sentenza 17 gennaio 1980 (in causa 56/79); Pres. Kutscher, Avv. gen. Capotorti (concl. conf.);Zelger c. SalinitriSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1980), pp. 149/150-157/158Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171071 .
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
elle a considéré qu'après l'arrèt de révision du 5 aoùt 1975, M. Artico aurait dù réclamer une indemnité devant la justice de son
pays en vertu de l'article 571 du code de procédure pénale ou de l'article 5 § 5 de la Convention (paragraphe 21 ci-dessus et annexe II au rapport).
44. - L'intéressé a introduit alors pareille demande, mais la Cour de cassation l'a repoussée le 4 novembre 1977 car le délai
légal de dix-huit mois avait expiré le 5 février (paragraphe 12 ci-dessus et compte rendu de l'audience du 31 janvier 1980).
Le Gouvernement souligne que cet arrèt revèt un caractère défi nitif et que le requérant ne s'en plaint pas (decisione irrevocabile, definitiva, non impugnata)-, le problème d'une réparation pour détention illégale se trouverait par là-méme résolu.
L'argument ne convainc pas la Cour. Sans doute M. Artico a-t-il négligé d'utiliser en temps voulu les ressources offertes par la législation italienne, mais cela n'oblige pas la Cour à rejeter les
prétentions qu'il formule à présent (arrét De Wilde, Ooms et
Versyp du 10 mars 1972, sèrie A n. 14, pp. 7-10, §§ 14-16 et 20; arrét Konig précité, § 15); elles se fondent du reste sur une base
juridique différente, les répercussions du manque d'assistance ju diciaire effective.
45. - Il importe cependant de ne pas perdre de vue que le pro cureur de la République de Ferrare a imputé sur des peines ultérieures la période litigieuse d'un an et seize jours d'empri sonnement (paragraphe 12 ci-dessus). Le requérant allègue n'en avoir profité en pratique qu'à concurrence de seize jours: à l'en
croire, une remise de peine (indulto) d'un an lui eùt de toute manière été consentie gràce au décret présidentiel n. 413 du 4 aoùt 1978 (Gazzetta Ufficiale, 1978, pp. 5557-5560). En réalité, la directive (provvedimento) du parquet de Ferrare remonte à une date antérieure, le 15 mars 1978. A l'époque, l'imputation laissait subsister à la charge de l'intéressé un « solde négatif » d'un an, dix mois et vingt et un jours. Elle lui a done procuré un avantage tangibile, sans prejudice de celui qu'il a pu retirer ensuite du décret susmentionné. Sans lui assurer une réparation intégrale (restitutio in integrum), elle a compensé dans une large mesure le
dommage subì par lui (arrét Ringeisen du 22 juin 1972, sèrie A n. 15, p. 10, § 26; Foro it., 1972, IV, 165; arrét Neumeister du 7 mai 1974, sèrie A n. 17, pp. 18-19, §§ 40-41; Foro it., 1974, IV. 185; arrèt Engel et autres du 23 novembre 1976, sèrie A n.
22. pp. 68-69, § 10; Foro it., 1977, IV, 97).
46. - Quant à la nature du préjudice résiduel, la Cour relève que M. Artico n'a prouvé, ni mème allégué, aucune perte matérielle. En revanche, la dureé supplémentaire d'emprisonnement qu'a pu entramer, de manière indirecte, l'absence d'assistance judiciaire effective (paragraphe 42 et 43 ci-dessus) lui a causé sans conteste un tort moral.
47. - S'y ajoute celui qui a résulté directement de la violation de l'article 6 § 3 c) et pour lequel l'imputation de ladite durée
sur des peines postérieures n'entre manifestement pas en ligne de compte; pendant plus d'un an le requérant est demeuré sans
défenseur, autre que nominal, malgré des plaintes et démarches
pressantes et répétées (paragraphes 13 à 15 ci-dessus). Il en a
éprouvé selon toute probabilité une impression pénible d'isole
mente, de désarroi et d'abandon. En particulier, il s'est certai
nement senti désarmé quand le procureur général eut conclu, les 3 et 10 juillet 1973, au rejet des pourvois en chambre du
conseil, car seul un avocat pouvait y parer en exigeant une audien
ce contradictoire et publique (paragraphes 10 et 17 ci-dessus).
48. - Aucun de ces éléments ne se prète à un calcul. Les
appréciant dans leur ensemble en équité, comme le veut l'article
50, la Cour estime qu'il y a lieu d'accorder à M. Artico una
satisfaction dont elle fixe le montant à trois millions (3.000.000) de lires.
Par ces motifs, la Cour, a l'unanimité
1. Déclare le Gouvernement forclos à contester la recevabilité
de la requète; 2. Dit qu'il y a eu violation de l'article 6 § 3 c);
3. Dit que la République italienne doit verser au requérant une indemnité de 3.000.000 lires pour préjudice moral;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
(1) In tema di assistenza giudiziaria ai non abbienti cfr., da ul
timo, Commiss. aur. diritti dell'uomo 22 marzo 1972, 14 luglio 1972, Gussenbauer, Foro it., 1974, IV, 113, con nota di Gremen
tieri, e Corte eur. diritti dell'uomo 9 ottobre 1979, sul caso Airey, id., 1980, IV, 1, con nota di richiami, cui adde Denti, Patrocinio
dei non abbienti e accesso alla giustizia: problemi e prospettive di
riforma, id., 1980, V, 126. In tema di risarcimento dei danni derivanti all'individuo dalla
violazione dei diritti dell'uomo cfr., da ultimo, Corte eur. diritti dell'uomo 10 marzo 1980, sul caso Kònig e sul caso Luedicke,
id., 1980, IV, 101 e 106.
* * *
Da tempo attesa, la condanna dell'Italia da parte della Corte euro
pea dei diritti dell'uomo per le gravi carenze del suo sistema di as sistenza giudiziaria ai non abbienti è finalmente giunta; e se la mo tivazione della sentenza verte essenzialmente sulle particolarità del caso di specie, chiunque conosca il concreto funzionamento del si stema giudiziario italiano sa che la fattispecie presa in esame dalla corte non è certamente eccezionale e sa altresì che questa situazione è dovuta, oltre che a circostanze genericamente politico-sociali, al
l'incapacità del nostro legislatore di modificare testi normativi ispi rati ad una concezione della società arcaica e cinicamente classista (a tutto danno dei non abbienti).
I vizi di costituzionalità e gli altri difetti di tale legislazione sono stati molte volte illustrati da Cappelletti, da Denti, da chi scrive e da molti altri e non è il caso di redigerne ancora una volta il cata
logo, né di rinnovare le critiche che la sordità degli organi politici e la scarsa audacia dimostrata in questo caso dalla Corte costituzio nale hanno ampiamente meritato; nonostante la riforma parziale in trodotta con riferimento al processo del lavoro, infatti, la situazione è ancora indegna di un paese civile.
Di conseguenza, se è vero che la sentenza della Corte europea rap presenta un motivo di vergogna per il nostro paese e per i suoi giu risti — cosi facilmente portati ad ammantarsi degli orpelli derivanti dalla tradizione dell'antica Roma — essa giunge tuttavia benvenuta nella misura in cui fornisce una ennesima occasione per richiamare l'attenzione di tutti sulla necessità di intervenire.
A questo fine, mentre sembra inutile pensare che il ministro della
giustizia abbia a dimettersi per lo smacco subito (ipotesi che pure, in altri ambienti, potrebbe apparire meno teorica di quanto lo sia
qui, dove addirittura si potrebbe perfino dubitare che egli ne abbia
personalmente notizia o comunque sia disposto a dedicare ad un fatto di questo genere una qualche attenzione), assume notevole ri lievo la prospettiva della responsabilità amministrativa dei magistrati inadempienti per le somme che dovranno essere pagate dallo Stato a titolo di risarcimento del danno, come già si accennava in sede di commento alla prima sentenza Kònig (Foro it., 1978, IV, 436-437; vedi anche la seconda sentenza Kònig, id., 1980, IV, 101).
Prima di chiudere queste note non si può non segnalare all'atten zione dei lettori la linea di condotta processuale che è stata seguita dallo Stato italiano in questa controversia e che è consistita in pra tica esclusivamente nell'opporre eccezioni di ordine processuale, quasi che si trattasse di una banale causa civile da vincere a base di espe dienti avvocateschi. Il culmine di questo cinismo è rappresentato dal tentativo che la difesa dello Stato italiano ha compiuto di far ad dossare al detenuto Artico l'onere di provare come si erano svolti i processi che lo riguardavano ed è giunta persino a dedurre — come si desume dal § 29 della motivazione — di non poter fornire la pro va di tali fatti perché gli atti processuali erano stati restituiti dalla Corte di cassazione agli uffici giudiziari di provenienza (quasi che
questi ultimi si trovino sulla luna, oppure siano talmente indipen denti dallo Stato da non consentire ad esso di estrarre copie dai loro
archivi). Se tutti i giuristi italiani — compresi i redattori di questo perio
dico — debbono arrossire di vergogna dinanzi a questa vicenda, cer tamente alcuni dovrebbero diventare addirittura paonazzi.
A. PlZZORUSSO
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 17 gennaio 1980 (in causa 56/79); Pres. Kutscher, Avv.
gen. Capotorti (conci, conf.); Zelger c. Salinitri.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE;
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles del 27 settembre
1968 — Luogo di adempimento di obbligazione contrattuale —
Determinazione con accordi verbali — Competenza del giudice del luogo — Condizioni (Convenzione concernente la compe tenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia ci
vile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1978, art.
5, nn. 1, 17; protocollo 3 giugno 1971, attributivo di competen za alla Corte di giustizia delle Comunità europee per l'interpre tazione della convenzione 27 settembre 1968, art. 3).
Qualora il luogo dell'adempimento di un'obbligazione contrattuale
sia stato determinato dalle parti con una clausola valida secon
do il diritto nazionale che si applica al contratto, il giudice di
tale luogo è competente a conoscere delle controversie relative
alla medesima obbligazione in forza dell'art. 5, 1", della con
venzione di Bruxelles 27 settembre 1968, indipendentemente dal
l'osservanza dei requisiti di forma stabiliti dall'art. 17. (1)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 13 novembre 1979 (in causa 25/79); Pres. Kutscher.
Avv. gen. Capotorti (conci, conf.); Soc. Sanicentral GmbH c.
Collin.
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PARTE QUARTA
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles del 27 settembre
1968 — Clausola attributiva di competenza — Contratti di la
voro eseguiti prima dell'entrata in vigore della convenzione —
Giudizi instaurati successivamente — Validità (Convenzione con
cernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle de
cisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27
settembre 1978, art. 17, 54; protocollo 3 giugno 1971, attributivo
di competenza alla Corte di giustizia delle Comunità europee per l'interpretazione della convenzione 27 settembre 1968, art. 3).
Gli art. 17 e 54 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre
1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale vanno interpre tati nel senso che, nelle azioni giudiziarie iniziate dopo l'en
trata in vigore della convenzione, le clausole attributive di
competenza, stipulate in contratti di lavoro conclusi anterior
mente a tale entrata in vigore, debbono essere considerate va
lide, anche nel caso in cui sarebbero state considerate nulle se
condo le norme nazionali in vigore al momento della stipula zione del contratto. (2)
I
La Corte, ecc. — Diritto. — 1. - Con ordinanza 15 maggio 1979, pervenuta in cancelleria I'll aprile 1979, il Bundesgerichtshof ha sottoposto a questa corte, a norma dell'art. 3 del protocollo 3
giugno 1971 relativo all'interpretazione della convenzione di Bru
xelles 27 settembre 1968 (in prosieguo: la convenzione), una
questione concernente l'interpretazione degli art. 5, 1°, e 17 della
stessa convenzione.
Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una lite tra due
commercianti, residenti l'uno in Monaco di Baviera (Repubblica federale di Germania) e l'altro in Mascali (Italia), circa la resti
tuzione di una somma assertivamente prestata dal primo al se
condo. Il commerciante tedesco, fondandosi su un accordo ver
bale col quale, a suo dire, è stato convenuto che la restituzione
sarebbe stata effettuata a Monaco di Baviera, adiva il Landgericht di questa città. Il giudice adito si dichiarava incompetente moti
vando che il semplice accordo verbale circa il luogo dell'adem
pimento non era sufficiente ad attribuirgli competenza interna
zionale; un accordo siffatto avrebbe potuto conferire tale compe tenza solo se fossero state osservate le forme prescritte dall'art.
17. Poiché questa decisione veniva confermata dall'Oberlandesge richt di Monaco di Baviera, l'interessato ricorreva per cassazione
(« Revision ») dinanzi al Bundesgerichtshof, il quale ha sollevato la seguente questione:
« Se un accordo stipulato senza attenersi a formalità particola ri, che però vincola giuridicamente i commercianti a norma del
diritto nazionale (in casu, tedesco), relativo al luogo in cui do
vrebbe adempiersi l'obbligazione contratta, dalla quale scaturisce
la controversia, sia sufficiente a conferire al giudice di quella lo
calità la competenza giurisdizionale per territorio a norma del
l'art. 5, 1°, della convenzione oppure se l'effetto di siffatto ac
cordo, che determina la competenza, dipenda dall'osservanza delle forme prescritte dall'art. 17 della convenzione».
2. - Dal testo della questione risulta che il giudice nazionale si
chiede se l'efficacia di un accordo come quello descritto, per
quanto concerne l'attribuzione della competenza ai sensi dell'art. 5 della convenzione, dipenda dall'osservanza delle forme prescritte dall'art. 17 della stessa, a norma del quale il giudice di uno Stato
contraente designato dalle parti — di cui almeno una domiciliata
in uno Stato contraente — a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, ha compe tenza esclusiva purché sia stgto designato con accordo scritto o
con accordo verbale confermato per iscritto.
3. - È opportuno ricordare che l'art. 5, 1° comma, che fa parte della sezione 2 della convenzione, intitolata « competenze specia li », contempla una deroga alla norma generale sulla competenza di cui all'art. 2 della convenzione. Le disposizioni dell'art. 5 che
consentono di citare, in materia contrattuale, il convenuto domi
ciliato in uno Stato contraente dinanzi al giudice del luogo in cui
l'obbligazione è stata o dev'essere adempiuta, stabiliscono un cri
terio per la determinazione della competenza la cui scelta dipende dalla volontà dell'attore e che è giustificato dall'esistenza di un
legame diretto tra la controversia e il giudice chiamato a conoscere
di essa.
4. - Per contro, l'art. 17, compreso nella sezione 6 della con
venzione, intitolata « proroga di competenza », stabilisce la com
petenza esclusiva del giudice designato dalle parti secondo le
forme prescritte. Esso, pertanto, esclude sia la norma generale sulla competenza — di cui all'art. 2 della convenzione — sia le
norme sulle competenze speciali — contenute nell'art. 5 — e pre scinde da qualsiasi legame oggettivo tra il rapporto giuridico con
troverso ed il giudice designato. Risulta quindi che la competen za del giudice del luogo dell'adempimento (contemplata all'art.
5, 1°) e quella del giudice scelto dalle parti costituiscono due
nozioni distinte, e che solamente i patti di proroga della com
petenza devono possedere i requisiti formali prescritti dall'art. 17 della convenzione.
5. - Di conseguenza, qualora la legge da applicarsi consenta ai
contraenti, alle condizioni ch'essa determina, di designare il luo
go in cui l'obbligazione va adempiuta, senza imporre particolari requisiti formali, l'accordo circa il luogo dell'adempimento è suffi
ciente a radicare nello stesso luogo la competenza giurisdizionale ai sensi dell'art. 5, 1°), della convenzione.
6. - La questione formulata dal Bundesgerichtshof va pertanto risolta nel senso che, qualora il luogo dell'adempimento di una
obbligazione contrattuale sia stato determinato dalle parti con una clausola valida secondo il diritto nazionale che si applica al
contratto, il giudice di tale luogo è competente a conoscere delle
controversie relative alla medesima obbligazione in forza dell'art.
5, 1°), della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, in
dipendentemente dall'osservanza dei requisiti di forma stabiliti
dall'art. 17. (Omissis) Per questi motivi, pronunziandosi sulla questione sottopostale
dal Bundesgerichtshof con ordinanza 15 marzo 1979, dichiara:
Qualora il luogo dell'adempimento di un'obbligazione contrat
tuale sia stato determinato dalle parti con una clausola valida
secondo il diritto nazionale che si applica al contratto, il giudice di tale luogo è competente a conoscere delle controversie relative
alla medesima obbligazione in forza dell'art. 5, 1°, della con
venzione di Bruxelles 27 settembre 1968, indipendentemente dal
l'osservanza dei requisiti di forma stabiliti dall'art. 17.
II
La Corte, ecc. — Diritto. — 1. - Con sentenza in data 10 gen naio 1979, pervenuta in cancelleria il 12 febbraio seguente, la Corte di cassazione francese (Chambre sociale) ha sottoposto alla Corte di giustizia, a norma del protocollo del 3 giugno 1971, rela tivo all'interpretazione della convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle de cisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la conven
zione), una questione relativa all'interpretazione degli art. 17 e 54 della suddetta convenzione, entrata in vigore, conformemente al suo art. 62, il 1° febbraio 1973.
La questione viene posta nell'ambito di una controversia sorta in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, fra un operaio francese, domiciliato in Francia, ed una società tedesca, che l'aveva assunto, in base ad un contratto contenente una clausola
attributiva di competenza in favore della giurisdizione tedesca,
per lavorare nella Repubblica federale di Germania al di fuori di qualsiasi stabilimento.
Il contratto di lavoro era stato stipulato il 27 ottobre 1971 e
l'azione giudiziale è stata intentata il 27 novembre 1973. 2. - Cosi stando le cose, la Corte di cassazioni si chiede se la
clausola attributiva di competenza si applichi ai contratti di la
voro stipulati anteriormente alla convenzione o se « per la parte in cui le norme di quest'ultima interessino la tutela dei lavoratori
salariati, esse tocchino la sostanza stessa degli accordi e debbano
avere effetto soltanto per i contratti posteriori » ; la Corte di cas sazione ha, quindi, sottoposto la seguente questione:
« Se, in forza dell'art. 54 della convenzione di Bruxelles, l'art. 17 di questa debba, ormai, far considerare valide, quando la
causa viene intentata nel periodo a partire dal 1° febbraio 1973, le
clausole attributive di competenza le quali, se inserite in un con
tratto di lavoro concluso anteriormente al 1° febbraio 1973, sa rebbero state considerate nulle secondo le norme nazionali allora
in vigore, essendo irrilevante al riguardo la data dell'accordo fra
le parti e quella dell'esecuzione del lavoro litigioso». 3. - Dal tenore della questione proposta risulta che la Corte di
cassazione, a giusto titolo, ammette che il diritto del lavoro rien
tra nel campo d'applicazione materiale della convenzione e che
essa, ed in particolare il suo art. 17, relativo alla deroga di com
petenza, riguarda controversie sorte in relazione ad un contratto
di lavoro concluso dopo il 1° febbraio 1973.
4. - Poiché, tuttavia, il contratto di lavoro si è risolto 1*8 dicem
bre 1971 e l'azione giudiziale è stata intentata soltanto il 27 no
vembre 1973, quindi posteriormente all'entrata in vigore della
convenzione, la Corte di cassazione si domanda quale sia la por tata dell'art. 54 della convenzione, ai cui termini « le disposizioni della... convenzione si applicano solo alle azioni giudiziarie pro
poste ... posteriormente alla sua entrata in vigore » e vuole sa
pere se la clausola attributiva di competenza figurante nel con
tratto di lavoro, che, prima del 1° febbraio 1973 poteva essere
considerata nulla, in base alla legislazione francese, riprenda va
lidità al momento dell'entrata in vigore della convenzione.
5. - In risposta a tale preoccupazione va detto, da un lato, che
la convenzione non riguarda le norme di diritto sostanziale e, dal
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
l'altro, che, proponendosi la convenzione di determinare la com
petenza dei giudici degli Stati contraenti nell'ambito giuridico in
tracomunitario relativo alla competenza civile, le norme proces suali interne applicabili alle fattispecie di cui è causa sono escluse
dalle materie disciplinate dalla convenzione, a vantaggio delle
disposizioni di quest'ultima. 6. - La clausola scritta attributiva di competenza che compare
in un contratto di lavoro è, di per se stessa, espressione di una
facoltà di scelta della giurisdizione competente, i cui effetti si veri
ficano solo nel momento in cui viene proposta una domanda giu
diziale, dando inizio all'azione.
Questa è quindi la data da prendere in considerazione per va
lutarne la portata relativamente alla norma giuridica che si ap
plica in quel momento.
Nella fattispecie, poiché l'azione è stata iniziata il 27 novembre
1973, si applica la convenzione, a norma del suo art. 54.
Da detto articolo risulta, in effetti, che unica condizione, ne
cessaria e sufficiente, perché si applichi il regime previsto dalla
convenzione a controversie relative a rapporti giuridici sorti pri ma della sua entrata in vigore è che l'azione giudiziaria, come è
avvenuto nella specie, sia stata proposta dopo tale data.
7. - Di conseguenza, alla domanda di pronunzia pregiudiziale
proposta dalla Corte di cassazione francese (Chambre sociale)
si deve rispondere che gli art. 17 e 54 della convenzione di Bru
xelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdi zionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commer
ciale vanno interpretati nel senso che, nelle azioni giudiziarie iniziate dopo l'entrata in vigore della convenzione, le clausole
attributive di competenza, stipulate in contratti di lavoro con
clusi anteriormente a tale entrata in vigore, debbano essere con
siderate valide, anche nel caso in cui sarebbero state considerate
nulle seconde le norme nazionali in vigore al momento della sti
pulazione del contratto. (Omissis) Per questi motivi, pronunziandosi sulla questione sottopostale
dalla Corte di cassazione francese (Chambre sociale), con senten
za del 10 gennaio 1979, dichiara:
Gli art. 17 e 54 della convenzione di Bruxelles del 27 settem
bre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale vanno interpretati
nel senso che, nelle azioni giudiziarie iniziate dopo l'entrata in
vigore della convenzione, le clausole attributive di competenza,
stipulate in contratti di lavoro conclusi anteriormente a tale en
trata in vigore, debbono essere considerate valide, anche nel caso
in cui sarebbero state considerate nulle secondo le norme nazio
nali in vigore al momento della stipulazione del contratto.
(1-2) Non constano precedenti in termini.
Sull'interpretazione del criterio di giurisdizione previsto dall'art. 5,
par. 1, della convenzione, v., in senso conforme Corte giust. 6 otto
bre 1976, in causa 12/76, Foro it., 1977, IV, 49, con nota di A. Tiz
zano. Sulla norma in questione, v. anche di recente, nella giurispru denza italiana, Cass. 13 gennaio 1978, n. 152, id., 1978, I, 2240,
con nota di A. Pierucci e osservazioni di A. Lener.
A tale sentenza si rinvia anche per quanto attiene all'interpreta zione dell'art. 17 della convenzione, sul quale v. altresì, da ultimo,
Corte giust. 9 novembre 1978, in causa 23/78, id., 1979, IV, 246,
con nota di richiami, cui adde Foscaneau, Compétence judiciaire, re
connaissance et exécution des décisions civiles et commerciales dans
la Communauté économique européenne, in Rev. du marché commun,
1979, 581. Per quanto attiene la sentenza in causa 25/79, è da segnalare an
zitutto l'affermazione della corte secondo cui i rapporti di lavoro
rientrano nel campo di applicazione della convenzione di Bruxelles
del 27 settembre 1968. In questo senso si era espressa la sentenza di
rinvio, Cour de Cassation (Chambre social) 10 gennaio 1979, Rev.
critique de droit international privé, 1979, li, 453, con nota di P. L.; e nella giurisprudenza italiana, Pret. Roma 5 gennaio 1977 e Trib.
Roma 6 settembre 1978, Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1979, 79 e
123; e soprattutto Cass., Sez. un., 11 ottobre 1979, n. N5724, Foro it.,
1979, I, 2565, con ampia nota di richiami e anche indicazioni sul
contrario orientamento; Cass. 9 aprile 1979, nn. 2016 e 2017, id., 1980,
I, 1108, con ampia nota di richiami di L. Florino. Adde Holleaux, La convention de Bruxelles du 27 septembre 1968 sur la compétence
judiciaire et l'exécution des décisions en matière civile et commerciale;
cinq annés d'application en France, in Journal de droit international,
1978, 520. Sul punto in generale, v. anche Jenard, Relazione sulla con
venzione concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze
in materia civile e commerciale, in Bollettino delle Comunità europee,
suppl., novembre 1972.
Quanto poi alle questioni intertemporali connesse con l'applicazione dell'art. 54 della convenzione, v., in senso sostanzialmente conforme, Cass. Il ottobre 1979, n. 5724, cit.; in senso contrario invece Cass., Sez.
un., 25 febbraio 1977, n. 827, Foro it., 1977, I, 598, con nota di richiami.
Per la giurisprudenza francese v. Holleaux, op. loc. cit. Anche su
questo problema v. Jenard, op. cit. Sulla convenzione in generale, v. ancora in dottrina Foscaneau,
op. cit., in Rev. du marché commun, 1979, 516, 569, e 1980, 31 e 91;
Pocar, L'applicazione giurisdizionale in Italia della convenzione di
Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisaizionale e l'esecuzione delle sentenze, in Riv. dir. proc., 1978, 674; Id., Jurisdic tion and the enforcement of judgments under the E. C. Convention of 1968, in Rabels Zeitschrift fur auslandishes und internationales Pri
vatrecht, 1978, 405; Raslussen, A new generation of Community law? Reflections on the handling by the Court of justice of the Pro tocol of 1971 relating to the interpretation of the Brussels Convention on Jurisdiction and the Enforcement of Judgments, in Common Mar ket Law Review, 1978, 249.
♦ » ♦
Data l'importanza delle questioni discusse nella causa 25/79, si ri tiene opportuno riportare le conclusioni dell'avv. gen. F. Capotorti:
1. - Il procedimento pregiudiziale nel quale si inseriscono le mie conclusioni di oggi solleva due interessanti problemi di interpreta zione della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sulla com
petenza giudiziaria e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale. In primo luogo, infatti, si presenta l'occasione di chia rire se le clausole attributive di competenza pattuite fra le parti di un contratto di lavoro siano in ogni caso efficaci, alla stregua dell'art. 17 della convenzione, nonostante l'orientamento negativo di taluni ordinamenti statali circa la derogabilità della competenza dei giudici nazionali nella materia dei rapporti di lavoro. Qualora il problema precedente sia risolto in senso affermativo, rimane da stabilire se, trattandosi di contratti di lavoro stipulati ed eseguiti prima della data di entrata in vigore della convenzione (e cioè anteriormente al 1° febbraio 1973), le clausole in questione debbano considerarsi ef
ficaci, in base all'art. 54 della convenzione medesima, ogni qualvolta il giudice sia investito della controversia successivamente alla data
sopra indicata. Per riassumere brevemente i fatti della causa di merito, ricordo che
il 27 ottobre 1971 il signor René Collin, cittadino francese, venne as
sunto, in qualità di operaio, dalla società a responsabilità limitata di
diritto tedesco Sanicentral di Saarbrucken per svolgere un'attività
lavorativa nella Repubblica federale al di fuori di qualsiasi stabili mento. Una clausola ad hoc del contratto di lavoro, redatto per iscrit
to, attribuiva al giudice tedesco la competenza a conoscere di even
tuali controversie fra le parti in relazione agli obblighi rispettivi. Conclusosi il rapporto di lavoro l'8 dicembre 1971, il signor Collin
si rivolse, con atto del 26 novembre 1973, al Tribunal d'instance de
Molsheim (Bas-Rhin) come giudice del lavoro, chiedendo che la so
cietà tedesca fosse condannata a corrispondergli differenze salariali e
indennità varie. Il giudice francese affermò la propria competenza, sul presupposto che, per l'ordinamento francese, sono nulle le clau
sole di deroga alla competenza territoriale inserite in contratti di
lavoro. La Corte d'appello di Colmar, adita in seconda istanza dal da
tore di lavoro, confermò, con sentenza del 23 settembre 1976, la de
cisione del primo giudice per quanto concerne l'inderogabilità della
competenza, aggiungendo che in ogni caso l'art. 17 della convenzione
di Bruxelles non avrebbe potuto trovare applicazione, in quanto la
sua entrata in vigore in Francia è stata successiva alla data del con
tratto di cui trattasi. La causa è stata infine portata dianzi alla Corte
di cassazione (Chambre sociale), e questa, con sentenza del 10 gen naio 1979, ha rivolto alla nostra corte, in via pregiudiziale, la se
guente domanda:
«se, in forza dell'art. 54 della convenzione di Bruxelles, l'art, l'i
di questa, debba, ormai, far considerare valide, quando la causa viene
intentata nel periodo a partire dal 1° febbraio 1973, le clausole attri
butive di competenza le quali, se inserite in un contratto di lavoro
concluso anteriormente al 1° febbraio 1973, sarebbero state consi
derate nulle secondo le norme nazionali allora in vigore, essendo ir
rilevante al riguardo la data dell'accordo fra le parti e quella del
l'esecuzione del lavoro litigioso». 2. - Che la convenzione nel suo insieme debba essere applicata ai
rapporti di lavoro, mi sembra indiscutibile. È vero che la materia del
lavoro presenta aspetti particolari, i quali la differenziano notevol
mente da altri settori del diritto privato e l'impregnano di nume
rosi elementi di diritto pubblico; è vero, inoltre, che in più di uno
Stato il regime processuale delle controversie di lavoro tiene conto,
nella composizione dell'organo giudicante e in certe particolarità della
procedura, dell'esigenza di assicurare al lavoratore una particolare tutela nell'ambito del processo, essendo egli la parte debole nel rap
porto di diritto sostanziale. Occorre però tener presente che tradizio
nalmente il contratto individuale di lavoro è considerato rientrare
nel quadro delle obbligazioni di diritto privato e che, ad ogni modo,
la convenzione di Bruxelles non solo non esclude la materia del la
voro dal proprio campo di applicazione (a differenza di quanto è
disposto per la sicurezza sociale; v. art. 1, 2° comma, n. 3), ma non
la fa neppure oggetto di una disciplina diversa da quella concernente
le obbligazioni contrattuali in genere. È noto infatti che alcune ma
terie sono state oggetto di regolamentazione ad hoc in relazione alla
specialità degli interessi coinvolti (le assicurazioni, le vendite rateali
e i prestiti con rimborso rateizzato; le materie assegnate dall'art. 16
alla competenza esclusiva dei giudici di un solo Stato contraente), co
sicché se gli Stati contraenti avessero voluto assoggettare egualmente le controversie di lavoro ad una regolamentazione specifica, essi lo
avrebbero indubbiamente fatto in modo espresso. La mancanza di di
sposizioni ad hoc autorizza dunque a ritenere che si sia voluto in
cludere la materia del lavoro nella sfera di applicazione della con
venzione. Nel « rapporto giustificativo » del comitato di esperti che fu sot
toposto ai governi insieme al progetto di convenzione (c.d. rapporto
Jenard) si trova una importante conferma di questa considerazione.
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PARTE QUARTA
Vi si nota infatti (a pag. 42) che nel progetto preliminare era stato previsto di attribuire competenza esclusiva, per le controversie na scenti da un contratto di lavoro, ai tribunali dello Stato dove il la voro viene prestato; ciò avrebbe eliminato ogni possibilità di proroga convenzionale della competenza. Ma questo orientamento fu accan tonato, dopo lungo dibattito, per vari motivi che il rapporto elenca: l'attesa che la Comunità elabori norme circa la legge applicabile al contratto di lavoro, l'esistenza di parecchie categorie di lavoratori, in situazioni differenziate, -e infine proprio la preoccupazione di non bloccare l'espressione della volontà delle parti quanto alla determi nazione del foro competente. Il rapporto conclude perciò che le re gole generali della convenzione — compresi gli art. 17 e 18 — sono applicabili per quanto concerne il contratto di lavoro, almeno fin ché la convenzione non sia modificata con la stipulazione di un even tuale accordo che regoli la materia.
3. - Ciò che ho detto potrebbe bastare per riconoscere che una clau sola di proroga della competenza figurante in un contratto di lavoro è lecita ed efficace, se rispetta le condizioni stabilite dall'art. 17 della convenzione. Un argomento ulteriore emerge, d'altronde, dalla circostanza che tale articolo menziona le eccezioni alla facoltà di deroga (rinviando alle disposizioni degli art. 12, 15 e 16) e non in clude fra queste l'ipotesi dei contratti di lavoro.
L'orientamento della convenzione appare dunque diverso, e con trastante, rispetto a quello di alcuni diritti interni: in particolare, del diritto francese, che considera nulle le clausole derogatorie della competenza quando concernono la materia del lavoro (art. R 517-1 del codice del lavoro, nel testo approvato con il decreto del 12 set tembre 1974), cosi come del diritto italiano (art. 413, ultimo comma, cod. proc. civ., nel testo modificato con la legge 11 agosto 1973 n. 533). Tale situazione induce a chiedersi se vi siano spiegazioni della divergenza e, in ogni caso, quali conseguenze essa possa avere sul piano dell'applicazione della convenzione. Riguardo al primo punto, si può trovare un argomento formale nel fatto che la nullità della clausola di deroga secondo i diritti interni menzionati serve a salva guardare le regole di competenza territoriale, mentre qui è in gioco la competenza internazionale dei giudici, vale a dire un profilo di verso della competenza. Tuttavia si potrebbe opporre che alla base del divieto di clausole derogatorie in materia di lavoro vi è l'esigenza di assicurare al prestatore d'opera una più adeguata protezione sul piano processuale, e che questa esigenza sussiste con caratteri non dissimili sia nei rapporti che si svolgono esclusivamente nella sfera statale, sia in quelli che presentano elementi di internazionalità e rientrano nel quadro della convenzione. Si aggiunga che la corrispon denza fra le due situazioni acquista risalto quando si considera che la convenzione di Bruxelles si propone di unificare, attraverso le sue regole, lo spazio giudiziario comunitario in materia civile e che, se condo questa linea, essa tende a porre i rapporti fra giudici dei paesi comunitari contraenti su un piano analogo a quello dei rapporti fra giudici di uno stesso paese.
Perciò, in ultima analisi, la linea scelta dagli autori della conven zione sembra trovare le sue radici in una concezione dei rapporti di lavoro diversa da quella che ha ispirato le disposizioni degli ordina menti francese e italiano; e vorrei dire pure che si collega verosi milmente all'attesa di una sistemazione più organica della materia del diritto del lavoro, come il citato rapporto Jenard chiaramente in dica. Questa sistemazione è, a mio avviso, tanto più necessaria, in quanto allo stato attuale dei fatti la scelta del giudice, a norma del l'art. 17, non è subordinata all'esistenza di un collegamento obiettivo fra la controversia e l'autorità giudiziaria cui viene attribuita la com petenza; con la conseguenza che potrebbe essere chiamato a cono scere delle controversie nascenti dal rapporto di lavoro, in base ad una clausola di proroga della competenza, anche un giudice che non avesse alcun collegamento con la realtà socio-economica, nel cui am bito il rapporto stesso si sia svolto. Mi sembra infine interessante met tere in luce che, secondo l'art. 6 del progetto preliminare della con venzione comunitaria sulla legge applicabile alle obbligazioni con trattuali, l'eventuale scelta della legge fatta dalle parti di un con tratto di lavoro « non può avere per risultato di privare il lavora tore della protezione che gli assicurano le disposizioni imperative della legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta... ». Fra i due problemi della scelta della legge e della designazione del foro competente vi è senza dubbio un certo grado di parallelismo, anche se si tratta come è noto di cose diverse; e perciò ritengo significa tiva la preoccupazione accolta da questo progetto preliminare, di non sacrificare la protezione del lavoratore al rispetto illimitato del prin cipio dell'autonomia della volontà.
Passo ora all'altro interrogativo enunciato: posto che determinate norme interne di uno Stato membro, introdotte successivamente alla data di entrata in vigore della convenzione, siano in contrasto con questa, quid iuris? Indipendentemente dal problema della prevalenza o meno degli accordi internazionali sul diritto proprio di uno Stato — che è risolta affermativamente da certe costituzioni nazionali, e trascurato da altre — credo che il legame fra diritto comunitario e convenzione, in virtù dell'art. 220 del trattato di Roma, e la fun zione di interpretazione uniforme affidata alla nostra corte, siano suf ficienti per rispondere che le regole della convenzione debbono pre valere sul diritto interno, anche successivo, di uno Stato membro (og gi, come sappiamo, dopo la convenzione di adesione, le posizioni di parti contraenti e di Stati membri coincidono). In altri termini, la posizione più volte ribadita dalla nostra corte in tema di rapporti fra il diritto comunitario e i diritti degli Stati membri deve valere an che per la convenzione prevista dall'art. 220 del trattato CEE, di cui la corte sia chiamata ad assicurare l'interpretazione uniforme.
4. - Ho precisato all'inizio i termini della questione di diritto in
tertemporale che è stata prospettata dal giudice nazionale. Per risol
verla, si tratta di interpretare il 1° comma dell'art. 54 della con venzione.
Tale norma stabilisce che la convenzione si applica alle azioni giu diziarie promosse dopo la sua entrata in vigore. Di conseguenza, la sola condizione necessaria perché il nuovo regime sia operante anche nei confronti di controversie relative a rapporti sorti prima della data di entrata in vigore della convenzione è che l'azione sia stata pro mossa successivamente a questa data. La norma transitoria, seguendo una tecnica già collaudata nei sistemi di diritto interno, attribuisce rilevanza al momento iniziale del processo, limitando cosi l'efficacia del nuovo regime alle procedure che siano instaurate dopo tale mo mento. Se una norma del genere non vi fosse stata, si sarebbe potuto sostenere che, in base al principio tempus regit actum, la conven zione dovesse applicarsi anche ai processi in corso; per evitare gli inconvenienti, specialmente di ordine pratico, che una soluzione di
questo genere avrebbe comportato, opportunamente la convenzione ha
disciplinato le situazioni di transizione dal vecchio al nuovo regime, contenendo entro limiti ragionevoli la sfera temporale d'efficacia delle nuove norme.
Il criterio adottato nell'art. 54 non dà luogo ad alcuna difficoltà quando si tratta di regolare i conflitti nel tempo di disposizioni re lative a situazioni o ad atti strettamente processuali, vale a dire a si tuazioni o atti che si collocano all'interno del processo. Se invece la norma della convenzione da applicare presuppone l'esistenza di un atto o di un rapporto che si sia formato anteriormente al processo, ci si può chiedere se lo stesso criterio continui ad essere valido. Po trebbe infatti apparire suggestiva la tesi, secondo cui l'art. 54 si rife rirebbe alle disposizioni della convenzione del primo tipo suindicato, mentre per quelle collegate alla dinamica dei rapporti sostanziali fra i privati l'applicabilità sarebbe limitata all'ipotesi in cui il rapporto sia sorto dopo l'entrata in vigore della convenzione.
Ho già avuto occasione di notare, nelle conclusioni presentate il 17 novembre 1976 nella causa 25/76, Segura c/ Bonakdarian (Rac colta 1976, p. 1867), che la convenzione disciplina taluni profili di diritto sostanziale « come premesse necessarie affinché si verifichino gli effetti processuali » che essa è destinata a regolare. In altri casi (come nell'ipotesi prevista dall'art. 17), l'espressione della volontà del le parti di raggiungere un certo fine processuale si inquadra in un contesto contrattuale, in un contesto di diritto sostanziale. Ma co munque ciò che conta, ai fini della convenzione, è l'effetto assegnato a un determinato atto (nel nostro caso, la clausola di deroga inserita nel contratto di lavoro): precisamente, l'effetto processuale — il qua le non può verificarsi se non nell'ambito della causa e dunque dopo che questa è stata instaurata — indipendentemente dal contesto con trattuale.
Stando cosi le cose, sono del parere che l'art. 54 vada interpretato nel senso che esso rende applicabili le disposizioni della convenzione del tipo dell'art. 17 anche se il rapporto cui ci si riferisce ha prece duto la data dell'entrata in vigore della convenzione. Perciò la nor ma che riconosce la liceità delle clausole di deroga alla giurisdizione si applica pure ai contratti stipulati prima di quella data.
Nel caso di specie, la posizione presa dai giudici francesi di ap pello era influenzata dal fatto che, al momento della stipulazione della clausola di deroga, soltanto le norme nazionali erano applica bili (non essendo ancora in vigore la convenzione) e quelle norme determinavano, come si è visto, la nullità della clausola. Una situa zione di questo genere poteva far sorgere il dubbio che l'art. 54 non avesse, per cosi dire, la forza di far rivivere un patto, al quale era stata negata ab initio l'esistenza giuridica. Ma per rimuovere que sto dubbio si possono fare tre ordini di considerazioni. In primo luo go, la valutazione di nullità fatta dal diritto di uno Stato non im pedisce che una valutazione diversa sia fatta con un altro metro giu ridico (nel nosto caso, quello della convenzione); l'esistenza mate riale del patto essendo fuori discussione, il suo significato giuridico può essere determinato in modo diverso se ci si pone dal punto di vista di un altro ordinamento. In secondo luogo, anche se si accet tasse l'idea che si trattava di far rivivere ex post una clausola pri vata radicalmente di effetti al momento della stipulazione, può obiet tarsi che nulla impedisce a una norma di disciplinare con effetto retroattivo un determinato fenomeno; tanto più nel campo della con valida di atti inizialmente viziati in modo radicale, visto che la possibilità di tali convalide è accordata da molti ordinamenti anche alla volontà privata, sotto certe condizioni. È ben noto che gli inter venti retroattivi, nel campo del diritto privato, incontrano un limite solo in alcune situazioni particolari: e cioè, di regola, nei diritti que siti e nelle sentenze passate in giudicato; al di fuori di ipotesi di que sto genere, il legislatore è libero di dettare norme anche per il pas sato. Ma la considerazione che mi sembra assorbente è un'altra: qui non è necessario attribuire un effetto retroattivo all'art. 17, in forza dell'art. 54, per il semplice motivo che la questione della validità o nullità della clausola di deroga era rilevante soltanto ai fini del pro cesso, e che il suo effetto processuale, come ho già notato, è venuto in discussione dopo l'entrata in vigore della convenzione. A mio av viso, insomma, la valutazione di nullità fatta nel caso di specie dal diritto francese è sempre rimasta inoperante, in quanto il contratto di lavoro aveva spiegato i suoi effetti sostanziali ma non quelli proce durali, anteriormente al 1° febbraio 1973; allorché si è realizzato il presupposto per il verificarsi degli effetti procedurali — l'introduzione dell'azione giudiziaria — la convenzione era entrata in vigore.
5. - Propongo, in conclusione, che la corte risponda nel modo se guente ai quesiti trasmessi dalla Corte di cassazione francese (Chambre sociale), con sentenza del 10 gennaio 1979: «gli art. 17 e 54 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sulla competenza
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
giudiziaria e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commer
ciale, devono essere interpretati nel senso che nelle azioni giudiziarie proposte dopo l'entrata in vigore della convenzione le clausole attri butive di competenza, stipulate nel contesto di contratti di lavoro an teriori al 1° febbraio 1973, sono da considerare valide, anche se sa rebbero state considerate nulle secondo le norme nazionali in vigore al momento della stipulazione del contratto ».
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 12 luglio 1979 (in causa 223/78); Pres. Mertens de Wil
mars,. Avv. gen. Capotorti (conci, conf.); Grosoli.
Comunità europee — CEE — Carni bovine — Organizzazione comune di mercato — Regimi nazionali di prezzi massimi al
minuto — Compatibilità — Condizioni (Trattato istitutivo della
CEE, art. 177; reg. 5 ottobre 1976 n. 2453 CEE del Consiglio, relativo al trasferimento all'organismo d'intervento italiano di
carni bovine congelate detenute dagli organismi d'intervento di
altri Stati membri; reg. 18 novembre 1976 n. 2793 CEE della
Commissione, relativo alle modalità di applicazione del regola mento n. 2453/76/CEE, art. 3, 8).
Il regolamento del Consiglio 5 ottobre 1976 n. 2453 va interpre tato, in collegamento con le disposizioni del regolamento di
attuazione, nel senso che il Governo italiano ha la facoltà di
fissare mediante disposizioni nazionali i prezzi di vendita al
consumo per dette carni, purché il margine di profitto ammesso
per i commercianti al minuto non sia talmente ridotto da osta
colare lo smercio dei prodotti in questione. (1) Al di fuori della sfera di applicazione del regolamento n. 2453/76/
CEE il fatto che uno Stato membro fissi unilateralmente prezzi massimi per le carni bovine congelate nella fase della vendita
al consumo non è incompatibile con l'organizzazione comune
dei mercati nel settore delle cdrni bovine, purché non siano
messi in pericolo gli obiettivi e il funzionamento di tale orga nizzazione. (2)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 22 marzo 1979 (in causa 134/78); Pres. Kutscher, Avv.
gen. Reischl (conci, conf.); Ditta Danhuber c. Bundesanstalt
fiir Landwirtschaftliche Marktordnung.
Comunità europee — CEE — Carni bovine — Rilascio di licen
ze d'importazione — Modifiche del tasso di prelievo — Potere
discrezionale della Commissione — Asserita discriminazione tra
operatori economici — Insussistenza (Trattato istitutivo della
CEE, art. 177, 190; reg. 23 aprile 1975 n. 1090 CEE della Com
missione, relativo al rilascio di titoli d'importazione per alcuni
prodotti del settore delle carni bovine in applicazione delle
misure di salvaguardia, art. 3, 4; reg. 16 gennaio 1976 n. 76
CEE della Commissione, che istituisce un regime di abbina
mento tra l'importazione di prodotti del settore delle carni
bovine nell'ambito delle misure di salvaguardia e la vendita
di carni bovine detenute dagli enti di intervento, art. 11).
L'esame della questione sollevata non ha rilevato l'esistenza di
elementi atti ad inficiare la validità dell'art. 11 del regolamento n. 76/76/CEE. (3)
III
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 6 marzo 1979 (in causa 92/78); Pres. Kutscher, Avv.
gen. Reischl (conci, diff.); Soc. Simmenthal (Avv. Cappelli, De Caterini) c. Commissione CE (Rappr. Kalbe, Berardis).
Comunità europee — CEE — Tutela giurisdizionale — Azione
di annullamento — Ricorso dei privati — Condizioni di rice
vibilità — Sussistenza (Trattato istitutivo della CEE, art. 173).
Comunità europee — CEE — Tutela giurisdizionale — Atti a por tata generale — Eccezione incidentale di legittimità — Ammis
sibilità (Trattato istitutivo della CEE, art. 173, 184).
Comunità europee — CEE — Carni bovine — Carni congelate
detenute da enti nazionali d'intervento — Regimi speciali d'im
portazione — Sistema dell'abbinamento — Bandi di gara —
Illegittimità — Fattispecie (Trattato istitutivo della CEE, art.
173, 184; decisione della Commissione 15 febbraio 1978 n.
258, che fissa i prezzi minimi di vendita delle carni bovine
congelate messe in vendita dagli organismi d'intervento ai sensi
del regolamento CEE n. 2990/77 e stabilisce i quantitativi di
carni bovine congelate destinate alla trasformazione che pos
sono essere importate a condizioni speciali nel primo trimestre
1979).
È ricevibile, ai sensi dell'art. 173 del trattato CEE, il ricorso di
annullamento contro la decisione^
della Commissione che, sep
pur formalmente rivolta agli Stati membri, interessa in realtà direttamente e individualmente i privati destinatari delle de cisioni che le autorità nazionali adottano, senza alcun margine di discrezionalità, in esecuzione dell'atto comunitario. (4)
Dal momento che l'art. 184 del trattato CEE è espressione di un
principio generale che garantisce a qualsiasi parte di contestare, al fine di ottenere l'annullamento di una decisione che la con
cerne direttamente e individualmente, la validità dei precedenti atti delle istituzioni comunitarie, che costituiscono il fonda mento giuridico della decisione impugnata e che non sono at
taccabili ai sensi dell'art. 173 del trattato CEE, la sfera di ap
plicazione dell'art. 184 deve poter comprendere tutti gli atti
delle istituzioni che, pur non avendo la forma di regolamento,
producono effetti analoghi e che, per tale motivo, non pote vano essere impugnati dai privati ai sensi dell'art. 173 (nella
specie, i bandi generali di gare per l'acquisto di carni conge late detenute dagli enti nazionali d'intervento, in quanto co
stituiscono atti di portata generale che fissano in anticipo e in
base a criteri obiettivi i diritti e gli obblighi degli operatori economici che intendono partecipare alle gare bandite). (5)
L'assenza di qualsiasi vincolo di destinazione sulla carne bovina
congelata acquistata presso gli enti nazionali d'intervento, nel
l'ambito del sistema c. d. dell'abbinamento, può avere l'effetto di falsare il funzionamento del sistema poiché si possono avere
manipolazioni incontrollabili di prezzi da parte di acquirenti che non hanno un interesse diretto nell'industria di trasfor mazione. (6)
IV
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 1°febbraio 1979 (in causa 121/78); Pres. Kutscher, Avv.
gen. Reischl (conci, conf.); Bardi c. Azienda agricola Paradiso.
Comunità europee — CEE — Carni bovine — Importazione di
bovini da paesi terzi — Contingenti a prelievo ridotto — Con
dizioni — Beneficiari — Determinazione da parte degli Stati
membri — Liceità (Trattato istitutivo della CEE, art. 177; reg. 27 giugno 1968 n. 805 CEE del Consiglio, relativo all'organiz zazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine, art.
13; direttiva 17 aprile 1972 n. 72/159 CEE del Consiglio, re
lativa all'ammodernamento delle aziende agricole; reg. 18 mar
zo 1977 n. 585 CEE della Commissione, relativo al regime dei
titoli d'importazione ed esportazione nel settore delle carni bo
vine; reg. 22 dicembre 1977 n. 2902 CEE della Commissione,
che fissa per il primo trimestre 1978 il quantitativo di giovani bovini maschi che possono essere importati a condizioni spe
ciali).
In forza del regolamento della Commissione 22 dicembre 1977 n.
2902, gli Stati membri ed in particolare la Repubblica italiana,
erano autorizzati a specificare le categorie di produttori agri coli ammessi a fruire del contingente d'importazione di giovani bovini maschi in sospensione parziale o totale del prelievo, nell'ambito di una politica intesa al miglioramento delle strut
ture di allevamento e della produzione di carni bovine. (7)
Il fatto di riservare tale vantaggio ad imprenditori che esercitano
l'attività agricola a titolo principale è conforme agli obblighi derivanti per gli Stati membri dalla direttiva del Consiglio n.
72/159 CEE, relativa all'ammodernamento delle aziende agri
cole. (8)
I
La Corte, ecc. — Diritto. — 1. - Con ordinanza 15 luglio 1978, per venuta in cancelleria il 5 ottobre 1978, il Pretore di Padova ha
chiesto a questa corte, in forza dell'art. 177 del trattato CEE,
di pronunziarsi « sulla compatibilità di [un] regime di prezzi au
toritativo, limitato al solo settore del commercio al minuto, con
la normativa comunitaria, tenuto conto che, in tal caso, risulte
rebbe non infondata la questione di legittimità costituzionale dei
provvedimenti legislativi dello Stato italiano in materia di prezzi,
in relazione all'art. 3 Cost, repubblicana italiana ».
2. - La questione riguarda, da una parte, il provvedimento n.
35/1977 emesso il 26 luglio 1977 dal Comitato interministeriale
dei prezzi («CIP») relativamente ai prezzi massimi al consumo
delle carni bovine congelate (Gazzetta ufficiale della Repubblica
italiana n. 207 del 29 settembre 1977) e, dall'altra, la normativa
comunitaria in materia di organizzazione comune dei mercati nel set
tore delle carni bovine. Essa è stata sollevata nell'ambito di un pro
cedimento penale promosso a carico del legale rappresentante di
un'impresa commerciale del settore delle carni, per contravvenzione
al suddetto provvedimento. 3. - Non spetta a questa corte pronunciarsi, nell'ambito di un
procedimento ai sensi dell'art. 177 dèi trattato, sulla compatibilità
Il Foro Italiano — 1980 — Parte IV-13.
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