sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre 1989, n. 8476; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P.M. DiRenzo (concl. conf.); Imparato (Avv. Giancone) c. Ina (Avv. De Vita, Punzi). Cassa Trib. Napoli25 settembre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 893/894-899/900Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185355 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
favore del lavoratore il cui licenziamento risulti invalido od inef
ficace (sulla misura non inferiore a cinque mensilità di retribu
zione), ha, infatti, carattere autonomo, rispetto alla tutela co
siddetta ripristinatoria, in quanto configura, a carico del datore
di lavoro, una sanzione non derivante dall'ordine di reintegra zione sul posto di lavoro, bensì direttamente discendente dalla
detta invalidità od inefficacia del licenziamento, onde siffatto
risarcimento è dovuto anche al dipendente illegittimamente li
cenziato che non voglia o non possa chiedere la reintegrazione nel posto di lavoro oltreché nell'ipotesi in cui sia sopravvenuta revoca del licenziamento e riammissione al lavoro (v. Cass., sez.
un., 23 aprile 1987, n. 3957, id., 1987, I, 2059). Ne consegue che la questione degli effetti della sopraggiunta
inefficacia del provvedimento pretorile a seguito dell'accertata
legittimità del licenziamento, non può avere identica soluzione, stante l'autonomia delle due tutele, risarcitoria e ripristinatoria.
Se da una parte, invero, l'obbligatorietà di corrispondere le
retribuzioni si fonda, secondo l'enunciato della ridetta Cass. n.
2925 del 1988, «sulla riaffermata vigenza della lex contractus
e sull'ininterrotta continuità del rapporto di lavoro, con la cor
relativa equiparazione, all'effettiva utilizzazione delle energie la
vorative del dipendente, dalla mera utilizzabilità di esse, in rela
zione alla disponibilità del lavoratore, ove richiesto, a riprende re servizio», donde si ha l'irripetibilità delle retribuzioni riscosse, maturate sino alla sentenza dichiarativa della legittimità del li
cenziamento, in riforma della pronuncia che lo aveva ritenuto
illegittimo, dall'altra, per le retribuzioni corrisposte a titolo di
risarcimento del danno valgono i principi ordinari, in base ai
quali, se viene meno il fatto ingiusto — costituito nella specie dal licenziamento illegittimo —, necessariamente viene meno il
danno che di esso è diretta conseguenza.
Ragioni di economia processuale e la non configurabilità, nel
caso, dell'ultrattività, sul punto, della sentenza di primo grado
escludono, peraltro, l'obbligatorietà di un autonomo giudizio
per ottenere la restituzione della somma de qua. Come è stato già osservato, del resto, l'obbligatorietà di un
tale autonomo giudizio sussiste, ai sensi dell'art. 144 disp. att.
c.p.c., soltanto per le domande conseguenti alla cassazione del
la sentenza (v. Cass. 19 gennaio 1987, n. 424, id., Rep. 1987,
voce Rinvio civile, n. 18), di guisa che il giudice di appello con
la sentenza di riforma della decisione di primo grado può con
dannare alla restituzione di quanto percepito dal soccombente
per effetto di tale sentenza provvisoriamente esecutiva, anche
se l'eseguibilità del capo restitutorio della sentenza di appello,
presupponendo il preventivo venir meno degli effetti della sen
tenza riformata, rimane successivamente subordinata alla cessa
zione degli effetti esecutivi di quest'ultimo e, quindi, al passag
gio in giudicato della sentenza di appello, senza che sia necessa
ria una esplicita riserva in tale senso (v. Cass. 6 maggio 1988,
n. 3345). (Omissis) In conclusione, vanno rigettati i primi cinque motivi del ri
corso, mentre deve essere accolto soltanto per quanto di ragio
ne, il sesto motivo, onde, previa cassazione dell'impugnata sen
tenza in relazione a tale motivo parzialmente accolto, la causa
deve essere rinviata ad altro giudice di appello, il quale provve derà a colmare la denunciata lacuna relativa alla suddetta indi
cazione specifica della data di decorrenza degli interessi dovuti
dal ricorrente Magi.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 ot
tobre 1989, n. 8476; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P.M.
Di Renzo (conci, conf.); Imparato (Avv. Giancone) c. Ina
(Aw. De Vita, Punzi). Cassa Trib. Napoli 25 settembre 1985.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione r.c.a. — Liquida
zione coatta amministrativa — Fondo di garanzia — Accor
do sul risarcimento concordato col commissario liquidatore — Mancata trasmissione — Irrilevanza — Termine di paga
mento — Tardività — Interessi moratori (Cod. civ., art. 1224;
1. 24 dicembre 1969 n. 990, assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante della circolazione dei veicoli a
motore e dei natanti, art. 19, 20, 22; d.p.r. 16 gennaio 1981
n. 45, modificazioni al regolamento sull'assicurazione ob
li Foro Italiano — 1991.
bligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazio
ne dei veicoli a motore e dei natanti, approvato con d.p.r. 24 novembre 1970 n. 973, art. 12, 17, 22).
Il fondo di garanzia per le vittime della strada è tenuto a pagare il risarcimento, concordato fra il danneggiato ed il commissa
rio liquidatore di un'impresa assicuratrice della responsabilità civile auto posta in liquidazione coatta amministrativa, entro
il termine di quindici giorni, anche in mancanza della tras
missione dell'atto di liquidazione; decorso inutilmente tale ter
mine, sono dovuti anche gli interessi moratori. (1)
(1) In giurisprudenza, v., da ultimo, Cass. 24 ottobre 1987, n. 7833 e 30 luglio 1987, n. 6587, Foro it., 1988, I, 88.
Le sezioni unite, chiamate a pronunciarsi sulla controversa questione dei rapporti fra impresa posta in liquidazione coatta amministrativa, fondo di garanzia e danneggiato, offrono una soluzione equa, mossa
dall'intento di tutelare il «soggetto debole» della controversia (in con
formità, peraltro, a quanto finora emerso nella giurisprudenza preva
lente), senza dimenticare di concedere un minimo ambito di manovra
(«tempo tecnico») per l'intervento della liquidazione da parte del fondo. Per la verità, la giurisprudenza delle sezioni semplici del Supremo
collegio non si discostava, fino ad ora, da un «corpo comune» che
la sentenza in epigrafe, diligentemente, ricorda: unico soggetto obbliga to, il fondo; diretta efficacia, nella sfera del fondo, dell'operato del
commissario liquidatore e dell'impresa cessionaria (anche se, come ve
dremo, qualche differenza si coglie nella configurazione del rapporto); irrilevanza degli elementi della trasmissione dell'accordo e del controllo formale (anzi, del controllo sic et simpliciter) ai fini della liquidazione; nessun onere di collaborazione del danneggiato, che versa nella stessa
posizione del beneficiario del risarcimento da assicurazione obbligatoria. Un primo punto su cui è dato riscontrare, nella precedente giurispru
denza, una diversità di impostazione è quello della configurazione giu ridica del rapporto fra impresa cessionaria (o commissario liquidatore) e l'Ina quale gestore del fondo di garanzia. Infatti, in alcune sentenze
tale rapporto veniva qualificato quale rappresentanza necessaria ex le
ge. Tesi alla quale aderiscono anche le sezioni unite nella sentenza in
epigrafe, nonostante i tentativi, di volta in volta prospettati dalle difese
dell'Ina, di ricostruirlo come mandato senza rappresentanza o rapporto sui generis di mandato (tentativi impietosamente demoliti dalla Supre ma corte con dovizia di argomentazioni — la reale sostituzione nell'at
tività, l'automatica produzione di effetti nella sfera patrimonaile del
fondo ecc. —: v. sent. 9 agosto 1983, n. 5315, id., 1983, I, 2753; 11
febbraio 1985, n. 1127, id., Rep. 1985, voce Assicurazione (contratto), n. 196, nonché Cass. 7833/87 e 6587/87, cit.). Altre pronunzie, invece, rifiutano questa interpretazione: v. Cass. 23 maggio 1986, n. 3460, id.,
1986, I, 2142; 8 giugno 1988, n. 3891, id., Rep. 1988, voce cit., n.
244, che, peraltro, schivano lo sforzo ricostruttivo e si limitano a soste
nere l'inconfigurabilità della rappresentanza.
Questa divaricazione, comunque, non incide sulle conclusioni, che
unanimemente escludono la possibilità, da parte dell'Ina, di addurre
l'insussistenza della propria responsabilità in seguito alla mancata tra
smissione dell'accordo risarcitorio. Le sezioni unite, come si è detto, sposano la prima tesi (prevalente),
evincendo i surricordati elementi caratterizzanti (sostituzione nell'attivi
tà e automaticità degli effetti) dalla disciplina complessiva dettata in
materia per regolare il rapporto fra commissario liquidatore o impresa cessionaria, da un lato, e l'Ina nella già menzionata qualità, dall'altro.
Il punto sul quale, invece, il dissenso finora emerso in materia com
portava conseguenze discordanti è costituito dall'individuazione del ter
mine entro il quale provvedere alla liquidazione, ovvero del momento
in cui devono farsi decorrere gli interessi nonché dalla qualificazione della natura degli stessi. Secondo una prima tesi, già dal momento del
l'accordo il credito è certo, liquido ed esigibile, per cui decorrono im
mediatamente per il creditore gli interessi corrispettivi (v. Cass. 3460/86,
che, però, tace sulla qualificazione, e 3891/88). Per altri, invece, dato
il particolare meccanismo della liquidazione in questione, non può es
serci contestualità e gli interessi ex art. 1224 c.c. decorrono quando sia trascorso un certo lasso di tempo (v. Cass. 7833/87 e 6587/87), da apprezzarsi in base al parametro della normale eseguibilità (va inci
dentalmente ricordato che la sentenza di merito cassata da Cass. 3460/86, aveva suggerito quarantacinque giorni). La corte opta per la non conte
stualità fra accordo e liquidazione, che intervengono fra soggetti diver
si. Non si basa, però, come suggeriva la precedente giurisprudenza mag
gioritaria, sul ricordato principio di normalità, bensì sull'applicazione estensiva del termine di quindici giorni dall'accettazione del danneggia
to, previsto dall'art. 12 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45 in materia di assi
curazione obbligatoria. Tale articolo può, per identità di ratio, appli carsi anche ai casi di società sottoposta a liquidazione coatta ammini
strativa: non diversamente da quanto è avvenuto per altri principi di
quella legge, non in contrasto con la normativa speciale riguardante il fondo di garanzia. Ciò finché si resta nell'ambito dei sei mesi di
spatium deliberandi previsti dall'art. 8 1. 24 novembre 1978 n. 738. Se
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Imparato Francesco, che aveva
riportato danni in un sinistro stradale cagionato da un'autovet
tura assicurata con la società assicuratrice Sila s.p.a., quando
quest'ultima fu messa in liquidazione coatta amministrativa con
cordò l'ammontare del risarcimento con il commissario liquida tore in lire 250.000; e, dopo avere invano richiesto più volte, nell'arco di diversi mesi, il pagamento di detta somma alla me
desima società, convenne innanzi al Pretore di Napoli l'Ina,
quale ente gestore del fondo di garanzia per le vittime della
strada, formulando nei suoi confronti la medesima domanda.
L'Ina eccepì' che l'atto di liquidazione del danno non gli era
mai stato trasmesso e provvide a chiamare in giudizio detta
società.
La domanda fu accolta dal pretore, il quale ritenne altresì'
nulla una clausola della transazione per cui l'obbligo dell'Ina
di corrispondere la somma liquidata sarebbe diventato operante solo dalla data di ricezione dell'atto transattivo.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza ora in esame del 25
settembre 1985, ha accolto l'appello dell'Ina e ha perciò rigetta to la domanda. Esso ha osservato che in base alle disposizioni del d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, e alla clausola contrattuale
ad esse conforme, effettivamente l'obbligo dell'Ina di provve dere al pagamento della somma concordata veniva ad esistenza
e, comunque, diventava attuale soltanto in seguito al ricevimen
to dell'atto di liquidazione; e poiché questo all'epoca della cita
zione in giudizio non era stato ancora trasmesso, nessuna prete sa poteva vantare il danneggiato nei confronti dell'istituto, che
non era tenuto a rispondere di inadempienze imputabili agli or
gani della liquidazione.
Invece, la società in liquidazione — ha soggiunto la sentenza — si era resa inadempiente all'obbligo di trasmettere tempesti vamente l'atto di liquidazione; e ciò giustificava la sua condan
na al pagamento delle spese dell'intero giudizio. Avverso la sentenza l'Imparato ha proposto ricorso in base
a due motivi, illustrati con memoria. Resiste l'Ina con controri
corso. La Sile non ha presentato difese.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun
ciando la violazione degli art. 17, 18 e 22 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, il ricorrente critica la sentenza impugnata per avere
affermato che, in forza delle norme suddette e della clausola
contenuta nell'atto di liquidazione, l'Ina non poteva conside
rarsi obbligato al pagamento della somma determinata con l'at
to medesimo prima della sua ricezione, la quale nella specie era avvenuta dopo la notifica della citazione introduttiva del
giudizio il primo grado. Sostiene che l'obbligo dell'Ina, quale ente gestore del fondo di garanzia per le vittime della strada, diventa liquida ed esigibile per effetto dell'accordo intervenuto
con il commissario liquidatore o con l'impresa cessionaria, e
che responsabile del mancato o ritardato pagamento è sempre
invece si supera tale termine senza addivenire ad un accordo, gli interes si decorrono allo scadere del sesto mese perché da quel momento l'im
presa cessionaria è già in mora. La Suprema corte, infine, risolve anche il problema della natura degli interessi, affermando che, decorso il ter mine di quindici giorni sopra citato, il fondo è in mora ex re, si che al danneggiato spetteranno gli interessi ex art. 1224 c.c.
Sul punto, tranne che per i pochi casi di ricorso all'art. 1282 c.c.
già citati, la giurisprudenza è costante. Si veda, fra le altre, la pronun cia delle sezioni unite che risolse il problema del superamento del massi male di polizza: Cass. 29 luglio 1983, n. 5218, id., 1983, I, 2389, con nota di Pardolesi, e, più di recente, Cass. 25 agosto 1989, n. 3789, id., Rep. 1989, voce cit., n. 164 e 21 luglio 1989, n. 3468, ibid., n. 155.
Sulla legittimazione passiva dell'Ina nella qualità di gestore del fondo di garanzia e, perciò, di unico titolare del debito risarcitorio e soggetto passivo dell'azione esecutiva, cfr., da ultimo, Cass. 29 maggio 1990, n. 5044, id., Mass., 657.
La natura risarcitoria della prestazione del fondo di garanzia è stata di recente confermata da Corte cost. 18 dicembre 1987, n. 560, id., 1989, I, 583 (oggetto di numerosi commenti dottrinari: G. Giannini, L'art. 21, 1° comma, l. 990/69, dopo la sentenza 560/87 della Corte costituzionale, in Dir. e pratica assic., 1988, 3; A. Kohler, Ancora sulla natura giuridica delle prestazioni del fondo di garanzia per le vitti me della strada: ma la disputa non è finita, in Assicurazioni , 1988, II, 2, 4; D. Roversi, Pirati della strada, fondo di garanzia, risarcimen to del danno, in Nuove leggi civ., 1988, 504; E. Zerella, La natura risarcitoria del fondo di garanzia, in Rass. dir. civ., 1988, 942).
Sull'equiparazione del fondo di garanzia all'assicuratore in ordine al
l'obbligazione degli interessi ex art. 1224 c.c., v. Cass. 5 luglio 1989, n. 3207, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 140.
li Foro Italiano — 1991.
l'istituto, il quale deve considerarsi in mora da quella data an
che quando non abbia ricevuto l'atto transattivo, posto che le
disfunzioni del particolare meccanismo liquidatorio non posso no ritorcersi in danno del creditore. In caso contrario la norma
tiva dovrebbe considerarsi illegittima per violazione degli art.
3 e 24 Cost., in quanto darebbe luogo ad un'evidente disparità della posizione delle parti nell'ambito del rapporto obbligato
rio, per essere l'adempimento rimesso, in pratica, alla volontà
del debitore.
La censura è fondata nei sensi che qui vengono precisati. L'art. 19 1. 24 dicembre 1969 n. 990 (istitutiva del fondo di
garanzia per le vittime della strada), il quale dispone in via ge nerale che la liquidazione dei danni, nei limiti indicati dal 2° comma, è effettuata dall'impresa designata a norma del succes
sivo art. 20, riceve parziale deroga nelle ipotesi in cui l'impresa di assicurazione sia posta in liquidazione coatta amministrativa,
giacché il compito di provvedere alla liquidazione è demandato
al commissario liquidatore all'uopo autorizzato (art. 9 d.l. 23
dicembre 1976 n. 857, convertito nella 1. 26 febbraio 1977 n.
39) ovvero all'impresa cessionaria, in caso di trasferimento ad
altra impresa assicuratrice del portafoglio di quella in liquida zione coatta (art. 4 d.l. 26 settembre 1978 n. 576, convertito
nella 1. 24 novembre 1978 n. 738). Nello svolgimento di tale compito sia il commissario liquida
tore che l'impresa cessionaria agiscono — come si legge in dette
norme — «per conto» del fondo di garanzia (cioè dell'Ina, che
lo gestisce) e, qualora raggiungano un accordo con il creditore - danneggiato sulla somma da liquidare per il risarcimento dei
danni, debbono trasmettere l'atto di liquidazione all'Ina, che
deve provvedere al pagamento. Questo procedimento è stato pre cisamente disciplinato dagli art. 17, 18 e 22 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, nel senso che il commissario o l'impresa cessionaria
accerta l'esistenza e la risarcibilità dei danni, ne determina l'am
montare e trasmette l'atto di liquidazione, sottoscritto anche
dal danneggiato, all'ente gestore del fondo; il quale provvede al pagamento della somma ivi indicata mediante vaglia postale o assegno ovvero accreditando la somma dovuta sul conto cor
rente bancario o postale del creditore.
La legge non prevede, invece, il termine entro il quale l'Ina
deve effettuare il pagamento, né regola specificamente le ipotesi di mancato o ritardato pagamento, neppure se questi eventi sia
no riferibili a colpa del commissario o dell'impresa cessionaria, che non trasmettano tempestivamente l'atto di liquidazione sot
toscritto dal creditore (evenienza abbastanza frequente, a giudi care dal contenzioso al riguardo).
La problematica che sotto tali profili suscita il delineato con
testo normativo risulta affrontata in diverse sentenze rese da
questa corte (a sezione semplice) con riguardo alla pretesa dei
danneggiati di ottenere sulle somme concordate e non pagate, o pagate in ritardo, gli interessi legali per il periodo dalla data della liquidazione a quella dell'erogazione da parte dell'Ina
gestione del fondo; e le conclusioni cui esse sono pervenute non sono univoche.
Alcune pronunce, muovendo dalla premessa che il debito del fondo diviene certo, liquido ed esigibile già con l'accordo tran
sattivo, affermano che da quel momento decorrono a favore
del creditore interessi corrispettivi, ex art. 1282 c.c. (v. sent,
n. 3891 del 1988, Foro it., Rep. 1988, voce Assicurazione (con
tratto), n. 244 e n. 3460 del 1986, id., 1986, I, 2142; quest'ulti ma però, fa decorrere gli interessi da un momento successivo).
Altre sentenze, invece, ritengono che il particolare meccani
smo liquidatorio previsto dalla legge esclude la contemporanei tà fra sottoscrizione dell'accordo ed erogazione della somma
dovuta, sicché questa diventa esigibile soltanto dopo un certo
tempo; ma non è necessario ricorrere al giudice, ai sensi del
l'art. 1183 c.c., per far fissare il termine entro cui l'accordo
risarcitorio debba ricevere concreta attuazione, giacché tale ter
mine può essere dedotto per implicito con riferimento alle nor
mali finalità del rapporto, con la conseguenza che sussiste ina
dempimento colpevole, generatore dell'obbligazione di danni ex
art. 1224 c.c., allorché sia trascorso un lasso di tempo normal mente richiesto per l'eseguibilità della prestazione (sent. n. 6587 e 7833 del 1987, id., 1988, I, 88).
Per comporre il contrasto ora delineato le sezioni unite sono
state chiamate a decidere il presente ricorso, nel quale il proble ma si ripropone nei termini più radicali, giacché alla data della
pronuncia di primo grado l'Ina non aveva ancora corrisposto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
al danneggiato l'importo concordato con il commissario liqui
datore, non avendo quest'ultimo provveduto a trasmettere l'at
to di liquidazione. 2. - Le sentenze suddette muovono dalla comune premessa,
la cui esattezza è incontestabile, che nelle fattisepcie in esame
unico soggetto obbligato al pagamento dell'indennizzo al dan
neggiato è il fondo di garanzia e che, pertanto, l'intervento del
commissario liquidatore o dell'impresa cessionaria è funzionale
all'adempimento di tale obbligazione, senza generare un diretto
vincolo di detti soggetti nei confronti del medesimo danneggia to. Si tratta, cioè, di un particolare procedimento di accerta
mento e di definizione stragiudiziale del danno che è svolto per conto e nell'interesse del fondo, nell'ambito dell'obbligazione di quest'ultimo; rispetto al quale, quindi, l'accordo liquidatorio si risolve, in pratica, in una modalità di determinazione della
prestazione dovuta.
Nella giurisprudenza di questa corte — formatasi soprattutto in tema di legittimazione passiva del liquidatore o dell'impresa cessionaria all'azione risarcitoria del terzo danneggiato — pre vale nettamente l'indirizzo secondo cui il rapporto fra i primi e il fondo si inquadra nello schema della rappresentanza neces
saria ex lege — anche nella fase stragiudiziale che qui si consi
dera. È stato esattamente osservato che la normativa innanzi
riferita evidenzia sia la sostituzione del liquidatore o dell'impre sa cessionaria all'Ina nell'esercizio del potere gestorio e disposi tivo dei confronti del danneggiato; sia l'automatica produzione
degli effetti di detta attività nella sfera patrimoniale del medesi
mo istituto (v., fra altre, la sent. n. 6587 del 1987, cit.). A quest'ultimo riguardo è sufficiente sottolineare che la legge
si limita a sancire l'obbligo dell'Ina di provvedere al pagamento della somma liquidata nell'accordo stipulato con il danneggia
to, senza prevedere un'ulteriore manifestazione di volontà a ca
rattere dispositivo da parte del primo; e conseguentemente può
essergli riconosciuto un potere di verifica della regolarità dei
presupposti soggettivi e degli aspetti formali dell'atto transatti
vo, mentre deve escludersi che sia abilitato ad effettuare un con
trollo di merito in ordine all'art e al quantum dell'indennizzo.
Il quale controllo, del resto, sarebbe per un verso inutile, ap
punto perché la determinazione dell'ammontare del danno è nor
malmente frutto di un accordo transattivo con il danneggiato, e per un altro verso impossibile, perché la legge prevede la tras
missione al fondo del solo atto di liquidazione e non dei docu
menti relativi agli elementi posti a base della liquidazione. Stabilito cosi che l'accordo liquidatorio è stipulato dal com
missario o dall'impresa cessionaria in rappresentanza e nell'am
bito dell'obbligazione dell'Ina, nei cui confronti spiega diretta
ed immediata efficacia, risulta priva di fondamento l'opinione che differisce l'esigibilità del credito al ricevimento dell'accordo
da parte dell'istituto ed esclude che prima di quel momento es
so possa essere ritenuto responsabile dell'omesso o ritardato pa
gamento dell'indennizzo concordato.
In realtà, secondo quanto dispongono gli art. 4 1. n. 738 del
1978 e 22 d.p.r. n. 45 del 1981, in seguito all'accordo la presta zione che l'Ina è tenuta ad adempiere è ormai certa, liquida ed esigibile (salvo un certo tempo tecnico per l'adempimento, come si dirà); e conseguentemente i ritardi e le omissioni in
cui incorra il commissario liquidatore o l'impresa cessionaria, che ometta di trasmettere o non trasmetta tempestivamente l'at
to di liquidazione, non può che far carico al fondo, al pari di ogni disguido o intralcio nei rapporti interni fra detti soggetti
oppure nello svolgimento della procedura di pagamento del de
bito, che in nessun caso possono risolversi in pregiudizio del
danneggiato-creditore, nei cui confronti non si configura alcun
onere di collaborazione.
E ciò in conformità alle finalità della legge, la quale è diretta
a porre il danneggiato, nelle fattispecie in oggetto, nella stessa
condizione di ogni altro beneficiario dell'assicurazione obbliga toria (com'è stato ribadito di recente dalla Corte costituzionale,
la quale ha attribuito, anzi, natura risarcitoria, e non già inden
nitaria, alla prestazione garantita dal fondo). 3. - Nondimeno, ai fini della responsabilità dell'Ina per il
ritardo nell'adempimento, e, dunque, dell'obbligo di corrispon dere gli interessi sulla somma concordata, occorre considerare
che il particolare meccanismo di pagamento previsto dalla legge non consente la contemporaneità tra sottoscrizione dell'accordo
ed erogazione della somma dovuta. E appunto per questa ra
gione alcune delle sentenze innanzi richiamate hanno affermato
Il Foro Italiano — 1991.
che detto obbligo sorge quando il ritardo nell'adempimento su
peri i limiti di tempo normalmente necessari per la trasmissione
dell'atto di liquidazione all'Ina e il materiale pagamento; e ciò
in base al principio che, quando la prestazione richieda per le
sue modalità un certo tempo per poter essere eseguita (di modo
che l'obbligazione non possa essere adempiuta immediatamen
te) e le parti non abbiano determinato un termine, non occorre
necessariamente adire il giudice ex art. 1183 c.c., ma è suffi
ciente, affinché possa ravvisarsi responsabilità da inesatto adem
pimento, che il ritardo del debitore nell'adempiere ecceda i li
miti segnati dalla normale eseguibilità della prestazione. Sennonché non è necessario far capo a questo principio, in
quanto nella stessa 1. n. 45 del 1981 si rinviene la norma che
è idonea a regolare, anche sotto il profilo suddetto, la responsa bilità dell'Ina.
Al riguardo vanno ricordati i principi enunciati in via princi
pale da questa corte in materia di assicurazione obbligatoria, cioè: a) la responsabilità dell'assicuratore è autonoma e deriva
direttamente dalla legge, anche se non può essere fatta valere
in giudizio dal danneggiato se non decorso lo spatium delibe
randi previsto dall'art. 22, 1° comma, 1. n. 990 del 1969 (ses santa giorni); b) il debito dell'assicuratore è un debito di valuta, ma la richiesta ex art. 22 vale come atto di costituzione in mora
che opera ex lege dal sessantesimo giorno successivo all'intima
zione; c) pertanto, ove la liquidazione intervenga dopo la sca
denza di questo termine, sulle somme liquidate sono dovuti gli interessi e la svalutazione monetaria pur se cosi viene ad essere
superato il limite del massimale, poiché tali incrementi trovano
causa distinta e autonoma nel comportamento colposo dell'im
presa; d) una volta effettuata la liquidazione, il pagamento del
la somma offerta al danneggiato e da questo accettata deve av
venire entro quindici giorni dalla comunicazione di detta accet
tazione del danneggiato (art. 3, 3° comma, d.l. n. 857 del 1976, convertito nella 1. n. 39 del 1977; art. 12 d.p.r. 16 gennaio 1981
n. 45) con la conseguenza che la scadenza di tale termine com
porta l'obbligo di corrispondere gli interessi e il maggior danno
(v. sent. n. 9 del 1987, id., 1987, I, 791). Ora, i principi sub a), ti) e c) sono stati più volte ritenuti
applicabili da questa corte anche alle fattispecie in cui nell'ob
bligo risarcitorio subentri il fondo, in particolare il risarcimento
sia dovuto da un'impresa che si trovi in liquidazione coatta am
ministrativa (sent. nn. 775 e 1308 del 1989, id., Rep. 1989, voce
cit., nn. 166, 167). Per quanto ora interessa, si è esattamente
osservato che la natura speciale della normativa in materia di
risarcimento dovuto dal fondo non comporta una diversità di
posizione dello stesso rispetto a qualsiasi assicuratore in ordine
alla disciplina di cui all'art. 1224 c.c. (sent. n. 3207 del 1989,
ibid., n. 140); al riguardo occorre solo ricordare che, ai sensi
dell'art. 8 1. n. 738 del 1978, lo spatium deliberandi è stato
portato da sessanta giorni a sei mesi, con la precisazione che,
qualora la procedura di liquidazione coatta inizi quando già la richiesta sia stata inoltrata all'impresa in bonis, per poter
agire giudizialmente tale richiesta deve essere rinnovata al com
missario o all'impresa cessionaria.
Ciò posto, non v'è ragione per non ritenere applicabile nella
fattispecie in esame anche l'art. 12, che stabilisce il termine di
quindici giorni per il pagamento della somma concordata. La
disposizione, inserita nella stessa 1. n. 45 del 1981, non è espres samente o implicitamente derogata dalla normativa speciale ri
guardante il fondo di garanzia; e la sua applicazione in via esten
siva è pienamente giustificata dall'anzidetta necessaria scissione
temporale tra la sottoscrizione dell'accordo e il pagamento. Da ciò derivano le seguenti conseguenze in ordine all'obbligo
degli interessi: se la liquidazione interviene dopo sei mesi dalla
richiesta ex art. 22, quando, cioè, l'impresa cessionaria e per esso il fondo sia già in mora, sulle somme liquidate continuano
a decorrere interessi fino al pagamento; se la liquidazione inter
viene prima di sei mesi dalla richiesta l'impresa designata dal
fondo può considerarsi in mora (ex re) solo dopo la scadenza
del termine di quindici giorni dalla sottoscrizione dell'atto di
liquidazione, con la conseguenza che, una volta decorso tale
termine, sono in ogni caso dovuti gli interessi moratori e l'even
tuale svalutazione.
Il Tribunale di Napoli, muovendo dall'errata premessa che
l'obbligo dell'Ina di provvedere al pagamento sorga solo per
effetto del ricevimento dell'atto transattivo, ha interpretato allo
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PARTE PRIMA
stesso modo la clausola contrattuale e ha negato in radice, quindi, che sulla somma liquidata fossero dovuti gli interessi.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rin
vio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione dello
stesso tribunale, la quale procederà a nuovo esame della con
troversia attenendosi al seguente principio di diritto:
«In caso di liquidazione coatta amministrativa di un'impresa assicuratrice della r.c.a., l'accordo intervenuto fra il danneggia to e il commissario liquidatore o l'impresa cessionaria in ordine
all'ammontare del danno, ai sensi degli art. 17 e 22 d.p.r. 16
gennaio 1981 n. 45, produce immediatamente effetto nei con
fronti dell'Ina, ente gestore del fondo di garanzia per le vittime
della strada, il quale è tenuto al pagamento della somma liqui data nel termine di quindici giorni dalla data dell'accordo me
desimo, ai sensi dell'art. 12 di detta legge, estensivamente appli cabile alla fattispecie. Pertanto, trascorso tale termine, sono do
vuti dall'Ina gli interessi moratori ex art. 1224 c.c., senza che
in contrario abbia rilievo la mancata trasmissione dell'atto di
liquidazione da parte del commissario liquidatore o dell'impre sa cessionaria».
I
CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 18 gennaio 1991; Pres. De Pasquale, Est. Ceccherini; Pollazzi (Avv. Rosso) c. Appiotti (Avv. Pistolesi).
CORTE D'APPELLO DI MILANO; TI n.n«T,..T. riT,««TTT-T,
Matrimonio — Divorzio — Assegno — Attribuzione e quantifi cazione — Criteri (L. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei
casi di scioglimento del matrimonio, art. 5; 1. 6 marzo 1987
n. 74, nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, art. 10).
Matrimonio — Divorzio — Figli minori — Mantenimento —
Soggiorni presso il genitore non affidatario — Assegno men
sile al coniuge affidatario — Obbligo di corresponsione —
Sospensione (L. 1° dicembre 1970 n. 898, art. 6; 1. 6 marzo
1987 n. 74, art. 11).
Per l'attribuzione dell'assegno di divorzio, l'espressione «mezzi
adeguati», adoperata nell'art. 5 l. 898/70 quale novellato ai
sensi dell'art. 10 I. 74/87, è da riferire al tenore di vita matri
moniale, dovendosi, quindi, valorizzare, a tal fine, l'eventua
le riconoscimento di un assegno di mantenimento in sede di
separazione personale, ove non osti la ricorrenza di criteri
diversi od un'apprezzabile modificazione nel rapporto tra le
condizioni economiche delle parti verificatasi nel frattempo. (1) È giustificata l'interruzione dell'erogazione dell'assegno mensile
di mantenimento, corrisposto per il figlio minore da uno dei
genitori a quello affidatario, solo per i periodi di durata su
periore al mese in cui il minore stesso soggiorni presso il geni tore tenuto a tale erogazione. (2)
II
TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 31 gennaio 1991; Pres.
Scalzo, Est. R. Russo; Grasso (Avv. Monaco Crea, Tafu
ri) c. Musmeci (Avv. Filetti).
Matrimonio — Divorzio — Assegno — Attribuzione e quantifi cazione — Criteri (L. 1° dicembre 1970 n. 898, art. 5; 1. 6
marzo 1987 n. 74, art. 10).
Nonostante l'esistenza di uno squilibrio economico tra le parti, al riconoscimento di un assegno al divorziato, peraltro titola
re di sostanze e di redditi tali da consentirgli una vita serena, ostano l'irrisoria durata dell'effettiva convivenza coniugale, le ragioni della decisione e la constatata carenza di una reale
comunione di vita. (3)
(1, 3) Le due sentenze rivestono un indubbio interesse, in quanto rappresentano talune tra le prime testimonianze del modo in cui la giu risprudenza di merito ha recepito i principi enunciati, in materia di at
II Foro Italiano — 1991.
I
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Mi
lano, notificato il 23 novembre 1988, il signor Manlio Camillo
Appiotti, premesso che il 4 aprile 1970 in Milano aveva sposato la signora Anna Gabriella Vittoria Pollazzi, e che i coniugi era
no legalmente separati, chiedeva che fossero dichiarati cessati
gli effetti civili del matrimonio. Esauriti gli adempimenti di ri
tribuzione e quantificazione dell'assegno di divorzio (ai sensi dell'art.
5 1. 898/70 quale novellato dall'art. 10 1. 74/87), dalle sezioni unite
(cfr. Cass., sez. un., 29 novembre 1990, n. 11490, Foro it., 1991, I,
67, con note di E. Quadri, Assegno di divorzio: la mediazione delle
sezioni unite, e V. Carbone, «Urteildàmmerung»: una decisione crepu scolare (sull'assegno di divorzio), alle quali si rinvia per gli opportuni riferimenti di giurisprudenza e dottrina sulla controversa problematica), in sede di composizione del contrasto tra gli esiti di Cass. 17 marzo
1989, n. 1322, id., 1989, I, 2512 (seguita da Cass. 4 aprile 1990, n.
2799, id., 1990, I, 2533) e quelli di Cass. 2 marzo 1990, n. 1652, ibid., 1165.
Da esse emerge come la direttiva delle sezioni unite, programmatica mente rivolta ad un'interpretazione del nuovo art. 5, 6° comma, 1. div., nel senso di offrire «una duttile risposta a tutti i vari modelli concreti
di matrimonio», al di là di ogni possibile rilievo critico per la discrezio
nalità che indubbiamente finisce col riconoscre al giudice in materia
di attribuzione e quantificazione dell'assegno di divorzio, sia atta ad
ispirare decisioni certamente conformi ad una sostanziale giustizia (obiet
tivo, questo, sicuramente da privilegiare in un settore che vede toccati
i più delicati interessi dei soggetti coinvolti nella crisi definitiva del ma
trimonio). E ciò proprio per l'adeguata rilevanza dalle sezioni unite
conferita, di contro all'unilateralità e rigidità dei criteri di giudizio pro
spettati nelle precedenti prese di posizione della prima sezione della Cas
sazione, ai diversi elementi di valutazione (contemplati nella citata di
sposizione) della situazione dei coniugi, estranei, da una parte, al mero
squilibrio economico rispetto al tenore di vita matrimoniale e, dall'al
tra, alla semplice titolarità di mezzi comunque idonei a liberare il divor
ziato dal bisogno. Cosi, nella decisione della Corte d'appello di Milano, risulta evidente
come sull'attribuzione dell'assegno a favore della moglie abbiano in
fluito, oltre che il notevole squilibrio economico tra gli ex coniugi, la
lunga durata della convivenza matrimoniale, l'assenza di elementi di
responsabilità a suo carico per la disgregazione del matrimonio e, so
prattutto, il criterio compensativo, in considerazione della dedizione di
mostrata (con le conseguenti rinunce a possibili affermazioni in campo
professionale prima e dopo la separazione personale) alla cura di un
figlio affetto da una grave malattia inabilitante (criterio, quest'ultimo, che avrebbe addirittura potuto — secondo quanto è dato cogliere tra
le righe della motivazione dei giudici milanesi — giocare nel senso di
una quantificazione dell'assegno anche più generosa di quella richiesta
dall'interessata). Nella decisione del Tribunale di Catania, poi, lo squilibrio patrimo
niale sembra passare decisamente in secondo piano, non tanto in consi
derazione del risultare la richiedente comunque provvista di non scarsi mezzi economici, quanto per la constatazione del non essere il matri
monio, per la brevità della convivenza ed i dissapori immediatamente insorti tra i coniugi, sfociato in quella «vera comunione di vita e di
interessi», alla cui effettiva realizzazione (e consolidamento) le sezioni unite hanno, a ragione, inteso ricollegare qualsiasi tutela di aspettative
patrimoniali dell'ex coniuge. (2) La soluzione prospettata si ricollega strettamente al principio enun
ciato da Cass. 13 dicembre 1988, n. 6786, Foro it., Rep. 1989, voce
Separazione di coniugi, n. 26, per esteso in Giust. civ., 1989, I, 2131. È da rilevare, al riguardo, come la regola emergente dalla motivazione di tale ultima interessante decisione risulti assai più articolata di quanto
appaia dalla relativa massima ufficiale. Vi si precisa, infatti, che l'ob
bligo di corresponsione resta sospeso nel caso in cui il coniuge obbliga to provveda direttamente alle necessità del figlio, unicamente, però, ove ciò avvenga «per un periodo di tempo pari a quello cui è commisurato
l'assegno» solo se la misura mensile dell'assegno non risulti «in modo
espresso» costituire «il frazionamento di una somma determinata per l'arco dell'intero anno» (direttive, quindi, che risultano essere state re
cepite implicitamente dalla corte milanese). Anche per quanto riguarda la sopportazione delle spese fisse, da cui l'affidatario resta ovviamente
gravato pure nei periodi di soggiorno del figlio presso l'altro genitore, la sentenza in epigrafe accoglie implicitamente, non riconoscendo nulla
(a differenza di quanto proposto dal procuratore generale mediante l'e ventuale applicazione di un criterio percentuale) a tale titolo all'affida
tario, il punto di vista (sulla generalizzabilità del quale, a prescindere, cioè, da un'adeguata valutazione delle circostanze concrete, sembra le cito esprimere riserve) della Cassazione, secondo cui «nei periodi di
tempo in questione, il coniuge esonerato temporaneamente dal carico del mantenimento deve concorrere a quest'ultimo provvedendo, appun to, all'effettuazione di quei pagamenti». [E. Quadri]
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ERRATA CORRIGE
A colonna 337 della parte quarta, in calce all'articolo di E. Cannizzaro è stata omessa la seguente avvertenza: «Il presente lavoro è un anticipo della ricerca finan ziata dal Cnr sul tema: La predisposizione normativa ed organizzativa dell'integra zione dei mercato unico europeo negli ordinamenti interni della Cee, promossa dal Cesifin (Centro per lo studio delle istituzioni finanziarie), diretta dal prof. A. Pre dieri. (Contratto n. 89.01169.26)».
A colonna 690 della parte prima, la data della sentenza n. 467 della Corte costituzio nale è 16 ottobre 1990 e non 13 ottobre 1990.
A colonna 893 della parte prima, l'anno della sentenza della Corte di cassazione è 1990 e non 1989.
A colonna 1313 della parte prima, il numero dell'ordinanza della Corte costituziona le del 15 maggio 1990 è 254 e non 250.
A colonna 2154 della parte prima, l'estensore della sentenza della Corte di cassazio ne è V. Proto e non E. Lupo.
A colonna 2320 della parte prima, nel testo della sentenza della Corte costituzionale, all'ultimo rigo, dopo il punto si deve leggere: «Con il mettere in discussione la
possibilità di operare tale riduzione per una certa categoria di delitti, viene necessa riamente messa in discussione anche la possibilità di avvalersi di quel procedimento speciale».
A colonna 2444 della parte prima, il titolo della osservazione di C.M. Barone va così integrato: «Ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria e giudizio di oppo sizione».
A colonna 3000 della parte prima, la data della sentenza della Corte costituzionale è 6 febbraio 1991 e non 28 gennaio 1991.
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