sezioni unite civili; sentenza 18 novembre 1988, n. 6251; Pres. Brancaccio, Est. Pontrandolfi,P.M. Sgroi V. (concl. conf.); Galassi (Avv. Agostini) c. Ente Opere laiche Lauretane (Avv.D'Ottavi). Cassa Trib. Macerata 21 giugno 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1533/1534-1535/1536Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183977 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
generale e la comunicazione dell'adunanza della camera di consi
glio sono state effettuate per quanto riguarda la regione Puglia controricorrente presso la cancelleria della Corte di cassazione
per essersi il domiciliatario trasferito in sede diversa rispetto a
quella in precedenza indicata; — considerato che preliminare alla pronuncia sul ricorso è la
soluzione della questione — in ordine alla quale si rinvengono contrastanti soluzioni emesse dalle sezioni semplici (con ordinan
ze emesse in udienza) e da rilevare d'ufficio attenendo al rispetto del contraddittorio ed alla tutela del diritto di difesa delle parti — sulla ritualità della notifica degli atti di cui agli art. 375, 2°
comma, e 377, 2° comma, c.p.c. presso la cancelleria di questa
corte, nell'ipotesi in cui l'ufficiale giudiziario non abbia potuto notificare le conclusioni del procuratore generale o comunicare
la data dell'udienza e dell'adunanza della camera di consiglio (come nel caso in esame) per trasferimento del domiciliatario, non co
municato nelle forme di rito, e ciò sia quando l'ufficiale giudizia rio non abbia potuto accertare il nuovo domicilio, sia quando, da informazioni assunte, lo stesso abbia notizia del nuovo indi
rizzo del domiciliatario; — considerato che, a norma dell'art. 141, 4° comma, c.p.c.
la notificazione non può essere effettuata nel domicilio eletto se
il domiciliatario si è trasferito fuori dalla sede indicata nell'ele
zione di domicilio; — considerato che la parola «sede» adoperata nella norma da
ultimo citata non significa genericamente città di residenza del
domiciliatario, ma luogo preciso (ufficio, studio professionale,
abitazione, ecc.) designato nella elezione di domicilio con tutte
le indicazioni che valgono sicuramente ad identificarlo (città, no
me della strada, numero civico) (Cass. 6 aprile 1978, n. 1588,
Foro it., 1978, I, 1592); — considerato che il domicilio viene eletto a proprio rischio,
restando fermo per tutta la durata del procedimento di cassazio
ne, con la conseguenza che se risulta escluso ogni collegamento tra il domiciliatario ed il luogo da lui indicato, a seguito di tras
ferimento, la cancelleria non è tenuta a svolgere alcuna attività
diretta ad individuare l'ubicazione, eventualmente ancora in Ro
ma, di tale nuovo domicilio e con l'ulteriore conseguenza che
se la comunicazione o la notificazione non si sono potute effet
tuare al domicilio indicato se ne deve trarre l'illazione che quel
domicilio, ormai rivelatosi inidoneo a costituire il canale privile
giato per la conoscenza da parte del destinatario delle vicende
processuali che devono essergli rese note, va considerato come
se non fosse stato eletto (Cass. 11 maggio 1981, n. 3090, id.,
Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 303); — considerato che in ipotesi di mancata elezione di domicilio
si applica l'art. 366, 2° comma, c.p.c., secondo cui, se il ricor
rente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono
fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione; — considerato che tale disposizione, in virtù del richiamo con
tenuto nell'art. 370, 2° comma, c.p.c., si applica anche alle noti
ficazioni al controricorrente e quindi si presenta come disposizione di carattere generale che regola non solo la notificazione del con
troricorso e dell'eventuale ricorso incidentale e ad istanza del con
troricorrente, ma tutte le comunicazioni e notificazioni che
debbono farsi agli avvocati di entrambe le parti e quindi anche
le notificazioni di cui agli art. 375, 2° comma, e 377, 2° comma,
c.p.c.; in mancanza di altre disposizioni di carattere particolare; — considerato che il richiamato art. 366, 2° comma, c.p.c.
si applica analogicamente anche nell'ipotesi in cui l'elezione di
domicilio sia venuta meno per il trasferimento del domiciliatario
(Cass. 12 dicembre 1980, n. 6401, id., Rep. 1980, voce cit., n.
287; 11 maggio 1981, n. 3090, cit.; 10 giugno 1982, n. 3540, id.,
Rep. 1982, voce cit., n. 304); — considerato che tale norma, come integrata dall'art. 370
c.p.c., regola compiutamente la materia con la conseguenza che
non è possibile — né necessario — fare capo ad altre disposizio
ni, quale l'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, per disciplinare
l'ipotesi in cui il trasferimento del domicilio riguardi l'avvocato
iscritto come procuratore nella circoscrizione del Tribunale di Ro
ma, trattandosi di disposizione inapplicabile al giudizio di legit timità;
— considerato che l'elezione di domicilio costituisce una mani
festazione di volontà della parte sicché, ove la stessa sia venuta
meno, è irrilevante — in difetto di apposita comunicazione —
Il Foro Italiano — 1989.
la ricerca o l'accertamento del nuovo domicilio compiuto dalla
cancelleria o dall'ufficiale giudiziario; — considerato che la comunicazione della nuova sede del do
miciliatario — affinché presso la stessa siano effettuate le comu
nicazioni e notificazioni di rito — deve essere effettuata dalla
parte o dal suo procuratore speciale o anche dallo stesso domici
liatario, atteso il rapporto fiduciario che lo lega a colui che pro cede alla elezione e la considerazione che quello che rileva è
soprattutto la persona del domiciliatario più che il collegamento fra quest'ultimo ed una determinata sede;
— considerato che è onere dei soggetti interessati comunicare
alla cancelleria il nuovo domicilio per ogni singola controversia
pendente; — considerato che, in mancanza di tempestivo adempimento
di tale onere, legittimamente le comunicazioni e le notificazioni
sono fatte, in applicazione dell'art. 366, 2° comma, c.p.c., pres so la cancellaria della Corte di cassazione;
— considerato che l'onere di comunicazione è tempestivamente
adempiuto quando l'atto contenente l'indicazione del nuovo do
micilio sia depositato nella cancelleria prima che si sia proceduto alle notifiche e comunicazioni presso la stessa; i
— considerato che le conclusioni raggiunte realizzano compiu tamente il diritto di difesa della parte, la quale, sulla base dell'in
terpretazione fornita dell'art. 366, 2° comma, c.p.c., non può che addebitare a se stessa le conseguenze che le derivano dal man
cato adempimento dell'onere di comunicazione; — considerato che, quindi, legittimamente sono state effettua
te, nel caso di specie, la notificazione delle conclusioni del procu ratore generale a norma dell'art. 375, 2° comma, c.p.c. e la
comunicazione dell'adunanza della camera di consiglio, ai sensi
dell'art. 377, 2° comma, c.p.c., presso la cancelleria di questa
corte, risultando irrilevante, per quanto già detto, l'avvenuta co
noscenza della nuova sede in difetto di apposita comunicazione
delle parti o la comunicazione del nuovo domicilio effettuata suc
cessivamente alla data di perfezionamento dell'attività notificato
ria presso la cancelleria; — considerato che si può procedere all'esame del ricorso; — considerato che il ricorso è inammissibile per essere stato
proposto dopo che — scaduto il termine breve per l'appello av
verso la sentenza — questa era passata in giudicato, sicché non
era più proponibile avverso la stessa il regolamento preventivo di giurisdizione;
— considerato che invece il controricorso è ammissibile in quanto sottoscritto dall'avv. prof. Franco Cipriani, iscritto nell'albo pre scritto per esercitare il ministero professionale presso le magistra ture superiori;
— considerato che in conseguenza della ritenuta inammissibili
tà del ricorso il ricorrente va condannato al pagamento delle spe se di questa fase di giudizio;
Per questi motivi, la Corte di cassazione, a sezioni unite, di
chiara inammissibile il ricorso. (omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 no
vembre 1988, n. 6251; Pres. Brancaccio, Est. Pontrandolfi,
P.M. Sgroi V. (conci, conf.); Galassi (Avv. Agostini) c. Ente
Opere laiche Lauretane (Avv. D'Ottavi). Cassa Trib. Macera
ta 21 giugno 1983.
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza — Opere pie —
Persone giuridiche di diritto privato — Giurisdizione del giudi ce ordinario (Cost., art. 38; cod. civ., art. 2093; cod. proc.
civ., art. 1, 37, 409; 1. 17 luglio 1890 n. 6972, norme sulle
istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, art. 1).
A seguito di Corte cost. 7 aprile 1988, n. 396 l'opera pia che
svolga attività assistenziale unitamente ad attività economiche
prevalenti va considerata persona giuridica privata; deve essere,
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1535 PARTE PRIMA 1536
pertanto, riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario a
conoscere delle controversie che la riguardano. (1)
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso si
deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2093 c.c., degli art. 1, 37 e 409 c.p.c., delle norme che regolano la giurisdizione, nonché vizio della motivazione per insufficienza e contradditto
rietà, in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 e 5, c.p.c. Sostiene il ricorrente: a) che l'indagine volta a stabilire se l'ente
pubblico svolga attività imprenditoriale va compiuta in relazione
alle singole fattispecie; b) che dalla produzione del bilancio è emer
so che l'ente agisce in regime di libera concorrenza con altre im
prese private ed ha fini di lucro, con una organizzazione improntata
a criteri di economicità e tesa al procacciamento di entrate remu
nerative dei fattori produttivi; c) che la natura economica dell'en
te si evince dallo stesso statuto, dove risultano vaste proprietà terriere e impianti di tipo industriale relativi al pubblico acque
dotto; d) che dal bilancio risulta che gli utili non sono devoluti
all'assistenza e beneficenza pubblica se non nella misura dell'1%,
peraltro riferibile a tutti i fini pubblici dell'ente; e) che, risolven do la questione della giurisdizione in relazione al preteso rappor tò di strumentalità delle attività imprenditoriali ai fini pubblici
istituzionali, la motivazione della sentenza impugnata è incorsa
nel vizio di insufficienza (rispetto alle deduzioni della difesa del
l'appellato e alla documentazione acquisita), nonché di contrad
dittorietà interna, in quanto i dati emergenti dal bilancio, anche
sotto il profilo quantitativo, dimostravano logicamente l'inappli cabilità del criterio stesso della strumentalità, criterio peraltro in
teso dalla giurisprudenza della Corte di cassazione in modo diverso
da quello esposto dalla sentenza impugnata. Non deve tenersi conto del controricorso dell'ente «Opere lai
che Lauretane» perché tardivamente notificato rispetto al termine
prescritto dall'art. 370 c.p.c., e, quindi, inammissibile (ricorso
notificato il 25 ottobre 1983; controricorso notificato il 25 mag
gio 1984; scadenza del termine: 4 dicembre 1983). Il ricorso dev'essere accolto, ma per considerazioni parzialmente
diverse da quelle esposte dal ricorrente: non può, infatti, ignorar si l'effetto innovativo dell'ordinamento derivante dalla sentenza
7 aprile 1988, n. 396 della Corte costituzionale (Foro it., 1989,
I, 46), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1
1. 17 luglio 1890 n. 6972 (norme sulle istituzioni pubbliche di assi
stenza e beneficenza) nella parte in cui non prevede che le
(1) In senso parzialmente analogo, e cioè in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario in materia di controversie in cui risultino parti le
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, v. App. Bologna 17 set
tembre 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, n. 4; Trib. Bologna 17 settembre 1983, ibid., n. 5; Cass.
25 novembre 1982, n. 6366, id., Rep. 1982, voce cit., n. 21; 10 febbraio
1982, n. 827, ibid., n. 24; Pret. Palermo 17 novembre 1979, id., 1981, I, 891, con nota di richiami. In senso opposto, cfr. Cass. 25 novembre
1982, n. 6367, id., Rep. 1982, voce cit., n. 23. La decisione della Corte
costituzionale (7 aprile 1988, n. 396) su cui si basa la presente pronuncia può leggersi in Foro it., 1989, I, 46, con nota di Saracco, La Corte
costituzionale e le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza: verso la fine di un'odissea?
In precedenza, sulla natura privata o pubblica delle Ipab, cfr. Cass. 2 ottobre 1985, n. 4775, id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 495, commentata da Ciocca, Il regime giuridico delle Ipab nell'ambito degli enti assistenziali, in Giur. it., 1987, I, 1, 825. Con tale decisione, la Su
prema corte aveva escluso che la natura di Ipab di un'associazione laicale
a scopo di religione e di culto derivasse dal solo fatto di perseguire finali tà assistenziali-educative. La natura privata di una fondazione, costituita in base a testamento, con finalità di assistenza e beneficenza, era stata
già affermata da Cons. Stato, sez. IV, 16 maggio 1985, n. 189, Foro
it., 1986, III, 128, con nota di richiami e commentata da Ponzanelli, in Nuova giur. civ., 1986, I, 486.
In materia, v. anche Tar Emilia-Romagna, sez. II, 10 febbraio 1987, n. 18, Foro it., 1987, III, 542, che ha annullato la deliberazione con la quale la regione Emilia-Romagna aveva disposto sulla base della nor mativa civilistica l'estinzione di un'istituzione pubblica di assistenza e be neficenza per sopravvenuta impossibilità di perseguire lo scopo. Analogamente, v. Cons. Stato, sez. IV, 17 ottobre 1985, n. 456, id.,
1986, III, 376, con nota di richiami. In dottrina, cfr., da ultimo, De Siervo, Assistenza e beneficenza pub
blica, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1987, I, 445 ss.; Renzullo, Le pubbliche istituzioni di assistenza e beneficenza, in Prev.
soc., 1986, 1307 ss.
Il Foro Italiano — 1989.
Ipab regionali e infraregionali possano continuare a sussistere as
sumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora ab
biano tuttora i requisiti di un'istituzione privata. È innegabile che tale statuizione debba avere applicazione an
che per il passato, trattandosi, di ius superveniens che trova come
unico limite quello delle situazioni esaurite o, comunque, definite
con giudicato. Con tale decisione, alla stregua della dottrina e della giurispru
denza unanimi, la Corte costituzionale ha rilevato che l'art. 1
1. 6972 del 1890 (cosiddetta legge Crispi) ebbe a produrre una
generalizzata pubblicizzazione delle suddette istituzioni, ciò di
scendendo dalla inequivoca intestazione della legge stessa, dalla
struttura e dalla disciplina ad esse imposta, nonché dalla esplicita
qualificazione loro attribuita. In sostanza, fu stabilito con quella
legge un monopolio pubblico dell'assistenza esercitata dagli enti
riconosciuti come persone, che ebbe a comprimere conseguente mente la libertà dei privati di contribuire all'assistenza e alla be
neficenza, e tale monopolio si è venuto successivamente a porre in contrasto con l'opposto principio sancito dal precetto dell'art.
38, ultimo comma, Cost., che tutela la libertà dell'assistenza pri vata. Come rilevato dalla Corte costituzionale, vigendo quella leg
ge, «la qualificazione pubblica di tali enti costituiva una
conseguenza necessitata dal riconoscimento della personalità giu
ridica, anche se essi presentassero, per il resto, tutti i requisiti che avrebbero loro consentito di essere riconosciuti come persone
giuridiche private, se non fosse stata vigente la norma impugna ta» (l'art. 1 della citata legge).
Comunque, nel caso di specie, il decreto reale 23 agosto 1935,
che (similmente ad altri decreti di riconoscimento) ebbe ad ap
provare lo statuto organico dell'ente denominato «Opere laiche
Lauretane», non conteneva alcuna espressa attribuzione della per sonalità giuridica di diritto pubblico, ma solo il riconoscimento
come ente morale, che, com'è noto, è sinonimo di persona giuri
dica, sia pubblica che privata, discendendo, invece, la qualifica zione pubblica del suddetto ente come effetto naturale del
riconoscimento, e cioè come diretta conseguenza della 1. 6972 del
1890. Per la sentenza n. 396/88 della Corte costituzionale, «sono . . .
venuti meno i presupposti che avevano presieduto, all'epoca della
legge Crispi, al generalizzato regime di pubblicizzazione, oggi non
più aderente alla mutata situazione dei tempi ed alla evoluzione
degli apparati pubblici, per l'avvenuta assunzione diretta da par te di questi di certe categorie di interessi, la cui realizzazione era
invece assicurata, nel sistema della legge del 1890, quasi esclusi
vamente dalla iniziativa dei privati, che veniva poi assoggettata al controllo pubblico per costituire un sistema di beneficenza le
gale, che altrimenti sarebbe mancata del tutto».
Ritiene questa Suprema corte — e sempre nell'ambito delle Ipab
regionali e infraregionali già esistenti — che le suddette conside
razioni della Corte costituzionale non valgono solo per le istitu
zioni costituite per volontà dei fondatori privati (ossia aventi origine da atti di libertà dei privati), ma anche per quelle, aventi anolo
ghe finalità di beneficenza, di origine religiosa, come le «opere
pie», tra le quali vanno certamente ricomprese le «Opere laiche
Lauretane», con sede a Loreto, un tempo denominate «Pio isti
tuto della S. Casa di Loreto» (v. statuto dell'ente); e, in sostan
za, per qualsiasi istituzione che, nel campo dell'assistenza sociale, non sia per legge di diretta creazione statale.
Ne deriva che l'unica e quantitativamente modesta attività assi
stenziale in contrapposto alle prevalenti e multiformi attività eco
nomiche non è più idonea a connotare in senso pubblicistico l'ente
«Opere laiche Lauretane» e che la questione che si pone, nella
specie, ai fini della giurisdizione, non è più l'alternativa tra ente
pubblico economico ed ente pubblico non economico, dovendosi
tale ente considerare persona giuridica privata con la conseguente
giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della presente con
troversia.
Come chiarito dalla Corte costituzionale, la mancanza di una
apposita normativa che disciplini le ipotesi ed i procedimenti per l'accertamento della natura privata delle Ipab non impedisce la
via dell'accertamento giudiziale.
Questo accertamento, poi, è ben possibile, nella specie, ai fini
della risoluzione della questione di giurisdizione.
Pertanto, il ricorso va accolto; conseguentemente va dichiarata
la giurisdizione del giudice ordinario, l'impugnata sentenza va cas
sata e la causa va rinviata, anche per le spese di questa fase del
giudizio, allo stesso Tribunale di Macerata.
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