sentenza 14 gennaio 1981 (in causa 819/79); Pres. Mertens De Wilmars, Avv. gen. Capotorti(concl. conf.); Repubblica federale di Germania c. Commissione CE.Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1982), pp. 103/104-111/112Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174412 .
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PARTE QUARTA
Per questi motivi, pronunziandosi sulla questione sottopostale dal Tribunale di Ravenna con ordinanza del 26 novembre 1979, dichiara:
Le norme del trattato CEE relative alla libera circolazione
delle merci non fanno ostacolo a che una disciplina nazionale
imponga ai residenti nel territorio di uno Stato membro il di
vieto, sanzionato penalmente, di usare autoveicoli i quali ab
biano fruito di un regime di importazione temporanea e quindi siano stati esentati dal pagamento dell'imposta sul valore ag
giunto.
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 14 gennaio 1981 (in causa 819/79); Pres. Mertens De
Wilmars, Avv. gen. Capotorti (conci, conf.); Repubblica fe
derale di Germania c. Commissione CE.
Comunità europee — CEE — FEAOG — Liquidazione dei con
ti — Aiuti alla denaturazione del latte scremato in polvere — Spese versate dalla Repubblica federale di Germania —
Mancata liquidazione — Legittimità (Trattato CEE, art. 39, 173, 190; reg. 15 luglio 1968 n. 986/CEE del Consiglio, che
stabilisce le norme generali per la concessione di un aiuto
per il latte scremato e il latte scremato in polvere destinati all'alimentazione degli animali, art. 3, n. 2; reg. 15 maggio 1972 n. 990/CEE della Commissione, relativo alle modalità
per la concessione di aiuti al latte scremato trasformato in alimenti composti e al latte scremato in polvere destinato alla
alimentazione degli animali).
Poiché all'epoca le autorità tedesche avevano adottato un siste ma di controllo per la denaturazione di latte scremato in pol vere diverso da quello imposto dalle norme comunitarie (nel la specie, un controllo basato sulla verifica della contabilità delle imprese che procedono a operazioni di denaturazione, anziché il controllo fisico in loco), è legittima la decisione della Commissione delle CE di escludere, dalla liquidazione dei conti per le spese dell'esercizio 1973 finanziate dal FEAOG, la somma versata dalla Repubblica federale di Germania per gli aiuti alla denaturazione del latte scremato in polvere. (1)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 27 gennaio 1981 (in causa 1251/79); Pres. Pescatore, Avv. gen. Reischl (conci, conf.); Repubblica italiana c. Com missione CE.
Comunità europee — CEE — FEAOG — Liquidazione dei con ti — Aiuti al magazzinaggio del vino — Spese versate dal l'Italia — Mancata liquidazione — Legittimità (Trattato CEE, art. 39, 173, 190; reg. 28 aprile 1970 n. 816/CEE del Con
siglio, relativo a disposizioni complementari in materia di or
ganizzazione comune del mercato vitivinicolo, art. 5).
Poiché all'epoca le autorità italiane avevano proceduto alla con clusione di contratti di magazzinaggio del vino a lungo termine oltre la data limite fissata dalle norme comunitarie per la sti
pulazione di tali contratti, è legittima la decisione della Com missione delle CE di escludere, dalla liquidazione dei conti per le spese dell'esercizio 1973 finanziate dal FEAOG, la somma versata dall'Italia per gli aiuti relativi a detti contratti. (2)
(1-3) Non constano precedenti in termini. Peraltro, per una rigo rosa valutazione dell'obbligo degli Stati membri di conformarsi alla normativa comunitaria ai fini appunto dell'imputazione al Feoga delle spese da essi sostenute, v., di recente, Corte giust. 7 febbraio 1979, in cause 11/76, 18/76, 15 e 16/76, Foro it., 1980, IV, 270, con nota di richiami, in cui si discuteva, anche sotto il profilo dei mezzi di prova necessari per la loro concessione, di aiuti alla distillazione dei vini (15 e 16/76) e nel settore del latte scremato e del latte scre mato in polvere, nonché di concessione di restituzioni all'esportazione di tali prodotti (18/76; 15 e 16/76). Sull'organizzazione comune del latte e dei prodotti lattiero-caseari, v. anche da ultimo, Corte giust. 14 gennaio 1981, in causa 35/80, che sarà riportata nel prossimo fascicolo. Sui contratti di magazzinaggio del vino, v. Corte giust. 233-235/78,
Ill
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 25 novembre 1980 (in causa 820/79); Pres. Mertens De
Wilmars, Avv. gen. Mayras (conci, conf.); Regno del Belgio c. Commissione CE.
Comunità europee — CEE — FEAOG — Liquidazione dei con ti — Concessione di restituzioni all'esportazione — Spese ver sate dal Belgio — Mancata liquidazione — Legittimità (Trat tato CEE, art. 39, 173, 190; reg. 28 giugno 1968 n. 876/CEE del Consiglio, che stabilisce, nel settore del latte e dei pro dotti lattiero-caseari, le norme generali relative alla conces sione delle restituzioni all'esportazione e ai criteri per la fissazione del loro ammontare; reg. 21 dicembre 1967 n. 1041/ CEE della Commissione, che fissa le modalità di applicazione delle restituzioni all'esportazione nel settore dei prodotti sot
toposti ad un regime di prezzo unico).
Poiché all'epoca le autorità belghe avevano corrisposto restitu zioni all'esportazione nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari sulla base di mezzi di prova dell'arrivo a destinazione delle merci diversi da quelli imposti dalle norme comunitarie, è
legittima la decisione della Commissione delle CE di esclude re, dalla liquidazione dei conti per le spese dell'esercizio 1973
finanziate dal FEAOG, la somma versata dal Belgio per la con cessione delle predette restituzioni. (3)
I
Diritto. — 1. - Con atto registrato in cancelleria il 19 dicem bre 1979, la Repubblica federale di Germania ha chiesto l'an nullamento, in forza dell'art. 173 del trattato CEE, della deci sione della Commissione 12 ottobre 1979 n. 79/895, relativa alla
liquidazione dei conti presentati dalla Repubblica federale di Ger mania per le spese dell'esercizio 1973 finanziate dal Fondo euro peo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione « garanzia »
(G. U L 278, pag. 13), nella parte in cui la Commissione non ha posto a carico del FEAOG la somma di 8.335.232,61 DM rela tiva al pagamento di aiuti per la denaturazione di latte scremato in polvere.
2. - Secondo l'art. 3, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 lu glio 1968 n. 986, « che stabilisce le norme generali per la conces sione di un aiuto per il latte scremato e il latte scremato in pol vere destinati all'alimentazione degli animali » (G. U. L 169, pag. 4), l'importo dell'aiuto per il latte scremato in polvere viene cor
risposto soltanto qualora sia stato provato che detto prodotto è stato denaturato o usato per la fabbricazione di alimenti compo sti. Per l'attuazione di questa norma, l'art. 3 del regolamento del la Commissione 15 maggio 1972 n. 990, « relativo alle modalità
per la concessione di aiuti al latte scremato trasformato in ali menti composti e al latte scremato in polvere destinato all'ali mentazione degli animali» (G.U. L 115, pag. 1), stabilisce, quan to al latte scremato in polvere denaturato, che la denaturazione viene controllata sul posto, che ciascuno Stato membro designa un organo competente per l'esecuzione di tale controllo e, inol tre, che l'impresa che effettua la denaturazione comunica per iscritto a detto organo, in tempo utile prima della denaturazione, la propria ragione sociale, il proprio indirizzo, il quantitativo di latte scremato in polvere da denaturare, il luogo della denatura zione e il periodo previsto per la denaturazione. L'art. 10 dello stesso regolamento dispone che gli Stati membri adottano i prov vedimenti di controllo necessari per assicurare il rispetto delle
disposizioni del regolamento.
3. - Secondo il primo mezzo di ricorso, la decisione impugna ta avrebbe violato gli art. 3 e 10 del suddetto regolamento n.
990/72, per aver negato la conformità a tali disposizioni dei con trolli effettuati sulla denaturazione dalle autorità tedesche.
Foro it., 1980, IV, 52, con nota di richiami. Più in generale: Corte giust. 21 giugno 1979, in causa 240/78, ibid., 341; 13 dicembre 1979, in causa 42/79, ibid., 378, entrambe con nota di richiami.
Sull'efficacia dei regolamenti comunitari, in termini conformi a quanto dichiarato dalla corte nella causa 819/79, v., da ultimo, Corte giust. 13 febbraio 1979, in causa 101/78, ibid., 310.
Quanto all'obbligo di notificazione degli atti comunitari, in senso del tutto conforme a quanto affermato dalla corte nelle tre cause (e in particolare in causa 819/79), v. già Corte giust. 11 gennaio 1973, in causa 13/72, Raccolta, 1973, 38. Da ultimo, v. anche Corte giust. 14 gennaio 1981, in causa 35/80, cit.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
4. - Dal fascicolo risulta che, all'epoca considerata, il sistema di controllo della denaturazione istituito dalle autorità tedesche
non era principalmente basato sul controllo fisico in loco, bensì sulla verifica della contabilità delle imprese che procedono a ope razioni di denaturazione. Queste imprese, iscritte con tale quali fica presso il competente organo tedesco, avevano l'obbligo di tenere una contabilità commerciale conforme ai criteri fissati da
quest'organo, di conservare ordinatamente in magazzino i pro dotti che potessero fruire dell'aiuto e le sostanze usate per la
denaturazione, e di consentire ai competenti ispettori l'accesso
nei loro stabilimenti ai fini del controllo della contabilità, delle
scorte e delle operazioni di denaturazione; esse erano parimenti tenute a consentire il prelievo di campioni.
5. - Secondo la Commissione, un siffatto sistema di controllo,
quali che ne siano i meriti, non obbliga le imprese interessate
a fornire le informazioni necessarie ai sensi dell'art. 3, n. 2, del
regolamento n. 990/72 e relative al periodo e al luogo della de
naturazione, nonché ai quantitativi di latte scremato in polvere
da sottoporre a denaturazione. Queste informazioni sarebbero ne
cessarie per consentire il controllo in loco delle relative opera
zioni, imposto dall'art. 3, n. 1, dello stesso regolamento.
6. - Il governo tedesco fa valere che la combinazione del con
trollo sulla contabilità e sulla gestione delle imprese interessate
con la verifica in loco delle scorte di materie prime e col prelievo di campioni costituisce un sistema di controllo particolarmente
efficace. Ciò è tanto più vero quando, come nella fattispecie, ciascun ispettore esercita il proprio controllo su un numero li
mitato di imprese, con le quali è in contatto permanente e delle
quali conosce le abitudini. L'ispettore, che dispone, in base ai documenti giustificativi, di tutti i dati necessari relativamente al
la quantità e alla natura delle materie prime disponibili ed alla
quantità e alla natura dei prodotti che escono dallo stabilimento, può sempre ricostruire l'intero ciclo di trasformazione, dall'entra ta delle materie prime all'uscita dei prodotti finiti.
7. - Il governo tedesco ammette che, nell'ambito di tale siste
ma, le imprese non procedevano, all'epoca considerata, alla pre via comunicazione per iscritto, all'organo competente, delle ope razioni di denaturazione. Esso richiama, tuttavia, l'art. 10 del re
golamento n. 990/72 per sostenere che la normativa comunitaria
ha lasciato agli Stati membri il compito di organizzare i con
trolli. Rispetto a questa norma, l'art. 3, n. 2, dello stesso regola mento avrebbe una semplice funzione ausiliaria e obbligherebbe le imprese a comunicare determinate informazioni soltanto nella
misura in cui queste siano indispensabili per attuare un efficace
controllo.
8. - Si deve ricordare anzitutto che le decisioni della Commis
sione relative alla liquidazione dei conti per le spese finanziate
dal FEAOG hanno lo scopo di accertare e di dichiarare che le
spese sono state effettuate dagli organi nazionali in conformità al
le disposizioni comunitarie. Nei casi in cui la normativa comu nitaria subordina la corresponsione dell'aiuto al fatto che siano state osservate talune formalità di prova o di controllo, l'aiuto
corrisposto non tenendo conto di tale condizione non è confor me al diritto comunitario e la relativa spesa non può quindi, in linea di principio, essere posta a carico del FEAOG.
9. - Onde assicurare una sorveglianza efficace per un buono
svolgimento dell'operazione di denaturazione, e per evitare che il medesimo prodotto fruisca più volte dell'aiuto, il regolamento n.
990/72 impone il controllo in loco delle imprese di denaturazio
ne. Al fine di consentire il controllo della denaturazione sul po sto, l'art. 3, n. 2, del regolamento obbliga le imprese che effet tuano la denaturazione a comunicare taluni dati all'organo na zionale competente, prima di procedere alle relative operazioni. L'art. 10 del regolamento, stabilendo che gli Stati membri adot tano le misure di controllo « necessarie per assicurare il rispetto delle disposizioni del presente regolamento », si riferisce a tutte
le disposizioni del regolamento stesso, compreso l'art. 3.
10. - Stando cosi le cose, non è necessario valutare se sia fon
data la tesi del governo tedesco secondo cui il sistema di con
trollo istituito nella Repubblica federale sarebbe più efficace di
quello previsto dall'art. 3 del regolamento n. 990/72. Le dispo
sizioni dei regolamenti comunitari devono, infatti, essere appli cate in modo uniforme in tutti gli Stati membri e produrre, per
quanto possibile, gli stessi effetti nell'intero ambito della Comu
nità. Ciò vale anche qualora un regolamento istituisca specifiche
misure di controllo, pur lasciando agli Stati membri il compito di garantirne l'osservanza mediante opportuni provvedimenti am
ministrativi.
11. - Da quanto precede risulta che il primo mezzo va di satteso.
12. - Il secondo mezzo riguarda il fatto che la Commissione avrebbe approvato il sistema di controllo applicato nelia Repub blica federale di Germania, e sarebbe quindi tenuta ad imputare al FEAOG gli aiuti corrisposti dal governo tedesco.
13. - A sostegno di questo mezzo, il governo tedesco si rife risce ad una riunione informativa tenutasi nel maggio 1974, du rante la quale i rappresentanti della Commissione avrebbero ri conosciuto che il sistema di controllo tedesco presentava note
voli vantaggi ed era compatibile col diritto comunitario, come pu re alla risposta data dalla Commissione alla relazione della Com missione di controllo sui conti dell'esercizio 1975, risposta in cui
la Commissione avrebbe indicato che, a suo avviso, le norme co munitarie vigenti in materia erano state rispettate dalle autorità tedesche.
14. - Questo mezzo va disatteso. Indipendentemente dalla por tata delle suddette dichiarazioni, la violazione delle norme co
munitarie, che risale nella fattispecie al 1973, non può essere at tribuita ad un successivo comportamento della Commissione.
15. - Secondo il terzo mezzo, infine, la decisione impugnata non risponderebbe all'obbligo di motivazione imposto dall'art.
190 del trattato.
16. - La decisione impugnata si limita sostanzialmente a ri
cordare, nel preambolo, che possono essere finanziati soltanto gli interventi intrapresi secondo le regole comunitarie nel quadro dell'organizzazione comune dei mercati agricoli; che, in seguito alle verifiche effettuate, una frazione delle spese dichiarate non
corrisponde a questa nozione, e che lo Stato membro interessato « è stato informato dettagliatamente di questa detrazione e ha
potuto far conoscere la sua posizione » al riguardo.
17. - La convenuta sostiene che una motivazione dettagliata non era necessaria, in quanto il governo tedesco era perfettamen te al corrente dei motivi che avevano indotto la Commissione a
rifiutare di assumere a proprio carico la frazione delle spese cor
rispondente agli aiuti per la denaturazione ai sensi del regola mento n. 990/72. Essa si riferisce, in proposito, a uno scambio
di lettere avvenuto fra il governo federale e la Commissione nel
1977, nonché al reiterato esame del problema da parte del Co mitato del fondo, nel quale la Repubblica federale è rappresen tata.
18. - Il governo federale non ha contestato queste circostan ze di fatto, ma sostiene che un precedente scambio di vedute non può sostituire la necessaria motivazione di una decisione.
19. - Com'è stato già dichiarato da questa corte nella sentenza 11 gennaio 1973 (causa 13/72, Paesi Bassi c/ Commissione, Racc.
1973, pag. 27), la portata dell'obbligo di motivazione, sancito dall'art. 190 del trattato CEE, dipende dalla natura dell'atto di cui trattasi e dal contesto entro il quale esso è stato adottato.
20. - Nella fattispecie, è pacifico che il governo tedesco è stato strettamente associato al procedimento di elaborazione della de cisione impugnata e conosceva quindi la ragione per cui la Com missione riteneva di non dover porre a carico del FEAOG la somma in questione.
21. - Stando cosi le cose, e considerato il particolare contesto dell'elaborazione delle decisioni relative alla liquidazione dei con
ti, la motivazione della decisione impugnata deve ritenersi ade
guata.
22. - Di conseguenza, il ricorso va respinto. (Omissis) Per questi motivi, dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) Le spese sono poste a carico della ricorrente.
II
Diritto. — 1. - Con atto introduttivo depositalo in cancelleria
il 28 dicembre 1979, la Repubblica italiana ha chiesto l'annulla
mento, in base all'art. 173 del trattato CEE, della decisione della
Commissione 12 ottobre 1979 n. 898, relativa alla liquidazione dei conti presentati dalla Repubblica italiana per le spese del
l'esercizio 1973 finanziate dal Fondo europeo agricolo di orien
tamento e di garanzia, sezione « garanzia » (G. U. L 278, pag. 19), nella parte in cui esclude dalle spese imputate al FEAOG la
somma di 604.863.175 lire italiane, versata per aiuti in relazione
a contratti di magazzinaggio a lungo termine nel settore del vino
per la stagione 1971/1972.
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PARTE QUARTA
2. - L'art. 5, n. 5, del regolamento del Consiglio 28 aprile 1970
n. 816, relativo a disposizioni complementari in materia di orga nizzazione comune del mercato vitivinicolo (G. U. L 99, pag. 1), subordina la concessione degli aiuti al magazzinaggio alla con
clusione di contratti di magazzinaggio a lungo termine o a breve
termine. La stessa disposizione stabilisce che i contratti a lungo termine sono validi per un periodo minimo di nove mesi e pos sono essere conclusi solo durante il periodo compreso — a nor
ma del regolamento del Consiglio 22 novembre 1971 n. 2504, che modifica tale disposizione (G. U. L 261, pag. 1) — tra il 16
dicembre e il 15 febbraio di una stessa stagione viticola. Ai fini
dell'applicazione di detta disposizione, l'art. 8, n. 1, del regola mento della Commissione 20 luglio 1970 n. 1437, relativo ai con
tratti di magazzinaggio per il vino da pasto (G. U. L 160, pag. 16), dispone che i contratti non possono essere conclusi per un
periodo che inizi prima della data della loro conclusione.
3. - Per la stagione viticola 1971/1972, il regolamento della
Commissione 27 dicembre 1971 n. 2837, relativo agli aiuti al
magazzinaggio privato a lungo termine di taluni vini da pasto (G. U. L 285, pag. 78), ha consentito la conclusione di contratti
di magazzinaggio a lungo termine per taluni tipi di vino da pasto.
4. - Nel corso del periodo in cui potevano essere conclusi i
contratti a lungo termine per la suddetta stagione, la Commissio
ne adottava il regolamento 26 gennaio 1972 n. 176 (G. U. L 23,
pag. 20), con cui completava il regolamento n. 1437/70 aggiun
gendo al precitato art. 8, n. 1, di questo le seguenti disposizioni:
« Per i contratti di magazzinaggio per i quali l'organismo com
petente ha ricevuto le domande scritte nel periodo dal 1° dicem
bre 1971 al 31 agosto 1972, il periodo di validità di un contratto
ha inizio, in deroga al comma precedente, dal giorno della rice
zione della domanda.
Tuttavia, per i contratti di magazzinaggio per i quali le do
mande scritte sono state ricevute dall'organismo competente
dopo il 29 dicembre 1971, il periodo di validità comincia al mas
simo trenta giorni prima della loro conclusione ».
5. - Le spese cui si riferisce il ricorso rappresentano l'importo
degli aiuti versati dall'Azienda di Stato per gli interventi sul
mercato agricolo (in prosieguo: AIMA) — ente italiano d'inter
vento competente a stipulare i contratti di magazzinaggio ed a
versare i relativi aiuti — in relazione a contratti di magazzinag
gio a lungo termine di vino da pasto per la stagione 1971/1972. Nella decisione impugnata la Commissione si è rifiutata di im
putare dette spese al FEAOG, dopo aver accertato che le auto rità italiane non avevano, a suo avviso, rispettato le regole alle
quali era subordinata la concessione degli aiuti di cui trattasi, procedendo alla conclusione dei contratti a lungo termine dopo il 15 febbraio 1972, data limite per la stipulazione di tali con tratti in base alla normativa comunitaria in materia.
6. - A sostegno del ricorso il governo italiano deduce tre mez
zi, concernenti la motivazione della decisione impugnata, l'in
terpretazione della normativa comunitaria in materia e, rispet tivamente, la tutela del legittimo affidamento. È opportuno esa minare in primo luogo il secondo mezzo.
7. - Il governo italiano spiega che l'atto ch'esso qualifica « sti
pulazione formale » del contratto da parte dell'AIMA poteva aver luogo solo in esito ad un procedimento articolato in di
verse fasi: innanzitutto, presentazione da parte dell'interessato, tramite il competente ispettorato provinciale dell'agricoltura, di una domanda contenente tutte le indicazioni di cui al regola mento n. 1437/79; poi verifica in loco, da parte dell'ispettorato, dell'esattezza di tali indicazioni e inoltro della pratica all'AIMA da parte dello stesso; infine, redazione, da parte dell'AIMA, di un disciplinare e di un atto di sottomissione da trasmettere al
l'interessato per la sottoscrizione autenticata da notaio. Il go verno italiano ammette che, per quanto concerne i contratti a
lungo termine cui si riferisce il ricorso, questa « stipulazione for male » è avvenuta dopo la data limite del 15 febbraio 1972.
8. - A suo avviso, però, i contratti di cui trattasi sono stati conclusi tra il 16 dicembre 1971 e il 15 febbraio 1972 anche se
la loro « stipulazione formale » è avvenuta in un momento suc cessivo. A questo proposito, esso si richiama ai principi giuridici generali in materia di contratti, secondo cui un contratto è con cluso allorché si verifica l'incontro delle volontà dei due contra
enti. Orbene, offrendo pubblicamente la possibilità di conclu dere contratti a lungo termine alle condizioni stabilite dalla nor mativa comunitaria, gli enti d'intervento fanno un'offerta al pub blico che viene accettata dal produttore di vino al momento in cui egli presenta la domanda.
9. - Il governo italiano ammette che, dopo che la domanda è
stata presentata, l'ente d'intervento deve procedere alla verifica
di taluni dati al fine di controllare la conformità della domanda
alla normativa comunitaria; esso ritiene, tuttavia, che l'eventuale
risultato negativo di tale verifica vada considerato come condi
zione risolutiva di un contratto già concluso.
10. - È importante sottolineare innanzitutto che l'aiuto al ma
gazzinaggio a lungo termine del vino da pasto ha lo scopo — co
me giustamente ha osservato la Commissione — di consentire, in una situazione eccedentaria importante, di eliminare dal mer
cato la quantità eccedentaria sin dall'inizio della stagione e fino
alla vendemmia successiva, ai fini, soprattutto, della stabilizza
zione dei mercati. L'obbligo di concludere i contratti a lungo termine nel periodo compreso tra il 16 dicembre e il 15 febbraio
della stessa stagione viticola è inteso, al pari del periodo di vali
dità di nove mesi contemplato per detti contratti, a realizzare
tale obiettivo. È in questo ambito che la nozione di « conclusio
ne » del contratto dev'essere compresa.
11. - Si deve poi ricordare che i controlli e le verifiche che
vanno effettuati dall'ente d'intervento — o, come nella fattispe
cie, dagli ispettorati provinciali dell'agricoltura che agiscono in
nome dell'ente d'intervento competente — hanno lo scopo di
stabilire se la domanda presentata dal produttore di vino sod
disfi le condizioni essenziali stabilite dalla normativa comunita
ria, e di accertare a tale scopo, in particolare, se si tratti di vino
da pasto della categoria contemplata da detta normativa, se il
produttore che ha presentato la domanda sia il proprietario del
vino e se il vino sia immagazzinato sfuso.
12. - Cosi stando le cose, non può essere accolta un'interpre tazione della nozione di « conclusione » del contratto che con
sentirebbe di attribuire il diritto all'aiuto comunitario ancor pri ma che venisse accertata la sussistenza delle condizioni cui tale
aiuto è subordinato. Infatti il risultato di siffatta interpretazione sarebbe che i controlli necessari per accertare se dette condi
zioni sussistano potrebbero essere effettuati durante tutto il pe riodo di validità di nove mesi contemplato per il contratto, o
perfino dopo la sua scadenza.
13. - Di conseguenza, non v'è motivo di fare una distinzione
tra la « conclusione » del contratto e la « stipulazione formale »
dello stesso. L'art. 9 del regolamento n. 1437/70, che contempla la forma scritta per il contratto, è peraltro ispirato all'idea che il contratto è perfetto solo al momento della stesura dell'atto
scritto, previa verifica di tutti gli elementi pertinenti da parte dell'ente d'intervento. La tesi sostenuta dal governo italiano deve
pertanto essere respinta.
14. - Il governo italiano assume inoltre che il regolamento del la Commissione n. 176/72 ha consentito la stipulazione dei con
tratti a lungo termine dopo la data del 15 febbraio 1972. L'effetto
retroattivo contemplato da questo regolamento non avrebbe alcun
senso se i contratti dovessero ciononostante essere conclusi pri ma di tale data.
15. - Questo argomento non può essere accolto. Il regolamento della Commissione n. 176/72 ha modificato l'art. 8, n. 1, del
regolamento n. 1437/70, disposizione che concerne solo l'inizio del periodo di nove mesi per il quale il contratto può essere sti
pulato. Per contro, il periodo nel corso del quale i contratti de
vono essere conclusi (compreso tra il 16 dicembre e il 15 feb
braio) non è stato interessato da tale modifica; esso è stato fis
sato da taluni regolamenti del Consiglio, in particolare dai rego lamenti nn. 816/70 e 2504/71.
16. - Il terzo mezzo riguarda la tutela del legittimo affidamen
to. Secondo il governo italiano, la Commissione ha emanato il
regolamento n. 176/72 per tener conto delle difficoltà incontrate
dall'AIMA, la quale aveva fatto presente che la sua azione nel
settore dei contratti di magazzinaggio subiva ritardi, soprattutto in ragione del notevole lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e quella della conclusione formale dell'atto nel
quale il contratto era incorporato. La Commissione, adottando il
regolamento n. 176/72, avrebbe quindi dato l'impressione di ac cedere a tale domanda e non avrebbe più il diritto di trincerarsi dietro argomenti d'indole formale per contestare la validità, dal
punto di vista della normativa comunitaria, dei contratti formal mente conclusi dopo il 15 febbraio 1972.
17. - Dalle considerazioni relative al secondo mezzo risulta che la prassi seguita dalle autorità italiane deriva da un'errata
interpretazione del diritto comunitario. In un caso del genere, la Commissione non sarebbe tenuta ad imputare al FEAOG le
spese effettuate su tale base, a meno che l'errata interpretazione potesse essere imputata ad un'istituzione della Comunità.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
18. - Il governo italiano ha fatto sapere alla corte che la do
manda dell'AIMA cui esso si riferisce è stata fatta oralmente e
che non risultano atti scritti relativi a tale richiesta. La Com
missione ha però fornito alla corte il testo del resoconto della
56* riunione del Comitato di gestione vini, tenutasi nel dicem
bre 1971, dal quale risulta che la delegazione italiana ha chiesto
che « la data di validità dei contratti possa essere quella della
domanda e non obbligatoriamente quella della conclusione»,
per tener conto del sovraccarico di lavoro dell'ente d'intervento
italiano. È a questa domanda che il regolamento n. 176/72 ha
dato seguito, modificando l'inizio del periodo di validità dei con
tratti di nove mesi.
19. - Da questi fatti emerge che il governo italiano non ha po tuto dimostrare che la sua errata interpretazione del regolamento n. 176/72 sia imputabile al comportamento della Commissione.
20. - Occorre infine pronunziarsi sul mezzo relativo alla man
canza di motivazione della decisione impugnata. Questo mezzo,
purché non concerna l'interpretazione del regolamento n. 176/72 — problema già esaminato sopra — non tiene conto del fatto
che il governo italiano è stato strettamente associato al procedi
mento di elaborazione della decisione impugnata e pertanto co
nosceva i motivi per i quali la Commissione riteneva di non
dover imputare al FEAOG l'importo controverso.
21. - In una situazione siffatta, e nel contesto particolare del
l'elaborazione delle decisioni relative alla liquidazione dei conti,
la motivazione della decisione impugnata dev'essere considerata
sufficiente.
22. - Ne consegue che il ricorso va respinto. (Omissis)
Per questi motivi, dichiara e statuisce:
1. Il ricorso è respinto. 2. La ricorrente è condannata alle spese.
Ili
Diritto. — 1. - Con atto registrato in cancelleria il 19 dicem
bre 1979, il Regno del Belgio ha chiesto l'annullamento, in forza
dell'art. 173 del trattato CEE, della decisione della Commissio
ne 12 ottobre 1979 n. 79/893, relativa alla liquidazione dei conti
presentati dal Regno del Belgio per le spese dell'esercizio 1973
finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di ga
ranzia, sezione « garanzia » (G. U. L 278, pag. 9), nella parte
in cui la Commissione non ha posto a carico del FEAOG la
somma di 29.008.562 FB relativa al pagamento delle restituzioni
differenziate all'esportazione di latte e di prodotti lattiero-caseari
effettuate dal ricorrente.
2. - Secondo l'art. 6, n. 2, del regolamento del Consiglio 28
giugno 1968 n. 876, che stabilisce, nel settore del latte e dei pro dotti lattiero-caseari, le norme generali relative alla concessione
delle restituzioni all'esportazione e ai criteri per la fissazione
del loro ammontare (G. U. L 155, pag. 1), la restituzione diffe
renziata all'esportazione viene corrisposta purché sia fornita la
prova che il prodotto ha raggiunto la destinazione per la quale è stata fissata la restituzione. Per l'attuazione di questa norma,
l'art. 8, n. 1, del regolamento della Commissione 21 dicembre
1967 n. 1041, che fissa le modalità di applicazione delle restitu
zioni all'esportazione nel settore dei prodotti sottoposti ad un
regime di prezzo unico (G. U. 314, pag. 9), nella versione modi
ficata risultante dal regolamento della Commissione 23 luglio
1968 n. 1056 (G. U. L 179, pag. 28) e dal regolamento della Com
missione 17 marzo 1969 n. 499 (G. U. L 69, pag. 1), stabilisce
che l'interessato deve presentare copia del documento di tra
sporto e, inoltre, a scelta dei servizi nazionali competenti, uno
o più dei documenti seguenti: « copia del documento doganale o
portuale emesso nel paese di destinazione; attestato rilasciato dai
servizi ufficiali di uno degli Stati membri stabiliti nel suddetto pae
se; attestato rilasciato da società specializzate sul piano internazio
nale in mteria di controllo e di sorveglianza, che certifichi l'arrivo
nel suddetto paese, o per la destinazione in questione. I servizi
nazionali competenti possono riconoscere altri documenti come
equivalenti e possono esigere mezzi di prova complementari. Essi
ne informano subito la Commissione che informa immediatamen
te gli altri Stati membri».
3. - Col primo mezzo si fa carico alla Commissione di aver vio
lato l'art. 8, n. 1, del suddetto regolamento n. 1041/67, per aver
rifiutato di riconoscere, nella decisione impugnata, il valore dei
documenti prodotti dal ricorrente come prova dell'arrivo a de
stinazione delle merci di cui trattasi.
4. - Dal fascicolo risulta che le autorità belghe hanno ammes
so il pagamento delle restituzioni differenziate in base alla pre sentazione di una polizza di carico contenente dichiarazioni
identiche a quelle della licenza d'esportazione, alla duplice con
dizione che il suddetto documento sia una polizza di carico CIF
contenente la clausola « freight prepaid » (nolo anticipato) e sia
stato rilasciato da un agente riconosciuto dalla Compagnie Ma
ritime Anversoise.
5. - Il ricorrente sostiene che una siffatta polizza di carico non
costituisce soltanto un titolo di trasporto, ma, attestando che le
spese di trasporto sono state pagate in anticipo rispetto all'ope
razione di esportazione, garantisce lo svolgimento della stessa
fino alla destinazione convenuta. L'ulteriore condizione relativa
all'intervento di un agente riconosciuto dalla Compagnie Mari
time Anversoise è connessa al fatto che quest'ultima è garante
nei confronti dell'esportatore dell'arrivo della merce a destina
zione.
6. - Va ricordato che questa corte ha già affermato, nella sen
tenza 2 giugno 1976 (causa 125/75, Milch-Fett- und Eierkontor
c/ Hauptzollamt Hamburg-Jonas, Racc. pag. 771), che, per il ver
samento della restituzione differenziata, è necessario che la merce
sia stata sdoganata e messa, in libera pratica nel paese di desti
nazione, ed ha precisato che la questione del se la merce sia giun
ta sul mercato del paese di destinazione può essere risolta solo
in base a criteri obiettivi.
7. - Stando cosi le cose, giustamente la Commissione ha consi
derato che una polizza di carico, anche se contiene la clausola
« freight prepaid », non può costituire la prova dell'arrivo a de
stinazione delle merci ai sensi della normativa comunitaria.
8. - La situazione non cambia per il fatto che una siffatta po
lizza venga rilasciata da un agente riconosciuto dalla Compagnie
Maritime Anversoise, in quanto il ricorrente non è stato in grado
di precisare la portata dell'obbligo di garanzia che, a suo avviso,
incombe a tale ente o all'agente da esso riconosciuto, quanto al
l'arrivo della merce a destinazione.
9. - Il primo mezzo va quindi respinto.
10. - Col secondo mezzo si fa carico alla Commissione di aver
reagito tardivamente e di aver dato prova di negligenza. Il ri
corrente avrebbe informato la Commissione, in conformità all'art.
8, n. 1, del regolamento n. 1041/67, in merito ai documenti rite
nuti «equivalenti» ai sensi di questa norma, nel 1968 e nel 1971;
la Commissione si sarebbe limitata a trasmettere queste informa
zioni agli altri Stati membri, senza manifestare la propria inten
zione di rifiutare il riconoscimento dei documenti ammessi dalle
autorità belghe. Soltanto nel 1976 la Commissione avrebbe pre
cisato la propria posizione.
11. - Dalle considerazioni relative al primo mezzo risulta che
la prassi seguita dalle autorità belghe, nel senso di accettare, a
determinate condizioni, polizze di carico come prova dell'arrivo
delle merci a destinazione, deriva da una errata interpretazione
del diritto comunitario. Ciò posto, la Commissione non è tenuta
ad assumere a proprio carico, nell'ambito del FEAOG, le spese
effettuate su tale base, a meno che l'errata applicazione del di
ritto comunitario possa essere imputata ad una istituzione della
Comunità. La corte intende il secondo mezzo del ricorrente nel
senso che questo sostiene che l'errata interpretazione delle norme
in questione sarebbe dovuta al comportamento della Commis
sione.
12. - Il ricorrente ha ammesso che gli uffici della Commissio
ne hanno formalmente contestato, in una riunione del gruppo « meccanismo degli scambi » nel gennaio 1972, la validità della
polizza di carico « freight prepaid » alla luce della normativa
comunitaria, e che il Comitato di gestione per il latte e per i
prodotti lattiero-caseari ha unanimemente sostenuto, nella sua
300a riunione, in data 23 agosto 1973, la tesi del rappresentante
della Commissione, secondo cui gli Stati membri dovrebbero, per
quanto riguarda i controlli previsti dal regolamento n. 1041/67
ai fini della concessione delle restituzioni differenziate, esigere
prove relative al fatto che la merce è stata messa in libera pra
tica nel paese di destinazione.
13. - È vero che, come viene sostenuto dal ricorrente, queste
prese di posizione degli uffici della Commissione non possono
essere considerate come prese di posizione ufficiali della Com
missione in quanto istituzione comunitaria. Tuttavia, tenuto con
to in particolare dei termini non equivoci in cui gli uffici com
petenti della Commissione si erano espressi in merito alla prassi
seguita dalle autorità belghe, soltanto la chiara manifestazione
di un'opinione contraria della Commissione in quanto istituzio
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PARTE QUARTA
ne avrebbe potuto permettere al governo belga di considerare
che l'istituzione stessa aveva approvato la prassi controversa.
14. - Il ricorrente non ha fornito la prova della manifesta
zione di una opinione contraria; in particolare, tale manifesta
zione non risulta dalla semplice trasmissione agli altri Stati mem
bri, ai sensi dell'art. 8, n. 1, del regolamento n. 1041/67, delle
informazioni date dal governo belga sui documenti che essa con
siderava equivalenti a quelli contemplati dalla suddetta norma.
15. - Perciò il ricorrente non ha provato che l'errata applica zione delle disposizioni dell'art. 8 del regolamento n. 1041/67 da parte delle autorità belghe debba essere imputata alla Com
missione.
16. - Ne consegue che il ricorso dev'essere respinto. (Omissis) Per questi motivi, dichiara e statuisce:
1. Il ricorso è respinto. 2. Le spese sono poste a carico del ricorrente.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 16 dicembre 1980 (in causa 27/80); Pres. Pescatore, Avv. gen Mayras (conci, conf.); Fietje.
Comunità europee — CEE — Circolazione delle merci — Re
strizioni quantitative — Misure di effetto equivalente — De
nominazione delle bevande alcoliche — Limitazioni imposte ai prodotti di altri Stati membri — Divieto (Trattato CEE, art. 30, 177).
L'estensione, da parte di uno Stato membro, della disposizione che vieta la vendita di determinate bevande alcoliche sotto denominazione diversa da quella prescritta dalle leggi naziona
li, alle bevande importate da altri Stati membri in modo da
rendere necessaria la modifica dell'etichetta sotto la quale la
bevanda importata è legalmente distribuita nello Stato mem
bro esportatore, va considerata come una misura di effetto equi valente ad una restrizione quantitativa, vietata dall'art. 30 del
trattato CEE, qualora le indicazioni che si trovano sull'eti
chetta originale abbiano per i consumatori, per quanto ri
guarda la natura del prodotto, un contenuto informativo equi valente a quello della denominazione legalmente prescritta; le
valutazioni di fatto occorrenti per accertare l'esistenza di
siffatta equivalenza spettano al giudice nazionale. (1)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 10 luglio 1980 (in causa 152/78); Pres. Kutscher, Avv.
gen. Reischl (conci, conf.); Commissione CE c. Repubblica francese.
Comunità europee — CEE — Circolazione delle merci — Re strizioni quantitative — Misure di effetto equivalente —
Pubblicità delle bevande alcoliche — Discriminazione a dan no dei prodotti degli altri Stati membri — Divieto — Deroga per la tutela della salute pubblica — Insussistenza (Trattato CEE, art. 30, 36, 177).
La legislazione nazionale che limiti la pubblicità delle bevande
alcoliche, pur essendo in principio giustificata da preoccupa zioni inerenti alla tutela della salute pubblica, costituisce non dimeno una discriminazione arbitraria nel commercio fra gli Stati membri, ai sensi dell'art. 36 del trattato CEE, nella mi sura in cui ammette la pubblicità per determinati prodotti na
zionali, mentre la pubblicità per determinati prodotti con ca ratteristiche analoghe, ma originari di altri Stati membri, è li mitata o del tutto vietata. (2)
(1-2) Le sentenze si inseriscono in un'abbondante ed ormai conso lidata giurisprudenza della Corte di giustizia circa la definizione della nozione di misura d'effetto equivalente a restrizioni quantitative: v., in particolare, Corte giust. 20 febbraio 1979, in causa 120/78, Foro it., 1981, IV, 290, con nota di richiami, cui adda le osserva zioni di Mattera in Rev. marché commuti, 1980, 505; e 26 giugno 1980, in causa 788/79, Foro it., 1981, IV, 423, con nota di richiami, cui adde le osservazioni di Meier, in Europarecht, 1981, 44, entrambe sul
I
Diritto. — 1. - Con sentenza 19 dicembre 1979, pervenuta in
cancelleria il 18 gennaio 1980, l'Economische Politierechter (giu dice di polizia in materia economica) presso l'Arrondissements
rechtbank di Assen ha sottoposto a questa corte, a norma del
l'art. 177 del trattato CEE, una questione pregiudiziale relativa
all'interpretazione dell'art. 30 dello stesso trattato, onde valutare
la compatibilità, col diritto comunitario, dell'art. 1 del « Li
keurbesluit » (decreto sui liquori) olandese, in quanto detto arti
colo prescrive l'obbligo di usare la parola « likeur » per le be
vande ivi definite.
2. - La questione è stata sollevata nell'ambito di un procedi mento penale a carico di un commerciante di bevande imputato di aver venduto una bevanda, importata dalla Repubblica fede
rale di Germania e denominata « Berentzen Appel - Aus Apfel mit
Weizenkorn. 25 voi. % », la quale non recava la denominazione « likeur » pur rientrando nella sfera d'applicazione della sud
detta disposizione.
3. - Il « Likeurbesluit » è stato emanato in base agli art. 14 e
15 della « Warenwet » (legge sulle merci) olandese del 28 di
cembre 1935 (Staatsblad) 793). Detti articoli dispongono, fra l'al
tro, che, allo scopo di tutelare la salute pubblica o di promuo vere la lealtà dei negozi commerciali, possono essere stabilite, con
regolamento amministrativo generale, le denominazioni che van
no usate negli scambi delle merci qualora queste siano di un
tipo o abbiano una composizione contemplati dal regolamento.
4. - L'art. 1, n. 1, del «Likeurbesluit» 11 settembre 1953
(Staatsblad 466), nella versione attualmente vigente recita:
« Qualsiasi prodotto avente come ingredienti caratteristici al
cool etilico, zucchero, sostanze aromatiche e/o succo di frutta,
purché sia conforme alle disposizioni di cui all'art. 3, può e de
ve essere esclusivamente designato con uno dei seguenti termini: ' likeur ',
' tusselinkeur ', ' verloflikeur' (il termine ' likeur '
può, eventualmente essere scritto '
liqueur ' o r likorette '), quest'ulti
mo termine dev'essere immediatamente seguito dall'indicazione del contenuto di alcool in percentuale di volume a 15°C. Dette
designazioni possono usarsi unitamente con termini che preci sano il gusto o l'aroma ».
L'art. 3 del « Likeurbesluit » dispone che qualsiasi prodotto denominato in conformità all'art. 1, n. 1, deve avere un determi
problema della compatibilità con l'art. 30 del trattato CEE di norme nazionali sulla commercializzazione di prodotti che abbiano l'effetto di vietare od ostacolare l'importazione di merci lecitamente commer ciabili in altri Stati membri (è da segnalare, peraltro, nella sentenza in causa 27/80, il ruolo conferito ai giudizi nazionali per l'apprezza mento in concreto della sussistenza dell'equivalenza delle denomi nazioni). Sullo stesso argomento, v. più di recente Corte giust. 28 gen naio 1981, in causa 32/80 e 19 febbraio 1981, in causa 130/80, tutte inedite. Per un problema analogo ma in un settore dove sono inter venute direttive d'armonizzazione v. Corte giust. 2 dicembre 1980, in causa 815/79, Dir. scambi internaz., 1981, 243, con nota di Oddo. L'importanza di questa giurisprudenza è stata sottolineata dalla Com missione CE la quale, in una Comunicazione della Commissione sulle conseguenze della sentenza emessa dalla Corte di giustizia delle Co munità europee il 20 febbraio 1979 nella causa 120J78 (« Cassis de Dijon »), in G.U.C.E., 1980, C 256, p. 2, ha affermato che, a suo avviso, « imo Stato membro non può, in linea di massima, vietare la vendita sul proprio territorio di un prodotto legalmente fabbricato e posto in commercio in un altro Stato membro, anche se tale pro dotto è fabbricato secondo prescrizioni tecniche o qualitative diverse da quelle imposte ai suoi prodotti». La Commissione, in particolare, fa riferimento alle normative nazionali concernenti « la composizione, la designazione, la presentazione ed il condizionamento dei prodotti, nonché alle normative che prescrivono l'osservanza di talune disposi zioni tecniche».
La giurisprudenza della corte, comunque, tempera le affermazioni di tali principi, ammettendo le deroghe necessarie al perseguimento di interessi superiori, quali quelli elencati, a titolo apparentemente indicativo, nella già richiamata sentenza 20 febbraio 1978, in causa 120/78. Nel caso esaminato della sentenza annotata trattavasi della tutela della salute delle persone, di cui all'art. 36 del trattato CEE: su questo problema, di recente, oltre a gran parte delle sentenze già richiamate, v. Corte giust. 12 luglio 1979, in causa 153/78, Foro it., 1981, IV, 427, e 8 novembre 1979, in causa 251/78, ibid., 425, con nota di richiami, sulla quale v. le osservazioni di Wyatt, in Eur. Law Rev., 1980, 476.
Per una sentenza apparentemente contrastante con i principi conte nuti nei precedenti innanzi citati v. Corte giust. 8 novembre 1979, in causa 15/79, Foro it., 1981, IV, 426, con nota di richiami, sulla quale le osservazioni di Alexander, in Common Market Law Rev., 1980, 283 e di Wyatt, in Eur. Law Rev., 1980, 484.
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