sentenza 17 gennaio 1991 (causa C-334/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (concl. conf.);Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italianaSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1992), pp. 239/240-243/244Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186056 .
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239 PARTE QUARTA 240
3) L'art. 90, n. 2, del trattato deve essere interpretato nel
senso che un'impresa o compagnia portuale che si trovi nella
situazione descritta nella prima questione non può essere consi
derata, unicamente in base agli elementi risultanti da tale iscri
zione, incaricata della gestione di servizi d'interesse economico
generale ai sensi di detta disposizione.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 17 gennaio 1991 (causa C-334/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (conci, conf.); Commissione delle Comunità eu
ropee c. Repubblica italiana.
Comunità europee — Cee — Caccia — Direttiva comunitaria
in materia di conservazione degli uccelli selvatici — Indivi
duazione delle zone di protezione speciale — Adozione di mi
sure di conservazione — Inadempimento della Repubblica ita
liana (Trattato Cee, art. 169; direttiva 2 aprile 1979 n. 79/409
Cee del consiglio, concernente la conservazione degli uccelli
selvatici, art. 4; direttiva 25 luglio 1985 n. 85/411 Cee della
commissione, concernente modifiche alla direttiva 79/409 Cee, art. 2).
La Repubblica italiana, non avendo adottato nel termine pre scrìtto — 31 luglio 1986 — /' provvedimenti necessari per dare
attuazione nell'ordinamento giuridico interno alla direttiva della
commissione 25 luglio 1985 n. 85/411 Cee, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici, nella parte in cui stabili
sce che gli Stati membri devono individuare, per ciascuna del
le specie indicate, le zone di protezione speciale ed adottare
misure speciali di conservazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del trattato Cee. (1)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 17 gennaio 1991 (causa C-157/89); Pres. Due, Avv. gen. Van Gerven (conci, conf.); Commissione delle Comunità eu
ropee c. Repubblica italiana.
Comunità europee — Cee — Caccia — Direttiva comunitaria
in materia di conservazione degli uccelli selvatici — Autoriz
zazione alla caccia — Inadempimento della Repubblica italia
na (Trattato Cee, art. 169; direttiva 2 aprile 1979 n. 79/409
Cee del consiglio, art. 7; 1. 27 dicembre 1977 n. 968, principi
generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna
e la disciplina della caccia).
La Repubblica italiana, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione e du
rante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza, non
ché a diverse specie migratorie durante il ritorno al luogo di
nidificazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono
in forza del trattato Cee. (2)
(1-2) I. - L'Italia era già stata condannata per il fatto di non aver adottato nel termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regola mentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2
aprile 1979 n. 79/409 Cee del consiglio v. Corte giust. 8 luglio 1987, causa 262/85, Foro it., 1987, IV, 390, con nota di richiami ed osserva zioni di Pardolesi.
Per l'affermazione secondo cui l'art. 7, punto 4, direttiva Cee del
consiglio 2 aprile 1979 n. 79/409 ha immediata efficacia operativa nel l'ambito nazionale, nella parte in cui esclude la possibilità di cacciare
qualsiasi specie avicola durante il periodo di nidificazione e di riprodu zione, nonché delle specie migratorie durante il periodo di ritorno al
Il Foro Italiano — 1992.
I
1. - Con atto depositato nella cancelleria della corte il 30 ot
tobre 1989, la commissione delle Comunità europee ha presen
tato, ai sensi dell'art. 169 del trattato Cee, un ricorso volto
a far constatare che la Repubblica italiana, non avendo adotta
to nel termine prescritto le misure necessarie per dare attuazio
ne nell'ordinamento giuridico interno alla direttiva della com
missione 25 luglio 1985 n. 85/411/Cee, che modifica la diretti
va 79/409/Cee concernente la conservazione degli uccelli selvatici
(G.U. L 233, pag. 33), o non avendo comunque informato la
commissione di tali misure, è venuta meno agli obblighi che
le incombono in virtù del trattato Cee.
2. - L'art. 4, n. 1, 1° comma, della direttiva 79/409/Cee,
concernente la conservazione degli uccelli selvatici impone agli
Stati membri l'obbligo di adottare misure speciali di conserva
zione per quanto riguarda l'habitat delle specie elencate nell'al
legato I della direttiva, al fine di garantirne la sopravvivenza
e la riproduzione nella loro area di distribuzione. In conformità
con quanto disposto dall'ultimo comma di questa norma, gli Stati membri devono classificare in particolare come zone di
protezione speciale i territori più idonei in numero e in superfi cie alla conservazione di tali specie.
3. - La direttiva 85/411/Cee ha sostituito l'allegato I della
direttiva 79/409/Cee. Il nuovo allegato I elenca 144 specie per le quali debbono essere adottate misure speciali di considerazio
ne. L'art. 2 della direttiva 85/411/Cee stabilisce che gli Stati
membri debbono mettere in vigore le disposizioni di applicazio ne entro il 31 luglio 1986 ed informarne immediatamente la com
missione.
4. - Secondo quest'ultima, per ogni specie indicata nell'alle
gato I della direttiva, gli Stati membri debbono fornire le zone
di protezione speciale ed adottare misure speciali di conserva
zione. Essa fa presente che spetta allo Stato membro, il quale
ritenga inapplicabili le prescrizioni di una direttiva per mancan
za di taluni presupposti di fatto, giustificare la mancata adozio
ne di misure di trasposizione. Per quanto riguarda la presente
causa, la commissione precisa che l'attuazione degli obblighi ai quali fa riferimento l'allegato I della direttiva deve consistere
nell'individuare, per ciascuna specie, le zone di protezione spe ciale e nell'adottare misure speciali di conservazione.
5. - Il governo italiano osserva che il nuovo allegato I stabili
to dalla direttiva 85/411/Cee comprende molte specie di uccelli
che non sono presenti sul territorio italiano. A suo avviso sa
rebbe stato compito della commissione indicare le specie che
dovevano costituire oggetto di misure speciali di conservazione
in Italia. Di conseguenza, mancando tale indicazione, esso non
era obbligato ad adottare e dunque a notificare misure di attua
zione della direttiva per quanto riguarda le specie elencate nel
l'allegato I.
6. - Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svol
gimento del procedimento nonché dei mezzi ed argomenti delle
parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del
fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla com
prensione del ragionamento della corte.
7. - Bisogna ricordare che, secondo il sistema di tutela speci fica fissato per la specie di uccelli di cui all'allegato I della di
luogo di nidificazione, fin quando il legislatore nazionale non identifi cherà con atti normativi puntuali le eventuali deroghe, v. Trga Trento 10 aprile 1990, n. 162, id., Rep. 1990, voce Caccia, n. 36. Sul punto v. pure Tar Friuli-Venezia Giulia 26 marzo 1985, n. 58, id., Rep. 1985, voce cit., n. 15, secondo cui la suddetta direttiva, necessitando di nor me attuative, non trova diretta applicazione nell'ambito della regione Friuli-Venezia Giulia che, per essere dotata di propria potestà legislati va primaria, ha autonomamente disciplinato la materia.
Sui criteri ed i limiti di applicazione della direttiva 79/409, v. pure Corte giust. 28 febbraio 1991, causa 57/89, id., 1991, IV, 409 e 17 settembre 1987, causa 412/85, id., Rep. 1990, voce Comunità europee, n. 323.
Sulla nozione di uccellagione e di cattura di uccelli nella legislazione nazionale e regionale italiana, v. Cass. 23 giugno 1990, n. 6392, id., 1991, I, 2035, con nota di richiami.
II. - Da ultimo, cfr. la nuova disciplina in materia di caccia di cui alla 1. 11 febbraio 1992 n. 157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (Le leggi, 1992, I, 1222).
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241 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 242
rettiva, ogni Stato membro è obbligato, ai sensi dell'art. 4, n.
1, della direttiva, ad adottare le misure speciali di protezione e di conservazione richieste per queste specie. Esso deve in se
guito comunicare alla commissione le modalità di adempimento di questi obblighi.
8. - Come ha sottolineato la corte nella sentenza 8 luglio 1987, Commissione/Italia (262/85, Racc. pag. 3073; Foro it., 1987,
IV, 390), l'esattezza della trasposizione ha particolare impor tanza in un caso come quello della direttiva 79/409/Cee, in cui
la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territo
rio, ai rispettivi Stati membri.
9. - Risulta da questa ripartizione di responsabilità che spetta
agli Stati membri identificare le specie che debbono fare ogget to delle misure speciali di protezione e di conservazione pre scritte dall'art. 4, n. 1, della direttiva. Questi ultimi possono d'altra parte accertare meglio della commissione quali delle spe cie elencate nell'allegato I della direttiva si trovino sul loro ter
ritorio.
10. - Bisogna far notare che né durante il procedimento di
nanzi alla corte né anteriormente il governo italiano ha asserito
di aver adottato misure speciali di conservazione a livello nazio
nale per le specie elencate in questo allegato. D'altra parte esso
non ha affatto sostenuto che il territorio italiano non ospiti al
cuna delle specie indicate. Di conseguenza, esso avrebbe dovu
to, per le specie presenti, fissare zone di protezione speciale ed
adottare misure speciali di conservazione.
11. - Bisogna, pertanto, constatare che la Repubblica italia
na, non avendo adottato nel termine prescritto i provvedimenti necessari per dare attuazione nell'ordinamento giuridico interno
alla direttiva della commissione 25 luglio 1985 n. 85/411/Cee, che modifica la direttiva 79/409/Cee, concernente la conserva
zione degli uccelli selvatici, è venuta meno agli obblighi che le
incombono in forza del trattato Cee. (Omissis) Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:
1. - La Repubblica italiana, non avendo adottato nel termine
prescritto i provvedimenti necessari per dare attuazione nell'or
dinamento giuridico interno alla direttiva della commissione 25
luglio 1985 n. 85/411/Cee, che modifica la direttiva 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, è venuta meno
agli obblighi che le incombono in forza del trattato Cee.
2. - La Repubblica italiana è condannata alle spese.
II
1. - Con atto depositato nella cancelleria della corte il 2 mag
gio 1989, la commissione delle Comunità europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del trattato Cee, un ricorso inteso a far
constatare che, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli
selvatici durante il periodo della nidificazione e durante le varie
fasi della riproduzione e della dipendenza nonché a diverse spe cie migratorie durante il periodo di ritorno al luogo di nidifica
zione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che
le incombono in forza della direttiva del consiglio 2 aprile 1979, n. 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selva
tici (G.U. L 103, pag. 1). 2. - La commissione sostiene che la normativa italiana sulla
caccia è incompatibile con l'art. 7, n. 4, -seconda e terza frase
della direttiva, in quanto autorizza, in primo luogo, a partire dal 18 agosto, la caccia a talune specie di uccelli, che in tale
data si trovano ancora nello stadio della riproduzione e della
dipendenza e, in secondo luogo, fino al 28 febbraio o, a secon
da dei casi, fino al 10 marzo, la caccia ad alcune specie di uc
celli migratori che i tali date già sorvolano il territorio italiano
per ritornare al luogo di nidificazione.
3. - A sostegno di queste affermazioni la commissione fa rife
rimento a talune pubblicazioni scientifiche, in particolare allo
«Handbook of the Birds of Europe, the Middle East and North
Africa» pubblicato da Cramps & Simmons, come pure ad una
relazione sulla migrazione primaverile degli uccelli, redatta dal
l'Istituto nazionale di biologia della selvaggina (Bologna). 4. - Per una più ampia illustrazione del constesto giuridico
e degli antefatti della controversia, delle fasi del procedimento
nonché dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla
relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richia
II Foro Italiano — 1992.
mati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragio namento della corte.
Sulla ricevibilità
5. - Il governo italiano afferma che i motivi contenuti nel
ricorso sono già stati respinti dalla corte nella sentenza 8 luglio
1987, Commissione Italia (causa 262/85, Race. pag. 3073; Foro
it., 1987, IV, 390) e che, pertanto, non sono riproponibili. 6. - La commissione, per contro, sostiene che, nella presente
causa, il ricorso è inteso a far constatare dalla corte non già che la normativa italiana, nel fissare le date di apertura della
caccia, non abbia tenuto conto dei vari periodi di protezione indicati nell'art. 7, n. 4, della direttiva, bensì che le date scelte
dal governo italiano per i vari periodi di caccia non sono con
formi a quanto prescritto da detta disposizione. Nella causa
262/85 questo motivo era stato dedotto dalla commissione nella
memoria di replica. Esso è perciò stato disatteso dalla corte
per la sola ragione che non era stato formulato né durante la
fase precontenziosa né nel ricorso.
7. - L'eccezione sollevata dal governo italiano non può essere
accolta. Infatti, dalla menzionata sentenza emerge che il motivo
relativo alla necessità di vietare la caccia durante taluni periodi è stato disatteso in quella causa per motivi di procedura. La
corte non si è, pertanto, pronunciata sulla sua fondatezza.
Nel merito
8. - Il governo italiano sostiéne innanzitutto che la normativa
nazionale rispetta le condizioni fissate dall'art. 7, n. 4, seconda
e terza frase, della direttiva, poiché, da un lato, la maggior
parte delle nidiate delle specie considerate sono di norma già
indipedenti a partire dal 18 agosto e, dall'altro, gli uccelli mi
gratori di cui trattasi non sorvolano di norma il territorio italia
no in numero rilevante prima del 28 febbraio, a seconda dei
casi, del 10 marzo.
9. - Il governo italiano ritiene altresì che le opere citate dalla
commissione abbiano carattere generale e non tengano conto
della specificità della situazione italiana. A suo parere, la com
missione non ha dimostrato la pertinenza dei dati ornitologici in esse contenuti per quanto riguarda le specie contemplate nel
ricorso.
10. - Il governo italiano osserva infine che le regioni possono modificare le date di apertura e di chiusura della caccia fissate
dalla normativa nazionale per tener conto di cicli di nidificazio
ne o di particolari movimenti migratori.
Sulle questioni di principio
11. - L'argomentazione del governo italiano solleva così tre
questioni di principio: la portata dell'art. 7, n. 4, seconda e
terza frase, della direttiva, la natura degli elementi scientifici
richiesti per soddisfare l'onere della prova nel campo dell'avi
fauna, e la questione di sapere in quale misura la trasposizione della citata disposizione possa essere assicurata dalle autorità
regionali di uno Stato membro.
12. - Per quanto riguarda la prima questione, cioè l'interpre tazione dell'art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva,
emerge dagli atti che i cicli della riproduzione e i movimenti
migratori degli uccelli sono caratterizzati da una certa variabili
tà, che, in ragione delle circostanze metereologiche, interessa,
in particolare, i periodi durante i quali detti fenomeni si verifi
cano. Così, talune nidiate di una determinata specie possono
ancora trovarsi nel nido o in uno stato di dipendenza alimenta
re in una data posteriore al periodo medio di riproduzione. Pa
rimenti, taluni uccelli di una determinata specie migratoria pos
sono iniziare il loro ritorno verso il luogo di nidificazione in
una data relativamente precoce rispetto alla media dei flussi mi
gratori. 13. - Si tratta, pertanto, di accertare se uno Stato membro
possa autorizzare la caccia a partire dal momento in cui la mag
gioranza delle nidiate di una determinata specie ha raggiunto
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243 PARTE QUARTA 244
la sua indipendenza alimentare e per il tempo in cui la maggior
parte degli uccelli di una specie migratoria non sorvoli ancora
il territorio di questo Stato membro per ritornare al luogo di
nidificazione, ovvero se il legislatore nazionale debba aggiunge re al periodo abituale di riproduzione e di dipendenza, come
pure al periodo di migrazione, un periodo supplementare onde
tener conto delle variazioni di cui sopra. 14. - A questo proposito si deve sottolineare che l'art. 7, n.
4, seconda e terza frase, della direttiva intende garantire un re
gime completo di protezione durante i periodi in cui la soprav vivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata. Di
conseguenza, la protezione contro le attività venatorie non può essere limitata alla maggioranza degli uccelli di una data specie, determinata secondo la media dei cicli riproduttivi e dei movi
menti migratori. Sarebbe incompatibile con gli obiettivi della
direttiva che, in situazioni caratterizzate da una prolungata di
pendenza delle nidiate e di una migrazione precoce, una parte della popolazione di una specie sfuggisse alla prevista protezione.
15. - Per quanto riguarda la seconda questione, cioè la natu
ra della prova di produrre in questa materia e la pertinenza delle pubblicazioni scientifiche citate dalla commissione, è paci fico che le opere di cui trattasi fanno testo nel campo dell'avi
fauna. A proposito della tesi del governo italiano, secondo la
quale i dati forniti dalla commissione non riguardano specifica
mente la situazione italiana, si deve osservare che in mancanza
di letteratura specifica relativa al territorio dello Stato membro
interessato, la commissione può fare riferimento ad opere orni
tologiche vertenti su un'area generale di distribuzione nella qua le rientra lo Stato membro. Il governo italiano, d'altronde, non
ha prodotto studi scientifici alternativi per contestare le indica
zioni fornite dalla commissione.
16. - Per quanto riguarda la terza questione, concernente la
possibilità che la direttiva sia attuata dalle regioni italiane me
diante l'uso della loro facoltà di derogare ai periodi di caccia
fissati dalla normativa nazionale, e di vietare o di limitare la
caccia, quando sussistano determinate condizioni, si deve sotto
lineare che una normativa nazionale che dichiara la caccia a
talune specie aperta in linea di principio, salvo contrarie dispo sizioni emanate dalle autorità regionali, non risponde alle esi
genze di protezione risultanti dalla direttiva.
17. - Infatti, come si ricava dalle sentenze della corte 8 luglio 1987 (causa 247/85, Commissione c/Belgio, Racc. pag. 3029
e causa 262/85, Commissione c/Italia, Racc. pag. 3073), sareb
be incompatibile col principio della certezza del diritto di per mettere ad uno Stato membro di invocare il potere normativo
delle autorità regionali per giustificare una legislazione naziona
le che non rispetti i divieti sanciti da una direttiva.
Sul motivo concernente l'apertura della caccia a quattro specie a partire dal 18 agosto
18. - La commissione sostiene che le disposizioni nazionali
che autorizzano la caccia alla folaga, alla gallinella d'acqua, al germano reale e al merlo a partire dal 18 agosto sono incom
patibili con l'art. 7, n. 4, seconda frase, della direttiva, poiché il periodo della riproduzione e della dipendenza di queste specie non si è ancora concluso in tale data.
19. - Si deve constatare che, in base alle rilevazioni scientifi
che fornite dalla commissione per le specie sopra menzionate, è possibile che il 18 agosto una parte considerevole delle nidiate
di tre delle specie menzionate, e precisamente le nidiate delle
folaghe, delle gallinelle d'acqua e dei germani reali, si trovi an
cora nel nido o in stato di dipendenza alimentare. Dai medesimi
dati, invece, emerge che le nidiate dei merli raggiungono la loro
indipendenza prima di tale data.
20. - Ne consegue che, fatta eccezione per quanto riguarda il merlo, il primo motivo della commissione deve essere accolto.
Sul motivo concernente l'apertura della caccia a diciannove spe cie fino al 28 febbraio o 10 marzo
21. - La commissione ritiene, in secondo luogo, che le norme
nazionali ai cui sensi possono essere cacciate fino al 28 febbraio
Il Foro Italiano — 1992.
dieci specie migratorie e fino al 10 marzo altre nove specie che
durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo attraversano l'Ita
lia per raggiungere il loro luogo di nidificazione nell'Europa centrale e nell'Europa settentrionale, non siano conformi all'art.
7, n. 4, terza frase, della direttiva.
22. - Nei confronti di questo motivo, il governo italiano de
duce che la normativa nazionale ha adattato i periodi di caccia
alle prescrizioni della convenzione internazionale sulla protezio ne degli uccelli del 18 ottobre 1950 relative alla protezione degli uccelli migratori. Sottolinea che in mancanza di concrete indi
cazioni normative nella direttiva, le prescrizioni della conven
zione sopra considerata possono essere ammesse come criteri
di una adeguata protezione degli uccelli migratori nel contesto
della direttiva.
23. - È sufficiente rilevare che la convenzione considerata, la quale esige che gli uccelli migratori siano protetti in partico lare nel mese di marzo, non può costituire un elemento fonda
mentale per l'interpretazione della direttiva, le cui condizioni
di protezione sono più severe.
24. - Si deve constatare che, secondo le rilevazioni scientifi
che fornite dalla commissione sulle specie migratorie menziona
te nel ricorso, in particolare il rapporto dell'Istituto nazionale
di biologia della selvaggina, è possibile che una parte rilevante
di dette specie attraversi il territorio italiano già a partire dal
mese di febbraio, cosicché la normativa italiana non risulta con
forme alla citata disposizione della direttiva.
25. - A proposito delle varie specie, si deve tuttavia rilevare
che l'inosservanza della direttiva non è stata dimostrata in mo
do sufficiente per quanto riguarda due di esse, cioè la pettegola e il chiurlo. Infatti nel rapporto sopra menzionato, viene indi
cato che la pettegola sorvola il territorio italiano solo a partire della prima metà del mese di marzo e che il chiurlo sorvola
il territorio italiano durante il periodo a cavallo tra i mesi di
marzo e aprile. 26. - Ne consegue che, fatta eccezione per quanto riguarda
la pettegola e il chiurlo, il secondo motivo dedotto dalla com
missione deve essere accolto.
27. - Si deve, pertanto, constatare che, autorizzando la caccia
a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidi
ficazione e durante le varie fasi della riproduzione e della di
pendenza, nonché a diverse specie migratorie durante il ritorno
verso il luogo di nidificazione, la Repubblica italiana è venuta
meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva
del consiglio, 2 aprile 1979, n. 79/409/Cee, concernente la con
servazione degli uccelli selvatici. (Omissis) Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, autorizzando la caccia a diverse
specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione
e durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza, nonché a diverse specie migratorie durante il ritorno al luogo di nidificazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono
in forza della direttiva del consiglio, 2 aprile 1979, n. 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
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