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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 3 febbraio...

Date post: 27-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 3 febbraio 1989, n. 671; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M. Sgroi V. (concl. conf.); Morseletto (Avv. Petrini, Lievore) c. Grassi (Avv. Mozzi, Caracuzzi). Cassa App. Venezia 30 luglio 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 3459/3460-3463/3464 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184317 . Accessed: 25/06/2014 05:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:20 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 3 febbraio 1989, n. 671; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M. Sgroi V. (concl. conf.); Morseletto

sezioni unite civili; sentenza 3 febbraio 1989, n. 671; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M.Sgroi V. (concl. conf.); Morseletto (Avv. Petrini, Lievore) c. Grassi (Avv. Mozzi, Caracuzzi).Cassa App. Venezia 30 luglio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 3459/3460-3463/3464Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184317 .

Accessed: 25/06/2014 05:14

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3459 PARTE PRIMA 3460

è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali

le proprie obbligazioni, essendo venute meno le condizioni di li

quidità e di credito necessarie alla relativa attività commerciale,

rimanendo irrilevante che l'attivo sia superiore al passivo (sent.

1980/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 176; 2055/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 136; 3095/81, id., Rep. 1981, voce cit., n.

182; 1067/80, ibid., n. 138; 3198/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 119).

Le doglianze mosse in questa sede alla sentenza impugnata non

sono idonee a scalfire la congruità e correttezza della motivazio

ne adottata dalla corte d'appello. Anzitutto è da escludere che le ragioni che hanno determinato

il dissesto (nella specie, secondo la tesi della ricorrente, la contin

gente situazione economica di altre società del gruppo), possano essere rilevanti neanche sotto questo profilo al fine di disconosce

re i presupposti della dichiarazione di fallimento. Dalla disciplina risultante dagli art. 6, 7 e 8 1. fall, risulta, infatti, che, una volta

accertato lo stato d'insolvenza dell'imprenditore, il tribunale è

obbligato a dichiararne il fallimento, qualunque sia la ragione che in concreto l'abbia determinata non sussistendo al riguardo valutazioni di opportunità che la legge non prevede (sent. n.

1980/85 cit.). Inoltre, non ha pregio l'assunto secondo cui la corte d'appello

avrebbe omesso di motivare nel punto decisivo che per le società

aventi ad oggetto attività edilizia — come appunto la ricorrente — il ciclo produttivo che consente il pagamento dei creditori si

realizza normalmente con la vendita degli immobili sociali, i qua li erano tutti nel patrimonio della società al momento della sua

dichiarazione di fallimento, onde prima di tale vendita poteva ritenersi fisiologica una sua illiquidità.

In contrario si osserva che, come risulta dalla motivazione del

l'impugnata sentenza, il programma costruttivo è stato interrotto

e non si è potuto concretamente realizzare non in seguito alla

dichiarazione di fallimento, ma per uno stato di impotenza eco

nomica della società che si era manifestato già prima con la gene ralizzata chiusura creditizia.

Né può replicarsi con fondamento che l'insufficienza dell'in

solvenza sarebbe attestata dal non avere alcun creditore presenta to istanza di fallimento, trattandosi di circostanza che — come

giustamente osservato dalla corte d'appello — deve ritenersi del

tutto irrilevante in base alla disciplina dell'art. 6 1. fall, che legit tima la procedura di ufficio della dichiarazione di fallimento da

parte del tribunale, a seguito della legale conoscenza della situa

zione di dissesto, indipendentemente dall'iniziativa di parte. 6. - In definitiva, sottraendosi la sentenza impugnata alle pro

poste censure, il ricorso deve essere respinto.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 feb

braio 1989, n. 671; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M.

Sgroi V. (conci, conf.); Morseletto (Avv. Petrini, Leevore) c. Grassi (Avv. Mozzi, Caracuzzi). Cassa App. Venezia 30

luglio 1983.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 feb

braio 1989, n. 670; Pres. Brancaccio, Est. Sammartino, P.M.

Sgroi V. (conci, conf.); Lamprecht (Aw. Pacifici) c. Pichler

(Aw. Marucchi). Cassa App. Trento 30 giugno 1983.

Intervento in causa e litisconsorzio — Servitù — Passaggio coat

tivo — Integrazione del contraddittorio — Necessità — Fatti

specie (Cod. proc. civ., art. 102; cod. civ., art. 1051).

Nel caso in cui tra il fondo intercluso e la via pubblica si frap

pongano in consecuzione tra loro una pluralità di fondi, la do

manda diretta alla costituzione di una servitù di passaggio che

implichi l'attraversamento di quei fondi deve essere proposta nei confronti di tutti i loro proprietari in qualità di litisconsorti

Il Foro Italiano — 1989.

necessari, tenuto conto che la sentenza emessa nei confronti di alcuni soltanto di essi non produrrebbe l'effetto che l'attore

si ripromette, rimanendo altresì insuscettibile di esecuzione. (1)

(1) I. - Le sentenze delle sezioni unite di Cassazione (della sent. 670/89

riproduciamo il Processo, ma non i Motivi identici a quelli della sent.

671/89), decidendo sul problena della necessità di integrazione del con

traddittorio nei confronti di tutti i proprietari dei fondi su cui debba

svolgersi il tracciato di una servitù coattiva di passaggio ex art. 1051 c.c., sembrano comporre un contrasto più dottrinario che giurisprudenziale. Come rilevano anche le sezioni unite in motivazione, la giurisprudenza della corte ha ripetutamente negato il ricorrere di un'ipotesi di litiscon

sorzio necessario tra tutti i proprietari dei fondi interposti tra quello in

tercluso e la via pubblica nel giudizio per la costituzione della servitù

di passaggio coattivo (v., oltre alle numerose pronunce citate in motiva

zione: Cass. 24 ottobre 1985, n. 5222, Foro it., Rep. 1985 voce Servitù, n. 8; 9 giugno 1983, n. 3958, id., Rep. 1983, voce cit., n. 14; 21 luglio 1980, n. 4778, id., Rep. 1980 voce Intervento in causa, n. 33), mentre

le uniche pronunce che sembrano discostarsi da tale uniforme orienta

mento giurisprudenziale sono Cass. 5 aprile 1984, n. 2205, id., Rep. 1984, voce Servitù, n. 25 (citata anche dalle sezioni unite); 14 luglio 1980, n.

4515, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 25, 26 (non richiamata invece dalle

sezioni unite). Nel panorama giurisprudenziale esistente, la decisione del

le sezioni unite di ravvisare nella fattispecie in esame un caso di litiscon

sorzio necessario, costituisce un indubbio cambiamento di indirizzo che

trae probabilmente spunto dal vivace dibattito che la dottrina ha svilup

pato sul punto. Alcuni autori hanno infatti sostenuto che il caso di specie costituirebbe

una tipica ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale cosicché la costi

tuzione del passaggio coattivo potrebbe realizzarsi soltanto attraverso la

chiamata in causa ex art. 102, 2° comma, c.p.c. di tutti i proprietari dei terreni che si susseguono tra il fondo intercluso e la via pubblica

(v. Messineo, Le servitù, Milano, 1949, 215; Branca, Servitù, in Com

mentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, sub art. 1051, 186; Fa

vara, in Riv. giur. edilizia, 1965, I, 1391; Schermi, in Giur. agr. it.,

1957, 500). In particolare si è rilevato che «la servitù (di passaggio coattivo) viene

imposta dalla legge in quanto si concreti nel mettere in comunicazione diretta il terreno intercluso con la via: posto ciò, come si potrebbe ordi

nare la costituzione del passaggio su un terreno che da solo non basta

a soddisfare quei bisogni del fondo dominante in nome dei quali si ricor

re alla norma in esame (art. 1051 c.c.)?» (cfr. Branca, op. cit., 188). Tuttavia, alla luce della giurisprudenza, anche in dottrina sembra pre

valere l'opinione che non è inutiliter data la sentenza pronunciata nei

confronti di alcuni soltanto dei proprietari soggetti all'attraversamento

coattivo, potendo il proprietario del fondo dominante provvedere separa tamente in via giudiziale o convenzionale nei confronti dei proprietari

pretermessi (cosi: Tamburrino, Le servitù, in Giur. sist. civ. comm. fon

data da W. Bigia vi, Torino, 1977, 581; Alvino, Determinazione deI pas saggio coattivo nell'ipotesi di più fondi intercludenti dal confine del fon do intercluso alla via pubblica, in Giust. civ., 1973, I, 659; B. Biondi, Le servitù, in Trattato diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1967, XII, 863

ss.). Si è precisato anche che, pur se «la servitù non raggiunge lo scopo

pratico che si proponeva il richiedente, cioè l'uscita sulla pubblica via

(. . .) ciò non porta ad escludere la servitù sul fondo giacché lo scopo pratico si raggiunge per mezzo di separati giudizi verso i proprietari degli altri fondi. Né si obietti il principio dell'indivisibilità giacché nel caso

presente abbiamo non un'unica servitù ma una pluralità di servitù con nesse in quanto tendenti al medesimo scopo» (cfr. Biondi, op. cit., 867). Nel timore che eventuali successivi giudizi per costituire il passaggio su tutti i fondi intermedi tra il terreno intercluso e la via pubblica possano concludersi con giudicati confliggenti, taluno ha ritenuto in questo caso necessario l'intervento iussu iudicis dei proprietari pretermessi ai sensi dell'art. 107 c.p.c. (v. Albano, Della proprietà, in Commentario Utet, Torino, 1958, III, tomo II, 415, n. 38).

II. - Avvertita l'esigenza di premettere alla decisione del caso di specie alcune considerazioni generali sul problema della natura giuridica del litis consorzio necessario, le sezioni unite della Cassazione risolvono il proble ma della determinazione dei casi in cui ricorre il litisconsorzio necessario ricorrendo al concetto-chiave di utilità della sentenza, di cui offrono una definizione che sembra essere stata mutuata quasi letteralmente dalle pa gine di un recente studio sul litisconsorzio ove significativamente si legge che l'utilità della sentenza sarebbe costituita «dall'idoneità» della pro nuncia stessa «a fornire all'attore quello che egli avrebbe diritto a conse

guire alla stregua delle disposizioni sostanziali» (G. Costantino, Contri buto allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 468).

Le sezioni unite sembrano tuttavia aver frainteso il pensiero dell'autore cui pare si siano rifatte allorché, dopo aver definito l'utilità della senten za come misura della capacità che essa può avere «a produrre l'effetto che l'attore si è ripromesso col domandarla», escludono a priori che pos sa avere una qualche utilità la sentenza emessa a contraddittorio non

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Processo. — 1. - Con la sentenza impugnata la corte di Vene

zia, in riforma della sentenza di primo grado, accolse la doman

da proposta da Pietro e Gino Grassi per ottenere la costituzione

in via coattiva di una servitù di passaggio a favore di un fondo

di loro proprietà (sottosuolo del mappale n. 30) della sezione A

del foglio I del comune censuario di Grancona, che essi intende

vano sfruttare come cava di pietre per edilizia) ed a carico di

un fondo di proprietà di Paolo e Leonardo Morseletto (sottosuo lo e suolo del mappale 349, stessa sezione e foglio dello stesso

comune) e di altro fondo finitimo di proprietà di Giuseppe Visen

tin e Valentino, Antonio e Luigi Spoladore (mappale 538). 2. - In relazione ai motivi del gravame proposto dai Grassi

la corte, tra l'altro, ritenne: a) che non era necessario far parteci

pare al giudizio anche i proprietari di altri fondi, interessati dal

tracciato della servitù sia per il tratto sottosuolo (strada comuna

le delle Zenchielle) sia per il tratto in superficie prossimo allo

sbocco sulla strada provinciale di Bocca d'Ascea (mappale 632

e 609) perché la sentenza da pronunciare non si sarebbe potuta considerare inutiliter data in quanto gli attori avrebbero potuto

proporre successive, separate domande contro di loro ovvero ac

quisirne il consenso in via negoziale; ti) non era di ostacolo alla

concessione della servitù — a norma dell'art. 1051 o, almeno, a norma dell'art. 1052 c.c. — il fatto che i Grassi erano proprie tari del sottosuolo, un tempo anch'esso sfruttato come cava, di

altri mappali confinanti con la strada provinciale e, senza solu

zione di continuità, col mappale 307 (in quanto non era possibile

collegare gli uni all'altro con galleria se non con «un eccessivo

dispendio di risorse economiche») né era applicabile l'art. 1054

(sul presupposto che i Grassi avrebbero potuto ottenere, da chi

aveva venduto loro il sottosuolo del mappale 307, rimanendo pro

prietario del suolo, la servitù d'apertura di un pozzo per l'estra

zione del materiale) poiché anche in tal caso, a giudizio del con

sulente tecnico, un impianto del genere non era possibile. 3. - I Morseletto ricorrono con i seguenti motivi:

I. Violazione dell'art. 196 c.p.c.: la corte, nel sostituire il con

sulente tecnico nominato dal primo giudice, non indicò i gravi motivi a cui la legge subordina tale sostituzione.

II. Violazione degli art. 1051 e 1052 c.c.: secondo il tracciato

proposto dal c.t.u. e fatto proprio dalla corte di merito, il pas

saggio non permette di raggiungere la pubblica via perché si arre

sta al confine con fondi interposti, appartenenti a soggetti estra

nei alla causa, sui quali gli attori non hanno alcun diritto di pas

saggio, e pertanto dette norme non sono applicabili. III. Violazione dell'art. 1052 c.c. e mancato esame di un punto

decisivo: il fondo Grassi non poteva considerarsi intercluso nean

che relativamente, confinando con la via pubblica.

IV. Violazione dell'art. 1054 c.c.: erroneamente la corte disap

plicò tale norma.

VI. Difetto di motivazione in ordine al punto decisivo per cui

il passaggio non era compatibile con la ripresa, nel sottosuolo

del mappale 349, dello sfruttamento della cava una volta eserci

tatavi.

integro sottolineandone l'incapacità «di assolvere la funzione propria di

ogni sentenza di dichiarare ed applicare il diritto nel caso concreto» e

cioè, in una parola, «l'inesistenza».

La lettura dello studio di Costantino — e ancora di più dell'«interpre tazione autentica» che l'autore ne ha dato in uno scritto successivo (Co

stantino, Osservazioni sulle prospettive di riforma della disciplina dei

processi con pluralità di parti, in Dir. e giur., 1984, 580) — evidenzia

al contrario che la sentenza pronunciata a contraddittorio non integro

per quanto possa dirsi inutile nel senso già sottolineato, giammai potreb be definirsi inesistente. Quella sentenza infatti sarebbe comunque efficace

inter partes ed i suoi effetti sarebbero coerenti con l'oggetto che viene

ad assumere il giudizio promosso da uno o verso uno soltanto dei sogget ti del rapporto plurisoggettivo dedotto in giudizio: sono gli effetti mera

mente vincolanti prodotti dal giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. e

costituiscono comunque un risultato utile per le parti presenti al processo

(cfr. Costantino, Osservazioni, cit., 543; e in Contributo, cit., 468, l'au

tore già parlava di «efficacia preliminare», di «minore utilità» appunto

per distinguere l'efficacia della sentenza inter pauciores data dall'effica

cia che la stessa avrebbe assunto se data nei confronti di tutti i litiscon

sorti necessari). [C. Brilli]

Il Foro Italiano — 1989.

4. - I Grassi hanno depositato controricorso.

Motivi. — Il secondo motivo va esaminato per primo (e gli altri ne restano assorbiti) poiché con esso i ricorrenti, al di là

degli articoli citati, hanno indubbiamente inteso riproporre la que stione in ordine alla necessità della partecipazione al processo dei

proprietari di altri fondi frapponentesi tra quello supposto inter

cluso e la via pubblica (e infatti sia nel controricorso che nelle

memorie di entrambe le parti la doglianza è trattata esclusiva

mente sotto questo profilo). È indispensabile premettere alcune considerazioni sulla natura

giuridica del litisconsorzio necessario.

La necessità che alle parti originarie del processo (la parte che

propone la domanda e la parte contro la quale la domanda è

proposta: art. 101 c.p.c. — Principio del contraddittorio) se ne

aggiungano altre (art. 102 c.p.c. — Litisconsorzio necessario) è

basata sulla ragione che la sentenza non possa pronunciarsi che

in confronto e delle prime e delle seconde contemporaneamente, in difetto di che la sentenza è inutiliter data anche per le stesse

parti presenti nel processo. Ciò accade non solo nei casi specificamente previsti dalla legge

— nei quali, pertanto, non v'è dubbio su quel che il giudice deve

ordinare — ma — com'è ormai generalmente ammesso — anche

in altri casi, a individuare i quali la dottrina e la prevalente giuris

prudenza son solite richiamarsi al concetto di «rapporto sostan

ziale plurisoggettivo unico», la cui intima inscindibilità deve tro

vare riscontro in un rapporto processuale parimenti plurisoggetti vo e inscindibile.

Conseguentemente il criterio discretivo fra litisconsorzio neces

sario e litisconsorzio facoltativo viene a risolversi nel criterio da

utilizzare per accertare quando un determinato rapporto pluri

soggettivo possa qualificarsi unico e inscindibile rispetto a tutti

i soggetti interessati, di modo che la sentenza resa a contradditto

rio non integro sia — come per i casi specificamente indicati dal

la legge — inutile anche per le parti in causa.

In assenza di specifici dati positivi desumibili dal cit. art. 102, non resta che fare ricorso ad altri principi generali del processo, a cui vanno correlate le particolari situazioni sostanziali dedotte

nelle varie specie. Intanto è bene — per ciò che si è detto — sgombrare il campo

dalla teoria per cui la sentenza resa a contraddittorio non integro avrebbe per la parte vittoriosa l'utilità di guadagnare la non op

posizione della parte soccombente rispetto alla domanda da pro

porre, in successivi processi, da essa medesima contro gli altri

soggetti pretermessi o da questi contro di essa. Questa utilità,

piccola o grande che sia, sussisterebbe in tutti i casi, con la con

seguenza che la necessità d'integrazione non ricorrerebbe mai: con

seguenza inaccettabile perché urta contro la premessa che l'art.

102 si riferisce — ripetesi — anche a situazioni sostanziali non

specificamente previste dalla legge, nelle quali pure la decisione

va pronunciata anche nei confronti di soggetti inizialmente non

partecipanti al processo.

Deve, pertanto, trattarsi di un'utilità ben diversa che non può essere se non l'utilità che la pronuncia sia idonea a fornire in

ordine al soddisfacimento dell'interesse tutelato dalla legge ed a

tutela del quale essa è demandata al giudice, e senza che a tal

fine occorra il promuovimento di azioni successive, aventi lo stes

so oggetto, contro soggetti diversi. In tal senso l'espressione «Se

la decisione non può pronunciarsi che nei confronti di più par ti ...» va logicamente cosi (intesa e) completata: «... perché abbia l'effetto che l'attore si è ripromesso di perseguire col do

mandarla», e sempre che i termini «interesse» ed «effetto» siano

strettamente inerenti al mantenimento od al conseguimento di un

bene della vita.

Ciò premesso, e tornando alla questione oggetto del secondo

motivo, non può dubitarsi che nella specie sussista la necessità

del litisconsorzio nei confronti dei proprietari dei fondi che, oltre

quello di proprietà dei convenuti, si frappongono tra il fondo

degli attori, supposto precluso, e la via pubblica (diversa è la

questione — di cui la corte non deve occuparsi perché estranea

al disputatum — se la necessità del litisconsorzio sussista nella

specie in cui il fondo supposto intercluso possa essere collegato

alla via pubblica attraverso l'uno o l'altro dei fondi ad esso con

tigui e l'attore rivolga l'azione contro uno solo o, comunque,

non contro tutti i proprietari di tali fondi). La giurisprudenza (seguendo un indirizzo affermatosi già nel

vigore del vecchio codice: Cass. 2843/39, Foro it., 1939, I, 1374,

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3463 PARTE PRIMA 3464

tra le altre) è stata costantemente contraria (631/60 id., I960,

I, 757; 1582/63, id., Rep. 1963, voce Servitù, n. 84; 2671/64,

id., Rep. 1964, voce Procedimento civile, n. 136; 1182/66, id.,

Rep. 1966, voce Servitù, n. 136; 1612/67, id., Rep. 1967, voce

cit., n. 95; 1856/68, id., Rep. 1968, voce cit., n. 181; 2825/69,

id., Rep. 1969, voce cit., nn. 164, 165; 451/71, id., Rep. 1971, voce cit., n. 119; 2072/74, id., Rep. 1974, voce cit., n. 110;

1105/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 39; 5291/79, id., Rep. 1979, voce Intervento in causa, n. 14; 160/81, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 14; 3601/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 21; 5829/84, id., Rep. 1984, voce Servitù, n. 26) adducendo che la sentenza

pronunciata nei confronti di taluno soltanto dei proprietari dei

fondi da asservire non è inutiliter data, «ben potendo l'attore, a completamento del passaggio, proporre domande separate nei

confronti degli altri proprietari o stipulare con loro distinti

accordi».

In senso conforme si è pronunciata soltanto la sent. n. 2205/84

{ibid., n. 25) adducendo: che il problema dell'interclusione va

risolto in modo unitario rispetto a tutti i fondi interposti e non

«frazionatamente e con tempi diversi» per ciascuno di essi, non

potendo la scelta del tracciato (più idoneo) prescindere dalla con

temporanea consecuzione di un segmento all'altro; che un accer

tamento limitato al fondo del proprietario convenuto non attue

rebbe il collegamento tra il fondo intercluso e la strada pubblica,

«oggetto del petitum».

Queste sezioni unite non possono non seguire l'indirizzo segna to dalla sent. n. 2205/84 siccome in perfetta aderenza ai principi sopra enunciati.

La domanda che il proprietario del fondo intercluso propone ex art. 1051 c.c. non può avere ad oggetto che la costituzione

di un passaggio in via coattiva che gli consenta di raggiungere la strada pubblica (una domanda che, in ipotesi, avesse ad ogget to la costituzione di un passaggio coattivo sul fondo del vicino non per raggiungere la strada pubblica, dovrebbe essere rigettata

per mancanza di una condizione dell'azione, cioè di una norma

che tuteli un interesse cosi prospettato) e conseguentemente la

sentenza che l'accolga non può non imporre il passaggio in modo

che soddisfi la necessità di sbocco per cui è stata proposta. Ciò significa che il rapporto, per la costituzione del quale l'at

tore è legittimato ad agire e il giudice è dalla legge chiamato a

statuire, è un rapporto unico e inscindibile, che ha come soggetti passivi, in consorzio tra loro, tutti i diversi proprietari dei fondi consecutivamente frapponentisi tra quello dell'attore e la via

pubblica. D'altra parte, l'addurre, a sostegno della tesi contraria, la par

ziale utilità di una sentenza, che conceda il passaggio attraverso taluno soltanto dei fondi interposti, in vista di un completamento del tracciato da ottenersi in successivi giudizi o accordi con i pro prietari degli altri fondi, da un lato contrasta col principio per cui l'utilità che rende non necessario il litisconsorzio non può consistere nell'eliminazione della parte soccombente dalla schiera

degli oppositori, dall'altro manifestamente conferma l'inutilità di una sentenza che non fa conseguire all'attore il bene per il conse

guimento del quale egli ha agito in base all'art. 1051. Una sentenza siffatta è, infine, per le medesime ragioni inese

guibile perché non assolve la funzione, propria di ogni sentenza, di dichiarare e applicare il diritto del caso concreto, componendo un contrasto d'interessi. Se non sono presenti in causa i titolari

degli interessi in contrasto, è assimilabile ad una sentenza resa in un processo senza parti, cioè è una non-sentenza ovvero una sentenza inesistente.

In conclusione: poiché nel giudizio di primo grado doveva es sere integrato il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi interposti, questa corte deve, ex art. 383/3 in relazione all'art. 354 c.p.c., cassare la sentenza impugnata e rinviare la causa al primo giudice.

II

Processo. — 1. - Con la sentenza impugnata la corte di Tren

to, a conferma della sentenza di primo grado, accolse la doman da proposta da Marianne, Erick, Paula e Olga Pichler nonché da Adelinde Ploner ved. Pichler — quest'ultima anche quale le

gale rappresentante dei figli minori Adolf, Elsa e Paul Pichler, i primi due divenuti maggiorenni nel corso del giudizio di primo grado e costituitisi in appello — diretta ad ottenere la costituzio

II Foro Italiano — 1989.

ne in via coattiva di una servitù di passaggio, anche con veicoli

a trazione meccanica, a favore di un fondo di loro proprietà (ma so Holzer, con «casa di abitazione e rustica», P. ed. 39, C.C.

Spinga) ed a carico di un fondo di proprietà di Engelbert Lam

precht (p.f. 221 e p.f. 225/1). 2. - In relazione ai motivi del gravame proposto da Lamprecht,

la corte, tra l'altro, ritenne: à) che non era necessaria l'auto

rizzazione del giudice tutelare in ordine all'azione promossa da

Pichler in rappresentanza dei minori, poiché tale azione non era

relativa ad atti eccedenti l'ordinaria amministrazione; b) che non

era necessario integrare il contraddittorio nei confronti di certi

Robert Mair e Magdalena Vieland, l'attraversamento dei cui fon

di, interposti anch'essi fra quelli degli attori e la pubblica strada, era incluso nel tracciato da adottarsi per la costituzione della ser

vitù, in quanto gli attori avrebbero potuto proporre successiva,

separata domanda contro di loro ovvero acquisirne in via nego ziale il consenso e perciò la sentenza da emettere non si sarebbe

potuta considerare inutiliter data-, c) che, anche a non riconoscere i presupposti per la concessione della servitù ex art. 1051 c.c., come aveva fatto il primo giudice, vi erano quelli previsti dal

l'art. 1052.

3. - Lamprecht ricorre per i seguenti motivi:

I. Violazione dell'art. 320 c.c.: l'azione aveva ad oggetto un

atto di straordinaria amministrazione e quindi l'autorizzazione

del giudice tutelare era indispensabile. II. V. Violazione dell'art. 102 c.p.c.: avrebbe dovuto ordinarsi

l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Mair e Wie

land, l'attraversamento dei cui fondi pure era necessario per la

costituzione della servitù, in difetto di che la sentenza sarebbe

inutiliter data.

III-IV. Violazione dell'art. 196 c.p.c.: non sussistevano i gravi motivi richiesti da tale norma per la sostituzione, effettuata dal

giudice istruttore, del primo c.t.u.; il consulente tecnico nomina

to in sostituzione, peraltro, aveva ricevuto dall'«amministrazione

separata» dei beni di uso civico di Spinga un incarico che era

incompatibile con il mandato ricevuto dal giudice istruttore.

VI- VII. — Violazione degli art. 1051 e 1052 c.c.: la servitù

non poteva essere concessa perché chiesta non per le esigenze del

l'agricoltura ma per quelle, turistiche, della pensione in cui le

attrici avevano trasformato la «casa di abitazione e rustica»; que sta, inoltre non era interclusa perché collegata con una strada

pubblica («strada frazionale»). VIII-IX. Difetto di motivazione sul punto concernente la scelta

della servitù coattiva invece della sistemazione della strada fra

zionale, soluzione, questa, più conveniente.

4. - Marianne, Erich, Paula, Adolf, Elsa, Olga e Paul Pichler — quest'ultimo, ormai maggiorenne, in proprio — nonché Ade

linde Ploner hanno depositato controricorso.

Motivi. — (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 gen naio 1989, n. 107; Pres. Brancaccio, Est. Rebuffat, P.M.

Paolucci (conci, conf.); Istituto autonomo per le case popola ri di Macerata (Avv. Del Vecchio, Felici) c. Impresa Frapic cini (Avv. Stecconi), Min. lavori pubblici (Avv. dello Stato

Braguglia). Conferma Cons. Stato, ad. plen., 20 febbraio 1985, n. 3.

Opere pubbliche — Appalto — Revisione prezzf — Riconosci mento per determinati perìodi — Ricorso — Giurisdizione am

ministrativa — Estremi (D.l.c.p.s. 6 dicembre 1947 n. 1501, nuove disposizioni per la revisione dei prezzi contrattuali degli

appalti di opere pubbliche, art. 1, 4).

Poiché la determinazione, con la quale, nell'appalto di opere pub bliche, l'amministrazione limita il riconoscimento della revisio ne prezzi a determinati periodi di tempo con esclusione di altri, attiene all' an dell'operazione e non alla liquidazione, nel quan tum, di diritto già attribuito, la cognizione del ricorso contro

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