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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 25 marzo 1988,...

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sezioni unite civili; sentenza 25 marzo 1988, n. 2580; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Lipari, P.M. Paolucci (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amato) c. Disco. Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2971/2972-2975/2976 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181491 . Accessed: 28/06/2014 07:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.234 on Sat, 28 Jun 2014 07:44:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 25 marzo 1988, n. 2580; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Lipari,P.M. Paolucci (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amato) c. Disco. Regolamento digiurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2971/2972-2975/2976Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181491 .

Accessed: 28/06/2014 07:44

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2971 PARTE PRIMA 2972

deve trattarsi di un diritto al pagamento del prezzo, che condizio

na l'acquisto della proprietà della cosa, dato che l'obbligazione del compratore è rimasta in vita.

La dottrina contraria contesta che il debitore principale (nella sua veste di acquirente che non ha pagato il prezzo, pagato inve

ce dal fideiussore) possa perdere la proprietà della cosa, in forza

della risoluzione per inadempimento, perché tale proprietà nel caso

di contratto traslativo (con effetti reali) era stata già acquistata dal debitore-compratore; da tale premessa inferisce che al surro

gato non appartiene l'azione di risoluzione contrattuale per ina

dempimento (che avrebbe potuto appartenere al creditore

principale-venditore). Ammessa l'esattezza della tesi, essa non può

però essere invocata quando la perdita della proprietà del bene

non è l'effetto del vittorioso esercizio dell'azione di risoluzione

perché il bene non era stato mai acquistato, stante la riserva di

proprietà in favore del venditore fino al pagamento dell'ultima

rata. Né si può ammettere che tale acquisto sia l'effetto del paga mento delle rate da parte del terzo, perché costui è surrogato nel diritto a pretendere il prezzo, non essendovi ostacoli di carat

tere formale, stante l'oggetto del contratto (cose mobili non regi

strate, in quanto vetture nuove non iscritte al Pra). Le considerazioni fatte sono sufficienti per contestare la tesi

del ricorrente; ma vi è di più, con riguardo alla fattispecie. Il

surrogato, infatti, ha acquistato quel diritto quando l'azione di

risoluzione ex art. 1526 c.c. era stata già esperita (ma non ancora

accolta in primo grado). Il surrogato può chiedere l'adempimen to se questo è possibile secondo le regole generali: se, invece, al momento della surrogazione l'adempimento non può più esse

re né chiesto né eseguito, deve regolarsi la situazione possessoria relativa alla cosa la quale non può restare senza titolo in capo al compratore inadempiente (art. 1526 c.c.). La risoluzione ex

art. 1526 non ha l'effetto di fare ritornare la proprietà al vendi

tore, ma è anzi fondata sul persistente diritto di proprietà di lui

ed obbliga il compratore alla restituzione della cosa, tanto è vero

che è stata definita come una «rivendica». Nella specie, l'azione

di risoluzione era stata esperita dal venditore prima del pagamen to da parte del fideiussore e della surrogazione di costui. Tale

circostanza è essenziale e, nel processo che continua col venditore

(ex art. Ili c.p.c.) può essere fatta valere nell'interesse del fi

deiussore. L'art. 1453, 2° comma, c.c. dispone che non può chie

dersi l'adempimento, quando è stata demandata la risoluzione

(Cass. 23 novembre 1979, n. 6134, id., Rep. 1979, voce Contrat

to in genere, n. 305), con la conseguenza che il potere di chiedere

l'adempimento non aspettava più al fideiussore surrogato, che

aveva necessariamente soltanto il diritto di chiedere la risoluzione

(salvi diversi accordi col compratore, nella specie inesistenti, co

me risulterà da quanto si dirà in sub B). D'altra parte, secondo l'art. 1453, ultimo comma, c.c. dalla

data della domanda fondata di risoluzione l'inadempiente non

può più adempiere la propria obbligazione (v. Cass. 10 gennaio

1980, n. 220, id., Rep. 1980, voce cit., n. 287; 22 settembre 1981, n. 5172, id., Rep. 1981, voce cit., n. 286) e tale divieto a carico

del debitore, in quanto si presenta come un diritto già entrato

nel patrimonio del venditore compreso nella surrogazione del fi

deiussore (che può avvalersi), è un diritto incompatibile con quel la completa esecuzione del contratto (mediante il pagamento delle

rate ed il contestuale acquisto della proprietà in capo al compra

tore) che il ricorrente sostiene essersi verificato. La tesi del ricor

rente parte dalla premessa (v. infra sub B) indimostrata che la

Socor non abbia voluto avvalersi dei diritti della Renault, nello

stato processuale in cui si trovavano, in quanto subentrante al

titolo derivativo e, limitando l'obbligo del debitore a quello di

pagare al nuovo creditore una somma equivalente alle rate di prez zo non pagate, disconosce l'essenza dell'istituto.

In effetti, questa tesi sembra il presupposto dell'affermanzione

della corte d'appello secondo cui la Socor «ha il diritto di insi

nuare e chiedere l'ammissione al passivo del suo credito». Ma — a parte il fatto che si ammette che l'insinuazione del fallimen

to del credito per residue rate di prezzo non preclude l'istanza

di restituzione della cosa (Cass. 17 maggio 1966, n. 1249, cit.; 10 agosto 1966, n. 2179, cit.; 4 giugno 1983, n. 3803, cit.), si

osserva che la frase citata non fa parte essenziale del decisum

ed è una semplice osservazione incidentale, per la sua contraddi

zione col contesto della decisione fondamentale, nel senso che

la proprietà dei veicoli non era passata alla soc. Automirage e

che restava in piedi il giudizio di risoluzione del contratto, ai

fini della restituzione dei veicoli stessi (art. 1526 e 1453 c.c.),

11 Foro Italiano — 1988.

con un giudicato opponibile al fallimento (art. 103 e 95, 3° com

ma, 1. fall.). B) Il secondo aspetto del motivo concerne il mancato esame

dell'atto con cui la Renault si era impegnata a cancellare il seque

stro, rinunciando al giudizio e l'Automirage si impegnava a ven

dere le vetture ed a versare i prezzi incassati alla Socor, tramite

la Renault.

Il collegio osserva che la corte d'appello non ha esaminato il

documento prodotto, evidentemente ritenendo assorbito dalla de

cisione ed irrilevante perché si trattava di uno schema di accordo

mai divenuto efficace (come ammette lo stesso ricorrente). In ef

fetti, l'omissione dell'esame non concerne un punto decisivo (art.

360, n. 5, c.p.c.), perché è tale soltanto quello la cui presa in

esame può condurre ad una decisione diversa (Cass. 2 febbraio

1982, n. 625, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 128, fra

le molte conformi). Nella specie, invece, l'esame del documento

avrebbe necessariamente portato alla conferma della decisione.

A parte il fatto che la validità dell'accordo era subordinata alla

consegna entro il 31 ottobre 1980 (otto giorni dopo la sua reda

zione) da parte della soc. Automirage alla Socor di una polizza assicurativa del credito per la somma di lire 146.000.000, con

scadenza 31 marzo 1981, e cioè ad una prestazione di una garan zia che lo stesso ricorrente ammette che non è stata prestata, per cui l'accordo non era operativo fra le parti, si osserva che da

esso poteva dimostrarsi una volontà Imitatrice delle parti, nel

senso che la surrogazione era limitata soltanto al credito e non

nel patto di riservato dominio e nell'azione di risoluzione. Ma

ciò significava necessariamente che, per poter derogare a quelli che erano gli effetti legali della surrogazione, sarebbe stata neces

saria un'ulteriore manifestazione di volontà delle parti ed un loro

accordo limitativo di quegli effetti, avente per contenuto la ri

nuncia al sequestro ed alla causa di risoluzione.

Poiché si può rinunciare solo ad un diritto di cui si è titolari

è evidente che il programmato accordo (mai divenuto efficace,

per difetto di quella garanzia assicurativa che era rivolta appunto a sostituire la sicurezza derivante alla Socor dalla causa in corso,

come ha notato la controricorrente) presupponeva che esistevano

il diritto di proprietà della Reanult ed il suo diritto alla risoluzio

ne: diritti che, in difetto di efficacia della rinuncia, restavano

in piedi, per cui era evidente che la surrogazione della Socor nei

suddetti diritti era già avvenuta. Le parti erano libere di regolare diversamente dalla legge quei diritti, ma il ricorrente non ha mai

dedotto elementi di fatto per dimostrare il venire in essere della

condizione a cui gli accordi derogatori erano subordinati, per cui

la surrogazione della Socor doveva delinearsi secondo la legge, in tutta la sua estensione.

Concludendo, il fatto — la cui mancata considerazione viene

censurata — avrebbe portato logicamente a rafforzare la decisio

ne impugnata, per cui la censura sotto il profilo di cui all'art.

360, n. 5. è infondata.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 25 mar

zo 1988, n. 2580; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Lipari, P.M. Paolucci (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato

D'Amato) c. Disco. Regolamento di giurisdizione.

Istruzione preventiva — Accertamento tecnico «ante causam» —

Giudizio di merito di competenza delle commissioni tributarie — Giurisdizione ordinaria — Esclusione — Fattispecie (Cod.

proc. civ., art. 41, 696, 697).

Il giudice ordinario non può disporre un accertamento tecnico

preventivo che sia strumentale ad un giudizio di competenza delle commissioni tributarie (nella specie, l'accertamento tecni

co mirava a far verificare la reale consistenza delle merci esi

stenti nei locali dell'impresa ricorrente, in vista di un'eventuale,

successiva controversia tributaria in materia di imposte sul va

lore aggiunto e sul reddito). (1)

(1) Giurisprudenza costante: con specifico riguardo all'ipotesi in cui il giudizio di merito appartenga alla competenza delle commissioni tribu

tarie, v. Cass. 6 luglio 1979, n. 3877, Foro it., Rep. 1979, voce Istruzione

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. —Antonio Disco, nella qualità di

titolare della ditta Disco Arredamento, con ricorso 8 marzo 1980, diretto al Pretore di Siracusa, premesso che nei locali della ditta

erano in corso verifiche del nucleo di polizia tributaria di Siracu

sa ai fini dell'accertamento in materia di Iva e di imposta sul

reddito, e che esso ricorrente aveva interesse all'accertamento della

reale consistenza e giacenza di tutta la merce all'interno dei locali

della ditta e dei relativi depositi, in vista di un eventuale giudizio nei confronti dell'amministrazione delle finanze, chiedeva che fosse

disposto un accertamento tecnico preventivo. Il Pretore di Siracusa provvedeva nel senso richiesto con decre

to inaudita altera parte. L'amministrazione delle finanze dello Stato ha proposto ricor

so per regolamento preventivo di giurisdizione con unico motivo

deducendo a) l'accertamento di imposta costituisce oggetto di una

specifica attività amministrativa, attribuita esclusivamente alla am

ministrazione finanziaria; b) l'accertamento tecnico preventivo (co me ha avuto occasione di affermare la Suprema corte) può essere

disposto solo con riferimento ad un giudizio da svolgersi davanti

al giudice ordinario, mentre le controversie in tema di imposte in genere sono devolute alla cognizione delle commissioni tribu

tarie. Sotto entrambi tali profili pertanto, l'a.g.o. nella specie era carente di giurisdizione. Il Disco non ha svolto attività di

fensiva.

Motivi della decisione. — 1. Il ricorso per regolamento preven tivo di giurisdizione, ammissibile in rito, è fondato nel merito

laddove contesta la giurisdizione del giudice ordinario a conosce

re di un accertamento tecnico preventivo correlato ad una con

troversia da incardinare davanti ad un giudice speciale (commissioni

tributarie). In relazione alla pendenza di procedimento di accertamento tec

nico preventivo, come in genere dei procedimenti di istruzione

preventiva, è esperibile il ricorso per regolamento di giurisdizio

ne, a norma dell'art. 41 c.p.c., stante la natura giurisdizionale dei procedimenti medesimi (cfr. Cass., sez. un., 6419/86, Foro

it., Rep. 1986, voce Giurisdizione civile, n. 157; 5432/86, ibid., n. 158; 2994/86, id., 1986, I, 2152; 1463/79, id., 1979, I, 939; 478/72, id., Rep. 1972, voce Distanze legali, n. 21).

Deve riconoscersi, infatti, il carattere giurisdizionale dei proce dimenti di istruzione preventiva regolati dagli art. 692-699 c.p.c., derivante non soltanto dalla particolare natura del soggetto da

cui promanano i relativi provvedimenti (giudice ordinario), ma

anche dallo stesso contenuto di questi, che concernono atti istrut

tori del procedimento civile, nonché dal fine strumentale perse

guito, che è quello di assicurare i mezzi di prova a sostegno di

un diritto che si farà valere in un secondo tempo. Pertanto, an

che riguardo ai suddetti procedimenti è ammissibile il regolamen to preventivo di giurisdizione (cfr. Cass., sez. un., 1748/68, id.,

Rep. 1968, voce Istruzione preventiva, n. 1; 2563/64, id., 1964,

I, 1758). Il presente regolamento, notificato prima ancora che il consu

lente avesse depositato la propria relazione, appare tempestivo. In effetti alla decisione nel merito della causa in primo grado,

che ai sensi dell'art. 41 c.p.c. segna il momento ultimativo per la proposizione del regolamento, non è equiparabile il provvedi mento di ammissione all'accertamento tecnico, sicché il regola mento può essere richiesto fino al momento in cui l'accertamento

preventiva, n. 4, e in Bollettino trib., 1979, 1822; 21 maggio 1975, n.

1997, Foro it.. Rep. 1975, voce Giurisdizione civile, n. 173, e in Giust.

civ, 1975, I, 1491; 29 ottobre 1974, n. 3251, Foro it., Rep. 1974, voce

Tributi in genere, n. 583. Cfr. inoltre, per quel che concerne il caso in

cui competente per il merito sia il giudice amministrativo, Cass. 12 marzo

1986, n. 1664, id., 1987, I, 192, con osservazioni di F. Greco.

In dottrina, v., in generale, G. Tarzia, Ammissibilità dell'istruzione

preventiva nei confronti della pubblica amministrazione, in Riv. dir. proc., 1969, 637; G. Nicotina, L'istruzione preventiva nel codice di procedura civile, 1979, 52 s.; nonché, sul problema dell'ammissibilità dell'istruzione

preventiva dinanzi alle commissioni tributarie, F. Tesauro, Istruzione pre ventiva delle liti d'imposta, in Bollettino trib., 1977, 165.

Altrettanto costante, nella giurisprudenza, è l'ammissione del regola mento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c. nel procedimento d'istruzione pre ventiva; tra le decisioni più recenti (tutte citate nella motivazione della

sentenza in epigrafe), v. Cass. 3 novembre 1986, n. 6419, Foro it., Rep. 1986, voce Giurisdizione civile, n. 157; 5 settembre 1986, n. 5432, ibid., n. 158; 3 maggio 1986, n. 2994, id., 1986, I, 2152, con osservazioni di

F. Cipriani.

Il Foro Italiano — 1988 — Parte 1-51.

viene eseguito (cfr. Cass., sez. un., 2994/86, cit.; 1997/75, id.,

Rep. 1975, voce Giurisdizione civile, n. 173; 878/72, id., 1972,

I, 3214). 2. Assume l'amministrazione finanziaria che rispetto alla ri

chiesta di accertamento della reale consistenza di tutta la merce

all'interno dei locali della ditta in funzione di un eventuale giudi zio nei confronti dell'amministrazione finanziaria per l'esatta de

terminazione della base imponibile, il difetto di giurisdizione in

ordine al procedimento di istruzione preventiva sussiste sotto un

duplice profilo: a) nei confronti della p.a., in ragione dei poteri ad essa riservati in materia di acceramento tributario; b) nei con

fronti delle commissioni tributarie, in relazione alla competenza

per il futuro procedimento giurisdizionale cui il richiesto accerta

mento tecnico preventivo dovrebbe essere strumentale.

L'accertamento dell'imposta, consistendo nell'atto, o nella se

rie di atti, necessari per la constatazione e la valutazione tributa

ria dei vari elementi costitutivi del debito di imposta (presupposto materiale e personale, base imponibile con la conseguente appli cazione del tasso e la concreta determinazione quantitativa del

debito del contribuente), costituisce l'oggetto di una specifica at

tività amministrativa, disciplinata dal diritto obiettivo, attribuita

in via eslusiva all'amministrazione.

Il provvedimento dell'a.g.o. che, ammettendo un accertamento

tecnico preventivo sulla consistenza, qualità e valore di una azien

da, rilevanti ai fini dell'imposizione fiscale il cui procedimento è in corso, incide sulla esistenza, e comunque sulla consistenza, dei poteri dell'amministrazione in materia di accertamento.

Significativamente il richiesto accertamento tecnico preventivo dovrebbe svolgersi parallelamente agli accertamenti amministrati

vi ed in concorrenza con questi. Sottolineando il carattere essenzialmente strumentale (istrutto

rio) del procedimento giurisdizionale d'istruzione preventiva in

rapporto ad un futuro procedimento giurisdizionale, l'ammini

strazione ricorrente rileva che la materia dedotta in sede di accer

tamento tecnico non può formare oggetto dei provvedimenti

previsti dagli art. 696 e 697 c.p.c. non esistendo un giudice ordi

nario a cui quella materia possa poi essere devoluta ai fini della

pronunzia di merito (neppure nel terzo grado, ex art. 40 d.p.r.

636/72, la corte d'appello può conoscere, infatti, delle questioni di estimazione semplice altrimenti alla determinazione quantitati va del reddito).

Le controversie in materia di Iva, come quelle in materia di

imposte sui redditi, sono devolute alla cognizione esclusiva delle

commissioni tributarie (art. 1 d.p.r. 636/72) avanti alle quali sol

tanto dovrebbe esplicarsi l'eventuale reazione in sede giurisdizio nale agli accertamenti tributari in corso (art. 16 d.p.r. citato).

3. Il ricorso è fondato e deve essere dichiarato il difetto di

giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Come nessun giudice ordinario può accertare la rilevanza, e

la misura della rilevanza, di elementi di fatto incidenti sulla base

imponibile ai fini della tassazione, né, quindi, disporre una con

sulenza tecnica, o un'ispezione volta all'accertamento di tali ele

menti, cosi nessun giudice ordinario può — senza sostituirsi

arbitrariamente alla p.a. e alle commissioni delle imposte — emet

tere uno dei provvedimenti previsti dagli art. 696 e 697 c.p.c. ai fini dell'accertamento futuro dell'imposta (Cass., sez. un.,

1766/68, id., Rep. 1968, voce Competenza civile, n. 349; 3252/74,

id., Rep. 1974, voce Impiegato dello Stato, n. 886; 1997/75, cit.). In dipendenza dell'accennato carattere di funzionalità necessa

ria che lega il procedimento giurisdizionale di accertamento pre ventivo al giudizio di merito, ancorché formalmente autonomi

l'uno nei confronti dell'altro, deve escludersi la configurabilità di un potere giurisdizionale del giudice ordinario di disporre una

istruttoria preventiva utilizzabile da un giudice speciale una volta

che i rapporti tra il primo ed il secondo non siano rapporti tra

istruttoria e merito, ma tra una giurisdizione ed una altra giuris

dizione, non tollerando la sfera dell'uno invasioni provenienti dalla

sfera dell'altro.

D'altra parte si è escluso (Cass., sez. un., 3251/74, id., Rep.

1974, voce Tributi in genere, n. 583) che il giudice ordinario ab

bia giurisdizione in materia di accertamento tecnico preventivo,

quando l'eventuale futuro processo di cognizione concerna que stione di estimazione semplice rimessa alla giurisdizione esclusiva

delle commissioni tributarie, in una fattispecie analoga a quella di cui il collegio è investito in questa sede regolamentare di accer

tamento tecnico correlato ai profili di estimazione semplice.

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2975 PARTE PRIMA 2976

E cosi pure, muovendo dal rilievo che l'istanza per atti di istru

zione preventiva va proposta al giudice competente per il merito, e non può implicare alcuna deroga alle regole discriminatrici del

la giurisdizione, è stato dichiarato il difetto di giurisdizione del

giudice ordinario, sulla domanda di accertamento tecnico preven tivo proposta contro l'amministrazione finanziaria, in ordine alle

condizioni di beni immobili caduti in successione ed al fine della

quantificazione delle relative imposte, vertendosi in tema di con

troversie devolute alle commissioni tributarie, a norma dell'art.

1 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, e per le quali, ove si pongano solo questioni di valutazione estimativa, non è neppure consenti

to il ricorso alla corte d'appello dopo la decisione della commis

sione di secondo grado, ai sensi dell'art. 40 del citato decreto

(Cass., sez. un., 3877/79, id., Rep. 1979 voce Istruzione preven

tiva, n. 4). Conclusivamente deve ribadirsi che il potere del giudice ordi

nario di disporre un accertamento tecnico preventivo, come in

genere atti di istruzione preventiva, a norma degli art. 692 ss.

c.p.c., spetta, alla stregua del carattere meramente strumentale

di quegli atti rispetto ad una futura controversia, solo se tale

controversia rientri nell'ambito delle sue attribuzioni giurisdizio

nali, pertanto, lo si deve negare quando il suddetto accertamento

venga richiesto in previsione di una domanda da presentarsi da

vanti ad un giudice speciale: sia esso il giudice amministrativo

(tanto in sede di giurisdizione di legittimità, quanto in sede di

giurisdizione esclusiva); sia esso un giudice tributario (commissio ni tributarie) (Cass., sez. un., 1664/86, id., 1987, I, 192).

4. Nel caso in esame, rispetto alla contestazione circa la merce

giacente in magazzino, è di tutta evidenza che, proiettandosi la

entità delle giacenze sull'accertamento tributario che ne sarebbe

potuto conseguire, e questo essendo palesemente l'intento perse

guito dal richiedente il provvedimento giurisdizionale, da un lato

deve negarsi l'esistenza di un diritto soggettivo autonomo all'ac

certamento, in sé considerato dalla situazione di fatto relativa

a tali giacenze indipendentemente dalla sede, in cui tale accerta

mento, una volta acquisito, possa farsi valere; dall'altro, va esclusa

l'esistenza, del potere del giudice ordinario di disporre l'accerta

mento tecnico richiesto.

5. In accoglimento del ricorso dell'amministrazione finanziaria

deve essere pertanto dichiarato il difetto di giurisdizione dell'a.g.o.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 25 mar

zo 1988, n. 2565; Pres. Brancaccio, Est. Iannotta, P.M. Mi

netti (conci, conf.); Formicola (Avv. Limatola) c. Papa (Avv.

D'Alessio, Magno). Cassa App. Napoli 21 febbraio 1983.

Vendita — Garanzia per i vizi — Azione redibitoria ed estimato

ria — Esercizio congiunto in via subordinata — Inammissibili

tà (Cod. civ., art. 1490, 1492).

L'acquirente che agisca in garanzia per i vizi della cosa venduta

non può esercitare l'azione per la riduzione del prezzo subordi

natamente al mancato accoglimento della domanda principale di risoluzione del contratto. (1)

(1) Le sezioni unite compongono il conflitto di giurisprudenza circa l'ammissibilità dell'esercizio congiunto dell'azione redibitoria ed estima toria (quest'ultima proposta in via subordinata), confermando la tenden za più recente della corte di legittimità in senso negativo alla proposizione contestuale subordinata delle due domande: cfr. Cass. 19 luglio 1983, n. 4980, Foro it., 1984, I, 780, con ampia nota di richiami di O. Troiano.

Sull'incidenza dei vizi che legittimano l'esercizio dell'azione di garanzia ai sensi dell'art. 1492 c.c. la sentenza si richiama ai requisiti stabiliti dal l'art. 1490 c.c., ribadendo in tal modo quello che sembra essere l'orienta mento maggioritario in argomento (v. i riferimenti di giurisprudenza e dottrina in nota a Cass. 4980/83, cit., cui adde, da ultimo, Cass. 15 febbraio 1986, n. 914, id., Rep. 1986, voce Vendita, n. 55). Ne consegue che le condizioni di accoglibilità delle due azioni alternative risultano le

medesime; l'ulteriore conseguenza è strettamente collegata al decisum espres so in massima, in quanto il rigetto della domanda (principale) di

Il Foro Italiano — 1988.

Svolgimento del processo. — Con precetto notificato in 23 set

tembre 1980 Formicola Vincenzo, titolare di un esercizio com

merciale per la vendita di mobili da arredamento, intimava a Papa Luisa il pagamento della complessiva somma di lire 868.641, di

cui lire 802.411 portate da cinque pagherò cambiari emessi dalla

Papa il 3 gennaio 1978 in favore del Formicola e caduti in prote sto alle rispettive scadenze di aprile, maggio, giugno, luglio ed

agosto 1980.

Papa Luisa proponeva opposizione con citazione del Formico

la davanti al Tribunale di Napoli, deducendo che le cambiali non

avevano la qualità di titolo esecutivo perché non in regola con

il bollo; che erano state emesse in pagamento di una fornitura

di mobili (una camera da letto completa in legno omogeneo) del

maggior importo di lire 6.070.000, quasi interamente pagato; che

i mobili, peraltro, si erano rivelati affetti da vizi e difetti e privi delle qualità promesse, come riconosciuto dallo stesso venditore.

Chiedeva pertanto la declaratoria di nullità ed inefficacia del pre

cetto, nonché la risoluzione del contratto con condanna del For

micola anche al riconoscimento dei danni o, in via subordinata,

la riduzione del prezzo. In contumacia del Formicola, venviva espletata la prova testi

moniale richiesta dalla Papa e quindi il tribunale adito, con sen

tenza dell'8 marzo 1982, dichiarava la nullità del precetto opposto e rigettava le domande riconvenzionali proposte da Papa Luisa.

Dichiarava la nullità del precetto ritenendo le cambiali carenti

nel bollo. Rigettava le domande di merito osservando che i vizi

e i difetti di qualità dedotti dalla Papa in ordine al mobilio acqui stato (fondi dei cassetti dell'armadio, dei comodini e del comò

in masonite anziché in legno integrale e difettosa chiusura delle

ante dell'armadio) non giustificavano né la risoluzione del con

tratto né la riduzione del prezzo. Osservava in particolare: a) che

non poteva farsi luogo alla risoluzione secondo le norme generali in tema di inadempimento per l'inconfigurabilità della consegna di aliud pro alio e della gravità dell'inadempimento; b) che non

poteva pronunciarsi la risoluzione ex art. 1490 c.c. per l'estrema

genericità sulla indicazione dei vizi stessi e per la mancata prova della tempestiva denuncia ex art. 1495 c.c.; c) che non ricorreva

no neppure gli estremi per la riduzione del prezzo, stante l'estre

ma genericità delle lamentele della Papa in ordine alla mancanza

di qualità promesse o necessarie all'uso della cosa venduta e la

decadenza dalla garanzia per difetto di tempestiva denuncia.

Interponeva appello la Papa per censurare il rigetto delle suin

dicate domande di risoluzione e di riduzione del prezzo.

Spiegava a sua volta appello incidentale il Formicola limitata

mente alla questione della regolarità del bollo delle cambiali chie

dendo, sotto questo profilo, il riconoscimento della qualità di

titoli esecutivi delle cambiali stesse. Concludeva, per il resto, per la conferma della sentenza impugnata.

La Corte d'appello di Napoli con sentenza 21 febbraio 1983,

premesso che il tribunale aveva erroneamente rilevato d'ufficio

la intempestività della denuncia dei vizi, confermava il rigetto della domanda di risoluzione del contratto per essere i predetti vizi di scarsa importanza. Riteneva invece fondata la domanda

subordinata di riduzione del prezzo per una somma pari all'im

porto delle cambiali precettate e dichiarava assorbito l'appello incidentale. Conclusivamente revocava il precetto intimato e con

dannava il Formicola al pagamento delle spese processuali.

risoluzione per insussistenza dei vizi aventi le caratteristiche di cui all'art. 1490 c.c. non potrebbe consentire l'accoglimento della domanda (subor dinata) di riduzione del prezzo proprio per l'inesistenza di vizi redibitori

(ma v. Cass. 914/86, cit., nel senso che l'esercizio dell'azione redibitoria è legittimato soltanto da vizi concretanti un inadempimento di non scarsa

importanza, in applicazione dell'art. 1455 c.c.). In dottrina, cfr. Garda ni Contorsi Lisi, La compravendita 2, in Giur. sist. civ. e comm. fonda ta da Bigiavi, 1985, 726 s. Più in generale, sulla garanzia per i vizi, v., da ultimo, Manasse, La garanzia per i vizi nella vendita, in Nuova

giur. civ., 1987, II, 287, 294. Un cenno infine merita il 'distinguo' operato dalla corte per l'ipotesi

in cui al compratore sarebbe consentita sin dall'inizio la sola azione di riduzione del prezzo, ma, al momento della proposizione dell'azione, sus siste il dubbio circa: a) la portata degli usi legittimanti o escludenti la risoluzione del contratto, b) la causa del perimento, c) l'esistenza di un'i

potesi di trasformazione o alienazione della cosa venduta. In giurispru denza, cfr., da ultimo, Cass. 11 maggio 1984, n. 2891, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 54; 11 gennaio 1982, n. Ill, id., Rep. 1982, voce

cit., n. 58.

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