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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre...

Date post: 27-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre 1990, n. 12032; Pres. Sandulli, Est. Favara, P.M. Paolucci (concl. conf.): Malvezzi Campeggi (Avv. Annotta) c. Monte dei Paschi di Siena (Avv. Casulli) e Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amato). Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 2129/2130-2135/2136 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185562 . Accessed: 28/06/2014 15:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.227 on Sat, 28 Jun 2014 15:22:10 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre 1990, n. 12032; Pres. Sandulli, Est. Favara, P.M.Paolucci (concl. conf.): Malvezzi Campeggi (Avv. Annotta) c. Monte dei Paschi di Siena (Avv.Casulli) e Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amato). Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2129/2130-2135/2136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185562 .

Accessed: 28/06/2014 15:22

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

posta» (art. 32, 3° comma). Questi soggetti non sono quindi

soggetti Iva e sono «esentati dalla presentazione della dichiara

zione annuale e dal versamento dell'imposta» (art. 32, 1°

comma). Ciò comporta che quando il volume d'affari è inferiore ai

ventuno milioni annui il pescatore se non paga l'Iva sul pesce, al momento della pesca, e non la paga trattandosi di prodotti della natura, egli, quale non soggetto Iva, non potrà scaricare

neppure in maniera forfetaria, com'è consentito ai pescatori con

un volume d'affari superiore ai 21 milioni, neppure l'Iva paga ta sugli attrezzi (rete, ami, nafta se la barca è a motore, ecc.). Ma come si è visto il regime speciale per la pesca è predisposto

per venire incontro a soggetti ritenuti dallo stesso ordinamento

come soggetti più deoboli, i quali sono sempre liberi di rinun

ciare al sistema agevolato, reinserendosi nell'ordinario regime forfetario proprio dei soggetti Iva.

In conclusione, il prezzo d'asta, cosi come documentato dal

l'emissione dei fogli d'asta e dalle bollette di consegna, trattan

dosi della prima cessione tra pescatore e grossista non è com

prensivo dell'Iva, poiché trattasi di cessione effettuata in regime di esonero dall'imposta. Di conseguenza, non essendo stata pa

gata l'Iva da parte della società acquirente, che ha emesso auto

fattura attestante l'avvenuto esonero, nessuna detrazione è pos sibile a favore della soc. Ambriapesca in quanto non è consenti

to portare in detrazione l'imposta che non risulta pagata. Il ricorso va, pertanto, respinto.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 19 di

cembre 1990, n. 12032; Pres. Sandulli, Est. Favara, P.M.

Paolucci (conci, conf.): Malvezzi Campeggi (Avv. Annot

ta) c. Monte dei Paschi di Siena (Avv. Casulli) e Min. fi

nanze (Avv. dello Stato D'Amato). Regolamento di giuris

dizione.

Riscossione delle imposte — Esecuzione esattoriale — Azione

di risarcimento — Giurisdizione ordinaria (D.p.r. 29 settem

bre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 53, 54).

È proponibile dinanzi al giudice ordinario, dopo il compimento

dell'esecuzione esattoriale, l'azione di risarcimento contro l'e

sattore da parte del contribuente che si assuma leso nei suoi

diritti dall'illegittimità della procedura esecutiva esattoriale,

ai sensi degli art. 53 e 54 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 2 no

vembre 1990, n. 10553; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P.M. Caristo (conci, conf.); Forasiepi (Avv. Sebastiani) c.

Min. finanze ed altro. Cassa Comm. trìb. centrale 27 marzo

1985, n. 3518.

(1) Non si rinvengono pronunzie contrarie al principio affermato nella

massima, dato per pacifico dalla giurisprudenza che, di solito, si è preoc

cupata di ribadire la proponibilità dell'azione di risarcimento solo dopo il compimento dell'esecuzione (Cass. 13 marzo 1987, n. 2637, Foro it.,

1988, I, 3404; 15 ottobre 1986, n. 6040, id., Rep. 1987, voce Riscossio

ne delle imposte, n. 70; 21 novembre 1984, n. 5943, id., Rep. 1984, voce cit., n. 99 e id., 1985, I, 1722; Comm. trib. centrale 1° aprile

1989, n. 2403, Bollettino trib., 1990, 69 (m.); App. Roma 23 giugno

1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 77; Trib. Civitavecchia 16 giu

gno 1980, ibid., n. 81). Per riferimenti di carattere generale sull'esecuzione esattoriale, v. Tar

Toscana, sez. I, 25 marzo 1991, n. 104, id., 1991, III, 330 (in ordine

alla sua sospensione ad opera del giudice amministrativo); Cass. 1° giu

gno 1990, n. 5152, ibid., I, 531, con nota di Annecchino (sulla nuova

disciplina introdotta dal d.p.r. 28 gennaio 1988 n. 43); Tar Campania, sez. I, 30 giugno 1987, n. 399, id., 1989, III, 58, con nota di Verrienti.

Ir Foro Italiano — 1991.

Tributi in genere — Contenzioso — Ricorso alle commissioni

tributarie — Cessione dell'azienda — Imposta per la plusva lenza — Avviso di mora — Impugnazione — Ammissibilità

(Cod. proc. civ., art. 615 a 619; d.p.r. 26 ottobre 1972 n.

636, revisione della disciplina del contenzioso tributario, art.

16; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, art. 53, 66).

Il terzo cessionario d'azienda, responsabile del pagamento del

l'imposta gravante sul cedente per la plusvalenza realizzata con la cessione ai sensi dell'art. 66 d.p.r. 29 settembre 1973

n. 602, è abilitato ad impugnare dinanzi alle commissioni tri

butarie l'avviso di mora notificatogli dall'esattoria comunale

ai sensi dell'art. 16 (anche nella vecchia formulazione) d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636. (2)

I

Svolgimento del processo. — Con citazione del 25 giugno 1982

Lucio Malvezzi Campeggi conveniva davanti al Tribunale di Ro

ma l'amministrazione finanziaria dello Stato e l'esattoria comu

nale di Roma e chiedeva dichiararsi la nullità della procedura esecutiva svoltasi nei suoi confronti, all'esito della quale la quo ta di sua pertinenza (pari al 50%) di un immobile sito in Roma,

dopo il terzo incanto, era stata devoluta allo Stato. Precisava

che l'esattoria comunale, agendo per il recupero di credito (re lativi a debiti d'imposta accertati nei confronti suoi e del fratel

lo Roberto, nonché a debiti d'imposta suoi propri) e avvalendo

si della facoltà prevista dell'art. 50 d.p.r. 602/73, si era surro

gata ad altri creditori nel pignoramento immobiliare da costoro

effettuato ed aveva portato a compimento la procedura esecuti

va, conclusasi con la devoluzione dell'immobile allo Stato per essere andati deserti i primi tre incanti. L'istante assumeva che

la procedura doveva considerarsi nulla poiché al momento in

cui era stata pronunciata la devoluzione il debito d'imposta era

stato già soddisfatto con l'acquisizione di valori di importo su

periore a quello azionato, per la devoluzione della quota ideale

di pertinenza di suo fratello Roberto e l'assegnazione di altri

crediti per canoni locatizi a lui spettanti. Chiedeva inoltre la

condanna dell'esattoria comunale al risarcimento dei danni e

del ministero delle finanze al rendiconto dei frutti percepiti.

(2) Sulle azioni esperibili dal cessionario d'azienda in ordine ai debiti

tributari del cedente, la Commissione tributaria centrale si è espressa in termini non univoci, ora negando la proponibilità del ricorso alle

commissioni tributarie e limitandone il diritto al ricorso all'intendente di finanza — ex art. 53 d.p.r. 602/73 — e all'azione risarcitoria dopo il compimento dell'esecuzione — ex art. 54 d.p.r. cit. — (dee. 19 mag

gio 1985, n. 4356, Foro it., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 875) ora consentendola per questioni di merito contro l'atto dichiarativo del

la sua responsabilità solidale (dee. 6 maggio 1987, n. 3727, id., Rep. 1987, voce Riscossione delle imposte, n. 71) e per la contestazione dei

soli presupposti dei vincolo inerente a detta sua corresponsabilità (dee. 14 aprile 1986, n. 3237, ibid., voce Tributi in genere, n. 795), su questa ultima via seguita da alcune pronunzie delle commissioni di merito (Com miss. trib. I grado Pistoia 20 aprile 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 782).

La Cassazione, invece, si era in precedenza espressa, sia pure implici tamente, in termini contrari a quanto deciso con la sentenza in epigra fe, con le pronunzie richiamate in motivazione per ridimensionarne la

portata rispetto all'interpretazione datane dalla Commissione tributaria

centrale nella decisione cassata. La Corte costituzionale è di recente (sent. 24 maggio 1991, n. 219,

G.U., la s.s., 29 maggio 1991, n. 21) intervenuta sull'art. 66 d.p.r. n. 602, ravvisandone la compatibilità con l'art. 24 Cost, sul rilievo che

«la tutela del cessionario d'azienda non è confinata alla mera possibili tà del ricorso all'intendente di finanza (ex art. 53 d.p.r. 602/73) per la sospensione dell'esecuzione e all'eventuale giudizio civile di risarci

mento del danno per illegittima esecuzione (ex art. 54, 3° comma, ulti

ma parte, dello stesso decreto) essendo stata estesa fino all'impugnativa dell'avviso di mora». Per la corte «deve pertanto affermarsi — come

peraltro ritenuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione proprio in riferimento alla fattispecie delle cessioni d'azienda (cfr. Cass. 2 no

vembre 1990, n. 10553, in epigrafe) — che anche al cessionario non

sia preclusa la possibilità di far valere le sue ragioni nel processo tribu

tario impugnando autonomamente l'avviso di mora».

In dottrina, cfr. F.D. Napoli, La responsabilità del cessionario d'a

zienda nella normativa tributaria, in Tributi, 1984, fase. 9, 61; G. Pas

saro, La responsabilità del cessionario d'azienda (nota a Commiss. trib.

I grado Pistoia, 20 aprile 1984, cit.), in Bollettino trib., 1985, 914; R.

Napolitano, La responsabilità tributaria del cessionario di azienda, id.,

1984, 1399.

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2131 PARTE PRIMA 2132

L'amministrazione finanziaria deduceva l'improponibilità della

domanda in quanto eventuali vizi della procedura esecutiva non

potevano dare luogo a giudizi di opposizione ex art. 615 e 617

c.p.c., data l'irretrattabilità dell'esecuzione esattoriale, ma solo

ad un'azione di risarcimento del danno verso l'esattore ad ese

cuzione esaurita (art. 54 d.p.r. 602/73). L'esattoria contestava

l'esistenza dei vizi della procedura esecutiva e deduceva che co

munque la domanda era inammissibile per l'irretrattabilità dei

risultati conseguiti con l'esecusione esattoriale, che copre ogni

eventuale vizio del procedimento. Il tribunale rigettava la domanda. La Corte d'appello di Ro

ma, a seguito di impugnazione del Malvezzi e dell'amministra

zione finanziaria, in parziale riforma della sentenza di primo

grado, condannava il Malvezzi a pagare all'amministrazione fi

nanziaria la somma di lire 5.541.900 oltre interessi per un credi

to maturato prima della data della devoluzione: rigettava invece

l'appello principale del Malvezzi, ritenendo che i vizi della pro

cedura esecutiva erano in realtà inesistenti e che perciò era pri

va di fondamento anche la domanda di risarcimento dei danni

nei confronti dell'esattore per la dedotta, ma disattesa, nullità

della procedura. Avverso questa sentenza proponeva ricorso per cassazione il

Malvezzi Campeggi, in base a tre motivi. Resistevano con con

troricorso l'amministrazione finanziaria e l'esattoria comunale

di Roma (il Monte dei Paschi di Siena). Quest'ultima, dopo

la fissazione dell'udienza di discussione dinanzi alla terza sezio

ne civile di questa corte, in memoria, ha eccepito il difetto di

giurisdizione del giudice ordinario, poiché ai sensi dell'art. 54

d.p.r. 602/73 l'azione risarcitoria nei confronti dell'esattore per

irregolarità degli atti esecutivi dell'esattore è improponibile, in

quanto concreta un'opposizione avverso atti amministrativi ri

spetto ai quali sussiste per l'esecutato una posizione di interesse

legittimo, tutelabile unicamente davanti al giudice amministrati

vo. A seguito di ciò il presidente della sezione ha rimesso gli

atti al primo presidente di questa corte, che ha disposto l'asse

gnazione della causa alle sezioni unite limitatamente alla predet

ta questione di giurisdizione. Motivi della decisione. — L'esattoria comunale ha eccepito

il difetto di giurisdizione del giudice ordinario riguardo alla do

manda di risarcimento del danno proposta nei suoi confronti

dal Malvezzi Campeggi per un'asserita irregolarità degli atti della

procedura esecutiva esattoriale. L'azione risarcitoria, secondo

l'esattoria, concreta un'opposizione agli atti esecutivi, che è im

proponibile ai sensi dell'art. 53 d.p.r. 602/73, in quanto, per

accertare l'antigiuridicità della procedura, si viene ad esercitare

un controllo sulla regolarità degli atti esecutivi: controllo che

nel sistema di legge è attribuito all'intendente di finanza, su

ricorso del contribuente (o degli altri interessati indicati nella

predetta norma), titolare di un interesse legittimo alla regolarità

della procedura esattoriale e non di un diritto soggettivo.

L'eccezione è priva di fondamento, in quanto postula una

improponibilità della domanda risarcitoria che, se sussistente

durante il corso della procedura esecutiva, più non ricorre dopo

il compimento di questa. Secondo la disciplina risultante dagli art. 53 e 54 d.p.r. 29

settembre 1973 n. 602, infatti, nell'esecuzione promossa dall'e

sattore, il controllo sulla regolarità degli atti della procedura è attribuito in sede amministrativa all'intendente di finanza, al

quale è riservata la decisione su ogni istanza (di sospensione

o di merito) avanzata dalle parti, senza che il giudice ordinario

possa interferire sui provvedimenti amministrativi adottati nel

corso della procedura medesima. In particolare, detto giudice non può essere adito in via di opposizione all'esecuzione (ex

art. 615 c.p.c.) o agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.). In tale

fase non è ravvisabile quindi alcuna situazione di diritto sogget tivo quanto all'accertamento di eventuali vizi della procedura, sia che l'impugnativa tenda ad ottenere la dichiarazione di ille

gittimità dell'esecuzione o di singoli atti del procedimento, sia

che la stessa venga esperita in funzione della condanna dell'e

sattoria al risarcimento del danno che si assume essere derivato

dalla esecuzione. La domanda risarcitoria in questa fase è per ciò improponibile — per difetto assoluto di giurisdizione o, rec

tius, per difetto del diritto (sez. un. 3 luglio 1989, n. 3183, Foro

it., Rep. 1989, voce Responsabilità civile, n. 138) — non essen

do contemplata dall'ordinamento la risarcibilità da lesione di

interessi legittimi.

Dopo il compimento dell'esecuzione esattoriale, il potere giu

II Foro Italiano — 1991.

risdizionale del giudice ordinario trova piena esplicazione. Ai

sensi dell'art. 54, 2° e 3° comma, del citato d.p.r. 602/73, il

debitore esecutato può agire in sede giudiziaria per il risarci

mento del danno e cioè per la tutela di un suo diritto soggetti

vo, qualora intenda contestare ex post la legittimità della proce

dura esecutiva svoltasi nei suoi confronti, essendo venuta meno

Pimproponibilità della domanda prevista nei citati art. 53 e 54,

1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602. Contrariamente

a quanto sostiene l'esattoria nel presente giudizio, simile azione

risarcitoria non concreta un'opposizione agli atti esecutivi, la

cui cognizione è preclusa al giudice ordinario, trattandosi inve

ce di un'azione che postula l'avvenuto compimento della proce

dura esecutiva e che assume l'illegittimità di questa come fatto

causativo del danno, da accertare ex post a tali limitati fini.

Nel caso di specie, la domanda del Malvezzi risulta proposta

dopo il compimento dell'esecuzione esattoriale (terminata con

la devoluzione allo Stato del bene pignorato) ed al fine di fare

valere vizi della procedura, di cui si è chiesto l'accertamento

ex post anche ai fini della domanda (subordinata) di danni avan

zata nei confronti dell'esattore.

In relazione a tale domanda sussiste perciò la giurisdizione

del giudice ordinario.

Attengono al merito le questioni pure dedotte in memoria

dall'esattoria circa la mancanza di prova del danno e circa la

mancata allegazione di un comportamento doloso o colposo.

La causa va restituita alla sezione semplice, ai sensi dell'art.

142 disp. att. c.p.c., per la decisione sui motivi di sua compe

tenza, oltre che per la pronuncia sulle spese di questa fase.

II

Svolgimento del processo. — Con scrittura privata 20 maggio

1976 Alessanto Nuti cedeva ad Aldo Forasiepi un esercizio di

bar, pizzeria-ristorante sito in Firenze, v. Borgo S. Lorenzo 22.

Nei confronti del cedente Nuti erano iscritte nei ruoli dell'anno

1978, con riferimento al 1976, una Irpef di lire 18.537.000 ed

una Ilor di lire 25.224.466, di cui lire 17.246.923 riguardanti

la plusvalenza conseguita mediante l'anzidetta cessione.

Il 10 ottobre 1979 l'esattoria comunale di Firenze notificava

al cessionario Forasiepi un avviso di mora relativo alle suddette

imposte. Il Forasiepi proponeva ricorso, contemporaneamente, all'intendente di finanza di Firenze ed alla commissione tributa

ria di primo grado di Firenze, con separati atti del 12 ottobre

1979, contestando l'applicabilità dell'art. 66 d.p.r. n. 602 del

1973, sotto il profilo che le imposte dovute dal cedente non

riguardavano un reddito dell'impresa ceduta.

L'intendente di finanza, con provvedimento del 5 marzo 1980,

accoglieva il ricorso in parte, disponendo la prosecuzione dell'e

secuzione esattoriale limitatamente al recupero della sola Ilor

per lire 17.246.923, che venivano pagate dal Forasiepi prima del pignoramento.

La commissione di primo grado, con decisione del 4 novem

bre 1980, accoglieva integralmente il ricorso.

L'amministrazione delle finanze dello Stato proponeva appel

lo, eccependo il difetto di giurisdizione delle commissioni tribu

tarie, ai sensi dell'art. 53 d.p.r. n. 602 del 1973 e, in subordine,

la violazione dell'art. 66 dello stesso d.p.r. Il Forasiepi, a sua volta, eccepiva la tardività dell'appello. La commissione di secondo grado di Firenze, con decisione

n. 425 del 1° aprile 1982, rigettate le eccezioni di tardività del

l'appello e di difetto di giurisdizione, confermava la decisione

di primo grado nel merito.

Decidendo sul ricorso principale dell'amministrazione e sul

ricorso incidentale del Forasiepi, la Commissione tributaria cen

trale, con decisione n. 3518 del 25 marzo 1985, rigettava il ri

corso incidentale del Forasiepi e, in accoglimento del ricorso

principale dell'amministrazione, dichiarava il difetto di giurisdi zione delle commissioni tributarie, annullando la decisione im

pugnata ed osservando: — che non appariva censurabile la pronuncia della commis

sione di secondo grado che aveva ritenuto che l'appello dell'uf

ficio fosse stato proposto entro il termine di legge, perché era

fondata sulla considerazione che la data della comunicazione

della decisione di primo grado risultante dagli atti faceva fede

fino a querela di falso; — che, invece, doveva accogliersi l'eccezione di difetto di giù

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

risdizione in quanto il cessionario d'azienda, tenuto entro deter

minati limiti al pagamento dei tributi dovuti dal precedente ti

tolare della medesima, durante l'esecuzione esattoriale non può

proporre le opposizioni previste dagli art. 615 e 618 c.p.c., ma

soltanto il ricorso amministrativo all'intendente di finanza che

si conclude con un provvedimento soggetto al sindacato del giu dice amministrativo, per cui le commissioni tributarie difettano

di giurisdizione in ordine al ricorso proposto dal predetto con

tribuente.

Avverso la suddetta decisione il Forasiepi ha proposto ricorso

per cassazione. L'amministrazione finanziaria ha resistito con

controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione. — (Omissis). Col secondo motivo il

Forasiepi denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art.

I d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, degli art. 53 e 46 d.p.r. 29

settembre 1973 n. 602 e dell'art. 8 d.p.r. 3 novembre 1981 n.

739, nonché violazione e falsa applicazione degli art. 208 e 209

d.p.r. n. 645 del 1958 e degli art. 52 e 54 d.p.r. 602/83, osser

vando che le commissioni tributarie hanno competenza esclusi

va per conoscere tutte le controversie in materia di tributi elen

cati dall'art. 1 d.p.r. 636/72 e che il ricorso all'intendente di

finanza previsto dall'art. 53 d.p.r. 602 del 1973 attiene agli atti

esecutivi, mentre l'avviso di mora è equiparato al precetto, co

me risulta dall'art. 46, ed è impugnabile dinanzi alle commis

sioni tributarie ai sensi dell'art. 16 d.p.r. 636/72, modificato

dall'art. 8 d.p.r. n. 739, anche prima della suddetta modifica.

II ricorso ex art. 53 d.p.r. 602/73 all'intendente di finanza non

riguarda il rapporto giuridico tributario, ovvero la responsabili

tà del cessionario d'azienda; materia che è di esclusiva compe

tenza delle commissioni tributarie. D'altra parte, il cessionario

d'azienda non è compreso nell'elencazione tassativa contenuta

nell'art. 53 cit., in quanto non è un coobligato d'imposta, aven

do egli una responsabilità oggettiva limitata al valore dei beni

trasferiti.

Il motivo è fondato. La Commissione centrale, per affermare

il difetto di giurisdizione, ha richiamato Cass. 2 maggio 1980,

n. 2896 (Foro it., Rep. 1981, coce Riscossione delle imposte,

n. 78), la quale, confermando precedente giurisprudenza (v.,

ad es., Cass. n. 3627 del 1978, id., Rep. 1978, voce Tributi

in genere, n. 296), ha statuito che l'opposizione proposta avver

so l'esecuzione esattoriale dal cessionario dell'azienda, solida

mente responsabile per il pagamento delle imposte sui redditi

dovute dal precedente titolare, nei casi e nei limiti previsti dal

l'art. 197 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, è qualificabile non

già come opposizione di terzo, bensì come opposizione di coo

bligato nel debito tributario ed è quindi inammissibile, essendo

soltanto consentito al concedente, subentrato all'affittuario nel

la gestione dell'impresa, il ricorso all'intendente di finanza, ov

vero, dopo il compimento dell'esecuzione, l'azione dinanzi al

giudice ordinario al solo fine del risarcimento del danno, ai sen

si dell'ultimo comma dell'art. 209 d.p.r. citato.

Il suddetto richiamo non è pertinente, non tanto perché ri

guarda la responsabilità del cessionario d'azienda prevista dal

l'art. 197 dell'abrogato t.u. 645/58 (infatti, pur con le notevoli

differenze di contenuto, a detto art. 197 corrisponde l'attuale

art. 66 d.p.r. n. 602 del 1973, che regola la materia in contesa),

quanto perché la sentenza del 1980 riguardava una controversia

fra l'esattore ed il cessionario d'azienda che si svolgeva dinanzi

al giudice ordinario, in sede di opposizione al pignoramento,

che si intendeva qualificare come opposizione di terzo ammissi

bile ai sensi dell'art. 207 t.u. del 1958, e che la Corte suprema

ha qualificato, invece opposizione all'esecuzione non ammissi

bile (art. 209, 2° comma).

Nessuna delle tre suddette circostanze qualificanti esiste, in

vece, nel caso di specie, perché: a) la controversia non è stata

promossa contro l'esattore, ma contro l'ufficio tributario; b)

essa è stata proposta, prima del pignoramento, contro l'avviso

di mora; c) il contribuente ha agito dinanzi alle commissioni

tributarie.

Occorre, quindi, soltanto verificare, non già se sia proponibi

le un'opposizione all'esecuzione dinanzi all'a.g.o., da parte del

cessionario dell'azienda che è responsabile per un debito tribu

tario altrui nei limiti fissati dall'art. 66 d.p.r. n. 602 del 1973

(e cioè nei limiti del valore dei beni mobili e delle merci relative

all'azienda ceduta), ma se il suddetto cessionario possa conte

stare dinanzi alle commissioni (nei confronti dell'ufficio finan

ziario, perché l'esattore non è parte nei giudizi dinanzi alle com

II Foro Italiano — 1991.

missioni) l'applicabilità della suddetta norma, con riguardo alle

imposte comprese in un avviso di mora a lui notificato e riguar

dante accertamenti compiuti a carico del cedente, che non ab

bia pagato le imposte stesse.

La risposta a tale quesito è positiva, per un insieme di argo

menti, basati sulla premessa che l'ordinamento deve contenere

la possibilità di una contestazione giudiziale della responsabilità suddetta. In primo luogo, non è affatto appagante la tesi soste

nuta dall'avvocatura dello Stato in questa sede, secondo la qua

le si tratterebbe di un'opposizione di terzo, ai sensi dell'art.

52 d.p.r. n. 602 del 1973, ammessa davanti all'a.g.o., per far

valere i limiti di applicabilità dell'art. 66 dello stesso d.p.r. n.

602, nei suoi rapporti con i limiti di pignorabilità dei beni del debitore d'imposta fissati dall'art. 65.

Alla suddetta tesi si oppongono due obiezioni:

a) è pacifico che l'opposizione di terzo ex art. 619 (a differen

za dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615, che può riguarda re anche un'esecuzione soltanto «minacciata» col precetto) pre

suppone l'effettuazione del pignoramento, di modo che il terzo

cessionario, prima del pignoramento, non avrebbe detto mezzo

di difesa e non potrebbe evitare il pagamento dell'imposta (con

riserva di ripetizione);

b) il terzo cessionario non può essere compreso fra i soggetti

a cui è dato il mezzo dell'opposizione ex art. 619, perché, essen

do da qualificare «terzo assoggettato ad esecuzione» (in quanto

responsabile con parte dei suoi beni del pagamento del debito

altrui), va compreso fra i soggetti che possono contestare il di

ritto a procedere ad esecuzione forzata, ai sensi del capo I del

titolo V del libro III c.p.c. (v. art. 602 c.p.c.).

Peraltro, per effetto del divieto stabilito dall'art. 54, 2° com

ma, d.p.r. n. 602 del 1973, il suddetto cessionario non può pro

porre le opposizioni previste dagli articoli da 615 a 617, e cioè

proprio quelle regolate dal suddetto capo I del titolo V del libro

IV del libro III del c.p.c. In alternativa a detti rimedi, è previsto il ricorso all'intenden

te di finanza «contro gli atti esecutivi dell'esattore» (art. 53 d.p.r.

n. 602 del 1973), con successiva tutela giurisdizionale davanti

alla giurisdizione amministrativa. Ma la suddetta tutela riguar

da «gli atti esecutivi dell'esattore» e non la contestazione del

debito d'imposta (o dell'obbligo di pagamento per effetto della

responsabilità con determinati beni). L'espressione della legge

deve essere intesa nel senso che col ricorso all'intendente di fi

nanza si possono dedurre tutte le irregolarità formali degli atti

posti in essere dall'esattore, nel corso della procedura esecutiva,

diversi dal ruolo. Contro il ruolo, l'unico rimedio esperibile è

quello alle commissioni tributarie (art. 16 d.p.r. n. 636 del 1972).

Se il ruolo intestato all'obbligato principale è efficace anche

nei confronti del coobligato o del responsabile d'imposta, a questi

ultimi deve essere riconosciuta la possibilità di ricorrere contro

il ruolo, per dedurne sia i vizi, sia l'inesistenza del vincolo ob

bligatorio ovvero della responsabilità; ricorso da esperirsi nel

normale termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avvi

so di mora che deve essere effettuata al suddetto coobligato

dipendente o responsabile d'imposta, prima di intraprendere l'e

secuzione esattoriale nei loro confronti. L'art. 7 d.p.r. n. 739

del 1981 comprende espressamente l'avviso di mora fra gli atti

impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie; la conclusione

poteva essere raggiunta anche prima della modifica, stante la

ratio dell'art. 16 d.p.r. 636/72; ed è evidente il rapporto di reci

proca esclusione fra il suddetto art. 16 e l'art. 53 d.p.r. n. 602

del 1973.

Si deve, anche, osservare che il ricorso all'intendente riguar

da gli atti di un'esecuzione iniziata dall'esattore (sez. un. 1677

del 1988, id., Rep. 1988, voce Riscossione delle imposte, nn.

86, 87); e, poiché non è possibile ricorrere all'a.g.o., perché

si tratta di contestare una «qualità» del credito tributario (con

sistente in quel mezzo di rafforzamento della sua realizzazione

che è dato dal c.d. privilegio di riscossione accordato dall'art.

66 d.p.r. n. 602 del 1973), si deve concludere che la contestazio

ne di quel privilegio rientra nell'ambito della giurisdizione delle

commissioni, ex art. 1 d.p.r. n. 636 del 1972.

Invero, come è stato notato in dottrina, la suddetta giurisdizio

ne abbraccia tutte le controversie che abbiano ad oggetto una qual

siasi obbligazione tributaria, comprese quelle promosse dai coo

bligati o responsabili d'imposta, intese a contestare la pretesa cre

ditoria dell'amministrazione finanziaria o il diritto di quest'ultima

di procedere alla realizzazione anche coattiva della pretesa.

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre 1990, n. 12032; Pres. Sandulli, Est. Favara, P.M. Paolucci (concl. conf.): Malvezzi

2135 PARTE PRIMA 2136

La difesa dell'amministrazione afferma che il caso non è di

verso da quello dell'esecuzione promossa contro l'acquirente del

bene, per il recupero delFInvim dovuta dall'alienante e non pa

gata. Ma proprio in tale caso queste sezioni unite con sentenza

11 ottobre 1988, n. 5469 {ibid., voce Tributi in genere, n. 803)

hanno affermato la giurisdizione delle commissioni tributarie

(si veda anche sez. un. 6 dicembre 1988, n. 6637, id., Rep.

1989, voce cit., n. 798, in materia di appartenenza alle commis

sioni tributarie della giurisdizione in ordine alle contestazioni

del privilegio ex art. 45 d.p.r. n. 637 del 1972 e 2772 c.c.). La diversità dei suddetti casi rispetto a quello attuale consiste

soltanto nella circostanza che in quelli è la stessa amministra

zione che fa valere il privilegio (o diritto di seguito), mentre

nel presente caso esso è fatto valere dall'esattore.

Ma non può certo negarsi che l'esattore non realizza altro

che un credito dell'amministrazione (tranne che per l'indennità

di mora: vedi la già citata sent. n. 1677 del 1988: indennità

che nella specie, però, sarebbe semplicemente conseguenziale al

l'obbligo del pagamento, mentre in quel caso era l'unico ogget to della contestazione, che riguardava l'inesistenza della mora).

In definitiva, pertanto, la controversia interessa l'amministra

zione, sotto il profilo della possibilità di soddisfare il credito

tributario, tramite l'esecuzione esattoriale, per cui la compren

sione dell'art. 66 nell'ambito delle norme relative all'esecuzione

esattoriale non è decisiva. La ricerca, infatti, deve avere di mira

il rimedio esperibile dal responsabile che, prima ancora del pi

gnoramento autorizzato dalla suddetta norma, voglia contestar

ne i presupposti di applicabilità, a seguito della notifica dell'av

viso di mora comprendente i tributi a cui fa riferimento l'art.

66 d.p.r. 603/73 (magari pagando il debito, per evitare un pi

gnoramento che potrebbe essere dannoso per i suoi effetti pre

giudizievoli sul credito che gode l'impresa).

Concludendo, la sentenza impugnata deve essere cassata e la

causa va rinviata alla Commissione centrale, perché — una vol

ta risolta in senso positivo la questione di giurisdizione — esa

mini il merito della causa stessa (già esaminato in primo ed

in secondo grado, per cui il rinvio, ex art. 383, ultimo comma,

c.p.c., va disposto alla Commissione centrale).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 dicem

bre 1990, n. 11922; Pres. Menichino, Est. Genghini, P.M.

Fedeli (conci, conf.); Inail (Avv. Mancini, Napolitano, Boz

zi) c. Baldassi (Avv. Zaccaria). Conferma Trib. Udine 11

dicembre 1987.

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Premio assicura

tivo — Determinazione del tasso aziendale — Comunicazione — Mancata sottoscrizione — Inefficacia (D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbli

gatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professio

nali, art. 45).

È inefficace la comunicazione della locale sede dell'Inail, con

la quale venga notificato il tasso aziendale ai fini della deter

minazione del premio assicurativo, che non risulti sottoscritta

dal direttore della sede. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso notificato il 5 feb

braio 1986 Baldassi Rino, titolare della omonima impresa edile,

esponeva che con due provvedimenti l'Inail gli aveva comunica

to la variazione in aumento del tasso di premio, con decorrenza

rispettivamente da gennaio 1982 e gennaio 1984. Ritenuti illegit timi gli accertamenti Inail nella forma, perché priva di data e

di firma, e nella sostanza, perché non suffragati dall'andamen

to infortunistico aziendale negativo, il ricorrente chiedeva che il

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Per riferimenti sulla determinazione del tasso medio aziendale, da

ultimo, v. Cass. 26 giugno 1990, n. 6439, Foro it., 1990, I, 2806, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1991.

Pretore di Udine volesse annullare i provvedimenti impugnati e condannare l'Inail a restituire quanto versato in più per l'an

no 1982 (lire 1.092.854) ed applicargli la riduzione maturata

per il 1985 su un tasso del 102%.

Costituitosi, nel richiedere il rigetto dell'avversaria domanda,

l'istituto opponeva, da un lato, che il ricorso era improcedibile

(ex art. 443 c.p.c.) per mancato esaurimento della procedura

amministrativa e, dall'altro, che i propri provvedimenti, pure

irregolari per difetto di data e di firma non però dell'indicazio

ne dell'ufficio di provenienza, aveva raggiunto lo scopo, tanto

è vero che non solo non erano stati impugnati ma addirittura

puntualmente eseguiti, con conseguente sanatoria di ogni even

tuale loro vizio. Nel merito rilevava che i dati di bilancio della

posizione assicurativa dell'impresa Baldassi giustificavano i prov vedimenti in aumento.

Con sentenza 2 aprile 1987 il pretore adito accoglieva il ricor

so. Disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso, osserva

va il primo giudice che gli atti di aumento del tasso Inail comu

nicati al Baldassi per il 1982 ed il 1984, e quelli ad essi conse

guenti, erano affetti da nullità per il mancato rispetto, oltre

che del principio generale della individuazione dell'ente imposi tore attraverso la sottoscrizione, anche della procedura conte

stativa e comunicativa di cui al d.m. 10 dicembre 1971 (manca

ta comunicazione con raccomandata r.r. e con la data imposta dal § 17), che è presupposto fondamentale della validità del

provvedimento di aumento del tasso e di un valido contraddit

torio tra ente impositore e datore di lavoro tenuto al pagamen

to del premio stesso.

Avverso tale decisione interponeva tempestivo appello l'Inail.

Premesso che dall'apposita cartolina postale risultava non sol

tanto la data di spedizione dei plichi contenenti i singoli provve dimenti ma persino quella di ricevimento di essi da parte del

destinatario, osservava l'appellante che i provvedimenti impu

gnati, predisposti su moduli prestampati ed integrati con carat

teri meccanografici, portavano entrambi la dicitura «il direttore

di sede», onde non poteva essere meglio individuato l'autore

della comunicazione e del provvedimento. Rilevava ulteriormente

che l'errore fondamentale della sentenza impugnata risiedeva

nella ritenuta insanabilità dell'atto amministrativo, non avendo

il giudice a quo considerato che i provvedimenti Inail erano

stati accettati con comportamento concludente della ditta, la

quale aveva regolarmente pagato i premi nella misura dei tassi

notificati in aumento, cosi come aveva accettato le riduzioni

di premio che pure erano prive di tratto di penna sotto la dizio

ne «il direttore di sede». E che nessuna incertezza circa la pro venienza del provvedimento fosse seriamente accampabile del

Baldassi, era ulteriormente comprovato dal fatto che tutta una

serie di atti successivi dell'Inail erano stati pacificamente accet

tati dall'interessato che vi aveva dato puntuale esecuzione, onde

alla mancanza del requisito della sottoscrizione suppliva la cer

tezza della provenienza dell'atto. Senza contare — aggiungeva

l'appellante — che l'ente pubblico era ben ammesso ad integra re gli elementi mancanti nel corso del giudizio e che anche ante

riormente alla prima contestazione della ditta (13 settembre 1985) l'Inail aveva già sanato l'irregolarità con sua lettera del 2 luglio

1985, nella quale spiegava come oscillino i tassi applicabili e

come fosse giustificato il tasso applicato al ricorrente.

Concludeva l'appellante chiedendo che, in totale riforma del

l'impugnata sentenza, fossero respinte le avversarie domande, con rifusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

Ricostituitosi il contraddittorio, il Baldassi ribadiva che l'atto

amministrativo privo di sottoscrizione, con firma o sigla, è inesi

stente e che comunque egli non aveva mai inteso prestare acquie scenza ai provvedimenti Inail, tanto è vero che li aveva impu

gnati. Osservava ulteriormente che ai sensi dell'art. 45 d.p.r. 30

giugno 1965 n. 1124, l'Inail deve notificare al datore di lavoro

l'eventuale aumento del tasso di premio con lettera raccomanda

ta entro il 31 dicembre e che l'aumento ha effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo, onde, se sanatoria poteva esserci, questa avrebbe dovuto intervenire entro il 31 dicembre del 1984, nel men

tre la lettera del direttore di sede che giustificava l'applicazione del nuovo tasso portava la data del 2 luglio 1985. Il tribunale

respingeva il gravame, ritenendo che la mancanza di sottoscri

zione della notificazione, fatta ai sensi dell'art. 45 d.p.r. n. 1124,

come modificato del § 17 d.m. 10 dicembre 1971, ne inficiava

l'esistenza, mancando un elemento essenziale, e non potendo,

pertanto, aversi successivamente né sanatoria, né acquiescenza.

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