sezioni unite civili; sentenza 29 novembre 1986, n. 7084; Pres. Brancaccio, Est. Lipari, P.M.Caristo (concl. conf.); Soc. Marelli (Avv. Moscarini) c. Rotolo. Conferma Trib. Milano 13febbraio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 229/230-239/240Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181045 .
Accessed: 28/06/2014 12:22
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
bile, svolte dai resistenti andrà valutata la natura della loro attivi
tà, tenendo conto dei criteri indicati da questa corte per la quali ficazione delle attività in favore di tali enti svolte da categorie consimili a quella in esame (es.: per i messi di conciliazione: sent. 15 febbraio 1979, n. 978, id., Rep. 1979, voce Ufficiate giudizia rio, n. 57; 10 dicembre 1982, n. 6772, id., Rep. 1982, voce cit., n. 10; per gli esercenti posti telefonici pubblici: sent. 17 dicembre
1980, n. 6539, id., Rep. 1980, voce Lavoro autonomo, n. 2; 5 novembre 1983, n. 6550, id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 381; 17 marzo 1985, n. 2973, id., Rep. 1985, voce cit., n.
410). All'esito di tale valutazione, se ritenuta la natura subordi nata del rapporto, andrà verificato il quantum della retribuzione, con riguardo non soltanto al principio della sufficienza, ma an che a quello della proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, o, in caso di ritenuta autonomia dello stesso, la natura, se richiesta, del compenso ex art. 2225
c.c., in ogni caso previa delibazione della questione della natura
strumentale, o meno, dell'alloggio concesso dall'ente pubblico ai
resistenti e conseguente computabilità, o meno, del controvalore del suo godimento.
Tale computo va commesso al giudice di rinvio, che si indica nel Tribunale di Brindisi.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 no vembre 1986, n. 7084; Pres. Brancaccio, Est. Lipari, P.M.
Caristo (conci, conf.); Soc. Marelli (Avv. Moscarini) c. Ro
tolo. Conferma Trib. Milano 13 febbraio 1982.
Liquidazione coatta amministrativa — Amministrazione straordi naria delle grandi imprese in crisi — Accertamento di crediti — Sentenza non passata in giudicato — Rito del lavoro —
Lettura del dispositivo in udienza — Anteriorità alla procedura concorsuale — Disciplina applicabile (Cod. proc. civ., art. 429, 430; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art.
52, 95, 201; 1. 3 aprile 1979 n. 95, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, contenente prov vedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi, art. 1).
Ai fini dell'applicabilità dell'art. 95, 3° comma, I. fall., per l'im
pugnazione di un credito accertato con sentenza pronunciata secondo il rito del lavoro contro l'imprenditore assoggettato all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, è necessario e sufficiente che la lettura del dispositivo in udien
za sia avvenuta prima dell'emanazione del provvedimento di
apertura della procedura concorsuale mentre resta irrilevante, a tal riguardo, l'eventuale posteriorità del deposito della moti
vazione. (1)
(1-3) Le sentenze riportate ribadiscono un orientamento già costante mente seguito dalle sezioni unite.
In senso conforme, con specifico riguardo all'amministrazione straor dinaria delle grandi imprese in crisi, v. Cass. 17 febbraio 1983, n. 1196, Foro it., Rep. 1983, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 115; 15 gennaio 1983, n. 329, id., 1983, I, 654, con ampia nota di richiami, nonché Cass. 17 giugno 1986, n. 4038, id., Rep. 1986, voce cit., n. 61; 17 giugno 1986, n. 4037, ibid., n. 60; 3 aprile 1986, n. 2308, ibid., n. 58.
Nello stesso senso, ma nell'ambito della liquidazione coatta ammini
strativa, i cui principi, tuttavia, per esplicita statuizione delle decisioni
riportate, devono ritenersi estensibili all'amministrazione straordinaria, v. Cass. 23 luglio 1969, n. 2781, id., 1970, I, 203; 31 luglio 1969, n.
2907, id., Rep. 1969, voce cit., n. 28; 26 luglio 1971, n. 2487, id., 1972, I, 430, con nota di richiami; 10 luglio 1975, n. 2710, id., Rep. 1975, voce cit., n. 15; 28 aprile 1976, n. 1502, id., 1976, 1, 1477; 16 gennaio 1979, n. 314, id., Rep. 1979, voce cit., n. 32; 17 ottobre 1984, n. 5229, id., Rep. 1984, voce cit., n. 53.
Le sentenze in epigrafe destano particolare interesse perché hanno in trodotto un'importante innovazione nell'inquadramento dommatico della
figura giuridica su cui insistono i principi in esse enunciati. Le sezioni unite, con diffusa ed esaustiva motivazione, hanno infatti
precisato, con una netta distinzione concettuale, che l'impossibilità per il giudice ordinario di conoscere, nel corso della liquidazione coatta am
II Foro Italiano — 1988.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 otto bre 1986, n. 6225; Pres. Brancaccio, Est. Lipari, P.M. Cari sto (conci, conf.); Soc. Marelli (Aw. Moscarini) c. Verga (Aw. Paganuzzi, Spano). Conferma Trib. Monza 15 febbraio 1982.
Liquidazione coatta amministrativa — Amministrazione straordi
naria delle grandi imprese in crisi — Accertamento di crediti — Sentenza non passata in giudicato — Anteriorità alla proce dura concorsuale — Impugnazione ordinaria (R.d. 16 marzo
1942 n. 267, art. 52, 95, 201; 1. 3 aprile 1979 n. 95, art. 1).
La norma di cui all'art. 95, 3° comma, l. fall, (che obbliga ad
impugnare in via ordinaria la sentenza non passata in giudica to, da cui risulti un credito verso il fallito che non si vuole ammettere al passivo, quando tale sentenza sia stata pronun ciata prima dell'apertura del procedimento concorsuale) trova
piena applicazione anche nelle procedure di liquidazione coatta
amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi in forza del richiamo operato dagli art. 1,3°
comma, I. 3 aprile 1979 n. 95 e 201, 1° comma, I. fall, per il tramite dell'art. 52, 2° comma, l. fall., non ostandovi alcuna
incompatibilità tra la norma richiamata e la struttura dei pro cedimenti che ne ricevono l'applicazione. (2)
III
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 otto bre 1986, n. 6224; Pres. Brancaccio, Est. Lipari, P.M. Cari
sto (conci, conf.); Di Giandomenico (Avv. Fronticelli) c. Soc.
Cip 200 (Avv. Morabito). Conferma Trib. Brescia 31 marzo 1981.
Liquidazione coatta amministrativa — Amministrazione straordi naria delle grandi imprese in crisi — Accertamento di crediti — Giudice ordinario — Temporanea improponibilità della do manda — Eccezione (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 52, 95,
201; 1. 3 aprile 1979 n. 95, art. 1).
Non sussiste improponibilità temporanea dell'azione qualora sul
la pretesa creditoria fatta valere nei confronti di un'impresa
assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria sia
anteriormente intervenuta sentenza non passata in giudicato, dovendo questa essere impugnata nei modi e nelle forme ordi
narie, ai sensi dell'art. 95, 3° comma, I. fall., richiamato dal
l'art. 1, 3° comma, l. 3 aprile 1979 n. 95, attraverso gli art.
201, 1° comma, e 52, 2° comma, l. fall. (3)
I
Svolgimento del processo. — Con ricorso 21 febbraio 1981 Ni
cola Rotolo conveniva davanti al Pretore di Milano la s.p.a. Er
cole Marelli elettromeccanica generale, chiedendone la condanna
al pagamento in suo favore della somma di lire 7.872.701, quale residuo importo per indennità di anzianità per il lavoro subordi nato prestato dal 17 ottobre 1967 al 21 novembre 1980.
La domanda veniva accolta e la sentenza era confermata dal
tribunale, disattendendo la tesi della società, la quale sosteneva
il difetto di giurisdizione temporaneo dell'autorità giudiziaria or
dinaria, essendo stata posta, con d.m. 25 giugno 1981, in ammi
nistrazione straordinaria, ai sensi della 1. 30 aprile 1979 n. 95.
Osservava il collegio che l'equiparazione dell'amministrazione
straordinaria alla liquidazione coatta amministrativa, con conse
guente accertamento dei crediti affidato agli organi (amministra
tivi) preposti alla procedura secondo lo specifico procedimento di verifica del passivo, non sussistendo temporaneamente al ri
guardo la giurisdizione del giudice ordinario, non spiegava effetti
nel caso di specie in cui il pretore aveva pronunciato il dispositi
ministrativa e dell'amministrazione straordinaria, delle domande relative a crediti vantati verso l'impresa assoggettata alle anzidette procedure, non realizza un'ipotesi di difetto temporaneo di giurisdizione sibbene di im
proponibilità sostanziale temporanea dell'azione.
Logica conseguenza di tale revisione è il venir meno, sulle questioni esaminate, della competenza delle sezioni unite, ai sensi dell'art. 374, 1°
comma, c.p.c.
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
vo della sentenza, immediatamente esecutivo all'udienza del 29
aprile 1981, anteriormente, cioè, alla data di ammissione all'am
ministrazione controllata (non rilevando la posteriorità del depo sito della motivazione), sicché il giudizio di primo grado si era
concluso nei confronti di una società in bonis, sussistendo la giu risdizione del giudice che aveva emesso la pronuncia. Né per ad
debitare alla sentenza un vizio, correlato ad atto giuridico ad essa
successivo, gioverebbe richiamare lo ius superveniens, dato che
la controversia aveva avuto corretta conclusione sul piano della
giurisdizione, sviluppandosi secondo le modalità fissate dalla nuova
normativa.
Contro la riassunta sentenza la società Marelli (in amministra
zione straordinaria) ha presentato ricorso per cassazione, affida
to ad unico motivo (Omissis) Motivi della decisione. — 1. - Con d.m. 25 giugno 1981, pub
blicato nella G.U. n. 177 del 30 maggio 1981, la s.p.a. Ercole
Marelli elettromeccanica generale è stata assoggettata alla proce dura di amministrazione straordinaria, di cui al d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, convertito in 1. 3 aprile 1979 n. 95, che è disciplinata, in quanto non diversamente stabilito, dagli art. 195 ss. 1. fall,
(e cioè dalle norme sulla liquidazione coatta amministrativa; ed
in particolare, per quanto riguarda lo stato passivo, dall'art. 209). Nel caso di specie è accaduto che, invocando la soggezione alla
procedura di amministrazione straordinaria, sopravvenuta dopo la pubblicazione del dispositivo, avvenuta in data 29 aprile 1981, della sentenza del pretore che aveva conosciuto delle pretese eco
nomiche di un lavoratore subordinato derivanti dal rapporto di
lavoro con la società, questa, nell'appellare tale sentenza, ha so
stenuto il temporaneo difetto sopravvenuto di giurisdizione del
l'autorità giudiziaria, in quanto, per espressa previsione dell'art.
I d.l. n. 26, nel testo risultante dalla legge di conversione, il prov vedimento con il quale è disposta l'amministrazione straordinaria
è equiparato, a tutti gli effetti stabiliti dalla legge fallimentare,
al decreto che ordinava la liquidazione coatta amministrativa.
(Omissis) Sostiene al riguardo il ricorrente che si dovrebbe aver riguardo,
per stabilire se la sentenza sia opponibile all'amministrazione
straordinaria al fine di sottrarre il credito di essa accertato alla
verifica amministrativa, trattandosi di sentenze emesse con il rito
del lavoro, non già alla data della lettura del dispositivo avvenuta
in udienza, ma a quella successiva del deposito della motivazione.
Anche questa notazione, pur se svolta con acutezza, non appa re giuridicamente fondata. L'accertamento cui la legge fallimen
tare ha riguardo rispetto al rito del lavoro sicuramente discende
dal decisum consacrato nel dispositivo sulla cui base si può pro cedere all'esecuzione (art. 429, 431 c.p.c.).
Può convenirsi che la valutazione dell'opportunità del gravame
per la parte che ha avuto torto dipende in buona parte dall'esame
della motivazione, ed il sistema codicistico ne tiene il debito con
to; ma il differimento dei termini per impugnare non tocca il
punctum saliens della efficacia giuridica di un accertamento giu
risdizionale, sia pure non definitivo, la cui forza è tale per il
legislatore da ancorare la futura vicenda di conferma o riforma
allo strumento ordinario dell'impugnazione, anziché a quello straordinario dell'accertamento amministrativo, prodromico al giu dizio ultimativamente affidato al giudice.
La struttura del processo del lavoro comporta tipicamente che
il dispositivo spieghi la forza dell'accertamento in esso consacra
to a prescindere dalla futura motivazione; coerentemente è alla
data del decisum, risultante dal dispositivo, che occorre esclusi
vamente far capo per stabilire se un credito si sottragga o meno
alla procedura di accertamento amministrativo.
5. - In conclusione deve essere ribadito che, con riguardo a
pretesa creditoria nei confronti di impresa assoggettata ad ammi
nistrazione straordinaria, secondo la previsione del d.l. 30 gen naio 1979 n. 26, convertito, con modificazioni, nella 1. 3 aprile 1979 n. 95, il principio in forza del quale, in base alle norme
che regolano la liquidazione coatta amministrativa (applicabili al
la suddetta amministrazione in quanto non diversamente stabili
to), l'azione giudiziaria non è temporaneamente proponibile, o, se proposta, non è temporaneamente proseguibile, se non dopo che il credito stesso sia stato fatto valere nella fase amministrati
va di verificazione dello stato passivo davanti ai competenti orga ni della procedura, non opera nel caso in cui la procedura medesima si instauri dopo che quel credito sia stato riconosciuto
da sentenza non passata in giudicato, poiché, in siffatta ipotesi, trova applicazione l'art. 95, 3° comma, 1. fall., che richiede l'im
II Foro Italiano — 1988.
pugnazione di tale sentenza nei modi ordinari, quale mezzo ne
cessario per contestare il credito stesso. (Omissis) 7. - Il ricorso, essendo risultato privo di giuridico fondamento,
deve essere rigettato. (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso 23 dicembre 1980
Albertina Verga conveniva in giudizio davanti al Pretore di Mila
no, in funzione di giudice del lavoro, la s.p.a. Ercole Marelli
elettromeccanica generale, chiedendone la condanna al pagamen
to in suo favore della somma di lire 9.486.312, a titolo di residuo
importo dovutole per indennità di anzianità, maturata nel perio do 21 settembre 1942 - 30 aprile 1980.
La convenuta contestava l'entità della domanda che l'adito pre tore accoglieva in foto con sentenza 8 maggio - 8 luglio 1981.
La soccombente proponeva appello davanti al Tribunale di Mi
lano, eccependo la carenza di giurisdizione della autorità giudi ziaria ordinaria, essendo stata posta in amministrazione
straordinaria in forza del d.m. 25 luglio 1981.
L'appellante contestava il fondamento del gravame, afferman
do che la società, per escludere il credito dal passivo, avrebbe
dovuto impugnare la sentenza di primo grado. Il tribunale, in accoglimento di tale eccezione, respingeva l'ap
pello, osservando che effettivamente, come sostenuto dall'appel
lante, la procedura di amministrazione straordinaria è equiparata, nel suo svolgimento, alla liquidazione coatta amministrativa e che,
al pari di questa, prevede che l'accertamento del passivo si svolga non già in sede contenziosa, sibbene attraverso il vaglio del com
missario governativo, salva la possibilità di eventuali successive
opposizioni innanzi al tribunale competente. Tuttavia, ai sensi
dell'art. 95, 3° comma, 1. fall., applicabile alla fattispecie in for
za del rinvio di cui agli art. 201 e 52 1. fall, ed 1 1. 95/79, «se
il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessa
ria l'impugnazione se non si vuole ammettere il credito».
Conseguentemente, nella specie, essendo intervenuta sentenza
di primo grado non passata in giudicato e gravata di appello,
prima del decreto ministeriale, avrebbe dovuto il commissario
straordinario preposto all'amministrazione della Ercole Marelli
non già eccepire un inesistente difetto di giurisdizione, sibbene
contestare nel merito la pronuncia del primo giudice emessa ante
riormente alla sottoposizione della impresa ad amministrazione
straordinaria. Poiché, invece, nessuna contestazione di merito era
stata fatta, il gravame limitato ad un non pertinente rilievo di
carattere processuale non poteva essere accolto.
Contro la riassunta sentenza la società Marelli ha presentato ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Lamenta il ricorrente (denunciando la violazione del combina
to disposto degli art. 52, 95, 201 e 209 1. fall., dell'art. 1 1. 3
aprile 1979 n. 95 e di ogni altra norma e principio in materia
di formazione dello stato passivo nella liquidazione coatta ammi
nistrativa e nell'amministrazione straordinaria; ed il conseguente difetto di giurisdizione dell'a.g.o. ai sensi dell'art. 360, nn. 1 e
3, c.p.c.) che il tribunale abbia respinto l'eccezione di difetto so
pravvenuto di giurisdizione in conseguenza dell'assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria, sostenendo che
tale fatto sopravvenuto non poteva spiegare effetti in quanto suc
cessivo alla decisione di primo grado. La tesi non appare condivisibile al ricorrente, nemmeno se ap
poggiata alla norma dell'art. 95, 3° comma, 1. fall. Tale norma
(richiamata dall'art. 202, 2° comma, 1. fall, dettato in tema di
accertamento giudiziario dello stato di insolvenza nella liquida zione coatta amministrativa, le cui norme si applicano all'ammi
nistrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), stabilisce
che, ove la sentenza dichiarativa di fallimento, e quindi per ana
logia il provvedimento che apre la procedura di amministrazione
straordinaria, intervenga dopo la pronuncia di primo grado rela
tiva al credito che si intende insinuare nella procedura stessa, non
opera l'assorbimento, ma la sentenza deve essere impugnata nei
modi ordinari.
Il ricorrente contesta che l'art. 95, 3° comma, 1. fall, possa trovare applicazione nelle impotesi di liquidazione coatta ammi
nistrativa ed in quella equiparata di amministrazione straordinaria.
Mentre nel fallimento il conflitto si delinea tra la trafila ordi
naria delle impugnazioni, che si svolge ovviamente in sede giudi
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ziale, e il procedimento speciale di verifica, che si svolge pur esso
in sede giudiziale, nel caso della liquidazione coatta amministrati
va e dell'amministrazione straordinaria, invece, il conflitto si de
linea tra la trafila giudiziale delle impugnazioni e il procedimento
speciale di formazione dello stato passivo, che si svolge, almeno
in prima istanza, in sede amministrativa.
Non sussiste, quindi, identità di ratio, né sul piano letterale
il richiamo all'art. 95, 3° comma, 1. fall., contenuto nell'art. 201
della stessa legge, giustifica l'operata applicazione, trattandosi di
richiamo a carattere sussidiario, che in tanto opera in quanto vi sia lacuna da colmare nella disciplina, mentre la disposizione dell'art. 209 sulla formazione dello stato passivo è completa ed
analitica anche nel richiamo a norme specifiche della medesima
legge fallimentare insuscettibili di estensione.
Del resto il passaggio dall'art. 201, 1° comma, all'art. 95, 3°
comma, non è diretto e comporta un duplice ricorso all'art. 201,
1° comma, che si limita a sancire l'equipollenza degli organi della
procedura fallimentare a quelli degli organi della liquidazione coat
tiva, attraverso l'art. 52 il quale stabilisce per il fallimento la
regola della unificazione delle procedure di accertamento dei cre
diti dei terzi nell'unico procedimento di verificazione dello stato
passivo, regola che porta a rafforzare la tesi della inapplicabilità dell'art. 95, 3° comma, all'amministrazione straordinaria, il cui
sopravvenire si riverbera su tutti i crediti non definitivamente ac
certati, e quindi anche su quelli risultanti da sentenza di primo
grado o secondo grado con conseguente improcedibilità della do
manda proposta in sede giudiziale, per sopravvenuto difetto di
giurisdizione dell'a.g.o. La Verga, nonostante la ritualità della notificazione del ricor
so, non ha svolto attività difensiva.
Sulle conclusioni sfavorevoli al proprio assunto la difesa della
società ricorrente, ha presentato note d'udienza, sottolineando ul
teriormente la diversità di ratio che contrappone liquidazione coatta
amministrativa ed amministrazione straordinaria delle grandi im
prese in crisi: l'una puramente liquidatoria e diretta alla soppres
sione dell'ente, l'altra diretta al recupero dell'impresa, non
sussistendo alcun pericolo di pregiudizio ed inerendo all'interesse
pubblico che tutti i crediti, tranne quelli risultanti da sentenze
passate in giudicato, siano sottoposti alla valutazione dell'organo
amministrativo. L'art. 95, 3° comma, 1. fall, non può essere ap
plicato de plano in forza del generico richiamo contenuto nel
l'art. 1 d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, che resta logicamente
subordinato alla compatibilità delle norme richiamate con la strut
tura dell'istituto, dovendosi superare interpretativamente il dato
letterale.
Se interpretato cosi come la sentenza impugnata l'ha inteso,
l'art. 1 d.l. 26 del 1979 si porrebbe in contrasto con gli art. 3,
41 e 42 Cost., poiché riserva trattamenti eguali a situazioni ogget
tivamente diverse, ed inoltre contrasta con i principi costituziona
li in tema di utilizzo sociale della proprietà e funzione sociale
dell'iniziativa privata per la parte in cui, sottraendo alla cognizio
ne dell'organo amministrativo a ciò deputato, la cognizione in
merito a pretese creditorie di terzi nei confronti di imprese in
crisi riconosciute meritevoli di assoggettamento a disciplina spe
ciale, ne rende oggettivamente più difficile il recupero alla collet
tività.
Motivi della decisione. — (Omissis). 1. - Il problema che si
pone, riguarda, dunque, l'interpretazione dell'art. 95, 3° comma,
1. fall, per stabilire se esso sia applicabile o meno al procedimen
to di amministrazione straordinaria, sottraendo al regime giuridi
co ivi previsto le sentenze già emesse che restano sottoposte alla
normale disciplina delle impugnazioni. Con indirizzo ormai costante queste sezioni unite hanno stabi
lito che l'improponibilità temporanea della domanda può verifi
carsi quando la procedura speciale è anteriore al giudizio di primo
grado, o interviene durante il suo corso (Cass. 9 gennaio 1973,
n. 9, Foro it., 1973, I, 1446, riguardo alla liquidazione coatta
amministrativa), ma non quando questa sopravvenga dopo la ema
nazione di una sentenza non passata in giudicato da cui risulta
il credito; in tal caso, infatti, l'art. 95, 3° comma, 1. fall., che
per effetto del richiamo all'art. 52, contenuto nell'art. 201, si
applica anche alla liquidazione coatta amministrativa, dispone che
per escludere l'ammissione al passivo di quel credito, occorre pro
cedere all'impugnazione nei modi ordinari da proporre e prose
guire davanti al giudice naturale (cfr., con riguardo alla
liquidazione coatta amministrativa, Cass. 23 luglio 1969, n. 2781,
id., 1970, I, 203; 31 luglio 1969, in 2907, id., Rep. 1969, voce
Il Foro Italiano — 1988.
Liquidazione coatta amministrativa, n. 28; 26 luglio 1971, n. 2487,
id., 1972, I, 430; 10 luglio 1975, n. 2710, id., Rep. 1975, voce
cit., n. 15; 28 aprile 1976, n. 1502, id., 1976, I, 1477; 16 gennaio
1979, n. 314, id., Rep. 1979, voce cit., n. 32; e, con specifico riferimento all'amministrazione straordinaria, Cass. 15 gennaio
1983, n. 329, id., 1983, I, 654; 17 febbraio 1983, n. 1196, id., Rep. 1983, voce cit., n. 115).
Di fronte ad un orientamento giurisprudenziale tanto saldo nel
collegamento fra le sentenze che hanno pronunciato in tema di
liquidazione coatta amministrativa e quelle che hanno coerente
mente esteso la soluzione alla amministrazione straordinaria retta
dalle medesime norme in tema di accertamento del passivo, gli
argomenti suscettibili di sovvertirlo dovrebbero dimostrarsi parti colarmente incisivi (anche perché tale indirizzo incontra l'adesio
ne della più autorevole dottrina fallimentaristica ed anche quella
dei commentatori della nuova legge). Ma non pare al collegio che le deduzioni del ricorrente siano
suscettibili di portare alla revisione del precedente indirizzo, ulte
riormente ribadito da altre sentenze in corso di pubblicazione. 2. - Assume il ricorrente che il disposto dell'art. 95, 3° comma,
1. fall., secondo cui qualora il credito risulti da sentenza non pas
sata in giudicato è necessaria l'impugnazione se non si vuole am
mettere il credito, sarebbe razionalmente giustificabile soltanto
nel sistema del fallimento, il quale comporta una verifica giudi
ziale dei crediti, mentre non lo sarebbe più in quello di liquida zione coatta amministrativa (e quindi di amministrazione
straordinaria che ad essa si richiama). Ma non sembra che la ratio della disposizione si debba ravvisa
re nella giurisdizionalità della verifica dei crediti caratterizzante
il fallimento (ma non anche la liquidazione coatta amministrativa). Nel dettare la norma dell'art. 95, 3° comma, 1. fall, il legislato
re ha dato rilievo alla particolare resistenza che un accertamento
giurisdizionale, consacrato in una sentenza (sia pure non passata in giudicato, dato che altrimenti il problema di ammissione non
si porrebbe), statuendo che tale credito, proprio perché risulta
da un accertamento giurisdizionale, non abbisogna di essere va
gliato per entrare a far parte della massa passiva, e deve essere
ammesso al concorso a meno che non si intenda contestare quella
sentenza con lo strumento tipico della impugnazione, mantenen
do l'accertamento sul binario del processo civile comune (e non
fallimentare) e conseguendo perciò a tale accertamento effetti de
finitivi ed intangibili diversamente da quanto avviene rispetto al
l'ammissione allo stato passivo che ha efficacia endofallimentare.
La norma dettata dall'art. 95, 3° comma, 1. fall, mira, cioè,
ad attribuire una particolare forza all'accertamento del credito
già consacrato in sentenza, imponendo, proprio in ragione di tale
forza, l'alternativa fra l'ammissione incontestabile e la prosecu
zione della contestazione in sede generale di impugnazione (e non
di opposizione endofallimentare). Non si comprende per quale ragione la peculiarità della forma
zione dello stato passivo rispetto alla liquidazione coatta ammini
strativa (dettata in previsione del gran numero di creditori) possa riflettersi sul principio consacrato nell'art. 95, 3° comma, il qua
le, prescindendo dalle modalità di verificazione dei crediti, mira
a risolvere esclusivamente il problema del rapporto fra l'accerta
mento concorsuale ed un accertamento giudiziale già compiuto
prima dell'apertura della procedura concorsuale, senza che spie
ghino effetti le modalità di effettuazione, nella scansione tra una
prima fase amministrativa ed una seconda fase giurisdizionale.
Anzi, si potrebbe osservare che, se la resistenza della sentenza
si impone al giudice delegato che deve senz'altro ammettere quando
impugnazione non vi sia, e conformarsi al suo esito ove l'impu
gnazione stessa sia stata presentata (in sede ordinaria) nel conte
sto di una qualificazione giurisdizionale della sua attività, a maggior
ragione tale «resistenza» (e quindi la mancata attribuzione della
valutazione sulla ammissibilità di quel credito da parte del com
missario straordinario) debba imporsi ad un soggetto che non
è giudice, e non agisce come tale, ma si presenta investito di una
funzione meramente amministrativa.
Sul piano sistematico la norma in esame coordina i principi
operanti in tema di impugnazioni (e della formazione del giudica
to) con la disciplina dell'accertamento di credito nelle procedure
concorsuali e non si correla necessariamente alla natura ammini
strativa o giurisdizionale della prima fase della verifica, rispetto
alla quale, se mai, chi opera sul piano amministrativo dovrebbe
manifestare rispetto ancora maggiore verso la sentenza la cui emis
sione impone la comune impugnazione, ove non si voglia che
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
l'ammissione avvenga de plano, automaticamente realizzandosi
nel frattempo, per inerzia degli interessati, la formazione del giu dicato.
3. - Gli argomenti letterali che hanno portato giurisprudenza e dottrina a considerare l'art. 95, 3° comma, 1. fall, applicabile alla liquidazione coatta amministrativa (e quindi anche all'ammi
nistrazione straordinaria) sono effettivamente costringenti per l'in
terprete. L'art. 201, 1° comma, 1. fall., sotto la rubrica «effetti della
liquidazione», dispone testualmente «Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo
II, capo III, sez. II e sez. IV, e dell'art. 66 ss.».
Orbene l'art. 52, contenuto nella II sezione richiamata, stabili
sce a sua volta, al 2° comma, che «ogni credito, anche se munito
di diritto di prelazione, deve essere accertato, secondo le norme
stabilite nel capo V, salvo diverse disposizioni della legge». Il
capo V contiene l'art. 95, qui considerato, la cui applicazione
potrebbe essere esclusa soltanto ove si dimostrasse che una diver
sa disposizione di legge la vieta (sia direttamente, sia indiretta
mente per incompatibilità). E qui si innesta l'ulteriore argomento del ricorrente il quale
sostiene che i richiami alle regole proprie del fallimento, dettate
a proposito della liquidazione coatta amministrativa, hanno ca
rattere suppletivo, ed in tanto possono venire in considerazione
in quanto si tratti di colmare lacune, mentre la norma dell'art.
209 si presenterebbe esaustiva: sia per quanto espressamente di
spone, sia in relazione ai richiami testuali ad altre norme della
legge fallimentare, i soli a poter essere presi in considerazione
dall'interprete. Entrambe le linee argomentative appaiono superabili. Il risultato ermeneutico dell'applicazione dell'art. 95, 3° com
ma, 1. fall, all'amministrazione straordinaria, richiede effettiva
mente una serie di passaggi, poiché non ci si trova davanti ad
un richiamo espresso e puntuale (nel quale caso, come è ovvio, un problema interpretativo di una qualche rilevanza nemmeno
si porrebbe); ma la rigorosa concatenazione dei passaggi porta con sicurezza alla conclusione adottata dalla giurisprudenza di
questa corte; né in effetti contro l'iter logico del procedimento
vengono sollevate apprezzabili censure; non valendo eccepire la
macchinosità del procedimento ermeneutico seguito, che non di
pende da ingiustificate sottigliezze dell'interprete, ma dalla tecni
ca adottata dal legislatore, il quale, anziché richiamare all'art.
201 anche il capo V sull'accertamento del passivo, ha postulato indirettamente l'applicabilità delle relative norme, per il tramite
dell'art. 52, 2° comma, 1. fall, che impone il ricorso alla norma
stessa.
Né risulta producente la notazione sul carattere integrativo del
le disposizioni dettate specificamente per il fallimento rispetto al
la disciplina della liquidazione coatta amministrativa.
Pur convenendo sull'esattezza del principio non possono essere
condivise le conseguenze che si pretende di ricavarne; non è esat
to, cioè, che la disciplina del passivo emergente dagli art. 207,
208, 209 si presenti cosi' completa ed esaustiva da escludere spazi
applicativi per l'art. 95. La completezza viene meno letteralmente
in forza dei richiami specifici a singole norme della disciplina del fallimento risultando logicamente impossibile procedere alle
operazioni senza effettuare quelle integrazioni che del resto sono
positivamente previste dal meccanismo di rinvio adottato dal le
gislatore. Vero è che, rovesciando l'impostazione del ricorrente, per esclu
dere l'applicazione dell'art. 95, 3° comma, 1. fall, all'amministra
zione straordinaria (per il tramite dell'equiparazione alla
liquidazione coatta amministrativa) bisognerebbe enucleare una
ratio adeguata; ma tale enucleazione manca nel ricorso, né sareb
be stata possibile in maniera persuasiva se sono esatte le conside
razioni che sorreggono l'opzione interpretativa condivisa da queste sezioni unite ed avallata dalla dottrina.
4. - Un tentativo in tal senso è stato fatto nella discussione
orale e ribadito nelle note di udienza.
Tuttavia le argomentazioni svolte non colgono nel segno. È poco producente sottolineare la diversità qualitativa fra li
quidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordina
ria, in quanto, nonostante tali diversità, il legislatore ha voluto
operare una equiparazione di disciplina che vincola l'interprete il quale è tenuto ad applicare le norme nella loro portata quale è venuta a risultare a seguito del processo interpretativo, incon
trando il limite della loro conformità alla Costituzione che nel
Il Foro Italiano — 1988.
caso in esame, sotto l'angolazione del parametro dell'eguaglian
za, in tanto vale a giustificare la prospettazione di una questione di legittimità costituzionale in quanto se ne deduca la irrazionalità.
Sembra, tuttavia, fuori discussione che nel caso in esame la
disposta equiparazione non contrasti con il principio di eguaglianza,
poiché all'opposto l'eguaglianza è rispettata imponendo, in cor
relazione all'eguale regola della verifica concorsuale dei crediti, la stessa deroga dell'avvenuta emanazione di sentenza non passa ta in giudicato relativa al credito stesso.
Prevale, cioè, la oggettività della verifica della situazione debi
toria dell'impresa rispetto alla finalità la cui verifica è ordinata;
e la scelta di avere adottato per tale verifica lo stesso modello
dettato per la liquidazione coatta amministrativa si sottrae, in
quanto espressione di una scelta discrezionale del legislatore, ad
ogni censura di incostituzionalità.
Nemmeno, nonostante la sottigliezza della deduzione, appare
accoglibile, sia pure al livello della delibazione di non manifesta
infondatezza, la questione di legittimità costituzionale dell'appli cabilità dell'art. 95, 3° comma, 1. fall, per il tramite del richiamo
operato dall'art. 1 d.l. n. 26 del 1979, alle grandi imprese in crisi.
È veramente azzardato ravvisare una violazione dei principi co
stituzionali sulla utilità sociale della proprietà, nella circostanza
che determini diritti di credito, in quanto già accertati dal giudi
ce, sia pure con sentenza non ancora passata in giudicato, restino
sottratti al procedimento amministrativo di accertamento, e che
questa disposizione ne rende più difficile il recupero alla collettività.
Mal si attaglia ad una attività di impresa il richiamo all'art.
42 Cost.; e comunque non è dato comprendere perché la garanzia del processo giurisdizionale davanti al giudice ordinario si verreb
be a porre in contrasto con l'utilità sociale nella contrapposizione ad un accertamento amministrativo.
Esigenze pubblicistiche possono giustificare la sottrazione, al
meno nella prima fase, alla tutela giurisdizionale dei diritti dei
creditori verso l'impresa sottoposta ad amministrazione straordi
naria, ma non è vera la reciproca che la riaffermazione della im
mediata tutela venga in qualche modo a collidere con gli invocati
principi costituzionali, rappresentando all'opposto di per sé il ri
conoscimento della tutela giurisdizionale la «grande regola» che
dà fondamento allo Stato di diritto che vuole garantire «sempre» le posizioni giuridiche soggettive di «tutti». (Omissis)
6. - Nell'enunciare il principio di diritto che costituisce la ratio
decidendi della reiezione del ricorso, si sono volutamente estra
polate le parole che figuravano nelle precedenti decisioni di que ste sezioni unite e portavano a qualificare le vicende del tipo di
quella in esame come ipotesi di difetto temporaneo di giurisdizione. Ritiene infatti il collegio di sottoporre a revisione, soltanto per
quanto attiene all'inquadramento dommatico, il precedente orien
tamento, escludendo che dalle norme applicate restino coinvolte
questioni di giurisdizione nel meccanismo di improponibilità adot
tato dal legislatore, il quale, in aderenza alla formula letterale
adottata, ha riconosciuto semplicemente come condizione di pro
ponibilità sostanziale ed oggettiva di carattere temporaneo dell'a
zione la pendenza dell'accertamento dei crediti da parte dell'amministratore straordinario.
Sembra infatti, che la soluzione adottata possa reggersi senza
bisogno di ricorrere alla categoria del difetto temporaneo giuris
dizionale, di dubbia consistenza dommatica. (Omissis) Il ricorso, essendo risultato privo di giuridico fondamento, de
ve essere rigettato.
Ili
Motivi della decisione. — 1. - L'eccezione di improponibilità attuale della domanda, in relazione all'assoggettamento alla pro cedura di amministrazione straordinaria della società contro cui
sono state fatte valere le pretese creditorie del lavoratore subordi
nato, non è giuridicamente fondata.
È pacifico in giurisprudenza che la domanda proposta nei con
fronti di una impresa messa in liquidazione coatta amministrati
va, ovvero assoggettata all'amministrazione straordinaria (stante
l'equiparazione stabilita dall'art. 1 d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, cosi modificato dalla legge di conversione 3 aprile 1979 n. 95), e diretta ad ottenere l'accertamento ed il soddisfacimento di cre
diti, anteriori o posteriori all'instaurazione di detta procedura, inclusi quelli derivanti da un rapporto di lavoro subordinato, non
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
è proponibile davanti all'autorità giudiziaria ordinaria, trattan
dosi di pretesa da far valere in via amministrativa dinanzi al com
missario liquidatore, salvo restando il successivo intervento del
giudice per eventuali opposizioni ed impugnazioni dello stato pas sivo (cfr. Cass. 23 novembre 1985, n. 5818, Foro it., Rep. 1985, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 50).
Ma è altrettanto sicuro che con riguardo a pretese siffatte, che
si indirizzino contro datori di lavoro sottoposti a liquidazione coatta amministrativa, o ad amministrazione straordinaria, il prin
cipio suddetto non opera nel caso in cui la procedura medesima
si instauri dopo che il credito sia stato riconosciuto da sentenza
non passata in giudicato, trovando applicazione in tale ipotesi l'art. 95, 3° comma, 1. fall., che richiede l'impugnazione di tale
sentenza nei modi ordinari, quale mezzo necessario per contesta
re il credito stesso (Cass. 15 gennaio 1983, n. 329, id., 1983,
I, 654; 17 febbraio 1983, n. 1196, id., Rep. 1983, voce cit., n. 115). Risulta perciò determinante la sequenza temporale degli atti giac
ché al sopravvenire del provvedimento di assoggettamento della
grande impresa in crisi alla procedura di amministrazione straor
dinaria, con conseguente applicazione degli art. 195 ss. 1. fall,
dettati per la liquidazione coatta amministrativa, e specificamen
te, per quel che attiene alla formazione dello stato passivo, del
l'art. 209, in tanto diviene obbligatorio il ricorso al meccanismo
amministrativo ivi previsto per far valere il credito nella procedu ra stessa, in quanto tale credito non sia stato ancora consacrato
in una sentenza, sia pure non passata in cosa giudicata. In effetti un problema di improponibilità attuale della doman
da potrebbe astrattamente porsi quando la procedura speciale è
anteriore al giudizio di primo grado o interviene durante il suo
corso (Cass. 9 gennaio 1973, n. 9, id., 1973, I, 1446), ma non
quando sopravviene dopo l'emanazione di una sentenza da cui
risulta il credito, non passata in giudicato. In tal caso, infatti, l'art. 95, 3° comma, 1. fall, (che per effetto del richiamo dell'art.
52 contenuto nell'art. 201 si applica anche alla liquidazione coat
ta amministrativa) dispone che è necessaria l'impugnazione ove
non si voglia ammettere il credito; impugnazione che si propone
(o prosegue) dinanzi al giudice naturale di essa (in tema di liqui dazione coatta amministrativa, cfr. Cass. 23 luglio 1969, n. 2781,
id., 1970, I, 203; 31 luglio 1969, n. 2907, id., Rep. 1969, voce cit., n. 28; 26 luglio 1971, n. 2487, id., 1972, I, 430; 28 aprile
1976, n. 1502, id., 1976, I, 1477, e, specificamente in tema di
amministrazione straordinaria, Cass. 15 gennaio 1983, n. 329, cit.; 17 febbraio 1983, n. 1196, cit).
2. - A ragione si è evitato di riprendere la locuzione «difetto
temporaneo di giurisdizione», impiegata nelle richiamate senten
ze di questa corte per l'inquadramento del fenomeno della rileva
ta improponibilità, dato che, nell'opinione del collegio, la soluzione
che le sezioni unite intendono ribadire, per sorreggersi ed essere
confermata, non abbisogna del ricorso alla suddetta categoria di
dubbia consistenza dogmatica. Già con riferimento alla fattispecie dell'art. 705 c.p.c. sul di
vieto del cumulo del giudizio petitorio con quello possessorio,
queste sezioni unite, superando un antico ed uniforme orienta
mento giurisprudenziale, hanno negato la inquadrabilità nell'am
bito della categoria del difetto temporaneo di giurisdizione, ravvisandovi un caso tipico di difetto di proponibilità attuale del
l'azione petitoria (Cass. 7 ottobre 1978, n. 4474, id., Rep. 1978, voce Possesso, n. 116; 19 maggio 1982, n. 3086, id., Rep. 1982, voce cit., n. 31; 19 novembre 1985, n. 5679, id., Rep. 1985, voce
cit., n. 55). Gli argomenti all'uopo svolti spiegano efficacia a proposito di
tutte le situazioni di giurisdizione condizionata a determinati adem
pimenti ed a determinate situazioni, in cui cioè, ferma restando
l'attribuzione della controverisa ad un dato giudice, a questo non
è consentito di pronunciare nel merito finché non sia stato rimos
so l'impedimento all'esercizio dell'azione.
Nel caso dell'art. 705 c.p.c. non poteva essere promosso il giu dizio petitorio finché non fosse stato definito quello possessorio. Nel caso del fallimento, e finché esso dura, per ottenere l'accerta
mento ed il soddisfacimento del credito occorre rivolgersi al tri
bunale fallimentare senza che perciò sia stata ipotizzata la carenza
temporanea di giurisdizione del giudice «naturale del rapporto»;
né la conclusione muta rispetto alla liquidazione coatta ammini
strativa, od alla amministrazione straordinaria in cui la fase di
accertamento non ha carattere giurisdizionale, ma amministrati
li. Foro Italiano — 1988.
vo, e potrebbe prima facie sembrare che in effetti sia venuto me
no, per un certo tempo, il tempo di durata appunto della speciale
procedura, la stessa giurisdizione del giudice naturale.
Ma cosi non è. A sostegno delle tesi che porta a ravvisare nel
rapporto fra giudizi ordinari di accertamento dei crediti e proce dimento amministrativo di verifica dei crediti nell'amministrazio
ne straordinaria della grande impresa in crisi una questione di
giurisdizione, non basta semplicisticamente considerare che la im
proponibilità temporanea dell'azione volta a valere i diritti di cre
dito verso l'impresa comporta la sospensione della tutela
giurisdizionale, privando i creditori del potere di azionare il dirit
to obbligatorio, poiché da tale sospensione deriva l'impossibilità
per il giudice di conoscere del merito delle domande per un certo
tempo, senza però che tale carenza si risolva nel difetto, sia pure
temporaneo, nell'attribuzione della giurisdizione. In realtà la po stulata carenza di giurisdizione in ipotesi in cui è vietato al giudi ce di pronunciare nel merito della domanda, finché non si
verifichino certe condizioni positive o negative, non attiene alla
attribuzione del potere che paradigmaticamente gli spetta alla stre
gua delle norme dell'ordinamento, ma all'esercizio di detto pote re che viene ad essere paralizzato per un certo tempo.
Che il giudice ordinario sia il giudice della controversia sui di
ritti di credito è affermazione tanto ovvia e scontata da non ri
chiedere nessuna chiosa. Il giudice ordinario, come giudice di
diritti, è investito istituzionalmente e ab origine della relativa po testà giurisdizionale. Ed invocando l'amministrazione straordina
ria per impedirgli pro tempore di emettere la pronuncia di merito
non si revoca in dubbio la spettanza della giurisdizione, che non
viene ad essere alterata, sul piano della attribuzione astratta, dal
sopravvenire di quella procedura, ma si sostiene, molto più sem
plicemente, che a quel giudice una certa vicenda impedisce di pro nunciare nel merito di una certa causa coinvolgente diritti
soggettivi, finché tale vicenda (pregiudiziale in senso atecnico) non
si esaurisca.
La situazione che è stata inquadrata, con errore di prospettiva, nella categoria del difetto temporaneo di giurisdizione, perché com
portava la temporanea impossibilità per la parte di ottenere dal
giudice, in un determinato contesto, la tutela giurisdizionale di
una posizione giuridica di diritto soggettivo, ed al giudice corre
lativamente di emettere una pronuncia relativa alla consistenza
di quel diritto, si presenta, a ben vedere, paradigmaticamente co
me una condizione di proponibilità sostanziale oggettiva di carat
tere temporaneo dell'azione.
L'azione di credito, rispetto alla quale al giudice ordinario spetta incontrovertibilmente la giurisdizione, non può essere proposta, in quanto sussistono determinate condizioni impeditive speciali,
poste dal legislatore in astratto e non ancora rimosse in concreto.
Se difetto temporaneo vi è, esso va riferito alla tutela giurisdi zionale della parte, ma non certo alla potestà giurisdizionale del
giudice adito che proprio perché munito di giurisdizione sulla si
tuazione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo, deve
dichiarare improponibile la domanda, avendo l'ordinamento san
cito il congelamento della autonoma tutela di quel diritto in co
stanza del procedimento concorsuale.
Costituisce, pertanto, un manifesto paralogismo affermare che
il giudice, privato del potere di pronunciare nel merito per un
certo tempo, sia un giudice carente di giurisdizione, poiché cosi
ragionando si confonde il condizionamento della esperibilità del
l'azione davanti al giudice naturale con il problema di attribuzio
ne della giurisdizione che è insuscettibile, come tale, in se e per
se, di condizionamenti temporali. Ferma la giurisdizione, la vicenda in esame attiene ad una ipo
tesi di improponibilità relativa della domanda, in quanto tempo ralmente circoscritta. Il differimento non riguarda l'attribuzione
della giurisdizione, ma l'esercizio della medesima, corrisponden dovi una modificazione dei termini della tutela giurisdizionale espe ribile.
Concettualmente non appare facile la difesa della nozione di
difetto temporaneo di giurisdizione (di qualsiasi giudice), trattan
dosi di postulare il vuoto giurisdizionale non già di questo o di
quel giudice, ma di qualsiasi giudice in relazione alla pendenza di una causa davanti ad una autorità giurisdizionale che, dopo lo svolgimento ed esaurimento di taluni eventi impeditivi, potrà
pacificamente conoscere del merito della pretesa. La singolarità di un preteso difetto di giurisdizione «tempora
neo» sta in ciò che non si dubita che la domanda avanzata in
giudizio, e riguardante diritti soggettivi, abbia un giudice e che
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
detto giudice sia quello ordinario, data appunto la natura di di
ritto soggettivo delle posizioni giuridiche coinvolte, ma si sostiene
che, poiché la legge non consente di proporre l'azione stessa fino
a quando non sia venuto meno il fatto impeditivo (nella specie
l'accertamento del passivo in via amministrativa da parte del com
missario speciale), la relativa pendenza si presenterebbe come «pre
supposto giurisdizionale», per tale dovendosi intendere qualsiasi
fatto che condiziona l'esercizio dell'attività giurisdizionale «in senso
stretto», poiché il processo si inizia e si svolge anche in difetto
di uno di essi pur non potendo sfociare nella pronuncia di merito.
Cosi' stando le cose la più corretta ricostruzione teorica è quel
la, del resto più vicina alla formula testuale della legge, che vieta
di proporre l'azione per il tempo di svolgimento della vicenda
impeditiva, che esclude la riconducibilità della fattispecie legale
alla giurisdizione, ricorrendo una ipotesi di inproponibilità so
stanziale temporanea dell'azione.
Stante la necessità di ipotizzare la giurisdizione in senso stret
to, per postularne il temporaneo difetto non pare corretto dilata
re il concetto di giurisdizione quando si tratta semplicemente di
negare ingresso alla domanda proposta davanti al giudice dotato
di giurisdizione, operando il suddetto presupposto al limitato scopo
di congelare, parenteticamente, la tutela giurisdizionale perché l'or
dinamento esige che la vicenda di accertamento amministrativo
dei crediti trovi previamente il suo definitivo assetto; il che com
porta non già che nessun giudice sia fornito di giurisdizione per
il tempo di pendenza di tale accertamento, ma che il giudice do
tato di giurisdizione non può esercitarla, in difetto della condi
zione di proponibilità rappresentata da quella pendenza. Mentre
resta fermo il continuum della attribuzione della giurisdizione,
si verifica uno iato nella tendenziale continuità della tutela giuris
dizionale, risultando giustificata questa limitata parentesi dalla
finalità pubblicistica che informa di sé l'istituto dell'amministra
zione straordinaria della grande impresa in crisi (cosi come, più
in generale, la stessa procedura concorsuale).
In conclusione le vicende del tipo di quella in esame non vanno
ricostruite in termini di difetto temporaneo di giurisdizione, e quin
di non devono essere filtrate dal passaggio attraverso le sezioni
unite, mentre gli effetti dell'indirizzo giurisprudenziale restano fer
mi nel senso della improponibilità che impedisce, nei limiti che
sono stati precisati (purché cioè non siano intervenute sentenze
di merito), di proseguire i giudizi riguardanti diritti di credito vantati verso il soggetto sottoposto alla procedura di amministra
zione straordinaria.
3. - Nel caso in esame la s.p.a. Cip 200 è stata posta in ammi
nistrazione straordinaria con d.m. 15 febbraio 1982, pubblicato
in G.U. n. 46 del 17 febbraio 1982, e poiché la sentenza è del
1980 appare evidente da un lato che l'appello non poteva che
essere proposto al tribunale giusta le norme del rito del lavoro
poiché la società all'epoca dell'impugnazione era ancora in bo
nis-, che legittimamente il tribunale ha pronunciato con sentenza
depositata in cancelleria il 31 marzo 1981 e che la sopravvenienza
del provvedimento di sottoposizione all'amministrazione straor
dinaria posteriormente alla notificazione del ricorso non può spie
gare alcun effetto. (Omissis) 7. - In conclusione il ricorso, riaffermata la giurisdizione del
giudice ordinario sulla controversia nonostante il sopravvenuto
assoggettamento della Cip 200 ad amministrazione straordinaria,
va respinto, essendo risultati infondati tutti e tre i motivi in cui
si articola. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 novem
bre 1986, n. 7001; Pres. Antoci, Est. Della Terza, P. M.
Martinelli (conci, conf.); Soc. Elitos (Avv. Marazza, Pilli) c. Guagenti (Avv. Bacci). Cassa Trìb. Firenze 29 ottobre 1981.
Lavoro in materia di navigazione marittima, interna ed aerea —
Rifiuto della prestazione da parte del lavoratore — Licenzia
mento — Legittimità — Criteri di valutazione — Fattispecie
(Cod. nav., art. 913, 916; 1. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui
licenziamenti individuali, art. 1; 1. 20 maggio 1970 n. 300, nor
me sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della liber
tà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento, art. 18).
Il Foro Italiano — 1988.
Lavoro in materia di navigazione marittima, interna ed aerea —
Licenziamento illegittimo — Risarcimento del danno — Criteri
di determinazione — Fattispecie (Cod. civ., art. 2121; cod. nav.,
art. 923; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 18).
La legittimità del licenziamento del comandante di aeromobile,
per rifiuto di adempiere alla prestazione lavorativa di pilotag
gio di elicotteri fondato sulla mancanza del tecnico elicotteri
sta, va valutata in relazione all'esistenza, da accertarsi da parte
del giudice di merito, di un obbligo contrattuale o normativo
(non essendo sufficiente l'esistenza di una prassi in tal senso),
incombente sull'esercente, di formare l'equipaggio con la pre
senza del predetto tecnico. (1)
Nel calcolo del risarcimento dei danni conseguenti al licenziamento
dichiarato illegittimo le mensilità di retribuzione — nel caso
di appartenente alla gente dell'aria cui sia applicabile l'art. 18
dello statuto dei lavoratori — vanno determinate con l'adozio
ne dei criteri previsti dall'art. 923 c. nav. e non dall'art. 2121
c.c. (nella specie, si è escluso che nel calcolo in questione si
debba tener conto della c.d. «indennità di missione» in quanto
non compresa nel concetto di retribuzione adottato da! con
tratto collettivo). (2)
(1) In senso contrario, oltre alle due inedite sentenze intervenute nei
primi due gradi di giudizio, Pret. Firenze 26 novembre 1984 (nella moti
vazione in Foro it., 1986, I, 1696, con nota di richiami), cui si rinvia
anche per la analitica ricostruzione del contenzioso che da anni oppone il comandante Guagenti alla soc. Elitos. Altre tappe edite di questo con
tenzioso sono costituite da Trib. Firenze 20 giugno 1985 (ibid., 1695) e Cass. 3 aprile 1987, n. 3250 (in questo fascicolo, I, 211).
Corte cost. 3 aprile 1987, n. 96, che ha reso applicabili al rapporto di lavoro nautico (non altrettanto sicuramente a quello aeronautico) le
norme limitative dei licenziamenti contenute nelle leggi 604 del 1966 e
300 del 1970, può leggersi in Foro it., 1987, I, 2619, con nota di C.
Brusco, I licenziamenti dei lavoratori marittimi davanti alla Corte costi
tuzionale.
Indipendentemente dall'applicabilità al rapporto di lavoro aeronautico
della citata sentenza della Corte costituzionale, nel caso deciso dalla Cas
sazione ci si trovava in presenza di uno dei (rari) casi in cui la contratta
zione collettiva aveva dato attuazione all'art. 18 dello statuto dei lavoratori
in applicazione dell'art. 35, ultimo comma, della medesima 1. 300/70.
Non si comprende quindi quale significato attribuire all'affermazione,
contenuta nella sentenza, secondo cui la facoltà di comporre l'equipaggio «sbocca nella possibilità di risolvere, in qualunque tempo, il rapporto con il personale di volo, senza che a favore di quest'ultimo possa invo
carsi l'applicazione della 1. n. 604 del 1966, sui licenziamenti individuali,
ovvero lo statuto dei lavoratori».
Di più: i giudici di merito avevano certamente attribuito un'eccessiva
importanza alla prassi aziendale e alle argomentate lamentele del coman
dante Guagenti senza verificare adeguatamente se il tecnico elicotterista
dovesse far parte, per norma di legge o clausola di contratto collettivo,
dell'equipaggio. E giustamente la corte ha preteso che questo accertamen
to venisse invece effettuato. Ma non sarebbe stato necessario che al giudi ce di rinvio venisse rimesso anche l'accertamento se la composizione
dell'equipaggio da parte dell'esercente (in base ai poteri attribuitigli dal
l'art. 896 c. nav.) non confliggesse, nel caso specifico, con i principi di
sicurezza della navigazione anche al fine di contemperare i poteri dell'e
sercente con i doveri gravanti, in base all'art. 889 c. nav., sul comandan
te che, prima della partenza, deve «di persona accertarsi che l'aeromobile
sia . . . convenientemente . . . equipaggiato»?
(2) Non si rinvengono precedenti specifici. Nel senso che il rinvio, operato dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori,
all'art. 2121 c.c., abbia carattere recettizio e non formale (con la conse
guente irrilevanza delle modifiche introdotte con la 1. 31 marzo 1977 n.
91), v. Cass. 4 maggio 1985, n. 2804, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro
(rapporto), n. 2278; Trib. Milano 30 settembre 1982, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 2187. Anche il recente disegno di legge, comunicato alla presidenza del sena
to della repubblica il 17 ottobre 1985, d'iniziativa dei senatori Giugni ed altri sulla «disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi e norme
sul campo di applicazione della 1. 20 maggio 1970 n. 300» (pubblicato
id., 1986, I, 1186), rinvia all'art. 2121 c.c. per la determinazione delle
somme dovute in caso di licenziamento illegittimo ma non fa più riferi
mento al risarcimento del danno bensì' alla retribuzione dovuta portando cosi a definitiva soluzione il problema relativo alla continuità del rappor to tra il momento del recesso e quello in cui viene ordinata la reintegra zione nel posto di lavoro (problema sui cui riflessi previdenziali, v. Corte
cost. 14 gennaio 1986, n. 7, ibid., 1785, con nota di M. D'Antona, Li
cenziamento illegittimo, effetti retributivi della «crisi di funzionalità» deI
rapporto di lavoro e contribuzione previdenziale). L'art. 923 c. nav., a differenza di quanto prevedeva l'art. 325 per la
gente di mare (prima della modifica introdotta con la 1. 19 dicembre 1979
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 12:22:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions