sezioni unite civili; ordinanza 14 febbraio 1990, n. 84; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Rel. Senese,P.M. Di Renzo (concl. diff.); Soc. editrice La Stampa (Avv. Pace, Pastore) c. Consiglio naz. ordinegiornalisti (Avv. Scoca), Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Ferri), Solavaggione (Avv.Agostini); Federazione italiana editori di giornali c. Consiglio naz. ordine giornalisti ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 863/864-869/870Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184564 .
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PARTE PRIMA
nullamento dell'atto presupposto e gli atti conseguenziali rispetto ai quali tale annullamento provocherebbe solo un effetto invali dante o viziante (da far valere con distinta impugnazione) ma
non la caducazione automatica.
Aggiungasi che, nella prima decisione con la quale l'adunanza
plenaria del Consiglio di Stato fece applicazione del «principio» (ad. plen. 17/55, cit.), la fattispecie riguardava gli atti di una
medesima serie procedimentale, nella quale l'atto conseguenziale «caducato» si presentava vincolato all'atto annullato (che di quello costituiva l'unico presupposto) da un nesso strettissimo (si tratta va del nesso corrente tra approvazione della graduatoria di un
concorso e atto di nomina dei vincitori); e che, nella successiva decisione 4/70, la stessa adunanza plenaria ebbe a convenire sul
l'esigenza di porre un limite all'estensione del principio dell'«ef fetto caducante», accettando al riguardo la distinzione tra «inva
lidità derivata ad effetto caducante» ed «invalidità derivata ad effetto meramente viziante».
Tutto ciò dimostra che il preteso principio dell'«effetto cadu
cante» dell'annullamento dell'atto presupposto, lungi dal costi tuire la traduzione dommatica di norme o precetti dell'ordina mento giuridico, rappresenta piuttosto una soluzione pratica (an cora in via di elaborazione) offerta dai giudici amministrativi
rispetto a problemi posti dal funzionamento della giustizia ammi
nistrativa (e che involgono questioni diverse da quella in esame,
quale, ad es., l'ammissibilità di un'impugnazione dell'atto pre supposto in mancanza dell'impugnazione dell'atto conseguenziale).
Mai, comunque, prima della vicenda in esame, il preteso e con trastato principio è stato saggiato con riferimento ad atti la cui
impugnazione sia affidata a diversi complessi di organi giuris sdizionali.
Si che deve concludersi che — quale che sia la sistemazione
più appropriata della suindicata soluzione pratica nell'ambito del
funzionamento della giustizia amministrativa — le elaborazioni al riguardo formulate non possono essere invocate per eludere i precetti di legge in materia di riparto della giurisdizione o per alterare i risultati cui l'applicazione di tali precetti conduce e che,
pertanto, in presenza dell'impugnazione di un atto presupposto, che la legge affidi alla cognizione del giudice amministrativo, e della cumulativa impugnazione di un atto conseguenziale, la cui
cognizione sia dalla legge riservata all'a.g.o., il giudice deve ap plicare i precetti relativi all'attribuzione della competenza giuris dizionale in relazione ai diversi oggetti della materia del conten
dere, senza alterare il funzionamento di tali regole attraverso l'im
propria estensione di soluzioni pratiche elaborate all'interno dell'uno o altro complesso giurisdizionale e con riferimento ai
problemi che in tale ambito si pongono. Pertanto, egli affermerà la giurisdizione del giudice ammini
strativo rispetto alla prima impugnazione e quella dell'a.g.o. ri
spetto alla seconda.
Siffatto criterio, applicato al caso di specie, mentre per un ver
so si rivela aderente alle norme che regolano il riparto di giurisdi zione in materia, per altro verso offre una soluzione che sfugge al rilievo di incostituzionalità nel quale incorre la soluzione adot tata dalla decisione impugnata (v. supra sub 5a e 5b).
7. - Né ciò ferirà il principio dell'unità della giurisdizione, poi ché tale principio (nei limiti in cui è accolto dal nostro ordina
mento) non esclude che, allorché da una medesima vicenda na scano pretese diverse e queste siano azionate cumulativamente, la competenza giurisdizionale in relazione a tali diverse pretese possa spettare a due diversi ordini di giurisdizione, i rapporti tra i quali troveranno disciplina nei principi di separazione coordinamento che, in via generale, regolano tali rapporti. Prin
cipi, dalla cui applicazione troverà risposta anche il problema sol levato dal controricorrente Consiglio nazionale dei giornalisti cir ca le reciproche influenze dei due giudizi nell'ipotesi in cui siano simultaneamente proposte, dinanzi al giudice amministrativo, l'im
pugnazione del regolamento e, dinanzi al giudice ordinario, l'im
pugnazione delle delibere d'iscrizione.
Infine, non sembra obiezione decisiva all'ordine d'idee qui ac colto il rilievo che, per tale via, rischia di ridurre il compito del
giudice dell'impugnazione degli atti attuativi ad «un giudizio solo formale e apparente», perché la decisione sarebbe insita nel giu dicato del giudice che ha conosciuto dell'impugnazione del rego lamento. Invero, nell'ipotesi sottesa a tale obiezione, il compito del giudice, dinanzi al quale venga impugnata la delibera d'iscri zione dopo l'eventuale annullamento del regolamento (salvo quanto si dirà a proposito di tale giudice infra sub 8), non è diverso
Il Foro Italiano — 1990.
da quello cui è chiamato (ogni volta che non si ritenva operante la caducazione automatica) il giudice dell'atto applicativo nell'i
potesi d'illegittimità derivata di questo per effetto dell'annulla mento dell'atto presupposto. Più in generale, è a dire che il pre teso inconveniente (che qui di tanto si tratta) ricorrerebbe in tutti i casi di rapporti di pregiudizialità corrente tra giudizi affidati a diverse competenze giurisdizionali o a diversi giudici dello stes so complesso giurisdizionale.
Deve, pertanto, affermarsi che, nella fattispecie in esame, la
questione di giurisdizione, relativa all'impugnazione del regola mento, va risolta sulla base della natura della situazione giuridica soggettiva dedotta in causa attraverso tale impugnazione ed indi
pendentemente dalla soluzione da riservarsi alla questione di giu risdizione insorgente nella connessa controversia avente ad ogget to l'impugnazione delle delibere d'iscrizione. E poiché, secondo
quanto sopra precisato (sub 5a), la posizione sostanziale dedotta in causa dalle ricorrenti, attraverso l'impugnazione diretta del re
golamento, è una posizione d'interesse legittimo (al di là della
prospettazione offertane dalle parti), deve dichiararsi che la com
petenza giurisdizionale a conoscere di tale impugnazione spetta al giudice amministrativo, per tale parte accogliendo i ricorsi e cassando la decisione impugnata. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 14 feb braio 1990, n. 84; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Rei. Senese, P.M. Di Renzo (conci, diff.); Soc. editrice La Stampa (Avv. Pace, Pastore) c. Consiglio naz. ordine giornalisti (Avv. Sco
ca), Min. grazia e giustizia (Aw. dello Stato Ferri), Solavag gione (Avv. Agostini); Federazione italiana editori di giornali c. Consiglio naz. ordine giornalisti ed altri.
Giornalista — Iscrizione nel registro — Provvedimento — Terzo —
Impugnazione — Esclusione — Questione non manifesta mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 113; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, ordinamento della professione di giornali sta, art. 60, 62, 63, 64).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale del combinato disposto degli art. 1, 26 ss., 60, 62, 63 e 64 l. 3 febbraio 1963 n. 69 in connessione con gli art. 806 e 819 c.p.c., 19 c.p.p. del 1930, 28 e 30 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, 7,3° comma, I. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella
parte in cui, letti in correlazione, escludono che il terzo, la cui posizione giuridica sia incisa dal provvedimento d'iscrizione nel registro dei giornalisti (o praticanti giornalisti), possa impu gnare (o contestare la legittimità di) tale provvedimento dinan zi ad una qualsiasi istanza giurisdizionale, in riferimento agli art. 24, 1° comma, e 113, 2° comma, Cost. (1)
(1) La massima riproduce alla lettera l'enunciazione del punto a) del dispositivo dell'ordinanza, la cui motivazione consta degli stessi rilievi svolti ai § 8 ss. della parte motiva della sent. 1102/90 che precede, anche con riferimento alla portata della precedente, e sotto più riguardi diffor me, Cass. 29 giugno 1984, n. 3849, Foro it., 1984, I, 2147, con nota di richiami.
L'eccezione di incostituzionalità, nell'ampia formulazione adottata dal le sezioni unite, è stata sollevata con riferimento a controversia nella qua le alla società editrice di giornale, ritenutasi pregiudicata dalle delibere di iscrizione di alcuni tele-cine-foto operatori suoi dipendenti nel registro dei praticanti giornalisti, è stata riconosciuta la legittimazione ad impu gnare avanti il giudice amministrativo la norma regolamentare, introdot ta con il d.p.r. n. 649 del 1976, in applicazione della quale si erano adot tate le medesime delibere.
Non si rinvengono, comunque, nelle pur elaborate argomentazioni del la riportata ordinanza considerazioni di alcun genere sull'eventuale rile vanza, sotto il profilo della tutela giurisdizionale, della facoltà (su cui i precedenti richiamati nella nota redazionale a Cass. 25 novembre 1981, n. 6252, id., 1982, I, 1633), certamente spettante ai soggetti diversi da quelli legittimati ad avvalersi del meccanismo di cui gli art. 60-64 1. n. 69 del 1963, di sollecitare «il procuratore della repubblica o il procurato re generale competente per territorio» a proporre il reclamo all'autorità giudiziaria ed ottenere cosi l'emanazione di una sentenza di annullamen to, di revoca o di modifica di provvedimenti, come quelli ritenuti dalle sezioni unite incontestabili da quei soggetti.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto in fatto. — Il consiglio interregionale dell'ordine dei
giornalisti del Piemonte/Valle d'Aosta, con due distinte delibere,
disponeva l'iscrizione di due gruppi di tele-cine-fotooperatori, di
pendenti della società editrice La Stampa s.p.a., nel registro dei
praticanti giornalisti. A seguito di ciò, la suddetta società, con due distinti ricorsi,
chiedeva al Tar del Piemonte l'annullamento: 1) del d.p.r. 649/76
(contenente disposizioni modificative del regolamento di esecu
zione della 1. 69/63, sulla scorta delle quali erano state adottate
le delibere di cui sopra); 2) nonché di tali delibere (oltre che di
una serie di atti preparatori delle stesse). Riassunti i ricorsi, a seguito di pronuncia del Consiglio di Sta
to in sede di regolamento di competenza, dinanzi al Tar del La
zio ed essendo frattanto intervenuta in giudizio la Federazione
italiana editori giornali (Fieg), il predetto tribunale amministrati vo, con decisione 14 settembre 1981, n. 678 (Foro it., 1982, III,
126) disponeva l'annullamento del d.p.r. 649/76, dichiarando con
testualmente caducate le delibere del Consiglio dell'ordine dei gior nalisti nel rilievo che, stante il nesso di diretta ed immediata
conseguenzialità corrente tra tali delibere e l'atto annullato, le
stesse non potessero sfuggire all'effetto caducante dell'annulla
mento delle disposizioni regolamentari. La decisione, peraltro, era annullata da Consiglio di Stato, adito
in grado d'appello, con pronuncia 10 maggio - 16 dicembre 1983
(id., Rep. 1984, voce Giornalista, n. 12). Riteneva il Consiglio di Stato — per quanto interessa in questa
sede — che la 1. 69/63 demanda alla competenza dei tribunali
e delle corti d'appello in composizione allargata la cognizione delle controversie in materia d'iscrizione e cancellazione negli al
bi e registri professionali dei giornalisti, e che la medesima legge e le norme regolamentari ad essa relative, non disciplinano l'«uso
ed il modo d'essere dei mezzi d'informazione» ma pongono rego le attinenti ad uno status professionale, in relazione al quale le
posizioni degli interessati si atteggiano come posizione di diritto
soggettivo e non d'interesse legittimo; si che nella dedotta mate
ria non vi sarebbe spazio per l'esercizio della generale giurisdizio ne di legittimità del giudice amministrativo.
La società editrice La Stampa ha impugnato la decisione del
Consiglio di Stato con ricorso dinanzi a queste sezioni unite, de
ducendo — per quanto attiene al giudizio relativo all'impugna zione delle delibere — che erroneamente la decisione impugnata avrebbe ritenuto che la cognizione attribuita ai tribunali civili da
gli art. 63 ss. 1. 69/63 sia esclusiva di qualsiasi altra giurisdizione.
Osserva, in contrario, che il procedimento disciplinato dalle nor
me ora citate si configura come strumento di tutela giurisdiziona le riservato agli appartenenti alla professione e che un terzo non
potrebbe esser sottoposto a quella giurisdizione specializzata sen
za che ciò determini violazione degli art. 3 e 24 Cost. Assumendo
quindi che non sarebbe contestabile (e non sarebbe stata conte
stata dall'impugnata decisione) la tutelabilità giudiziale dell'inte
resse dell'impresa giornalistica alla legittimità del provvedimento d'iscrizione nell'albo dei giornalisti (o praticanti) di suoi dipen denti, la ricorrente chiede a queste sezioni unite — nel presuppo sto che la propria posizione non possa trovare tutela nel
procedimento ex art. 63 1. 69/63 — d'indicare dinanzi e quale
ordine giurisdizionale tale posizione sia tutelabile.
Analoga impugnazione ha proposto la Fieg con ricorso inci
dentale. Hanno resistito con controricorso il ministero di grazia
e giustizia, il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti ed
il sig. Sergio Solavaggione.
Queste sezioni unite, previa separazione dei giudizi, avendo prov veduto con sentenza di pari data sul giudizio relativo alla questio ne di giurisdizione concernente l'impugnazione del regolamento,
ritengono di sollevare, nel giudizio relativo all'impugnazione del
le delibere d'iscrizione nel registro dei praticanti giornalisti, que
stione di legittimità costituzionale delle norme indicate in
dispositivo, con riferimento agli art. 24/1 e 113/2 Cost., per le
ragioni seguenti. Ritenuto in diritto. — 1. — Le ricorrenti non contestano che
la legge demandi alla competenza dei tribunali civili e delle corti
di appello, in composizione allargata a due giornalisti nominati
dal presidente della stessa corte, la cognizione delle controversie
in materia d'iscrizione e cancellazione negli albi e registri profes
sionali dei giornalisti (art. 63 1. 69/63). Sostengono tuttavia che
una tale competenza riguarderebbe soltanto le controversie inter
ne all'ordinamento professionale, che oppongono l'aspirante gior
nalista (o praticante) all'ordine e/o al pubblico ministero (portatore
Il Foro Italiano — 1990 — Parte 7-15.
del più generale interesse pubblico all'ordinato e corretto svolgi mento della vita dell'ordine professionale), e non si estenderebbe
alle controversie di cui sia parte un terzo, estraneo alla vita dello
stesso ordine e tuttavia inciso nella propria sfera giuridica dai
provvedimenti da quest'ultimo adottati. La posizione giuridica di tale terzo non potrebbe essere tutelata dinanzi al giudice indi
cato dall'art. 63 1. 69/63, cosi come ritenuto dalla decisione im
pugnata, ma dovrebbe trovare tutela dinanzi al giudice amministrativo ovvero a quello ordinario a seconda che in essa
si ravvisi una consistenza d'interesse legittimo ovvero di diritto
soggettivo, eventualmente riconoscendo in quest'ultimo caso il po tere del giudice ordinario di disapplicare la delibera d'iscrizione
in ipotesi illegittima oltreché lesiva dei diritti del terzo.
2. - La tesi non è condivisibile alla stregua della normativa
vigente.
Invero, non par contestabile che, secondo tale normativa (ed in particolare la citata 1. n. 69 del 1963), il provvedimento d'iscri
zione del giornalista (o del praticante) nel relativo registro si con
figuri come atto amministrativo di accertamento costitutivo di
uno status professionale (cfr. sez. un. 6252/81, id., 1982,1, 1633, e giurisprudenza ivi richiamata, cui adde — con riferimento ge nerale all'iscrizione di un professionista nel relativo albo — sez.
un. 3675/82, id., Rep. 1982, voce Professioni intellettuali, n. 34,
e, con specifico riferimento all'iscrizione dei giornalisti, Cass.
3849/84, id., 1984, I, 2147; 109/87, id., Rep. 1987, voce Lavoro
(rapporto), n. 657). Da tale natura e funzione del provvedimento d'iscrizione all'al
bo discendono — per le controversie aventi ad oggetto la legitti mità del provvedimento stesso — le conseguenze che la legge
ricollega alle controversie relative alle questioni di stato, tra le
quali l'esclusione di un accertamento incidentale senza efficacia
di giudicato (art. 806 e 819 c.p.c., 19 c.p.p., 28 e 30 t.u. leggi sul Consiglio di Stato: cfr. Cass. 2220/80, id., Rep. 1980, voce
Competenza civile, n. 135) e la conseguente necessità che tali que stioni siano decise, con efficacia di giudicato erga omnes, dal
giudice all'uopo competente. Ulteriore corollario, rispetto ad un tale assetto normativo, è
che — ove la legge individui un particolare organo giudiziario
per la soluzione delle suindicate controversie — la competenza attribuita a tale organo avrà carattere esclusivo. Infatti, l'esisten
za di certezza legale che impone l'accertamento dello status con
efficacia di giudicato nei confronti della generalità, risulterebbe
frustrata da una concorrenza di competenze a conoscere della
relativa questione. 3. - In particolare, per quanto riguarda lo stato di giornalista,
l'art. 63 1. 69/63, che tra l'altro conferisce all'a.g.o. il potere di annullare, modificare o revocare gli atti impugnati, non può non implicare sottrazione, nella materia de qua, di qualsiasi com
petenza giurisdizionale al giudice amministrativo. Ma la stessa
norma, tanto quanto individua per il giornalista il giudice natura
le del suo status, esclude anche qualsiasi concorrente competenza di altri organi dell'a.g.o., che implicherebbe la possibilità di mo dificare lo status del giornalista al di fuori dello speciale giudizio
all'uopo predisposto dal legislatore. La norma sopra citata è par te integrante di una legge «sostanziale» attributiva di status e,
nell'indicare il giudice dinanzi al quale quello status può essere
contestato, al tempo stesso assicura al giornalista che solo da quel
giudice (e con quel procedimento) il suo status potrà essere modi
ficato.
4. - Esattamente, pertanto, il Consiglio di Stato ha declinato
la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere dell'impu
gnazione delle delibere d'iscrizione.
Meno esattamente, lo stesso giudice ha adombrato in motiva
zione che la competenza giurisdizionale in materia spetterebbe al
giudice indicato nel citato art. 63.
Ed invero, tale norma, non soltanto istituisce un giudice spe
cializzato, con competenza giurisdizionale esclusiva, ed uno spe
ciale procedimento per le controversie in esame, ma indica anche
i soggetti legittimati all'impugnazione dei relativi provvedimenti;
escludendo dal novero di tali soggetti il terzo che si ritenga leso
dal provvedimento stesso. t
5. — Ciò comporta che la posizione giuridica soggettiva del
terzo risulti sfornita di tutela giurisdizionale.
Anzi, secondo il controricorrente ministero di grazia e giusti
zia, la delimitazione dei soggetti legittimati all'azione ex art. 63
cit. «non può non riflettere una valutazione legale che nega rile
vanza, sui fatti di partecipazione all'ordine, ad ogni altro interes
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PARTE PRIMA
se al di fuori di quelli radicati nella persona dell'aspirante giorna lista e nella posizione istituzionale dell'ufficio pubblico». L'inte
resse dell'editore di giornali, rispetto al provvedimento d'iscrizione, si configurerebbe dunque — secondo tale ipotesi, ripresa anche
dagli altri controricorrenti — come interesse di mero fatto; in
quanto tale coerentemente sfornito di tutela.
Ove tale tesi fosse fondata, il ricorso proposto avverso la deci
sione del Consiglio di Stato, per la parte ora in esame, dovrebbe
essere rigettato non già perché la competenza giurisdizionale a
conoscere dell'impugnazione delle delibere dell'ordine dei giorna listi spetti al giudice ordinario specializzato di cui al citato art.
63, ma per l'inconfigurabilità in astratto della posizione giuridica
soggettiva dedotta dalla ricorrente società editrice, e cioè per im
proponibilità assoluta della domanda, implicante che nessun giu dice possa conoscere di essa.
6. - Tale conclusione, tuttavia, non sembra possa essere ritenu
ta. Per la verità, sin dalla remota sentenza 1450/39 (id., 1940,
I, 163) di queste sezioni unite (richiamata dalla cit. sentenza
6252/81) è stato affermato che il provvedimento d'iscrizione nel
l'albo dei giornalisti non ha, di per sé, attitudine a ledere diretta
mente diritti subiettivi di terze persone, facendosi derivare da questa considerazione la giustificazione dell'inimpugnabilità di tale prov vedimento dinanzi all'a.g.o., da parte di terzi, ai sensi dell'art.
4 della legge sul contenzioso amministrativo. Siffatta affermazio
ne riecheggia anche nella giurisprudenza più recente, ed in parti colare nella sentenza 3849/84 di questa corte ove si esclude che
«il diritto soggettivo, derivante dal rapporto del quale lo status
costituisce elemento della fattispecie, rimanga senza tutela . . . poi ché tale diritto, di per sé, non è suscettibile di essere inciso dal
l'atto di iscrizione o di cancellazione dall'albo». A tale
affermazione, però, la sentenza da ultimo citata fa seguire l'esa
me della concreta fattispecie del rapporto dedotto in causa, esa
me inteso a dimostrare l'indifferenza di tale rapporto al
provvedimento d'iscrizione, sia in via diretta che in via indiretta:
dal che sembra potersi dedurre che un tale provvedimento sia
stato ritenuto inidoneo a ledere il diritto del terzo non solo ex
se ma anche combinandosi con tutti gli altri elementi della fatti
specie nel cui ambito quel diritto si collocava; e che, su tale ini
doneità lesiva (per via diretta o riflessa), sia stato fondato il
giudizio d'indifferenza della posizione giuridica soggettiva del terzo
rispetto al provvedimento d'iscrizione. Un giudizio, dunque, che
non escludeva ma anzi presupponeva (nonostante la formulazio
ne impiegata) l'astratta possibilità della lesione della sfera del ter
zo ad opera del provvedimento. Del resto, la stessa pronuncia aveva già escluso, in apertura
di motivazione, che potesse negarsi la sussistenza in astratto di
un diritto soggettivo, in capo all'impresa giornalistica, suscettibi
le di essere inciso dal d.p.r. 649/76 oltre che dall'atto ammini
strativo d'iscrizione all'albo dei giornalisti del lavoratore
dipendente, affermando che tale diritto doveva invece ravvisarsi
«nell'interesse patrimoniale, tutelato dalla legge direttamente in
capo al titolare di esso, a non veder modificato il contenuto del
rapporto di lavoro a seguito della modifica della natura della pre stazione in esso dedotta, con la conseguente modifica della pre stazione retributiva». E, sulla base di tale astratto riconoscimento,
questa corte, in quel caso, aveva proceduto all'esame incidentale
della legittimità del regolamento (concludendo nel senso della le
gittimità di tale atto). 7. - Alla luce degli svolgimenti di cui sopra, è opportuno verifi
care la posizione sostanziale della società ricorrente nei confronti
degli impugnati provvedimenti d'iscrizione, con riferimento alla
fattispecie dedotta in giudizio. Giova in proposito richiamare che, secondo quanto assume la
società ricorrente ed è confermato dagli atti, l'iscrizione di un
fotografo, suo dipendente, nel registro dei giornalisti determina — a norma della contrattazione collettiva del settore — il passag
gio d'inquadramento del medesimo dipendente dal regime del con
tratto nazionale collettivo dei poligrafici a quello del contratto
collettivo nazionale dei giornalisti, con modificazione, tra l'altro, del trattamento economico.
In siffatta vicenda, se pur non mutano le mansioni del fotogra fo, muta tuttavia il suo trattamento giuridico-economico, e cioè
alcuni non secondari elementi del rapporto di cui l'editore è par te. Tale modificazione si verifica in conformità delle norme che
regolano il rapposto stesso, le quali ricollegano l'effetto modifi
cativo al venire ad esistenza di un atto amministrativo, qual è
appunto l'atto d'iscrizione.
Il Foro Italiano — 1990.
La situazione di diritto soggettivo, tutelata nell'ambito del rap
porto di lavoro in capo a ciascuna delle parti di questo, recipro
camente, e quindi nella specie in capo al datore, implica certamente
la tutela della pretesa di questi a non veder modificati i termini
del rapporto stesso se non in conformità della legge del contratto
(art. 1372, 1374, 2077 c.c.). Il problema è, allora, se tale lex contractus postuli o meno
la validità dell'atto amministrativo in presenza del quale si verifi
ca il mutamento di alcuni termini del rapporto; ovvero se — det
to in altri termini — il datore possa contestare l'applicazione della
lex contractus denunciando che la fattispecie, al cui verificarsi
tale lex ricollega l'effetto contestato, non si è realizzata in modo
conforme all'ordinamento.
8. - Le sezioni unite ritengono che al problema debba darsi
risposta affermativa in considerazione del puntuale rilievo (assor bente di ogni altra considerazione) che, dall'art. 5 della legge abo
litrice del contenzioso amministrativo, è dato trarre il principio
generale secondo cui, ogni qualvolta su di una posizione di dirit
to soggettivo incida anche mediatamente un atto amministrativo, in tanto può ritenersi integrata la fattispecie incidente sul diritto
e della quale l'atto amministrativo sia elemento essenziale, in quan to tale atto sia legittimo.
La portata generale di tale principio (riflesso del più generale
principio di legalità che informa tutto l'ordinamento) non esclu
de che, in ipotesi particolari (come quella in esame), la disappli cazione possa essere esclusa per la particolare natura dell'atto, ma esige — in tali casi — che il sistema offra una sede nella
quale chi sia soggetto all'applicazione dell'atto stesso sulla pro
pria sfera giuridica (nei sensi sopra specificati) possa far valere
l'eventuale illegittimità di esso con conseguenti effetti sulla fatti
specie incidente sul rapporto. Ove cosi non fosse, si sarebbe in
presenza di una fattispecie della quale è elemento costitutivo un
atto amministrativo trattato, non già come manifestazione del po tere pubblico e quindi dell'ordinamento, ma, come mero accadi
mento, fatto bruto, del quale il giudice dovrebbe verificare solo
che sia venuto ad esistenza. La situazione giuridica soggettiva di
chi sia inciso da una fattispecie siffatta, sarebbe allora carente
di tutela di fronte all'eventuale illegittimità dell'atto della pubbli ca amministrazione.
Pertanto, se della legittimità dell'atto amministrativo in que stione non può discutersi in alcuna sede giurisdizionale, v'è da
sospettare che si versi in una situazione di lesione del diritto co
stituzionale alla tutela giurisdizionale (art. 24/1 e 113/2 Cost.) con riferimento alla posizione giuridica soggettiva incisa dalla fat
tispecie di cui l'atto amministrativo «incontestabile» sia elemento
essenziale.
9. - Tale è la situazione che sembra configurabile nella specie,
posto che il datore di lavoro si trova, conformemente alla lex
contractus, a dover subire la modificazione del rapporto di cui
è parte per effetto di un atto amministrativo del quale non può in alcuna sede contestare la legittimità, essendogli preclusa — se
condo quanto sopra indicato — l'azione, sia dinanzi al giudice amministrativo sia dinanzi al giudice ordinario comune sia dinan
zi al giudice specializzato ex art. 63 1. 69/63, nonché la possibilità d'invocare la disapplicazione dell'atto stesso dinanzi al giudice del rapporto di lavoro.
E poiché un tale effetto consegue alle norme (art. 1, 26 ss.,
60, 62, 63 e 64 e 65 1. 69/63 in connessione con le norme discipli nanti le questioni di status) delle quali queste sezioni unite do
vrebbero fare applicazione nella decisione dei ricorsi dinanzi ad
esse proposti, dichiarando che nessun giudice può conoscere delle
impugnazioni azionate dai ricorrenti avverso le delibere del consi
glio interregionale dell'ordine dei giornalisti del Piemonte/Valle
d'Aosta, la questione di costituzionalità delle suddette norme, per contrasto con gli art. 24/1 e 113/2 Cost. — non manifestamente
infondata per le considerazioni sopra svolte — si presenta rile
vante nel presente giudizio. 10. - Le considerazioni che precedono rendono irrilevanti le
osservazioni svolte dalle ricorrenti circa l'illegittimità costituzio
nale, per contrasto con gli art. 3, 102 e 108 Cost., di una tutela
del terzo affidata al giudice specializzato di cui all'art. 63 1. 69/63
e nell'ambito dello speciale procedimento dalla stessa legge disci
plinato. Invero, posto che, allo stato, deve ritenersi (v. supra n.
4) escluso che il terzo possa adire il predetto giudice specializza
to, la questione si presenta come solo ipotetica e potrà divenire
rilevante solo ove la Corte costituzionale ritenga fondata la que stione sottopostale con la presente ordinanza e, in conseguenza
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di tale eventuale pronuncia di accoglimento, il terzo possa adire
il giudice specializzato: ma, in tal caso, la questione stessa rica
drebbe nell'autonoma valutazione della stessa Corte costituzionale.
Per questi motivi, le sezioni unite civili della Corte di cassazio
ne, visti gli art. 134 Cost, e 23 1. 11 marzo 1953 n. 87, a) dispon
gono la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la
decisione della questione di costituzionalità del combinato dispo sto degli art. 1, 26 ss., 60, 62, 63 e 64 1. 69/63, in connessione
con gli art. 806 e 819 c.p.c. 19 c.p.p., 28 e 30 t.u. leggi sul Consi
glio di Stato (r.d. 1054/24), 7/3 1. 1034/71, nella parte in cui, letti in correlazione, escludono che il terzo, la cui posizione giuri dica sia incisa dal provvedimento d'iscrizione nel registro dei gior nalisti (o praticanti giornalisti) possa impugnare (o contestare la
legittimità di) tale provvedimento dinanzi ad una qualsiasi istan
za giurisdizionale, per contrasto con gli art. 24/1 e 113/2 Cost.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 gennaio
1990, n. 310; Pres. Granata, Est. Vignale, P.M. Lo Cascio
(conci, parz. diff.); Leonardi (Aw. Guarino, Romano) c. Min.
industria, commercio e artigianato (Aw. dello Stato Polizzi), Comune di Roma. Cassa Pret. Roma 28 febbraio 1985.
Stampa ed editoria — Giornalai — Normativa applicabile sino
al 6 giugno 1984 (L. 11 giugno 1971 n. 426, disciplina del com
mercio, art. 2, 24; d.p.r. 27 aprile 1982 n. 268, disposizioni di attuazione della 1. 5 agosto 1981 n. 416, concernente discipli na delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria, art. 28).
L'art. 28 d.p.r. 27 aprile 1982 n. 268 ha consentito ai titolari
di rivendite di giornali e riviste alla data del 21 agosto 1981
di svolgere, sino allo scadere di due anni dal 6 giugno 1982, l'attività di commercio delle pubblicazioni periodiche, anche in
assenza dell'iscrizione al registro esercenti il commercio e del
l'autorizzazione comunale. (1)
(1) La sentenza si colloca [come la sentenza 'gemella' n. 5656, decisa nella stessa udienza del 9 novembre 1988, dal medesimo collegio (est.
Sgroi), depositata il 18 dicembre 1989] nell'alveo dell'orientamento giuris prudenziale, inaugurato da Cass. 21 ottobre 1988, n. 5708 (.Foro it., 1989,
I, 1084), che ha ritenuto innovativa la portata dell'art. 28 d.p.r. 27 aprile 1982 n. 268, in ordine alla disciplina applicabile al commercio delle pub blicazioni periodiche sino al 6 giugno 1984, ossia sino allo scadere del
biennio previsto dal 2° comma dell'articolo citato. La norma in esame, in sostanza, ha inteso tutelare le posizioni acquisite dai giornalai, che avevano operato muniti soltanto del c.d. tesserino, rilasciato dalla com
missione paritetica di editori e rivenditori (c.d. disciplina pattizia), lega lizzandole per il passato e ferma restando la necessità per il futuro —
id est dal 6 giugno 1984 — dell'iscrizione al registro esercenti il commer cio e dell'autorizzazione comunale.
La prima sezione aveva, in questo modo, radicalmente mutato avviso
rispetto ad una serie di decisioni rese nel 1987 (Cass. 6 maggio 1987, n. 4188, id., Rep. 1987, voce Commercio (disciplina), n. 36; 3 luglio 1987, n. 5816, id., Rep. 1988, voce cit., n. 83; 3 luglio 1987, n. 5817, id., Rep. 1987, voce cit., n. 35, tutte richiamate in motivazione) con le
quali si era sostenuto che l'art. 28 citato non aveva in nulla modificato
la disciplina dettata dalla 1. 426/71 per l'esercizio del commercio.
L'iter argomentativo della pronuncia in rassegna ricalca quello della
sentenza che ha operato il revirement: considerata la finalità di sanatoria
dell'art. 28, sarebbe assurdo ritenere che i titolari di rivendite dovessero
di fatto cessare dalla gestione, fino a che avessero ottenuto l'iscrizione
e la licenza, o, almeno, fino a che avessero presentato la domanda. Con
una puntualizzazione, che la sent. 5708 cit. non aveva ritenuto di svilup
pare. Si è, infatti, osservato che l'ammissibilità di una deroga alla legge del 1971, operata da un atto normativo secondario (tale essendo il d.p.r. n. 268), sia pure per un periodo transitorio e per un settore del commer
cio determinato, deve necessariamente trovare il suo fondamento in una
disposizione normativa primaria che attribuisca al potere esecutivo siffat
ta facoltà: e la si è rinvenuta nell'art. 54 1. n. 416 del 1981, laddove
detta un complesso procedimento, che trova la sua istanza decisoria nella
delibera del consiglio dei ministri, per la disciplina di attuazione (e non
di mera esecuzione) della legge stessa. È rimasto completamente in ombra il profilo della qualificazione giuri
dica del prodotto costituito da uno stampato e da un disco: la decisione
pretorile nel senso della pubblicazione periodica non era stata impugnata — come è chiaro — dall'edicolante ricorrente, né investita da un gravame incidentale da parte del ministero (sul punto, da ultimo, Cass. 30 gennaio 1989, n. 555, id., 1989, I, 1084, redatta dallo stesso estensore della sen
tenza che si riporta).
Il Foro Italiano — 1990.
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 7 marzo 1983
Raimondo Leonardi proponeva opposizione dinanzi al Pretore
di Roma avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa il 3 febbraio 1983
dal direttore dell'Upica di Roma con la quale gli era stato ingiun to il pagamento della somma di lire 200.000, per violazione degli art. 2 e 24 1. n. 426 del 1971, per aver venduto nel chiosco di
giornali, da lui gestito in Roma, dischi di musica classica delle case editrici Curcio e Fabbri, pur essendo sprovvisto dell'autoriz
zazione comunale e dell'iscrizione al registro esercenti il commer
cio (Ree). Il pretore, con sentenza 12-28 febbraio 1985 rigettava l'opposi
zione, confermando l'ordinanza-ingiunzione e compensando le spe
se, sulla base delle seguenti considerazioni:
1) I primi due motivi dell'opposizione, con i quali si lamentava
il difetto di motivazione dell'ordinanza e la mancanza di preven tiva istruttoria, non potevano accogliersi, in quanto la motivazio
ne dei provvedimenti amministrativi emessi su moduli prestampa ti — come quello usato dall'Upica — è sufficiente anche se for
mulata per relationem, con riferimento ai vari atti del procedimento dai quali è possibile ricavare le ragioni del provvedimento. Dal
modulo risultava inoltre che non solo era stato eseguito l'iter pre visto dalla 1. 706/75, ma era stata anche esaminata la memoria
difensiva presentata dall'opponente, a nulla rilevando che il mo
dulo non fosse stato completato con osservazioni specifiche, do
vendosi ritenere che i moduli del tipo «a completamento» posso
no, ma non devono essere riempiti dall'amministrazione, a se
conda della necessità della motivazione.
2) In ordine al terzo ed al quarto motivo con i quali l'opponen te deduceva di non essere soggetto all'obbligo dell'iscrizione al
Ree ed a quello della preventiva autorizzazione comunale, non
era contestata, né comunque sarebbe stata contestabile, la qualità di «stampa» delle pubblicazioni, perché i dischi, sia per l'aspetto esteriore che per il contenuto, apparivano parte integrante della
pubblicazione a stampa dalla quale mutuavano il carattere di stam
pa. Ma tale carattere non incideva sulla diversa questione dell'as
soggettabilità o meno dell'edicolante, che vende pubblicazioni mu
sicali, agli obblighi di iscrizioni al Ree ed all'autorizzazione am
ministrativa, posto che l'edicolante è un operatore commerciale
soggetto agli obblighi predetti (anche se attraverso la stipulazione di contratti estimatori).
3) Anche l'ultimo motivo dell'opposizione era infondato, in
quanto l'art. 28 d.p.r. 21 maggio 1982 n. 268 non prevede sana
torie per le violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del
decreto suddetto, come appunto nel caso in esame.
Avverso la suddetta sentenza il Leonardi ha proposto ricorso
per cassazione, illustrato con memoria. Il ministero dell'industria,
commercio, artigianato ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione. — (Omissis). Nell'ordine logico, devo
no esaminarsi ora (congiuntamente) il terzo ed il quarto motivo.
Col terzo, il ricorrente deduce l'omessa motivazione su punto
decisivo della controversia e la violazione di norme di legge (art.
360, nn. 5 e 3, c.p.c.), osservando che la contravvenzione era
stata elevata per vendita di dischi in difetto della prescritta iscri
zione al Ree e dell'autorizzazione amministrativa, mentre non era
stata elevata alcuna contravvenzione per la vendita di pubblica zioni periodiche in assenza di iscrizione ed autorizzazione per ven
dita di quest'altro genere merceologico. Nel terzo motivo dell'opposizione si evidenziava che il fatto
(vendita di dischi) non sussisteva, in quanto la componente disco
faceva parte di una pubblicazione a stampa e non richiedeva l'i
scrizione e l'autorizzazione per la tabella merceologica «dischi».
Il pretore, dopo aver riconosciuto l'esattezza della circostanza
di fatto, invece di esaminare la censura e di riconoscerla fondata,
si era limitato ad esaminare il distinto profilo del quarto motivo,
con cui si osservava che, comunque, l'opponente non era tenuto
ad alcuna iscrizione al Ree neanche per la vendita dei periodici,
con omissione della motivazione su punto decisivo della contro
versia e mutamento dell'oggetto della contravvenzione, in quanto
i vigili nel loro verbale avevano riconosciuto il possesso dell'iscri
zione al Ree e dell'autorizzazione per la tab. XIV (libri e riviste).
Il pretore — osservava il ricorrente — non aveva il potere di
variare l'oggetto della contravvenzione, comminandola non più
per la vendita di dischi, ma per la vendita dei periodici musicali,
in quanto tale potere apparteneva alla pubblica amministrazione
che avrebbe dovuto promuovere un nuovo procedimento contrav
venzionale, ove avesse ritenuto che anche la vendita di periodici
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