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sezioni unite civili; sentenza 3 febbraio 1989, n. 671; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M.Sgroi V. (concl. conf.); Morseletto (Avv. Petrini, Lievore) c. Grassi (Avv. Mozzi, Caracuzzi).Cassa App. Venezia 30 luglio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 3459/3460-3463/3464Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184317 .
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3459 PARTE PRIMA 3460
è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali
le proprie obbligazioni, essendo venute meno le condizioni di li
quidità e di credito necessarie alla relativa attività commerciale,
rimanendo irrilevante che l'attivo sia superiore al passivo (sent.
1980/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 176; 2055/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 136; 3095/81, id., Rep. 1981, voce cit., n.
182; 1067/80, ibid., n. 138; 3198/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 119).
Le doglianze mosse in questa sede alla sentenza impugnata non
sono idonee a scalfire la congruità e correttezza della motivazio
ne adottata dalla corte d'appello. Anzitutto è da escludere che le ragioni che hanno determinato
il dissesto (nella specie, secondo la tesi della ricorrente, la contin
gente situazione economica di altre società del gruppo), possano essere rilevanti neanche sotto questo profilo al fine di disconosce
re i presupposti della dichiarazione di fallimento. Dalla disciplina risultante dagli art. 6, 7 e 8 1. fall, risulta, infatti, che, una volta
accertato lo stato d'insolvenza dell'imprenditore, il tribunale è
obbligato a dichiararne il fallimento, qualunque sia la ragione che in concreto l'abbia determinata non sussistendo al riguardo valutazioni di opportunità che la legge non prevede (sent. n.
1980/85 cit.). Inoltre, non ha pregio l'assunto secondo cui la corte d'appello
avrebbe omesso di motivare nel punto decisivo che per le società
aventi ad oggetto attività edilizia — come appunto la ricorrente — il ciclo produttivo che consente il pagamento dei creditori si
realizza normalmente con la vendita degli immobili sociali, i qua li erano tutti nel patrimonio della società al momento della sua
dichiarazione di fallimento, onde prima di tale vendita poteva ritenersi fisiologica una sua illiquidità.
In contrario si osserva che, come risulta dalla motivazione del
l'impugnata sentenza, il programma costruttivo è stato interrotto
e non si è potuto concretamente realizzare non in seguito alla
dichiarazione di fallimento, ma per uno stato di impotenza eco
nomica della società che si era manifestato già prima con la gene ralizzata chiusura creditizia.
Né può replicarsi con fondamento che l'insufficienza dell'in
solvenza sarebbe attestata dal non avere alcun creditore presenta to istanza di fallimento, trattandosi di circostanza che — come
giustamente osservato dalla corte d'appello — deve ritenersi del
tutto irrilevante in base alla disciplina dell'art. 6 1. fall, che legit tima la procedura di ufficio della dichiarazione di fallimento da
parte del tribunale, a seguito della legale conoscenza della situa
zione di dissesto, indipendentemente dall'iniziativa di parte. 6. - In definitiva, sottraendosi la sentenza impugnata alle pro
poste censure, il ricorso deve essere respinto.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 feb
braio 1989, n. 671; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M.
Sgroi V. (conci, conf.); Morseletto (Avv. Petrini, Leevore) c. Grassi (Avv. Mozzi, Caracuzzi). Cassa App. Venezia 30
luglio 1983.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 feb
braio 1989, n. 670; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M.
Sgroi V. (conci, conf.); Lamprecht (Aw. Pacifici) c. Pichler
(Aw. Marucchi). Cassa App. Trento 30 giugno 1983.
Intervento in causa e litisconsorzio — Servitù — Passaggio coat
tivo — Integrazione del contraddittorio — Necessità — Fatti
specie (Cod. proc. civ., art. 102; cod. civ., art. 1051).
Nel caso in cui tra il fondo intercluso e la via pubblica si frap
pongano in consecuzione tra loro una pluralità di fondi, la do
manda diretta alla costituzione di una servitù di passaggio che
implichi l'attraversamento di quei fondi deve essere proposta nei confronti di tutti i loro proprietari in qualità di litisconsorti
Il Foro Italiano — 1989.
necessari, tenuto conto che la sentenza emessa nei confronti di alcuni soltanto di essi non produrrebbe l'effetto che l'attore
si ripromette, rimanendo altresì insuscettibile di esecuzione. (1)
(1) I. - Le sentenze delle sezioni unite di Cassazione (della sent. 670/89
riproduciamo il Processo, ma non i Motivi identici a quelli della sent.
671/89), decidendo sul problena della necessità di integrazione del con
traddittorio nei confronti di tutti i proprietari dei fondi su cui debba
svolgersi il tracciato di una servitù coattiva di passaggio ex art. 1051 c.c., sembrano comporre un contrasto più dottrinario che giurisprudenziale. Come rilevano anche le sezioni unite in motivazione, la giurisprudenza della corte ha ripetutamente negato il ricorrere di un'ipotesi di litiscon
sorzio necessario tra tutti i proprietari dei fondi interposti tra quello in
tercluso e la via pubblica nel giudizio per la costituzione della servitù
di passaggio coattivo (v., oltre alle numerose pronunce citate in motiva
zione: Cass. 24 ottobre 1985, n. 5222, Foro it., Rep. 1985 voce Servitù, n. 8; 9 giugno 1983, n. 3958, id., Rep. 1983, voce cit., n. 14; 21 luglio 1980, n. 4778, id., Rep. 1980 voce Intervento in causa, n. 33), mentre
le uniche pronunce che sembrano discostarsi da tale uniforme orienta
mento giurisprudenziale sono Cass. 5 aprile 1984, n. 2205, id., Rep. 1984, voce Servitù, n. 25 (citata anche dalle sezioni unite); 14 luglio 1980, n.
4515, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 25, 26 (non richiamata invece dalle
sezioni unite). Nel panorama giurisprudenziale esistente, la decisione del
le sezioni unite di ravvisare nella fattispecie in esame un caso di litiscon
sorzio necessario, costituisce un indubbio cambiamento di indirizzo che
trae probabilmente spunto dal vivace dibattito che la dottrina ha svilup
pato sul punto. Alcuni autori hanno infatti sostenuto che il caso di specie costituirebbe
una tipica ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale cosicché la costi
tuzione del passaggio coattivo potrebbe realizzarsi soltanto attraverso la
chiamata in causa ex art. 102, 2° comma, c.p.c. di tutti i proprietari dei terreni che si susseguono tra il fondo intercluso e la via pubblica
(v. Messineo, Le servitù, Milano, 1949, 215; Branca, Servitù, in Com
mentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, sub art. 1051, 186; Fa
vara, in Riv. giur. edilizia, 1965, I, 1391; Schermi, in Giur. agr. it.,
1957, 500). In particolare si è rilevato che «la servitù (di passaggio coattivo) viene
imposta dalla legge in quanto si concreti nel mettere in comunicazione diretta il terreno intercluso con la via: posto ciò, come si potrebbe ordi
nare la costituzione del passaggio su un terreno che da solo non basta
a soddisfare quei bisogni del fondo dominante in nome dei quali si ricor
re alla norma in esame (art. 1051 c.c.)?» (cfr. Branca, op. cit., 188). Tuttavia, alla luce della giurisprudenza, anche in dottrina sembra pre
valere l'opinione che non è inutiliter data la sentenza pronunciata nei
confronti di alcuni soltanto dei proprietari soggetti all'attraversamento
coattivo, potendo il proprietario del fondo dominante provvedere separa tamente in via giudiziale o convenzionale nei confronti dei proprietari
pretermessi (cosi: Tamburrino, Le servitù, in Giur. sist. civ. comm. fon
data da W. Bigia vi, Torino, 1977, 581; Alvino, Determinazione deI pas saggio coattivo nell'ipotesi di più fondi intercludenti dal confine del fon do intercluso alla via pubblica, in Giust. civ., 1973, I, 659; B. Biondi, Le servitù, in Trattato diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1967, XII, 863
ss.). Si è precisato anche che, pur se «la servitù non raggiunge lo scopo
pratico che si proponeva il richiedente, cioè l'uscita sulla pubblica via
(. . .) ciò non porta ad escludere la servitù sul fondo giacché lo scopo pratico si raggiunge per mezzo di separati giudizi verso i proprietari degli altri fondi. Né si obietti il principio dell'indivisibilità giacché nel caso
presente abbiamo non un'unica servitù ma una pluralità di servitù con nesse in quanto tendenti al medesimo scopo» (cfr. Biondi, op. cit., 867). Nel timore che eventuali successivi giudizi per costituire il passaggio su tutti i fondi intermedi tra il terreno intercluso e la via pubblica possano concludersi con giudicati confliggenti, taluno ha ritenuto in questo caso necessario l'intervento iussu iudicis dei proprietari pretermessi ai sensi dell'art. 107 c.p.c. (v. Albano, Della proprietà, in Commentario Utet, Torino, 1958, III, tomo II, 415, n. 38).
II. - Avvertita l'esigenza di premettere alla decisione del caso di specie alcune considerazioni generali sul problema della natura giuridica del litis consorzio necessario, le sezioni unite della Cassazione risolvono il proble ma della determinazione dei casi in cui ricorre il litisconsorzio necessario ricorrendo al concetto-chiave di utilità della sentenza, di cui offrono una definizione che sembra essere stata mutuata quasi letteralmente dalle pa gine di un recente studio sul litisconsorzio ove significativamente si legge che l'utilità della sentenza sarebbe costituita «dall'idoneità» della pro nuncia stessa «a fornire all'attore quello che egli avrebbe diritto a conse
guire alla stregua delle disposizioni sostanziali» (G. Costantino, Contri buto allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 468).
Le sezioni unite sembrano tuttavia aver frainteso il pensiero dell'autore cui pare si siano rifatte allorché, dopo aver definito l'utilità della senten za come misura della capacità che essa può avere «a produrre l'effetto che l'attore si è ripromesso col domandarla», escludono a priori che pos sa avere una qualche utilità la sentenza emessa a contraddittorio non
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Processo. — 1. - Con la sentenza impugnata la corte di Vene
zia, in riforma della sentenza di primo grado, accolse la doman
da proposta da Pietro e Gino Grassi per ottenere la costituzione
in via coattiva di una servitù di passaggio a favore di un fondo
di loro proprietà (sottosuolo del mappale n. 30) della sezione A
del foglio I del comune censuario di Grancona, che essi intende
vano sfruttare come cava di pietre per edilizia) ed a carico di
un fondo di proprietà di Paolo e Leonardo Morseletto (sottosuo lo e suolo del mappale 349, stessa sezione e foglio dello stesso
comune) e di altro fondo finitimo di proprietà di Giuseppe Visen
tin e Valentino, Antonio e Luigi Spoladore (mappale 538). 2. - In relazione ai motivi del gravame proposto dai Grassi
la corte, tra l'altro, ritenne: a) che non era necessario far parteci
pare al giudizio anche i proprietari di altri fondi, interessati dal
tracciato della servitù sia per il tratto sottosuolo (strada comuna
le delle Zenchielle) sia per il tratto in superficie prossimo allo
sbocco sulla strada provinciale di Bocca d'Ascea (mappale 632
e 609) perché la sentenza da pronunciare non si sarebbe potuta considerare inutiliter data in quanto gli attori avrebbero potuto
proporre successive, separate domande contro di loro ovvero ac
quisirne il consenso in via negoziale; ti) non era di ostacolo alla
concessione della servitù — a norma dell'art. 1051 o, almeno, a norma dell'art. 1052 c.c. — il fatto che i Grassi erano proprie tari del sottosuolo, un tempo anch'esso sfruttato come cava, di
altri mappali confinanti con la strada provinciale e, senza solu
zione di continuità, col mappale 307 (in quanto non era possibile
collegare gli uni all'altro con galleria se non con «un eccessivo
dispendio di risorse economiche») né era applicabile l'art. 1054
(sul presupposto che i Grassi avrebbero potuto ottenere, da chi
aveva venduto loro il sottosuolo del mappale 307, rimanendo pro
prietario del suolo, la servitù d'apertura di un pozzo per l'estra
zione del materiale) poiché anche in tal caso, a giudizio del con
sulente tecnico, un impianto del genere non era possibile. 3. - I Morseletto ricorrono con i seguenti motivi:
I. Violazione dell'art. 196 c.p.c.: la corte, nel sostituire il con
sulente tecnico nominato dal primo giudice, non indicò i gravi motivi a cui la legge subordina tale sostituzione.
II. Violazione degli art. 1051 e 1052 c.c.: secondo il tracciato
proposto dal c.t.u. e fatto proprio dalla corte di merito, il pas
saggio non permette di raggiungere la pubblica via perché si arre
sta al confine con fondi interposti, appartenenti a soggetti estra
nei alla causa, sui quali gli attori non hanno alcun diritto di pas
saggio, e pertanto dette norme non sono applicabili. III. Violazione dell'art. 1052 c.c. e mancato esame di un punto
decisivo: il fondo Grassi non poteva considerarsi intercluso nean
che relativamente, confinando con la via pubblica.
IV. Violazione dell'art. 1054 c.c.: erroneamente la corte disap
plicò tale norma.
VI. Difetto di motivazione in ordine al punto decisivo per cui
il passaggio non era compatibile con la ripresa, nel sottosuolo
del mappale 349, dello sfruttamento della cava una volta eserci
tatavi.
integro sottolineandone l'incapacità «di assolvere la funzione propria di
ogni sentenza di dichiarare ed applicare il diritto nel caso concreto» e
cioè, in una parola, «l'inesistenza».
La lettura dello studio di Costantino — e ancora di più dell'«interpre tazione autentica» che l'autore ne ha dato in uno scritto successivo (Co
stantino, Osservazioni sulle prospettive di riforma della disciplina dei
processi con pluralità di parti, in Dir. e giur., 1984, 580) — evidenzia
al contrario che la sentenza pronunciata a contraddittorio non integro
per quanto possa dirsi inutile nel senso già sottolineato, giammai potreb be definirsi inesistente. Quella sentenza infatti sarebbe comunque efficace
inter partes ed i suoi effetti sarebbero coerenti con l'oggetto che viene
ad assumere il giudizio promosso da uno o verso uno soltanto dei sogget ti del rapporto plurisoggettivo dedotto in giudizio: sono gli effetti mera
mente vincolanti prodotti dal giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. e
costituiscono comunque un risultato utile per le parti presenti al processo
(cfr. Costantino, Osservazioni, cit., 543; e in Contributo, cit., 468, l'au
tore già parlava di «efficacia preliminare», di «minore utilità» appunto
per distinguere l'efficacia della sentenza inter pauciores data dall'effica
cia che la stessa avrebbe assunto se data nei confronti di tutti i litiscon
sorti necessari). [C. Brilli]
Il Foro Italiano — 1989.
4. - I Grassi hanno depositato controricorso.
Motivi. — Il secondo motivo va esaminato per primo (e gli altri ne restano assorbiti) poiché con esso i ricorrenti, al di là
degli articoli citati, hanno indubbiamente inteso riproporre la que stione in ordine alla necessità della partecipazione al processo dei
proprietari di altri fondi frapponentesi tra quello supposto inter
cluso e la via pubblica (e infatti sia nel controricorso che nelle
memorie di entrambe le parti la doglianza è trattata esclusiva
mente sotto questo profilo). È indispensabile premettere alcune considerazioni sulla natura
giuridica del litisconsorzio necessario.
La necessità che alle parti originarie del processo (la parte che
propone la domanda e la parte contro la quale la domanda è
proposta: art. 101 c.p.c. — Principio del contraddittorio) se ne
aggiungano altre (art. 102 c.p.c. — Litisconsorzio necessario) è
basata sulla ragione che la sentenza non possa pronunciarsi che
in confronto e delle prime e delle seconde contemporaneamente, in difetto di che la sentenza è inutiliter data anche per le stesse
parti presenti nel processo. Ciò accade non solo nei casi specificamente previsti dalla legge
— nei quali, pertanto, non v'è dubbio su quel che il giudice deve
ordinare — ma — com'è ormai generalmente ammesso — anche
in altri casi, a individuare i quali la dottrina e la prevalente giuris
prudenza son solite richiamarsi al concetto di «rapporto sostan
ziale plurisoggettivo unico», la cui intima inscindibilità deve tro
vare riscontro in un rapporto processuale parimenti plurisoggetti vo e inscindibile.
Conseguentemente il criterio discretivo fra litisconsorzio neces
sario e litisconsorzio facoltativo viene a risolversi nel criterio da
utilizzare per accertare quando un determinato rapporto pluri
soggettivo possa qualificarsi unico e inscindibile rispetto a tutti
i soggetti interessati, di modo che la sentenza resa a contradditto
rio non integro sia — come per i casi specificamente indicati dal
la legge — inutile anche per le parti in causa.
In assenza di specifici dati positivi desumibili dal cit. art. 102, non resta che fare ricorso ad altri principi generali del processo, a cui vanno correlate le particolari situazioni sostanziali dedotte
nelle varie specie. Intanto è bene — per ciò che si è detto — sgombrare il campo
dalla teoria per cui la sentenza resa a contraddittorio non integro avrebbe per la parte vittoriosa l'utilità di guadagnare la non op
posizione della parte soccombente rispetto alla domanda da pro
porre, in successivi processi, da essa medesima contro gli altri
soggetti pretermessi o da questi contro di essa. Questa utilità,
piccola o grande che sia, sussisterebbe in tutti i casi, con la con
seguenza che la necessità d'integrazione non ricorrerebbe mai: con
seguenza inaccettabile perché urta contro la premessa che l'art.
102 si riferisce — ripetesi — anche a situazioni sostanziali non
specificamente previste dalla legge, nelle quali pure la decisione
va pronunciata anche nei confronti di soggetti inizialmente non
partecipanti al processo.
Deve, pertanto, trattarsi di un'utilità ben diversa che non può essere se non l'utilità che la pronuncia sia idonea a fornire in
ordine al soddisfacimento dell'interesse tutelato dalla legge ed a
tutela del quale essa è demandata al giudice, e senza che a tal
fine occorra il promuovimento di azioni successive, aventi lo stes
so oggetto, contro soggetti diversi. In tal senso l'espressione «Se
la decisione non può pronunciarsi che nei confronti di più par ti ...» va logicamente cosi (intesa e) completata: «... perché abbia l'effetto che l'attore si è ripromesso di perseguire col do
mandarla», e sempre che i termini «interesse» ed «effetto» siano
strettamente inerenti al mantenimento od al conseguimento di un
bene della vita.
Ciò premesso, e tornando alla questione oggetto del secondo
motivo, non può dubitarsi che nella specie sussista la necessità
del litisconsorzio nei confronti dei proprietari dei fondi che, oltre
quello di proprietà dei convenuti, si frappongono tra il fondo
degli attori, supposto precluso, e la via pubblica (diversa è la
questione — di cui la corte non deve occuparsi perché estranea
al disputatum — se la necessità del litisconsorzio sussista nella
specie in cui il fondo supposto intercluso possa essere collegato
alla via pubblica attraverso l'uno o l'altro dei fondi ad esso con
tigui e l'attore rivolga l'azione contro uno solo o, comunque,
non contro tutti i proprietari di tali fondi). La giurisprudenza (seguendo un indirizzo affermatosi già nel
vigore del vecchio codice: Cass. 2843/39, Foro it., 1939, I, 1374,
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3463 PARTE PRIMA 3464
tra le altre) è stata costantemente contraria (631/60 id., I960,
I, 757; 1582/63, id., Rep. 1963, voce Servitù, n. 84; 2671/64,
id., Rep. 1964, voce Procedimento civile, n. 136; 1182/66, id.,
Rep. 1966, voce Servitù, n. 136; 1612/67, id., Rep. 1967, voce
cit., n. 95; 1856/68, id., Rep. 1968, voce cit., n. 181; 2825/69,
id., Rep. 1969, voce cit., nn. 164, 165; 451/71, id., Rep. 1971, voce cit., n. 119; 2072/74, id., Rep. 1974, voce cit., n. 110;
1105/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 39; 5291/79, id., Rep. 1979, voce Intervento in causa, n. 14; 160/81, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 14; 3601/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 21; 5829/84, id., Rep. 1984, voce Servitù, n. 26) adducendo che la sentenza
pronunciata nei confronti di taluno soltanto dei proprietari dei
fondi da asservire non è inutiliter data, «ben potendo l'attore, a completamento del passaggio, proporre domande separate nei
confronti degli altri proprietari o stipulare con loro distinti
accordi».
In senso conforme si è pronunciata soltanto la sent. n. 2205/84
{ibid., n. 25) adducendo: che il problema dell'interclusione va
risolto in modo unitario rispetto a tutti i fondi interposti e non
«frazionatamente e con tempi diversi» per ciascuno di essi, non
potendo la scelta del tracciato (più idoneo) prescindere dalla con
temporanea consecuzione di un segmento all'altro; che un accer
tamento limitato al fondo del proprietario convenuto non attue
rebbe il collegamento tra il fondo intercluso e la strada pubblica,
«oggetto del petitum».
Queste sezioni unite non possono non seguire l'indirizzo segna to dalla sent. n. 2205/84 siccome in perfetta aderenza ai principi sopra enunciati.
La domanda che il proprietario del fondo intercluso propone ex art. 1051 c.c. non può avere ad oggetto che la costituzione
di un passaggio in via coattiva che gli consenta di raggiungere la strada pubblica (una domanda che, in ipotesi, avesse ad ogget to la costituzione di un passaggio coattivo sul fondo del vicino non per raggiungere la strada pubblica, dovrebbe essere rigettata
per mancanza di una condizione dell'azione, cioè di una norma
che tuteli un interesse cosi prospettato) e conseguentemente la
sentenza che l'accolga non può non imporre il passaggio in modo
che soddisfi la necessità di sbocco per cui è stata proposta. Ciò significa che il rapporto, per la costituzione del quale l'at
tore è legittimato ad agire e il giudice è dalla legge chiamato a
statuire, è un rapporto unico e inscindibile, che ha come soggetti passivi, in consorzio tra loro, tutti i diversi proprietari dei fondi consecutivamente frapponentisi tra quello dell'attore e la via
pubblica. D'altra parte, l'addurre, a sostegno della tesi contraria, la par
ziale utilità di una sentenza, che conceda il passaggio attraverso taluno soltanto dei fondi interposti, in vista di un completamento del tracciato da ottenersi in successivi giudizi o accordi con i pro prietari degli altri fondi, da un lato contrasta col principio per cui l'utilità che rende non necessario il litisconsorzio non può consistere nell'eliminazione della parte soccombente dalla schiera
degli oppositori, dall'altro manifestamente conferma l'inutilità di una sentenza che non fa conseguire all'attore il bene per il conse
guimento del quale egli ha agito in base all'art. 1051. Una sentenza siffatta è, infine, per le medesime ragioni inese
guibile perché non assolve la funzione, propria di ogni sentenza, di dichiarare e applicare il diritto del caso concreto, componendo un contrasto d'interessi. Se non sono presenti in causa i titolari
degli interessi in contrasto, è assimilabile ad una sentenza resa in un processo senza parti, cioè è una non-sentenza ovvero una sentenza inesistente.
In conclusione: poiché nel giudizio di primo grado doveva es sere integrato il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi interposti, questa corte deve, ex art. 383/3 in relazione all'art. 354 c.p.c., cassare la sentenza impugnata e rinviare la causa al primo giudice.
II
Processo. — 1. - Con la sentenza impugnata la corte di Tren
to, a conferma della sentenza di primo grado, accolse la doman da proposta da Marianne, Erick, Paula e Olga Pichler nonché da Adelinde Ploner ved. Pichler — quest'ultima anche quale le
gale rappresentante dei figli minori Adolf, Elsa e Paul Pichler, i primi due divenuti maggiorenni nel corso del giudizio di primo grado e costituitisi in appello — diretta ad ottenere la costituzio
II Foro Italiano — 1989.
ne in via coattiva di una servitù di passaggio, anche con veicoli
a trazione meccanica, a favore di un fondo di loro proprietà (ma so Holzer, con «casa di abitazione e rustica», P. ed. 39, C.C.
Spinga) ed a carico di un fondo di proprietà di Engelbert Lam
precht (p.f. 221 e p.f. 225/1). 2. - In relazione ai motivi del gravame proposto da Lamprecht,
la corte, tra l'altro, ritenne: à) che non era necessaria l'auto
rizzazione del giudice tutelare in ordine all'azione promossa da
Pichler in rappresentanza dei minori, poiché tale azione non era
relativa ad atti eccedenti l'ordinaria amministrazione; b) che non
era necessario integrare il contraddittorio nei confronti di certi
Robert Mair e Magdalena Vieland, l'attraversamento dei cui fon
di, interposti anch'essi fra quelli degli attori e la pubblica strada, era incluso nel tracciato da adottarsi per la costituzione della ser
vitù, in quanto gli attori avrebbero potuto proporre successiva,
separata domanda contro di loro ovvero acquisirne in via nego ziale il consenso e perciò la sentenza da emettere non si sarebbe
potuta considerare inutiliter data-, c) che, anche a non riconoscere i presupposti per la concessione della servitù ex art. 1051 c.c., come aveva fatto il primo giudice, vi erano quelli previsti dal
l'art. 1052.
3. - Lamprecht ricorre per i seguenti motivi:
I. Violazione dell'art. 320 c.c.: l'azione aveva ad oggetto un
atto di straordinaria amministrazione e quindi l'autorizzazione
del giudice tutelare era indispensabile. II. V. Violazione dell'art. 102 c.p.c.: avrebbe dovuto ordinarsi
l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Mair e Wie
land, l'attraversamento dei cui fondi pure era necessario per la
costituzione della servitù, in difetto di che la sentenza sarebbe
inutiliter data.
III-IV. Violazione dell'art. 196 c.p.c.: non sussistevano i gravi motivi richiesti da tale norma per la sostituzione, effettuata dal
giudice istruttore, del primo c.t.u.; il consulente tecnico nomina
to in sostituzione, peraltro, aveva ricevuto dall'«amministrazione
separata» dei beni di uso civico di Spinga un incarico che era
incompatibile con il mandato ricevuto dal giudice istruttore.
VI- VII. — Violazione degli art. 1051 e 1052 c.c.: la servitù
non poteva essere concessa perché chiesta non per le esigenze del
l'agricoltura ma per quelle, turistiche, della pensione in cui le
attrici avevano trasformato la «casa di abitazione e rustica»; que sta, inoltre non era interclusa perché collegata con una strada
pubblica («strada frazionale»). VIII-IX. Difetto di motivazione sul punto concernente la scelta
della servitù coattiva invece della sistemazione della strada fra
zionale, soluzione, questa, più conveniente.
4. - Marianne, Erich, Paula, Adolf, Elsa, Olga e Paul Pichler — quest'ultimo, ormai maggiorenne, in proprio — nonché Ade
linde Ploner hanno depositato controricorso.
Motivi. — (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 gen naio 1989, n. 107; Pres. Brancaccio, Est. Rebuffat, P.M.
Paolucci (conci, conf.); Istituto autonomo per le case popola ri di Macerata (Avv. Del Vecchio, Felici) c. Impresa Frapic cini (Avv. Stecconi), Min. lavori pubblici (Avv. dello Stato
Braguglia). Conferma Cons. Stato, ad. plen., 20 febbraio 1985, n. 3.
Opere pubbliche — Appalto — Revisione prezzf — Riconosci mento per determinati perìodi — Ricorso — Giurisdizione am
ministrativa — Estremi (D.l.c.p.s. 6 dicembre 1947 n. 1501, nuove disposizioni per la revisione dei prezzi contrattuali degli
appalti di opere pubbliche, art. 1, 4).
Poiché la determinazione, con la quale, nell'appalto di opere pub bliche, l'amministrazione limita il riconoscimento della revisio ne prezzi a determinati periodi di tempo con esclusione di altri, attiene all' an dell'operazione e non alla liquidazione, nel quan tum, di diritto già attribuito, la cognizione del ricorso contro
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