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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezioni uniti civili; sentenza 12 novembre...

Date post: 27-Jan-2017
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sezioni uniti civili; sentenza 12 novembre 1988, n. 6125; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P. M. Caristo (concl. conf.); Formusa (Avv. Del Castillo) c. Anas (Avv. dello Stato La Porta). Conferma App. Palermo 26 novembre 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 3573/3574-3575/3576 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181591 . Accessed: 25/06/2014 07:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.96 on Wed, 25 Jun 2014 07:41:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni uniti civili; sentenza 12 novembre 1988, n. 6125; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P. M.Caristo (concl. conf.); Formusa (Avv. Del Castillo) c. Anas (Avv. dello Stato La Porta). ConfermaApp. Palermo 26 novembre 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3573/3574-3575/3576Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181591 .

Accessed: 25/06/2014 07:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dalle consolidate acquisizioni della giurisprudenza sulla portata dell'art. 907 c.c., sul suo ambito di applicazione e sul significato dei termini «fabbricare» e «costruzione» usati nella norma —

l'argomentazione della corte d'appello circa l'irrilevanza della pree sistente consistenza di «prefabbricato» del manufatto in questio ne ai fini del decorso della prescrizione acquisitiva e che la rilevata

illegittimità di detta argomentazione si ripercuote anche sulle con

seguenti enunciazioni formulate dalla corte d'appello per negare

ingresso alle richieste istruttorie dell'attuale ricorrente. Tali ri

chieste, dirette a fare accertare la data della originaria realizza

zione, erano, invece, imprenscindibili, essendo le sole in grado di consentire al Dionisi (che, avendo invocato il compimento del

la usucapione a suo favore, era tenuto al relativo onere della pro

va) di fornire l'unico elemento probatorio di carattere decisivo

non ancora acquisito al processo, vale a dire la data di originaria esecuzione del manufatto. La dimostrazione, attraverso l'espleta mento degli incombenti istruttori, dell'avvenuta collocazione del

manufatto fin dal 1951, rendeva, invero, inattaccabile la situazio

ne del proprietario, per il maturarsi della prescrizione acquisitiva. Il ricorso merita accoglimento. La corte del merito ha disatteso

il quinto motivo dell'appello proposto dal Dionisi, con il quale si deduceva che il manufatto in questione esisteva da oltre venti

anni, osservando che all'atto dell'acquisto, compiuto dal Dionisi

nel 1973, detto manufatto era costituito da elementi prefabbrica

ti, alcuni dei quali successivamente sostituiti con strutture in mu

ratura. Solo in epoca successiva al 1973 esso, quindi, aveva assunto

le caratteristiche di un fabbricato soggetto alla norma di cui al

l'art. 907 c.c. E dall'acquisto alla data di notifica della citazione

introduttiva del giudizio, idonea ad interrompere il termine pre scrizionale ai sensi dell'art. 903 c.c., non si era maturata l'eccepi ta usucapione.

Attese, poi, le stesse ammissioni fatte dal Dionisi al consulente

tecnico circa l'epoca nella quale egli aveva sostituito alcune strut

ture prefabbricate del manufatto con altre in muratura, la prova

testimoniale, ad avviso della corte d'appello, si rivelava inammis

sibile in ordine ad alcune delle dedotte circostanze ed irrilevante

in ordine alle altre. Come pure andava disattesa la richiesta di

supplemento di consulenza tecnica, avendo il Dionisi sollecitato

l'accertamento di circostanze contrastanti con le sue ammissioni

in sede di consulenza e del tutto irrilevanti al fine della dimostra

zione dell'asserita intervenuta usucapione. Le argomentazioni anzidette non possono esser condivise. Non

è esatto, invero, che in presenza di elementi prefabbricati un ma

nufatto non possa farsi rientrare nel concetto di costruzione o

fabbrica, soggetta alla norma di cui all'art. 907 c.c. per quanto

riguarda il rispetto della distanza dalle vedute.

Questa corte già ha avuto occasione di affermare che, ai fini

dell'art. 907 c.c., diretto a preservare l'esercizio delle vedute da

ogni eventuale ostacolo con carattere di stabilità, la nozione di

costruzione è comprensiva non soltanto dei manufatti in calce

e mattoni, ma di qualsiasi opera che, indipendentemente dalla

forma e dal materiale con cui è stata realizzata, determini un

ostacolo all'esercizio della veduta (v. sent. 21 ottobre 1980, n.

5652, Foro it., Rep. 1980, voce Luci e vedute, n. 15), tra le altre,

per la quale «fabbricare» vuol dire eseguire qualsiasi opera che

si elevi stabilmente dal suolo ed ostacoli l'esercizio della veduta). Anche un manufatto realizzato con elementi prefabbricati rien

tra, dunque, nel concetto di costruzione voluto dalla indicata

norma.

Su questo presupposto non poteva, pertanto, negarsi ingresso alle richieste istruttorie del Dionisi, tendenti a dimostrare l'epoca di realizzazione del manufatto, le sue caratteristiche originarie e

l'infissione del medesimo su base di cemento, circostanze utili

ai fini della dedotta usucapione.

L'impugnata sentenza va, perciò, cassata con rinvio della cau

sa ad altra sezione della stessa corte d'appello.

Il Foro Italiano — 1988 — Parte 1- 68.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni uniti civili; sentenza 12 no

vembre 1988, n. 6125; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.

M. Caristo (conci, conf.); Formusa (Avv. Del Castillo) c.

Anas (Aw. dello Stato La Porta). Conferma App. Palermo

26 novembre 1983.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione d'urgenza

illegittima — Realizzazione dell'opera pubblica — Proprietà del

terreno — Acquisto — Danni al privato — Azione risarcitoria — Prescrizione (Cod. civ., art. 934, 948, 2043, 2497; 1. 25 giu

gno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 50, 73).

Occupato illegittimamente dalla pubblica amministrazione, per de

corso del termine biennale previsto dall'art. 73 I. 25 giugno 1865 n. 2359, un terreno appartenente a privato, destinato alla

esecuzione di opera pubblica, la radicale trasformazione del fon

do, conseguente alla irreversibile realizzazione dell'opera, de

termina l'acquisto, a titolo originario, della proprietà da parte della medesima pubblica amministrazione e l'insorgere del di

ritto del privato ai danni, conseguibili attraverso l'esercizio del

l'azione risarcitoria soggetta alla prescrizione quinquennale. (1)

Svolgimento del processo. — Antonio Formusa, con atto noti

ficato il 25 novembre 1975 conveniva in giudizio, davanti al Tri

bunale di Palermo, l'Azienda nazionale autonoma delle strade

e ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni arrecatigli con la definitiva occupazione di un'area di mq. 1.300 di sua pro

prietà utilizzata per la costruzione dell'autostrada Palermo-Catania;

occupazione autorizzata in via temporanea e d'urgenza, iniziata

nel 1967, e divenuta illegittima per effetto della scadenza del ter

mine biennale all'uopo assegnato e per la successiva realizzazione

in loco della opera pubblica, senza che alcun provvedimento abla

torio fosse stato adottato.

Resistente l'azienda convenuta, il tribunale rigettava la doman

da sul rilievo che il diritto al risarcimento del danno si era pre scritto per l'inutile decorso del termine quinquennale, cominciato

a decorrere sin dalla data dell'inizio della costruzione dell'opera

pubblica.

Interposto dal Formusa gravame (al quale l'Anas resisteva), la Corte d'appello di Palermo con sentenza del 26 novembre 1983

rigettava la impugnazione, previa correzione della motivazione

adottata dal primo giudice. In piena adesione ai principi di diritto enunciati da queste se

zioni unite con pronuncia n. 1464 del 1983 (Foro it., 1983, I,

626), osservava quella corte che in caso di occupazione da parte della pubblica amministrazione di un suolo privato occorrente per la realizzazione di un'opera di pubblica utilità (occupazione dive

nuta illegittima per la consumazione del termine finale del decre

to autorizzativo prima che sia intervenuta pronunzia di

provvedimento ablatorio) la radicale trasformazione del bene con

la sua irrevocabile destinazione alla realizzazione dell'opera pub blica comporta l'estinzione del diritto del privato ed il contestua

le acquisto, a titolo originario, della proprietà da parte dell'ente;

che il fatto commesso dalla pubblica amministrazione non costi

tuisce un illecito permanente ma integra un illecito istantaneo, sia pure ad effetti permanenti, il quale si consuma nel momento

della irreversibile trasformazione del terreno nei sensi sopraindi

cati, ed appunto a questo momento (non già a quello dell'inizio

della costruzione, come ritenuto dal tribunale), si ricollega la de

correnza iniziale del termine di cinque anni per l'esercizio della

azione risarcitoria; che, nella fattispecie, il diritto al risarcimento

si presentava irrimediabilmente perduto in quanto fatto valere,

con l'atto di citazione del 25 novembre del 1975, a quinquennio

decorso, e ciò in quanto la irreversibile trasformazione del suolo

doveva ritenersi avvenuta anteriormente al 23 novembre 1970 (data

di ultimazione dei lavori stradali, risultante dal relativo e non

contestato certificato). Per la cassazione di tale sentenza Antonio Formusa ha propo

sto ricorso, affidato a unico ma articolato motivo di censura.

L'Azienda nazionale autonoma delle strade statali ha resistito con

controricorso.

(1) Nello stesso senso, la citata Cass. 10 giugno 1988, n. 3940, Foro

it., 1988, I, 2262 con nota di richiami, che, avendo riguardo agli stessi

precedenti ricordati nella parte motiva della riportata sentenza, si è sof

fermata anche sulla questione della prescrizione applicabile all'azione ri

sarcitoria del privato.

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3575 PARTE PRIMA 3576

Motivi della decisione. — Sotto la comune rubicazione di vio

lazione e falsa applicazione di norme di diritto, omessa insuffi

ciente e contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., in relazione agli art. 42 Cost., 12 e 14 disp. sulla legge in genera

le, 822, 823, 832, 834, 934, 938, 939, 948, 2043, 2946, 2947 c.c., art. 132 e 118 disp. att. c.p.c., art. 13 e 71 1. n. 2359 del 1865,

art. 4 1. n. 2248, ali. E, del 1865) il ricorrente raduna una serie

di svariate censure rivolte tutte a contestare la fondatezza logico

giuridica dell'orientamento giurisprudenziale originato dalla sen

tenza n. 1464 del 16 febbraio 1983 resa da questa Corte suprema a sezioni unite; orientamento seguito dalle decisioni impugnate, ed a tenore del quale sulle ipotesi in cui la pubblica amministra

zione (od un suo concessionario) occupi un fondo di proprietà

privata per la costruzione di un'opera pubblica e tale occupazio ne sia illegittima, per totale mancanza di provvedimento autoriz

zativo, o per decorso dei termini in relazione ai quali la

occupazione si configura legittima, la radicale trasformazione del

fondo con l'irreversibile sua destinazione al fine della costruzione

dell'opera pubblica comporta la estinzione del diritto di proprietà del privato e la contestuale acquisizione a titolo originario della

proprietà in capo all'ente costruttore; ed inoltre costituisce un

fatto illecito (istantaneo sia pure con effetti permanenti), che abi

lita il privato a richiedere, nel termine prescrizionale di cinque anni dal momento della trasformazione del fondo nei sensi indic

ti, la condanna dell'ente medesimo a risarcire il danno derivante

dalla perdita del diritto di proprietà (mediante il pagamento di

una somma pari al valore che il fondo aveva in quel momento

con la eventuale rivalutazione sino al giorno della liquidazione). I sopra ricordati principi di diritto, oltre ad essere stati condi

visi ed applicati in quest'ultimo quinquennio dalla pressoché co

stante giurisprudenza dei giudici di merito e delle sezioni semplici di questa corte, salvo sporadiche eccezioni, di cui la più significa tiva è rappresentata da Cass. n. 3872 del 1987 (id., 1987, I, 1727)

sono stati tenuti fermi e ribaditi da queste sezioni unite con una

serie di pronunzie emesse nella medesima udienza nella quale è

stato discusso il ricorso ora in esame (cfr. sent. n. 3940 del 1988,

id., 1988, I, 2262). Mentre a tali pronunzie ci si riporta per una più organica trat

tazione dei temi di fondo (comuni a quelli ed a questo giudizio), economia processuale consiglia di limitare la indagine, in questa

sede, agli specifici motivi di critica e di dissenso illustrati dal ri

corrente. (Omissis) In ordine alla prospettazione del ricorrente, secondo cui — pur

avendo egli perduto irreversibilmente il materiale godimento del

suo terreno occupato dalla sede autostradale e pur non potendo ne più ottenere il rilascio coattivo per il divieto di cui all'art.

4 1. n. 2248, alla. E, del 1865 — l'azione rivolta contro l'Anas

per ottenere il pagamento del valore del suolo avrebbe natura

reale ex art. 948 c.c. e sarebbe pertanto imprescrittibile, occorre

considerare che la radicale trasformazione e la irreversibile desti

nazione del fondo del privato alla realizzazione dell'opera pub

blica, la perdita della individualità fisico-giuridica del bene del

privato perché assorbita in quella, nuova, del bene pubblico, com

portano la vanificazione del diritto di proprietà con effetti analo

ghi a quelli scaturenti dalla perdita definitiva dell'oggetto del diritto

medesimo.

Ora, ponendosi sul piano della disciplina prevista dall'art. 948

c.c., emerge evidente come la situazione fatta valere in giudizio dal privato che si dolga della irreparabile privazione o trasforma

zione del suo fondo occorso per la costruzione dell'opera pubbli

ca, sia pienamente assimilabile a quella della distruzione materiale

della cosa (con conseguente impossibilità della sua restituzione), mentre presenta ben scarsi punti di contatto con la diversa ipotesi della impossibilità di restituzione della res da parte del convenuto

il quale, successivamente alla domanda abbia della cosa, per fat

to proprio, perduto il possesso. Senonché soltanto in quest'ultima ipotesi può ritenersi, secon

do la migliore dottrina, che l'azione di rivendicazione rivesta na

tura reale a carattere restitutorio imprescrittibile, pur avendo ad

oggetto il controvalore della cosa, mentre nella prima ipotesi la

azione mirante ad ottenere il valore pecuniario del bene distrutto

assume natura risarcitoria e resta quindi soggetta alla prescrizio ne quinquennale.

Il Foro Italiano — 1988.

In questi sensi si è in passato più volte espressa questa Supre ma corte, non senza mancare di precisare (cfr. Cass. n. 1269 del

1962, id., Rep. 1962, voce Rivendicazione, n. 9; n. 2135 del 1966,

id., Rep. 1966, voce cit., n. 48), che è ammissibile l'azione perso nale di risarcimento del danno e non quella reale di rivendicazio

ne allorché la cosa al momento della domanda più non esiste

nella sua individualità. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 18 agosto

1988, n. 4969; Pres. Losurdo, Est. Fiduccia, P. M. Scala

(conci, conf.); Min. difesa c. Papotto (Avv. Barroni). Confer ma App. Bari 30 aprile 1983.

Responsabilità civile — Immobili costruiti e utilizzati in base a

concessione amministrativa — Danneggiamento da parte di am

ministrazione diversa dalla concedente — Diritto del concessio

nario al risarcimento — Sussistenza (Cod. civ., art. 2043). Concessioni amministrative — Sdemanializzazione del bene dato

in concessione — Estinzione «ipso facto» del rapporto conces

sorio — Esclusione.

Al concessionario di un terreno demaniale spetta (in quanto tito

lare del diritto di godimento degli immobili costruiti e utilizzati in base alla concessione, diritto che deriva dal rapporto di con

cessione ed è assimilabile ai diritti reali parziari per l'assolutez

za e la pienezza dei mezzi di tutela nei confronti di tutti i soggetti diversi dall'amministrazione concedente) il risarcimento per il

danno arrecato a detti immobili da amministrazione dello Sta

to diversa da quella concedente. (1)

(1) Non risultano precedenti negli esatti termini.

Circa la qualificazione dei diritti che una concessione amministrativa

di beni demaniali attribuisce al concessionario, cfr. Coli. arb. 10 agosto 1984, Foro it., Rep. 1986, voce Demanio, n. 10 (in extenso in Dir. marit

timo, 1985, 853, con nota di Rossello) in cui, dopo aver ammesso la

configurabilità di un c.d. uso speciale anche su beni demaniali estranei, come oggetto specifico, alla concessione, ma in relazione ai quali il con

cessionario risulti abilitato uti singulus a trarre utilità maggiori ed even tualmente diverse dalle utilità che vi possono trarre tutti i membri della

collettività, si afferma che di fronte ai terzi tale interesse assume la veste

di diritto soggettivo perfetto. Il principio, ritenuto ormai ius receptum dalla decisione odierna, per cui «i diritti di natura privata, che dalla con

cessione scaturiscono a favore del concessionario, (...) si atteggiano come

diritti reali di godimento, sia pure anomali, i quali, specie sotto il profilo strutturale, presentano strette analogie con i diritti reali regolati dal codi

ce civile», trova un costante riscontro nella giurisprudenza della Suprema corte: cfr. sent. 11 giugno 1975, n. 2308, Foro it., Rep. 1975, voce Con

cessioni amministrative, n. 5 (in extenso in Foro amm., 1976, I, 1223); 18 ottobre 1971, n. 2932, Foro it., Rep. 1971, voce Demanio, n. 15 (in extenso in Riv. fise., 1972, 1187), in cui si precisa che «le concessioni

di uso eccezionale di beni demaniali, se di regola danno luogo alla costi

tuzione di diritti reali, nondimeno a volte possono avere un contenuto

diverso e dar luogo ad un diritto personale che trovi la sua disciplina in un contratto a effetti obbligatori, qualificabile come un contratto ati

pico o tipo anomalo di locazione»; 21 settembre 1970, n. 1638, Foro

it., Rep. 1971, voce cit., n. 7 (in extenso in Rass. avv. Stato, 1971, I,

60); 28 gennaio 1970, n. 176, Foro it., Rep. 1970, voce cit., n. 10 (in extenso in Giusi civ., 1970, 708); 6 febbraio 1970, n. 252 e 21 gennaio 1970, n. 130, entrambe in Foro it., 1970, I, 2141, con nota di richiami.

L'ultima decisione citata precisa che «il diritto d'uso eccezionale su bene

demaniale, pur se equiparabile per il concessionario ad un diritto reale, non esclude di per sé la permanenza di un uso limitato dello stesso bene

da parte della collettività. Nella decisione n. 252/70, e nella n. 1638 dello

stesso anno, già citata, il principio è formulato in modo diverso ma equi valente: «la disposizione contenuta nel 2° comma dell'art. 832 c.c. com

porta soltanto l'impossibilità giuridica di costituire sui beni demaniali diritti

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