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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre...

Date post: 31-Jan-2017
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sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre 1989, n. 8476; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Imparato (Avv. Giancone) c. Ina (Avv. De Vita, Punzi). Cassa Trib. Napoli 25 settembre 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 893/894-899/900 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185355 . Accessed: 24/06/2014 20:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Tue, 24 Jun 2014 20:37:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre 1989, n. 8476; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P.M. DiRenzo (concl. conf.); Imparato (Avv. Giancone) c. Ina (Avv. De Vita, Punzi). Cassa Trib. Napoli25 settembre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 893/894-899/900Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185355 .

Accessed: 24/06/2014 20:37

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

favore del lavoratore il cui licenziamento risulti invalido od inef

ficace (sulla misura non inferiore a cinque mensilità di retribu

zione), ha, infatti, carattere autonomo, rispetto alla tutela co

siddetta ripristinatoria, in quanto configura, a carico del datore

di lavoro, una sanzione non derivante dall'ordine di reintegra zione sul posto di lavoro, bensì direttamente discendente dalla

detta invalidità od inefficacia del licenziamento, onde siffatto

risarcimento è dovuto anche al dipendente illegittimamente li

cenziato che non voglia o non possa chiedere la reintegrazione nel posto di lavoro oltreché nell'ipotesi in cui sia sopravvenuta revoca del licenziamento e riammissione al lavoro (v. Cass., sez.

un., 23 aprile 1987, n. 3957, id., 1987, I, 2059). Ne consegue che la questione degli effetti della sopraggiunta

inefficacia del provvedimento pretorile a seguito dell'accertata

legittimità del licenziamento, non può avere identica soluzione, stante l'autonomia delle due tutele, risarcitoria e ripristinatoria.

Se da una parte, invero, l'obbligatorietà di corrispondere le

retribuzioni si fonda, secondo l'enunciato della ridetta Cass. n.

2925 del 1988, «sulla riaffermata vigenza della lex contractus

e sull'ininterrotta continuità del rapporto di lavoro, con la cor

relativa equiparazione, all'effettiva utilizzazione delle energie la

vorative del dipendente, dalla mera utilizzabilità di esse, in rela

zione alla disponibilità del lavoratore, ove richiesto, a riprende re servizio», donde si ha l'irripetibilità delle retribuzioni riscosse, maturate sino alla sentenza dichiarativa della legittimità del li

cenziamento, in riforma della pronuncia che lo aveva ritenuto

illegittimo, dall'altra, per le retribuzioni corrisposte a titolo di

risarcimento del danno valgono i principi ordinari, in base ai

quali, se viene meno il fatto ingiusto — costituito nella specie dal licenziamento illegittimo —, necessariamente viene meno il

danno che di esso è diretta conseguenza.

Ragioni di economia processuale e la non configurabilità, nel

caso, dell'ultrattività, sul punto, della sentenza di primo grado

escludono, peraltro, l'obbligatorietà di un autonomo giudizio

per ottenere la restituzione della somma de qua. Come è stato già osservato, del resto, l'obbligatorietà di un

tale autonomo giudizio sussiste, ai sensi dell'art. 144 disp. att.

c.p.c., soltanto per le domande conseguenti alla cassazione del

la sentenza (v. Cass. 19 gennaio 1987, n. 424, id., Rep. 1987,

voce Rinvio civile, n. 18), di guisa che il giudice di appello con

la sentenza di riforma della decisione di primo grado può con

dannare alla restituzione di quanto percepito dal soccombente

per effetto di tale sentenza provvisoriamente esecutiva, anche

se l'eseguibilità del capo restitutorio della sentenza di appello,

presupponendo il preventivo venir meno degli effetti della sen

tenza riformata, rimane successivamente subordinata alla cessa

zione degli effetti esecutivi di quest'ultimo e, quindi, al passag

gio in giudicato della sentenza di appello, senza che sia necessa

ria una esplicita riserva in tale senso (v. Cass. 6 maggio 1988,

n. 3345). (Omissis) In conclusione, vanno rigettati i primi cinque motivi del ri

corso, mentre deve essere accolto soltanto per quanto di ragio

ne, il sesto motivo, onde, previa cassazione dell'impugnata sen

tenza in relazione a tale motivo parzialmente accolto, la causa

deve essere rinviata ad altro giudice di appello, il quale provve derà a colmare la denunciata lacuna relativa alla suddetta indi

cazione specifica della data di decorrenza degli interessi dovuti

dal ricorrente Magi.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 ot

tobre 1989, n. 8476; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P.M.

Di Renzo (conci, conf.); Imparato (Avv. Giancone) c. Ina

(Aw. De Vita, Punzi). Cassa Trib. Napoli 25 settembre 1985.

Assicurazione (contratto di) — Assicurazione r.c.a. — Liquida

zione coatta amministrativa — Fondo di garanzia — Accor

do sul risarcimento concordato col commissario liquidatore — Mancata trasmissione — Irrilevanza — Termine di paga

mento — Tardività — Interessi moratori (Cod. civ., art. 1224;

1. 24 dicembre 1969 n. 990, assicurazione obbligatoria della

responsabilità civile derivante della circolazione dei veicoli a

motore e dei natanti, art. 19, 20, 22; d.p.r. 16 gennaio 1981

n. 45, modificazioni al regolamento sull'assicurazione ob

li Foro Italiano — 1991.

bligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazio

ne dei veicoli a motore e dei natanti, approvato con d.p.r. 24 novembre 1970 n. 973, art. 12, 17, 22).

Il fondo di garanzia per le vittime della strada è tenuto a pagare il risarcimento, concordato fra il danneggiato ed il commissa

rio liquidatore di un'impresa assicuratrice della responsabilità civile auto posta in liquidazione coatta amministrativa, entro

il termine di quindici giorni, anche in mancanza della tras

missione dell'atto di liquidazione; decorso inutilmente tale ter

mine, sono dovuti anche gli interessi moratori. (1)

(1) In giurisprudenza, v., da ultimo, Cass. 24 ottobre 1987, n. 7833 e 30 luglio 1987, n. 6587, Foro it., 1988, I, 88.

Le sezioni unite, chiamate a pronunciarsi sulla controversa questione dei rapporti fra impresa posta in liquidazione coatta amministrativa, fondo di garanzia e danneggiato, offrono una soluzione equa, mossa

dall'intento di tutelare il «soggetto debole» della controversia (in con

formità, peraltro, a quanto finora emerso nella giurisprudenza preva

lente), senza dimenticare di concedere un minimo ambito di manovra

(«tempo tecnico») per l'intervento della liquidazione da parte del fondo. Per la verità, la giurisprudenza delle sezioni semplici del Supremo

collegio non si discostava, fino ad ora, da un «corpo comune» che

la sentenza in epigrafe, diligentemente, ricorda: unico soggetto obbliga to, il fondo; diretta efficacia, nella sfera del fondo, dell'operato del

commissario liquidatore e dell'impresa cessionaria (anche se, come ve

dremo, qualche differenza si coglie nella configurazione del rapporto); irrilevanza degli elementi della trasmissione dell'accordo e del controllo formale (anzi, del controllo sic et simpliciter) ai fini della liquidazione; nessun onere di collaborazione del danneggiato, che versa nella stessa

posizione del beneficiario del risarcimento da assicurazione obbligatoria. Un primo punto su cui è dato riscontrare, nella precedente giurispru

denza, una diversità di impostazione è quello della configurazione giu ridica del rapporto fra impresa cessionaria (o commissario liquidatore) e l'Ina quale gestore del fondo di garanzia. Infatti, in alcune sentenze

tale rapporto veniva qualificato quale rappresentanza necessaria ex le

ge. Tesi alla quale aderiscono anche le sezioni unite nella sentenza in

epigrafe, nonostante i tentativi, di volta in volta prospettati dalle difese

dell'Ina, di ricostruirlo come mandato senza rappresentanza o rapporto sui generis di mandato (tentativi impietosamente demoliti dalla Supre ma corte con dovizia di argomentazioni — la reale sostituzione nell'at

tività, l'automatica produzione di effetti nella sfera patrimonaile del

fondo ecc. —: v. sent. 9 agosto 1983, n. 5315, id., 1983, I, 2753; 11

febbraio 1985, n. 1127, id., Rep. 1985, voce Assicurazione (contratto), n. 196, nonché Cass. 7833/87 e 6587/87, cit.). Altre pronunzie, invece, rifiutano questa interpretazione: v. Cass. 23 maggio 1986, n. 3460, id.,

1986, I, 2142; 8 giugno 1988, n. 3891, id., Rep. 1988, voce cit., n.

244, che, peraltro, schivano lo sforzo ricostruttivo e si limitano a soste

nere l'inconfigurabilità della rappresentanza.

Questa divaricazione, comunque, non incide sulle conclusioni, che

unanimemente escludono la possibilità, da parte dell'Ina, di addurre

l'insussistenza della propria responsabilità in seguito alla mancata tra

smissione dell'accordo risarcitorio. Le sezioni unite, come si è detto, sposano la prima tesi (prevalente),

evincendo i surricordati elementi caratterizzanti (sostituzione nell'attivi

tà e automaticità degli effetti) dalla disciplina complessiva dettata in

materia per regolare il rapporto fra commissario liquidatore o impresa cessionaria, da un lato, e l'Ina nella già menzionata qualità, dall'altro.

Il punto sul quale, invece, il dissenso finora emerso in materia com

portava conseguenze discordanti è costituito dall'individuazione del ter

mine entro il quale provvedere alla liquidazione, ovvero del momento

in cui devono farsi decorrere gli interessi nonché dalla qualificazione della natura degli stessi. Secondo una prima tesi, già dal momento del

l'accordo il credito è certo, liquido ed esigibile, per cui decorrono im

mediatamente per il creditore gli interessi corrispettivi (v. Cass. 3460/86,

che, però, tace sulla qualificazione, e 3891/88). Per altri, invece, dato

il particolare meccanismo della liquidazione in questione, non può es

serci contestualità e gli interessi ex art. 1224 c.c. decorrono quando sia trascorso un certo lasso di tempo (v. Cass. 7833/87 e 6587/87), da apprezzarsi in base al parametro della normale eseguibilità (va inci

dentalmente ricordato che la sentenza di merito cassata da Cass. 3460/86, aveva suggerito quarantacinque giorni). La corte opta per la non conte

stualità fra accordo e liquidazione, che intervengono fra soggetti diver

si. Non si basa, però, come suggeriva la precedente giurisprudenza mag

gioritaria, sul ricordato principio di normalità, bensì sull'applicazione estensiva del termine di quindici giorni dall'accettazione del danneggia

to, previsto dall'art. 12 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45 in materia di assi

curazione obbligatoria. Tale articolo può, per identità di ratio, appli carsi anche ai casi di società sottoposta a liquidazione coatta ammini

strativa: non diversamente da quanto è avvenuto per altri principi di

quella legge, non in contrasto con la normativa speciale riguardante il fondo di garanzia. Ciò finché si resta nell'ambito dei sei mesi di

spatium deliberandi previsti dall'art. 8 1. 24 novembre 1978 n. 738. Se

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Imparato Francesco, che aveva

riportato danni in un sinistro stradale cagionato da un'autovet

tura assicurata con la società assicuratrice Sila s.p.a., quando

quest'ultima fu messa in liquidazione coatta amministrativa con

cordò l'ammontare del risarcimento con il commissario liquida tore in lire 250.000; e, dopo avere invano richiesto più volte, nell'arco di diversi mesi, il pagamento di detta somma alla me

desima società, convenne innanzi al Pretore di Napoli l'Ina,

quale ente gestore del fondo di garanzia per le vittime della

strada, formulando nei suoi confronti la medesima domanda.

L'Ina eccepì' che l'atto di liquidazione del danno non gli era

mai stato trasmesso e provvide a chiamare in giudizio detta

società.

La domanda fu accolta dal pretore, il quale ritenne altresì'

nulla una clausola della transazione per cui l'obbligo dell'Ina

di corrispondere la somma liquidata sarebbe diventato operante solo dalla data di ricezione dell'atto transattivo.

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza ora in esame del 25

settembre 1985, ha accolto l'appello dell'Ina e ha perciò rigetta to la domanda. Esso ha osservato che in base alle disposizioni del d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, e alla clausola contrattuale

ad esse conforme, effettivamente l'obbligo dell'Ina di provve dere al pagamento della somma concordata veniva ad esistenza

e, comunque, diventava attuale soltanto in seguito al ricevimen

to dell'atto di liquidazione; e poiché questo all'epoca della cita

zione in giudizio non era stato ancora trasmesso, nessuna prete sa poteva vantare il danneggiato nei confronti dell'istituto, che

non era tenuto a rispondere di inadempienze imputabili agli or

gani della liquidazione.

Invece, la società in liquidazione — ha soggiunto la sentenza — si era resa inadempiente all'obbligo di trasmettere tempesti vamente l'atto di liquidazione; e ciò giustificava la sua condan

na al pagamento delle spese dell'intero giudizio. Avverso la sentenza l'Imparato ha proposto ricorso in base

a due motivi, illustrati con memoria. Resiste l'Ina con controri

corso. La Sile non ha presentato difese.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun

ciando la violazione degli art. 17, 18 e 22 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, il ricorrente critica la sentenza impugnata per avere

affermato che, in forza delle norme suddette e della clausola

contenuta nell'atto di liquidazione, l'Ina non poteva conside

rarsi obbligato al pagamento della somma determinata con l'at

to medesimo prima della sua ricezione, la quale nella specie era avvenuta dopo la notifica della citazione introduttiva del

giudizio il primo grado. Sostiene che l'obbligo dell'Ina, quale ente gestore del fondo di garanzia per le vittime della strada, diventa liquida ed esigibile per effetto dell'accordo intervenuto

con il commissario liquidatore o con l'impresa cessionaria, e

che responsabile del mancato o ritardato pagamento è sempre

invece si supera tale termine senza addivenire ad un accordo, gli interes si decorrono allo scadere del sesto mese perché da quel momento l'im

presa cessionaria è già in mora. La Suprema corte, infine, risolve anche il problema della natura degli interessi, affermando che, decorso il ter mine di quindici giorni sopra citato, il fondo è in mora ex re, si che al danneggiato spetteranno gli interessi ex art. 1224 c.c.

Sul punto, tranne che per i pochi casi di ricorso all'art. 1282 c.c.

già citati, la giurisprudenza è costante. Si veda, fra le altre, la pronun cia delle sezioni unite che risolse il problema del superamento del massi male di polizza: Cass. 29 luglio 1983, n. 5218, id., 1983, I, 2389, con nota di Pardolesi, e, più di recente, Cass. 25 agosto 1989, n. 3789, id., Rep. 1989, voce cit., n. 164 e 21 luglio 1989, n. 3468, ibid., n. 155.

Sulla legittimazione passiva dell'Ina nella qualità di gestore del fondo di garanzia e, perciò, di unico titolare del debito risarcitorio e soggetto passivo dell'azione esecutiva, cfr., da ultimo, Cass. 29 maggio 1990, n. 5044, id., Mass., 657.

La natura risarcitoria della prestazione del fondo di garanzia è stata di recente confermata da Corte cost. 18 dicembre 1987, n. 560, id., 1989, I, 583 (oggetto di numerosi commenti dottrinari: G. Giannini, L'art. 21, 1° comma, l. 990/69, dopo la sentenza 560/87 della Corte costituzionale, in Dir. e pratica assic., 1988, 3; A. Kohler, Ancora sulla natura giuridica delle prestazioni del fondo di garanzia per le vitti me della strada: ma la disputa non è finita, in Assicurazioni , 1988, II, 2, 4; D. Roversi, Pirati della strada, fondo di garanzia, risarcimen to del danno, in Nuove leggi civ., 1988, 504; E. Zerella, La natura risarcitoria del fondo di garanzia, in Rass. dir. civ., 1988, 942).

Sull'equiparazione del fondo di garanzia all'assicuratore in ordine al

l'obbligazione degli interessi ex art. 1224 c.c., v. Cass. 5 luglio 1989, n. 3207, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 140.

li Foro Italiano — 1991.

l'istituto, il quale deve considerarsi in mora da quella data an

che quando non abbia ricevuto l'atto transattivo, posto che le

disfunzioni del particolare meccanismo liquidatorio non posso no ritorcersi in danno del creditore. In caso contrario la norma

tiva dovrebbe considerarsi illegittima per violazione degli art.

3 e 24 Cost., in quanto darebbe luogo ad un'evidente disparità della posizione delle parti nell'ambito del rapporto obbligato

rio, per essere l'adempimento rimesso, in pratica, alla volontà

del debitore.

La censura è fondata nei sensi che qui vengono precisati. L'art. 19 1. 24 dicembre 1969 n. 990 (istitutiva del fondo di

garanzia per le vittime della strada), il quale dispone in via ge nerale che la liquidazione dei danni, nei limiti indicati dal 2° comma, è effettuata dall'impresa designata a norma del succes

sivo art. 20, riceve parziale deroga nelle ipotesi in cui l'impresa di assicurazione sia posta in liquidazione coatta amministrativa,

giacché il compito di provvedere alla liquidazione è demandato

al commissario liquidatore all'uopo autorizzato (art. 9 d.l. 23

dicembre 1976 n. 857, convertito nella 1. 26 febbraio 1977 n.

39) ovvero all'impresa cessionaria, in caso di trasferimento ad

altra impresa assicuratrice del portafoglio di quella in liquida zione coatta (art. 4 d.l. 26 settembre 1978 n. 576, convertito

nella 1. 24 novembre 1978 n. 738). Nello svolgimento di tale compito sia il commissario liquida

tore che l'impresa cessionaria agiscono — come si legge in dette

norme — «per conto» del fondo di garanzia (cioè dell'Ina, che

lo gestisce) e, qualora raggiungano un accordo con il creditore - danneggiato sulla somma da liquidare per il risarcimento dei

danni, debbono trasmettere l'atto di liquidazione all'Ina, che

deve provvedere al pagamento. Questo procedimento è stato pre cisamente disciplinato dagli art. 17, 18 e 22 d.p.r. 16 gennaio 1981 n. 45, nel senso che il commissario o l'impresa cessionaria

accerta l'esistenza e la risarcibilità dei danni, ne determina l'am

montare e trasmette l'atto di liquidazione, sottoscritto anche

dal danneggiato, all'ente gestore del fondo; il quale provvede al pagamento della somma ivi indicata mediante vaglia postale o assegno ovvero accreditando la somma dovuta sul conto cor

rente bancario o postale del creditore.

La legge non prevede, invece, il termine entro il quale l'Ina

deve effettuare il pagamento, né regola specificamente le ipotesi di mancato o ritardato pagamento, neppure se questi eventi sia

no riferibili a colpa del commissario o dell'impresa cessionaria, che non trasmettano tempestivamente l'atto di liquidazione sot

toscritto dal creditore (evenienza abbastanza frequente, a giudi care dal contenzioso al riguardo).

La problematica che sotto tali profili suscita il delineato con

testo normativo risulta affrontata in diverse sentenze rese da

questa corte (a sezione semplice) con riguardo alla pretesa dei

danneggiati di ottenere sulle somme concordate e non pagate, o pagate in ritardo, gli interessi legali per il periodo dalla data della liquidazione a quella dell'erogazione da parte dell'Ina

gestione del fondo; e le conclusioni cui esse sono pervenute non sono univoche.

Alcune pronunce, muovendo dalla premessa che il debito del fondo diviene certo, liquido ed esigibile già con l'accordo tran

sattivo, affermano che da quel momento decorrono a favore

del creditore interessi corrispettivi, ex art. 1282 c.c. (v. sent,

n. 3891 del 1988, Foro it., Rep. 1988, voce Assicurazione (con

tratto), n. 244 e n. 3460 del 1986, id., 1986, I, 2142; quest'ulti ma però, fa decorrere gli interessi da un momento successivo).

Altre sentenze, invece, ritengono che il particolare meccani

smo liquidatorio previsto dalla legge esclude la contemporanei tà fra sottoscrizione dell'accordo ed erogazione della somma

dovuta, sicché questa diventa esigibile soltanto dopo un certo

tempo; ma non è necessario ricorrere al giudice, ai sensi del

l'art. 1183 c.c., per far fissare il termine entro cui l'accordo

risarcitorio debba ricevere concreta attuazione, giacché tale ter

mine può essere dedotto per implicito con riferimento alle nor

mali finalità del rapporto, con la conseguenza che sussiste ina

dempimento colpevole, generatore dell'obbligazione di danni ex

art. 1224 c.c., allorché sia trascorso un lasso di tempo normal mente richiesto per l'eseguibilità della prestazione (sent. n. 6587 e 7833 del 1987, id., 1988, I, 88).

Per comporre il contrasto ora delineato le sezioni unite sono

state chiamate a decidere il presente ricorso, nel quale il proble ma si ripropone nei termini più radicali, giacché alla data della

pronuncia di primo grado l'Ina non aveva ancora corrisposto

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

al danneggiato l'importo concordato con il commissario liqui

datore, non avendo quest'ultimo provveduto a trasmettere l'at

to di liquidazione. 2. - Le sentenze suddette muovono dalla comune premessa,

la cui esattezza è incontestabile, che nelle fattisepcie in esame

unico soggetto obbligato al pagamento dell'indennizzo al dan

neggiato è il fondo di garanzia e che, pertanto, l'intervento del

commissario liquidatore o dell'impresa cessionaria è funzionale

all'adempimento di tale obbligazione, senza generare un diretto

vincolo di detti soggetti nei confronti del medesimo danneggia to. Si tratta, cioè, di un particolare procedimento di accerta

mento e di definizione stragiudiziale del danno che è svolto per conto e nell'interesse del fondo, nell'ambito dell'obbligazione di quest'ultimo; rispetto al quale, quindi, l'accordo liquidatorio si risolve, in pratica, in una modalità di determinazione della

prestazione dovuta.

Nella giurisprudenza di questa corte — formatasi soprattutto in tema di legittimazione passiva del liquidatore o dell'impresa cessionaria all'azione risarcitoria del terzo danneggiato — pre vale nettamente l'indirizzo secondo cui il rapporto fra i primi e il fondo si inquadra nello schema della rappresentanza neces

saria ex lege — anche nella fase stragiudiziale che qui si consi

dera. È stato esattamente osservato che la normativa innanzi

riferita evidenzia sia la sostituzione del liquidatore o dell'impre sa cessionaria all'Ina nell'esercizio del potere gestorio e disposi tivo dei confronti del danneggiato; sia l'automatica produzione

degli effetti di detta attività nella sfera patrimoniale del medesi

mo istituto (v., fra altre, la sent. n. 6587 del 1987, cit.). A quest'ultimo riguardo è sufficiente sottolineare che la legge

si limita a sancire l'obbligo dell'Ina di provvedere al pagamento della somma liquidata nell'accordo stipulato con il danneggia

to, senza prevedere un'ulteriore manifestazione di volontà a ca

rattere dispositivo da parte del primo; e conseguentemente può

essergli riconosciuto un potere di verifica della regolarità dei

presupposti soggettivi e degli aspetti formali dell'atto transatti

vo, mentre deve escludersi che sia abilitato ad effettuare un con

trollo di merito in ordine all'art e al quantum dell'indennizzo.

Il quale controllo, del resto, sarebbe per un verso inutile, ap

punto perché la determinazione dell'ammontare del danno è nor

malmente frutto di un accordo transattivo con il danneggiato, e per un altro verso impossibile, perché la legge prevede la tras

missione al fondo del solo atto di liquidazione e non dei docu

menti relativi agli elementi posti a base della liquidazione. Stabilito cosi che l'accordo liquidatorio è stipulato dal com

missario o dall'impresa cessionaria in rappresentanza e nell'am

bito dell'obbligazione dell'Ina, nei cui confronti spiega diretta

ed immediata efficacia, risulta priva di fondamento l'opinione che differisce l'esigibilità del credito al ricevimento dell'accordo

da parte dell'istituto ed esclude che prima di quel momento es

so possa essere ritenuto responsabile dell'omesso o ritardato pa

gamento dell'indennizzo concordato.

In realtà, secondo quanto dispongono gli art. 4 1. n. 738 del

1978 e 22 d.p.r. n. 45 del 1981, in seguito all'accordo la presta zione che l'Ina è tenuta ad adempiere è ormai certa, liquida ed esigibile (salvo un certo tempo tecnico per l'adempimento, come si dirà); e conseguentemente i ritardi e le omissioni in

cui incorra il commissario liquidatore o l'impresa cessionaria, che ometta di trasmettere o non trasmetta tempestivamente l'at

to di liquidazione, non può che far carico al fondo, al pari di ogni disguido o intralcio nei rapporti interni fra detti soggetti

oppure nello svolgimento della procedura di pagamento del de

bito, che in nessun caso possono risolversi in pregiudizio del

danneggiato-creditore, nei cui confronti non si configura alcun

onere di collaborazione.

E ciò in conformità alle finalità della legge, la quale è diretta

a porre il danneggiato, nelle fattispecie in oggetto, nella stessa

condizione di ogni altro beneficiario dell'assicurazione obbliga toria (com'è stato ribadito di recente dalla Corte costituzionale,

la quale ha attribuito, anzi, natura risarcitoria, e non già inden

nitaria, alla prestazione garantita dal fondo). 3. - Nondimeno, ai fini della responsabilità dell'Ina per il

ritardo nell'adempimento, e, dunque, dell'obbligo di corrispon dere gli interessi sulla somma concordata, occorre considerare

che il particolare meccanismo di pagamento previsto dalla legge non consente la contemporaneità tra sottoscrizione dell'accordo

ed erogazione della somma dovuta. E appunto per questa ra

gione alcune delle sentenze innanzi richiamate hanno affermato

Il Foro Italiano — 1991.

che detto obbligo sorge quando il ritardo nell'adempimento su

peri i limiti di tempo normalmente necessari per la trasmissione

dell'atto di liquidazione all'Ina e il materiale pagamento; e ciò

in base al principio che, quando la prestazione richieda per le

sue modalità un certo tempo per poter essere eseguita (di modo

che l'obbligazione non possa essere adempiuta immediatamen

te) e le parti non abbiano determinato un termine, non occorre

necessariamente adire il giudice ex art. 1183 c.c., ma è suffi

ciente, affinché possa ravvisarsi responsabilità da inesatto adem

pimento, che il ritardo del debitore nell'adempiere ecceda i li

miti segnati dalla normale eseguibilità della prestazione. Sennonché non è necessario far capo a questo principio, in

quanto nella stessa 1. n. 45 del 1981 si rinviene la norma che

è idonea a regolare, anche sotto il profilo suddetto, la responsa bilità dell'Ina.

Al riguardo vanno ricordati i principi enunciati in via princi

pale da questa corte in materia di assicurazione obbligatoria, cioè: a) la responsabilità dell'assicuratore è autonoma e deriva

direttamente dalla legge, anche se non può essere fatta valere

in giudizio dal danneggiato se non decorso lo spatium delibe

randi previsto dall'art. 22, 1° comma, 1. n. 990 del 1969 (ses santa giorni); b) il debito dell'assicuratore è un debito di valuta, ma la richiesta ex art. 22 vale come atto di costituzione in mora

che opera ex lege dal sessantesimo giorno successivo all'intima

zione; c) pertanto, ove la liquidazione intervenga dopo la sca

denza di questo termine, sulle somme liquidate sono dovuti gli interessi e la svalutazione monetaria pur se cosi viene ad essere

superato il limite del massimale, poiché tali incrementi trovano

causa distinta e autonoma nel comportamento colposo dell'im

presa; d) una volta effettuata la liquidazione, il pagamento del

la somma offerta al danneggiato e da questo accettata deve av

venire entro quindici giorni dalla comunicazione di detta accet

tazione del danneggiato (art. 3, 3° comma, d.l. n. 857 del 1976, convertito nella 1. n. 39 del 1977; art. 12 d.p.r. 16 gennaio 1981

n. 45) con la conseguenza che la scadenza di tale termine com

porta l'obbligo di corrispondere gli interessi e il maggior danno

(v. sent. n. 9 del 1987, id., 1987, I, 791). Ora, i principi sub a), ti) e c) sono stati più volte ritenuti

applicabili da questa corte anche alle fattispecie in cui nell'ob

bligo risarcitorio subentri il fondo, in particolare il risarcimento

sia dovuto da un'impresa che si trovi in liquidazione coatta am

ministrativa (sent. nn. 775 e 1308 del 1989, id., Rep. 1989, voce

cit., nn. 166, 167). Per quanto ora interessa, si è esattamente

osservato che la natura speciale della normativa in materia di

risarcimento dovuto dal fondo non comporta una diversità di

posizione dello stesso rispetto a qualsiasi assicuratore in ordine

alla disciplina di cui all'art. 1224 c.c. (sent. n. 3207 del 1989,

ibid., n. 140); al riguardo occorre solo ricordare che, ai sensi

dell'art. 8 1. n. 738 del 1978, lo spatium deliberandi è stato

portato da sessanta giorni a sei mesi, con la precisazione che,

qualora la procedura di liquidazione coatta inizi quando già la richiesta sia stata inoltrata all'impresa in bonis, per poter

agire giudizialmente tale richiesta deve essere rinnovata al com

missario o all'impresa cessionaria.

Ciò posto, non v'è ragione per non ritenere applicabile nella

fattispecie in esame anche l'art. 12, che stabilisce il termine di

quindici giorni per il pagamento della somma concordata. La

disposizione, inserita nella stessa 1. n. 45 del 1981, non è espres samente o implicitamente derogata dalla normativa speciale ri

guardante il fondo di garanzia; e la sua applicazione in via esten

siva è pienamente giustificata dall'anzidetta necessaria scissione

temporale tra la sottoscrizione dell'accordo e il pagamento. Da ciò derivano le seguenti conseguenze in ordine all'obbligo

degli interessi: se la liquidazione interviene dopo sei mesi dalla

richiesta ex art. 22, quando, cioè, l'impresa cessionaria e per esso il fondo sia già in mora, sulle somme liquidate continuano

a decorrere interessi fino al pagamento; se la liquidazione inter

viene prima di sei mesi dalla richiesta l'impresa designata dal

fondo può considerarsi in mora (ex re) solo dopo la scadenza

del termine di quindici giorni dalla sottoscrizione dell'atto di

liquidazione, con la conseguenza che, una volta decorso tale

termine, sono in ogni caso dovuti gli interessi moratori e l'even

tuale svalutazione.

Il Tribunale di Napoli, muovendo dall'errata premessa che

l'obbligo dell'Ina di provvedere al pagamento sorga solo per

effetto del ricevimento dell'atto transattivo, ha interpretato allo

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PARTE PRIMA

stesso modo la clausola contrattuale e ha negato in radice, quindi, che sulla somma liquidata fossero dovuti gli interessi.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rin

vio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione dello

stesso tribunale, la quale procederà a nuovo esame della con

troversia attenendosi al seguente principio di diritto:

«In caso di liquidazione coatta amministrativa di un'impresa assicuratrice della r.c.a., l'accordo intervenuto fra il danneggia to e il commissario liquidatore o l'impresa cessionaria in ordine

all'ammontare del danno, ai sensi degli art. 17 e 22 d.p.r. 16

gennaio 1981 n. 45, produce immediatamente effetto nei con

fronti dell'Ina, ente gestore del fondo di garanzia per le vittime

della strada, il quale è tenuto al pagamento della somma liqui data nel termine di quindici giorni dalla data dell'accordo me

desimo, ai sensi dell'art. 12 di detta legge, estensivamente appli cabile alla fattispecie. Pertanto, trascorso tale termine, sono do

vuti dall'Ina gli interessi moratori ex art. 1224 c.c., senza che

in contrario abbia rilievo la mancata trasmissione dell'atto di

liquidazione da parte del commissario liquidatore o dell'impre sa cessionaria».

I

CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 18 gennaio 1991; Pres. De Pasquale, Est. Ceccherini; Pollazzi (Avv. Rosso) c. Appiotti (Avv. Pistolesi).

CORTE D'APPELLO DI MILANO; TI n.n«T,..T. riT,««TTT-T,

Matrimonio — Divorzio — Assegno — Attribuzione e quantifi cazione — Criteri (L. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei

casi di scioglimento del matrimonio, art. 5; 1. 6 marzo 1987

n. 74, nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, art. 10).

Matrimonio — Divorzio — Figli minori — Mantenimento —

Soggiorni presso il genitore non affidatario — Assegno men

sile al coniuge affidatario — Obbligo di corresponsione —

Sospensione (L. 1° dicembre 1970 n. 898, art. 6; 1. 6 marzo

1987 n. 74, art. 11).

Per l'attribuzione dell'assegno di divorzio, l'espressione «mezzi

adeguati», adoperata nell'art. 5 l. 898/70 quale novellato ai

sensi dell'art. 10 I. 74/87, è da riferire al tenore di vita matri

moniale, dovendosi, quindi, valorizzare, a tal fine, l'eventua

le riconoscimento di un assegno di mantenimento in sede di

separazione personale, ove non osti la ricorrenza di criteri

diversi od un'apprezzabile modificazione nel rapporto tra le

condizioni economiche delle parti verificatasi nel frattempo. (1) È giustificata l'interruzione dell'erogazione dell'assegno mensile

di mantenimento, corrisposto per il figlio minore da uno dei

genitori a quello affidatario, solo per i periodi di durata su

periore al mese in cui il minore stesso soggiorni presso il geni tore tenuto a tale erogazione. (2)

II

TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 31 gennaio 1991; Pres.

Scalzo, Est. R. Russo; Grasso (Avv. Monaco Crea, Tafu

ri) c. Musmeci (Avv. Filetti).

Matrimonio — Divorzio — Assegno — Attribuzione e quantifi cazione — Criteri (L. 1° dicembre 1970 n. 898, art. 5; 1. 6

marzo 1987 n. 74, art. 10).

Nonostante l'esistenza di uno squilibrio economico tra le parti, al riconoscimento di un assegno al divorziato, peraltro titola

re di sostanze e di redditi tali da consentirgli una vita serena, ostano l'irrisoria durata dell'effettiva convivenza coniugale, le ragioni della decisione e la constatata carenza di una reale

comunione di vita. (3)

(1, 3) Le due sentenze rivestono un indubbio interesse, in quanto rappresentano talune tra le prime testimonianze del modo in cui la giu risprudenza di merito ha recepito i principi enunciati, in materia di at

II Foro Italiano — 1991.

I

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Mi

lano, notificato il 23 novembre 1988, il signor Manlio Camillo

Appiotti, premesso che il 4 aprile 1970 in Milano aveva sposato la signora Anna Gabriella Vittoria Pollazzi, e che i coniugi era

no legalmente separati, chiedeva che fossero dichiarati cessati

gli effetti civili del matrimonio. Esauriti gli adempimenti di ri

tribuzione e quantificazione dell'assegno di divorzio (ai sensi dell'art.

5 1. 898/70 quale novellato dall'art. 10 1. 74/87), dalle sezioni unite

(cfr. Cass., sez. un., 29 novembre 1990, n. 11490, Foro it., 1991, I,

67, con note di E. Quadri, Assegno di divorzio: la mediazione delle

sezioni unite, e V. Carbone, «Urteildàmmerung»: una decisione crepu scolare (sull'assegno di divorzio), alle quali si rinvia per gli opportuni riferimenti di giurisprudenza e dottrina sulla controversa problematica), in sede di composizione del contrasto tra gli esiti di Cass. 17 marzo

1989, n. 1322, id., 1989, I, 2512 (seguita da Cass. 4 aprile 1990, n.

2799, id., 1990, I, 2533) e quelli di Cass. 2 marzo 1990, n. 1652, ibid., 1165.

Da esse emerge come la direttiva delle sezioni unite, programmatica mente rivolta ad un'interpretazione del nuovo art. 5, 6° comma, 1. div., nel senso di offrire «una duttile risposta a tutti i vari modelli concreti

di matrimonio», al di là di ogni possibile rilievo critico per la discrezio

nalità che indubbiamente finisce col riconoscre al giudice in materia

di attribuzione e quantificazione dell'assegno di divorzio, sia atta ad

ispirare decisioni certamente conformi ad una sostanziale giustizia (obiet

tivo, questo, sicuramente da privilegiare in un settore che vede toccati

i più delicati interessi dei soggetti coinvolti nella crisi definitiva del ma

trimonio). E ciò proprio per l'adeguata rilevanza dalle sezioni unite

conferita, di contro all'unilateralità e rigidità dei criteri di giudizio pro

spettati nelle precedenti prese di posizione della prima sezione della Cas

sazione, ai diversi elementi di valutazione (contemplati nella citata di

sposizione) della situazione dei coniugi, estranei, da una parte, al mero

squilibrio economico rispetto al tenore di vita matrimoniale e, dall'al

tra, alla semplice titolarità di mezzi comunque idonei a liberare il divor

ziato dal bisogno. Cosi, nella decisione della Corte d'appello di Milano, risulta evidente

come sull'attribuzione dell'assegno a favore della moglie abbiano in

fluito, oltre che il notevole squilibrio economico tra gli ex coniugi, la

lunga durata della convivenza matrimoniale, l'assenza di elementi di

responsabilità a suo carico per la disgregazione del matrimonio e, so

prattutto, il criterio compensativo, in considerazione della dedizione di

mostrata (con le conseguenti rinunce a possibili affermazioni in campo

professionale prima e dopo la separazione personale) alla cura di un

figlio affetto da una grave malattia inabilitante (criterio, quest'ultimo, che avrebbe addirittura potuto — secondo quanto è dato cogliere tra

le righe della motivazione dei giudici milanesi — giocare nel senso di

una quantificazione dell'assegno anche più generosa di quella richiesta

dall'interessata). Nella decisione del Tribunale di Catania, poi, lo squilibrio patrimo

niale sembra passare decisamente in secondo piano, non tanto in consi

derazione del risultare la richiedente comunque provvista di non scarsi mezzi economici, quanto per la constatazione del non essere il matri

monio, per la brevità della convivenza ed i dissapori immediatamente insorti tra i coniugi, sfociato in quella «vera comunione di vita e di

interessi», alla cui effettiva realizzazione (e consolidamento) le sezioni unite hanno, a ragione, inteso ricollegare qualsiasi tutela di aspettative

patrimoniali dell'ex coniuge. (2) La soluzione prospettata si ricollega strettamente al principio enun

ciato da Cass. 13 dicembre 1988, n. 6786, Foro it., Rep. 1989, voce

Separazione di coniugi, n. 26, per esteso in Giust. civ., 1989, I, 2131. È da rilevare, al riguardo, come la regola emergente dalla motivazione di tale ultima interessante decisione risulti assai più articolata di quanto

appaia dalla relativa massima ufficiale. Vi si precisa, infatti, che l'ob

bligo di corresponsione resta sospeso nel caso in cui il coniuge obbliga to provveda direttamente alle necessità del figlio, unicamente, però, ove ciò avvenga «per un periodo di tempo pari a quello cui è commisurato

l'assegno» solo se la misura mensile dell'assegno non risulti «in modo

espresso» costituire «il frazionamento di una somma determinata per l'arco dell'intero anno» (direttive, quindi, che risultano essere state re

cepite implicitamente dalla corte milanese). Anche per quanto riguarda la sopportazione delle spese fisse, da cui l'affidatario resta ovviamente

gravato pure nei periodi di soggiorno del figlio presso l'altro genitore, la sentenza in epigrafe accoglie implicitamente, non riconoscendo nulla

(a differenza di quanto proposto dal procuratore generale mediante l'e ventuale applicazione di un criterio percentuale) a tale titolo all'affida

tario, il punto di vista (sulla generalizzabilità del quale, a prescindere, cioè, da un'adeguata valutazione delle circostanze concrete, sembra le cito esprimere riserve) della Cassazione, secondo cui «nei periodi di

tempo in questione, il coniuge esonerato temporaneamente dal carico del mantenimento deve concorrere a quest'ultimo provvedendo, appun to, all'effettuazione di quei pagamenti». [E. Quadri]

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Page 6: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni unite civili; sentenza 27 ottobre 1989, n. 8476; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Imparato

ERRATA CORRIGE

A colonna 337 della parte quarta, in calce all'articolo di E. Cannizzaro è stata omessa la seguente avvertenza: «Il presente lavoro è un anticipo della ricerca finan ziata dal Cnr sul tema: La predisposizione normativa ed organizzativa dell'integra zione dei mercato unico europeo negli ordinamenti interni della Cee, promossa dal Cesifin (Centro per lo studio delle istituzioni finanziarie), diretta dal prof. A. Pre dieri. (Contratto n. 89.01169.26)».

A colonna 690 della parte prima, la data della sentenza n. 467 della Corte costituzio nale è 16 ottobre 1990 e non 13 ottobre 1990.

A colonna 893 della parte prima, l'anno della sentenza della Corte di cassazione è 1990 e non 1989.

A colonna 1313 della parte prima, il numero dell'ordinanza della Corte costituziona le del 15 maggio 1990 è 254 e non 250.

A colonna 2154 della parte prima, l'estensore della sentenza della Corte di cassazio ne è V. Proto e non E. Lupo.

A colonna 2320 della parte prima, nel testo della sentenza della Corte costituzionale, all'ultimo rigo, dopo il punto si deve leggere: «Con il mettere in discussione la

possibilità di operare tale riduzione per una certa categoria di delitti, viene necessa riamente messa in discussione anche la possibilità di avvalersi di quel procedimento speciale».

A colonna 2444 della parte prima, il titolo della osservazione di C.M. Barone va così integrato: «Ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria e giudizio di oppo sizione».

A colonna 3000 della parte prima, la data della sentenza della Corte costituzionale è 6 febbraio 1991 e non 28 gennaio 1991.

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