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PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA || sentenza 17 gennaio 1991 (causa C-334/89);...

Date post: 30-Jan-2017
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sentenza 17 gennaio 1991 (causa C-334/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (concl. conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA (1992), pp. 239/240-243/244 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23186056 . Accessed: 28/06/2014 09:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.53 on Sat, 28 Jun 2014 09:27:24 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 17 gennaio 1991 (causa C-334/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (concl. conf.);Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italianaSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1992), pp. 239/240-243/244Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186056 .

Accessed: 28/06/2014 09:27

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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239 PARTE QUARTA 240

3) L'art. 90, n. 2, del trattato deve essere interpretato nel

senso che un'impresa o compagnia portuale che si trovi nella

situazione descritta nella prima questione non può essere consi

derata, unicamente in base agli elementi risultanti da tale iscri

zione, incaricata della gestione di servizi d'interesse economico

generale ai sensi di detta disposizione.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 17 gennaio 1991 (causa C-334/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (conci, conf.); Commissione delle Comunità eu

ropee c. Repubblica italiana.

Comunità europee — Cee — Caccia — Direttiva comunitaria

in materia di conservazione degli uccelli selvatici — Indivi

duazione delle zone di protezione speciale — Adozione di mi

sure di conservazione — Inadempimento della Repubblica ita

liana (Trattato Cee, art. 169; direttiva 2 aprile 1979 n. 79/409

Cee del consiglio, concernente la conservazione degli uccelli

selvatici, art. 4; direttiva 25 luglio 1985 n. 85/411 Cee della

commissione, concernente modifiche alla direttiva 79/409 Cee, art. 2).

La Repubblica italiana, non avendo adottato nel termine pre scrìtto — 31 luglio 1986 — /' provvedimenti necessari per dare

attuazione nell'ordinamento giuridico interno alla direttiva della

commissione 25 luglio 1985 n. 85/411 Cee, concernente la

conservazione degli uccelli selvatici, nella parte in cui stabili

sce che gli Stati membri devono individuare, per ciascuna del

le specie indicate, le zone di protezione speciale ed adottare

misure speciali di conservazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del trattato Cee. (1)

II

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 17 gennaio 1991 (causa C-157/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (conci, conf.); Commissione delle Comunità eu

ropee c. Repubblica italiana.

Comunità europee — Cee — Caccia — Direttiva comunitaria

in materia di conservazione degli uccelli selvatici — Autoriz

zazione alla caccia — Inadempimento della Repubblica italia

na (Trattato Cee, art. 169; direttiva 2 aprile 1979 n. 79/409

Cee del consiglio, art. 7; 1. 27 dicembre 1977 n. 968, principi

generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna

e la disciplina della caccia).

La Repubblica italiana, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione e du

rante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza, non

ché a diverse specie migratorie durante il ritorno al luogo di

nidificazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono

in forza del trattato Cee. (2)

(1-2) I. - L'Italia era già stata condannata per il fatto di non aver adottato nel termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regola mentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2

aprile 1979 n. 79/409 Cee del consiglio v. Corte giust. 8 luglio 1987, causa 262/85, Foro it., 1987, IV, 390, con nota di richiami ed osserva zioni di Pardolesi.

Per l'affermazione secondo cui l'art. 7, punto 4, direttiva Cee del

consiglio 2 aprile 1979 n. 79/409 ha immediata efficacia operativa nel l'ambito nazionale, nella parte in cui esclude la possibilità di cacciare

qualsiasi specie avicola durante il periodo di nidificazione e di riprodu zione, nonché delle specie migratorie durante il periodo di ritorno al

Il Foro Italiano — 1992.

I

1. - Con atto depositato nella cancelleria della corte il 30 ot

tobre 1989, la commissione delle Comunità europee ha presen

tato, ai sensi dell'art. 169 del trattato Cee, un ricorso volto

a far constatare che la Repubblica italiana, non avendo adotta

to nel termine prescritto le misure necessarie per dare attuazio

ne nell'ordinamento giuridico interno alla direttiva della com

missione 25 luglio 1985 n. 85/411/Cee, che modifica la diretti

va 79/409/Cee concernente la conservazione degli uccelli selvatici

(G.U. L 233, pag. 33), o non avendo comunque informato la

commissione di tali misure, è venuta meno agli obblighi che

le incombono in virtù del trattato Cee.

2. - L'art. 4, n. 1, 1° comma, della direttiva 79/409/Cee,

concernente la conservazione degli uccelli selvatici impone agli

Stati membri l'obbligo di adottare misure speciali di conserva

zione per quanto riguarda l'habitat delle specie elencate nell'al

legato I della direttiva, al fine di garantirne la sopravvivenza

e la riproduzione nella loro area di distribuzione. In conformità

con quanto disposto dall'ultimo comma di questa norma, gli Stati membri devono classificare in particolare come zone di

protezione speciale i territori più idonei in numero e in superfi cie alla conservazione di tali specie.

3. - La direttiva 85/411/Cee ha sostituito l'allegato I della

direttiva 79/409/Cee. Il nuovo allegato I elenca 144 specie per le quali debbono essere adottate misure speciali di considerazio

ne. L'art. 2 della direttiva 85/411/Cee stabilisce che gli Stati

membri debbono mettere in vigore le disposizioni di applicazio ne entro il 31 luglio 1986 ed informarne immediatamente la com

missione.

4. - Secondo quest'ultima, per ogni specie indicata nell'alle

gato I della direttiva, gli Stati membri debbono fornire le zone

di protezione speciale ed adottare misure speciali di conserva

zione. Essa fa presente che spetta allo Stato membro, il quale

ritenga inapplicabili le prescrizioni di una direttiva per mancan

za di taluni presupposti di fatto, giustificare la mancata adozio

ne di misure di trasposizione. Per quanto riguarda la presente

causa, la commissione precisa che l'attuazione degli obblighi ai quali fa riferimento l'allegato I della direttiva deve consistere

nell'individuare, per ciascuna specie, le zone di protezione spe ciale e nell'adottare misure speciali di conservazione.

5. - Il governo italiano osserva che il nuovo allegato I stabili

to dalla direttiva 85/411/Cee comprende molte specie di uccelli

che non sono presenti sul territorio italiano. A suo avviso sa

rebbe stato compito della commissione indicare le specie che

dovevano costituire oggetto di misure speciali di conservazione

in Italia. Di conseguenza, mancando tale indicazione, esso non

era obbligato ad adottare e dunque a notificare misure di attua

zione della direttiva per quanto riguarda le specie elencate nel

l'allegato I.

6. - Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svol

gimento del procedimento nonché dei mezzi ed argomenti delle

parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del

fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla com

prensione del ragionamento della corte.

7. - Bisogna ricordare che, secondo il sistema di tutela speci fica fissato per la specie di uccelli di cui all'allegato I della di

luogo di nidificazione, fin quando il legislatore nazionale non identifi cherà con atti normativi puntuali le eventuali deroghe, v. Trga Trento 10 aprile 1990, n. 162, id., Rep. 1990, voce Caccia, n. 36. Sul punto v. pure Tar Friuli-Venezia Giulia 26 marzo 1985, n. 58, id., Rep. 1985, voce cit., n. 15, secondo cui la suddetta direttiva, necessitando di nor me attuative, non trova diretta applicazione nell'ambito della regione Friuli-Venezia Giulia che, per essere dotata di propria potestà legislati va primaria, ha autonomamente disciplinato la materia.

Sui criteri ed i limiti di applicazione della direttiva 79/409, v. pure Corte giust. 28 febbraio 1991, causa 57/89, id., 1991, IV, 409 e 17 settembre 1987, causa 412/85, id., Rep. 1990, voce Comunità europee, n. 323.

Sulla nozione di uccellagione e di cattura di uccelli nella legislazione nazionale e regionale italiana, v. Cass. 23 giugno 1990, n. 6392, id., 1991, I, 2035, con nota di richiami.

II. - Da ultimo, cfr. la nuova disciplina in materia di caccia di cui alla 1. 11 febbraio 1992 n. 157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (Le leggi, 1992, I, 1222).

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241 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 242

rettiva, ogni Stato membro è obbligato, ai sensi dell'art. 4, n.

1, della direttiva, ad adottare le misure speciali di protezione e di conservazione richieste per queste specie. Esso deve in se

guito comunicare alla commissione le modalità di adempimento di questi obblighi.

8. - Come ha sottolineato la corte nella sentenza 8 luglio 1987, Commissione/Italia (262/85, Racc. pag. 3073; Foro it., 1987,

IV, 390), l'esattezza della trasposizione ha particolare impor tanza in un caso come quello della direttiva 79/409/Cee, in cui

la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territo

rio, ai rispettivi Stati membri.

9. - Risulta da questa ripartizione di responsabilità che spetta

agli Stati membri identificare le specie che debbono fare ogget to delle misure speciali di protezione e di conservazione pre scritte dall'art. 4, n. 1, della direttiva. Questi ultimi possono d'altra parte accertare meglio della commissione quali delle spe cie elencate nell'allegato I della direttiva si trovino sul loro ter

ritorio.

10. - Bisogna far notare che né durante il procedimento di

nanzi alla corte né anteriormente il governo italiano ha asserito

di aver adottato misure speciali di conservazione a livello nazio

nale per le specie elencate in questo allegato. D'altra parte esso

non ha affatto sostenuto che il territorio italiano non ospiti al

cuna delle specie indicate. Di conseguenza, esso avrebbe dovu

to, per le specie presenti, fissare zone di protezione speciale ed

adottare misure speciali di conservazione.

11. - Bisogna, pertanto, constatare che la Repubblica italia

na, non avendo adottato nel termine prescritto i provvedimenti necessari per dare attuazione nell'ordinamento giuridico interno

alla direttiva della commissione 25 luglio 1985 n. 85/411/Cee, che modifica la direttiva 79/409/Cee, concernente la conserva

zione degli uccelli selvatici, è venuta meno agli obblighi che le

incombono in forza del trattato Cee. (Omissis) Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:

1. - La Repubblica italiana, non avendo adottato nel termine

prescritto i provvedimenti necessari per dare attuazione nell'or

dinamento giuridico interno alla direttiva della commissione 25

luglio 1985 n. 85/411/Cee, che modifica la direttiva 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, è venuta meno

agli obblighi che le incombono in forza del trattato Cee.

2. - La Repubblica italiana è condannata alle spese.

II

1. - Con atto depositato nella cancelleria della corte il 2 mag

gio 1989, la commissione delle Comunità europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del trattato Cee, un ricorso inteso a far

constatare che, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli

selvatici durante il periodo della nidificazione e durante le varie

fasi della riproduzione e della dipendenza nonché a diverse spe cie migratorie durante il periodo di ritorno al luogo di nidifica

zione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che

le incombono in forza della direttiva del consiglio 2 aprile 1979, n. 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selva

tici (G.U. L 103, pag. 1). 2. - La commissione sostiene che la normativa italiana sulla

caccia è incompatibile con l'art. 7, n. 4, -seconda e terza frase

della direttiva, in quanto autorizza, in primo luogo, a partire dal 18 agosto, la caccia a talune specie di uccelli, che in tale

data si trovano ancora nello stadio della riproduzione e della

dipendenza e, in secondo luogo, fino al 28 febbraio o, a secon

da dei casi, fino al 10 marzo, la caccia ad alcune specie di uc

celli migratori che i tali date già sorvolano il territorio italiano

per ritornare al luogo di nidificazione.

3. - A sostegno di queste affermazioni la commissione fa rife

rimento a talune pubblicazioni scientifiche, in particolare allo

«Handbook of the Birds of Europe, the Middle East and North

Africa» pubblicato da Cramps & Simmons, come pure ad una

relazione sulla migrazione primaverile degli uccelli, redatta dal

l'Istituto nazionale di biologia della selvaggina (Bologna). 4. - Per una più ampia illustrazione del constesto giuridico

e degli antefatti della controversia, delle fasi del procedimento

nonché dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla

relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richia

II Foro Italiano — 1992.

mati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragio namento della corte.

Sulla ricevibilità

5. - Il governo italiano afferma che i motivi contenuti nel

ricorso sono già stati respinti dalla corte nella sentenza 8 luglio

1987, Commissione Italia (causa 262/85, Race. pag. 3073; Foro

it., 1987, IV, 390) e che, pertanto, non sono riproponibili. 6. - La commissione, per contro, sostiene che, nella presente

causa, il ricorso è inteso a far constatare dalla corte non già che la normativa italiana, nel fissare le date di apertura della

caccia, non abbia tenuto conto dei vari periodi di protezione indicati nell'art. 7, n. 4, della direttiva, bensì che le date scelte

dal governo italiano per i vari periodi di caccia non sono con

formi a quanto prescritto da detta disposizione. Nella causa

262/85 questo motivo era stato dedotto dalla commissione nella

memoria di replica. Esso è perciò stato disatteso dalla corte

per la sola ragione che non era stato formulato né durante la

fase precontenziosa né nel ricorso.

7. - L'eccezione sollevata dal governo italiano non può essere

accolta. Infatti, dalla menzionata sentenza emerge che il motivo

relativo alla necessità di vietare la caccia durante taluni periodi è stato disatteso in quella causa per motivi di procedura. La

corte non si è, pertanto, pronunciata sulla sua fondatezza.

Nel merito

8. - Il governo italiano sostiéne innanzitutto che la normativa

nazionale rispetta le condizioni fissate dall'art. 7, n. 4, seconda

e terza frase, della direttiva, poiché, da un lato, la maggior

parte delle nidiate delle specie considerate sono di norma già

indipedenti a partire dal 18 agosto e, dall'altro, gli uccelli mi

gratori di cui trattasi non sorvolano di norma il territorio italia

no in numero rilevante prima del 28 febbraio, a seconda dei

casi, del 10 marzo.

9. - Il governo italiano ritiene altresì che le opere citate dalla

commissione abbiano carattere generale e non tengano conto

della specificità della situazione italiana. A suo parere, la com

missione non ha dimostrato la pertinenza dei dati ornitologici in esse contenuti per quanto riguarda le specie contemplate nel

ricorso.

10. - Il governo italiano osserva infine che le regioni possono modificare le date di apertura e di chiusura della caccia fissate

dalla normativa nazionale per tener conto di cicli di nidificazio

ne o di particolari movimenti migratori.

Sulle questioni di principio

11. - L'argomentazione del governo italiano solleva così tre

questioni di principio: la portata dell'art. 7, n. 4, seconda e

terza frase, della direttiva, la natura degli elementi scientifici

richiesti per soddisfare l'onere della prova nel campo dell'avi

fauna, e la questione di sapere in quale misura la trasposizione della citata disposizione possa essere assicurata dalle autorità

regionali di uno Stato membro.

12. - Per quanto riguarda la prima questione, cioè l'interpre tazione dell'art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva,

emerge dagli atti che i cicli della riproduzione e i movimenti

migratori degli uccelli sono caratterizzati da una certa variabili

tà, che, in ragione delle circostanze metereologiche, interessa,

in particolare, i periodi durante i quali detti fenomeni si verifi

cano. Così, talune nidiate di una determinata specie possono

ancora trovarsi nel nido o in uno stato di dipendenza alimenta

re in una data posteriore al periodo medio di riproduzione. Pa

rimenti, taluni uccelli di una determinata specie migratoria pos

sono iniziare il loro ritorno verso il luogo di nidificazione in

una data relativamente precoce rispetto alla media dei flussi mi

gratori. 13. - Si tratta, pertanto, di accertare se uno Stato membro

possa autorizzare la caccia a partire dal momento in cui la mag

gioranza delle nidiate di una determinata specie ha raggiunto

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243 PARTE QUARTA 244

la sua indipendenza alimentare e per il tempo in cui la maggior

parte degli uccelli di una specie migratoria non sorvoli ancora

il territorio di questo Stato membro per ritornare al luogo di

nidificazione, ovvero se il legislatore nazionale debba aggiunge re al periodo abituale di riproduzione e di dipendenza, come

pure al periodo di migrazione, un periodo supplementare onde

tener conto delle variazioni di cui sopra. 14. - A questo proposito si deve sottolineare che l'art. 7, n.

4, seconda e terza frase, della direttiva intende garantire un re

gime completo di protezione durante i periodi in cui la soprav vivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata. Di

conseguenza, la protezione contro le attività venatorie non può essere limitata alla maggioranza degli uccelli di una data specie, determinata secondo la media dei cicli riproduttivi e dei movi

menti migratori. Sarebbe incompatibile con gli obiettivi della

direttiva che, in situazioni caratterizzate da una prolungata di

pendenza delle nidiate e di una migrazione precoce, una parte della popolazione di una specie sfuggisse alla prevista protezione.

15. - Per quanto riguarda la seconda questione, cioè la natu

ra della prova di produrre in questa materia e la pertinenza delle pubblicazioni scientifiche citate dalla commissione, è paci fico che le opere di cui trattasi fanno testo nel campo dell'avi

fauna. A proposito della tesi del governo italiano, secondo la

quale i dati forniti dalla commissione non riguardano specifica

mente la situazione italiana, si deve osservare che in mancanza

di letteratura specifica relativa al territorio dello Stato membro

interessato, la commissione può fare riferimento ad opere orni

tologiche vertenti su un'area generale di distribuzione nella qua le rientra lo Stato membro. Il governo italiano, d'altronde, non

ha prodotto studi scientifici alternativi per contestare le indica

zioni fornite dalla commissione.

16. - Per quanto riguarda la terza questione, concernente la

possibilità che la direttiva sia attuata dalle regioni italiane me

diante l'uso della loro facoltà di derogare ai periodi di caccia

fissati dalla normativa nazionale, e di vietare o di limitare la

caccia, quando sussistano determinate condizioni, si deve sotto

lineare che una normativa nazionale che dichiara la caccia a

talune specie aperta in linea di principio, salvo contrarie dispo sizioni emanate dalle autorità regionali, non risponde alle esi

genze di protezione risultanti dalla direttiva.

17. - Infatti, come si ricava dalle sentenze della corte 8 luglio 1987 (causa 247/85, Commissione c/Belgio, Racc. pag. 3029

e causa 262/85, Commissione c/Italia, Racc. pag. 3073), sareb

be incompatibile col principio della certezza del diritto di per mettere ad uno Stato membro di invocare il potere normativo

delle autorità regionali per giustificare una legislazione naziona

le che non rispetti i divieti sanciti da una direttiva.

Sul motivo concernente l'apertura della caccia a quattro specie a partire dal 18 agosto

18. - La commissione sostiene che le disposizioni nazionali

che autorizzano la caccia alla folaga, alla gallinella d'acqua, al germano reale e al merlo a partire dal 18 agosto sono incom

patibili con l'art. 7, n. 4, seconda frase, della direttiva, poiché il periodo della riproduzione e della dipendenza di queste specie non si è ancora concluso in tale data.

19. - Si deve constatare che, in base alle rilevazioni scientifi

che fornite dalla commissione per le specie sopra menzionate, è possibile che il 18 agosto una parte considerevole delle nidiate

di tre delle specie menzionate, e precisamente le nidiate delle

folaghe, delle gallinelle d'acqua e dei germani reali, si trovi an

cora nel nido o in stato di dipendenza alimentare. Dai medesimi

dati, invece, emerge che le nidiate dei merli raggiungono la loro

indipendenza prima di tale data.

20. - Ne consegue che, fatta eccezione per quanto riguarda il merlo, il primo motivo della commissione deve essere accolto.

Sul motivo concernente l'apertura della caccia a diciannove spe cie fino al 28 febbraio o 10 marzo

21. - La commissione ritiene, in secondo luogo, che le norme

nazionali ai cui sensi possono essere cacciate fino al 28 febbraio

Il Foro Italiano — 1992.

dieci specie migratorie e fino al 10 marzo altre nove specie che

durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo attraversano l'Ita

lia per raggiungere il loro luogo di nidificazione nell'Europa centrale e nell'Europa settentrionale, non siano conformi all'art.

7, n. 4, terza frase, della direttiva.

22. - Nei confronti di questo motivo, il governo italiano de

duce che la normativa nazionale ha adattato i periodi di caccia

alle prescrizioni della convenzione internazionale sulla protezio ne degli uccelli del 18 ottobre 1950 relative alla protezione degli uccelli migratori. Sottolinea che in mancanza di concrete indi

cazioni normative nella direttiva, le prescrizioni della conven

zione sopra considerata possono essere ammesse come criteri

di una adeguata protezione degli uccelli migratori nel contesto

della direttiva.

23. - È sufficiente rilevare che la convenzione considerata, la quale esige che gli uccelli migratori siano protetti in partico lare nel mese di marzo, non può costituire un elemento fonda

mentale per l'interpretazione della direttiva, le cui condizioni

di protezione sono più severe.

24. - Si deve constatare che, secondo le rilevazioni scientifi

che fornite dalla commissione sulle specie migratorie menziona

te nel ricorso, in particolare il rapporto dell'Istituto nazionale

di biologia della selvaggina, è possibile che una parte rilevante

di dette specie attraversi il territorio italiano già a partire dal

mese di febbraio, cosicché la normativa italiana non risulta con

forme alla citata disposizione della direttiva.

25. - A proposito delle varie specie, si deve tuttavia rilevare

che l'inosservanza della direttiva non è stata dimostrata in mo

do sufficiente per quanto riguarda due di esse, cioè la pettegola e il chiurlo. Infatti nel rapporto sopra menzionato, viene indi

cato che la pettegola sorvola il territorio italiano solo a partire della prima metà del mese di marzo e che il chiurlo sorvola

il territorio italiano durante il periodo a cavallo tra i mesi di

marzo e aprile. 26. - Ne consegue che, fatta eccezione per quanto riguarda

la pettegola e il chiurlo, il secondo motivo dedotto dalla com

missione deve essere accolto.

27. - Si deve, pertanto, constatare che, autorizzando la caccia

a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidi

ficazione e durante le varie fasi della riproduzione e della di

pendenza, nonché a diverse specie migratorie durante il ritorno

verso il luogo di nidificazione, la Repubblica italiana è venuta

meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva

del consiglio, 2 aprile 1979, n. 79/409/Cee, concernente la con

servazione degli uccelli selvatici. (Omissis) Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana, autorizzando la caccia a diverse

specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione

e durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza, nonché a diverse specie migratorie durante il ritorno al luogo di nidificazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono

in forza della direttiva del consiglio, 2 aprile 1979, n. 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

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