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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 27 giugno...

Date post: 30-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 27 giugno 1987, n. 5736; Pres. Bile, Est. Sammartino, P. M. Caristo (concl. conf.); Min. interno (Avv. dello Stato Palatiello) c. Muglio ed altro (Avv. Ferrari). Cassa Trib. Genova 6 maggio 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 855/856-867/868 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181146 . Accessed: 28/06/2014 10:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 10:02:27 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 27 giugno 1987, n. 5736; Pres. Bile, Est. Sammartino, P. M. Caristo(concl. conf.); Min. interno (Avv. dello Stato Palatiello) c. Muglio ed altro (Avv. Ferrari). CassaTrib. Genova 6 maggio 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 855/856-867/868Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181146 .

Accessed: 28/06/2014 10:02

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PARTE PRIMA

banca aveva sempre onorato gli assegni emessi dalla soc. Alma,

cosi mostrando di consentire ad un fido nei limiti suddetti.

La fragilità logico-giuridica di tale motivazione si coglie prima facie, tanto se la corte abbia inteso riferirsi — come risulta dal

tenore letterale dello scritto — alla tacita stipulazione di una vera

e propria apertura di credito, quanto se, impropriamente usando

questa denominazione, abbia inteso riferirsi ad un affidamento

sorretto da facta concludentia.

In relazione a quest'ultima ipotesi, basta rilevare che il diniego di una situazione di scoperto di conto contrasta con i principi innanzi ricordati, per cui, in mancanza di un vincolo della banca

alla concessione del credito, non esiste un rapporto rispetto al

quale le rimesse possano essere apprezzate, invece che quali atti

estintivi del saldo debitore, come mere variazioni quantitative della

disponibilità. Sotto il primo profilo, poi, è altrettanto agevole osservare che

un'apertura di credito non è evincibile dalla mera tolleranza di

una situazione di scoperto, posto che siffatto comportamento della

banca, comunque motivato e ancorché protrattosi per un consi

stente periodo, non implica affatto un vincolo della stessa a con

cedere credito per un tempo convenuto (e a tempo indeterminato), a certe condizioni e per un determinato ammontare massimo; ciò

senza dire che l'apertura di credito, pur essendo a forma libera

(art. 1842 ss. c.c.), vive nella realtà sociale come contratto stipu lato in forma scritta, mediante l'impiego di moduli predisposti dalla banca.

La sentenza impugnata non ha addotto, a prova della stipula zione dell'apertura di credito, elementi ulteriori e diversi dalla

prolungata situazione di scoperto; e non ha neppure individuato

il preciso ammontare della somma di cui il correntista avrebbe

avuto la disponibilità, essendosi limitata ad affermare che non

poteva essere inferiore a lire 42.000.000 solo perché questo era

stato in concreto l'importo del massimo scoperto. Al qual propo sito non si è neppure resa conto che il limite del fido derivante

dall'apertura di credito, cioè l'ammontare della somma posta a

disposizione dell'accreditato, nulla ha da vedere con il saldo pas sivo del conto corrente di corrispondenza, sicché l'identificazione

del primo con il secondo risulta arbitraria.

L'accoglimento del motivo in esame comporta l'assorbimento

del secondo, relativo alla domanda di revoca della cessione di

credito ai sensi dell'art. 67, 2° comma, 1. fall.

4. - Con il terzo motivo, denunziando la violazione dell'art.

67, 1° comma, n. 2, 1. fall., e vizi della motivazione, la curatela

fallimentare sostiene che erroneamente la sentenza impugnata ha

escluso che la banca nazionale del lavoro fosse a conoscenza del

lo stato di insolvenza della società debitrice, laddove: a) essa ri

corrente non aveva l'onere di provare tale requisito dell'azione

revocatoria, che nella specie doveva ritenersi presunto, ai sensi

della norma suddetta, trattandosi di pagamento con mezzo anor

male (la cessione di credito); b) in ogni caso, la prova della cono

scenza dello stato di insolvenza, rilevante agli effetti della domanda

subordinata di revoca ex art. 67, 2° comma, 1. fall., risultava

da un complesso di elementi ritualmente dedotti e documentati, ma inopinatamente non considerati dai giudici di appello.

La censura sub a) non va esaminata, in quanto assorbita dal

l'accoglimento di quella relativa all'omessa motivazione in ordine

alla domanda di revoca dell'atto di cessione del credito.

La censura sub b) è fondata. La corte d'appello, pur dando

genericamente atto della pendenza, all'epoca dell'operazione di

cui si discute, di istanze di fallimento e di esecuzioni nei confron

ti dell'Alma, ha affermato, senza alcuna motivazione, che tali

elementi non erano idonei a dimostrare la conoscenza dello stato

di insolvenza e che, comunque, questa doveva escludersi perché la banca, dopo il «preteso pagamento con cessione di credito», aveva continuato ad onorare gli assegni della società, laddove, se avesse avuto notizia del dissesto, non avrebbe mancato di re

vocare il fido; e in base a questa considerazione ha ritenuto su

perflua anche l'assunzione di una prova testimoniale articolata

dalla curatela.

Senonché il fatto valorizzato dalla corte, cioè la mancata inter

ruzione del rapporto con la società debitrice, è solo un elemento

indiziario, che può costituire un argomento di prova o essere as

sunto, al limite, come uno dei termini a quo di una presunzione, ma certamente non è di per sé idoneo ad escludere la scientia

decoctionis, senza considerare altri elementi che, in ipotesi, per essere gravi, precisi e concordanti, potrebbero fondare un ragio namento presuntivo di segno opposto; e non è dubbio che le pro

li. Foro Italiano — 1988.

cedure esecutive, i protesti e le istanze di fallimento sono, in astrat

to, validi elementi presuntivi della conoscenza del dissesto, specie

con riferimento ad un istituto di credito, cui deve attribuirsi una

possibilità di informazione sulla situazione patrimoniale dei pro

pri debitori certamente superiore a quella comune.

I giudici d'appello, quindi, non potevano disattendere immoti

vatamente gli elementi in base ai quali il tribunale aveva ritenuto

provata la conoscenza dello stato di insolvenza, ma avrebbero

dovuto considerarli specificatamente, prendendo in esame le ese

cuzioni e le istanze di fallimento in relazione al numero, all'entità

degli inadempimenti e ad ogni altra circostanza rilevante per il

tema della prova; e nel contesto di tali elementi avrebbero dovuto

valutare l'unico fatto in concreto valorizzato, dando conto delle

ragioni per le quali ritenevano di attribuire ad esso rilievo preva

lente rispetto ad ogni altro.

In definitiva, il ricorso merita accoglimento anche in relazione

al motivo ora esaminato e conseguenzialmente la sentenza impu

gnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, che si desi

gna in una diversa sezione della stessa Corte d'appello di Genova,

la quale procederà a nuovo esame della controversia, attendendo

si ai principi di diritto e ai rilievi innanzi svolti.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 giu

gno 1987, n. 5736; Pres. Bile, Est. Sammartino, P. M. Cari

sio (conci, conf.); Min. interno (Avv. dello Stato Palatiello)

c. Muglio ed altro (Avv. Ferrari). Cassa Trib. Genova 6 mag

gio 1980.

Impiegato dello Stato e pubblico — Inservienti presso comandi

di pubblica sicurezza — Natura del rapporto — Pubblico im

piego — Giurisdizione amministrativa (R.d. 30 novembre 1930

n. 1629, approvazione del nuovo regolamento per il corpo de

gli agenti di pubblica sicurezza, art. 303; 1. 6 dicembre 1971

n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art.

7; 1. 11 luglio 1980 n. 312, nuovo assetto retributivo-funzionale

del personale civile e militare dello Stato, art. 33)

Il rapporto di lavoro degli inservienti assunti presso i comandi

di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 303 r.d. 30 novembre

1930 n. 1629, è di pubblico impiego e, pertanto, la cognizione delle relative controversie spetta al giudice amministrativo. (1)

(1-4) Sui criteri per la determinazione della natura pubblica o privata del rapporto di lavoro con la p.a., v. Cass. 14 gennaio 1987, n. 194 ed altre, Foro it., 1987, I, 1789, con ampia nota di richiami.

Sull'inquadramento del personale trasferito ad altro ente pubblico e la legittimità dell'accorpamento o eliminazione o riduzione delle qualifi che, v. Corte cost. 3 aprile 1987, n. 99 e 31 dicembre 1986, n. 317, ibid., 1676, con nota di richiami.

Sui singoli rapporti oggetto delle decisioni in epigrafe, cfr.: per il per sonale del lotto, in riferimento all'equiparazione col personale statale, Cons. Stato, sez. Ili, 20 novembre 1984, n. 1413, id., Rep. 1986, voce

Lotto, nn. 1-9; commiss. spec. 31 marzo 1980, n. 122/769/78, id., Rep.

1982, voce cit., n. 3; sez. IV 11 dicembre 1981, n. 1061, ibid., n. 4 (con fermata da Cass. 5723/87 in epigrafe); Pret. Genova 16 novembre 1978, id., 1979, I, 1639; in generale, sul servizio del lotto, v. S. Piasco, Lotto

pubblico (dir. amm.), voce del Novissimo digesto, appendice, Utet, Tori

no, 1983, IV, 1059; per il personale a contratto assunto dal ministero

degli esteri, in riferimento alla natura privata del rapporto istituito ex 1. 1222/71, v. Cass. 19 gennaio 1987, n. 408, id., Mass., 75, nonché, in riferimento ai limiti di valutazione del servizio prestato ai fini dell'inse rimento in ruolo, Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 1986, n. 856, Cons.

Stato, 1986, I, 1808; T.A.R. Lazio, sez. I, 22 ottobre 1984, n. 914, Foro

it., Rep. 1985, voce Istruzione pubblica, n. 356; 10 novembre 1982, n.

937, id., Rep. 1983, voce Sanitario, n. 236; Cons. Stato, sez. I, 20 otto bre 1978, n. 965/78, id., Rep. 1981, voce cit., n. 15; in riferimento alla natura pubblica degli altri rapporti a termine istituiti con l'amministra

zione degli affari esteri in forza di normative speciali (quali il d.p.r. 5

gennaio 1967 n. 18, la 1. 9 marzo 1961 n. 157, la 1. 30 giugno 1956 n. 775), Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 1982, n. 269, id., Rep. 1982, voce Impiegato dello Stato, nn. 110, 140; 18 novembre 1980, n. 1067,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 giu

gno 1987, n. 5723; Pres. Marziano, Est. Nuovo, P. M. Di

Renzo (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Bruno)

c. Cardinale ed altre (Avv. Martuscelli, Cervati). Conferma

Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 1981, n. 1061.

Impiegato dello Stato e pubblico — Commessi avventizi delle ri

cevitorie del lotto — Assunzione — Natura del rapporto (R.d.l.

19 ottobre 1938 n. 1933, riforma delle leggi sul lotto pubblico,

art. 74; r.d. 25 luglio 1940 n. 1077, regolamento sui servizi

del lotto e sul personale delle ricevitorie, art. 194; 1. 4 febbraio

1958 n. 40, modifiche alla legge sul lotto in materia di persona

le, art. 2; 1. 28 dicembre 1967 n. 1330, nuove norme in materia

di reclutamento del personale del lotto, art. 9; 1. 11 luglio 1980

n. 312, art. 27).

I commessi avventizi assunti dai ricevitori del lotto (categoria da

ritenersi mai stata soppressa) appartengono al personale statale

del lotto e per la loro assunzione non è indispensabile un atto

formale di nomina. (2)

III

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 giu

gno 1987, n. 5722; Pres. Marziano, Est. Nuovo, P. M. Di

Renzo (conci, conf.); Carboni (Avv. Silenzi) c. Min. esteri

(Avv. dello Stato Palmieri Sandulli) Cassa Trib. Roma 4 di

cembre 1982

Impiegato dello Stato e pubblico — Ministero degli esteri — Per

sonale con contratto di diritto privato a tempo determinato —

Natura del rapporto — Giurisdizione ordinaria (L. 18 aprile

1962 n. 230, disciplina del contratto di lavoro a tempo determi

nato, art. 2; 1. 15 dicembre 1971 n. 1222, cooperazione tecnica

con i paesi in via di sviluppo, art. 11)

Il rapporto intercorrente fra il ministero degli affari esteri ed il

personale assunto con contratto di diritto privato a tempo de

terminato, ai sensi degli art. 11, lett. b, e 24 l. 15 dicembre

1971 n. 1222, è di impiego privato e la giurisdizione sulle do

mande proposte da quei dipendenti appartiene all'autorità giu

diziaria ordinaria. (3)

IV

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 feb

braio 1987, n. 1949; Pres. Barba, Est. Nuovo, P. M. Paoluc

ci (conci, conf.); Regione Lazio (Avv. Lagonegro, Paccosi)

c. Inps (Avv. Romoli, Lironcurti) e Min. tesoro ed altri. Re

golamento preventivo di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico — Cassa malattia lavoratori gior

nali — Natura — Controversie d'impiego — Giurisdizione am

ministrativa (L. 11 gennaio 1943 n. 138, costituzione dell'Ente

mutualità fascista — Istituto per l'assistenza di malattia ai la

voratori, art. 38; d.p.r. 29 aprile 1977, individuazione degli en

ti e delle gestioni di assistenza di malattia da sopprimere. Nomina

di commissari straordinari).

id., Rep. 1981, voce cit., n. 349; Cass. 10 gennaio 1979, n. 151, id.,

Rep. 1980, voce cit., n. 115; Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 1977,

n. 147, id., 1978, III, 248, con nota di richiami; per i dipendenti delle

casse mutue e delle casse di previdenza ed assistenza degli ordini profes

sionali, in riferimento alla loro qualificazione come enti pubblici non eco

nomici ed alla conseguente natura pubblica del rapporto di lavoro, Cass.

29 novembre 1986, n. 7086, id., 1987, I, 1790, con nota di richiami;

29 novembre 1986, n. 7085, id., Rep. 1986, voce cit., n. 169; 10 giugno

1983, n. 3984, id., Rep. 1983, voce cit., n. 187; 23 marzo 1983, n. 2019,

ibid., n. 821; 10 novembre 1980, n. 6018, id., Rep. 1980, voce cit., n.

190; 29 marzo 1980, n. 2071, ibid, n. 189.

Il Foro Italiano — 1988.

La cassa mutua nazionale malattia lavoratori giornali quotidiani

era ente di diritto pubblico, prima della soppressione disposta

in occasione della riforma del servizio sanitario nazionale, e

le controversie concernenti il rapporto d'impiego con i suoi di

pendenti sono riservate alla cognizione della giurisdizione am

ministrativa. (4)

I

Motivi della decisione. — Esaminando congiuntamente — da

tane la stretta interdipendenza — i primi due motivi, se ne rileva

la parziale fondatezza, nel senso che l'alternativa posta dal ricor

rente non può che risolversi a favore della pubblicità del rappor

to, sussistendone tutti i requisiti, come lo stesso ricorrente finisce

per ammettere, fatta eccezione per la titolarità del rapporto.

È stato sempre pacifico in causa ed affermato dai giudici di

merito — e sul punto non vi è stata impugnazione — che gli

attori operarono come personale il cui rapporto è inquadrabile

nell'ambito dell'art. 303 r.d. 1629/30, il quale prevede che l'as

sunzione degli «inservienti» deve essere «autorizzata dal questore

o dal capo dell'ufficio di p.s. distaccato». Ciò significa che l'atto

di assunzione (di nomina) nel momento della sua efficacia è rife

ribile all'autorità di p.s., dipendente dal ministero degli interni,

quindi quale organo dello Stato, la quale, oltre a controllare,

in sede di autorizzazione, il rispetto delle altre disposizioni dello

stesso art. 303 (fra cui la sussistenza dei requisiti di buona con

dotta e moralità degli aspiranti e l'eguale ripartizione, tra gli agenti

accasermati, della spesa rappresentata dalle loro retribuzioni), prov

vede all'esecuzione delle circolari ministeriali con cui — come

pure riconosciuto dal ricorrente e accertato dai giudici di merito

— sono impartite «precise direttive sul trattamento anche econo

mico» di detto personale, compreso l'eventuale intervento del fon

do di assistenza del personale di p.s., il che relega il criterio di

ripartizione fra gli agenti accasermati nella sfera dei rapporti in

terni tra amministrazione ed agenti, ai quali gli inservienti resta

no estranei.

La sentenza delle sezioni unite n. 387/59 (Foro it., Rep. 1959,

voce Impiegato dello Stato, n. 732) — secondo cui il rapporto

di lavoro con gli inservienti si instaura direttamente con gli acca

sermati — non è invocabile come precedente perché, tra l'altro,

emessa in una specie diversa sia in fatto che in diritto. Si trattava

di inservienti di una caserma di carabinieri e la norma applicata

era l'art. 350 del regolamento generale dell'arma del 1911, che

conferisce al comandante di stazione la facoltà (e non l'obbligo

come suona l'art. 303 cit.) di assumere personale civile per la

confezione dei cibi e la pulizia dei locali di uso comune (e non

di tutta la caserma) sempre che le esigenze del servizio lo consen

tano: dal che la corte argomentò che delle prestazioni degli inser

vienti usufruivano direttamente e personalmente i carabinieri stessi.

Quanto all'art. 33 1. 312/80 («nuovo assetto retributivo

funzionale del personale civile e militare dello Stato») citato dal

ricorrente, ad esso, in verità, non può riconoscersi valore inter

pretativo nel senso in cui lo si intende col primo motivo (e ciò

basta ai fini della decisione) poiché la formula usata — il perso

nale utilizzato a tempo pieno ed in modo continuativo presso

le comunità del corpo degli agenti di pubblica sicurezza. . . è col

locato, a domanda. . . nella categoria dei dipendenti non di ruo

lo dello Stato — lascia in piedi il problema se detta «utilizzazione»

avvenisse o no — allora — per effetto di assunzione da parte

dello Stato ovvero se avvenisse o no per effetto dell'inserimento

del personale nell'organizzazione pubblicistica dell'ente (le pre

stazioni erano previste come necessarie — «sarà provveduto con

inservienti», dice l'art. 303 cit. — per il normale funzionamento

dell'ufficio/caserma).

Gli altri requisiti (subordinazione, retribuzione predeterminata,

durata del rapporto — questa ritenuta continuativa e pluriennale

donde non è neanche necessario invocare un ormai consolidato

indirizzo giurisprudenziale per cui la temporaneità del rapporto

di lavoro non osta alla qualificazione di questo in senso pubblici

stico: sez. un. 4170/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 171) sono

pacifici, per cui si deve concludere che, trattandosi di rapporto

di pubblico impiego, in accoglimento per quanto di ragione dei

primi due motivi — gli altri restano assorbiti — la giurisdizione va attribuita in via esclusiva al giudice amministrativo ex art. 7

1. 1034/71.

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PARTE PRIMA

II

Motivi della decisione. — Sostiene l'amministrazione ricorren

te che nella specie non può in alcun modo ritenersi costituito

un rapporto di pubblico impiego per la mancanza dell'indispen sabile requisito dell'atto formale di nomina. Il principio, ritenuto

in sentenza, che tale atto non è necessario quando risulti l'inseri

mento del dipendente nell'apparato organizzativo della p.a. è sta

to, infatti, affermato dalla giurisprudenza con riferimento ai soli

enti pubblici ed è inapplicabile nell'ipotesi di impiego statale nel

quale per l'assunzione del dipendente è previsto un procedimento

formale, che si conclude con un formale atto di nomina. E tale

atto non può ravvisarsi nei provvedimenti dell'intendente di fi

nanza, che autorizzano i gestori delle ricevitorie del lotto ad av

valersi «a proprie spese e sotto la propria responsabilità» di persone «estranee al personale del lotto» in quanto manca in tali atti la

necessaria, ùnivoca manifestazione di volontà di costituire il rap

porto di pubblico impiego. Sostiene poi la ricorrente che la figura del commesso avventi

zio, prevista dall'art. 74 della legge sul lotto, fu soppressa con

1. 27 giugno 1946 n. 122 che previde il passaggio di detti commes

si ad aiuto ricevitori automaticamente per coloro che avevano

il necessario titolo di studio e previo esame pratico per tutti gli altri e con il d.l. 7 aprile 1948 n. 262 sul blocco dell'assunzione

di personale non di ruolo. Perciò, a partire dalla 1. 4 febbraio

1958 n. 40, si parlò di «commessi volontari» di quel personale cioè che, autorizzato in base all'art. 74 suddetto, era estraneo

alla p.a. e che era richiesto e retribuito dal ricevitore a titolo

meramente privato, soprattutto per raccogliere il gioco dei con

corsi pronostici (Totocalcio, Enalotto, Totip) che il ricevitore me

desimo, quale impiegato dello Stato, non avrebbe potuto esercitare.

Le lavoratrici resistenti con la memoria difensiva rilevano l'inam

missibilità della censura rivolta dal ministero delle finanze alla

decisione impugnata nella parte in cui, in difetto di un atto for

male di nomina, aveva ritenuto sufficiente anche per la costitu

zione di un rapporto di pubblico impiego con lo Stato l'inserimento

del dipendente nell'apparato organizzativo della p.a.: con tale cen

sura, infatti, si denuncerebbe, secondo le resistenti, un error in

iudicando, un vizio cioè che è estraneo al controllo dei limiti esterni

della giurisdizione, affidato dalla legge a queste sezioni unite sul

le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

L'eccezione è però infondata. In effetti per il combinato dispo sto degli art. 48 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924 n. 1054, 360, n. 1, e 362, 1° comma, c.p.c. e 111 Cost., detto sindacato è circoscritto all'osservanza di limiti esterni della

giurisdizione, per cui possono essere proposti solo vizi attinenti;

a) all'esistenza stessa della giurisdizione, il che si verifica quando il Consiglio di Stato afferma la propria giurisdizione in casi in cui nessun giudice può conoscere della controversia o al contrario

quando neghi la giurisdizione sull'erroneo presupposto che la ma teria non possa formare oggetto in modo assoluto di funzione

giurisdizionale; b) ai limiti alla giurisdizione, il che si verifica quan do il Consiglio di Stato giudichi su materia attribuita alla giuris dizione ordinaria o ad altra giursdizione speciale, oppure quando neghi la propria giurisdizione nell'erroneo presupposto che essa

appartenga ad altri; oppure ancora quando in materia attribuita alla propria giurisdizione effettui un sindacato di merito in casi in cui la sua potestas iudicandi è limitata alla sola indagine sulla

legittimità dell'atto amministrativo; c) all'erronea costituzione del

colloquio giudicante dato che la mancanza dei presupposti costi tutivi essenziali dell'organo si inquadra anch'essa nel difetto di

giurisdizione. Perciò, se con la censura proposta dal ricorrente si fosse intesa

denunciare di per sé l'erronea interpretazione delle disposizioni legislative in materia di assunzione di impiegati statali, si sarebbe fatto valere un errato processo logico di pervenire alla risoluzione del caso controverso o un'errata interpretazione della norma da

applicare, vizi questi che sono fuori del controllo sulla giurisdi zione in quanto attengono al contenuto della decisione: non vi è dubbio alcuno, infatti, che rientri proprio nella funzione del

giudice, che ha giurisdizione in materia, la ricerca del significato della norma in discussione e l'individuazione della sua portata in relazione al caso concreto.

Ma nella specie l'error in iudicando viene dedotto in quanto incide sui limiti della giurisdizione del giudice amministrativo, so stenendosi da parte del ministero ricorrente che la mancanza di un atto formale di nomina ha impedito la costituzione di un rap

ii. Foro Italiano — 1988.

porto pubblico impiego e ha fatto sorgere un rapporto di lavoro

privato fra le attrici e i ricevitori del lotto, che le hanno assunte:

in tal modo la questione attiene ai limiti esterni della giurisdizio ne di detto giudice ed è pertanto deducibile in questa sede.

Ciò premesso, va rilevato che la censura proposta dal ricorren

te non ha fondamento. È ben vero che, ai fini della configurabili tà di un rapporto di pubblico impiego, l'irrilevanza dell'indagine sull'emanazione di un formale atto di nomina del dipendente,

quando consti l'inserimento di esso nell'organizzazione dell'ente, è stato affermato da queste sezioni unite con riferimento agli enti

pubblici diversi dalle amministrazioni statali, mentre per quanto

riguarda quest'ultima è stata ritenuta la necessità di tale provve

dimento, in quanto la legislazione vigente ha predisposto, per l'as

sunzione del dipendente, un procedimento formale che si conclude

con un atto di nomina (vedi in questo senso Cass. 6 aprile 1983, n. 2430, Foro it., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 116; 7 ottobre 1982, n. 5129, id., 1983, I, 1852; 19 luglio 1982, n.

4198, ibid., 734). Tuttavia tale questione è nella specie irrilevante.

La stessa amministrazione delle finanze riconosce, infatti, che

i commessi avventizi costituiscono personale (non di ruolo) del

lotto. E che sia così è dimostrato dal fatto che a) la loro assun

zione può avvenire solo in caso di comprovata mancanza di aiuto

ricevitori disposti a coprire i relativi posti, fissati obbligatoria mente per ciascuna ricevitoria (art. 74 legge sul lotto r.d.l. 19

ottobre 1938 n. 1933 convertito nella 1. 5 giugno 1939 n. 973

e art. 194 del relativo regolamento di esecuzione approvato con

r.d. 25 luglio 1940 n. 1077 e successive modificazioni); b) che

i commessi avventizi possono essere nominati coadiutori dei rice

vitori (art. 85 della legge e 193 del regolamento) e come tali ge stori delle ricevitorie vacanti in mancanza di aiuto ricevitori disposti ad assumere dette ricevitorie (art. 209 reg.); c) che l'intendenza

di finanza è tenuta ad avere un elenco di tali commessi (art. 202

reg.); d) che i commessi avventizi sono iscritti al fondo per gli

assegni vitalizi e straordinari al personale del lotto (art. 1 1. 4

febbraio 1958 n. 39), iscrizione prima prevista per i soli ricevitori

(art. 99 legge sul lotto) e per gli aiuto ricevitori (art. 1 d.leg. 27 giugno 1946 n. 122), vedi su questo punto anche la 1. 6 agosto 1967 n. 699 che trasforma detto fondo in «fondo trattamento

quiescienza e assegni straordinari al personale del lotto»; in que sta legge si precisa all'art. 2 che una parte della ritenuta da versa

re al fondo è a carico dello Stato; agli art. 6 e 7 si fissano i

limiti minimo e massimo per il collocamento in pensione dei com

messi avventizi e all'art. 25 si concede la possibilità di riscattare

il servizio prestato come avventizio dalla data di autorizzazione

dell'intendente di finanza; e) che le retribuzioni dei commessi av

ventizi sono determinate per legge (art. 8 d.l.c.p.s. 10 dicembre

1947 n. 1741 e art. 6 1. 4 febbraio 1958 n. 40) ed ultimamente

sono state equiparate a quelle della qualifica iniziale prevista per il personale della carriera esecutiva amministrativa degli impiega ti civili dello Stato (vedi art. 32 d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079);

f) che infine, a seguito del nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato, i commessi avventizi sono stati inquadrati nella IV qualifica funzionale (vedi art. 27

1. 11 luglio 1980 n. 312). Se dunque non può sussistere dubbio alcuno che i commessi

avventizi appartengono al personale statale del lotto, evidente

mente per tale categoria di impiegati non è affatto indispensabile un atto formale di nomina né una manifestazione di volontà da

parte dello Stato di voler costituire un rapporto di impiego (ne cessari invece, secondo la legge, per l'assunzione di ricevitori e aiuto ricevitori), in quanto, in base all'art. 74 della legge sul lotto

e 194 del relativo regolamento, i commessi avventizi vengono sem

pre assunti dai ricevitori, previa semplice autorizzazione che vie ne rilasciata solo quando manchi personale di carriera (aiuto

ricevitori) disposto a prestare servizio nella predetta ricevitoria. E l'autorizzazione dell'intendente di finanza quindi che, consen tendo l'assunzione di detto personale, costituisce il rapporto di

pubblico impiego non di ruolo con lo Stato, e infatti con decor

renza dalla data di tale autorizzazione l'art. 25 1. 6 agosto 1967 n. 699 consente il riscatto del servizio del commesso avventizio ai fini dell'iscrizione al fondo trattamento quiescenza.

Né a questo proposito ha molto rilievo il fatto che i decreti d'autorizzazione riguardanti le attrici specifichino espressamente che la spesa di detto personale è a carico dei rispettivi ricevitori,

perché, come ha messo in rilievo la decisione impugnata, la spesa per i commessi avventizi, come quella per gli aiuto ricevitori, è

per legge a carico del ricevitore (art. 95 legge sul lotto e 191 regol.).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'espressa previsione dell'accollo della spesa del commesso av

ventizio al ricevitore nel particolare ordinamento del lotto non

può quindi ritenersi incompatibile con la costituzione del rappor to di pubblico impiego, perché altrimenti bisognerebbe discono

scere la qualifica di pubblici impiegati anche agli aiuto ricevitori, nominati con decreto del ministro per le finanze previo supera mento di un pubblico concorso (vedi art. 67 e 75 legge sul lotto

e art. 172 ss. del regolamento), solo perché anche le retribuzioni

di detto personale di carriera erano a carico del ricevitore (art. 191 regol.): tale situazione è successivamente mutata, ma ciò non

interessa ai fini della soluzione del problema dell'inquadramento del personale del lotto nell'impiego statale.

Superato il problema della mancanza di un provvedimento di

nomina, occorre ora verificare la fondatezza della tesi del mini

stero ricorrente, secondo la quale, al momento del conferimento

dell'incarico alle attrici, non esisteva più la figura del commesso

avventizio, per cui il rapporto intercorso tra loro e i rispettivi ricevitori non può che essere un rapporto privato di lavoro su

bordinato.

Prima della legge del 1938 il personale del lotto si distingueva in ricevitori (responsabili del banco da loro gestito e retribuiti

ad aggio sulla riscossione) e commessi (assunti e retribuiti dai

ricevitori). I commessi erano avventizi, se prestavano servizio sal

tuario, e stabili, se prestavano servizio continuativo: i primi pote vano essere assunti senza limitazioni di sorta, mentre quelli in

servizio stabile potevano essere assunti previa autorizzazione del

l'intendenza di finanza in un numero limitato, determinato in

relazione all'aggio dei banchi.

Con la riforma del 1938 (in vigore fino al nuovo ordinamento

del gioco del lotto introdotto con 1. 2 agosto 1982 n. 528) venne

abolita la figura dei commessi di carriera e istituita quella degli aiuto ricevitori: l'accesso a quest'ultima carriera avveniva mediante

concorso, ma nella prima applicazione della legge tutti i commes

si di carriera con almeno due anni di servizio diventavano auto

maticamente aiuto ricevitori, mentre tutti gli altri commessi —

ad eccezione dei commessi tirocinanti con almeno un anno di

servizio e in possesso del prescritto titolo di studio, che venivano

ammessi a partecipare al concorso di aiuto ricevitori, anche se

avessero superato i limiti di età (art. 129 1. del 1938 e art. 173

e 177 regol.) — venivano dichiarati decaduti (art. 66 1. 1938). Con la nuova legge, dunque, venne istituito il ruolo degli aiuto

ricevitori, assunti con decreto del ministro delle finanze, previo

superamento di un concorso per titoli ed esame pratico e l'art.

73 stabilì l'assunzione obbligatoria di un aiuto ricevitore nelle

ricevitorie di terza classe, di due aiuto ricevitori nelle ricevitorie

di terza classe, e di tre aiuto ricevitori in quello di prima classe:

tale ruolo fu determinato in 2.000 unità dal d.l.c.p.s. 10 dicem

bre 1947 n. 1741 con assegnazione da uno a cinque aiuto ricevito

ri per ogni ricevitoria a seconda dell'importo della riscossione

annua (vedi anche art. 1 d.leg. 7 maggio 1946 n. 717) ed elevato

a 2.800 unità con 1. 4 febbraio 1958 n. 40.

L'art. 74 della legge, poi, dopo aver stabilito il principio gene rale secondo il quale nelle ricevitorie non poteva prestare servizio

altro personale all'infuori di quello di carriera (ricevitore e aiuto

ricevitori), prevedeva l'ipotesi in cui non si trovassero aiuto rice

vitori disposti a prestare servizio nelle ricevitorie che avessero tali

posti scoperti: in tal caso l'intendente di finanza poteva, su ri

chiesta del ricevitore, autorizzare l'assunzione di commessi av

ventizi (vedi anche art. 194 regol.). Successivamente una parte di questi commessi avventizi, che

avevano prestato servizio per almeno tre anni ed erano in posses so del prescritto titolo di studio, furono immessi nei ruoli degli aiuto ricevitori con d.leg. 27 giugno 1946 n. 122, mentre i com

messi avventizi sforniti di tale titolo erano ammessi direttamente

all'esame pratico per l'immissione nel ruolo degli aiuto ricevitori.

Sostiene il ministero ricorrente che con tale disposizione e con

l'entrata in vigore (1° maggio 1948) del d.l. 7 aprile 1948 n. 262,

che stabilì il blocco delle assunzioni di personale non di ruolo,

la categoria dei commessi avventizi scomparve e il personale ri

masto alle dipendenze dei ricevitori, non potendo essere ammesso

a retribuzione a carico dello Stato, restò a svolgere opera volon

taria a carico del gestore. È vero che ben dieci anni dopo si parla ancora di commessi

avventizi (vedi 1. 4 febbraio 1958 n. 40), ma ciò sarebbe dipeso, secondo il ricorrente, da un tardivo perfezionamento degli adem

pimenti amministrativi previsti dal d.l. n. 262 del 1948: comun

que proprio con tale legge compare per la prima volta la figura del «personale volontario», che, previa autorizzazione dell'inten

II Foro Italiano — 1988.

dente di finanza, presta servizio nelle ricevitorie del lotto con re

tribuzione a carico del gestore (vedi art. 2, lett. b). Con la 1. n. 40 del 1958 si sarebbe dunque verificata la definiti

va soppressione della figura dei commessi avventizi, dato che quelli ancora in servizio a quell'epoca o erano ammessi a un concorso

per aiuto ricevitori loro riservato o erano immessi in un ruolo

aggiunto con la qualifica di «aiuto ricevitori aggiunti». Se tale tesi fosse esatta, posteriormente al 1958 la legislazione

non avrebbe più dovuto occuparsi dei commessi del lotto perché o erano divenuti (se avventizi) aiuto ricevitori o aiuto ricevitori

aggiunti oppure erano lavoratori privati (se commessi volontari). E invece si prevede che commessi avventizi possano acquisire

la qualifica di aiuto ricevitori nell'art. 9 1. 28 dicembre 1967 n.

1330, che modifica il sistema di concorso per la nomina ad aiuto

ricevitore; si regola la posizione di detti commessi in vari articoli

della 1. 6 agosto 1967 n. 699 sulla disciplina del fondo trattamen

to quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto; si parla di essi nell'art. 32 d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079 per il tratta

mento economico nell'art. 18 della 1. 15 novembre 1973 per l'as

segno perequativo pensionabile, nell'art. 27 1. 11 luglio 1980 n.

312 per l'attribuzione della qualifica funzionale. In tutte queste

disposizioni si disciplina la carriera dei commessi avventizi insie

me con quella degli «aiuto ricevitori e aiuto ricevitori aggiunti»,

segno questo che si tratta sicuramente di commessi avventizi, as

sunti dopo l'entrata in vigore della 1. 4 febbraio 1958 n. 40, che

aveva inquadrato tutti i precedenti commessi avventizi, non pro mossi aiuto ricevitori, nel ruolo degli «aiuto ricevitori aggiunti». Ma vi è di più. L'art. 27 1. 11 luglio 1980 n. 312 sopra citato, nel determinare il nuovo stipendio spettante dal 1° luglio 1978

al personale del lotto secondo le nuove qualifiche funzionali con

sidera: «a) per gli aiuto ricevitori, aiuto ricevitori aggiunti e com

messi avventizi il trattamento economico complessivo lordo annuo

percepito al 1° luglio 1978 dalla data di assunzione, se successiva, ecc». Detta norma dunque ammette che vi siano commessi av

ventizi assunti anche dopo la data del 1° luglio 1978: il che con

ferma, contrariamente all'opinione del ricorrente, che la categoria dei commessi avventizi non è mai stata soppressa e che si è conti

nuato ad assumere personale con tale qualifica anche trenta anni

dopo il divieto generale di assunzione di personale non di ruolo

stabilito dal d.l. 7 aprile 1948 n. 262. Né vale obiettare, come fa il ministero, che i ricevitori hanno

in questi anni assunto personale volontario da loro retribuito con

rapporto di lavoro di diritto privato per la gestione dei concorsi

pronostici (Totocalcio, Enalotto, Totip) che essi non potevano

quali dipendenti dello Stato esercitare in proprio, e che in relazio

ne a tale assunzione occorreva l'autorizzazione dell'intendente di

finanza, solo per superare il divieto, stabilito dall'art. 74 1. del

1938, alla prestazione d'opera nelle ricevitorie da parte di lavora

tori estranei al personale del lotto.

Infatti, anche a voler ammettere che questi commessi volontari

effettivamente esistono (anche se la loro presenza nelle ricevitorie

è in contrasto con l'art. 74 citato il quale non ammette in esse

altro personale (oltre quello di ruolo, che non siano i commessi

avventizi), il loro rapporto non ha alcuna affinità con quello del

le lavoratrici resistenti, in relazione alle quali i provvedimenti di

autorizzazione dell'intendente di finanza, come ha messo in risal

to la decisione impugnata, non solo hanno citato gli art. 74 1.

del 1938 e 194 del relativo regolamento, che regolano appunto l'assunzione dei commessi avventizi, ma hanno accertato l'esi

stenza dei presupposti richiesti da dette norme, e cioè la mancan

za di aiuto ricevitori disponibili, le giustificate esigenze di servizio

delle ricevitorie e il possesso da parte delle lavoratrici dei requisiti

prescritti per l'assunzione quali commessi avventizi.

Se si fosse trattato invece di commessi volontari, assunti, come

sostiene il ricorrente, per la gestione dei concorsi pronostici, il

provvedimento intenditizio non solo non avrebbe potuto far rife

rimento all'esigenza delle ricevitorie, in quanto il personale vo

lontario veniva assunto per far fronte ad esigenze ad esse estranee,

ma non avrebbe potuto nemmeno accennare alla mancanza di

aiuto ricevitori, dato che gli aiuto ricevitori, anche se fossero sta

ti disponibili, non avrebbero potuto essere impiegati nelle ricevi

torie per svolgere attività diversa da quella del gioco del lotto.

Ili

Motivi della decisione. — Pur denunciando la violazione del

l'art. 360, nn. 3 e 5, il ricorrente lamenta che il tribunale abbia

negato la propria giurisdizione ritenendo la sussistenza nella spe

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PARTE PRIMA

eie di un rapporto di pubblico impiego, e ciò nonostante che la

legge definisca esplicitamente «di diritto privato» il contratto a

tempo determinato stipulato dal ministero degli affari esteri, che

gli affidava l'incarico di insegnamento di materie giuridiche pres so l'università etiopica di Asmara. Tale decisione sarebbe in con

trasto con la giurisprudenza di questa corte, che avrebbe definito

di diritto privato i contratti di impiego di dipendenti da enti pub blici o dallo Stato, quando ciò sia stabilito da una specifica di

sposizione di legge. Per la soluzione del problema va premesso in via generale che la distinzione tra impiego pubblico e privato ai fini della giurisdizione è fatta dal nostro diritto positivo in

base a criteri soggettivi. L'art. 7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 in relazione all'art. 29 t.u.

26 giugno 1924 n. 1054 sottopone, infatti, alla giurisdizione esclu

siva del giudice amministrativo le controversie relative ai rapporti di impiego dei dipendenti dello Stato e degli enti o istituti pubbli

ci, ad eccezione di quelli economici, sottoposti a tutela o a vigi lanza dell'amministrazione centrale dello Stato.

Si ha cioè riguardo, prima che alla disciplina sostanziale del

rapporto, alla qualità di ente pubblico non economico del datore

di lavoro cui tale rapporto fa capo. E sotto questo profilo non può avere rilievo esclusivo il fatto

che il legislatore definisca di diritto privato il contratto individua

le di lavoro stipulato fra l'ente pubblico e il dipendente o assog

getti alla disciplina privatistica e ai contratti collettivi il relativo

rapporto.

Spesso infatti questi riferimenti venivano fatti in rapporto al

personale che era assunto dallo Stato o dagli enti pubblici non

economici in funzione sostitutoria o per svolgere mansioni per le quali non era stato ancora costituito un ruolo oppure il ruolo

esistente era insufficiente, e cioè in rapporto al personale avventi

zio, variamente definito dalle relative leggi (giornalieri, diurnisti,

temporanei, volontari, ausiliari, incaricati, supplenti, straordina

ri, a contratto) (vedi ad esempio r.d.l. 4 febbraio 1937 n. 100; 1. 29 maggio 1939 n. 762; d.I.c.p.s. 4 aprile 1947 n. 207; art.

152 ss. d.p.r. 5 gennaio 1967 n. 18; 1. 12 marzo 1968 n. 270; art. 25 1. 28 ottobre 1970 n. 775; d.p.r. 31 marzo 1971 n. 276).

Ciò dipendeva sia dal fatto che nell'opinione generale rapporto di pubblico impiego veniva considerato solo quello dotato di sta

bilità, sia dalla posizione assunta dalla dottrina meno recente,

che, proprio in relazione agli avventizi, parlava di impiego priva

to, se non addirittura di locazione d'opera. La dottrina successiva e soprattutto la giurisprudenza è ora una

nime nel ritenere che il personale impiegatizio non di ruolo è le

gato allo Stato o agli enti pubblici da un rapporto di pubblico

impiego. Ed è perciò che la giurisprudenza, per valutare la natura

pubblica o privata del rapporto di impiego ha sempre tralasciato

la definizione legislativa, spostando l'indagine sulla relazione esi

stente fra le prestazioni del dipendente e l'attività dell'ente datore

di lavoro: vedi per la definizione di pubblico impiego per rappor ti sorti attraverso contratti di diritto privato, Cass. 23 maggio

1969, n. 1811 (.Foro it., 1969, I, 2546) con riferimento all'Inps, Cass. 8 maggio 1976, n. 1616 (id., 1976, I, 1474) con riferimento

ai cosiddetti impiegati locali all'estero dell'amministrazione degli affari esteri, Cass. 2 maggio 1983, n. 3001 (id., 1984, I, 516) con riferimento ai contratti trimestrali, Cass. 23 ottobre 1984, n. 5378 (id., Rep. 1984, voce Istruzione pubblica, n. 345) con

riferimento ai cosiddetti contrattisti delle università, Cass. 10 gen naio 1986, n. 65 (id., 1986, I, 1914) con riferimento ai contratti

triennali con il ministero della difesa.

Per giungere a tali conclusioni la giurisprudenza meno recente

faceva leva sull'assunzione dell'impiegato per il raggiungimento delle finalità essenziali e specificamente proprie dell'ente: e non

vi è dubbio che sulla base di tale criterio, valorizzato dal tribuna

le nella sentenza impugnata, si d.ovrebbe considerare pubblico il

rapporto di impiego fra il Carboni e il ministero degli esteri, non

essendovi certo finalità più essenziali e proprie dello Stato di quelle che attengono ai rapporti internazionali. Ma da tempo la giuris

prudenza di queste sezioni unite è ferma nel considerare di natura

pubblica solo l'attività che si svolge nell'ambito dell'organizza zione tipica e fondamentale dell'ente con gli strumenti propri del

l'azione amministrativa, e privata quella che si svolge al di fuori

dell'ente attraverso un'organizzazione dotata di autonomia patri

moniale, finanziaria e contabile.

Ma tale indirizzo giurisprudenziale, che abbandona il criterio

finalistico dell'attività svolta per dare prevalenza all'elemento strut

II Foro Italiano — 1988.

turale e ai moduli cui la gestione si adegua sul piano amministra

tivo (indirizzo che questo collegio ribadisce perché risponde alla

concreta realtà dell'ordinamento) se da una parte estende la qua lificazione pubblica anche a rapporti di lavoro stipulati per attivi

tà economiche svolte dall'ente nell'ambito della propria struttura

organizzativa per il perseguimento di finalità accessorie, facolta

tive o strumentali, dall'altra esclude l'automatica attribuzione di

tale qualificazione a rapporti di lavoro, stipulati dall'ente per il

raggiungimento dei suoi fini, ma per attività, che trovano attua

zione e svolgimento al di fuori della struttura organizzativa del

l'ente medesimo. È evidente dunque che la soluzione del problema non dipende dalla natura del fine perseguito ma dalla scelta com

piuta dal legislatore. L'assistenza ai paesi in via di sviluppo, ad

esempio, può essere perseguita dallo Stato anche attraverso l'isti

tuzione di un corpo di esperti alle dipendenze del ministero degli esteri da inviare nei vari paesi a seconda delle esigenze di ciascu

no di essi: e non vi è dubbio che in tale ipotesi sorgerebbe un

rapporto di pubblico impiego fra detti esperti e lo Stato e ugual mente pubblico sarebbe il rapporto che dovesse insorgere con il

personale assunto in sostituzione o in aggiunta al personale di

ruolo.

Ma non è stata questa la scelta operata dal legislatore, il quale in tutte le leggi che si sono occupate di tale assistenza (1. 9 marzo

1961 n. 157 e 1. 23 dicembre 1967 n. 1376 sull'assistenza tecnica

alla Somalia, 1. 28 marzo 1968 n. 380 e 1. 15 dicembre 1971 n.

1222 sulla collaborazione tecnica bilaterale con i paesi in via di

sviluppo), ha previsto l'invio in tali paesi di esperti, consiglieri, tecnici ed istruttori dipendenti da amministrazioni statali o da

enti pubblici oppure assunti con contratto a termine di diritto

privato oppure ancora di dipendenti da associazioni, istituti, so

cietà e imprese private in base a particolari convenzioni apposita mente stipulate o infine di volontari in servizio civile: la scelta

di questo sistema, in alternativa a quello della costituzione di un

apposito ruolo presso il ministero degli esteri, è stata molto pro babilmente determinata dall'estrema varietà di qualificazione pro

fessionale, occorrente a seconda degli impieghi e delle necessità

dei vari paesi assistiti, e dal fatto che le leggi suddette prevedono

degli stanziamenti limitati sia nell'entità che nel tempo (general mente un quadriennio), per cui l'utilizzazione di detto personale

poteva venir meno per anticipata cessazione del programma op

pure per avvenuta scadenza della legge. L'inesistenza di un ruolo di assistenti tecnici per i paesi in via

di sviluppo presso il ministero degli esteri, il fatto che il persona le assunto per il servizio di cooperazione tecnica è utilizzato non

nell'ambito dell'organizzazione di tale ministero ma nell'ambito

di istituzioni esistenti presso i paesi destinatari di tale assistenza

(il prof. Carboni svolgeva la sua attività di docente nell'universi

tà di Asmara sotto la vigilanza e il controllo delle autorità acca

demiche e del ministero responsabile per le attività educative in

Etiopia, anche se percepiva lo stipendio dal ministero degli esteri

italiano) escludono che la definizione del contratto di assunzione

di tale personale come di diritto privato più volte ripetuta nelle

leggi suddette e nei relativi regolamenti di esecuzione (d.p.r. 23

luglio 1971 n. 1324 e d.p.r. 18 ottobre 1976 n. 1068), sia impro

pria e, che il rapporto intercorrente fra detto personale e il mini

stero possa considerarsi di pubblico impiego. La natura privata del rapporto, che si instaura fra il ministero

degli esteri e il personale assunto a contratto, è provata altresì

da vari elementi. Innanzitutto dalla previsione di una cessazione

anticipata del rapporto per mutuo accordo delle parti risultante

da atto scritto (vedi art. 24, 1° comma, n. 1 d.p.r. 23 luglio 1971 n. 1324 e art. 14, 1° comma, n. 1, d.p.r. 18 ottobre 1976

n. 1068), risoluzione questa inconcepibile in un rapporto di pub blico impiego, anche a carattere avventizio, in cui prevale la di

sciplina autoritativa su quella contrattuale.

Uguali considerazioni sono da fare per l'altro caso di risoluzio

ne contrattuale per anticipata cessazione del programma o del

compito individuale per il quale il dipendente è stato assunto.

Anche per gli avventizi il licenziamento può avvenire per sop

pressione di uffici o riduzione di lavoro o di servizi (vedi art.

8 r.d.l. 4 febbraio 1937 n. 100, art. 3 d.l.c.p.s. 4 aprile 1947

n. 207) ma ciò non comporta alcun indennizzo da parte del dato

re di lavoro, anche quando l'assunzione è avvenuta mediante con

tratto, perché tale assunzione ha sempre come presupposto necessario le esigenze della p.a.

Per il personale assunto per l'assistenza ai paesi in via di svi

luppo, invece, l'aspetto privatistico del rapporto è sottolineato

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dalla previsione, in caso di risoluzione anticipata per causa non

imputabile al dipendente, di un indennizzo pari a sei mensilità

del trattamento globale e comunque non superiore alla somma

delle mensilità dovute fino alla pattuita scadenza contrattuale (art. 15 d.p.r. 13 ottobre 1976 n. 1068).

Va infine posto in rilievo che anche sotto il profilo previden ziale il rapporto con detto personale viene considerato come pri vatistico. Per l'assicurazione contro le malattie (allora ancora

esistente) il personale in esame veniva assistito dall'Inam mentre

gli avventizi venivano assistiti dall'Enpas e per l'assicurazione con

tro gli infortuni e le malattie professionali veniva stipulata dal

ministero degli esteri una polizza speciale con l'Ina (art. 24 1.

15 dicembre 1971 n. 1222). Devesi quindi concludere che quello intercorso fra il Carboni

e il ministero degli esteri è un rapporto di impiego privato e che

la giurisdizione sulle domande proposte da detto dipendente ap

partiene all'autorità giudiziaria ordinaria.

La sentenza del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato la

propria giurisdizione, va quindi cassata e la causa va rinviata per la decisione nel merito allo stesso tribunale.

IV

Motivi della decisione. — Sostiene la regione Lazio che la cas

sa mutua nazionale malattia lavoratori giornali quotidiani, costi

tuita con contratto collettivo corporativo in base all'art. 2 1. 6

settembre 1934 n. 1619 e inserita nella federazione nazionale del

la cassa mutua e per i lavoratori dell'industria era un ente di

diritto pubblico, in quanto aveva poteri potestativi sulle dipen denti casse, godeva dell'esenzione fiscale, aveva uno scopo socia

le parificato a quello dello Stato e aveva il potere di riscuotere

i contribuiti assistenziali per erogarli ai propri fini istituzionali

e per l'assistenza malattia a favore degli iscritti.

Aggiunge che, a seguito dell'incorporazione nell'Inani disposta dalla 1. 11 gennaio 1943 n. 138, le casse degli organismi autonomi

si erano trasformate in organi di detto istituto e continuavano

per delega di esso ad effettuare la riscossione dei contributi e

l'erogazione delle prestazioni. Rileva infine che la natura pubblica della cassa è stata ricono

sciuta dallo Stato nel momento in cui disponeva la liquidazione ai fini della riforma sanitaria, nominando i commissari liquidato ri e regolamentandone i poteri: intervento questo che non sareb

be stata possibile se la cassa non fosse stata un ente pubblico. Il ricorso è fondato. È del tutto incontroverso in causa che

i lavoratori che hanno proposto il presente giudizio, da molti an

ni prestavano la loro attività gerarchicamente subordinata e sta

bilmente inserita nell'apparato organizzativo della cassa,

percependo retribuzioni predeterminate. È d'altronde compatibile con l'asserita natura pubblica della

cassa il fatto che il rapporto di lavoro dei predetti dipendenti fosse in concreto assoggettato alla disciplina privatistica di un

contratto collettivo (quello per i dipendenti di aziende editrici e

stampatrici di giornali quotidiani e agenzie di stampa) (vedi in

questo senso Cass. 16 gennaio 1985, n. 78, Foro it., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 146; 24 febbraio 1984, n. 1299,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 185; 14 luglio 1983, n. 4801, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 211). Nessuna rilevanza ha inoltre la circostanza che gli impiegati,

oltre all'indennità annuale di lire 240.000, abbiano chiesto la ri

valutazione monetaria e gli interessi.

La giurisdizione del giudice amministrativo, infatti, trova dero

ga a favore del giudice ordinario solo se la domanda del dipen dente sia rivolta ad ottenere un risarcimento per svalutazione

monetaria diverso e superiore rispetto a quello determinabile at

traverso i criteri di calcolo automatico fissati dall'art. 150 disp.

att. c.p.c. ovvero il pagamento di interessi moratori sulla base

di specifici comportamenti dell'amministrazione esorbitanti dal

puro e semplice ritardo del titolo di spesa, trattandosi in questi

casi di questioni attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali, non

ricollegabili a situazioni esauritesi nell'ambito del rapporto di pub

blico impiego. Rientra, invece, nella giurisdizione esclusiva del giudice ammi

nistrativo relativamente alle controversie inerenti al rapporto di

pubblico impiego, la domanda con la quale il dipendente chieda

(anche in questo caso) sui propri crediti di lavoro il riconosci

mento della rivalutazione automatica o gli interessi corrispettivi

Il Foro Italiano — 1988.

nella misura legale, trattandosi di accessori dei crediti medesimi, che derivano direttamente dalla legge per effetto della mera inos

servanza da parte del datore di lavoro degli obblighi scaturenti

dal rapporto suddetto e che, quindi, hanno titolo immediato nel

rapporto medesimo (vedi Cass. 2 giugno 1984, n. 3352, id., Rep.

1984, voce cit., n. 634; 31 maggio 1984, n. 3316, id., 1984, I,

1491; 3 novembre 1982, n. 5750, id., 1982, I, 2755). La secondo questione da esaminare è quella della natura della

cassa, che secondo i dipendenti è ente di diritto privato e seconda

la regione è ente di diritto pubblico. E in proposito va subito premesso che nessun rilievo può ave

re, ai fini della giurisdizione, la circostanza che successivamente

alla proposizione della domanda e a seguito dell'istituzione del

servizio sanitario nazionale la cassa sia stata soppressa e i predet ti impiegati dovrebbero essere passati alle dipendenze delle regio ni (art. 767 1. 23 dicembre 1978 n. 833; art. 24 d.p.r. 20 dicembre

1978 n. 761 e art. 1 d.l. 30 aprile 1981 n. 168), perché, a parte

ogni questione sulla legittimazione passiva nel presente processo che dovrà essere risolta dal giudice del merito, la giurisdizione si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento

della domanda, restando irrilevanti i successivi mutamenti del me

desimo (vedi in questo senso Cass. 22 ottobre 1984, n. 5538, id.,

Rep. 1985, voce Impugnazioni civili, n. 21; 11 maggio 1984, n.

2873, id., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 169, e n.

2874, id., 1984, I, 1827). Il problema va quindi esaminato solo con riferimento alla na

tura della cassa mutua nazionale malattia per lavoratori addetti

ai giornali quotidiani. È noto che, prima dell'istituzione dell'Inam, dopo una prima

fase caratterizzata dall'istituzione delle società private di mutuo

soccorso, vi fu un periodo designato col nome di «mutualità sin

dacale» che si distinse per il fatto che, in esecuzione della XXVIII

disposizione della carta del lavoro, l'iniziativa della costituzione

e del finanziamento di enti mutualistici per l'assistenza contro

le malattie fu assunta dalle associazioni professionali.

Questa forma fu naturalmente favorita dall'ordinamento cor

porativo allora vigente che, mediante i contratti collettivi di dirit

to pubblico, rese possibile l'assoggettamento obbligatorio all'assicurazione degli appartenenti alle varie categorie, l'imposi zione dei contributi e l'esazione coattiva di essi.

In tale periodo è nata la cassa mutua malattia per gli operai addetti alle tipografie dei giornali quotidiani, denominata succes

sivamente cassa mutua nazionale malattia per i lavoratori dei gior nali quotidiani.

Infatti, in esecuzione dell'art. 21 del contratto collettivo nazio

nale del 27 febbraio 1929, l'associazione nazionale, editori gior nali e la federazione nazionale dei sindacati dell'industria della

carta e della stampa stipularono il contratto collettivo 22 giugno 1934 con il quale venne costituita la cassa suddetta.

In tal modo erano sorte e continuarono a sorgere molte altre

casse mutue, fino a quando con r.d.l. 6 settembre 1934, converti

to in 1. 14 gennaio 1935 n. 123, fu istituita la federazione nazio

nale delle casse mutue di malattia per i lavoratori dell'industria,

di cui entravano a far parte obbligatoriamente tutte le casse mu

tue esistenti, compresa quella in esame.

Successivamente, al fine di uniformare il trattamento assisten

ziale di tutte le categorie di operai e l'organizzazione periferica dell'assistenza di malattia in tale settore, il 3 gennaio 1939 fu

stipulato il contratto collettivo nazionale fra la confederazione

generale dell'industria italiana e la confederazione nazionale dei

sindacati dell'industria, che prevedeva fra l'altro la costituzione

in ogni provincia di una mutua interprofessionale, alla quale do

vevano essere obbligatoriamente iscritti tutti gli operai di ambo

i sessi, che non facessero capo ad altri istituti di assistenza speci

ficamente individuati o alle mutue aziendali di cui era consentito

il mantenimento a condizione che il numero degli assistiti non

fosse inferiore a settecento: le prestazioni da corrispondersi erano

previste in modo uniforme per gli iscritti sia delle mutue provin

ciali che delle mutue aziendali.

L'applicazione di tale contratto venne provvisoriamente sospe

sa per alcune categorie di dipendenti in attesa di un riesame da

parte delle due confederazioni da effettuarsi entro il 31 marzo

1939, e a seguito di tale riesame, rimasero definitivamente esclusi

dall'applicazione di detto contratto, insieme ad altri, gli iscritti

alla cassa mutua malattia per gli operai addetti alle tipografie

di giornali quotidiani. Con separato contratto collettivo del 15 luglio 1940, stipulato

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Page 8: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 27 giugno 1987, n. 5736; Pres. Bile, Est. Sammartino, P. M. Caristo (concl. conf.); Min. interno

PARTE PRIMA

dalle associazioni sindacali del settore, il trattamento assistenziale

di detti lavoratori venne modificato in conformità a quello previ sto dal contratto collettivo interconfederale del 3 gennaio 1939.

Analoghe evoluzioni si verificarono nel settore del commercio

e dell'agricoltura. In questa situazione così multiforme intervenne la 1. 11 gen

naio 1943 n. 138, che istituiva l'Inam, al quale venivano obbliga toriamente iscritti tutti i lavoratori rappresentati (in quell'epoca le associazioni di datori di lavoro e di lavoratori, riconosciuti

con decreto reale, rappresentavano legalmente tutti gli imprendi tori e i dipendenti della categoria qualunque fosse il numero degli effettivi aderenti: vedi art. 1 e 5 1. 3 aprile 1926 n. 563) dalle

associazioni sindacali appartenenti alla confederazione dei lavo

ratori dell'industria, alla confederazione dei lavoratori del com

mercio, alla confederazione dei lavoratori delle aziende del credito

e delle assicurazioni e alla confederazione dei professionisti e de

gli artisti (art. 4 legge suddetta).

L'art. 38 di detta legge prevedeva poi che la cassa nazionale

malattia per gli addetti al commercio e federazione nazionale del

le casse mutue di malattia dei lavoratori dell'industria, la federa

zione nazionale delle mutue di malattia per i lavoratori agricoli, la cassa nazionale assistenza impiegati agricoli, la cassa nazionale

assistenza per i lavoratori delle aziende di credito e dell'assicura

zione e dei servizi tributari, le casse di malattia delle nuove pro vince e per gli enti che ne facevano parte e vi aderivano, nonché

quelle casse ed enti che adempivano a funzioni di assistenza ma

lattia definite all'Inani dovevano essere fusi in questo ente entro

la data, che sarebbe stata successivamente indicata in un decreto

reale: non vi è dubbio che anche la cassa in esame, nonostante

il suo particolare ordinamento, sia soggetta a tale funzione.

Il provvedimento reale fu emanato il 6 maggio 1943 e in esso

si stabilì che dal primo giorno del mese successivo a quello di

pubblicazione del decreto medesimo nella Gazzetta ufficiale (pub blicazione che avvenne il 28 maggio), e quindi dal 1° giugno 1943,

avrebbe avuto effetto la fusione degli enti suddetti, ad eccezione

della cassa nazionale di assistenza per gli impiegati agricoli e fo

restali.

Gli avvenimenti successivi impediscono l'esecuzione materiale

di tale provvedimento.

Nel dopoguerra si procedette all'unificazione prevista, ma mol

tissime casse, anche aziendali, resistettero all'assorbimento e ri

masero autonome: fra queste, una delle più importanti fu proprio la cassa mutua nazionale malattia per i lavoratori dei giornali

quotidiani. La posizione giuridica di queste casse ha naturalmente interes

sato più volte la giurisprudenza, e non solo sotto il profilo della

giurisdizione. In un primo momento si formò un contrasto fra questa corte

ed il Consiglio di Stato, ritenendo la prima che, fino a quando non fossero avvenute concretamente le operazioni di fusione del

l'Inani, le varie casse non potevano considerarsi organi di tale

ente (vedi Cass. 14 agosto 1950, n. 2457, id., 1951, I, 902; 24

aprile 1952, n. 1117, id., 1953, I, 350; 7 giugno 1952, n. 1619,

ibid., 30); e affermando il secondo che la fusione doveva consi

derarsi avvenuta di diritto col 1° giugno 1943, data in cui tutte

le casse avevano perduto la loro autonomia ed erano divenute

organi periferici dell'Inani e come tali gerarchicamente soggette

agli organi centrali di detti istituti (vedi Cons. Stato, sez. VI, 28 marzo 1950, n. 97, id., Rep. 1950, voce Impiegato governati

vo, nn. 563-565; 29 marzo 1955, n. 172, id., 1955, III, 180). Ma successivamente, essendo sorta controversia sul licenziamento

di alcuni dipendenti di una cassa da parte dei liquidatori nomina

ti dal ministero del lavoro per attuare la fusione con l'Inam, il

Consiglio di Stato, pronunciando in adunanza plenaria con deci

sione del 25 maggio 1955, n. 12 (id., Rep. 1955, voce Previdenza

sociale, n. 588), abbandonò l'indirizzo fino allora seguito e, ade

guandosi alla giurisprudenza di questa corte, negò che fosse av

venuta la fusione della cassa nell'Inani, perché non si erano svolte

le necessarie operazioni di ordine amministrativo e contabile, e

ritenne sussistere la giurisdizione ordinaria, trattandosi nella spe cie di rapporti di impiego.

Tale decisione venne impugnata dall'Inani e dal ministero del

lavoro e le sezioni unite di questa corte con decisione 27 giugno

Il Foro Italiano — 1988.

1959, n. 2028 {id., 1959, I, 1099), rovesciando la loro preceden

te giurisprudenza, ritennero che la fusione doveva considerarsi

giuridicamente avvenuta col 1° giugno 1943, in quanto le opera

zioni amministrative e contabili di passaggio dei beni e dei rap

porti delle casse all'Inam erano una conseguenza e non un

presupposto della fusione medesima e quindi non erano rilevanti

nei riflessi esterni. Le casse sopravvissute di fatto avevano perciò

cessato di essere soggetti autonomi di rapporti giuridici fin dalla

data suddetta e si erano trasformate in organi propri e interni

delFInam: di qui il carattere pubblico del rapporto di lavoro con

gli impiegati di detta cassa e la giurisdizione del giudice ammini

strativo su tali rapporti. Su questi principi si è consolidata la giurisprudenza di questa

corte non solo in materia di giurisdizione (vedi Cass. 26 aprile

1979, n. 2387, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n.

160) ma anche con riferimento al pagamento dei contributi (vedi da ultimo Cass. 7 aprile 1981, n. 1972, id., Rep. 1981, voce Pre

videnza sociale, n. 165; 2 aprile 1977, n. 1264, id., Rep. 1977,

voce cit., n. 287; 2 giugno 1977, n. 2256, ibid., n. 281). Nessuna argomentazione contraria è stata addotta nel presente

giudizio, che possa indurre a modificare questo trentennale indi

rizzo giurisprudenziale. Anzi la natura pubblicistica della cassa ha trovato conferma

in sede di riforma sanitaria allorché, avendo lo Stato, le regioni e gli enti territoriali locali (comuni singoli e associati e comunità

montane) assunto direttamente la funzione di assistenza sanita

ria, estesa alla generalità della popolazione, vennero individuati

gli enti erogatori di tale servizio, che dovevano essere liquidati e soppressi, e fra gli enti fu indicata la cassa mutua nazionale

di malattia per i lavoratori addetti ai giornali quotidiani, alla quale fu nominato un commissario straordinario per la temporanea ge stione del servizio in attesa della definitiva soppressione (vedi d.p.r. 29 aprile 1977 emanato in esecuzione dell'art. 12 bis 1. 17 agosto 1974 n. 386).

Per la verità tale disposizione contraddice almeno in parte il

principio affermato con la citata giurisprudenza, e cioè che le

casse non erano soggetti autonomi ma organi dell'Inani, per cui

la soppressione di detto istituto avrebbe dovuto comportare l'au

tomatica estinzione anche delle casse-organi. Ma il legislatore, che

non ha certo preoccupazioni di coerenza con determinate costru

zioni logiche, giurisprudenziali o dottrinali, non poteva trascura

re il fatto che dette casse continuavano ad esistere in apparente autonomia e formale intestazione di beni ed attrezzature, per cui,

di fronte a un problema di soppressione definitiva e di trapasso di beni ai nuovi enti erogatori dell'assistenza malattia, ha preferi to affrontare con estrema chiarezza il problema, provvedendo sin

golarmente alla loro eliminazione, come se fossero tanti soggetti

giuridici autonomi: tanto più che ciascuno di essi aveva una sto

ria autonoma e che ogni questione relativa alla titolarità dei rap

porti e alla relativa legittimazione (anche processuale) era destinata

a scomparire rapidamente con la loro soppressione e la successio

ne di altri enti pubblici nei relativi rapporti. In ogni caso, a parte ogni questione di legittimazione che, co

me si è detto, riguarda il giudice di merito, non vi è dubbio che

l'inserimento della cassa de qua nell'elenco suddetto conferma

la natura pubblica del rapporto di impiego che intercorreva tra

la cassa e i suoi dipendenti e questo è sufficiente per dichiarare

la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia.

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