, nel caso con

creto, la stima dell'ufficio tecnico erariale fornisca, insieme agli altri elementi direttamente riferiti nell'avviso, una motivazione

adeguata dell'accertamento di maggior valore.

Entro questi limiti, pertanto, il ricorso della amministrazione

finanziaria deve essere accolto, con la cassazione della decisione

impugnata ed il rinvio della causa alla stessa Commissione cen

trale, la quale, nel procedere al nuovo esame della controversia, si dovrà attenere ai seguenti principi di diritto.

In materia di imposte di registro ed Invim l'avviso di accerta

mento di maggior valore, per rispondere al canone della idoneità

allo scopo il cui difetto ne determina la nullità anche indipende mente da una espressa comminatoria di legge, deve essere corre

dato da una motivazione adeguata al conseguimento del duplice risultato a) di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'uf

ficio nella eventuale fase contenziosa successiva, e b) di consenti

re al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte

alla maggiore pretesa fiscale.

All'uopo è necessario che l'ufficio enunci il criterio astratto

in base al quale ha determinato il maggior valore, con le eventua

li specificazioni ed illustrazioni concrete richieste dalle peculiarità della fattispecie, ed in relazione ad esse possibili, affinché l'atto

risulti idoneo al suo scopo. La utilizzazione e la indicazione di criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella legge è

possibilie quando risulti anche implicitamente la inutilizzabilità

o la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al

luogo, all'oggetto e ad ogni altra peculiarità del rapporto tributa

rio da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di pro vare la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peral tro rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pre tesa allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di

accertamento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine

di legge, mentre al contribuente è consentito di dimostrare la in

fondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizzati

dall'ufficio. In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti

il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullità dell'ac

certamento, senza poter conoscere del merito.

La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti minimi indicati è rimessa all'apprezzamento del giudice di meri

to, naturalmente sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della congruità e sufficienza della motivazione.

Il riferimento, contenuto nell'avviso di accertamento, ad un

elemento extratestuale ma ostensibile al contribuente, come la re

lazione di stima Ute, comporta che delle risultanze di esso, anche

Il Foro Italiano — 1988.

se non allegato al provvedimento tributario, deve tenersi conto

al fine di valutare la sufficienza della motivazione dell'accerta mento di maggior valore.

II

Svolgimento del processo. — Il 25 agosto 1976 Fausto Jaco

bucci vendette un terreno a Carmelina Jacobucci per il prezzo dichiarato di lire 800.000.

Con avviso notificato in data 20 aprile 1977 l'ufficio del regi stro di Benevento accertò il valore finale nel maggiore importo di lire 4.800.000.

Le commissioni di primo e di secondo grado, adite dai contri

buenti, rigettarono il ricorso diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità dell'avviso per difetto della motivazione e la conferma

del valore originariamente enunciato.

Con decisione del 18 novembre 1983 la Commissione tributaria

centrale dichiarò nullo l'avviso di accertamento, in mancanza di

una reale motivazione, risultando impresso nel documento un tim

bro «polivalente», senza alcuna indicazione dei relativi prezzi e

del reddito riferibile all'immobile.

Contro tale pronuncia l'amministrazione delle finanze ha pro

posto ricorso per cassazione, adducendo due motivi di censura.

Motivi della decisione. — 1. - Col primo mezzo la ricorrente

denuncia vizi di eccesso di potere giurisdizionale e di violazione

e falsa applicazione dei principi generali sulla nullità degli atti

amministrativi.

Osserva che le commissioni tributarie sono organi di giurisdi zione speciale del tutto diversi dagli organi della giustizia ammi

nistrativa.

Il sistema di tutela giurisdizionale ad esse affidato si realizza,

infatti, non con l'annullamento degli atti della p.a. ma attraverso

l'accertamento del rapporto tributario.

Oggetto della cognizione del giudice speciale è il completo rie

same di tale rapporto. Trattasi, quindi, di un giudizio di merito

e non di impugnazione-annullamento. Nello svolgimento di esso non compete all'organo giudiziario

un potere autoritativo volto alla rimozione del concreto atto di

esercizio della potestà amministrativa; per cui le commissioni per

vengono all'accertamento della obbligazione tributaria ex lege senza

necessità della formale eliminazione dell'atto, spettando successi

vamente all'amministrazione finanziaria il compito di sostituire i provvedimenti riconosciuti illegittimi e riliquidare l'imposta.

Di conseguenza, l'eventule mancanza della motivazione nell'av

viso di un atto di imposizione fiscale viene sanata, in sede con

tenziosa, attraverso l'acquisizione, disposta, anche d'ufficio, degli elementi necessari per il giudizio di stima, in merito al quale la

pronuncia delle commissioni assume valore sostitutivo dell'origi nario provvedimento.

Le commissioni, in definitiva, sono tenute a compiere l'accer

tamento del rapporto e non possono limitarsi ad una mera pro nuncia costitutiva di annullamento dell'atto, venendo meno

altrimenti alla loro funzione, consistente nel risolvere la «contro versia» tributaria con la verifica della fondatezza della pretesa avanzata dalla pubblica amministrazione.

Col secondo mezzo l'amministrazione ricorrente sostiene che

la Commissione centrale avrebbe errato nel ritenere insufficiente

la motivazione dell'avviso di accertamento secondo i criteri stabi

liti dal d.p.r. n. 914 del 6 dicembre 1977, mentre, nella specie, avrebbero dovuto trovare applicazione le norme dell'art. 49 d.p.r. 26 giugno 1972 n. 634.

2. - Il ricorso ripropone la complessa problematica concernente

la nozione, la rilevanza e gli effetti, in materia di imposte di regi stro ed Invim, del difetto di motivazione degli avvisi di accerta

mento di maggior valore, sulla quale queste sezioni unite si sono

recentemente pronunziate in due distinte occasioni, peraltro non

in termini del tutto coincidenti, con le sentenze — fra le altre

di pari data — n. 4844 e n. 4853, (Foro it., 1987, I, 2021) emesse

il 3 giugno 1987.

Per larga parte del loro svolgimento le due decisioni, con piena consonanza di accenti, enunciano, o meglio ribadiscono sulla scia

di risalente giurisprudenza consolidata, taluni fondamentali

concetti.

Il giudizio tributario è costruito, formalmente, come giudizio di impugnazione dell'atto, ma tende all'accertamento sostanziale

del rapporto, nel senso che l'atto è il «veicolo di accesso» al giù

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3239 PARTE PRIMA 3240

dizio di merito, al quale si perviene appunto «per il tramite» del

la impugnazione dell'atto. Quindi concerne la legittimità formale

e sostanziale del provvedimento, con la precisazione peraltro che

al giudizio di merito sul rapporto non è dato pervenire quando ricorrano determinati vizi formali dell'atto in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla invalidazione di esso, con ciò non

omettendo affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, ma

anzi pienamente e correttamente esplicandola. In particolare il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annul

lamento nel caso di «difetto assoluto» (sent. 4853) o di «totale

carenza» (sent. 4844) di motivazione di una espressa comminato

ria legale di nullità, la invalidazione dell'atto.

E tanto basta per rilevare la infondatezza del primo motivo, che ancora una volta ripropone (anche con la prospettazione, pe raltro infondata come rilevato nelle citate decisioni, di una que stione di giurisdizione) la tesi, da quelle decisioni disattesa, della

illegittimità, in principio, di una pronunzia limitata all'annulla

mento dell'atto di accertamento carente di motivazione.

3. - Le due senteze più volte richiamate concordano anche sulla

individuazione in linea di principio della funzione e, in ragione di questa, del contenuto minimo (dell'obbligo) della motivazione.

La funzione è concordemente individuata nel compito di ester

nare, ancorché in termini sommari e semplificati, le ragioni del

provvedimento, evidenziandone i momenti ricognitivi e logico deduttivi essenziali, in modo da consentire al destinatario dell'at

to di svolgere efficacemente la propria difesa attraverso la tempe stiva impugnazione di esso.

Conseguentemente, il contenuto minimo essenziale della moti

vazione, in coerenza con la misura di conformità al modello lega le data dal riscontro della idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo normativamente assegnatogli, è quello che sia tale

da consentire la identificazione dei presupposti materiali e giuri dici cui è correlata la pretesa tributaria.

Le due sentenze, peraltro, poi divergono, per un verso, quanto alla ulteriore specificazione e messa a punto di tale contenuto

minimo in principio concordemente individuato, e, per altro ver

so, quanto alla disciplina dell'onere della prova in ragione della

maggiore o minore articolazione della motivazione al di là del

contenuto minimo cosi precisato. Sotto il secondo aspetto, infatti, mentre la sentenza n. 4853

colloca su piani affatto diversi motivazione dell'accertamento e

onere della prova e ritiene che l'onere della prova dei fatti costi

tutivi della pretesa incomba sempre all'amministrazione, invece

per la senteza n. 4844 l'onere della prova resterebbe influenzato

e condizionato dalla misura in cui l'ufficio abbia motivato l'atto.

Sotto il primo aspetto, poi, mentre la sentenza n. 4844 ravvisa

la esistenza di un (sufficiente) principio di motivazione nella me

ra indicazione di un presunto valore venale, invece la sentenza

n. 4853 — pur con la precisazione che né l'adozione di un meto

do estimativo non conforme al tipo di bene valutato, né il ricorso

ad un criterio diverso da quelli indicati nella legge, né l'eventuale

adozione di formule ripetitive o di particolari mezzi grafici danno

luogo, in principio, al difetto di motivazione conducente alla in

validazione — esige che la motivazione permetta di individuare

quale dei metodi di stima previsti dalla legge sia stato prescelto

o, comunque, quali criteri siano stati seguiti nella valutazione, ed altresì di conoscere, sia pure in modo sommario, gli elementi

qualificativi del bene o comparativi all'uopo utilizzati.

4. - Rimeditati questi ultimi aspetti della questione, le sezioni

unite ritengono di dover confermare l'indirizzo espresso dalla sen

tenza n. 4853, con le ulteriori precisazioni concettuali che risulte

ranno dal prosieguo del discorso cosi pervenendo a giudicare a

sua volta fondato per quanto di ragione il secondo motivo di

ricorso, che a tali specifici aspetti si correla.

Nel procedimento di accertamento della obbligazione d'impo sta — di registro e Invim — bisogna distinguere le operazioni

(attività ricognitive e momenti logico-valutativi) attraverso le quali si determina il valore dell'immobile, dall'atto di imposizione che

l'ufficio, nel caso di rettifica del valore, deve, in forma d'avviso,

portare a conoscenza del contribuente per mezzo della notifi

cazione.

Alle operazioni di accertamento è dedicata, nel sistema del d.p.r. 6 dicembre 1977 n. 914, la disposizione dell'art. 1, che a modifi

ca dell'art. 48, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, prescri ve all'ufficio di osservare, in via alternativa, tre possibili criteri

nella valutazione del cespite immobiliare: comparativo, avendo

Il Foro Italiano — 1988.

riguardo ai trasferimenti, avvenuti negli ultimi tre anni, di immo

bili con analoghe caratteristiche; di capitalizzazione del reddito

al tasso medio, applicato alla stessa data e nella stessa località

per gli investimenti immobiliari; e di acquisizione degli elementi di valutazione forniti dai comuni.

L'ufficio finanziario è tenuto a seguire questi criteri nell'eserci

zio dei poteri di controllo del valore dichiarato dal contribuente

o del corrispettivo pattuito; con la precisazione, peraltro, che può adottare criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella

legge quando risulti, anche implicitamente, la inutilizzabilità o

la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luo

go, all'oggetto e ad ogni altra peculiarità del rapporto tributario

da accertare; e che nell'eventuale futuro giudizio esso rimane vin

colato alla propria scelta e deve dimostrare il fondamento della

propria pretesa. L'atto di imposizione invece, che conclude le operazioni di cui

all'art. 1, è contemplato e regolato dal successivo art. 3, mod.

dell'art. 49, 2° comma, d.p.r. n. 634 del 1972, in base al quale l'avviso di rettifica — da notificare entro il termine di decadenza

di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale — deve

contenere «l'indicazione del valore (...) nonché il criterio seguito dall'ufficio per la determinazione del valore venale (...) secondo

le indicazioni di cui al precedente articolo (...)»: dove le «indica

zioni» rappresentano le direttive legali di metodo per lo svolgi mento delle operazioni di accertamento, e il «criterio seguito»

rappresenta il metodo, adottato, di volta in volta, dall'ufficio

per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nell'esercizio dei

suddetti poteri di controllo del valore dichiarato o del compenso

pattuito. Solo del metodo scelto, dunque, non delle operazioni concreta

mente svolte in esecuzione di esso, l'ufficio deve informare, con

l'avviso di rettifica del valore, il soggetto passivo del rapporto. In sede contenziosa, poi, l'ufficio ha l'onere di provare la sus

sistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del para metro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro

rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa

allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accerta

mento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di leg

ge, mentre al contribuente è consentito di dimostrare la

infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizza

ti dall'ufficio. Ciò posto, in linea di principio, va subito aggiunto che, nella

determinazione del contenuto minimo della motivazione dell'ac

certamento, va tenuto presente che questa tende ad una duplice finalità; a) quella di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nella eventuale fase contenziosa successiva e b) quella di consentire al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di

difesa di fronte alla pretesa maggiore fiscale.

Per il raggiungimento di questa duplice finalità, nel valutare la congruità della motivazione dell'accertamento — e quindi nel

la ipotesi negativa per dichiarare la nullità di questo — vanno

distinti i casi in cui le peculiarità della fattispecie consentano di

ritenere sufficiente l'indicazione del criterio in astratto seguito nella

stima, da quelli in cui tali peculiarità richiedano una ulteriore

concreta illustrazione e specificazione. Il discrimine fra le due

categorie di casi non è suscettibile di canonizzazione astratta, in

quanto è solo la concretezza delle singole fattispecie che consente

di stabilire se l'indicazione del criterio di legge o di altro simile

è sufficiente ad evitare che il fisco introduca nell'eventuale giudi zio di opposizione elementi di ampliamento della controversia tri

butaria e soprattutto che il contribuente sia sacrificato nel suo

diritto di difesa. È di tutta evidenza che è compito del giudice di merito valutare

la congruità della motivazione dell'accertamento alla duplice sud

detta finalità, sia operando la scelta del criterio astratto, vuoi

in base alle indicazioni espresse dal legislatore vuoi in base ad

altre similmente significative, come anche di stabilire se il riferi

mento al criterio prescelto sia sufficiente o se sarebbe dovuto es

sere integrato con riguardo ad ulteriori elementi che avrebbero

consentito una adeguata esplicazione del diritto di difesa del con

tribuente. È ovvio che il giudizio in proposito è sottoposto al

controllo di legittimità della Corte di cassazione per eventuali vizi

della sua motivazione.

Questa soluzione del complesso quesito, stabilendo il minimun

essenziale della motivazione dell'accertamento a seconda della pe culiarità delle fattispecie, e quindi lasciando un largo apprezza

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento al giudice di merito, si presenta come un equilibrato supe ramento delle opposte soluzioni estremistiche, sostenute in giuris

prudenza e in dottrina: da una parte cioè quella che esige una

motivazione dell'accertamento ancorata sempre ad elementi con

creti — nella prospettiva di una accentuata garanzia del contri

buente —, soluzione la quale appare eccessivamente formalistica, cioè non corrispondente ad effettive esigenze sostanziali, spesso di non facile o addirittura impossibile adempimento, e quasi sem

pre, in pratica, risolventesi in una ingiusta elusione dell'obbligo

tributario; dall'altra l'opposta soluzione, che tende a ridurre la

motivazione ad una mera apparenza, e, quindi, in manifesto con

trasto con l'ispirazione garantista che è recepita nel nostro ordi

namento tributario, coerentemente ad un orientamento generale del sistema.

5. - È appena il caso di precisare che il quesito concernente

le modalità strutturali della motivazione dell'avviso non riceve

una risposta diversa con riferimento al precedente assetto norma

tivo degli art. 48 e 49 d.p.r. n. 634 del 26 ottobre 1972, nel quale l'art. 48 riguardava le operazioni di accertamento e l'art. 49 l'at

to conclusivo del procedimento stesso e le sue forme.

Per lo svolgimento delle operazioni, invero, l'art. 48 prescrive va all'ufficio l'osservanza di un criterio cumulativo, di cui erano

elementi costitutivi la comparazione dei valori accertabili nell'ul

timo triennio, «nonché» la capitalizzazione del reddito, oggetto della «indicazione» — in via cumulativa o alternativa, a seconda

dell'effettiva utilizzabilità dell'uno o dell'altro o di entrambi i

parametri — prevista dal successivo art. 49, concernente il mo

mento finale impositivo della procedura amministrativa di accer

tamento: indicazione necessaria e sufficiente a integrare il minimo

di forma richiesto per la validità dell'avviso.

Ferma restando, sempre, la facoltà dell'ufficio di applicare cri

teri diversi (ricorrendo le condizioni, sopra accennate, ostative

alla operatività dei parametri legali) dando comunicazione della

propria scelta, nelle stesse forme, al contribuente.

Sotto il profilo interessante la controversia, non esiste, pertan

to, una differenza apprezzabile fra i due sistemi normativi del

'72 e del '77, che impongono una soluzione unitaria del problema

concernente la struttura formale dell'avviso di rettifica, alla cui

validità può essere sufficiente anche la sola indicazione del crite

rio astratto adottato dall'ufficio nello svolgimento delle operazio ni di liquidazione del valore del bene immobile trasferito, peraltro con le precisazioni sopra espresse.

Il problema delle conseguenze giuridiche della inosservanza di

tali prescrizioni formali trova la propria soluzione nelle premesse

già svolte intorno alla natura del processo tributario come giudi zio d'impugnazione.

Invero — come già queste sezioni unite hanno precisato — «la

tutela giurisdizionale non può che consistere nella invalidazione

del provvedimento quando la carenza di motivazione sia tale da

non consentire l'identificazione dei presupposti materiali e giuri dici cui è correlata la pretesa dell'amministrazione, relativa all'e

sistenza, alla quantificazione e all'attuazione dell'obbligazione

tributaria; e risulti conseguentemente precluso il controllo di que

sti presupposti da parte del giudice tributario, il quale, ai fini

del riesame del merito del rapporto, dispone di un ampio potere di indagine istruttoria (...) ma non può, ovviamente, sostituirsi

all'amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei

presupposti del rapporto d'imposta (che devono essere allegati

dall'amministrazione)» (sent. cit., 3 giugno 1987, n. 4853).

6. - Non rimane che trarre le conclusioni dalle considerazioni

fin qui svolte, per la risoluzione del caso controverso.

Nel caso concreto la Commissione centrale ha adottato una

motivazione che non sfugge alla censura di inadeguatezza nel punto in cui risulta in essa affermato che, mancando nella formula im

pressa a timbro qualsiasi puntuale e specifico riferimento ai ce

spiti trasferiti nel triennio, ai relativi prezzi e al reddito netto

ascrivibile all'immobile alienato, l'avviso si dovrebbe considerare

nullo per motivazione apparente.

Essa, invero, non si è data carico di indagare se, in relazione

alle peculiarità della fattispecie, le indicazioni espresse nell'atto

di accertamento, a prescindre dal mezzo grafico usato, fossero

sufficientemente esplicative del criterio di comparazione adottato

nel caso concreto dall'ufficio.

Ne consegue che entro questi limiti il ricorso dell'amministra

zione finanziaria deve essere accolto, con la cassazione della deci

sione impugnata e ed il rinvio della causa alla stessa Commissione

centrale, la quale, nel procedere al nuovo esame della controver

Ii Foro Italiano — 1988.

sia, si dovrà attenere ai seguenti principi di diritto:

In materia di imposte di registro ed Invim l'avviso di accerta

mento di maggior valore, per rispondere al canone della idoneità

allo scopo il cui difetto ne determina la nullità anche indipenden temente da una espressa comminatoria di legge, deve essere cor

redato da una motivazione adeguata al conseguimento del duplice risultato a) di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'uf

ficio nella eventuale fase contenziosa successiva, e b) di consenti

re al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte

alla maggiore pretesa fiscale.

All'uopo è necessario che l'ufficio enunci il criterio astratto

in base al quale ha determinato il maggior valore, con le eventua

li specificazioni ed illustrazioni concrete richieste dalle peculiarità della fattispecie, ed in relazione ad esse possibili, affinché l'atto

risulti idoneo al suo scopo. La utilizzazione e la indicazione di

criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella legge è

possibile quando risulti anche implicitamente la inutilizzabilità o

la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luo

go, all'oggetto e ad ogni altra peculiarità del rapporto tributario

da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del

parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro

rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa

allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accerta

mento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di leg

ge, mentre al contribuente è consentito di dimostrare la

infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizza

ti dall'ufficio. In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti

il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullità dell'ac

certamento, senza poter conoscere del merito.

La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti minimi indicati è rimessa all'apprezzamento del giudice di meri

to, naturalmente sindacabile in sede di legittimità della motivazione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 otto

bre 1988, n. 5744; Pres. Brancaccio, Est. Nuovo, P. M. Ca

risto (conci, conf.); Inps (Avv. Romoli, Fonzo) c. Merolla e

altri (Avv. Balletti). Cassa Trib. Napoli 26 marzo 1986.

Sanità pubblica — Contributi sociali di malattia — Liberi profes sionisti — Obbligo contributivo — Decorrenza (L. 23 dicembre

1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art.

63; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanziamento del servizio

sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalla

pubblica amministrazione in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285,

sulla occupazione giovanile, art. 3; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre

1979 n. 663; d.p.r. 8 luglio 1980 n. 538, adeguamento dei con

tributi di malattia dovuti dagli artigiani, dagli esercenti delle

attività commerciali, dai coltivatori diretti e dai liberi profes

sionisti, art. 1; d.l. 29 luglio 1981 n. 402, contenimento della

spesa previdenziale ed adeguamento delle contribuzioni, art. 12;

1. 26 settembre 1981 n. 537, conversione in legge, con modifi

cazioni, del d.l. 29 luglio 1981 n. 402; 1. 26 aprile 1982 n. 181,

disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plurien nale dello Stato (legge finanziaria 1982), art. 14; d.l. 10 gen

naio 1983 n. 2, misure urgenti in materia sanitaria; d.l. 11 marzo

1983 n. 59, misure urgenti in materia previdenziale, in materia

sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica; d.l. 11 mag

gio 1983 n. 176, misure urgenti in materia previdenziale e sani

taria, per il contenimento della spesa pubblica e disposizioni

per taluni settori della pubblica amministrazione; d.l. 11 luglio

1983 n. 317, misure urgenti in materia previdenziale, in materia

sanitaria, per il contenimento della spesa pubblica; d.l. 12 set

tembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria, per il contenimento della spesa pubblica e disposi

zioni per taluni settori della pubblica amministrazione, art. 4,

14; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in legge, con mo

dificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463; 1. 27 dicembre

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Page 8: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 26 ottobre 1988, n. 5787; Pres. Brancaccio, Rel. Maltese, Est. Granata, P.M. Caristo (concl. conf.);

ERRATA CORRIGE

A colonna 149 della parte terza, la data della decisione del Consiglio di Stato è 27 aprile e non 4 maggio.

A colonna 542 della parte prima, il numero della sentenza della Corte

di cassazione è 3677 e non 3667.

A colonna 808 della parte prima, il numero della sentenza della Corte

di cassazione è 8953 e non 8954.

A colonna 1287 della parte prima, il titolo della nota di R. Genghini

è: «La partecipazione di società di capitali nelle società di persone con

particolare riguardo alla società in accomandita semplice».

A colonna 1455 della parte prima, la data della sentenza della Corte co

stituzionale è 10 dicembre e non 25 novembre.

A colonna 2201 della parte prima, il numero della sentenza della Corte

di cassazione è 5454 e non 5456.

A colonna 3023 della parte prima, al primo rigo del capoverso della sot

tonota (11) della nota di A. Calderale l'espressione «la giusta tesi» va

sostituita con «.questa tesi».

A colonna 3025 della parte prima, al rigo 22 (ventidue) della nota di

A. Calderale l'espressione «in tesi è esclusa la possibilità che il benefi

ciario faccia deliberatamente una domanda falsa» va sostituita con la

seguente: «il rischio include la possibilità che il beneficiario faccia delibe

ratamente una domanda falsa».

A colonna 3232 della parte prima, al rigo 9 (nove) della nota l'espressio ne «art. 13» va sostituita con «cat. B».

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