sezioni unite civili; sentenza 5 giugno 1989, n. 2707; Pres. Sandulli, Est. Maltese, P.M. Paolucci(concl. conf.); Min. comm. estero (Avv. dello Stato Onufrio) c. Soc. Empremar (Avv. Benedetti,Tesauro, Boglione), Soc. Costa ed altri. Conferma Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 1986, n. 891Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2785/2786-2787/2788Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184206 .
Accessed: 28/06/2014 08:43
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 08:43:27 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cato all'affidamento preadottivo ex art. 314/20, e che, pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale in violazione del
l'art. 6 1. 9 dicembre 1977 n. 903, il diritto della lavoratrice all'a
stensione obbligatoria dal lavoro spetti anche nella prima ipotesi. Il ricorso è fondato, sulla base dello ius superveniens rappre
sentato da Corte cost. 24 marzo 1988, n. 332 (Foro it., 1989,
I, 642), la quale ha dichiarato incostituzionali gli art. 7, 1° com
ma, e 15 1. 1204/71, nella parte in cui non prevedono che il dirit
to della lavoratrice madre all'astensione facoltativa dal lavoro e
alla relativa indennità spetti altresì alla lavoratrice alla quale sia
stato affidato provvisoriamente un minore ai sensi dell'art. 314/6
c.c.
Come, del resto, ha già provveduto anche il legislatore a rico
noscere (ma per periodo successivo a quello cui si riferisce la pre
sente causa) con la 1. 4 maggio 1983 n. 184, contenente nuova
disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, il cui art.
80, col disporre l'applicazione agli affidatari, fra l'altro, degli
art. 6 e 7 1. 903/77, ha in tal modo esteso anche all'ipotesi del
l'affidamento temporaneo le disposizioni oggetto dell'anzidetta
pronuncia della Corte costituzionale.
In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va dunque
cassata, con rinvio della causa ad altro giudice che farà applica
zione ad essa della suddetta nuova disciplina normativa discen
dente dalla sentenza delle Corte costituzionale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 5 giu gno 1989, n. 2707; Pres. Sandulli, Est. Maltese, P.M. Pao
lucci (conci, conf.); Min. comm. estero (Avv. dello Stato Onu
frio) c. Soc. Empremar (Avv. Benedetti, Tesauro, Boglio
ne), Soc. Costa ed altri. Conferma Cons. Stato, sez. VI, 11
dicembre 1986, n. 891.
Giustizia amministrativa — Merci in partenza dall'Italia su navi
cilene — Autorizzazione d'imbarco — Provvedimento ministe
riale — Annullamento — Decisione del Consiglio di Stato —
Difetto di giurisdizione — Insussistenza — Estremi
Annullando la disposizione ministeriale di autorizzazione d'im
barco per le merci in partenza dall'Italia su navi di società cile
na, perché adottata nell'erroneo presupposto della esistenza in
Cile di legge limitativa della libertà dei traffici marittimi, il Con
siglio di Stato non pronuncia su materia sottratta alla sua giu
risdizione né travalica i limiti esterni della stessa, stanti il carat
tere di atto amministrativo e non politico del provvedimento
impugnato e la verificabilità delle sue premesse giustificative
da parte del medesimo consiglio. (1)
(1) Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 1986, n. 891, ora confermata,
è riassunta in Foro it., Rep. 1987, voce Navigazione marittima ed interna
(ordinamento), nn. 12, 13.
Le sezioni unite hanno risolto la questione controversa nel senso della
massima, escludendo la possibilità di ricondurre il provvedimento mini
steriale adottato nella specie fra gli atti politici, alla stregua della defini
zione datane dalla remota Cass. 12 luglio 1968, n. 2452, id., 1969, I,
479, con nota di richiami. Secondo tale pronuncia, la cui impostazione in parte qua risulta integralmente ripresa dalla riportata sentenza, «nella
categoria degli atti politici rientrano», infatti, «senz'altro ed in primo
luogo, gli atti che vengono compiuti dallo Stato nel regolamento delle
relazioni internazionali e che si sottraggono totalmente al sindacato sia
della giurisdizione amministrativa che della giurisdizione ordinaria. Ed
invero, la preminenza assoluta degli interessi della collettività organizzata
a Stato, che con tali atti sono tutelati, vieta che nel compimento degli
atti medesimi sia imposto il minimo limite alla discrezionalità degli orga
ni, che li pongono in essere».
Ma la or riprodotta definizione, che si sofferma particolarmente su
una delle possibili connotazioni degli atti politici, non ne esaurisce l'àm
bito, se è vero che, anteriormente e successivamente alla menzionata Cass.
2452 del 1969, la giurisprudenza, avendo peraltro come primario punto
di riferimento l'art. 31 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, ha evidenziato ulte
riori, e più generali, caratteristiche degli atti in questione. Cosi, per sez.
un. 29 marzo 1956, n. 896, id., 1956, I, 699, con altre indicazioni, «sono
qualificabili come atti di potere politico, solo quegli atti di pubblica pote
II Foro Italiano — 1989.
Svolgimento del processo. — La società cilena «Empresa Mari
tima de Estado, Empremar», propose ricorso al Consiglio di Sta
to per ottenere, in riforma della sentenza 21 febbraio 1983, n.
477 del Tar del Lazio, l'annullamento del provvedimento 11 mar
zo 1982 Rap/bb-v/702615/650 gen. col quale il ministro per il
commercio con l'estero aveva assoggettato ad autorizzazione d'im
barco — ai sensi dell'art. 1 1. 4 marzo 1963 n. 388 — merci
in partenza dall'Italia su navi gestite dalla ricorrente.
Con sentenza 7 novembre - 11 dicembre 1986, il Consiglio di
Stato, in riforma della decisione impugnata, annullò il provvedi
mento del ministero, osservando che, mentre la commissione in
terministeriale (sul cui parere esso appariva basato) presupponeva
l'esistenza in Cile di una legge che giustifica l'adozione, in Italia,
di misure restrittive nei confronti di navi battenti bandiera cilena
o equiparate, viceversa nel corso del giudizio era stato dimostrato
dalla soc. Empremar che una legge posteriore cilena del 21 di
cembre 1979, n. 3059 — seguita da un decreto ministeriale cileno
— non comprendeva l'Italia fra gli Stati soggetti a limitazioni
nella disciplina della concorrenza dei traffici marittimi interna
zionali. Pertanto, in mancanza del necessario presupposto normativo
— consistente nell'attuale vigenza di una legge cilena limitativa
della libera concorrenza nei traffici marittimi, con pregiudizio per
la marina mercantile italiana — il provvedimento ministeriale im
pugnato non appariva conforme alla legge nazionale n. 388 del
1963 e doveva essere, di conseguenza, annullato, in riforma della
sentenza del Tar.
Contro tale decisione hanno proposto ricorso alle sezioni unite
di questa corte il ministero per il commercio con l'estero, il mini
stero degli esteri e la presidenza del consiglio dei ministri, chie
dendone l'annullamento per motivi attinenti alla giurisdizione. Re
siste l'Empremar con controricorso. Le parti hanno presentato
memorie.
Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo, che si articola
in due diversi profili di censura, la ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione dell'art. 1 1. 4 marzo 1963 n. 38, sostituito
dall'art, unico 1. 8 aprile 1976 n. 215, nonché dall'art. 31 t.u.
26 giugno 1924 n. 1054, in relazione all'art. 36 1. 6 dicembre
1971 n. 1034 e 360, n. 1, c.p.c. Sotto il primo profilo, sostiene che con la decisione impugnata
sarebbero stati superati i limiti dei poteri giurisdizionali attribuiti
dalla legge al Consiglio di Stato, essendo definibile il provvedi
mento ministeriale annullato come atto politico, la cui cognizione
è sottratta dall'art. 31 t.u. n. 1054 del 1924 alla competenza del
supremo organo della giustizia amministrativa.
Sotto il secondo profilo, sostiene che il Consiglio di Stato, in
terpretando e applicando la legge straniera in contrasto con l'ap
prezzamento dell'autorità politica italiana, sarebbe incorso in ec
cesso di potere per travalicamento dei limiti esterni della giurisdi
zione. (Omissis)
stà che hanno la loro causa oggettiva nell'indeclinabile esigenza di tutela
re gli interessi supremi dello Stato in situazioni contingenti che possono
turbarne la vita od il funzionamento nell'ordine interno od internaziona
li», con la testuale precisazione che «l'elemento che caratterizza l'atto
politico è quello causale e non già il suo aspetto formale», mentre per
Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 1981, n. 340 (confermata da sez. un. 21
aprile 1982, n. 2476, id., 1982, I, 1256, con osservazioni di C. M. Baro
ne), id., 1981, III, 415, con nota di richiami (cui adde, in giurisprudenza,
Cass. 14 novembre 1974, n. 3608, id., 1975, I, 1158, con nota redazionale
e, in dottrina, Grottanelli De' Santi, Atto politico e atto di governo,
voce dell'Enciclopedia giuridica Treccani, 1988, IV, 1, 4) «l'esclusione,
sancita dal ripetuto art. 31, della ricorribilità dinanzi al Consiglio di Sta
to degli atti emanati dal governo nell'esercizio del potere politico, ha
indotto ad una individuazione del tutto restrittiva di tali atti, circoscri
vendoli soltanto in quelli che costituiscano espressione della libertà (poli
tica) commessa dalla Costituzione ai supremi organi decisionali dello Sta
to per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti».
Per quanto riguarda, invece, l'altro profilo dedotto dalle ammministra
zioni ricorrenti a sostegno del prospettato difetto di giurisdizione, è il
caso di rilevare che lo stesso (profilo) è stato agevolmente disatteso dalla
corte alla stregua del suo consolidato orientamento in tema di individua
zione dei motivi inerenti alla giurisdizione, che consentono di impugnare
in Cassazione le decisioni del Consiglio di Stato (fra le tante, sez. un.
30 luglio 1983, n. 4990, Foro it., 1983, I, 2115, con richiami e osservazio
ni di C. M. Barone; 9 maggio 1983, n. 3145, ibid., 1792, con ulteriori
indicazioni).
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 08:43:27 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2787 PARTE PRIMA 2788
Nel merito, tuttavia, il ricorso appare infondato. Il provvedimento col quale il ministero per il commercio con
l'estero ha sottoposto ad autorizzazione d'imbarco merci in par tenza dall'Italia su navi gestite dalla società Empremar è un sem
plice atto amministrativo, adottato — com'è incontroverso e pa cifico in causa — nei confronti di un soggetto privato — l'Em
premar — in applicazione di una norma di legge, l'art. 1 1. 4 marzo 1963 n. 388, sostituito dall'art, unico 1. 8 aprile 1976 n.
215, di cui il Consiglio di Stato ha, nella specie, legittimamnte disconosciuto i presupposti di operatività e di efficacia.
Dispone il menzionato art. 1 1. n. 388 del 1963: «Il governo ha facoltà, nei confronti dei paesi che limitano la libera concor renza dei traffici marittimi internazionali con misure pregiudizie voli per la marina mercantile italiana — quali riserva di traffico, concorrenza non commerciale, regolamenti portuali e fiscali pre ferenziali, regimi di controllo o doganali intesi ad influire sulla scelta della bandiera — di sottoporre ad autorizzazione il tras
porto su navi che, pur non battendo bandiera di detti paesi, usu fruiscano comunque dei benefici derivanti dalle suddette misure».
Ora, al sindacato giurisdizionale si sottraggono, per la loro na tura politica, gli atti compiuti dallo Stato nel regolamento delle relazioni internazionali, data la «preminenza assoluta degli inte ressi della collettività organizzata a Stato che con tali atti vengo no tutelati», per cui in relazione ad essi «non sono configurabili né posizioni di interesse legittimo, condizionatamente o indiretta mente protetto, né, a maggior ragione, posizioni di diritto sog gettivo, restando l'interesse del singolo pienamente scarificato di fronte all'interesse della collettività, nei rapporti interstatali, e po nendosi la responsabilità degli organi di governo per gli atti inter nazionali esclusivamente sul piano politico» (Cass., sez. un., 12
luglio 1968, n. 2452, Foro it., 1969, I, 479). Ma nel caso in esame non ricorrono gli estremi di un «atto
compiuto dalla Stato nel regolamento delle relazioni internazio
nali», di fronte al quale l'interesse del singolo debba rimanere
«pienamente sacrificato» all'interesse della collettività, con assun zione di una responsabilità «esclusivamente politica» da parte de
gli organi di governo «nei rapporti internazionali».
Semplicemente, nell'àmbito dei rapporti fra enti sovrani, lo Stato ha adottato, a livello normativo, determinate regole (art. 1 1. n. 388 del 1963) destinate a operare «nei confronti dei paesi che limitano la libera concorrenza nei traffici marittimi internazionali con misure pregiudizievoli per la marina mercantile italiana», in modo di ristabilire l'equilibrio — seppure in senso negativo —
mediante appropriate misure autorizzative dei trasporti su navi battenti bandiere di quei paesi o su navi equiparte. A livello ese
cutivo, invece, il fine politico perseguito si realizza con l'adozio
ne, nei confronti dei soggetti privati stranieri interessati, di prov vedimenti miranti ad attuare la norma, la quale vincola a deter minati adempimenti lo Stato amministratore e lo rende responsabile davanti allo Stato giudice.
Nell'ordinamento giuridico interno italiano, pertanto, l'impre sa straniera non si trova in una posizione indifferenziata di fron te allo Stato amministratore, e non rimane affatto «sacrificata» all'interesse collettivo della comunità, con assunzione, da parte degli organi di governo italiani, di una responsabilità meramente
politica nei rapporti esterni verso lo Stato straniero. Al contrario, detta impresa è titolare, nell'ordinamento inter
no, di un interesse differenziato, che si configura come interesse
legittimo alla regolarità del provvedimento autorizzativo. Di tale provvedimento, quindi, devono sussistere, in fatto e
in diritto, le premesse giustificative, soggette al controllo di legit timità dell'autorità giudiziaria italiana.
Ineccepibilmente, dunque, nel caso concreto, il Consiglio di Stato ha ritenuto non sussistenti i presupposti del provvedimento del ministro per il commercio con l'estero, adottato verso l'impresa cilena Enpremar nell'erronea supposizione dell'esigenza di una
legge cilena Imitatrice della libertà dei traffici; legge, in realtà, fin d'allora già superata — almeno nei confronti dello Stato ita liano — da successive disposizioni emanate dallo stesso Stato straniero.
Non di atto politico, in realtà, si è trattato, ma di semplice provvedimento amministrativo, non sottratto alla giurisdizione del giudice speciale ai sensi dell'art. 31 t.u. del 1924, e delle cui pre messe giustificative ben poteva conoscere il Consiglio di Stato rilevando l'attuale inesistenza, per sopravvenuta abrogazione o
deroga, della legge straniera posta originariamente a base dell'in tervento ministeriale.
Entrambi i profili di censura, consistenti nella carenza del po
li. Foro Italiano — 1989.
tere giurisdizionale del Consiglio di Stato per la supposta natura di atto politico del provvedimento impugnato e, rispettivamente, nell'eccesso di potere rispetto all'amministrazione attiva per tra valicamene dei limiti esterni della giurisdizione, si rivelano, per conseguenza, infondati.
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 5 giu gno 1989, n. 2690; Pres. Brancaccio, Est. Omnis, P.M. Di Renzo (conci, conf.); Soc. Olivetti controllo numerico - Ocn
(Aw. Scognamiglio) c. Giliberti (Avv. Guida). Cassa Trib. Santa Maria Capua Vetere 7 marzo 1986.
Lavoro (rapporto) — Centralinisti ciechi — Indennità di mansio ne — Determinazione (L. 11 febbraio 1970 n. 29, modificazio ni alle disposizioni sulle competenze accessorie del personale dipendente dal ministero delle poste e delle telecomunicazioni, allegato: art. 28, 32; 1. 3 giugno 1971 n. 397, norme a favore dei centralinisti ciechi, art. 4, 5).
Lavoro (rapporto) — Centralinisti ciechi — Indennità di mansio ne — Questione manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 36, 39; 1. 3 giugno 1971 n. 397, art. 4).
I centralinisti ciechi, occupati in forza di collocamento obbligato rio, hanno diritto ad un 'indennità di mansione pari al premio di rendimento dei commutatori telefonici dell'azienda di Stato
per i servizi telefonici. (1) È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 36 e 39
Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 l. n. 397 del 1971, che prevede che ai centralinisti ciechi occupati con il collocamento obbligatorio spetta un'indennità di man sione pari a quella che si riconosce agli operatori dipendenti dall'azienda di Stato per i servizi telefonici. (2)
Motivi della decisione. — (Omissis). Il motivo è infondato. L'art. 4 1. 3 giugno 1971 n. 397 prevede che «a tutti i centralisti
telefonici ciechi occupati in forza delle leggi sul loro collocamen to obbligatorio sarà corrisposta una indennità di mansione pari a quella che si riconosce agli operatori dipendenti dall'azienda di Stato per i servizi telefonici».
Il successivo art. 5 stabilisce che gli effetti economici della leg ge decorrono dal 1° gennaio 1971 e dispone altresì riguardo al
maggior onere a carico dello Stato derivante dall'applicazione della
legge medesima.
L'obbligo di assunzione dei centralinisti telefonici ciechi è im posto, infatti, dalle speciali leggi in materia (leggi 14 luglio 1957 n. 594, 28 luglio 1960 n. 778, 5 marzo 1965 n. 155, 11 aprile
(1-2) Con la decisione sopra riportata, le sezioni unite della Corte di cassazione compongono il contrasto tra le pronunce di legittimità richia mate circa il criterio di determinazione dell'indennità di mansione dei centralinisti ciechi assunti tramite il collocamento obbligatorio. Hanno cosi accolto la tesi maggioritaria, che lo individua nel premio di rendi mento — e non in quello industriale — dei commutatori telefonici dell'a zienda di Stato per i servizi telefonici, e hanno prima ancora respinto la tesi della difesa del datore di lavoro, che non ha del resto conforto in precedenti editi, dell'inoperatività, per non esistere nel settore dei tele foni di Stato l'indennità di mansione, dell'art. 4 1. n. 397 del 1971. Per la spettanza dell'indennità di mansione anche nell'ipotesi di promozione del centralinista cieco in qualifica superiore rispetto a quella, minima, di assunzione, cfr. Trib. Firenze 27 febbraio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 1829, che ha confermato Pret. Firenze 17 giugno 1986, ibid., n. 1830. In tema di indennità di mansione dei centra linisti ciechi che godono di assegno perequativo, cfr. Tar Lombardia, sez. Ili, 13 aprile 1985, n. 116, id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 618.
Sul rapporto di lavoro dei centralinisti ciechi, cfr. Pret. Bologna 19 agosto 1985, id., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 934; Cass. 4 febbraio 1985, n. 723, id., 1985, I, 3173, con nota di richiami; Corte cost. 10 giugno 1988, n. 628, id., Rep. 1988, voce Istruzione pubblica, n. 85 e in Regioni, 1989, 642, con nota di Codini.
Analoga manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sub 2 è stata dichiarata da Cass. 2643 del 1981, 3110 e 3109 del 1980, richia mate in sentenza.
This content downloaded from 141.101.201.191 on Sat, 28 Jun 2014 08:43:27 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions