sezioni unite civili; sentenza 5 dicembre 1987, n. 9101; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P.M.Virgilio (concl. conf.); Aiello (Avv. Ferretti, Barbagallo) c. Min. finanze (Avv. dello StatoPalatiello). Cassa Comm. trib. centrale 23 novembre 1984, n. 10186Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3367/3368-3371/3372Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181554 .
Accessed: 25/06/2014 03:40
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 03:40:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3367 PARTE PRIMA 3368
chiara e precisa (cfr. anche Corte di giustizia delle Comunità eu
ropee 6 maggio 1980, causa 874/79, id., 1980, IV, 365; 14 dicem
bre 1976, causa 24/76, cit.). In detta decisione si è anche significativamente ritenuto — e
ciò vale a ulteriore conforto delle esposte considerazioni di queste sezioni unite — che per le polizze di carico il semplice fatto che
nel retro del modulo sia stampata una clausola derogativa non
soddisfa i requisiti dell'art. 17, ma che il requisito della «clausola
scritta» è rispettato solo se il caricatore abbia espresso per iscritto
il proprio consenso quanto alle condizioni contenenti detta clau
sola, fornendosi in tal modo la garanzia che la controparte abbia
effettivamente aderito alla clausola derogativa. Inoltre — in aderenza alle indicazioni della cennata sentenza
— è doveroso rilevare che nella specie la parte che ha invocato
la detta clausola derogativa della giurisdizione italiana non ha
dato prova — e per vero neppure dedotto — che la clausola in
parola avesse costituito oggetto di un pregresso accordo verbale
delle parti che la concernesse espressamente e di cui la polizza dovesse rappresentare la conferma scritta, né la circostanza che
la stessa polizza rientrasse nell'ambito dei rapporti commerciali
correnti e che gli stessi nel loro insieme sono disciplinati dalle
condizioni generali contenenti quella clausola.
Il risultato della anzidetta disamina di queste sezioni unite —
giudice anche del fatto in materia di competenza e giurisdizione — è la constatazione dell'inosservamza delle forme prescritte dal
l'art. 17 della convenzione di Bruxelles secondo l'interpretazione della corte del Lussemburgo, per cui, agli effetti della deroga alla
giurisdizione, il documento, sottoscritto da entrambi i contraenti, deve contenere un richiamo espresso delle condizioni generali stam
pate a tergo, fra le quali sia stata inserita la clausola in questio ne. Ne consegue che in mancanza di tale espresso richiamo alle
condizioni generali (ancorché non specifico, come esigerebbe, in
vece, l'art. 1341 c.c. in relazione all'art. 2 c.p.c.), la clausola
a stampa, contenente la convenzione di deroga alla giurisdizione, non è valida ed efficace fra le parti e non è, quindi — come
si è detto — opponibile neppure al terzo portatore della polizza.
Pertanto, si deve ritenere che la società Forestale Veneta abbia
ritualmente adito il Tribunale di Trieste per chiedere la condanna
del vettore, tramite la raccomandataria soc. Adriacostanzi, al ri
sarcimento del danno (per avaria delle merci trasportate) e che
erroneamente il detto tribunale abbia declinato la giurisdizione in favore del giudice tedesco (Amburgo) in forza della esaminata
clausola derogativa della giurisdizione, dovendosi, per contro, in
ragione dell'accertata invalidità ed inefficacia di tale clausola ri
conoscere la giurisdizione del giudice italiano, senza che la prete sa individuazione territoriale di esso in un tribunale (Gorizia), diverso da quello adito, possa utilmente più proporsi in questa sede di riparto della giurisdizione con il profilo cosi ex novo in vocato a termini dell'art. 5, n. 1, della convenzione di Bruxelles.
Al riguardo, va ricordato che il (concorrente) criterio ex art.
5, n. 1, cit. in relazione al «luogo di esecuzione» dell'obbligazio ne dedotta in giudizio deve essere inteso — anche alla stregua dei principi affermati dalla Corte di giustizia Ce con le sentenze
n. 12 e n. 14 del 1966 — nel senso che l'obbligazione è quella
corrispondente al diritto fatto valere — restando il luogo di ese
cuzione individuabile secondo il diritto sostanziale applicabile in
base al diritto internazionale privato del giudice adito — con la
conseguenza che anche nel caso di domanda di risoluzione con
trattuale o di risarcimento del danno (come nella specie) deve
aversi riguardo all'obbligazione contrattuale la cui inosservanza
è posta a fondamento della pretesa (v., tra le altre, Cass. 1° otto
bre 1980, n. 5338, id., Rep. 1980, voce cit., n. 42; 12 giugno
1984, n. 3479, id., Rep. 1984, voce cit., n. 53).
Peraltro, deve ritenersi che allorquando — come nel caso che
ne occupa — l'anzidetto criterio del luogo di esecuzione dell'ob
bligazione (dedotta in giudizio) trovi applicazione in relazione al
la affermazione della giurisdizione con riguardo al giudice nazionale
adito in materia contrattuale, l'eventuale contestazione dell'esat
ta individuazione dell'organo giurisdizionale, competente per ter
ritorio, di detto giudice al riscontro di quel criterio non ne
comporta il venir meno, né tanto meno una incidenza (negativa) nell'attribuzione della giurisdizione a quel giudice nazionale, ben
sì' si pone soltanto sul piano (interno) della competenza (per terri
torio) del giudice adito con la conseguenza che la relativa questione
potrà e dovrà essere — a pena di decadenza — oggetto di neces
II Foro Italiano — 1988.
saria e tempestiva deduzione — come, nella specie, non si è fatto
dalla parte resistente — a norma e nei limiti dell'art. 38 c.p.c. In conclusione deve essere accolto il ricorso proposto dalla so
cietà Forestale Veneta e, cassata l'impugnata sentenza del Tribu
nale di Trieste, le parti vanno rimesse allo stesso tribunale per il giudizio.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 5 di
cembre 1987, n. 9101; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P.M.
Virgilio (conci, conf.); Aiello (Avv. Ferretti, Barbagallo) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Palatiello). Cassa Comm.
trib. centrale 23 novembre 1984, n. 10186.
Complementare sul reddito (imposta) — Cumulo dei redditi tra
coniugi — Dichiarazione di incostituzionalità — Pendenza di
controversia riguardante il cumulo — Dichiarazione di decu
mulo — Esclusione (L. 12 novembre 1976 n. 751, norme per la determinazione e riscossione delle imposte sui redditi dei co
niugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in mate
ria tributaria, art. 4, 5).
Ai fini dell'imposta complementare sul reddito, la dichiarazione
di 'decumulo' prevista dagli art. 4 e 5 I. 12 novembre 1976
n. 751 non va presentata nei casi in cui, alla data del 22 giugno 1976 (giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzet
ta ufficiale della sentenza della Corte costituzionale 179/76), sia pendente una controversia riguardante il cumulo dei redditi
dei coniugi. (1)
Motivi della decisione. — (Omissis). Con il terzo motivo, il
ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 2
e 4 1. 12 novembre 1976 n. 751, in relazione agli art. 131 e 139
t.u. n. 645 del 1958 ed all'art. 360, n. 3, c.p.c. osservando che
(come era stato riconosciuto dalla Commissione centrale) l'accer
tamento dell'imposta complementare era contestato anche in or
dine all'illegittimità del cumulo e che la controversia era pendente alla data del 22 luglio 1976 (giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della sentenza della Corte cost.
(1) L'intervento delle sezioni unite, nel porre termine all'andamento incerto della giurisprudenza espressa dalle sezioni semplici della Cassazio
ne, investe la delicata problematica circa l'efficacia delle pronunzie della
Corte costituzionale (nella specie, sent. 14 luglio 1976, n. 179, Foro it., 1976, I, 2035, con nota di richiami, sull'illegittimità delle norme che di
sciplinano l'istituto del cumulo dei redditi tra coniugi). Il principio generale applicato è quello, ormai indiscusso in base al
quale le dichiarazioni di incostituzionalità sono fornite di un'efficacia re troattiva che si arresta esclusivamente al cospetto di rapporti giuridici già definiti (oltre ai richiami contenuti in motivazione, v., con specifico riguardo alla materia tributaria, Cass. 21 giugno 1988, n. 4223, id., 1988, I, 2184, in tema di Ilor su redditi da lavoro autonomo).
Muovendosi in tale contesto, la pronunzia in epigrafe si caratterizza
per una coerente proposta interpretativa dell'art. 4 1. 12 novembre 1976 n. 751, capace di delineare un quadro armonico tra gli effetti della citata decisione dei giudici della Consulta e l'inevitabile complessità delle solu zioni normative conseguentemente adottate in materia.
La conclusione raggiunta (non necessarietà della c.d. 'dichiarazione di
decumulo') aveva già trovato accoglimento in analoghe circostanze: v., da ultimo, Cass. 21 gennaio 1985, n. 184, id., 1985, I, 1062, con nota di richiami.
Nella giurisprudenza tributaria va segnalata, in senso conforme, Comm. trib. centrale 26 marzo 1985, n. 2931, id., Rep. 1985, voce Complementa re sul reddito (imposta), n. 3.
Su talune ipotesi applicative dell'art. 4 1. cit., v. Comm. trib. centrale 19 febbraio 1988, n. 1634, Comm. trib. centr., 1988, I, 178; 25 ottobre
1986, n. 6254, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 19; 2 agosto 1986, n.
6742, id., Rep. 1986, voce cit., n. 5. Le norme di cui agli art. 4 e 5 1. cit., sono anch'esse passate al vaglio
della Corte costituzionale; cfr. sent. 15 novembre 1985, n. 248, id., 1986, I, 336, con nota di richiami, e ord. 17 aprile 1985, n. 110, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1.
In dottrina, sulle tematiche del 'cumulo' e relativi profili di legittimità costituzionale, v. F. Belisario, Redditi (cumulo dei), voce del Novissimo
digesto, appendice, Torino, 1986, VI, 378.
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 03:40:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
15 luglio 1976, n. 179, Foro it., 1976 I, 2035), mentre la decisio
ne di primo grado era intervenuta il 25 marzo 1977 e cioè succes
sivamente, per cui il giudice doveva disapplicare la norma
dichiarata incostituzionale, discutendosi nel giudizio sull'entità del
reddito e del cumulo dei redditi fra i coniugi agli effetti dell'im
posta complementare, senza che fosse necessaria alcuna istanza
di separazione in sede amministrativa.
Il motivo è fondato. La questione che ne forma oggetto è stata
decisa nel senso della necessità in ogni caso dell'istanza in sede
amministrativa ex art. 4 e 5 1. n. 751, da Cass. 26 maggio 1980,
n. 3438 (id., Rep. 1980, voce Complementare su! reddito (impo
sta), n. 10, nell'ipotesi di opposizione della moglie all'esecuzione
esattoriale contro il marito); da Cass. 9 ottobre 1981, n. 5306
(id., Rep. 1981, voce cit., n. 18, nell'ipotesi generale di pendenza del giudizio tributario con riguardo a redditi dei coniugi cumula
ti); da Cass. 26 giugno 1984, n. 3716 (id., Rep. 1984, voce Reddi
to delle persone fisiche (imposta sul), n. 144, nell'ipotesi di reddito
ai fini dell'imposta complementare accertato nei confronti della
moglie e successivamente iscritto a ruolo nei confronti del mari
to, in un caso in cui la decisione di primo grado sulla contesta
zione del marito era intervenuta il 26 maggio 1979, dopo la
sentenza della Corte costituzionale).
Hanno, invece, ritenuto non necessaria l'istanza amministrati
va Cass. 11 maggio 1981, n. 3091 (id., Rep. 1981, voce cit., n.
171, in ipotesi di giudizio relativo a cumulo di redditi dichiarati separatamente dai coniugi in data anteriore alla sentenza della
Corte costituzionale); Cass. 21 gennaio 1985, n. 184 (id., 1985,
I, 1062, in ipotesi di giudizio pendente dinanzi alla commissione
di primo grado, prima della pubblicazione della sentenza della
Corte costituzionale, nel quale il marito — che non aveva denun
ziato i redditi della moglie — aveva contestato che sussistessero
dei redditi della moglie tassabili e quindi cumulateli con quelli
propri). Queste sezioni unite ritengono che debba confermarsi il secon
do indirizzo, aderente alla interpretazione logica e letterale della
1. n. 751, nonché al principio fondamentale secondo cui le norme
delle leggi oridinarie devono interpretarsi nel senso in cui siano
conformi alla Costituzione, piuttosto che in senso ad essa contrario.
Nella specie viene in considerazione l'art. 136 Cost, secondo
cui quando la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costitu
zionale di una norma di legge, la norma cessa di avere efficacia
dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
È noto che il modo di operare della dichiarazione di incostitu
zionalità è stato oggetto di una vastissima elaborazione giurispru
denziale (se ne veda una completa esposizione nella sentenza di
queste sez. un. 9 aprile 1984, n. 2274, id., 1984, I, 1228): elabo
razione nella quale — fermo il principio della piena retroattività,
salvi i casi delle situazioni esaurite, del giudicato o di altre pre
clusioni per effetto di norme diverse non colpite dalla dichiara
zione di incostituzionalità — si è distinto fra norme sostanziali
e norme processuali, nonché, in ordine a queste ultime, fra appli
cazione diretta od indiretta delle stesse.
Tuttavia anche tale distinzione deve ritenersi superata dalle più
recenti pronunce, secondo le quali non può distinguersi fra atto
sostanziale ed atto processuale ed in quest'ultimo caso non può
invocarsi la regola tempus regit actum, perché essa riguarda la
successione temporale di leggi, mentre non può operare nelle ipo
tesi di illegalità costituzionale, che comporta un vizio che inficia
ab origine la legge, in contrasto con la disposizione costituzionale.
Si deve sottolineare un rilievo decisivo: è lo stesso meccanismo
della dichiarazione incidentale di illegittimità costituzionale (con
dizionamento alla rilevanza di tale dichiarazione nel processo in
corso) che comporta l'applicabilità retroattiva della sentenza di
accoglimento della Cort. costituzionale.
Invero, tale giudizio di rilevanza può riguardare dati già com
piuti anteriormente, che devono essere valutati alla stregua di una
norma sospettata di incostituzionalità e che (dopo la dichiarazio
ne di incostituzionalità) saranno valutati appunto senza tener conto
di tale norma.
Applicando il suddetto fondamentale principio al caso (nel quale
l'Aiello — che non aveva dichiarato i redditi della moglie cumu
landoli nella propria dichiarazione, peraltro negativa, mentre nei
confronti della moglie pendeva separato giudizio sui redditi da
lei dichiarati ed accertati in misura maggiore — l'Aiello, si dice
va, fin dal giudizio di primo grado aveva contestato l'accerta
li. Foro Italiano — 1988.
mento d'imposta nel quale erano cumulati i redditi della moglie con quelli maggiori accertati nei suoi diretti confronti, oltre che
per motivi attinenti a quest'ultimo punto, anche espressamente
perché «il cumulo era illegittimo», senza ulteriori precisazioni) la commissione di primo grado, se avesse deciso prima del 22
luglio 1976, avrebbe avuto un'alternativa: o applicare direttamente
le norme allora vigenti che prevedevano il cumulo (si trattava
delle norme del t.u. n. 645 del 1958, perché la controversia ri
guardava l'imposta complementare sul reddito del 1969) e riget tare su questo punto il ricorso; ovvero sollevare questione di
illegittimità costituzionale delle norme stesse e sospendere il giu dizio in corso, attesa la evidente rilevanza della soluzione della
questione su di esso.
Poiché il giudice tributario di primo grado ha deciso nel 1977,
è evidente che — mentre non era praticabile la prima alternativa,
perché avrebbe comportato l'applicazione in giudizio di una nor
ma già dichiarata incostituzionale — la seconda alternativa era
assorbita dalla già intervenuta dichiarazione di incostituzionalità
con la sentenza 179 del 1976, che comportava l'illegittimità del
cumulo.
Occorre verificare se la suddetta conclusione (che discende de
plano da principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza di
questa corte: oltre Cass. n. 2274 del 1984, cit., cfr. Cass. 9 marzo
1982, n. 1480, id., Rep. 1982, voce Corte costituzionale, n. 66;
12 marzo 1983, n. 1860, id., Rep. 1983, voce cit., n. 78) debba
essere modificata per effetto dell'applicazione della 1. n. 751.
La risposta è negativa, di modo che non si pone neppure un
eventuale problema di illegitimità costituzionale dell'art. 4 di tale
legge, per contrasto con l'art. 136 Cost.
L'art. 4 prevede due ipotesi. La prima è quella in cui alla data
del 22 luglio 1976 il reddito complessivo dichiarato o accertato
in via definitiva ai fini dell'imposta complementare era compren sivo di redditi della moglie del contribuente e la relativa imposta non era stata interamente pagata.
Si tratta di un caso in cui, per effetto della definitività dell'ac
certamento in data anteriore al 22 luglio 1976, non era più possi
bile contestare il medesimo accertamento, in base alla dichiarazione
sopravvenuta di incostituzionalità del cumulo.
Invero, in questo caso non pendeva il rapporto tributario se
non con riguardo al pagamento dell'imposta, ancora non effet
tuato integralmente, e si proponeva il delicato problema (già agi
tatosi a proposito della dichiarazione di incostituzionalità delle
norme in materia di imposta sulle aree fabbricabili di cui alla
1. n. 246 del 1963) se sopravviva un'azione di ripetizione di inde
bito rispetto alla preclusione dei ricorsi previsti dal contenzioso
tributario. La legge ha considerato «non esaurito» il rapporto
nel quale, pur essendo definitivo l'accertamento, l'imposta non
era stata pagata; ipotesi nella quale l'applicazione della sentenza
della Corte costituzionale era assai poblematica, appunto perché il titolo di riscossione si era formato anteriormente.
Si tratta, dunque, di un'estensione del decumulo, secondo gli
auspici contenuti nell'ultima parte della sentenza della Corte co
stituzionale, che invitavano il legislatore a predisporre un mecca
nismo di scelta fra cumulo e decumulo.
Tale meccanismo, come è noto, è stato predisposto, per il futu
ro ed anche per l'anno 1974 (cfr. Cass. 184 del 1985), ed è stato
esteso agli anni anteriori, nel quale il cumulo non riguardava l'Ir
pef, ma l'imposta complementare sul reddito, dall'art. 4, in un
caso in cui il rapporto tributario avrebbe potuto considerarsi esau
rito e quindi insensibile alla pronuncia di incostituzionalità del
cumulo, valorizzando il dato di fatto del non totale assolvimento
dell'obbligo tributario mediante il pagamento dell'intera imposta.
Pertanto, la circostanza che la legge abbia previsto la necessità
di una domanda in via amministrativa si spiega per più ordini
di ragioni: a) perché non era pendente alcun giudizio; b) perché
il reddito era stato dichiarato in via cumulata, senza contestazio
ne; c) perché la contestazione (in alternativa rispetto a b) era sta
ta definita prima del 22 luglio 1976; d) perché si dava alle parti
una facoltà di scelta, per valutare la convenienza di un decumulo.
Per concludere, questo caso (che non comprende manifestamnte
quello che è oggetto del presente ricorso, nel quale la contestazione
era pendente, e riguardava proprio il cumulo) si presenta come un
allargamento e non già come una restrizione dell'efficacia della sen
tenza della Corte costituzionale n. 179, e quindi la legge ben poteva
aggiungere un onere di presentare una domanda in via
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 03:40:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3371 PARTE PRIMA 3372
amministrativa, al fine di ottenere dei risultati favorevoli che al
trimenti non si sarebbero potuti ottenere.
Il secondo caso è quello regolato dalla seguente norma: «La
richiesta può essere fatta anche nei casi in cui, pur essendo stata
interamente pagata l'imposta relativa al reddito dichiarato, prima dell'entrata in vigore della presente legge, sia stato notificato ac
certamento in rettifica o d'ufficio non divenuto definitivo alla
data del 22 luglio 1976».
Tale norma è stata ritenuta applicabile alla specie della Com
missione centrale, nella decisione qui impugnata, in quanto il ma
rito aveva impugnato l'accertamento di complementare per
illegittimità del cumulo e la controversia alla data del 22 luglio 1976 pendeva, per cui sarebbe stato onere di uno dei coniugi pre sentare la dichiarazione nel termine perentorio di cui all'art. 5
per ottenere la separazione dei redditi.
La suddetta interpretazione renderebbe evidente l'insorgere di
una questione di illegittimità costituzionale della normativa degli art. 4 e 5 della 1. n. 751, perché una legge ordinaria non può
porre delle condizioni speciali ed ulteriori che ostacolano l'imme
diata operatività delle sentenze della Corte costituzionale (art. 136
Cost., nel senso già esposto supra). La norma può e deve de plano interpretarsi in altro modo,
che esclude ogni sospetto di incostituzionalità e nel contempo di
mostra che il suo raggio d'azione si muove nella stessa logica della norma precedente già analizzata, allo scopo di allargare l'o
peratività della sentenza della Corte costituzionale a casi che in
essa non sarebbero rientrati, richiedendo anche in tal caso la scel
ta delle parti, per rispettare l'autonomia di decisione; scelta che
sarebbe stato assurdo di richiedere ancora una volta, nei casi nei
quali (come quello presente) essa era stata già operata preceden
temente, sia non dichiarando il reddito del coniuge, sia conte
stando il cumulo, per una qualsiasi ragione (cfr., esattamente,
Cass. 11 maggio 1981, n. 3091). Invero, la norma riguarda le ipotesi nelle quali, pur essendo
stata pagata l'imposta (e a maggior ragione se l'imposta non era
stata pagata) pendeva un giudizio non ancora definito sull'accer
tamento in rettifica e d'ufficio, per questioni diverse dal cumulo
dei redditi (e cioè sull'ammontare dell'imponibile, ovvero su esen
zioni, o su oneri deducibili o meno).
Questa interpretazione è convalidata dalla lettera dal 2° com
ma dell'art. 4 che regola le conseguenze della domanda, le quali sono: a) l'applicazione separata dell'imposta sui redditi di cia
scun coniuge; b) l'estinzione dei giudizi se riguardavano soltanto
redditi ed oneri della moglie; c) la prosecuzione dei giudizi ri
guardanti anche oneri e redditi del marito, ai soli fini della deci
sione delle relative questioni. Si osserva, infatti, che non si spiegherebbe, con l'interpretazio
ne data dalla Commissione centrale, l'estinzione del giudizio ri
guardante i redditi della moglie, di cui fosse contestato il cumulo
perché tali giudizi avrebbero dovuto concludersi non con l'estin
zione, ma con l'accoglimento della domanda di decumulo.
L'estinzione si spiega, invece, proprio sul presupposto che la
contestazione giudiziale non riguardasse di per sé (sotto qualsiasi
profilo) il cumulo, ma altri aspetti del reddito della moglie (il suo ammontare, le deduzioni, ecc.), per cui, mancata l'imputabi lità al marito del reddito, veniva a cessare la materia del conten
dere ed il giudizio doveva estinguersi. È da notare che alla stregua del sistema del cumulo, solo il
marito era il soggetto passivo (cfr. Corte cost. 15 luglio 1976, n. 179).
Nella stessa logica qui affermata si spiega la conseguenza sub
c): il giudizio proseguiva sulle relative questioni (diverse del cu
mulo) non coinvolte né dalla sentenza della Corte costituzionale
né dalla 1. n. 751.
In entrambi i casi, la legge ha inteso regolare giudizi pendenti aventi per oggetto questioni diverse dal cumulo, dando alle parti la facoltà di domandare in sede amministrativa un decumulo che
esse non avevano ancora chiesto in via giudiziaria, e cioè aggiun
gendo una facoltà che dalla sentenza della Corte costituzionale
non sarebbe discesa de plano.
Se, invece, il decumulo era stato già chiesto in via giudiziaria
(contestando, per qualsiasi ragione, il cumulo operato in sede di
dichiarazione ovvero dall'ufficio) il contribuente, sia che avesse
dichiarato il reddito della moglie, sia che non lo avesse dichiarato
e fosse poi insorto in entrambi i casi contro l'accertamento del
cumulo, non era soggetto all'onere della domanda in via ammini
strativa.
Il Foro Italiano — 1988.
Si deve richiamare anche la sentenza della Corte cost. 15 no
vembre 1985, n. 284 (id., 1986, I, 336; emessa relativamente a
norme che non devono essere applicate in questo giudizio, quale
quella dell'art. 4, ultimo comma, 1. n. 751) che ricorda come
l'art. 4 abbia inteso regolare situazioni transitorie tassative, in
cui l'obbligazione tributaria risultava o non ancora del tutto estinta
sul piano della mera esecuzione (prima ipotesi) ovvero estinta sul
piano dell'esecuzione, ma ancora pendente per un giudizio non
definito sull'accertamento (seconda ipotesi).
Concludendo, la decisione impugnata va cassata e la contro
versia va rimessa, per nuovo esame dinanzi alla Commissione tri
butaria centrale, la quale si adeguerà, relativamente al punto
cassato, al seguente principio: «Nel caso in cui il contribuente
(sia che abbia dichiarato, ai fini della imposta complementare sul reddito dovuta per gli anni 1973 e precedenti il reddito del
coniuge, sia che non lo abbia dichiarato) abbia contestato, per
qualsiasi ragione, dinanzi alla commissione tributaria di primo
grado il cumulo in data anteriore al 22 luglio 1976 ed il giudizio sia pendente a tale data anche relativamente alla suddetta que
stione, non vi è necessità di presentare la dichiarazione prevista
dagli art. 4 e 5 1. 12 novembre 1976 n. 751 in sede amministrati
va, in quanto il giudice deve applicare direttamente la sentenza
della Corte cost. n. 179 del 1976 nel giudizio in corso».
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 21 no
vembre 1987, n. 8597; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Che
rubini, P.M. Paolucci (conci, conf.); Pres. cons, ministri e
altro (Avv. dello Stato Criscuolo) c. Zappelli (Avv. Tacchi).
Regolamento preventivo di giurisdizione.
Deportati — Assegno vitalizio — Controversie — Giurisdizione
della Corte dei conti (Cost., art. 3, 25; d.p.r. 6 ottobre 1963
n. 2043, norme per la ripartizione della somma versata dal go verno della Repubblica federale di Germania, in base all'accor
do di Bonn del 2 giugno 1961, per indennizzi a cittadini italiani colpiti da misure di persecuzione nazionalsocialiste, art. 1; 1.
18 novembre 1980 n. 791, istituzione di un assegno vitalizio
a favore degli ex deportati nei campi di sterminio nazista K.Z.;
1. 6 ottobre 1986 n. 656, modifiche ed integrazioni alla norma
tiva sulle pensioni di guerra, art. 10).
Spetta alla giurisdizione della Corte dei conti la cognizione delle
controversie concernenti l'attribuzione dell'assegno vitalizio ai
deportati, ai sensi dell'art. 10 l. 6 ottobre 1986 n. 656 che deve
ritenersi non confliggente con i principi dettati dagli art. 3 e
25 Cost. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 7 feb
braio 1987, n. 1271; Pres. Brancaccio, Est. Cherubini, P.M.
Minetti (conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Stipo)
c. Antonilli. Regolamento preventivo di giurisdizione.
Deportati — Assegno vitalizio — Controversie — Giurisdizione
della Corte dei conti (D.p.r. 6 ottobre 1963 n. 2043, art. 1; 1. 18 novembre 1980 n. 791; 1. 6 ottobre 1986 n. 656, art. 10).
Spetta alla giurisdizione della Corte dei conti la cognizione delle
controversie concernenti l'attribuzione dell'assegno vitalizio ai
deportati secondo la l. 18 novembre 1980 n. 791. (2)
(1-2) Prima della 1. 656/86 era stata ritenuta spettante al giudice ordi
nario la competenza a decidere sulle controversie in materia di assegno vitalizio ex 1. 791/80 da Pret. Pordenone 28 giugno 1984, Foro it., Rep.
1985, voce Deportati, n. 4; cosi come al giudice ordinario è stata ricono
sciuta la competenza per la controversia promossa per concorrere alla
ripartizione delle somme versate dalla Germania ai sensi del d.p.r. 2043/63 da Cass. 2 marzo 1987, n. 2188, id., Mass., 367.
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 03:40:07 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions