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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 20 gennaio...

Date post: 31-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 20 gennaio 1989, n. 311; Pres. Brancaccio, Est. Tondo, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Inps (Avv. Vario, Ausenda, Starnoni) c. Vergano e altri. Cassa Trib. Vercelli 8 maggio 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 1509/1510-1521/1522 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183973 . Accessed: 24/06/2014 23:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.205 on Tue, 24 Jun 2014 23:02:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 20 gennaio 1989, n. 311; Pres. Brancaccio, Est. Tondo, P.M. DiRenzo (concl. conf.); Inps (Avv. Vario, Ausenda, Starnoni) c. Vergano e altri. Cassa Trib.Vercelli 8 maggio 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1509/1510-1521/1522Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183973 .

Accessed: 24/06/2014 23:02

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

suo puntuale riscontro — supera il mero profilo della stretta cor

rispettività economica nell'ambito del rapporto. Al che va tuttavia aggiunto che, se il riconoscimento di un di

ritto soggettivo non potrebbe in alcun caso essere negato sol per ché potrebbero commettersi abusi nel suo esercizio, è però evidente

che — a prescindere dall'introduzione di una specifica regola mentazione al riguardo — l'esigenza dell'ordinato e leale svolgi mento del rapporto e l'imprescindibile criterio collaborativo che

deve animarlo impogono al lavoratore di dare tempestivamente notizia al datore di lavoro della malattia che sia insorta durante

le ferie e di far si che il medesimo datore possa, ove lo ritenga, far effettuare i controlli di cui all'art. 5, 2° comma, 1. 20 maggio 1970 n. 300 da interpretare come estensivamente applicabile an

che a tale ipotesi.

Ove, poi, determinate situazioni (per es. per eventuale notevole

lontananza del lavoratore dal luogo della sua residenza abituale) fossero tali da impedire tempestivi controlli sanitari, il lavoratore

rimane tenuto a munirsi della pertinente documentazione medica,

che il datore di lavoro potrà far verificare dai servizi sanitari pub blici ai quali il lavoratore medesimo dovrà fornire i necessari chia

rimenti anamnestici, nel mentre in ogni caso, ove insorgano

specifiche contestazioni al riguardo, il giudice di merito dovrà

procedere alle relative indagini — tenuto conto delle deduzioni

delle parti — con l'adozione di un criterio particolarmente attento.

In base a tali ragioni la decisione del Tribunale di Torino si

rivela pertanto esatta e rimangono conseguentemente superati ogni

altro richiamo e ogni altra considerazione cosi come rimane as

sorbito il controricorso incidentale nel quale il lavoratore ha chie

sto (in via subordinata) che sia riconosciuta non manifestamente

infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del

la convenzione Oil n. 52 del 1936 ratificata con la 1. 2 agosto 1952 n. 1305 in relazione agli art. 2109 e 2110 c.c. per contrarietà

agli art. 3, 1° e 2° comma, 36, 2° comma (rectius evidentemente

3° comma), e 38, 2° comma, Cost, (ove) interpretato nel senso

che consentirebbe la computabilità dei giorni di malattia soprag

giunti nel periodo feriale.

Il ricorso principale della soc. Fiat Auto dev'essere quindi ri

gettato mentre quello incidentale del lavoratore dev'essere dichia

rato assorbito.

II

Motivi della decisione. — 1. - L'indagine deve prendere le mosse

dalla presa d'atto dell'emanazione della sentenza 30 dicembre 1987,

n. 616 della Corte costituzionale (Foro it., 1988, I, 1062) che,

per essere di accoglimento dell'eccezione sollevata, ha efficacia

abrogativa e taglia quindi corto con tutto il precedente dibattito

giurisprudenziale. Con tale pronuncia, appunto, il giudice delle

leggi ha dichiarato illegittimo l'art. 2109 c.c. nelle parti in cui

non prevede che la malattia insorta durante il periodo feriale ne

sospenda il decorso. Dovrebbe da ciò derivare de plano la fonda

tezza della pretesa azionata.

2. - Essa è stata però posta in discussione dalla difesa della

resistente, sul rilievo dell'attuale inesistenza di una disciplina di

dettaglio in materia, la cui concreta necessità è stata prospettata nella motivazione della sentenza su citata. È facile replicare che

a tale disciplina la corte ha fatto riferimento solo a sottolineare

il modo di azione ad alcune esigenze subito prima elencate (e

tra queste alcune sono prospettate in memoria costitutiva), non

quale condizione di efficacia dell'accoglimento dell'esecuzione e

quindi dell'abrogazione della norma.

3. - Quanto alle altre considerazioni riduttive della portata del

la pronuncia svolta in memoria costitutiva, è solo il caso di dire

che, a prescindere dalla fondatezza dei singoli rilievi, essi atten

gono all' iter argomentativo percorso dalla corte, non al conte

nuto decisorio dell'atto giurisdizionale. Sono, pertanto, di nessun

peso in questa sede.

4. - In definitiva il pretore deve prendere atto del decisum della

corte, come si è prima accennato, ex art. 136 Cost., ed accogliere

il ricorso.

Il Foro Italiano — 1989.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 20 gen naio 1989, n. 311; Pres. Brancaccio, Est. Tondo, P.M. Di

Renzo (conci, conf.); Inps (Aw. Vario, Ausenda, Starnoni) c. Vergano e altri. Cassa Trib. Vercelli 8 maggio 1986.

Previdenza sociale — Pensione — Riliquidazione — Ripetizione di indebito — Ambito di applicabilità (Cod. civ., art. 2033; r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, regolamento per l'esecuzione del

r.d. 30 dicembre 1923 n. 3184, concernente provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia, art. 80).

L'art. 80, 3° comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, che costituisce

eccezione alla regola generale della ripetizione di indebito sta

bilita dall'art. 2033 c.c., è applicabile non al solo provvedimen to di assegnazione originaria della pensione, ma anche ad ogni successivo atto di riliquidazione. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 giugno

1987, n. 4861; Pres. Santosuosso, Est. Ciciretti, P.M. Gaz

zara (conci, conf.); Inps (Avv. Belloni, Vario, Ausenda) c.

Ferrari (Avv. Agostini, Assennato). Conferma Trib. Reggio

Emilia 6 maggio 1983.

Previdenza sociale — Pensione — Perequazione automatica —

Somme erroneamente attribuite — Irripetibilità (Cod. civ., art.

2033; r.d. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 80).

Presupponendo l'applicabilità dell'art. 80, 3° comma, r.d. 28 ago

sto 1924 n. 1422 l'esistenza di un errore da parte dell'Inps (non

imputabile a dolo dell'interessato) di qualsiasi natura, da qua

lunque causa dipendente ed a qualunque atto riferibile relativo

alla liquidazione della pensione, l'irripetibilità delle somme in

debitamente erogate non può essere circoscritta alle sole ipotesi di errori concernenti l'originario atto di assegnazione, ma deve

riguardare anche gli errori inerenti a successive liquidazioni (nella

specie, si trattava di erronea determinazione delle somme attri

buite a titolo di perequazione automatica). (2)

(1-4) Le sezioni unite, con la sentenza n. 311/89 che si riporta, com

pongono un contrasto che doveva già ritenersi sostanzialmente appianato dall'altra sent. 654/86 che pure si riporta, e che si è però riproposto fra Cass. 12 dicembre 1986, n. 7446, Foro it., Rep. 1986, voce Previden

za sociale, n. 811 e 10 novembre 1987, n. 8295, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 836, che hanno affermato l'applicabilità dell'art. 80 r.d. 1244/24

alla sola «assegnazione» originaria della pensione, e Cass. 29 luglio 1986, n. 4849, id., Rep. 1986, voce cit., n. 817; 13 novembre 1986, n. 6678,

ibid., n. 815; 26 marzo 1987, n. 2956, id., Rep. 1987, voce cit., n. 847; 13 aprile 1987, n. 3687, ibid., n. 917 e 3 giugno 1987, n. 4861, in epigra fe, che si sono invece pronunciate per l'applicabilità anche ai successivi

provvedimenti: tesi ora ratificata dalle sezioni unite.

Tale impostazione si rivela in contrasto con l'interpretazione data dal

l'Inps all'art. 80, 3° comma, r.d. 1422/24 (v. deliberazione del consiglio di amministrazione dell'Inps n. 100 del 16 settembre 1977, riportata di

seguito alla presente nota) in base alla quale il principio che, ove siasi

verificato un errore nella liquidazione della pensione non riconducibile

a dolo dell'interessato, quest'ultimo non deve subire le conseguenze nega tive di tale erroneo comportamento dell'amministrazione, per come affer

mato da Cass. 7446/86 e 8295/87, cit., può trovare applicazione unicamente

nella fase di prima liquidazione della pensione. Tuttavia, se le maggiori novità interpretative sull'art. 80 r.d. 1422/24

si riferiscono alla individuazione della fase temporale in cui il fatto erro

neo si è prodotto, il punto centrale della problematica resta pur sempre

quello attinente alla individuazione del tipo di errore verificatosi nel cor

so della liquidazione (originaria o successiva) della pensione. Su tale pun to la giurisprudenza della Cassazione appare concorde nel ritenere che

la norma sulla irripetibilità delle somme corrisposte debba trovare appli cazione nelle sole ipotesi in cui l'Inps sia incorso in veri e propri errori

di calcolo della prestazione, mentre in tutti gli altri casi in cui, per ragioni di diritto o di fatto, il rapporto assicurativo sia risultato inesistente sin

dall'origine, ovvero sia venuto meno successivamente per il sopraggiunge re di una diversa normativa, l'Inps ha diritto alla restituzione di quanto indebitamente erogato sin dal momento iniziale a partire dal quale l'atto

che rimuove il provvedimento di assegnazione viziato produce i suoi ef

fetti (nella prima ipotesi) o da quello in cui la normativa sopravvenuta

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PARTE PRIMA 1512

Ill

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 feb

braio 1986, n. 654; Pres. Cusani, Est. O. Fanelli, P.M. Fabi

(conci, conf.); Sentieri (Avv. Bastreri) c. Inps (Avv. L. Ma

resca, Bartoli). Conferma Trib. Genova 17 giugno 1982.

Previdenza sociale — Pensione — Provvedimento di assegnazio ne — Illegittimità — Somme indebitamente erogate — Ripeti bilità (Cod. civ., art. 2033; r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, art. 80).

Previdenza sociale — Pensione — Somme indebitamente erogate — Estremi (Cod. civ., art. 2033; r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, art. 80).

Il provvedimento di assegnazione della pensione illegittimo per inesistenza di presupposti di fatto e di diritto prescritti dalla

legge è affetto da radicale e assoluta nullità che rende inesisten

te ab origine il rapporto assicurativo e ripetibili i ratei indebita

mente erogati, ai sensi dell'art. 2033 c.c. (3) L'area di applicabilità dell'art. 80, 3° comma, r.d. 28 agosto 1924

n. 1422, che costituisce eccezione alla regola generale della ri

petizione d'indebito stabilita dall'art. 2033 c.c. e non può, per

tanto, trovare applicazione al di là delle ipotesi tassativamente

previste, comprende i casi ir. cui venga in discussione, non il

diritto a pensione, ma solo la misura della medesima per la

sussistenza di vizi emendabili connessi essenzialmente alla fase di liquidazione e sempreché non ricorra il dolo dell'assicurato. (4)

entra in vigore (nella seconda) a meno che, in quest'ultimo caso, si tratti di norme cui sia stata espressamente conferita efficacia retroattiva (cfr.

per tutte: Cass. 28 novembre 1986, n. 7038, id., Rep. 1986, voce cit., n. 812, in tema di errore dell'Inps determinato da erronea comunicazione dei dati salariali da parte del datore di lavoro; 13 novembre 1986, n.

6677, ibid., n. 813; 13 novembre 1985, n. 5569, ibid., n. 826; 13 novem bre 1986, n. 6679, ibid., n. 814; 29 luglio 1986, n. 4849, ibid., n. 818; 9 maggio 1986, n. 3110, ibid., n. 819; 4 aprile 1986, n. 2346, ibid., n.

820; 21 marzo 1986, n. 2021, ibid., n. 821, e in Riv. giur. lav., 1986,

III, 303, con nota di Maffei, che ritiene applicabile l'art. 80 citato in caso di riduzione della pensione per annullamento di contribuzione da

riscatto; Cass. 3 febbraio 1986, n. 653, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 823; 4 febbraio 1986, n. 679, ibid., n. 822; 16 novembre 1985, n.

5651, ibid., n. 825; 5 febbraio 1985, n. 841, id., Rep. 1985, voce cit., n. 858).

Relativamente ai casi in cui il rapporto assicurativo sia venuto meno

per il sopraggiungere di un fatto che abbia causato l'estinzione del diritto alla prestazione, o a parte di essa, la Suprema corte ha ritenuto ripetibili, solo a far tempo dal provvedimento di revisione e riliquidazione comuni cato all'interessato, le somme indebitamente percepite a titolo di integra zione al trattamento minimo sulla pensione di vecchiaia in quanto le medesime erano già state riscosse con la pensione di reversibilità in paga mento: cfr. Cass. 3 novembre 1982, n. 5767, id., Rep. 1982, voce cit., n. 508; 26 ottobre 1982, n. 5611, ibid., n. 509; 11 aprile 1981, n. 2132, id., 1982, I, 462, con nota di richiami. Al contrario, Cass. 20 gennaio 1983, n. 543, id., Rep. 1983, voce cit., n. 658, si è pronunciata per la

ripetibilità delle somme corrisposte a titolo di integrazione al trattamento minimo anche per il periodo precedente alla comunicazione del relativo

provvedimento all'interessato. Nello stesso senso di quest'ultima, ma più puntualmente motivando circa l'operatività ope legis del provvedimento modificativo, hanno ritenuto ripetibili gli assegni familiari percepiti per il figlio a carico successivamente al compimento della maggiore età del medesimo: Cass. 9 novembre 1983, n. 6655, id., Rep. 1984, voce cit., n. 732; ovvero per la moglie dopo la morte di quest'ultima: Cass. 11 febbraio 1985, n. 1140, id., Rep. 1985, voce cit., n. 857, in conseguenza della violazione dell'obbligo di comunicazione all'Inps di tali variazioni del carico familiare.

Analogamente ripetibili, per l'automatica estinzione del diritto alla pre stazione, sono stati considerati i ratei della pensione percepiti dal figlio superstite dopo il compimento della maggiore età da Cass. 18 febbraio

1987, n. 1764, id., Rep. 1987, voce cit., n. 849; 12 dicembre 1986, n.

7446, id., Rep. 1986, voce cit., n. 811; 11 ottobre 1983, n. 5893, id., Rep. 1983, voce cit., n. 657. Va menzionata a parte Cass. 2 marzo 1987, n. 2199, id., Rep. 1987, voce cit., n. 848, che esclude in radice l'applica bilità dell'art. 80, più volte citato, nelle ipotesi di attribuzione indebita di aumenti periodici per perequazione automatica poiché considera il pro cedimento di attribuzione dei medesimi puro e semplice automatismo non

configurante riliquidazione della prestazione in senso tecnico. Per quanto attiene all'eccezione di incostituzionalità dell'art. 80 r.d.

1422/24, per violazione del principio di uguaglianza rispetto al trattamen to più favorevole riservato ai dipendenti pubblici dall'art. 206 t.u. 1092/73 nel caso di insufficienza contributiva, respinta dalla corte nella sentenza n. 654/86 in epigrafe, v. l'ordinanza del Pretore di Ferrara del 21 ottobre

1988, G.U., la s.s., 21 dicembre 1988, n. 51.

Il Foro Italiano — 1989.

I

Svolgimento del processo. — Con sentenza dell'8 maggio 1986, il Tribunale di Vercelli, pronunciando sull'appello proposto dal

l'Inps, nei confronti di Giuseppina Vergano, di Maria Palazzolo,

di Liliana Illengo, avverso la sentenza del Pretore di Vercelli del

6 dicembre 1984, rigettava il gravame e confermava integralmen te la decisione impugnata, che aveva respinto le domande propo ste dall'istituto contro le appellate per la restituzione di somme

Volendo risalire ai motivi dell'intenso travaglio interpretativo cui la

norma in discorso è stata sottoposta, sembra utile richiamare l'origine, ormai lontana nel tempo, della medesima in cui il comitato esecutivo della cassa nazionale per le assicurazioni sociali esercitava un controllo sistematico sui singoli atti di liquidazione delle pensioni posti in essere

dagli organi periferici della cassa medesima (successivamente trasformati

si in sedi periferiche dell'Inps) entro un anno dalla concessione e questi divenivano definitivi soltanto a seguito del suddetto controllo. A ciò va

aggiunto che gli odierni trattamenti pensionistici hanno certamente una

esistenza più varia e travagliata delle pensioni concesse in precedenza, in conseguenza di una legislazione assai incline a prevedere modifiche nei diritti dei titolari nel corso del godimento della pensione. Pertanto, il mutamento di indirizzo giurisprudenzale con il quale si è inteso legitti mare una più estesa applicazione della disposizione in esame nel diverso contesto normativo in cui oggi l'Inps si trova ad operare, non soltanto non appare in contrasto con la ratio della norma, ma, al contrario, con

sente alla medesima, ove se ne verifichino i presupposti, di trovare appli cazione nelle successive fasi di riliquidazione della pensione, che — assai

difficilmente prevedibili dal legislatore dell'epoca — sono state invece espli citamente menzionate dalla nuova normativa in materia, contenuta nel

l'art. 52 1. 9 marzo 1989 n. 88, sulla ristrutturazione dell'Inps e dell'Inail

(Le leggi, 1989, I, 663). Nel testo della predetta norma — che si sostituisce dopo circa sessan

tanni all'art. 80 del più volte citato r.d. 1422/24 — è previsto, infatti, che l'istituto previdenziale possa rettificare in ogni momento gli errori in cui sia eventualmente incorso, e ciò anche qualora detti errori attenga no alla fase di riliquidazione della prestazione.

La nuova normativa, oltre a definire chiaramente l'ambito della pro

pria applicabilità nel senso indicato dalla più recente decisione delle se zioni unite, sì pone in piena sintonia con l'interpretazione della precedente data dalla Suprema corte anche relativamente al principio fondamentale secondo cui l'applicabilità della sanatoria relativa ai ratei già riscossi può essere invocata unicamente nei casi in cui l'indebita attribuzione dei me desimi sia derivata da erroneo comportamento dell'ente e non anche quando alla base della loro erogazione vi sia stato un «diritto» a pensione (o a parte di essa) successivamente riconosciuto insussistente. [F. Rocco]

* * *

Per una migliore informazione, riteniamo opportuno riportare la deli berazione n. 100 del 16 settembre 1977 del consiglio di amministrazione

dell'Inps:

«1) la norma di cui al 3° comma dell'art. 80 del regolamento approva to con r.d. 28 agosto 1924 n. 1422 regola unicamente l'ipotesi in cui l'istituto sia incorso in errore nella fase di prima liquidazione della pensione;

2) il recupero delle somme indebitamente percepite dall'assicurato è

sempre legittimo quando la rettifica della pensione avvenga entro un an no dalla data di cui al successivo punto 5;

3) il recupero delle somme indebitamente riscosse deve essere effettuato anche oltre l'anno, quando l'indebita erogazione sia stata causata da un

comportamento dell'interessato, sia esso commissivo o anche omissivo, sempreché sia determinante per l'erogazione di somme indebite a titolo di pensione o di maggiorazione della pensione stessa;

4) sono integralmente recuperabili le somme indebitamente corrisposte, nella ipotesi in cui la pensione sia annullata per assoluta inesistenza dei

presupposti di diritto o di fatto per il riconoscimento di essa; 5) il momento iniziale dell'anno, di cui al 3° comma dell'art. 80, deve

essere identificato nel momento del primo indebito pagamento a seguito dell'invio del prospetto di liquidazione definitiva della pensione ovvero nel momento in cui l'evento che ha dato luogo all'errore che ha prodotto l'indebito, non rilevabile direttamente, è portato — o viene comunque — a conoscenza dell'istituto;

6) in tutti i casi di recupero di somme indebitamente percepite si appli ca la prescrizione ordinaria;

7) l'istituto non ha potere di sospensiva di pagamento delle pensioni già concesse, salvo i casi previsti dall'art. 83 r.d. 1422/24 per sanzione contro comportamento fraudolento, e dall'art. 80 dello stesso r.d. 1422/24

per necessità istruttorie attinenti all'esercizio dell'autotutela, se esercitato entro il primo anno dalla concessione».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

indebitamente percette in conseguenza della erronea applicazione

della perequazione automatica, già calcolata sulle pensioni SO

godute dalle assicurate, anche sulle pensioni VO successivamente

liquidate. Premesso che il riconoscimento di debito, espressamente effet

tuato dalla Vergano e dalla Illengo, doveva ritenersi viziato da

errore sull'esistenza del dovere giuridico alla restituzione, sicché

le due assicurate non si potevano ritenere da esso vincolate, il

tribunale osservava che infondato era anche il secondo motivo

di appello, secondo cui l'art. 80 r.d. 1422 del 1924 troverebbe

applicazione solo in caso di erronea liquidazione iniziale della

pensione e non quindi nei casi di situazione sopravvenuta (nella

specie, art. 19 1. 843/78) rispetto ad un provvedimento formal

mente e sostanzialmente legittimo. Il termine «assegnazione», usato

dalla norma, è infatti idoneo a ricomprendere — sempre secondo

il tribunale — anche quei successivi provvedimenti che, rideter

minando il contenuto della prestazione, vengano ad incidere, mo

dificandolo, sul provvedimento originario; mentre un'applicabilità

della norma limitata alla sola liquidazione costituirebbe una pale

se liquidazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.

Avverso questa sentenza l'Inps ha proposto ricorso per cassa

zione affidato a due motivi di annullamento. Le intimate non

si sono costituite.

Motivi della decisione. — Il ricorso propone le seguenti censure:

I - violazione e falsa applicazione degli art. 1429 e 1324 in

via autonoma ed in relazione dell'ultima parte dell'art. 112 c.p.c.,

nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), per aver

il tribunale — nelle cause Vergano ed Illungo — ritenuto irrile

vante il riconoscimento di debito delle due pensionate perché vi

ziato da errore circa l'esistenza del dovere giuridico alla

restituzione, mentre si tratterebbe di errore sul motivo che non

incide sull'esistenza del debito, ma soltanto e semmai sulla recu

perabilità del medesimo;

II - violazione e falsa applicazione — in tutte le cause riunite

— dall'art. 80 r.d. 1422 del 1924 (art. 360, n. 3, c.p.c.), per

aver la sentenza impugnata ritenuto che la norma in questione

si applichi non soltanto al provvedimento di assegnazione della

pensione, ma anche ai provvedimenti successivi e cosi anche nel

caso di indebito oggettivo determinato dalla percezione della pe

requazione automatica su entrambe le concorrenti pensioni anche

dopo l'entrata in vigore dell'art. 19 1. 843 del 1978, ponendosi

perciò in contrasto con l'indirizzo giurisprudenziale che esclude

l'applicabilità della sanatoria agli indebiti determinati dal soprav

venire di nuova normativa.

Relativamente al primo motivo di ricorso è sufficiente osserva

re che, ai sensi dell'art. 1988 c.c., la promessa di pagamento o

la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale

è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esi

stenza si presume sino a prova contraria, sicché anche nella spe

cie il riconoscimento di debito da parte delle due assicurate ha

determinato soltanto una inversione processuale dell'onere della

prova, che pone fuori gioco la tematica dell'errore e che si risolve

nell'accertamento del titolo, vale a dire della ripetibilità del paga

mento indebito, accertamento che ha appunto costituito il merito

della causa.

Venendo al secondo motivo di ricorso, si deve ritenere che esso

è, per quanto di ragione, fondato.

Con sentenza 3 febbraio 1986, n. 654 (Foro it., 1989, I, 1511)

queste sezioni unite delineando in generale i limiti di applicabilità

della norma eccezionale del 3° comma dell'art. 80 r.d. 1244 del

1924 avevano in realtà già risolto, quanto meno implicitamente,

11 contrasto giurisprudenziale che ha dato luogo all'assegnazione

del ricorso alle sezioni unite, anche se tale contrasto si è poi ripe

tutamente rinnovato (v. nel senso dell'applicabilità della norma

alla sola «assegnazione» originaria della pensione, per tutte, sent.

12 dicembre 1986, n. 7446, id., Rep. 1986, voce Previdenza so

ciale, n. 811; e 10 novembre 1987, n. 8295, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 836; v., in senso contrario, sent. 29 luglio 1986, n. 4849,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 817; 13 novembre 1986, n. 6678,

ibid., n. 815; 26 marzo 1987, n. 2956, id., Rep. 1987, voce cit.,

n. 847; 13 aprile 1987, n. 3687, ibid., n. 917; 3 giugno 1987, n. 4861, ibid., n. 844).

Ribadito che la norma in questione costituisce eccezione alla

regola della ripetibilità dell'indebito oggettivo, codificata nell'art.

2033 c.c., e non può quindi ricevere applicazione analogica, era

Il Foro Italiano — 1989.

stato infatti già statuito che i casi da essa contemplati vanno indi

viduati — nei limiti consentiti dallo scarso suo tecnicismo e dalla

sua non rigorosa formulazione, contenuta in un testo regolamen

tare di vecchia data, «che indubbiamente richiederebbe una ride

finizione in armonia con le radicali trasformazioni normative

intervenute nel corso del sessantennio trascorso» — nella rettifi

cazione di errori di calcolo e nella liquidazione della prestazione

previdenziale, mentre restano esclusi «i casi in cui manchi ab ori

gine, per ragioni di diritto o di fatto, il rapporto assicurativo . . .

o in cui esso venga meno a seguito di sopravvenuta nuova disci

plina normativa», quando, cioè, venga in discussione, originaria

mente o successivamente, il diritto a pensione.

Ciò precisato, nessuna ragione sussiste per distinguere, ai fini

dell'applicabilità della disposizione, tra liquidazione originaria e

liquidazione successiva (revisione, riliquidazione, concessione di

supplementi), non essendo al riguardo decisiva la lettera della nor

ma, sia perché il termine «assegnazione» è affatto generico e non

necessariamente riferibile alla prima attribuzione della pensione,

sia per il già rilevato scarso tecnicismo del testo regolamentare,

che deve, soprattutto, essere armonizzato con le radicali trasfor

mazioni del sistema previdenziale attuate con il r.d. 1. 4 ottobre

1935 n. 1827, conv. con modif. nella 1. 6 aprile 1936 n. 1155,

e con il d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639. La creazione delle sedi pro

vinciali dell'Inps, in sostituzione dei soppressi istituti di previden

za, ha profondamente inciso sulla disciplina della liquidazione

delle pensioni, affidata alla competenza delle stesse sedi senza

alcuna interferenza del comitato esecutivo (non espressamente pre

vista dall'art. 17 r.d. n. 1827 del 1935 e dall'art. 7 d.p.r. 30 aprile

1970 n. 639 e da non intendersi ricompreso, proprio per la rile

vanza che diversamente avrebbe avuto, nel generico rinvio dei

rispettivi nn. 14 e 16), sicché è venuto meno quel controllo, ad

opera di un organo centrale, cui era in passato ricollegato il du

plice effetto della «definitività dell'assegnazione» e della «irripe

tibilità» dei pagamenti risultati indebiti a seguito delle successive

rettifiche di eventuali errori. Nel sistema attuale la distinzione

tra «assegnazione provvisoria» ed «assegnazione definitiva» (v.

per il mantenimento della distinzione la remota sent. 24 ottobre

1967, n. 2628, id., 1968, I, 455) è dunque decisamente sfumata,

essendo la definitività (in sede amministrativa non contenziosa)

determinata dal mancato esercizio del potere di rettifica incan

nale da parte della stessa sede provinciale erogatrice, posto che

solo in questo limitato ambito gli art. 78 e 80 r.d. 1422 del 1924

si possono ritenere compatibili, ai sensi dell'art. 140 r.d. 1827

del 1935, con il nuovo assetto normativo. Da ciò in particolare

discende che non è più ravvisabile, tra provvedimento di liquida

zione della pensione e provvedimento di riliquidazione della stes

sa, alcuna essenziale diversità formale tale da giustificare un

trattamento differenziato, del resto contrastato dalla ratio della

norma, che è quella di tutelare l'affidamento del pensionato circa

la legittimità di pagamenti ricevuti sulla base di un provvedimen

to dell'istituto, sia pure inficiato da errori di calcolo o di deter

minazione del quantum della prestazione (v. sent. 22 luglio 1978,

n. 3680, id., Rep. 1978, voce cit., n. 557; 16 giugno 1987, n.

5315, id., Rep. 1987, voce cit., n. 843); esigenza, questa, rispetto

alla quale la circostanza che la liquidazione sia originaria o suc

cessiva è manifestamente irrilevante.

Giova piuttosto sottolineare che è invece pur sempre indispen

sabile un provvedimento formale dell'istituto debitamente comu

nicato all'interessato (se non altro perché è dalla data della

comunicazione che decorre il termine annuale in questione), sic

ché il 3° comma dell'art. 80 è per ciò solo comunque inapplicabi

le nei casi di mero ritardo nell'accertamento di successive

modificazioni di fatto o di diritto che siano automaticamente ope

rative e che importino la estinzione, totale o parziale, del diritto

originariamente esistente, e di conseguente effettuazione di paga

menti sulla base dell'originaria liquidazione, versandosi in tal ca

so in ipotesi di indebito oggettivo cui è applicabile l'art. 2033

(v. per la necessità dell'atto scritto, sent. 10 novembre 1987, n.

8295, ibid., n. 836, e, per la sufficienza del rilascio di nuovi certi

ficati, sent. 3 giugno 1987, n. 4861, ibid., n. 844). Parimenti inap

plicabile è l'art. 80 al provvedimento che accerti poi, in questi

stessi casi, l'intervenuta modificazione (già efficace ope legis) del

la posizione dell'assistito e che importi l'estinzione del diritto alla

prestazione previdenziale o la diminuzione del suo contenuto (v.

sent. 18 febbraio 1987, n., 1764, ibid., n. 849; 26 marzo 1987,

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1515 PARTE PRIMA 1516

n. 2956, ibid., n. 847; 13 aprile 1987, n. 3687, ibid., n. 917; 16 giugno 1987, n. 5316, ibid., voce Lavoro e previdenza (contro

versie), n. 517), avendo tale provvedimento, quale che sia stato

il ritardo nelPadottarlo, efficacia anche sui pagamenti già effettuati.

Si può perciò concludere che, mentre il ripetuto 3° comma del

l'art. 80 r.d. n. 1422 del 1924 è sempre applicabile (purché non

ricorra il dolo dell'assicurato), sia alla liquidazione originaria della

pensione, sia alle riliquidazioni, che siano inficiate da meri errori

di calcolo o di determinazione del quantum della prestazione, es

so, al contrario, non è mai applicabile quando il provvedimento,

originario o successivo, sia inficiato da errori attinenti alla sussi

stenza del diritto alla prestazione, ovvero accerti modificazioni, di fatto o di diritto, della posizione dell'assistito che automatica

mente importino estinzione, totale o parziale, del corrispondente

diritto; con la sola precisazione, a quest'ultimo riguardo, che, contrariamente a quanto talora ritenuto (v. sent. 7 maggio 1973, n. 1214, id., Rep. 1973, voce cit., n. 568; 15 settembre 1980, n. 5202, id., Rep. 1980, voce cit., n. 576), la spettanza dell'inte

grazione al minimo o di quote aggiuntive o di supplementi, non

si risolve in una questione di semplice misura della prestazione

previdenziale, essendo gli anzidetti elementi integrativi della pen sione oggetto di autonomo diritto, dipendente da presupposti di

fatto e di diritto propri e diversi rispetto a quelli richiesti per la sussistenza del generico diritto a pensione.

Resta da aggiungere che la equiparazione, agli effetti in esame, della liquidazione originaria e delle riliquidazioni radicalmente eli

mina la configurabilità di quella ingiustificata disparità di tratta

mento (art. 3 Cost.) profilata rispetto alla contraria soluzione.

Nella specie, l'art. 19 1. 21 dicembre 1978 n. 843, disponendo che la quota aggiuntiva di cui al 3° comma dell'art. 10 1. 3 giu

gno 1975 n. 160 è, in caso di concorso di più pensioni e con

decorrenza 1° gennaio 1979, dovuta una sola volta, ha indubbia

mente determinato l'automatica modificazione della posizione delle

assistite e cioè la estinzione del diritto alla quota aggiuntiva sulla

prima pensione; e perciò ripetibili sono i pagamenti ciononostan

te effettuati, sia perché trattasi di un caso di sopravvenuta estin

zione del diritto, sia perché, a rigore, nemmeno esiste un errato

provvedimento di riliquidazione cui la sanatoria del ripetuto art.

80 r.d. n. 1422 del 1924 possa essere applicata. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio

ad altro giudice, che si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

II

Svolgimento del processo. — Ferrari Marastoni Elisa, titolare

di pensione di reversibilità, percepisce nell'anno 1978, per effetto

di errore nell'attribuzione della perequazione automatica, opera to dal centro elettronico dell'Inps, della somma di lire 375.920.

Avendole l'Inps con lettera del 7 aprile 1979 comunicato l'er

rore e chiesto la restituzione di detta somma, la Ferrari Marasto ni impugna in sede amministrativa — ma con esito negativo —

il provvedimento di addebito emesso dall'istituto e, quindi, con

ricorso del 3 dicembre 1980 conviene in giudizio quest'ultimo per ottenere la declaratoria dell'illegittimità di tale provvedimento e

della somma indebitamente erogata.

L'Inps contesta la fondatezza della pretesa. L'adito Pretore di Reggio Emilia, con sentenza del 1° luglio

1982, accoglie la domanda.

Sull'appello 15 luglio 1982 dell'Inps, il Tribunale di Reggio Emi

lia pronuncia sentenza di conferma della decisione pretorile. Ri

tiene applicabile alla fattispecie l'art. 80 r.d. 28 agosto 1924 n.

1422, da interpretarsi nel senso che è da escludere la ripetibilità (salvo dolo dell'interessato) dei pagamenti già effettuati, ove la

rettifica, oltre l'anno, da parte dell'Inps riguardi un errore non

solo dell'iniziale od originaria liquidazione della pensione ma an

che dei successivi o ulteriori provvedimenti, fra i quali, appunto, l'attribuzione della perequazione automatica. Sostiene che una tale

interpretazione del citato art. 80 è compatibile con la formulazio ne letterale della disposizione ed è rispondente alla ratio della

stessa, da riconoscersi oltre che per criteri di equità e di eticità cui è ispirata l'azione amministrativa, in una tipica esigenza di

ordine sociale, quale è quella di non creare disagio economico

in soggetti i quali, senza dolo, hanno ricevuto prestazioni pensio nistiche, già ormai impiegate, per il loro carattere alimentare, a far fronte ai bisogni della vita.

Il Foro Italiano — 1989.

Avverso detta sentenza l'Inps propone ricorso a questa corte, affidato ad un unico e complesso motivo. Resiste con controri

corso la Ferrari Marastoni.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo l'Inps denunzia

la «violazione e falsa applicazione dell'art. 80, 3° comma, del

regolamento approvato con r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, dell'art.

2033 c.c., dell'art. 14 preleggi, degli art. 9 e 10 1. 3 giugno 1975

n. 160 modificati dall'art. 16 1. 21 dicembre 1978 n. 843, in riferi

mento all'art. 360, n. 3, c.p.c.; motivazione insufficiente e con

tradditoria o, comunque, erronea su punti decisivi della

controversia in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c.». Assumendo che il tribunale «non ha tenuto conto del criterio

di lessicalità o testualità della norma regolamentare di cui all'art.

80 né dell'argomento interpretativo, desumibile dalla sistematica

legislativa», il ricorrente osserva che il legislatore ha distinto la

fase dell'accertamento del diritto a pensione, culminante nel prov vedimento dichiarativo di attribuzione o concessione della pen

sione, da quella dell'erogazione della prestazione; che, poiché la

«definitività», per decorso dell'anno, riguarda le «assegnazioni di pensioni» ossia il provvedimento amministrativo — originario — accertativo del diritto e, perciò, non attiene ai provvedimenti,

successivi, di esecuzione o liquidazione, ha errato il tribunale nel

ritenere illegittima la restituzione in merito ad una situazione in

ordine alla quale trova, invece, piena applicazione la regola di

cui all'art. 2033 c.c.

La censura è priva di pregio. La fattispecie in esame — in

cui non è in discussione il diritto alla pensione ed alla perequa zione automatica ed in cui l'errore si è verificato in sede di liqui dazione di detta perequazione — rientra, come esattamente ritenuto

dal tribunale, nel campo dell'applicabilità dell'art. 80, 3° com

ma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422 (regolamento per l'esecuzione

del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3184 sulla assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia).

Infatti, la disposizione di detto articolo è diretta a temperare

gli effetti della rettificazione di errori che, senza porre in discus

sione l'esistenza del rapporto assicurativo e del diritto alla pen

sione, attengono alla liquidazione di questa e non sono dovuti

a dolo dell'interessato (v. Cass. 5651/85, Foro it., Rep. 1986, voce Previdenza sociale, n. 825; e 1968/81, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 572). La tesi dell'Inps secondo cui l'errore che rileva, ai fini dell'irri

petibilità per decorso dell'anno dall'avviso di comunicazione di

assegnazione, è solo quello relativo al provvedimento ammini

strativo originario, accertativo del diritto e culminante nell'asse

gnazione della pensione, non è condivisibile, perché: a) contrasta

con l'indirizzo, ormai consolidato, di questa corte, per la quale il presupposto dell'art. 80 citato, è la sussistenza di un errore

(non imputabile a dolo dell'interessato), da parte dell'istituto, di

qualsiasi natura, da qualunque causa dipende ed a qualunque at

to riferibile relativo alla «liquidazione» della pensione (v. Cass. 451/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 859; 6053/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 728; 5759/84, id., 1986, I, 106); b) non considera, da un lato, che, potendo insorgere solo in ordine a pagamenti

già effettuati (v. art. 80, 3° comma), l'irripetibilità è riferibile

necessariamente alla sola fase di liquidazione del quantum debea

tum (v. Cass. 841/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 858), che si

concreta in ogni erogazione traente origine (anche) da un (qual siasi e successivo) provvedimento e, dall'altro, che, allorquando l'errore verta sull'esistenza del rapporto assicurativo o del diritto

alla pensione, nel senso che si provveda all'erogazione di una

prestazione assicurativa in forma di erronea valutazione della ri

correnza delle condizioni di legge, è proprio allora che, senza

limitazioni o deroghe, trova invece applicazione la disciplina del

l'indebito oggettivo di cui all'art. 2033 c.c. (v. Cass. 3110/86,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 819; e 5586/85, id., Rep. 1985, voce

Infortuni, n. 266); c) che non v'è alcuna ragione logica e giuridi ca (v. Cass. 5202/80, id., Rep. 1980, voce Previdenza sociale, n. 576) — potendo l'errore e, quindi, l'illegittimità riguardare un qualsiasi atto di liquidazione, anche cioè successivo all'origi nario provvedimento di assegnazione della pensione ed applicati vo di nuove disposizioni — per ritenere la previsione del cit. art. 80 riferita solo ai casi di annullamento dell'atto di assegnazione

illegittimo fin dall'origine. Questa corte è, infatti, orientata (v. Cass. 1285/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 731; e 543/83, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 658), nel considerare quella previsione

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

relativa anche, appunto, a provvedimenti ulteriori emessi in base

a nuove norme di legge. È opportuno, a questo punto, sottolineare in primo luogo, che

ancorché derogativa della disciplina generale di cui all'art. 2033

c.c., la norma di cui all'art. 80 spazia ampiamente, sia pur in

un ambito ben delineato, i cui connotati sono l'atto di liquidazio

ne della pensione, la presenza di un errore da parte dell'istituto,

il decorso di un anno e l'assenza di dolo, da parte dell'assicurato;

in secondo luogo che, se è vero che a volte questa corte (v. Cass.

6154/81, id., Rep. voce cit., 1982, n. 642) ha ancorato la previ

sione dell'art. 80, 3° comma, ai casi di annullamento del provve

dimento di assegnazione illegittimo fin dall'origine, ciò l'ha fatto

non già nel senso preteso dall'Inps, e cioè di una limitazione del

campo di operatività della irripetibilità al solo scopo di contrap

porre ad essi le ipotesi in cui l'efficacia del provvedimento, legit

timamente emesso, cessi per il successivo verificarsi di fatti estintivi

o modificativi del diritto riconosciuto da quei provvedimenti e,

quindi, di evidenziare unicamente in queste ultime, nelle quali

si realizza invero la fattispecie dell'indebito oggettivo, la legitti

mazione dell'Inps alla ripetizione senza soggiacere ai limiti di cui

all'art. 80.

Ciò detto, e venendo all'esame specifico della doglianza, ritie

ne la corte corretto il procedimento interpretativo seguito dal tri

bunale.

Muovendo dalla constatazione che, nelle frequenti «riliquida

zioni» delle prestazioni pensionistiche, i provvedimenti che le di

spongono, successivi a quello originario di assegnazione della

pensione, determinano nuovi importi con rilascio di nuovi certifi

cati nei quali sono indicati tali importi, comunicati agli interessa

ti quanto meno in occasione del relativo pagamento, il tribunale

ha rilevato: che la formulazione letterale della norma non esclude

errori verificatisi nelle successive liquidazioni, giacché — quanto

alla «definitività» — essa va intesa con esclusivo riferimento agli

effetti già prodottisi con i pagamenti effettuati, senza porre alcun

limite all'esercizio del potere di autotutela, mediante rettifica de

gli errori da parte dell'istituto e — quanto all' «avviso» — ri

scontrabile quanto meno all'atto del primo pagamento, esso

individua il termine iniziale del decorso dell'anno oltre il quale

la rettificazione di eventuali errori non importa la ripetibilità dei

pagamenti già effettuati; che l'uno e l'altro termine non postula

no come necessario il riferimento all'originaria assegnazione della

pensione, posto che nella lettera della legge non v'è traccia alcu

na della parola «originario»; che, poiché la ratio della norma,

oltre che nei criteri generali di equità e di eticità cui deve essere

ispirata l'azione amministrativa, s'identifica nell'esigenza di ordi

ne sociale, di non creare, in conseguenza della restituzione, situa

zioni di disagio economico in soggetti che, senza dolo, abbiano

ricevuto prestazioni pensionistiche in misura superiore al dovuto

da presumersi, stante il loro carattere alimentare, già impiegate

nella generalità dei casi per far fronte ai bisogni della vita, l'irri

petibilità della somma indebitamente erogata non può essere cir

coscritta alla sola ipotesi di errori concernenti l'originaria

assegnazione, ma deve riguardare anche quelle di errori inerenti

a successive liquidazioni. Se cosi non fosse il trattamento sarebbe ingiustificatamente dif

ferenziato per situazioni sostanzialmente simili: il che sarebbe ol

tretutto illegittimo.

Orbene, siffatta decisione poiché ha palesato di aver saputo

cogliere, attraverso un oculato impiego dei criteri di interpreta

zione, il significato del comando espresso dalla norma, ossia ri

costruire la volontà del legislatore, quale ideale ed astratta coscienza

collettiva ispiratrice della legge, si sottrae a qualsiasi censura.

Per cui il ricorso deve essere rigettato.

Ili

Svolgimento del processo. — Sentieri Francesco otteneva pen

sione di invalidità; ma poi l'istituto, ritenendo la prestazione vi ziata da errore (dicitura di «invalido» anziché di «non invalido» sul verbale di visita medica collegiale) revocava il 26 maggio 1977

la pensione e, con nota 14 giugno 1980, ne chiedeva in restituzio

ne i ratei corrisposti (lire 3.483.900). Al Pretore di Genova il Sentieri, con ricorso 24 luglio 1980,

chiedeva che fossero dichiarate sussistenti dal 1° settembre 1971

Il Foro Italiano — 1989.

le condizioni per il pensionamento di invalidità: in via subordina

ta, insussistente il diritto di ripetizione della somma corrisposta.

L'adito Pretore di Genova con sentenza 29 maggio 1981 uni

formandosi al parere espresso dal consulente tecnico respingeva

la domanda di pensionamento, ma accoglieva quella di insussi

stenza del diritto dell'Inps a ripetere la somma.

Con riferimento a quest'ultimo punto, interponeva appello

l'Inps. Il Tribunale di Genova, in riforma, dichiarava il Sentieri tenu

to a restituire la somma percetta, osservando che l'art. 80, ultimo

comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422 (all'infuori dei casi di rettifi

ca) non pone alcuna limitazione al potere di annullamento e che,

nella specie, poiché il riconoscimento del diritto a pensione è de

rivato da un errore insanabile, in radice, legittimo è da ritenersi

l'annullamento ex tunc e quindi dovuta in restituzione della som

ma percepita. Ricorre il Sentieri per cinque motivi; resiste l'Inps.

Motivi della decisione. — (Omissis). Col primo motivo di ri

corso, denunciandosi violazione dell'art. 80, ultimo comma, r.d.

28 agosto 1924 n. 1422, si deduce che, a simiglianza di quanto

dispone per gli statali l'art. 206 d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092,

la soluti retentio è esclusa solo quando vi sia stato dolo del pen

sionato, senza che la norma anzidetta autorizzi distinzione alcuna

fra esistenza o non esistenza di obbligazione previdenziale; si ag

giunge che, nella specie, non vi fu annullamento d'ufficio, ma

revoca dell'atto concessivo di pensione, con la conseguenza che

la obbligazione previdenziale era valida ed efficace fino al mo

mento della revoca; e si ribadisce col terzo motivo che, non aven

do il tribunale tenuto conto della decisiva circostanza che il ritiro

dell'atto amministrativo di concessione e la richiesta di ripetizio

ne dei ratei corrisposti era avvenuta dopo una nuova visita medi

ca del lavoratore, ha erroneamente affermato che trattavasi di

annullamento di ufficio laddove si era invece nell'ambito della

revoca.

Le censure sono infondate. Per giurisprudenza ormai costante

di questa corte, allorché il provvedimento di assegnazione della

pensione sia illegittimo per inesistenza di presupposti di fatto e

di diritto prescritti dalla legge, si verifica una situazione di radi

cale e assoluta nullità, che rende il provvedimento concessivo di

pensione inidoneo a produrre effetti giuridici, sicché il suo ritiro

dal mondo giuridico non è una revoca, bensì annullamento che

rientra nel generale potere di cui l'ente pubblico è dotato, e rende

inesistente ab origine il rapporto assicurativo: ed in tal caso non

è applicabile l'art. 80 r.d. 1422/24, bensì il principio generale

di cui all'art. 2033 c.c. (sent. 28 gennaio 1966, n. 340, Foro it.,

Rep. 1966, voce Previdenza sociale, n. 490; 18 ottobre 1967, n.

2509; id., Rep. 1967, voce cit., n. 369; n. 1315/70, id., 1970, I, 2444; n. 596/71, id., Rep. 1971, voce cit., n. 639; n. 157/72,

id., Rep. 1972, voce cit., n. 578; n. 1584/73, id., Rep. 1974,

voce cit., n. 485; n. 3670/76, id., Rep. 1977, voce cit., n. 533;

n. 2945/77, ibid., n. 534; n. 2017/78, id., Rep. 1978, voce cit.,

n. 559; n. 2606/78, ibid., n. 354; n. 2653/78, ibid., n. 558; n.

3680/78, ibid., n. 557; n. 611/79, id., Rep. 1980, voce cit., n. 376; n. 22/80, ibid., n. 586; nn. 2584/80, ibid., n. 579; 2589/80,

ibid., n. 582; n. 5248/80, ibid., voce Indebito, n. 4; n. 1968/81,

id., Rep. 1981, voce Previdenza sociale, n. 572; n. 2132/81, id.,

1982, I, 462; n. 3040/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 569; n.

3082/81, ibid., n. 568; n. 4505/81, ibid., n. 566; n. 4883/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 637; n. 4900/82, ibid., n. 489; n.

5611/82, ibid., n. 509; n. 5767/82, ibid., n. 508; n. 543/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 658; n. 5893/83, ibid., n. 657; n. 6655/83,

ibid., n. 656; n. 5759/84, id., 1986, I, 106; n. 6053/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 514; n. 451/85, ibid., n. 859; n. 841/85, ibid., n. 858; n. 1140/85, ibid., n. 857).

In linea con tale giurisprudenza (anche se non si sono occupate

delle ripetibilità delle somme indibitamente erogate appaiono al

tresì' Cass. 14 giugno 1967, n. 1349 (1967, I, 1385), nonché Cass.

17 luglio 1969, n. 2653 {id., Rep. 1969, voce cit., n. 508), che ad esse si richiamano; la prima, discostandosi da alcuni prece

denti di questa corte, ha riconosciuto all'Inps il più ampio potere

di annullamento d'ufficio in ogni ipotesi di illegittimità che infici l'atto sin dall'origine e lo renda inidoneo alla valida costituzione di

posizioni assicurative (e non solo nei casi di cui la concessione della

pensione risultasse effettuata sull'erroneo presupposto di fatti o

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1519 PARTE PRIMA 1520

norme inesistenti, ma anche in ipotesi di errori nella valutazione

di fatti noti e nella interpretazione ed applicazione di norme), escludendo che la limitazione di cui alla precedente giurispruden za trovasse riscontro nella disposizione di cui all'art. 80, ultimo

comma, del regolamento del 1924.

Richiamandosi a questa decisione, la sent. 24 ottobre 1967, n.

2626 (id., 1968, I, 843) aggiunge che anche nell'ipotesi di succes

sivo disconoscimento del diritto a pensione opera il temperamen to dell'irripetibilità da detta norma prevista, ricollegando tale

affermazione alla irretroattività degli effetti dell'annullamento par

ziale, quale riteneva di dover qualificare l'annullamento per ille

gittimità di un provvedimento di maggiorazione dell'importo di

pensione già in godimento, e comunque ritenendo che il provve dimento di rettificazione de quo incidesse sulla sola liquidazione, incontroverso il diritto al pensionamento: e dunque in sostanza

non discostandosi dal principio affermato dalla successiva giuris

prudenza. A questa decisione si è richiamata Cass. 7 maggio 1973, n.

1214 (id., Rep. 1973, voce cit., n. 568), che, pur riaffermando

il principio che gli effetti derogativi dell'art. 2033 c.c. previsti dall'art. 80, 3° comma, non si verificano allorché sia escluso in

radice il diritto a pensione, è andata oltre rispetto a quanto rite

nuto dalla sent. 2628/67 (id., 1968, I, 455), ritenendo che il tem

peramento debba applicarsi anche nel caso in cui la maggiorazione della pensione sia stata originagiamente disposta ricorrendone le

condizioni di legge, e che, pur essendo queste successivamente

venute meno, l'istituto abbia continuato ad erogare quella presta zione integrativa provvedendo solo in tempo successivo alla retti

ficazione dell'errore con riliquidazione della pensione secondo

l'ammontare di legge. Tale sentenza ha peraltro accolto il ricorso dell'Inps sul punto

concernente il dolo dell'assicurato (identificabile anche nella sola

reticenza) che aveva omesso di comunicare all'istituto l'avvenuto

conseguimento di pensione statale, che faceva venir meno il suo

diritto alla maggiorazione della pensione previdenziale di cui già fruiva.

Comunque, sia questa decisione, che la successiva sent. 10 set

tembre 1980, n. 5202 (id., Rep. 1980, voce cit., n. 576), ad essa

facente capo, hanno ritenuto che la indebita percezione di mag

giorazione della pensione (che nel caso di cui alla più recente

decisione era dovuto al fatto che l'assicurata, già titolare di pen sione di vecchiaia integrata al minimo, avesse successivamente con

seguito pensione di reversibilità anch'essa integrata al minimo, indebitamente percependo, quindi, due volte la stessa maggiora

zione) si risolve in un errore nella liquidazione della pensione (e non nella percezione di una pensione aggiuntiva), sicché rientra

sotto tal profilo nell'ambito di applicazione dell'art. 80, ferma

la sua inapplicabilità allorché l'atto di annullamento porti ad esclu

dere in radice la stessa sussistenza del rapporto assicurativo, sic

ché venga a far difetto il presupposto essenziale di tutti i pagamenti effettuati.

Non possono dirsi in contrasto con questa né con la precedente decisione la sent. 11 aprile 1981, n. 2132, 26 novembre 1982, n. 5611, 3 novembre 1982, n. 5767, che hanno ritenuto si, ripeti bile la maggiorazione fruita in relazione a nuova pensione quan do già l'assicurato ne fruiva in relazione ad altra, ma ciò solo

a far tempo del provvedimento di revisione e riliquidazione, debi

tamente comunicato all'interessato, come tali decisioni non man

cano di sottolineare, nel richiamare le precedenti. Viceversa da

esse si discosta, ma senza approfondita motivazione, la sent.

543/83, che ha ritenuto ripetibile la maggiorazione anche per il

periodo antecedente alla comunicazione da parte dell'istituto. Cosi

pure, hanno ritenuto ripetibile l'assegno integrativo per figlio mi

norenne percepito dal pensionato pur dopo il compimento della

maggiore età di quello, le già cit. Cass. 3082/81 e 6655/83, sul

presupposto, parimenti esatto, che tale fatto modificativo opera

ope legis, facendo venir meno il titolo dei pagamenti effettuati; ed hanno ritenuto parimenti ripetibile la maggiorazione della pen sione per la moglie percepita pur dopo il decesso di questa, Cass.

6154/81 (id., Rep. 1982, voce cit., n. 642), e 1140/85, a causa

della violazione da parte dell'assicurato dell'obbligo di comunica zione della intervenuta variazione.

Non si sono discostate dal principio della inapplicabilità del

l'art. 80 allorché manchi in radice il diritto a pensione le sentenze 14 novembre 1984, n. 5759, e 23 novembre 1984, n. 6053 che hanno ritenuto attenere soltanto alla misura della pensione, e perciò rientrare nell'area di detta norma, una ipotesi di liquidazione in

Il Foro Italiano — 1989.

eccesso della pensione (nell'ambito di rapporti previdenziali legit

timi) a causa di mero versamento indebito di contributi. Pari

menti Cass. 26 novembre 1977, n. 5173 ha escluso che il

provvedimento di rettificazione abbia effetto retroattivo (ed ha

perciò ritenuto applicabile il temperamento della irripetibilità) sia

per le pensioni concesse sulla erronea valutazione di fatti noti

o sulla erronea applicazione e interpretazione di norme, sia per le pensioni concesse su erronea supposizione di fatti o sull'erro

nea interpretazione di norme.

Non ha preso, invece, posizione in proposito — pur rilevando

il contrasto — Cass. 8 settembre 1980, n. 5180, che ha deciso

sulla base di diversa censura. In vero e proprio contrasto appaio

no, invece, le meno recenti sentenze 30 gennaio 1969, n. 263 (id.,

Rep. 1969, voce cit., n. 509), 17 aprile 1969, n. 1217 (id., Rep.

1970, voce cit., n. 523) e 26 novembre 1977, n. 5173 (id., Rep.

1978, voce cit., n. 561), le quali (anche se la prima sembra atte

nere ad un mero errore nella liquidazione del quantum della pen

sione), muovendo dal già visto presupposto del generale potere di annullamento spettante all'istituto in tutte le ipotesi di illegitti

mità, hanno ritenuto ad esse tutte riferibile il temperamento di

cui all'art. 80, e quindi anche in relazione a vizi che inficino l'at

to di assegnazione sin dall'origine, rendendolo inidoneo alla vali

da costituzione di posizioni assicurative, purché non dovuti a dolo

dell'interessato, operando il relativo provvedimento solo per il

futuro.

Ma tale impostazione non può condividersi, dovendosi ritenere

conforme a legge l'orientamento maggioritario.

Invero, come già rilevato, la norma sulla irripetibilità di som

me non dovute costituisce eccezione alla regola della ripetizione d'indebito posta dall'art. 2033 c.c., e non può quindi ricevere

applicazione oltre i casi da essa espressamente previsti: e questi vanno individuati — nei limiti in cui lo consentono lo scarso tec

nicismo e la non rigorosa formulazione della norma in esame, contenuta in un testo a carattere regolamentare di vecchia data, che indubbiamente richiederebbe una ridefinizione in armonia con

le radicali trasformazioni normative intervenute nel corso del ses

santennio trascorso — nella rettifica di errori di calcolo e nella

liquidazione della prestazione previdenziale, restando esclusi i ca

si in cui manchi ab orìgine, per ragioni di diritto o di fatto, il

rapporto assicurativo (retroagendo quindi a quel momento il prov vedimento che rimuove l'atto concessivo privo di base) o in cui

esso venga meno a seguito di sopravvenuta nuova disciplina nor

mativa (a far tempo dal momento in cui essa intervenga, ovvero, se la legge preveda la comunicazione all'interessato del provvedi mento che lo accerta, dalla data di questo, salvo che la legge stessa non preveda una efficacia retroattiva della nuova situazione).

In definitiva, l'orientamento da ritenersi conforme a legge, e

che è poi quello di gran lunga prevalente, è nel senso sopra detto, ed anche quanto alla situazione determinatasi a seguito del so

pravvenire di provvedimenti incidenti sull'originario titolo, gli in dirizzi seguiti (a seconda che l'evento incidente sul diritto a

pensione operi automaticamente, ovvero solo da quando sia ac

certato dall'istituto e debitamente comunicato all'interessato) so

no sufficientemente fermi, e coerenti con il principio ora enunciato.

In conclusione, residualmente, e quale eccezione alla regola ge nerale della ripetibilità di pagamenti non devoluti, l'area di appli cabilità dell'art. 80 r.d. 1422/24 comprende i casi in cui non venga in discussione, né originariamente né successivamente, il diritto

a pensione, ma solo la sua misura nel senso che ricorrano vizi

emendabili, connessi essenzialmente alla fase di liquidazione e sem

preché non ricorra il dolo dell'assicurato (v. sent. 1584/73;

3670/76; 2017/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 559; 2606/78; 3680/78; 611/79; 5759/84; 6053/84, id., Rep. 1985, voce cit., n. 728; 451/85; 841/85; 1140/85).

Orbene, nella specie non è dubbio che ricorra la prima ipotesi, di vizio originario, radicale e insanabile dell'atto concessivo di

pensione, in quanto atto meramente apparente, dovuto al fatto

che, come accertato dal giudice di merito, a fronte di accerta

mento medico - legale di una riduzione della capacità di guada

gno (pari al 36%) inferiore alla misura richiesta dalla legge

(all'epoca 50%) per il riconoscimento della pensione di invalidi

tà, si è verificato un errore meramente materiale, estrinseco, e

cioè la stampigliatura a timbro, sul rapporto medico dell'11 set

tembre 1971, dal quale risultava il detto accertamento, della dici

tura «invalido» in luogo di quella di «non invalido».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Dunque, il diritto a pensione non è mai venuto in essere per mancanza di un suo essenziale requisito, onde l'istituto non pote va non ritirare — come correttamente ha fatto — l'atto concessi

vo annullandolo (con efficacia ex tunc) e chiedendo la restituzione

dei ratei della prestazione illegittimamente percepita dall'assicurato.

Ciò posto, viene meno altresì il presupposto dell'eccezione di

illegittimità costituzionale dell'art. 80 che, secondo quanto si as

sume col secondo motivo di ricorso, se cosi interpretato sarebbe

contrario all'art. 3 Cost., perché farebbe un trattamento deterio

re ai pensionati privati rispetto a quello fatto ai pensionati statali

a norma dell'art. 206 t.u. 29 dicembre 1973 n. 1092, sulle pensio ni ai dipendenti civili o militari dello Stato.

Invero, è da considerare, innanzi tutto, che l'ipotesi di radicale

e originaria nullità del provvedimento di pensione esula dai moti

vi di revoca o modifica del provvedimento definitivo sul tratta

mento di quiescenza elencati dall'art. 204, e dalla correlativa area

di irripetibilità prevista dal successivo art. 206, per rientrare nel

l'ambito di applicabilità dei principi generali sulla ripetizione di

indebito (v. Cass. 6655/83). In ogni caso, trattandosi, sia nel caso dei dipendenti privati

che di quelli pubblici, di norme che fanno eccezione ai detti prin

cipi generali, non può parlarsi di incostituzionalità a proposito di norma che preveda, quanto al settore che essa è volta a disci

plinare, per la eccezione da essa prevista un ambito più ristretto

di quello riservato dalla corrispondente normativa in altro setto

re. Né può, infine, dimenticarsi che ripetutamente la Corte costi

tuzionale ha ritenuto non raffrontabili, a cagione della loro

diversità, le situazioni del settore privato rispetto a quelle consi

mili del settore pubblico con conseguente insussistenza della de

dotta incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza

(cfr. Corte cost. 20 gennaio 1977, n. 43, id., 1977, I, 257). Il ricorso va, dunque, respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 gennaio

1989, n. 29; Pres. Valente, Est. Senese, P.M. Visalli (conci,

conf.); Meciani (Avv. Canestrelli, Sarcinelli) c. Cassa na

zionale previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti

commerciali; Cassa nazionale previdenza ed assistenza a favore

dei ragionieri e periti commerciali (Avv. Mandel) c. Meciani.

Cassa Trib. Grosseto 18 febbraio 1986.

Professioni intellettuali — Ragionieri — Previdenza — Facoltà

di riscatto per gli ultrassessantacinquenni — Requisiti (L. 9 feb

braio 1963 n. 160, istituzione della cassa nazionale di previden za ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali,

art. 2, 43; 1. 23 dicembre 1970 n. 1140, adeguamento della legis lazione sulla previdenza e sull'assistenza dei dottori commer

cialisti, dei ragionieri e periti commerciali, art. 12).

Ai fini dell'esercizio della facoltà di riscatto accordata ai profes sionisti ultrasessantacinquenni dall'art. 12, 5° comma, l. 1140/70,

si richiedono, quali unici requisiti, l'iscrizione, alla data di en

trata in vigore della l. 160/63, da almeno quindici anni all'albo

professionale e la iscrizione, al momento della domanda, alla

cassa di previdenza per ragionieri e periti commerciali, con esclu

sione del requisito della ininterrotta iscrizione a detta cassa nel

periodo corrente tra l'entrata in vigore della l. 160/63 e l'entra

ta in vigore della successiva l. 1140/70. (1)

(1) In senso conforme alla prima parte della massima, v. Cass. 10 mar

zo 1987, n. 2492, Foro it., Rep. 1987, voce Professioni intellettuali, n.

189, ove è contenuta l'ulteriore precisazione che il quindicennio di iscri

zione all'albo, utile per l'esercizio del riscatto, va aumentato del periodo corrente tra l'entrata in vigore della 1. 160/63 e della successiva 1. 1140/70, e che, al fine di tale complessivo periodo, non è richiesta, come condizio

ne ulteriore, la continuità ininterrotta della iscrizione all'albo professio nale; su tale requisito, analogamente, Cass. 10 dicembre 1982, n. 6764,

id., Rep. 1982, voce cit., n. 94.

In senso contrario, v. Cass. 28 marzo 1986, n. 2226, id., Rep. 1986, voce cit., n. 94, secondo cui la facoltà di riscatto, in quanto collegata

li Foro Italiano — 1989.

Motivi della decisione. — Disposta preliminarmente la riunio

ne del ricorso incidentale a quello principale (art. 335 c.p.c.), la corte osserva.

Denunciando violazione dell'art. 12 1. 1140/70 in relazione al

l'art. 360 c.p.c., il Meciani censura la sentenza impugnata per aver ritenuto requisito necessario, ai fini del godimento del bene

ficio di cui al 5° comma del citato art. 12, oltre quelli espressa mente previsti dalla legge, anche l'ininterrotto esercizio della

professione dalla data di entrata in vigore della 1. 160/63 a quella dell'entrata in vigore della 1. 1140/70. Deduce al riguardo che

tale ultimo requisito, del quale il dettato legislativo non fa paro

la, è stato arbitrariamente postulato dal Tribunale di Grosseto

con patente violazione dei canoni ermeneutici che presiedono al

l'interpretazione di una disposizione speciale e transitoria la qua

le, in ragione di tale suo carattere, non tollera l'ampliamento delle

condizioni espressamente enunciate dal legislatore, come quelle alla cui sussistenza il beneficio stesso è collegato.

Il motivo è fondato.

1. - Il tribunale, infatti, dopo aver detto che nel testo della

legge non è dato rinvenire alcun cenno al requisito della ininter

rota iscrizione alla cassa per il periodo 1963/1970, ha ritenuto

nondimeno di desumere la necessità di tale iscrizione da «fonda

mentali considerazioni, riferibili alla intima struttura, alle finalità

ed ai meccanismi di funzionamento del sistema previdenziale di

cui si tratta», i quali renderebbero «indispensabile l'ipotesi di un

intento del legislatore di ammettere al contrastato beneficio pen sionistico anche coloro i quali non fossero stati iscritti, per un

determinato periodo — compreso tra la vigenza della 1. 160/63

e l'entrata in vigore della menzionata 1. 1140/70 — all'albo pro

fessionale, mancando inoltre di esercitare, nel relativo arco tem

porale, la professione». Siffatta affermazione, all'evidenza del tutto tautologica (posto

ché nessuna indicazione viene offerta in ordine alle pretese carat

teristiche della «intima struttura, finalità, meccanismi, ecc.» che

renderebbero impensabile — rectius incompatibile — il beneficio

de quo con la mancata continua iscrizione), non riceve maggior

sostegno dalle considerazioni che ad essa fanno seguito, le quali si risolvono in ulteriori petizioni di principio, attraverso l'affer

mazione che nessun sistema previdenziale collegato ai contributi

degli iscritti potrebbe prescindere dalla continua iscrizione all'al

bo professionale e dall'effettivo ininterrotto esercizio della pro fessione da parte di coloro cui venga riconosciuto il diritto a

pensionamento (per un esempio delle numerose puntuali smentite

che l'ordinamento offre a siffatta affermazione: cfr. art. 2, 12°

e 13° comma, d.p.r. 301/73 a proposito del regime previdenziale

per ingegneri e architetti); ed infine approdano alla indicazione

del preteso inconveniente, che l'interpretazione disattesa compor

terebbe, consistente in ciò che, seguendo tale interpretazione, si

perverrebbe ad attribuire un trattamento pensionistico a chi non

abbia mai esercitato la professione. Conclusione, questa, che non

corrisponde al sistema della legge (come si vedrà infra sub 2) e meno che mai al caso in esame (risultando incontestato che

il Meciani è stato iscritto alla cassa dal 1963 al 1967 e, successiva

mente, dal 1° gennaio 1971); e che, comunque, a parte la fragili tà dell'argomentazione per inconvenienti, non vale a sorreggere la conseguenza, che se ne vorrebbe trarre, della necessità della

ininterrotta iscrizione (altro, infatti, è l'esercizio non ininterrotto

della professione, altro il mancato esercizio di questa, né il requi sito della ininterrotta iscrizione alla cassa è necessario per sbar

all'iscrizione alla cassa, non può prescindere a sua volta dall'esercizio

della libera professione dal 1963 in poi, nel senso che il periodo preso in considerazione per il riscatto deve avere tutti i requisiti sostanziali ne

cessari al fine dell'iscrizione stessa.

Sulla seconda parte della massima non constano precedenti in termini.

Osserva la corte in motivazione che, diversamente opinando, verrebbe

a determinarsi duplicazione dei contributi personali obbligatori a carico

dell'iscritto, intento sanzionatorio o risarcitorio non rinvenibile nelle fi

nalità della legge, attesoché l'unica conseguenza prevista dall'art. 12, 5°

comma, 1. 1140/70 consiste nel pagamento degli interessi scalari annui

per il periodo di ritardato pagamento. Nel senso che l'iscrizione alla cassa prescinde dalla entità o non conti

nuità del lavoro professionale, Cass. 10 gennaio 1986, n. 100, id., Rep. 1986, voce cit., n. 91 e in Giust. civ., 1986, I, 1711, con nota di Carbo

ne, e Cass. 26 marzo 1987, n. 2955, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n.

186, nonché Cass. 10 settembre 1988, n. 5139, in questo fascicolo, I, 1554.

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