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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 14 maggio...

Date post: 31-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 14 maggio 1987, n. 4442; Pres. Tamburrino, Est. R. Sgroi, P. M. Minetti (concl. conf.); Mencaroni (Avv. Fiorentini) c. Sinagra (Avv. Sinagra, Castaldi). Regolamento preventivo di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 3399/3400-3403/3404 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181560 . Accessed: 24/06/2014 22:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.214 on Tue, 24 Jun 2014 22:21:01 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 14 maggio 1987, n. 4442; Pres. Tamburrino, Est. R. Sgroi, P. M.Minetti (concl. conf.); Mencaroni (Avv. Fiorentini) c. Sinagra (Avv. Sinagra, Castaldi).Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3399/3400-3403/3404Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181560 .

Accessed: 24/06/2014 22:21

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3399 PARTE PRIMA 3400

Si rendeva cosi un pessimo servizio alla celerità della giustizia civile ed

alla effettività della tutela dell'attore che ha ragione.

5. - La ricostruzione effettuata non è in completo accordo con quanto hanno ritenuto le sezioni unite nella sentenza in rassegna, che pure ha

avuto il merito di sovvertire consolidati precedenti, tanto più frenanti

perché resi in tema di giurisdizione (25). Il punto centrale del dissenso

discende dalla considerazione che la Corte di cassazione si è limitata ad

affermare, senza una adeguata argomentazione, che la questione della

esistenza in astratto della tutela giuridica fra privati attiene «certamente

al merito, giammai alla giurisdizione», imperniando tutto il suo discorso

sulla tassatività del rimedio ex art. 41 c.p.c., straordinario ed eccezionale

e quindi non utilizzabile per una ipotesi non espressamente prevista dal

l'art. 37 c.p.c. In tale guisa si è dimenticato che la c.d. improponibilità assoluta fra privati è deducibile in via di eccezione dinanzi al giudice di merito e può condurre alla cassazione senza rinvio ex art. 382, 3°

comma, in sede di ricorso ex art. 360, 1° comma, n. 1, oppure alla rimes

sione al primo giudice ai sensi dell'art. 353, 1° comma, c.p.c.; situazioni

queste in cui le argomentazioni svolte dalla Suprema corte perdono di

pregio. Inoltre la tesi accolta sull'ambito del regolamento non è condivi

sibile (26). L'art. 41 rinvia espressamente all'art. 37 c.p.c. per il semplice motivo che, come si è visto, questo dovrebbe indicare tassativamente le

questioni di giurisdizione: ove mai il legislatore, incoerentemente, avesse

previsto altri casi di difetto di giurisdizione non vi sarebbe motivo di

sottoporli a tutta la relativa disciplina ad eccezione del regolamento. In

altre parole il ricorso ex art. 41 è straordinario ed eccezionale solo rispet to al regime ordinario delle questioni di merito e delle questioni proces suali diverse dalla giurisdizione, ampliandosi invece il novero delle ipotesi di carenza di iurisdictio non può non ampliarsi l'oggetto del regolamen to. La considerazione svolta è confortata — oltre che dalla lettera della

legge, dalla intentio legislatoris e dalla illogicità di una diversa soluzione — anche dalla stessa natura dell'odierno regolamento che i conditores

del 1942, dimenticando la sua origine di privilegio «odioso» per una par

te, ritennero semplice mezzo di economia processuale, generalizzandone

l'applicazione. In conclusione le sezioni unite, prese dalla pur giusta esigenza di cir

coscrivere il pericoloso abuso del regolamento di giurisdizione, che era

stato il campo di elezione della c.d. improponibilità assoluta fra privati, hanno invertito la corretta impostazione del problema, poiché anzitutto

avrebbero dovuto compiutamente analizzare la presunta questione di

giurisdizione in oggetto e solo poi, se del caso, saggiarne la compatibili tà con l'art. 41 c.p.c. Ragionando diversamente non si è corretta nel

senso migliore l'erroneità della precedente impostazione e si è persa una buona occasione per: a) chiarire la problematica del difetto di giuri sdizione nei confronti della pubblica amministrazione per mancanza di

tutela astratta che era spesso accomunato, come si è precisato più volte, alla c.d. improponibilità assoluta fra privati (27); b) riesaminare

traddittorietà: in poche sentenze si è teoricamente ristretta in modo seve rissimo la configurabilità del difetto di potestas iudicandi, a volte in pun to di diritto (ad es. Cass. 23 maggio 1981, n. 3404, cit.), a volte in punto di fatto (ad es. Cass. 23 aprile 1982, n. 2497, Foro it., Rep. 1983, Giuri

sdizione civile, n. 84); in altre decisioni si è parlato di necessaria irrileva bilità prima facie del difetto assoluto di giurisdizione, ammettendosi però l'indagine interpretativa per verificare la esistenza della norma astratta

(e quindi ampliando l'ambito del giudizio di proponibilità). Si tratta evi dentemente di soluzioni artificiose, quasi empiriche, come ben evidenzia la presente pronuncia, a causa della vera natura della questione in ogget to e della difficoltà, anche logica, di graduare l'infondatezza di una do manda. Peraltro, giusta quanto osservato, tali criteri per distinguere l'esistenza in concreto della posizione giuridica tutelabile dalla sussistenza in astratto di essa sono stati formulati anche per le controversie in cui era convenuta la pubblica amministrazione e, quindi, sono candidati a

sopravvivere al mutamento di interpretazione in oggetto. A tacer d'altro essi appaiono ignorare i travagli interpretativi relativi allo specifico art. 386 c.p.c., su cui si veda Cipriani, Il regolamento, cit., 163 ss.

(25) Sul vincolo del precedente in materia di giurisdizione e competen za: Picardi, Appunti sul precedente giudiziale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1985, 206.

(26) L'opinione dominante criticata nel testo è comune sia ad autori

che avallano la c.d. improponibilità assoluta della domanda fra privati (cosi Redenti, Diritto processuale, cit., Ili, 359; Satta, Commentario, cit., I, 174) sia ad autori che confutano l'esistenza di tale ipotesi di difet to di giurisdizione (cfr. retro la nota 18, adde Liebman, Manuale di dirit to processuale civile, Milano, 1972-75, III, n. 335). Bolla come «disputa formale» la questione Cass. 9 maggio 1973, n. 1247, cit., respingendo la tesi prevalente, che è invece accolta dalla giurisprudenza che ritiene la pronuncia di un giudice speciale illegittimamente composto come vizia ta da carenza assoluta di giurisdizione, non rilevabile però ex art. 41

c.p.c.: v. sul punto Franchi, Difetto, cit., 369.

(27) Retro note 5, 17, 19, 24. Sulla valenza dell'orientamento esamina to quando è convenuta la pubblica amministrazione, v. la ampia tratta zione di Caianiello, Lineamenti, cit., 146 ss. Sul difetto di giuris

II Foro Italiano — 1988.

il tema della tassatività o meno dell'art. 37. Sul secondo punto, che è

stato oggetto principale di questa breve analisi e la cui importanza non

è meramente teorica, dovrebbe essere possibile dare una risposta. Probabilmente è corretto ritenere che «alla stregua del diritto positivo

vigente, nella nozione in senso tecnico di giurisdizione, non rientrano tut

te le questioni idoneee ad influire sulla legittimazione del giudice, ma

solo le tre questioni tassativamente elencate nell'art. 37» (28).

Luigi Iannicelli

dizione nei confronti della pubblica amministrazione in generale, v. id., op. cit., 133 ss., e per una interpretazione restrittiva, che appare preferi bile, Andrioli, Diritto processuale, cit., Ili s.

(28) Cosi letteralmente A. Proto Pisani, Regolamento di giurisdizione per mancanza di domanda giudiziale, in Foro it., 1979, I, 2706; concor dano Andrioli, Diritto processuale, cit., 139; Cipriani, Il regolamento, cit., 208. Contra, oltre ovviamente agli autori citati in precedenza, che ammettono il difetto assoluto di giurisdizione per mancanza di tutela astrat ta fra privati, Liebman, op. loc. ult. cit. (che considera casi di difetto di giurisdizione, peraltro non sollevabili con il regolamento, i vizi della sentenza di extra o ultrapetizione, omissione di pronuncia e violazione di giudicato); la giurisprudenza relativa alla pronuncia di un giudice spe ciale illegittimamente composto, citata alla nota precendente; l'orienta mento che vede un difetto temporaneo di giurisdizione nella mancanza nella fattispecie dedotta in giudizio di presupposti considerati necessari

per l'esercizio della funzione giurisdizionale (cosi Carnelutti, Sulla com

petenza a disporre la sospensione del processo, in Riv. dir. proc., 1954, II, 122); la giurisprudenza sulle domande proposte durante la sospensione del processo ex art. 367 c.p.c. riportata e criticata da Cipriani, op. cit., 263 ss.; la giurisprudenza che ha ritenuto carente di giurisdizione un giu dice speciale ricusato: Cass. 15 febbraio 1949, n. 248, Foro it., 1950, I, 448, con nota di Montesano). Peraltro, ammessa la tassatività del l'art. 37, residua sempre lo spazio per una interpretazione estensiva: am

pliando il concetto di giudice speciale potrebbero ritenersi correttamente

questioni di giurisdizione (da assoggettare a tutto il peculiare regime pro cessuale previsto dal codice e quindi anche all'art. 41 c.p.c.): 1) i limiti del giudice ordinario nell'esaminare la questione di legittimità costituzio

nale, rispetto alle competenze della Corte costituzionale; 2) i limiti del

giudice ordinario rispetto alla competenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (cosi Flore, Giurisdizione, cit., 313, in nota; contra, Cipriani, op. cit., 298, in nota); ciò a prescindere dalla peculiarità del limite alla giurisdizione italiana nei confronti dell'ordinamento canonico in relazione all'annullamento del matrimonio concordatario.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 mag

gio 1987, n. 4442; Pres. Tamburrino, Est. R. Sgroi, P. M.

Minetti (conci, conf.); Mencaroni (Avv. Fiorentini) c. Sina

gra (Aw. Sinagra, Castaldi). Regolamento preventivo di giu

risdizione.

Giurisdizione civile — Regolamento preventivo — Ammissibilità — Fattispecie.

Giustizia amministrativa — Fondazione privata — Revoca di ri

conoscimento — Ricorso — Giurisdizione amministrativa —

Fattispecie (Cod. civ., art. 12; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 29; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 7; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.

1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 14).

Non è inammissibile per difetto di interesse il ricorso per regola mento preventivo di giurisdizione, proposto da chi aveva impu

gnato una deliberazione regionale adendo correttamente il giudice

amministrativo, in seguito ad eccezione di difetto di giurisdi zione sollevata in quella sede dall'amministrazione resistente,

secondo cui le censure dedotte avrebbero sconfinato nel meri

to, se la valutazione della materia, relativa al discrimine tra

giurisdizione amministrativa di sola legittimità e giurisdizione amministrativa estesa al merito, richieda un esame approfondi

to, e non solo una delibazione appena sommaria. (1)

(1-2) Non constano precedenti editi in termini.

I. - La prima massima pone il problema della (eventuale) inammissibi lità di un ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione per difetto di interesse, nell'ipotesi in cui la parte proponente il ricorso sia la stessa

che ha inizialmente proposto anche la controversia.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Impugnata davanti al giudice amministrativo la revoca da parte

della regione del precedente riconoscimento di una fondazione come persona giuridica privata, anche se quel giudice in tale

materia non dispone di giurisdizione estesa al merito, non di

fetta di giurisdizione sui motivi dedotti nel ricorso, concernenti

vizi dell'atto di violazione di legge e di eccesso di potere per

carenza ed erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, di

fetto di motivazione e perplessità. (2)

Motivi della decisione. — Col ricorso per regolamento preven tivo di giurisdizione, mons. Gaetano Mencaroni espone che egli, in qualità di esecutore testamentario del defunto mons. Egidio Del Corpo che, con testamento olografo del 21 marzo 1974 aveva

disposto di destinare quasi tutti i suoi beni alla «fondazione mons.

Egidio Del Corpo», aveva chiesto alla regione Molise il suo rico

noscimento ai sensi dell'art. 12 c.c. e del d.p.r. n. 616 del 1977,

art. 14. La giunta regionale, con delibera n. 3845 del 26 settem

bre 1980 aveva statuito il riconoscimento, come persona giuridica

privata, della suddetta fondazione, ma con diffida del 15 novem

bre 1980 l'avv. Mario Sinagra aveva comunicato l'esistenza di

un altro testamento del 28 ottobre 1979 che revocava quello pre

cedente e lo istituiva unico erede, nonché la pendenza di un giu dizio civile da lui promosso per conseguire la restituzione dei beni

ereditari relitti. La giunta regionale, con delibera 5233 del 12 di

cembre 1980 aveva revocato quella precedente, ma a seguito di

un'istanza del Mencaroni, con delibera n. 130 del 20 gennaio 1983

aveva nuovamente confermato il riconoscimento della fondazione.

In senso conforme al principio che anche la parte che ha adito il giudi ce può esperire il regolamento preventivo di giurisdizione, nell'ipotesi in

cui abbia un interesse concreto ed attuale a sentire definita la questione di giurisdizione, cfr. Cass. 17 novembre 1984, n. 5836, Foro it., Rep.

1984, voce Giurisdizione civile, n. 129; 15 febbraio 1979, n. 982, id.,

1979, I, 616. Nel senso più generale, che il rimedio giurisdizionale in

oggetto è proponibile da ciascuna delle parti del giudizio, e quindi anche

dalla parte attrice: Cass. 6 aprile 1983, n. 2440, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 116; 15 novembre 1983, n. 6774, ibid., n. 148; 29 aprile 1981, n. 2600, id., 1981, I, 2961, con nota di richiami.

In senso conforme all'esperibilità del regolamento all'interno della giu risdizione amministrativa, cfr. Cass. 12 aprile 1980, n. 2325, id., Rep.

1980, voce Giustizia amministrativa, n. 69; 2 febbraio 1977, n. 456, id.,

Rep. 1977, voce cit., n. 77; 2 febbraio 1976, n. 327, id., Rep. 1976, voce cit., n. 2066; 24 maggio 1975, n. 2099, id., Rep. 1975 voce cit., n. 144, citate nella motivazione della sentenza in rassegna.

Da notare che la Suprema corte, anche nel caso de quo, continua il

suo attento esame dei regolamenti preventivi ad essa sottoposti, per evita

re usi distorti del rimedio.

Su tale profilo, da ultimo, cfr. Cass., sez. un., 6 aprile 1987, n. 3306,

id., 1987, I, 2071, con nota di richiami, la quale ha statuito che deve

condannarsi al risarcimento dei danni (per responsabilità processuale ag

gravata) ed alle spese la parte che propone un regolamento preventivo di giurisdizione ad evidenti fini dilatori.

II. - Della seconda massima rileva il profilo della differenza fra il rico

noscimento di una persona giuridica privata (nella specie una fondazione) e quello di un'istituzione pubblica di assistenza e beneficenza. In partico lare il problema emerge in riferimento al tipo di giurisdizione che ha

il giudice amministrativo nei casi in cui il riconoscimento viene impugna

to, dal momento che l'impugnativa del riconoscimento di un ente privato determina la (consueta) giurisdizione di legittimità, mentre quello di un'I

pab permette una giurisdizione esclusiva estesa anche al merito, ex art.

7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034.

Riguardo la differenziazione, e secondo un approccio sostanziale, rile

va la considerazione di massima che mediante il riconoscimento un ente

privato assume personalità giuridica, mentre un'Ipab viene considerata

come istituto attivo anche nell'interesse dello Stato, dal momento che

diviene ente pubblico: Cass. 5 gennaio 1983, n. 52, id., Rep. 1983, voce

Edilizia popolare ed economica, n. 21, commentata da Caridi, Rassegna della giurisprudenza della Suprema corte di cassazione de! 1983 in mate

ria di assistenza e beneficenza «pubblica» e «privata», in Dir. eccles.,

1985, II, 216, spec. 226.

Conferma di massima del principio di cui sopra si può leggere in Cons.

Stato, sez. IV, 16 maggio 1985, n. 189, Foro it., 1986, III, 128, con

nota di richiami di G.M. Saracco.

Sui profili e problemi del riconoscimento di una persona giuridica pri

vata, cfr. in generale: Galgano, Persone giuridiche, in Commentario Scia

loja - Branca, Bologna-Roma, 1969, 121 ss.; Rescigno, Negozio privato di fondazione ed atto amministrativo di riconoscimento (nota a Cass., sez. un., 29 febbraio 1968, n. 654 Foro it., 1968, I, 913), in Giur. it.

1968, I, 1, 1353.

Il Foro Italiano — 1988.

A seguito di ulteriori doglianze dell'aw. Sinagra, la giunta re

gionale aveva revocato la deliberazione precedente, rilevando che

nel contrasto di pareri e di posizioni pareva opportuno conoscere

l'esito definitivo del giudizio al quale ispirarsi per l'emanazione

del provvedimento. Avverso detto provvedimento di revoca del

29 aprile 1983 il Mencaroni aveva proposto ricorso per annulla

melo al T.A.R. del Molise ed in tale sede si era costituita la re

gione Molise, eccependo la «carenza di giurisdizione» del T.A.R.

perché le censure del ricorso sconfinavano nel merito.

Il Mencaroni deduce che, a seguito di tale eccezione, è suo

interesse ottenere una statuizione sulla giurisdizione, rilevando che

la regione sostiene che, vertendosi nel campo di determinate scel

te amministrative, non sarebbe consentita al giudice amministra

tivo la valutazione dell'opportunità e convenienza di tali scelte,

ed opponendo che il ricorrente tende ad ottenere il sindacato giu risdizionale sull'illegittimità della revoca del riconoscimento, di

sposta senza una nuova ponderazione per modifiche della

situazione di fatto e di diritto e senza tener conto di uno specifico interesse pubblico a produrre la vanificazione degli effetti dell'at

to originario di riconoscimento. Osserva ancora che la giunta re

gionale ha fatto riferimento al giudizio civile sull'eredità, pendente innanzi al Tribunale di Roma, senza assumerlo come elemento

determinante per la decisione e senza considerare che tale circo

stanza era stata già oggetto di valutazione nella delibera di rico

noscimento, sicché non sussisteva il presupposto del mutamento

della situazione di fatto e di diritto che legittimava la revoca.

Il ricorrente sottolinea che nel ricorso al T.A.R. sono stati de

dotti i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto il

duplice profilo della carenza ed erroneità dei presupposti e del

difetto di motivazione e che la suddetta impugnazione non com

porta alcun giudizio diretto sull'opportunità o sulla convenienza

dell'adottato provvedimento di revoca.

Il ricorrente conclude chiedendo che queste sezioni unite di

chiarino la giurisdizione del T.A.R.

La corte rileva che deve prelimininarmente occuparsi delle ec

cezioni di inammissibilità del regolamento preventivo sollevate dal

l'aw. Sinagra. (Omissis) c) Secondo il Sinagra non esiste una questione di giurisdizione,

perché la regione (che, del resto, aveva rinunciato all'eccezione

già mossa nel resistere al ricorso, in sede di udienza dinanzi al

T.A.R.) aveva semplicemente dedotto l'inammissibilità dei moti

vi del ricorso del Mencaroni, in quanto sconfinanti nel merito,

e perché non vi è dubbio sulla giurisdizione del T.A.R.; né que

sto dubbio può avere ragionevolezza. Anche la suddetta eccezione è infondata perché per esaminarla

occorre esaminare funditus la questione di giurisdizione, mentre

di inammissibilità del regolamento preventivo (per difetto di inte

resse) si può parlare soltanto quando, alla stregua della natura

della controversia e delle deduzioni del convenuto, non sia profi

labile l'eventualità di una declinatoria di giurisdizione del giudice adito dalla parte che ha proposto il regolamento (sez. un. 17 no

vembre 1984, n. 5836, Foro it., Rep. 1984, voce Giurisdizione

civile, n. 129). Questo giudizio preliminare di insussistenza del

l'interesse deve, però, dipendere da una delibazione appena som

maria della natura della causa, che non consenta il minimo

riferimento alla questione di giurisdizione, cosi come prospettata.

Per fare un esempio, se nel presente giudizio si fosse profilata la questione di giurisdizione sotto il profilo del discrimine fra

la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice

ordinario, è evidente che la manifesta estraneità a quest'ultima

della impugnativa del decreto della giunta regionale, avrebbe reso

inammissibile il ricorso, perché rivolto a sciogliere un dubbio pri

vo assolutamente di un minimo di serietà. Nella fattispecie la si

tuazione è diversa, perché è necessaria un'indagine sia sui testi

legislativi che sul contenuto del ricorso, in quanto la questione

che viene fatta riguarda il discrimine fra la giurisdizione generale

di legittimità del giudice amministrativo e la giurisdizione «anche

di merito» del giudice stesso. È giurisprudenza costante di questo

collegio che anche le questioni suddette rientrano nell'ambito di

quello di giurisdizione, e quindi possono formare oggetto di un

ricorso per regolamemto preventivo, ex art. 41 e 37 c.p.c. (Gass.

29 febbraio 1960, n. 396, id., 1960, I, 579; 12 aprile 1980, n. 2325, id., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa, n. 69; 2 feb

braio 1976, n. 327, id., Rep. 1976, voce cit., n. 2066; 24 maggio

1975, n. 2099, id., Rep. 1975, voce Giurisdizione civile, n. 144, in tema di ricorsi ex art. 362 c.p.c., attinenti alla giurisdizione;

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3403 PARTE PRIMA 3404

st'ultima censura non sconfina nella diretta valutazione della con

venienza dell'atto, perché essa non riguarda il suo contenuto

concreto (appartenente alla discrezionalità, e cioè allo spazio di

valutazione riservato alla pubblica amministrazione), né si chiede

che il giudizio amministrativo compia una autonoma e diretta

valutazione degli interessi predetti; ma ci si limita ad esaminare

l'atto dall'esterno, senza fare un raffronto con una diversa scel

ta, e cioè senza entrare nel merito della valutazione stessa. La

deficienza della ponderazione degli interessi è denunciata come

sintomo dell'uso scorretto del potere amministrativo discreziona

le e quindi si mantiene nell'ambito dell'impugnazione di legittimità.

Concludendo, si deve dichiarare la giurisdizione di legittimità

del giudice amministrativo sul ricorso del 25-27 giugno 1983 del

Mencaroni.

Cass. 2 febbraio 1977, n. 456, id., Rep. 1977, voce Giustizia am

ministrativa, n. 77, in tema di indagini sui presupposti di fatto

del provvedimento impugnato).

Pertanto, occorre procedere alla suddetta indagine. Sotto il pro

filo della normativa, è appena necessario ricordare che la giuris

dizione esclusiva del giudice amministrativo (estesa anche al merito,

ai sensi dell'ultimo comma) di cui all'art. 29, n. 2, t.u. 26 giugno

1924 n. 1054, richiamato, sempre con l'attribuzione di giurisdi

zione di merito, dall'ultimo comma dell'art. 7 1. 6 dicembre 1971

n. 1034, riguarda i ricorsi contro i powedimenti che autorizzano

o negano la fondazione di istituzioni pubbliche di beneficenza

o di istituzione pubbliche di istruzione e di educazione (cfr. Cass.

10 luglio 1984, n. 4024, id., 1985, I, 518) e quindi non può appli carsi nella presente causa, che riguarda il riconoscimento o meno

di una fondazione privata. Pertanto, il T.A.R. è munito della

giurisdizione generale di legittimità, ai sensi degli art. 2 e 4 legge

citata.

Il ricorso del Mencaroni al T.A.R. deduce censure che non

decampano affatto dalla suddetta giurisdizione di legittimità; esse

riguardano, infatti, vizi di violazione di legge e di eccesso di po

tere per carenza ed erroneità dei presupposti, travisamento dei

fatti, difetto di motivazione e perplessità, sotto i seguenti profili:

a) carenza del presupposto di legittimità della revoca d'ufficio,

che può essere disposta solo in base ad una nuova ponderazione

a seguito di modifiche della situazione di fatto e di diritto, tenuto

conto di uno specifico interesse pubblico a produrre la vanifica

zione degli effetti dell'atto originario, in quanto i suddetti ele

menti o mancano del tutto o non sono evidenziati nel

provvedimento, sia perché l'amministrazione aveva già provvedu

to sul riconoscimento della fondazione, sia perché la pendenza

del giudizio civile sull'eredità Del Corpo era stata già valutata

nella delibera revocata: b) mancanza di ogni motivazione sul pub

blico interesse specifico in base al quale fondare la valutazione

di nuove e diverse esigenze da soddisfare con la revoca: c) man

canza di valutazione comparativa del presunto interesse pubblico,

in relazione al sacrificio dell'interesse privato inciso con l'atto

impugnato; d) eccesso di potere per difetto di motivazione, in

quanto non viene fatta parola del contenuto del giudizio civile,

assunto come determinante per la decisione assunta.

Le suddette censure non attengono al merito, nel senso in cui

se ne parla per definire la giurisdizione amministrativa di merito,

in quanto con esse non si lamenta la mancata rispondenza del

l'atto impugnato alle norme extra giuridiche di opportunità, che

l'amministrazione deve osservare nell'esercizio della sua discre

zionalità tecnica ed amministrativa, né si chiede che il giudice

amministrativo compia direttamente e con efficacia vincolante ed

immediata, gli apprezzamenti demandati all'amministrazione pub

blica (cfr. Cass. n. 2325 del 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n.

69). Invero, la deduzione della carenza dei presupposti investe

l'atto che venga emanato senza che siano presenti le condizioni

(di fatto o di diritto) alla presenza delle quali è subordinato il

legittimo esercizio del potere. Si tratta di una figura di eccesso

di potere, quando con esso si fa valere lo sviamento di potere,

salvo che il difetto di potere non dia luogo addirittura a «carenza

del potere» con conseguente illegittimità dell'atto. Il ricorrente

non contesta la valutazione in concreto (e discrezionale) dei pre

supposti della revoca, ma contesta che essi esistano o siano mani

festati nell'atto. Sotto il primo profilo, non pretende di far valutare

un determinato interesse come interesse «pubblico», ma invoca

la necessità che l'atto contenga il riferimento ad un interesse che,

nell'apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione,

sia ritenuto pubblico, e quindi sollecita il controllo del giudice

amministrativo sulla mera legittimità dell'esercizio del potere, che

«deve» fare riferimento ad un pubblico interesse. Sotto il secon

do profilo, deduce un vizio di motivazione, e cioè la mancata

o inadeguata esternazione delle ragioni del provvedimento, e quindi

un vizio di eccesso di potere (salvo che la motivazione non sia

considerata necessaria e quindi elemento o requisito di legittimità

dell'atto di revoca). I medesimi rilievi possono essere ripetuti per le altre censure,

con le quali non si deduce l'inopportunità o la non convenienza

dell'atto, ma si deducono vizi sintomatici dell'eccesso di potere,

per l'erronea o difettosa motivazione circa il presupposto di fatto

preso a base del provvedimento, nonché circa la ponderazione

comparativa degli interessi in giuoco, incisi dall'atto. Anche que

ir, Foro Italiano — 1988.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 mar

zo 1987, n. 2637; Pres. Cusani, Est. Rocchi, P. M. Fabi (conci,

conf.); Pappalardo (Aw, Doria) c. Comune di Napoli (Avv.

Peccerillo) e Esattoria comunale di Napoli (Aw. Ermetes).

Conferma Trib. Napoli 29 settembre 1982.

Riscossione delle imposte — Terzo acquirente di immobile grava to da privilegio speciale — Esecuzione esattoriale — Opposi

zione — Giudice ordinario — Difetto di giurisdizione (Cod.

proc. civ., art. 615, 618; r.d. 14 settembre 1931 n. 1175, t.u.

per la finanza locale, art. 285, 295; 1. 5 marzo 1963 n. 246,

istituzione di una imposta sugli incrementi di valore delle aree

fabbricabili; modificazioni al t.u. per la finanza locale 14 set

tembre 1931 n. 1175 e al r.d. 28 novembre 1938 n. 2000, con

vertito nella 1. 2 giugno 1939 n. 739, art. 21; d.p.r. 29 settembre.

1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul red

dito, art. 52, 53, 54). Riscossione delle imposte — Terzo acquirente di immobile grava

to da privilegio speciale — Esecuzione esattoriale — Opposi

zione — Esclusione — Ricorso all'intendente di finanza —

Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 615, 618; r.d. 14 settembre

1931 n. 1175, art. 285, 295; 1. 5 marzo 1963 n. 246, art. 21;

d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, art. 52, 53, 54).

Il giudice ordinario difetta di giurisdizione in ordine alla doman

da di opposizione all'esecuzione esattoriale e di sospensione della

stessa proposta dal terzo acquirente di immobile gravato dal

privilegio speciale in favore dell'erario. (1)

Il terzo acquirente di immobile gravato dal privilegio speciale fi

scale non può avvalersi, contro l'esecuzione esattoriale, delle

opposizioni di cui agli art. 615 e 618 c.p.c., ma può solo pro

porre ricorso all'intendente dì finanza ai sensi degli art. 53 e

54 d.p.r. 602/73, in quanto non è «terzo estraneo» al debito

d'imposta ed alla relativa esecuzione ai sensi e per gli effetti

di cui all'art. 52 d.p.r. 602/73. (2)

(1-2) I. - La Cassazione prosegue nell'opera di inquadramento nell'am

bito della giurisdizione tributaria di tutte le controversie comunque atti

nenti al rapporto di imposta ed alla relativa attività di riscossione, con

la eliminazione di ogni ipotesi di competenza residuale delle altre giurisdi zioni: sul punto v., esplicitamente, sent. 3 febbraio 1986, n. 661, Foro

it., 1986, I, 1898, nonché, da ultimo, sent. 20 gennaio 1987, n. 461, id.,

1987, I, 1368 (in punto di sospendibilità dell'esecuzione fiscale), e, ancor

più rilevante, sent. 24 febbraio 1987, n. 1948, ibid., 1426, con nota di

richiami e osservazioni di G. Albenzio, cui adde Comm. trib. centrale

18 gennaio 1986, n. 248, id., Rep. 1986, voce Tributi in genere, n. 781,

per l'affermazione degli stessi principi di Cass. 1948/87. In materia si segnala il contrario avviso di Comm. trib. centrale 14

dicembre 1984, n. 10824, id., Rep. 1985, voce cit., n. 704, che esclude

la competenza delle commissioni tributarie per le questioni inerenti la

procedura di riscossione dei crediti erariali nei confronti del terzo assog

gettato al privilegio ex art. 45 d.p.r. 637/72.

II. - Resta ancora irrisolto, invece, il nodo di una piena ed efficace

tutela giustiziale a favore dei «terzi» assoggettati alla esecuzione esatto

riale senza essere debitori o condebitori di imposta, soprattutto nella pro

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