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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre...

Date post: 31-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre 1990, n. 10422; Pres. Carotenuto, Est. Rapone, P.M. Grossi (concl. conf.); Associazione naz. volontari del sangue (Avv. Di Cerbo) c. Mauta (Avv. Prozzo). Regolamento preventivo di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 1151/1152-1153/1154 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185398 . Accessed: 28/06/2014 15:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.239 on Sat, 28 Jun 2014 15:51:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre 1990, n. 10422; Pres. Carotenuto, Est. Rapone, P.M.Grossi (concl. conf.); Associazione naz. volontari del sangue (Avv. Di Cerbo) c. Mauta (Avv.Prozzo). Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 1151/1152-1153/1154Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185398 .

Accessed: 28/06/2014 15:51

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PARTE PRIMA

trasferimento, con individuazione specifica delle relative man

canze, ha comportato una valutazione preventiva di quei deter

minati comportamenti, come tali da implicare necessariamente

proprio quelle esigenze organizzative e produttive richieste dal

cit. art. 2103 c.c. (e ritenute sufficienti dalla citata giurispru

denza di questa Suprema corte per rendere legittimo il trasferi

mento), talché la norma contrattuale risulta legittima proprio in quanto non contraria (ai sensi dell'ultimo comma) alla nor

ma di ordine pubblico. Né ciò può dirsi in verità estraneo alla

specifica fattispecie, atteso che sia l'ipotesi contestata al n. 2) che quella al n. 7) della parte IV del citato accordo, individua

no comportamenti idonei a compromettere la collaborazione,

rispetto ai quali l'allontanamento del colpevole si pone come

esigenza nello stesso tempo «tecnica» e, non si può dimenticar

lo, per lui più favorevole.

In conclusione, mentre per un verso mancano elementi suffi

cienti per ritenere che il legislatore con l'espressione «mutamen

ti definitivi del rapporto di lavoro» (art. 7, 4° comma) abbia

inteso anche riferirsi ad un elemento importante ma non essen

ziale quale il luogo destinato a rendere la prestazione (almeno secondo la valutazione fattane in concreto dalle parti sociali,

come si è visto), per altro verso la pattuizione collettiva che

abbia previsto la sanzione disciplinare del trasferimento, non

può ritenersi, di per sé, contraria alla norma di ordine pubblico

posta dall'art. 13 dello statuto, almeno tutte le volte nelle quali le parti abbiano in concreto individuato fattispecie di responsa bilità disciplinare che si configurino in modo sufficientemente

sicuro come fattori di disordine organizzativo, tecnico e produt

tivo, rimovibile con il trasferimento, senza necessità di produrre i ben più lesivi effetti della risoluzione del rapporto.

Si respinge perciò il terzo motivo del ricorso. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 ot

tobre 1990, n. 10422; Pres. Carotenuto, Est. Rapone, P.M.

Grossi (conci, conf.); Associazione naz. volontari del sangue

(Avv. Di Cerbo) c. Mauta (Avv. Prozzo). Regolamento pre ventivo di giurisdizione.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 ot

tobre 1990, n. 10149; Pres. Carotenuto, Est. Rapone, P.M.

Grossi (conci, conf.); Associazione naz. volontari del sangue

(Avv. Di Cerbo) c. Palma. Regolamento preventivo di giuri

sdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico — Avis — Rapporto di lavoro — Controversie — Giurisdizione ordinaria (L. 20 febbraio

1950 n. 49, riconoscimento giuridico dell'associazione nazio

nale volontari italiani del sangue; 1. 14 luglio 1967 n. 592,

raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano).

L'Associazione nazionale volontari del sangue (e, di conseguen

za, le sue sezioni comunali che ne dipendono gerarchicamen

te) non è ente pubblico; pertanto, il relativo rapporto di lavo

ro ha natura privatistica e le relative controversie sono devo

lute alla giurisdizione del giudice ordinario. (1)

(1) Con le due sentenze in epigrafe (della seconda si omette la moti

vazione, identica alla prima), la Cassazione modifica le precedenti sta tuizioni sulla natura dell'Avis, già ritenuta — con esplicito riferimento alle sue sezioni comunali — pubblica nella sent. 26 gennaio 1978, n.

350, Foro it., 1978, I, 875, con nota di richiami, implicatamente ribadi ta nelle successive Cass. 27 ottobre 1983, n. 6350, id., 1984, I, 118 e 19 luglio 1985, n. 4262, id., Rep. 1986, voce Cosa giudicata civile, n. 16; la conseguente natura pubblica del rapporto di lavoro con l'Avis non risulta in precedenza mai contestata dal giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 1981, n. 69, id., Rep. 1981, voce

Impiegato dello Stato, n. 1056), mentre nell'ambito della giurispru

II Foro Italiano — 1991.

I

Svolgimento del processo. — Con ricorso 28 ottobre 1987

al Pretore di Benevento quale giudice del lavoro, Mauta Pa

squale, dipendente della sezione di Benevento dell'Avis, chiede

va dichiararsi illegittimi gli ordini di servizi che gli imponevano il trasporto del sangue, nonché le sanzioni disciplinari inflitte

gli, per essersi rifiutato di eseguire tali ordini; in via gradata

ridursi le medesime sanzioni.

L'Avis si costituiva resistendo alla domanda. Eccepiva quin

di, con note autorizzate 10 ottobre 1988, il difetto di giurisdi

zione del giudice adito, avendo la causa, per oggetto, provvedi

menti relativi ad un rapporto di pubblico impiego.

Per gli stessi motivi ha poi proposto ricorso per regolamento

preventivo di giurisdizione, cui resiste il Mauta con controricor

so, illustrato da memoria.

Motivi della decisione. — Assume la ricorrente che l'Avis (As

sociazione nazionale volontari del sangue) è ente pubblico non

economico.

Tale associazione, infatti: a) è riconosciuta dallo Stato con

1. 20 febbraio 1950 n. 49; b) persegue uno scopo di interesse

generale, quale la raccolta e conservazione di sangue umano,

che si inquadra nella funzione di tutela della salute che compete

allo Stato in adempimento all'art. 32 Cost.; c) è sottoposta,

ad ogni livello, a controllo da parte degli organi statali, specie

per effetto della 1. 14 luglio 1967 n. 592.

Al concorso dei requisiti dianzi elencati, sufficienti per l'iden

tificazione di un ente pubblico, si aggiunge che l'Avis gode di

contributi statali, previsti dagli art. 8 e 23 1. 592/67, con conse

guenti controlli contabili, partecipa alla funzione statale attra

verso l'inserimento di propri rappresentanti negli organi del ser

vizio sanitario pubblico (art. 19 dello statuto) e, in caso di scio

glimento, è sottoposta a gestione commissariale da parte del

ministro della sanità (art. 9 dello statuto).

La funzione civica e sociale dell'Avis, indicata nella legge di

riconoscimento giuridico («promuove, coordina e disciplina,

ecc.») nell'art. 3 dello statuto e nell'art. 2 1. 592/67, indicano,

infine, la natura «non economica» dell'ente.

Alla natura pubblicistica dell'Avis partecipano poi — secon

do l'assunto della ricorrente — le sezioni provinciali e comuna

li, che ne costituiscono la struttura e che con l'associazione na

zionale hanno rapporto di dipendenza gerarchica. Il ricorso è infondato. Queste sezioni unite, con la sentenza

n. 350 del 1978 (Foro it., 1978, I, 875) hanno già affrontato

la questione ed hanno affermato: che le sezioni comunali del

l'Avis sono organi dell'Avis nazionale e non già associazioni

di fatto, distinte dall'ente centrale che ha natura di ente pubbli co non economico; che, pertanto, le controversie di lavoro dei

loro dipendenti attengono a un rapporto di impiego pubblico e sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Va però osservato che in quella occasione la Suprema corte

non ebbe ad occuparsi specificamente della natura di ente pub blico dell'Avis nazionale (natura pacificamente ammessa, all'e

poca, dai giudici ordinari di merito e dai giudici amministrativi) bensì della natura delle sezioni comunali dello stesso Avis, es

sendo sorta questione se le stesse dovessero essere considerate

semplici associazioni di fatto, suscettibili di acquistare persona lità giuridica mediante il riconoscimento a norma dell'art. 12

c.c. (nemmeno in tal caso, però divenendo enti pubblici) oppu re veri e propri organi dell'Avis nazionale.

Questa seconda tesi venne ritenuta fondata da questa corte,

dopo ampia disamina delle disposizioni dello statuto e del rego lamento dell'ente le quali chiaramente dimostrano «gli stretti

collegamenti tra le Avis ai vari livelli e gli incisivi poteri eserci

tati da quelle superiori sulle inferiori, caratteristiche queste, che

denza ordinaria si segnala Pret. Ancona 11 giugno 1988, id., Rep. 1989, voce Lavoro (rapporto), n. 1641, che ha deciso in materia di rapporto di lavoro instaurato da una sezione comunale dell'Avis.

Sui presupposti per l'individuazione della natura pubblica di un ente

e del relativo rapporto di lavoro, v. Cass. 22 giugno 1990, n. 6319

(sulle sezioni comunali dell'Unione italiana tiro a segno) e Tar Toscana, sez. I, 22 settembre 1990, n. 831 (sui consigli di aiuto sociale), id.,

1991, I, 825 e III, 80, con note di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mal si spiegherebbero ove le Avis comunali fossero associazioni

distinte dall'Avis nazionale».

Ciò precisato, rileva il collegio che, mentre deve essere qui riaffermata la natura unitaria dell'ente (per le ragioni già am

piamente espresse nella menzionata precedente decisione) — pie namente compatibile con l'autonoma legittimazione negoziale e processuale delle articolazioni periferiche dell'ente stesso (v.,

per la Croce rossa italiana, Cass. 9 novembre 1977, n. 4786,

ibid., 926) — va effettuata una verifica sulla sua natura, pub blica o privata, verifica tanto più necessaria in quanto è ormai

enucleabile un preciso indirizzo dell'ordinamento giuridico di

retto a limitare rigorosamente il numero degli enti pubblici e

a basare la relativa individuazione su atti di carattere formale

(istituzione o riconoscimento della natura pubblica in forza di

legge, ricognizione della natura dell'ente). Sul punto deve considerarsi che con la 1. 20 marzo 1975 n.

70 è stata dettata una nuova organica disciplina del regime delle

persone giuridiche pubbliche, disponendosi la soppressione di

diritto di tutti gli enti pubblici ad esclusione di quelli indicati

nell'art. 1, 2° e 3° comma — e cioè di quelli compresi nelle

sette categorie dell'allegata tabella — che non fossero costituiti

od ordinati da leggi o da atti aventi valore di legge, delegandosi il governo ad integrare la detta tabella e a far luogo ad eventua

li ristrutturazioni o soppressioni, e stabilendosi inoltre — il che

è di fondamentale importanza — che nessun nuovo ente pubbli co avrebbe potuto essere istituito o riconosciuto come tale se

non per legge (art. 4). Il d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 ha poi

proceduto al riesame generale della consistenza e degli scopi di molteplici enti, disponendo procedure di accertamento della

natura pubblica o privata di essi e stabilendo l'assunzione della

personalità giuridica di diritto privato da parte di un complesso di enti di carattere associativo e ciò mediante l'emanazione di

appositi decreti presidenziali (art. 115 e tabella B). Al che si

è già in molti casi provveduto (si veda il d.p.r. 31 luglio 1980

n. 613 che, all'art. 1, dispone il riconoscimento dell'associazio

ne italiana della Croce rossa quale «ente privato di interesse

pubblico», subordinandolo all'approvazione del nuovo statuto:

v. sez. un. 6440/85, id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato,

n. 133; 1345/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 155), nel mentre

vi è stato altresì il diretto intervento legislativo per l'autentica

definizione della natura privata di alcuni di essi (cfr. la 1. 27

marzo 1980 n. 112 sugli istituti di patronato e di assistenza so

ciale: v. sez. un. 2584/85 e 3216/85, id., Rep. 1985, voce cit.,

nn. 144, 141).

Devesi, poi, ricordare che le istituzioni regionali ed infrare

gionali di assistenza e beneficenza, per effetto della declaratoria

di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 1 1. 17 luglio 1890

n. 6972 (sent. Corte cost. n. 396 del 1988, id., 1989, I, 46),

non hanno, in ogni caso, la natura di enti pubblici, anche al

fine del carattere pubblicistico del rapporto di lavoro con il per sonale e della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

sulle controversie ad esso inerenti, ma possono essere enti pub blici o privati, secondo i comuni parametri che distinguono gli

uni dagli altri, in relazione a requisiti strutturali e funzionali, nonché all'inserimento o meno nell'ambito dell'organizzazione della pubblica amministrazione (v. sez. un. 6249/88 e 2995/89,

id., Rep. 1989, voce Istituzioni pubbliche di assistenza, nn. 9,

13; 3283/89, id., 1990, I, 577). Un tale indirizzo impone, pertanto, un certo riesame dei tra

dizionali criteri che dottrina e giurisprudenza avevano elaborato

ai fini della determinazione della natura pubblica di un ente,

fra cui quello tradizionale della coincidenza degli scopi dell'ente

stesso con quelli propri dello Stato, posto che la natura privata di una persona giuridica non è esclusa dalla circostanza che essa

operi, anche esclusivamente, nelle materie afferenti a tipiche fi

nalità pubbliche (cfr. art. 116 d.p.r. 616/77). Se, peraltro, l'elemento del tipo di organizzazione dell'ente

sembra aver acquistato un maggior rilievo rispetto a quello del

la natura dei fini onde individuarne il carattere pubblico o pri

vato (v. sez. un. 1788 e 4212 del 1982, id., Rep. 1982, voce

Impiegato dello Stato, nn. 97, 107, 115, 125, 137, 1221) e se

in determinati casi può essere utile considerare entrambi i sud

detti profili, tuttavia, ove essi non soccorrano adeguatamente

e difetti (all'infuori delle previsioni di cui ai commi 2° e 3°

dell'art. 1 1. n. 70 del 1975 e della tabella allegata nonché delle

successive riforme) un atto di natura legislativa di istituzione

e di riconoscimento del loro carattere pubblicistico (art. 2 e 3

Il Foro Italiano — 1991.

della stessa legge) la soluzione è necessariamente nel senso che

si tratta di persone giuridiche private con tutte le relative conse

guenze giuridiche. Nella specie, non risulta che l'Avis (ente non ricompreso —

a differenza della Croce rossa — nella tabella allegata alla 1.

n. 70 del 1975) sia collocato dall'ordinamento in una posizione

giuridica particolare, differente da quella propria dei soggetti di diritto comune (anche se di particolare rilevanza sociale), cioè

che tale ente sia assoggettato ad un regime giuridico il quale

gli conferisca poteri e prerogative di diritto pubblico. Come emerge dallo statuto acquisito agli atti, l'Avis sorse

nel 1927 come associazione spontanea con lo scopo precipuo della «promozione, coordinamento e disciplina del volontariato

italiano del sangue»; ha poi ottenuto il riconoscimento della

personalità giuridica con la 1. 20 febbraio 1950 n. 49.

Detta legge, però, contrariamente a quanto sostenuto dalla

ricorrente, non ha attribuito all'ente la personalità di diritto

pubblico, né lo ha assoggettato ad alcuna disciplina di carattere

pubblicistico, e ciò è già, di per sé, un elemento assai significa tivo per escludere che possa avere la natura di ente pubblico

(cfr. sez. un. 5812/85, id., 1987, I, 1792). Nemmeno per un siffatto riconoscimento sono valide le ulte

riori argomentazioni svolte dalla ricorrente.

Irrilevante, come si è già visto, è il perseguimento di finalità

pubbliche, comuni anche ad enti privati. La 1. 14 luglio 1967 n. 592 non prevede, poi, alcuna ingeren

za pubblica sull'attività dell'Avis: si limita a riconoscere «la fun

zione civica e sociale delle associazioni aventi come attività isti

tuzionale preminente la donazione volontaria del sangue» (art.

2) ed a sottoporre a vigilanza le sole «attività relative alla pro

paganda ed al reclutamento dei donatori» (art. 18), ma non

prevede alcuna ingerenza nel processo di formazione della vo

lontà dell'Avis, né alcun controllo sui suoi atti di gestione; pari

menti, attribuisce al ministero della sanità la facoltà di concede

re contributi (art. 8 e 23), ma non prevede alcun controllo con

tabile sull'Avis. Quest'ultima, in vista delle finalità perseguite,

gode anche di agevolazioni tributarie (v. 1. 18 dicembre 1964

n. 1415), ma, anche questa, è una manifestazione notoriamente

comune a non pochi enti di natura non pubblica (vedi, infatti, la 1. 21 marzo 1958 n. 259, la quale riguarda enti pubblici e

privati). La partecipazione (art. 19 dello statuto) di rappresentanti del

l'Avis ad organismi pubblici è priva di qualsiasi rilevanza, po sto che anche associazioni private possono essere chiamate a

far parte di organismi pubblici, in quanto rappresentative di

determinati gruppi o interessi.

L'art. 9 dello statuto dell'Avis, infine, che attribuisce al mi

nistro della sanità la competenza per la nomina del commissa

rio liquidatore, non ha rilevanza essendo la nomina di liquida tori da parte governativa prevista per varie ipotesi di persone

giuridiche private (enti bancari, assicurativi e altri). In conclusione, un insieme di risultanze fa escludere l'inseri

mento dell'Avis nazionale (e, di consgeuenza, delle Avis comu

nali, che con l'associazione nazionale hanno un rapporto di di

pendenza gerarchica) nella categoria degli enti pubblici, in con

formità dei principi di diritto sopra enunciati.

Il rapporto di lavoro de quo ha, di conseguenza, natura pri

vatistica, costituendo requisito essenziale per il rapporto di pub blico impiego la natura pubblica del datore di lavoro.

La controversia quindi rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. (Omissis)

II

(Omissis)

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