sezioni unite civili; ordinanza 1° dicembre 1988, n. 739; Pres. Brancaccio, Rel. A. Finocchiaro,P.M. Nicita (concl. conf.); Prencipe (Avv. Di Mattia) c. Regione Puglia (Avv. F. Cipriani).Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Foggia 18 maggio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1531/1532-1533/1534Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183976 .
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1531 PARTE PRIMA 1532
il lavoro proprio e della propria famiglia, l'affittuario può ese
guirli senza dover seguire le procedure previste dal precedente comma e dall'art. 11 (cioè, previa comunicazione, con il consen
so del concedente o l'autorizzazione dell'ispettorato agrario pro
vinciale); norma che è stata dichiarata incostituzionale «per contrasto con l'art. 3 in relazione agli art. 41 e 42 Cost., per l'irrazionale disparità di trattamento che, consentendo l'esecuzio
ne di migliorie anche inscio od invito domino, sacrifica oltre ogni
giusta misura i diritti del proprietario concedente» (Corte cost.
153/77). Ora, da un lato, la suddetta norma non era applicabile nella fattispecie per ragioni temporali, trattandosi di miglioramenti
eseguiti tutti in epoca precedente all'entrata in vigore della 1. 11
del 1971; dall'altro, a seguito ed in relazione alla sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale già ricordata, ha riac
quistato vigore l'art. 1651 c.c., contenente la disciplina per i mi
glioramenti apportati al fondo rustico dell'affittuario, che era stato
abrogato espressamente dal 2° comma dell'art. 29 della stessa
legge, poiché, a seguito della dichiarazione di illegittimità costitu
zionale di una disposizione di legge abrogativa di altra legge pre
cedente, ridiventa operante la norma abrogata dalla disposizione dichiarata illegittima, in quanto con la perdita fin dall'origine dell'efficacia della norma vengono travolti anche gli effetti abro
gativi che essa produceva, a differenza dell'abrogazione legislati va che opera soltanto dall'entrata in vigore del provvedimento che la contiene e che, quindi, salvo che sia espressamente dispo
sto, non ha effetto ripristinatorio delle norme precedenti, che erano
state a loro volta da esso abrogate (Cass. 3284/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 203, in una fattispecie analoga alla presente; conf.
Cass. 4378/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 240). Fino a questo
punto il ragionamento corrisponde a quanto sostenuto nel primo mezzo di gravame, ma d'ora innanzi deve differenziarsene per
ché, alla stregua delle considerazioni svolte, non si può conclude
re che nel caso in esame la norma applicabile sia appunto quella codicistica dell'art. 1651 citato, il quale, come è noto, prevede la facoltà per il giudice di attribuire un'indennità all'affittuario
che, senza il consenso del locatore, abbia eseguito miglioramenti di durevole utilità per il fondo e per la produzione, indennità
rapportata ai miglioramenti di ciascuna annata in misura mai su
periore al quarto del fitto annuo. Al riguardo, non va infatti
dimenticato che nella 1. 11 del 1971 esiste l'art. 15 che, all'ultimo
comma, ha esteso, con espressione ripetuta poi letteralmente dal
l'art. 17 1. 203 del 1982, l'indennizzabilità ai miglioramenti «co
munque eseguiti» in data anteriore alla legge; norma che è sfuggita alla censura di incostituzionalità — con riguardo alla sua effica
cia retroattiva — ancorché non in base ad un esame nel merito, ma alla irrilevanza sopravvenuta a seguito della pronuncia di ille
gittimità dell'art. 4 e del 1° comma dello stesso art. 15 della leg
ge. Peraltro, anche in questo caso l'avverbio «comunque» non
può significare «in ogni caso», ma, conformemente all'interpre tazione data all'analogo art. 17 sopracitato, deve intendersi rife
rito alle migliorie eseguite con il rispetto della disciplina vigente
all'epoca della loro effettuazione. Si pone quindi il problema del
raccordo fra l'art. 1651 c.c. e l'art. 15, ultimo comma, 1. 11 del
1971 che va risolto, a parere della corte, in questi termini: le
opere di miglioramento, eseguite prima dell'entrata in vigore del
la legge del 1971, sono indennizzabili, ancorché effettuate senza
l'autorizzazione del locatore, perché lo consente l'art. 1651 c.c.
(il quale, come norma speciale, prevale sul contrario principio affermato, in via generale in materia locatizia, dall'art. 1592 c.c.), ma i criteri dell'indennizzo non solo quelli stabiliti dalla suddetta
norma (che al riguardo configura una facoltà discrezionale del
giudice con un limite massimo di liquidazione), bensì quello pre visto dall'art. 15, 2° comma, 1. 11 del 1971, non tanto alla stre
gua del successivo 6° comma («miglioramenti . . . comunque
eseguiti prima dell'entrata in vigore della presente legge»), quan to perché l'indennizzabilità deve essere calcolata secondo la nor
mativa vigente al momento in cui, cessato il rapporto di affittanza,
emerge in concreto il problema del calcolo dell'indennizzo. Sif
fatto criterio (ed il ragionamento che lo presuppone) non è stato
formalmente seguito dal giudice dell'appello, il quale ha applica to l'art. 17 1. 203 del 1982 che, peraltro, ne contempla uno so
stanzialmente uguale («indennità corrispondente all'aumento del
valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei migliora menti . . . effettuati e quale risultante al momento della cessazio
ne del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del
fondo non trasformato»; laddove l'art. 15 1. 11 del 1971 parla
più sistematicamente di «indennità corrispondente all'aumento di
Il Foro Italiano — 1989.
valore conseguito dal fondo e sussistente alla fine dell'affitto»);
cosicché, una volta corretto l'errore di «doppia valutazione» ef
fettuato in primo grado, il suddetto giudice ha liquidato l'inden
nità a favore degli affittuari in misura esatta. Ne consegue che, trattandosi di dispositivo conforme al diritto ma erroneamente
motivato, questa corte può limitarsi ad esercitare il potere di cor
rezione previsto dall'art. 384, 2° comma, c.p.c., ammissibile an
che in mancanza di ricorso incidentale della parte vittoriosa, nel
caso in cui la emandatio implichi la sostituzione del principio di diritto affermato nella sentenza impugnata con altro principio non espressamente esaminato o disatteso nella suddetta pronun cia (per riferimenti Cass. n. 3896/84, id., Rep. 1984, voce Cassa
zione civile, n. 155). Il primo mezzo di censura va, pertanto, respinto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 1° di
cembre 1988, n. 739; Pres. Brancaccio, Rei. A. Finocchiaro, P.M. Nicita (conci, conf.); Prencipe (Avv. Di Mattia) c. Re
gione Puglia (Avv. F. Cipriani). Dichiara inammissibile ricor
so avverso Trib. Foggia 18 maggio 1984.
Cassazione civile — Elezione di domicilio — Trasferimento del
domiciliatario — Mancata comunicazione — Comunicazioni de
gli atti processuali presso la cancelleria della Cassazione (Cod.
proc. civ., art. 141, 366, 370, 375, 377).
Nel procedimento per cassazione le comunicazioni degli atti pro cessuali sono validamente effettuate nella cancelleria della cor
te medesima quando il domiciliatario si sia trasferito senza comunicare nelle forme di rito il nuovo domicilio, a nulla rile
vando che l'ufficiale giudiziario abbia avuto notizia, per infor
mazioni assunte, del nuovo indirizzo del domiciliatario. (1)
Svolgimento del processo. — La Corte di cassazione, a sezioni
unite, — considerato che il Tribunale di Foggia, con sentenza del 18
maggio 1984 — notificata I'll luglio 1984 nelle forme di cui agli art. 170, 285, 325 e 326 c.p.c. — ha dichiarato il difetto di giuris dizione nella controversia iniziata da Luigi Prencipe contro la
regione Puglia; — considerato che avverso la sentenza il Prencipe ha proposto
ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione con atto noti
ficato il 17 gennaio 1985, cui ha replicato la regione Puglia rap
presentata a difesa dall'avv. prof. Franco Cipriani con
controricorso con il quale pregiudizialmente si eccepisce l'inam missibilità del ricorso perché tardivo;
— considerato che il procuratore generale presso questa corte
ha concluso per la inammissibilità del ricorso per essere stato pro
posto dopo che era scaduto il termine breve per l'appello avverso
la sentenza; — considerato che il ricorrente con la memoria ex art. 375,
2° comma, c.p.c. ha dedotto l'inammissibilità del controricorso
in quanto sottoscritto dall'avv. Cipriani identificato con il dott.
proc. Giuseppe Cipriani che aveva difeso la regione in sede di
merito e che non è iscritto nell'albo prescritto per esercitare il
ministero professionale presso le magistrature superiori; — considerato che la notifica delle conclusioni del procuratore
(1) Le sezioni unite (riunite per decidere il regolamento preventivo di
giurisdizione) hanno dovuto prendere in esame la questione di cui alla massima in considerazione dei contrasti interni alle sezioni semplici (con ordinanze emesse in udienza). Tuttavia non constano contrasti, almeno
quando la corte si è pronunciata con sentenza: v. Cass. 16 gennaio 1982, n. 269, 11 maggio 1981, n. 3090, Foro it., Rep. 1982, voce Cassazione civile, nn. 302, 303; 12 dicembre 1980, n. 6401, id., Rep. 1980, voce
cit., n. 287; cui adde, Cass. 10 giugno 1982, n. 3540, id., Rep. 1982, voce cit., n. 304.
Nel senso che la variazione del domicilio eletto implica per la parte l'onere di portarla a conoscenza, diversamente essendo rituale la notifica in cancelleria, Cass. 21 dicembre 1984, n. 6664, id., 1985, I, 2316, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
generale e la comunicazione dell'adunanza della camera di consi
glio sono state effettuate per quanto riguarda la regione Puglia controricorrente presso la cancelleria della Corte di cassazione
per essersi il domiciliatario trasferito in sede diversa rispetto a
quella in precedenza indicata; — considerato che preliminare alla pronuncia sul ricorso è la
soluzione della questione — in ordine alla quale si rinvengono contrastanti soluzioni emesse dalle sezioni semplici (con ordinan
ze emesse in udienza) e da rilevare d'ufficio attenendo al rispetto del contraddittorio ed alla tutela del diritto di difesa delle parti — sulla ritualità della notifica degli atti di cui agli art. 375, 2°
comma, e 377, 2° comma, c.p.c. presso la cancelleria di questa
corte, nell'ipotesi in cui l'ufficiale giudiziario non abbia potuto notificare le conclusioni del procuratore generale o comunicare
la data dell'udienza e dell'adunanza della camera di consiglio (come nel caso in esame) per trasferimento del domiciliatario, non co
municato nelle forme di rito, e ciò sia quando l'ufficiale giudizia rio non abbia potuto accertare il nuovo domicilio, sia quando, da informazioni assunte, lo stesso abbia notizia del nuovo indi
rizzo del domiciliatario; — considerato che, a norma dell'art. 141, 4° comma, c.p.c.
la notificazione non può essere effettuata nel domicilio eletto se
il domiciliatario si è trasferito fuori dalla sede indicata nell'ele
zione di domicilio; — considerato che la parola «sede» adoperata nella norma da
ultimo citata non significa genericamente città di residenza del
domiciliatario, ma luogo preciso (ufficio, studio professionale,
abitazione, ecc.) designato nella elezione di domicilio con tutte
le indicazioni che valgono sicuramente ad identificarlo (città, no
me della strada, numero civico) (Cass. 6 aprile 1978, n. 1588,
Foro it., 1978, I, 1592); — considerato che il domicilio viene eletto a proprio rischio,
restando fermo per tutta la durata del procedimento di cassazio
ne, con la conseguenza che se risulta escluso ogni collegamento tra il domiciliatario ed il luogo da lui indicato, a seguito di tras
ferimento, la cancelleria non è tenuta a svolgere alcuna attività
diretta ad individuare l'ubicazione, eventualmente ancora in Ro
ma, di tale nuovo domicilio e con l'ulteriore conseguenza che
se la comunicazione o la notificazione non si sono potute effet
tuare al domicilio indicato se ne deve trarre l'illazione che quel
domicilio, ormai rivelatosi inidoneo a costituire il canale privile
giato per la conoscenza da parte del destinatario delle vicende
processuali che devono essergli rese note, va considerato come
se non fosse stato eletto (Cass. 11 maggio 1981, n. 3090, id.,
Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 303); — considerato che in ipotesi di mancata elezione di domicilio
si applica l'art. 366, 2° comma, c.p.c., secondo cui, se il ricor
rente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono
fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione; — considerato che tale disposizione, in virtù del richiamo con
tenuto nell'art. 370, 2° comma, c.p.c., si applica anche alle noti
ficazioni al controricorrente e quindi si presenta come disposizione di carattere generale che regola non solo la notificazione del con
troricorso e dell'eventuale ricorso incidentale e ad istanza del con
troricorrente, ma tutte le comunicazioni e notificazioni che
debbono farsi agli avvocati di entrambe le parti e quindi anche
le notificazioni di cui agli art. 375, 2° comma, e 377, 2° comma,
c.p.c.; in mancanza di altre disposizioni di carattere particolare; — considerato che il richiamato art. 366, 2° comma, c.p.c.
si applica analogicamente anche nell'ipotesi in cui l'elezione di
domicilio sia venuta meno per il trasferimento del domiciliatario
(Cass. 12 dicembre 1980, n. 6401, id., Rep. 1980, voce cit., n.
287; 11 maggio 1981, n. 3090, cit.; 10 giugno 1982, n. 3540, id.,
Rep. 1982, voce cit., n. 304); — considerato che tale norma, come integrata dall'art. 370
c.p.c., regola compiutamente la materia con la conseguenza che
non è possibile — né necessario — fare capo ad altre disposizio
ni, quale l'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, per disciplinare
l'ipotesi in cui il trasferimento del domicilio riguardi l'avvocato
iscritto come procuratore nella circoscrizione del Tribunale di Ro
ma, trattandosi di disposizione inapplicabile al giudizio di legit timità;
— considerato che l'elezione di domicilio costituisce una mani
festazione di volontà della parte sicché, ove la stessa sia venuta
meno, è irrilevante — in difetto di apposita comunicazione —
Il Foro Italiano — 1989.
la ricerca o l'accertamento del nuovo domicilio compiuto dalla
cancelleria o dall'ufficiale giudiziario; — considerato che la comunicazione della nuova sede del do
miciliatario — affinché presso la stessa siano effettuate le comu
nicazioni e notificazioni di rito — deve essere effettuata dalla
parte o dal suo procuratore speciale o anche dallo stesso domici
liatario, atteso il rapporto fiduciario che lo lega a colui che pro cede alla elezione e la considerazione che quello che rileva è
soprattutto la persona del domiciliatario più che il collegamento fra quest'ultimo ed una determinata sede;
— considerato che è onere dei soggetti interessati comunicare
alla cancelleria il nuovo domicilio per ogni singola controversia
pendente; — considerato che, in mancanza di tempestivo adempimento
di tale onere, legittimamente le comunicazioni e le notificazioni
sono fatte, in applicazione dell'art. 366, 2° comma, c.p.c., pres so la cancellaria della Corte di cassazione;
— considerato che l'onere di comunicazione è tempestivamente
adempiuto quando l'atto contenente l'indicazione del nuovo do
micilio sia depositato nella cancelleria prima che si sia proceduto alle notifiche e comunicazioni presso la stessa; i
— considerato che le conclusioni raggiunte realizzano compiu tamente il diritto di difesa della parte, la quale, sulla base dell'in
terpretazione fornita dell'art. 366, 2° comma, c.p.c., non può che addebitare a se stessa le conseguenze che le derivano dal man
cato adempimento dell'onere di comunicazione; — considerato che, quindi, legittimamente sono state effettua
te, nel caso di specie, la notificazione delle conclusioni del procu ratore generale a norma dell'art. 375, 2° comma, c.p.c. e la
comunicazione dell'adunanza della camera di consiglio, ai sensi
dell'art. 377, 2° comma, c.p.c., presso la cancelleria di questa
corte, risultando irrilevante, per quanto già detto, l'avvenuta co
noscenza della nuova sede in difetto di apposita comunicazione
delle parti o la comunicazione del nuovo domicilio effettuata suc
cessivamente alla data di perfezionamento dell'attività notificato
ria presso la cancelleria; — considerato che si può procedere all'esame del ricorso; — considerato che il ricorso è inammissibile per essere stato
proposto dopo che — scaduto il termine breve per l'appello av
verso la sentenza — questa era passata in giudicato, sicché non
era più proponibile avverso la stessa il regolamento preventivo di giurisdizione;
— considerato che invece il controricorso è ammissibile in quanto sottoscritto dall'avv. prof. Franco Cipriani, iscritto nell'albo pre scritto per esercitare il ministero professionale presso le magistra ture superiori;
— considerato che in conseguenza della ritenuta inammissibili
tà del ricorso il ricorrente va condannato al pagamento delle spe se di questa fase di giudizio;
Per questi motivi, la Corte di cassazione, a sezioni unite, di
chiara inammissibile il ricorso. (omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 no
vembre 1988, n. 6251; Pres. Brancaccio, Est. Pontrandolfi,
P.M. Sgroi V. (conci, conf.); Galassi (Avv. Agostini) c. Ente
Opere laiche Lauretane (Avv. D'Ottavi). Cassa Trib. Macera
ta 21 giugno 1983.
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza — Opere pie —
Persone giuridiche di diritto privato — Giurisdizione del giudi ce ordinario (Cost., art. 38; cod. civ., art. 2093; cod. proc.
civ., art. 1, 37, 409; 1. 17 luglio 1890 n. 6972, norme sulle
istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, art. 1).
A seguito di Corte cost. 7 aprile 1988, n. 396 l'opera pia che
svolga attività assistenziale unitamente ad attività economiche
prevalenti va considerata persona giuridica privata; deve essere,
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