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sezioni unite civili; sentenza 14 marzo 1991, n. 2718; Pres. Sandulli, Est. Senese, P.M. Paolucci(concl. conf.); Quilici ed altro (Avv. Pollera Orsucci) c. Usl n. 6, Piana di Lucca (Avv. Menghini,Lepri). Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2065/2066-2071/2072Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185550 .
Accessed: 28/06/2014 16:35
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
l'obbligazione principale, non può trovare ingresso ed essere presa
in esame in questa sede.
Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi
dell'art. 360, n. 5, c.p.c., la violazione e disapplicazione di nor
me di legge, in relazione agli art. 1936 ss., 1987 e 2901 c.c.,
contestando la validità della fideiussione omnibus, affermata
nella sentenza impugnata, perché: a) manca del carattere del
l'accessorietà ad una obbligazione principale (art. 1939), con
la correlata possibilità del regresso; b) non è contestuale al de
bito garantito, non individuato; si estende ad un coacervo indi
scriminato di obbligazioni presenti e future; esonera il creditore
da qualsiasi dovere di diligenza e lo sottrae a qualsiasi respon
sabilità per avere reso inattuale il regresso; si configura, quindi,
come promessa unilaterale gratuita, priva di causa; c) come ta
le, non è una fideiussione tipica e sovverte i principi generali
delle obbligazioni; d) la fideiussione omnibus costituisce una
obbligazione unilaterale, ossia un negozio di tipo espromissorio
a causa gratuita e, per ciò, inefficace, senza che possa applicar
si il 4° comma dell'art. 2901 c.c.
Tali censure sono infondate. Premesso che, nella costante giu
risprudenza di questa corte, la fideiussione c.d. omnibus viene
inquadrata nello schema contrattuale della fideiussione (ed il
fatto che la banca si avvalga di una lettera di fideiussione sotto
scritta dal garante implica la conclusione del contratto, ponen
do la fatispecie al di fuori dell'ambito delle promesse unilaterali
e della relativa disciplina); e premesso, inoltre, che l'estinzione
della fideiussione, ai sensi dell'art. 1955 c.c., per fatto del cre
ditore che abbia impedito la surrogazione è configurabile quan
do tale fatto determini un pregiudizio giuridico e non semplice
mente economico (sent. 2090/76, id., 1977, I, 154; 63/82, id.,
Rep. 1982, voce cit., n. 18; 3386/89, id., 1989, I, 3101), si che esso non si concreta, di per sé, nella concessione del credito;
i residui rilievi prospettati dal ricorrente ricevono esauriente ri
sposta nelle sentenze 3362 (ibid., 2750) e 3386/89, cit., nelle
quali, previo riesame delle relative problematiche, la validità della
fideiussione omnibus è stata ribadita. È sufficiente, quindi, ri
chiamare il principio in esse espresso, secondo cui la garanzia
personale, prestata in favore di un istituto di credito per tutte
le obbligazioni derivanti da future operazioni bancarie con un
terzo (al pari della clausola del relativo contratto, con cui il
garante dispensi l'istituto medesimo dall'onere di conseguire spe
cifica autorizzazione per nuove concessioni di credito in caso
di mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore princi
pale) deve ritenersi valida ed efficace, in considerazione della
determinabilità per relationem dell'oggetto della fideiussione, sulla
base di atti di normale esercizio dell'attività creditizia, sottratti
al mero arbitrio della banca, nonché in considerazione della di
sponibilità dei diritti del fideiussiore, in ordine alla valutazione
dell'opportunità dei finanziamenti in presenza di mutate situa
zioni economiche del debitore principale. Peraltro, la banca be
neficiaria di detta garanzia non si sottrae ai principi generali
di correttezza e buona fede, che devono inderogabilmente pre
siedere al comportamento delle parti anche nella fase di esecu
zione del rapporto (art. 1375 c.c.), si che l'operatività di quella
garanzia fideiussoria (o di quella clausola di dispensa) va esclu
sa non solo quando la banca abbia agito con il proposito di
recare pregiudizio, ma anche quando non abbia osservato cano
ni di diligenza, schiettezza e solidarietà, violando l'obbligo tas
sativo di ciascun contraente di salvaguardare gl'interessi degli
altri, nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrifi
cio a proprio carico.
La censura del ricorente, che non deduce né invoca, con il
terzo motivo, l'inoperatività della fideiussione sotto questo se
condo profilo, va, quindi, disattesa in quanto investe il momen
to del sorgere dell'obbligazione contestandone la validità.
Il Foro Italiano — 1991.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 mar
zo 1991, n. 2718; Pres. Sandulli, Est. Senese, P.M. Pao
ltjcci (conci, conf.); Quilici ed altro (Avv. Pollerà Orsuc
ci) c. Usi n. 6, Piana di Lucca (Avv. Menghini, Lepri). Re
golamento preventivo di giurisdizione.
Sanitario — Ex medico condotto dipendente Usi — Convenzio
ne — Riduzione del massimale degli assistibili da parte della
Usi — Trattamento onnicomprensivo — Rivendicazione —
Giurisdizione amministrativa (D.p.r. 20 maggio 1987 n. 270,
norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sinda
cale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del perso nale dipendente del servizio sanitario nazionale, art. 110).
Rientra nella giurisdizione amministrativa la cognizione della
controversia avente ad oggetto l'azione proposta da ex medici
condotti, dipendenti della Usi e convenzionati con la stessa,
per contestare la riduzione del massimale degli assistibili da
parte della Usi e per rivendicare l'applicazione del trattamen
to onnicomprensivo definito dall'art. 110 d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, atteso che trattasi di controversia relativa a rap
porto di pubblico impiego. (1)
II
PRETURA DI SUBIACO; sentenza 3 marzo 1989; Giud. Ci
rillo; Usi RM 27, Subiaco (Avv. Ciaffi) c. Rocchi ed altri
(Avv. Vitale).
Sanitario — Ex medico condotto — Riduzione del massimale
degli assistibili da parte della Usi — Giurisdizione ordinaria — Esclusione (D.p.r. 25 maggio 1983 n. 348, norme risultanti
dalla disciplina prevista dagli accordi per il trattamento eco
nomico del personale delle unità sanitarie locali, art. 28; d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, art. 110).
Il pretore è carente di giurisdizione, stante la natura di pubblico
impiego del rapporto, sull'azione proposta da ex medici con
dotti nei confronti della Usi in opposizione alla riduzione del
massimale degli assistibili. (2)
I
Svolgimento del processo. — I dottori Aldo Quilici e Rober
to Ungaretti, già medici condotti ed attualmente dipendenti del
la Usi n. 6 di Lucca con la quale intrattengono anche un rap
porto in regime di convenzionamento, con distinti ricorsi (poi
riuniti) convenivano dinanzi al Pretore di Lucca la predetta Usi
chiedendone la condanna «a riaprire il massimale degli assistibi
li»; formula con la quale i ricorrenti esprimevano la pretesa
che il limite degli utenti del servizio sanitario nazionale, abilita
ti, in virtù dell'accennata convenzione, a ricorrere alle loro pre
stazioni, non fosse stabilito in cinquecento ma in millequattro
cento unità.
(1-2) Per il rapporto di lavoro degli ex medici condotti, transitati
nella Usi, v. Tar Abruzzo 23 settembre 1989, n. 430, Foro it., 1990,
III, 34, con nota di richiami, dai quali emerge la posizione dominante
della giurisprudenza che distingue fra la natura pubblica del rapporto
d'impiego e quella «parasubordinata» della concorrente attività in regi me di convenzione con le Usi secondo il d.p.r. 13 agosto 1981; in parti
colare, per quest'ultima attività, si segnala che la giurisprudenza ha
ritenuto, decidendo nell'ambito della giurisdizione ordinaria, la legitti mità delle disposizioni che impongono la riduzione del numero degli assistibili al raggiungimento del settantesimo anno di età, ma non di
quelle che impongono un numero minimo di assistibili per il manteni
mento della convenzione: v. Pret. Firenze 16 giugno 1988, id., 1989,
I, 263, con nota di richiami.
Per altri riferimenti: sul diritto al trattenimento in servizio fino al
settantesimo anno di età, cfr. Corte cost. 7 aprile 1988, n. 398, id.,
1988, I, 2054, e Tar Toscana, sez. I, 4 febbraio 1989, n. 109, in questo
fascicolo, III; sul rapporto di lavoro convenzionale nell'ambito del ser
vizio sanitario nazionale, v., da ultimo, Pret. Novara 24 giugno 1989,
in questo fascicolo, sul rapporto a tempo definitivo del sanitario dipen dente Usi, v. Tar Lazio, sez. I, 20 marzo 1990, n. 299, Foro it., 1990,
III, 499; sui rimedi esperibili per l'ottemperanza delle decisioni emesse
dal giudice amministrativo, v. Cons. Stato, sez. VI, 28 ottobre 1988,
n. 721, id., 1989, III, 1, con nota di G. Albenzio.
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2067 PARTE PRIMA 2068
Esponevano al riguardo che, in data 10 settembre 1986, il
presidente della Usi convenuta li aveva invitati a scegliere tra
rapporto di lavoro a tempo pieno e rapporto a tempo definito, con l'avvertenza che, in difetto di scelta, il loro rapporto sareb be stato considerato a tempo definitio; che, ciò essendo avvenu
to, erano stati assegnati al regime del tempo definito con conse
guente riduzione del massimale degli assistibili a cinquecento unità; che, peraltro, l'art. 110 d.p.r. 270/87, successivamente
intervenuto, aveva stabilito che gli ex medici condotti, per i quali non fossero stati assunti provvedimenti definitivi ai sensi del l'art. 28 d.p.r. 348/83, avrebbero potuto optare per un tratta mento onnicomprensivo del quale era parte anche un limite di accesso alla convenzione per la medicina di base da definire attraverso un successivo decreto ministeriale e di poi definito
(d.m. 23 dicembre 1978) in millequattrocento unità; che, sulla base di tale normativa, essi avevano presentato domanda di op zione per il trattamento onnicomprensivo sopra indicato; che tale domanda era stata respinta dalla Usi; che il provvedimento di reiezione dell'opzione, cosi come a suo tempo quello che li
inquadrava nel rapporto a tempo definito, erano illegittimi. Radicatosi il contraddittorio, la Usi si costituiva contestando
la domanda con varie eccezioni di rito e di merito. Il pretore, con sentenza 29 giugno 1988, dichiarava il difetto
di giurisdizione in relazione alle domande come sopra proposte e compensava le spese di lite, osservando che — ferma la natu ra privatistica del rapporto corrente tra medico convenzionato ed Usi — l'attribuzione del massimale degli assistibili, costi tuente l'oggetto della controversia, si presentava come conse
guenza diretta dell'esercizio di una potestà amministrativa (e cioè l'imposizione al sanitario pubblico dipendente della scelta tra tempo pieno e tempo definito), a fronte della quale il medi co vanta solo una posizione d'interesse legittimo. E poiché, nel la specie, la richiesta di «riapertura del massimale» era basata
proprio sull'assunto che la suindicata potestà pubblica fosse stata
illegittimamente esercitata, la controversia veniva a coinvolgere la tutela di interessi legittimi e di conseguenza rientrava nella
giurisdizione del giudice amministrativo, cui peraltro i ricorren ti risultavano essersi già rivolti impugnando dinanzi al Tar della Toscana il diniego loro opposto dalla Usi all'applicazione del trattamento economico onnicomprensivo ex art. 110 d.p.r. 270/87 e 5 d.m. 18 novembre 1987.
Avverso tale sentenza ricorrono per regolamento di giurisdi zione i dottori Quilici e Ungaretti. Resiste la Usi con contro ricorso.
Motivi della decisione. — I ricorrenti deducono che, secondo la costante giurisprudenza di questa corte, le controversie cor renti tra il medico convenzionato e la Usi rientrano nella giuris dizione del giudice ordinario, in quanto relative ad un rapporto di prestazione d'opera professionale, sia pure con connotati di
parasubordinazione, e non già ad un rapporto di pubblico im
piego. Tale conclusione, aggiungono, dev'essere mantenuta fer ma anche nell'ipotesi (che nella specie ricorre) in cui il sanitario
sia, al tempo stesso, parte di un rapporto d'impiego pubblico con la Usi, rimanendo i due rapporti distinti e soggetti a diverse
giurisdizioni. E proprio in considerazione di tale duplicità di
rapporti e di giurisdizioni, essi ricorrenti avevano adito il giudi ce amministrativo per la tutela delle proprie posizioni di pubbli ci impiegati ed il giudice ordinario per la tutela delle posizioni di parti di un rapporto contrattuale.
L'assunto, peraltro, è infondato. Le sezioni unite, invero, non intendono discostarsi dal proprio fermissimo indirizzo secondo cui «il rapporto fra l'unità sanitaria locale e un medico, in regi me di convenzione, contemplato dall'art. 48 1. 833/78 e regola mentato dagli accordi collettivi nazionali stipulati in applicazio ne della norma medesima, integra un rapporto di prestazione d'opera professionale, da cui conseguono posizioni di diritto
soggettivo, non suscettibili, in difetto di previsione di legge, di essere affievolite per determinazione unilaterale dell'amministra
zione»; si che, «pertanto, la domanda proposta dal medico per denunciare l'illegittimità di atti e provvedimenti, che non atten
gano alle condizioni generali di quel regime di convenzione, ma incidano direttamente su tali posizioni, rientra nell'ambito della
giurisdizione del giudice ordinario, cui compete l'eventuale di
sapplicazione dell'atto amministrativo, a tutela dei diritti fatti valere in giudizio ai sensi dell'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E» (cosi sez. un. 4543/86, Foro it., Rep. 1986, voce Sanita
rio, n. 245; cfr. anche sez. un. 4680/86, ibid., n. 246; 2181/87,
Il Foro Italiano — 1991.
id., Rep. 1987, voce cit., n. 208; 3952/87, ibid., n. 359; 5742/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 287; 2628/89, id., Rep. 1989, voce
cit., n. 185 e numerose altre ancora). Nella specie, tuttavia, il suindicato indirizzo non risulta invo
cato a proposito, posto che oggetto della controversia non è una posizione di diritto soggettivo nascente dalla convenzione, ma una questione sullo stato giuridico del dipendente della Usi dotata d'incidenza riflessa sul contenuto della convenzione stessa.
Ed invero, secondo quanto accennato in narrativa, i ricorren ti — dipendenti della Usi n. 6 di Lucca quali ex medici condotti — hanno chiesto a tale Usi che il proprio stato giuridico ed economico fosse regolato in conformità alla disposizione transi toria contenuta nell'art. 110 d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270 re cante «norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sin
dacale, per il triennio 1985/87, relativa al comparto del perso nale dipendente dal servizio sanitario nazionale».
Il testo dell'art. 110, sopra ricordato, è il seguente: «1. Gli ex medici condotti, nei cui confronti alla data del
1° gennaio 1987 non siano stati assunti provvedimenti definitivi ai sensi dell'art. 28 d.p.r. n. 348/83, possono, a domanda, op tare per un trattamento economico onnicomprensivo di lire 8.640.000 annue lorde.
2. Il ministro della sanità, con proprio decreto, sentite le re
gioni, l'Anci, l'Uncem e le organizzazioni sindacali mediche fir
matarie dell'accordo recepito dal presente decreto, provvede en tro il 31 dicembre 1987 alla determinazione delle funzioni e man sioni degli stessi, ivi compresi i limiti di accesso alla convenzione
per la medicina generale di base, di cui alla 1. 23 dicembre 1978 n. 833.
3. La normativa di cui sopra ha validità in modo tassativo fino al 30 giugno 1988».
A sua volta, il decreto ministeriale, previsto dal 2° comma della disposizione sopra riportata, emanato il 23 dicembre 1987,
prevede, tra l'altro, che il limite di accesso alla convenzione sia di millequattrocento unità.
L'accoglimento della richiesta dei ricorrenti, relativa all'ap plicazione del trattamento onnicomprensivo ex art. 110, avreb be comportato — di conseguenza — che il limite degli assistig
li, relativo al rapporto convenzionale del quale i predetti sono
titolari, salisse a millequattrocento unità.
La Usi non accolse la richiesta, ritenendo che difettassero i
presupposti indicati dalla norma come condizione di applicazio ne del trattamento onnicomprensivo (in particolare, che nei con fronti dei ricorrenti fossero stati assunti i provvedimenti defini tivi ostativi all'applicazione del regime transitorio).
Sulla scorta di tali precedenti di fatto ed assumendo l'illegitti mità del provvedimento negativo della Usi (del quale hanno chie sto la disapplicazione), i ricorrenti si sono rivolti al giudice or
dinario, domandandogli di condannare la Usi a riaprire il mas simale (id est a riconoscere che il massimale degli assistibili nel
rapporto convenzionale è di millequattrocento unità, anziché del
più basso limite a quel momento vigente). Cosi sintetizzati i termini della controversia, le sezioni unite
osservano che la domanda dei ricorrenti, intesa ad ottenere un bene della vita in relazione al rapporto convenzionale (l'apertu ra del massimale degli assistibili), si fonda sull'assunto che agli stessi ricorrenti spetti un diverso bene della vita in relazione al rapporto di pubblico impiego (e cioè l'applicazione dello spe ciale statuto di ex medico condotto di cui all'art. 110 citato, del quale fa parte la riapertura del massimale degli assistiti); e quindi implica necessariamente la controversia relativa alla
spettanza di tale diverso bene. Anzi, la causa risiede propria mente in quest'ultima controversia, dalla cui soluzione discende
pianamente la definizione del contrasto tra le parti in ordine al massimale degli assistibili.
La pretesa alla riapertura di tale massimale, invero, non si fonda sulla convenzione o comunque sulla lex contractus (con venzione e norme a questa relative), bensì' sull'assunto dell'ap plicabilità al rapporto di pubblico impiego di una speciale di
sposizione del relativo ordinamento e precisamente del sopra riportato art. 110, norma relativa alla disciplina dei dipendenti della Usi e specificamente allo stato giuridico ed economico dei
dipendenti ex medici condotti. Solo in quanto si affermi che lo stato giuridico ed economico dei ricorrenti debba esser disci
plinato in conformità all'opzione prevista nel citato art. 110, può ritenersi fondata la pretesa degli stessi ricorrenti alla ria
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
pertura del massimale che di quella opzione costituisce la proie zione sul regime della convenzione.
Ma se cosi è, la controversia investe direttamente il rapporto di pubblico impiego e la sua disciplina: di ciò si controverte
e non di altro, posto che la situazione giuridica dedotta in giu dizio (la causa petendi) è appunto lo status di ex medico con
dotto e la sua pretesa riconducibilità nell'ambito di applicazio ne della norma transitoria del più volte citato art. 10.
In ciò risiede la differenza tra la fattispecie in esame e tutte
quelle, relative a controversie tra medici convenzionati ed unità
sanitarie locali, decise da queste sezioni unite con l'affermazio
ne della giurisdizione del giudice ordinario anche quando si fa
cesse questione della legittimità di un atto amministrativo diret
tamente incidente sui diritti per il sanitario nascenti dalla con
venzione (cfr., tra le altre, sez. un. 4681/86, id., Rep. 1987, voce Sanitario, n. 152, e 3650/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 188, a proposito di controversie relative al provvedimento con cui la Usi aveva disposto la risoluzione del rapporto con
venzionale; 3952/87 e 5742/88, a proposito di controversie rela
tive al provvedimento della Usi inteso a ridurre il numero degli assistiti da parte del medico convenzionato; 303/89, ibid., n.
80, a proposito di controversia relativa alla retrocessione dei
medici convenzionati da titolari a sostituti; 2628/89, ibid., n.
185, a proposito di controversia relativa alla pretesa del medico
convenzionato di ottenere, in base ai diritti scaturenti dalla con
venzione, l'iscrizione negli elenchi dei medici convenzionati di
altri comuni). In tutti i suindicati casi, il provvedimento amministrativo in
contestazione aveva come proprio specifico oggetto il sacrificio
della posizione soggettiva (del medico) nascente dalla conven
zione e riconducibile all'interesse a non vedere — fuori dai casi
previsti dalla lex contractus (convenzione e norme a questa rela
tive) — unilateralmente risolta la convenzione ovvero unilate
ralmente modificati i termini della stessa ovvero negato un di
ritto da questa derivante (interesse protetto dall'art. 1372 c.c.).
Correlativamente, la situazione giuridica dedotta in giudizio era
rappresentata dalla posizione del medico quale parte della con
venzione e l'atto amministrativo veniva in rilievo sotto il profi lo della sua conformità alla suindicata lex contractus, in difetto
della quale (conformità) esso avrebbe dovuto essere disapplica to dal giudice ordinario con la contestuale tutela della posizione del medico.
Nella specie, invece, i ricorrenti non hanno dedotto in giudi zio nessuna situazione giuridica nascente dalla convenzione, po stoché essi non fondano la pretesa alla riapertura del massimale
sulla lex contractus ma piuttosto sulla lex che regola il loro rap
porto d'impiego. Correlativamente, l'atto amministrativo di cui
chiedono la disapplicazione (e cioè il provvedimento con cui
la Usi dichiara loro inapplicabile l'opzione di cui all'art. 110) non è un provvedimento che abbia inciso sulla loro posizione di medici convenzionati né esso viene in rilievo sotto il profilo della sua conformità alla lex contractus, ma è un atto che ha
inciso sul loro status di pubblici dipendenti (non attribuendo
loro una certa posizione giuridica ed economica) e che viene
in rilievo sotto il profilo della sua conformità alla lex del rap
porto d'impiego. L'invocata disapplicazione di tale atto non avrebbe come con
seguenza quella di riconoscere che una posizione giuridica pree sistente e nascente dalla convenzione è stata ingiustamente sa
crificata dall'amministrazione, ma terrebbe luogo surrettiziamente
del riconoscimento (di competenza dell'amministrazione o del
giudice amministrativo) di una posizione giuridica nascente dal
rapporto di pubblico impiego (status di ex medico condotto aven
te diritto all'opzione di cui all'art. 110), dalla quale soltanto
scaturisce la modificazione dei termini della convenzione nel senso
reclamato dai ricorrenti.
La natura intrinseca della controversia di cui è causa configu
ra, dunque, quest'ultima come una controversia relativa al rap
porto di pubblico impiego, in quanto tale devoluta alla giurisdi
zione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 7/2
1. 1034/71. In tali sensi dev'esser quindi regolata la giurisdizione.
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 12 aprile
Il Foro Italiano — 1991.
1988 la Usi RM 27 di Subiaco — premesso che i medici Rocchi
Giovanni, Diolordi Emilio, Villani Sergio, Corvi Giuseppe, Ar
ceri Enrico, Garella Pietro, Di Cola Costantino, Faina Marcella
e Rinaldi Bruno, con ricorso ex art. 700 c.p.c. avevano chiesto
ed ottenuto dal Pretore di Subiaco che il numero delle scelte
di essi ex medici condotti era di 1800 scelte e quindi l'impossibi lità della Usi RM 27 di ridurre detto massimale fino all'emana
zione del d.m. previsto dal 2° comma dell'art. 110 d.p.r. 270/87; che il ricorso ex art. 700 era da dichiararsi inammissibile per i noti limiti del giudice ordinario nei confronti della pubblica
amministrazione; che essa ricorrente aveva già assunto un prov vedimento definitivo, avendo con propria delibera del 13 agosto 1986 n. 234 inserito i suddetti medici in organico con il rappor to di lavoro prescelto da ciascuno di loro con decorrenza dal
1° settembre 1986 e con i compiti ed i rientri stabiliti dalla giun ta regionale Lazio con delibera n. 4913 del 24 luglio 1984; che,
pertanto, al momento della proposizione del ricorso non si tro
vavano nelle condizioni previste dall'art. 110 d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, in quanto nei loro confronti, già da epoca antece
dente al 1° gennaio 1987, era stato assunto dalla Usi il provve dimento definitivo di cui all'art. 28 d.p.r. 348/83; che tale prov vedimento era stato sollecitato dagli stessi medici; che, quindi, essendovi un rapporto di lavoro a tempo determinato, gli ex
medici condotti avrebbero potuto dedicare la loro opera di me
dici generici privati solamente per le ore «libere» e mai per il
massimale previsto, dovendosi sottrarre alle 40 ore settimanali
quelle svolte quali dipendenti — tanto premesso, concludeva
per la revoca del provvedimento pretorile del 18 dicembre 1987
per mancanza di competenza per materia, e nel merito, perché la domanda proposta nel giudizio cautelare era infondata in
fatto e in diritto; il tutto con la condanna alle spese di lite.
Si costituivano i medici indicati nel ricorso, e, nel controri
corso, premettevano di essere tutti «medici condotti assunti alle
dipendenze dei rispettivi comuni di appartenenza a seguito di
partecipazione e vincita di apposito pubblico concorso» e di
aver impugnato il primo accordo nazionale unico del personale
dipendente della Usi, ivi compresi anche «i medici condotti»,
approvato con d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348 sotto vari profili, tra cui anche in relazione all'art. 28 per cui i «medici condotti»
avrebbero dovuto presentare la propria opzione tra il rapporto di lavoro a tempo pieno e quello a tempo parziale entro sessan
ta giorni dall'entrata in vigore dell'impugnato d.p.r. Premettevano altresì i resistenti che il Tar Lazio aveva dispo
sto la sospensiva del provvedimento limitatamente all'art. 28
del d.p.r. nella parte in cui fissava per gli ex medici condotti
il termine di sessanta giorni per l'opzione del nuovo rapporto di lavoro; che la Usi nel giugno 1986 aveva richiesto agli odierni
resistenti di effettuare l'opzione di cui all'art. 28 d.p.r. 348/83; che contro tale provvedimento avevano fatto immediato ricorso
al Tar ed il giudizio era pendente. Quindi, i resistenti spiegava no di nuovo le ragioni poste a base del ricorso ex art. 700 c.p.c. e in particolare di non essere tenuti ad effettuare la scelta, che
era stata fatta per ottemperare all'ordine della Usi, che, sicco
me illegittimo, non poteva conferire il carattere della «definiti
vità» alla scelta comunque effettuata. Pertanto, concludevano
per la riconferma di quanto sostanzialmente disposto con il prov vedimento ex art. 700 c.p.c., con la vittoria delle spese del giu dizio. (Omissis)
Motivi della decisione. — Preliminarmente va dichiarato am
missibile l'intervento in causa poiché gli interventori, essendo
sanitari della zona in cui operano i resistenti, hanno un interes
se giuridico, ai sensi del 2° comma dell'art. 105 c.p.c., a soste
nere le ragioni dell'attuale ricorrente, dato che un eventuale giu dicato concretantesi nel mantenimento del provvedimento può avere effetti indiretti o riflessi nella loro sfera giuridica, poten do provocare una flessione della loro clientela.
Passando al primo motivo del ricorso riguardante la giurisdi
zione, ritiene il giudicante che siano da precisare anzitutto i ter
mini giuridici del problema, prendendo le mosse dal provvedi mento cautelare che ha occasionato il presente giudizio.
Con il provvedimento ex art. 700 c.p.c. del 18 dicembre 1987,
il pretore ha ritenuto, a prescindere dall'analisi approfondita del problema della giurisdizione come richiedeva la legge che
vuole si emetta il provvedimento sulla sola base del fumus boni
iuris, di poter incidere su una fattispecie che vedeva la Usi RM
27 di Subiaco emanare un provvedimento in ispregio del prov vedimento di sospensione dell'atto presupposto da parte del Tar
Lazio. Quindi, la ratio di fondo del provvedimento era quella di inibire alla pubblica amministrazione di compiere attività con
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2071 PARTE PRIMA 2072
trastante con l'ordine del giudice, e non di fissare il massimale
del numero degli assistiti previsto per gli ex medici condotti, che era una mera conseguenza degli effetti dell'inibitoria non
rispettata.
Invece, molto stranamente, i difensori delle parti in causa
si sono soffermati tutti sul secondo degli aspetti evidenziati e
non sul primo, che costituisce il nucleo centrale della presente controversia. Gli interrogativi che si pongono sono dunque i
seguenti: quali sono gli strumenti che il privato ha nei confronti
della pubblica amministrazione nel caso che essa non osservi
l'ordine di sospensione del giudice amministrativo? Si può pre scindere dal presupposto della posizione giuridica fatta valere
(e quindi dal problema della giurisdizione), chiedendo l'inter
vento del giudice ordinario, con tutti i suoi poteri di natura
cautelare?
La risposta non è agevole, anche perché il problema si è com
plicato a seguito di alcune pronunce pretorili, che, ammettendo
il provvedimento ex art. 700, senza nessun limite, hanno poi occasionato la pronuncia 28 giugno 1985, n. 190 (Foro it., 1985,
I, 1881) della Corte costituzionale, con la quale si è dichiarata, in via definitiva, l'ammissibilità dello strumento cautelare nelle
materie di giurisdizione esclusiva, di cui il rapporto di pubblico
impiego è l'esempio più vistoso.
Comunque, la risposta al primo quesito è stata data dal Con
siglio di Stato (ad plen. 11 giugno 1982, n. 12, id., Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, n. 658), il quale, ribadendo il
concetto secondo cui non è esperibile il giudizio di ottemperan za nel caso in cui l'ordinanza di sospensione non sia ex se ido
nea ad assicurare il risultato della tutela interinale (ovvero l'am
ministrazione ne rifiuti o eluda l'esecuzione) poiché la legge
espressamente richiede il presupposto del giudicato che nell'in
cidente cautelare ovviamente manca, ha statuito che l'interessa
to ben può adire nuovamente il giudice che ha emanato l'ordi
nanza, affinché questi emani, in via integrativa, i provvedimen ti idonei ad assicurare l'esecuzione della sospensione.
Gli attuali resistenti hanno affermato, senza essere contestati
sul punto, che hanno impugnato davanti al Tar anche la nota
n. 7040 del 19 giugno 1986 con cui erano stati invitati ad opera re la scelta, nonostante l'impugnativa del d.p.r. 348/83 e l'otte
nuta sospensiva dello stesso rispetto all'art. 28. Da ciò discende — e cosi si entra nel campo dominato dal secondo quesito di
cui sopra — che i resistenti erano consapevoli della tutela prin
cipale e normale loro accordata (e ribadita dall'autorevole con
senso del Consiglio di Stato) dal sistema processuale, solamente
che hanno, forse perché hanno proposto una normale impugna zione dell'atto anziché una sorta di attività integrativa susse
guente alla ottenuta sospensione (e quindi con tempi di decisio
ne più lunghi), preferito chiedere una forma di tutela aggiunti va al pretore.
Il punto, ora, è quello di stabilire se quest'ultima tutela pote va essere accordata, nonostante la presenza di un giudizio am ministrativo in corso, che, quindi, lasciava supporre la sussi stenza della giurisdizione in capo di giudice amministrativo an
ziché in capo al giudice ordinario. Ritiene il giudicante che la contemporanea presenza del giudi
zio amministrativo non sia di per sé preclusivo all'ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c., in quanto il punto della giurisdi zione viene accertato sia davanti al giudice amministrativo che davanti al giudice ordinario in maniera sommaria, come si ri
chiede in sede di giudizio cautelare in genere. Quindi in astrat
to, visto che la sospensiva davanti al Tar può essere proposta
separatamente dal ricorso (anche se il suo deposito è necessario, ma comunque senza che se ne debba avere una piena cognizio
ne), si può verificare che sia stato il Tar ad emettere un provve dimento cautelare in relazione ad un rapporto controverso rien
trante nella giurisdizione del giudice ordinario, e non viceversa, come è accaduto nel caso di specie. In altri termini, al giudican te sembra che, anche per un sottile riflesso del principio dell'u nità della giurisdizione, quel che s'impone è l'emissione in ogni caso del provvedimento cautelare, se ricorrono i presupposti su cui si fonda, affinché intanto si assicurino gli effetti della deci sione di merito, rinviandosi poi al giudizio di merito l'esame
approfondito dei vari punti della causa, tra cui rientra in primo
luogo il problema della giurisdizione. Tanto premesso risulta evidente che occorre ora decidere in
via pregiudiziale la questione della giurisdizione, che, se sarà
ritenuta sussistente, porterà all'esame del merito, in caso con
Ii Foro Italiano — 1991.
trario alla declinazione della controversia al giudice amministra
tivo, con il conseguente travolgimento del provvedimento cau
telare.
Osserva il giudicante in proposito che, contrariamente a quanto ritenuto in sede sommaria, il rapporto dedotto in giudizio è
un rapporto di impiego pubblico e non di diritto privato. E
di ciò erano in fondo ben consapevoli anche gli odierni resisten
ti, visto che avevano adito il giudice amministrativo, e solo in
via del tutto aggiuntiva il giudice ordinario. Né è sostenibile
che la giurisprudenza dominante della Corte di cassazione ritie
ne il rapporto tra gli ex medici condotti e la Usi di diritto priva
to, in quanto le sentenze citate (compresa quella a sez. un. 16
gennaio 1986, n. 224, id., 1986, I, 1575) si riferiscono tutte
ai medici convenzionati, che è una situazione giuridica ben di
versa (e nota al giudicante per altre controversie in corso) da
quella degli ex medici condotti, e nessuna agli ex medici condotti.
Questi ultimi, infatti, come loro stessi hanno premesso nel
controricorso, erano dapprima dipendenti dei comuni, presso cui avevano espletato e vinto un regolare concorso, e poi, a
seguito della 1. 833/78, erano ope legis transitati nel ruolo della
Usi di zona, alle cui dipendenze avevano continuato a svolgere le medesime funzioni precedentemente svolte, dove poi era so
praggiunto un «accordo nazionale» per disciplinare anche il nu
mero degli assistiti spettanti a ciascuna categoria, visto che per alcuni (tra cui gli ex medici condotti) si veniva ad avere una
situazione di retribuzione mista, composta da una quota di sti
pendio fissa e da un'altra variabile a seconda del numero degli assistiti. Va da sé che tale fattispecie, presentata dagli stessi re
sistenti e ricostruita dalla normativa vigente dal giudicante, non
può che integrare un rapporto d'impiego pubblico, essendovi
tutti gli elementi che lo caratterizzano (pubblico concorso, retri
buzione predeterminata, prestazione a titolo professionale esclu
sivo). Quindi ogni questione ad esso attinente, compresa quella relativa ai massimali da adottare, rientra nella giurisdizione esclu
siva del Tar Lazio.
È appena il caso di notare come la suggestiva tesi, appena adombrata dalla difesa dei resistenti, secondo cui nel caso in
esame si avrebbe un duplice rapporto di lavoro, l'uno di impie
go pubblico e l'altro di natura privatistica, non ha pregio. E
ciò sia perché non riscontra nessuna base nella sistematica gene rale del diritto del lavoro e sia perché, quand'anche si dovesse
ammettere la compossibilità di due rapporti concomitanti, essi non si potrebbero mai avere con lo stesso ente pubblico, rispet to al quale, anche in virtù del principio dell'esclusività del rap
porto a titolo professionale, bisognerebbe fare un giudizio di
prevalenza dei due rapporti, che non potrebbe non risolversi
che a favore del rapporto pubblicistico. La carenza di giurisdizione comporta la caducazione del prov
vedimento cautelare adottato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 mar zo 1991, n. 2715; Pres. Carotenuto, Est. Rocchi, P.M. Ama tucci E. (conci, conf.); Comune di Paderno Dugano (Avv.
Predieri) c. Monti ed altri (Avv. Testa, Goldaperini). Re
golamento preventivo di giurisdizione.
Nuova opera e danno temuto (denunzia di) — Espropriazione per pubblico interesse — Decreto di occupazione di urgenza — Decorrenza del termine — Provvedimento di immissione nel possesso — Carenza assoluta di potere — Giurisdizione
ordinaria — Fattispecie (Cod. civ., art. 1171, 1172; 1. 20 mar
zo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art.
4; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento del l'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni delle leggi 17 ago sto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenziona
ta, art. 20; 1. 3 gennaio 1978 n. 1, accelerazione delle proce dure per l'esecuzione di opere pubbliche e di impianti e co
struzioni industriali, art. 5).
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