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PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA || sentenza 21 ottobre 1988 (causa 267/86);...

Date post: 30-Jan-2017
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sentenza 21 ottobre 1988 (causa 267/86); Pres. Bosco, Avv. gen. Mancini (concl. conf.); Van Eycke c. Soc. Aspa Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA (1989), pp. 457/458-461/462 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182951 . Accessed: 28/06/2014 12:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 12:24:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 21 ottobre 1988 (causa 267/86); Pres. Bosco, Avv. gen. Mancini (concl. conf.); VanEycke c. Soc. AspaSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1989), pp. 457/458-461/462Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182951 .

Accessed: 28/06/2014 12:24

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457 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 458

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ' EUROPEE; sen tenza 21 ottobre 1988 (causa 267/86); Pres. Bosco, Avv. gen. Mancini (conci, conf.); Van Eycke c. Soc. Aspa.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ' EUROPEE;

Comunità europee — Cee — Regole di concorrenza — Normati va fiscale di uno Stato membro — Violazione degli obblighi derivanti dal trattato (Trattato Cee, art. 3, 5, 85, 177).

Comunità europee — Cee — Circolazione dei servizi — Normati

va fiscale di uno Stato membro — Incompatibilità — Esclusio

ne (Trattato Cee, art. 59-66, 95, 177).

La norma nazionale di legge o di regolamento, che riservi il bene

ficio di un'esenzione fiscale (contemplata, in materia di impo sta sul reddito, a favore della remunerazione ricavata da una

determinata categoria di depositi a risparmio) ai soli depositi

per i quali siano rispettati i tassi d'interesse e i premi massimi

stabiliti mediante regolamento, non è incompatibile con gli ob

blighi che derivano agli Stati membri dal combinato disposto

degli art. 5, 3, lett. f), e 85 del trattato Cee, fatta salva la

possibilità, per il giudice nazionale, di accertare se la disposi zione controversa non si sia limitata a recepire tanto il metodo

di remunerazione dei depositi quanto il livello massimo dei tas

si adottati mediante accordi o pratiche concordate preesi stenti. (1)

La norma nazionale di legge o di regolamento, che riservi un'e

senzione fiscale (contemplata, in materia di imposta sul reddi

to, a favore della remunerazione ricavata da una determinata

categoria di depositi a risparmio) ai soli depositi a risparmio costituiti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede

sociale nello Stato membro interessato, non è incompatibile con

gli art. 59-66 e 95 del trattato Cee. (2)

1. - Con sentenza 28 ottobre 1986, pervenuta alla corte il 30

ottobre successivo, il Vredegerecht del cantone di Beveren (Bel

gio) ha sollevato, a norma dell'art. 177 del trattato Cee, tre que stioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli art. 59-66,

85, 86 e 95 del predetto trattato onde essere messo in grado di

valutare la compatibilità con il diritto comunitario di una norma

tiva nazionale che riserva ad una determinata categoria di deposi ti a risparmio il beneficio di un'esenzione fiscale, in materia di

imposta sul reddito realizzato sotto forma di interessi creditori.

2. - Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una con

troversia tra il Van Eycke (in prosieguo: l'attore) e la società per azioni Aspa, un istituto finanziario belga, vertente sul tasso degli interessi creditori di un deposito a risparmio che l'attore intende

va costituire presso l'Aspa. Dagli atti risulta che l'attore, dopo aver preso conoscenza della pubblicità dell'Aspa relativa ai tassi

di interesse sui depositi a risparmio, si presentava presso detto

(1-2) Oggetto della controversia: una disposizione fiscale belga che con

cedeva ai titolari di conto corrente un'esenzione d'imposta sui reddito

a condizione che gli interessi corrisposti sui depositi non eccedessero il

tetto fissato dal ministro delle finanze. Tale tetto era composto da un

saggio massimo di base e da un 'premio di fedeltà', riservato ai soli ri

sparmi rimasti depositati per un periodo non inferiore a dodici mesi: su

perando il tetto, si perdeva l'esenzione, col risultato di scoraggiare gli istituti di credito dal farsi concorrenza a colpi di maggiorazione degli interessi passivi.

Mentre la seconda massima fa leva sul rilievo che i movimenti di capi tali, cui deve ascriversi la costituzione di depositi a risparmio, non sono

ancora stati liberalizzati, e che, d'altro canto, il divieto d'imposizioni in

terne discriminatorie o protezionistiche vale solo per i 'prodotti', la pri ma riedita, sia pure con qualche contorsione di matrice bancaria (vezzo circa il quale conviene rinviare a L. M. Ubertazzi, Imprese bancarie

e diritto comunitario antitrust, in La concorrenza bancaria, Milano, 1985, 135 ss.) un principio affermato, di recente, da Corte giust. 1° ottobre

1987, causa 311/85, Foro it., 1988, IV, 204 (e già prima nelle pronunce 29 gennaio 1985, causa 231/83, id., Rep. 1988, voce Comunità europee, n. 212, e 10 gennaio 1985, causa 229/83, id., 1986, IV, 71, con nota

di Pardolesi). Ad avviso di Waelbroeck, Annual Review of EEC-Competition Ca

ses: 1988-89, in 1992 and EEC/U.S. Competition and Trade Law, atti

del convegno organizzato dal Fordham Corporate Law Institute, di pros sima pubblicazione, la decisione conferma l'approccio formalistico pre valso per l'addietro: evita, cioè, di verificare, come invece fanno le corti

statunitensi, se la restrizione era stata adottata in uno sforzo di buona

fede d'implementare l'interesse pubblico o se lo Stato aveva soltanto ste

so il velo di una misura governativa su quel che nella sostanza resta un'in

tesa privata.

Il Foro Italiano — 1989 — Parte IV-22.

istituto finanziario per costituire un deposito a risparmio alle con

dizioni pubblicizzate. Quando, successivamente, l'Aspa gli comu

nicava di essere tenuta, in base al regio decreto 13 marzo 1986, ad applicare condizioni meno favorevoli di quelle reclamizzate, l'attore adiva il giudice nazionale onde sentir dichiarare che l'A

spa non poteva avvalersi di detto regio decreto per giustificare una modifica delle condizioni da essa praticate sui depositi a ri

sparmio, poiché detto decreto violava gli art. 85 ss. del trattato

Cee.

3. - Il regio decreto sopramenzionato, per essere meglio com

preso, dev'essere collocato nel suo contesto giuridico ed econo

mico, caratterizzato dall'esistenza in Belgio, da lunga data, di

un'esenzione fiscale a favore di una parte dei redditi da depositi a risparmio che era stata introdotta per ragioni sociali e al fine

di promuovere il risparmio e le cui modalità di base sono discipli nate dall'art. 19, 7° comma, del codice delle imposte sui redditi.

4. - Quando, agli inizi degli anni '80, un numero crescente di

istituti di risparmio istituiva una politica di tassi elevati, il gover no belga, volendo limitare la portata dell'esenzione fiscale, la su

bordinava, con legge 28 dicembre 1983, a talune condizioni da

definirsi con regio decreto.

5. - Il regio decreto 29 dicembre 1983, adottato in esecuzione

della legge sopracitata, in sostanza, subordinava la concessione

dell'esenzione fiscale a due condizioni: la remunerazione dei de

positi a risparmio doveva essere costituita, da un lato, da un inte

resse di base per il quale era previsto un limite massimo corri

spondente al tasso medio minimo praticato sul mercato conside

rato, e, dall'altro, da un premio di fedeltà o di incremento che

poteva essere liberamente fissato da ciascun istituto finanziario.

6. - Successivamente, le autorità monetarie del Belgio riteneva

no che la concorrenza nel settore dei premi di fedeltà o di incre

mento fosse troppo accentuata e andasse in senso contrario alla

generale tendenza al ribasso dei tassi di interesse che caratterizza

va i restanti strumenti di risparmio. Siccome il mantenimento dei

tassi di interesse creditori nel settore dei depositi a risparmio ad

un livello elevato aveva come conseguenza, a parere delle medesi

me autorità, il mantenimento dei tassi debitori ad un livello al

trettanto elevato con effetti nefasti per l'attività economica del

paese e il debito pubblico, la commissione bancaria del Belgio

rivolgeva nel settembre 1985 una raccomandazione agli enti fi

nanziari intesa a limitare la remunerazione dei depositi a rispar mio. Essa sfociava il 30 dicembre 1985 nella conclusione di un

accordo di autodisciplina tra le banche, le casse di risparmio pri vate e gli istituti pubblici di credito per effetto del quale i tassi

di detta remunerazione venivano ridotti al limite massimo del 7%.

7. - Siccome detto accordo non veniva rispettato dalla totalità

degli istituti finanziari, il ministero delle finanze optava per un

regime nel quale i pubblici poteri avrebbero determinato diretta

mente le sopramenzionate condizioni di esenzione fiscale.

8. - Detto regime veniva istituito con il sopramenzionato regio decreto 13 marzo 1986 che fissava direttamente tanto il tasso mas

simo dell'interesse di base quanto il tasso massimo del premio di fedeltà o di incremento.

9. - In questo contesto, il giudice a quo, su conformi conclu

sioni delle parti della causa principale, ha sottoposto alla corte

le seguenti questioni pregiudiziali: «1. - Se la disciplina di legge, istituita con regio decreto 29

dicembre 1983 e confermata, pur con alcune modifiche, dal regio decreto 13 marzo 1986, in ordine alla remunerazione che può essere corrisposta dagli istituti finanziari per i risparmi da essi

raccolti, disciplina che — come recezione legislativa degli accordi

interbancari preesistenti o di comportamenti paralleli volti alla

limitazione della remunerazione dei depositi a risparmio — consi

ste nell'imporre detta remunerazione: a) come tasso di interesse

uniforme per tutti gli operatori sul mercato, b) in secondo luogo,

come margine che detti operatori devono rispettare nel determi

nare la remunerazione stessa, pena la perdita totale, da parte dei

risparmiatori, del regime fiscale agevolato in essere per i depositi a risparmio ordinari, sia compatibile con le regole di concorrenza

comunitarie dettate dagli art. 85 ss. del trattato Cee;

2. Se, e solo in caso di soluzione in senso affermativo della

questione sub a), l'imposizione, oltre ad un tasso di interesse uni

forme per l'interesse di base corrisposto dagli istituti finanziari,

di un margine massimo per il premio di fedeltà e/o per il premio

di accrescimento, eventualmente dovuti, con l'esclusione di ogni

altra forma di concorrenza in materia di raccolta di depositi a

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459 PARTE QUARTA 460

risparmio, a pena della perdita del regime fiscale agevolato men

zionato alla questione n. 1 (r.d. 13 marzo 1986 art. 1), sia com

patibile con le regole di concorrenza comunitarie dettate dagli art. 85 ss. del trattato Cee;

3. Se la concessione di agevolazioni fiscali, fra cui l'esonero

totale dalla ritenuta liberatoria anticipata sui valori mobiliari a

favore dei soli depositi a risparmio in franchi belgi costituiti uni

camente presso istituti finanziari stabiliti in Belgio, comporti una

discriminazione nei confronti di depositi analoghi raccolti da isti

tuti finanziari non stabiliti in Belgio o espressi in altre valute o

formule valutarie, e/o, di conseguenza, la concessione di tali age volazioni fiscali sia ancora compatibile con le disposizioni degli art. 59-66 nonché dell'art. 95 del trattato Cee».

10. - Per una più ampia illustrazione degli antefatti, del conte

sto della normativa nazionale e delle osservazioni presentate alla

corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del

fascicolo sono riportati in prosieguo solo se necessario alla com

prensione del ragionamento della corte.

Sulla competenza della corte.

11. - Il governo belga sostiene, in primo luogo, che la doman

da di pronunzia pregiudiziale proposta dal giudice a quo non è

ammissibile poiché da una serie di circostanze emerge il carattere

puramente fittizio della controversia di cui alla causa principale. In secondo luogo, esso afferma che l'interpretazione del diritto

comunitario richiesta nel caso di specie non può essere sotto al

cun aspetto pertinente ai fini della decisione del giudizio princi

pale. Infatti, il regio decreto 13 marzo 1986 non impedirebbe as

solutamente alla società Aspa di applicare le sue precedenti con

dizioni di risparmio più favorevoli per l'attore e non verrebbe,

pertanto, in nessun modo implicato nel giudizio principale. 12. - Si deve a questo proposito rilevare che dagli elementi di

fatto indicati nella sentenza di rinvio non emerge in modo palese

che, in realtà, ci si trovi di fronte ad una controversia fittizia.

13. — Il per quanto riguarda il secondo argomento dedotto

dal governo belga, è sufficiente ricordare che, secondo la costan

te giurisprudenza della corte, confermata con sentenza 12 giugno 1986 (cause riunite 98, 162 e 258/85, Bertini, Racc. pag. 1893; Foro it., 1987, IV, 397), è competenza del giudice nazionale valu

tare, alla luce dei fatti di causa, la necessità di una questione

pregiudiziale. 14. - Per questi motivi si deve procedere all'esame delle que

stioni sollevate dal giudice a quo.

Sulla prima e sulla seconda questione

15. - Dette questioni debbono essere intese come dirette, in

sostanza, a sapere se una norma nazionale di legge o di regola mento che riservi il beneficio di un'esenzione fiscale che è con

templata, in materia di imposta sul reddito, a favore del reddito derivante da una determinata categoria di depositi a risparmio, ai soli depositi per i quali siano rispettati i tassi di interesse ed i premi massimi stabiliti mediante regolamento, sia compatibile o meno con gli obblighi derivanti, per gli Stati membri, dal com

binato disposto dell'art. 5 del trattato Cee e degli art. 3, lett.

f), e 85 del medesimo trattato.

16. - Occorre ricordare, a questo proposito, che gli art. 85 e 86 del trattato, di per sé, riguardano soltanto la condotta delle

imprese e non provvedimenti di legge o di regolamento degli Stati

membri. Dalla costante giurisprudenza della corte, tuttavia, emerge che gli art. 85 e 86, letti congiuntamente con l'art. 5 del trattato, fanno obbligo agli Stati membri di non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche aventi il carattere di legge o di

regolamento, idonei a rendere praticamente inefficaci le norme

di concorrenza da applicarsi alle imprese. Tale caso ricorre, se

condo la medesima giurisprudenza, quando uno Stato membro

imponga o agevoli la conclusione di accordi in contrasto con l'art.

85, o rafforzi gli effetti di siffatti accordi, ovvero tolga alla pro

pria normativa il suo carattere pubblico, delegando ad operatori

privati la responsabilità di adottare decisioni d'intervento in ma

teria economica.

17. - Bisogna in primo luogo osservare che, secondo quanto accertato dal giudice a quo, esistevano, prima del sopravvenire della normativa controversa, accordi interbancari o pratiche con

cordate intese a limitare la remunerazione dei depositi a rispar

II Foro Italiano — 1989.

mio. Né da detti accertamenti, né dalle osservazioni presentate alla corte risulta però che la normativa in questione abbia potuto essere diretta ad imporre o ad agevolare la stipula di nuovi accor

di ovvero l'attuazione di nuove pratiche. Al fine di valutare, alla

luce dei criteri definiti dalla giurisprudenza della corte, l'effettiva

portata di siffatta normativa, è opportuno, pertanto, limitarsi ad

esaminare, da un lato, se questa possa essere considerata come

diretta a rafforzare gli effetti degli accordi preesistenti e, dall'al

tro, se talune circostanze non siano tali da toglierle il carattere

di normativa statale.

18. - A proposito del primo punto, è sufficiente notare che

secondo la giurisprudenza della corte affinché una normativa possa essere considerata come diretta a rafforzare gli effetti di accordi

preesistenti, deve limitarsi a recepire in tutto o in parte gli ele

menti di accordi intervenuti tra operatori economici obbligando o incoraggiando detti operatori ad assicurarne l'osservanza. Se

è vero che la perdita totale del beneficio del regime fiscale privile

giato vigente per i depositi a risparmio costituisce un importante incentivo al rispetto della normativa controversa, da nessun ac

certamento operato dal giudice a quo risulta che detta normativa

si sia limitata a convalidare il metodo di limitazione della remu

nerazione dei depositi ovvero il livello massimo dei tassi adottati

mediante gli accordi o le pratiche preesistenti. È tuttavia compito del giudice a quo incentrare su tale punto la sua indagine qualora

ritenga che possano sussistere dubbi a questo riguardo. 19. - A proposito del secondo punto, dalla normativa contro

versa emerge che le pubbliche autorità si sono riservate il potere di stabilire esse stesse i tassi massimi di remunerazione dei depo siti a risparmio e che non hanno delegato tale responsabilità ad

alcun operatore privato. Questa normativa riveste cosi un carat

tere pubblico. Questo carattere non può essere messo in discus

sione dalla semplice circostanza, sottolineata dall'attore nel giu dizio principale, che dal preambolo del regio decreto 13 marzo

1986 emerge che detto decreto è stato adottato previa concentra

zione con i rappresentanti delle associazioni degli istituti di credito.

20. - La prima e la seconda questione vanno, pertanto, risolte

nel senso che una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi il beneficio di un'esenzione fiscale contemplata, in ma

teria di imposta sul reddito, a favore della remunerazione ricava

ta da una determinata categoria di depositi a risparmio, ai soli

depositi per i quali siano rispettati i tassi di interesse e i premi massimi stabiliti mediante regolamento non è incompatibile con

gli obblighi che derivano per gli Stati membri dal combinato di

sposto dell'art. 5 del trattato Cee e degli art. 3, lett. f), e 85

dello stesso trattato, fatta salva la possibilità, per il giudice na

zionale, di procedere eventualmente ad un esame per accertare

se la disposizione controversa non si sia limitata a recepire tanto

il metodo di limitazione della remunerazione dei depositi quanto il livello massimo dei tassi massimi adottati mediante accordi o

pratiche concordate preesistenti.

Sulla terza questione

21. - Con questa questione, il giudice a quo intende sapere, in sostanza, se una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi l'esenzione fiscale sopra descritta ai soli depositi a ri

sparmio costituiti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede sociale nello Stato membro interessato sia compatibile o meno con gli art. 59-66 nonché 95 del trattato Cee.

22. - Quanto al problema se una normativa fiscale di questo

tipo che riguarda la remunerazione di una determinata categoria di depositi a risparmio costituiti presso banche, sia compatibile o meno con gli art. 59 ss. del trattato Cee relativi alla libera

circolazione dei servizi, occorre ricordare che, ai sensi dell'art.

61, n. 2, del medesimo trattato, la liberalizzazione dei servizi del

le banche che sono vincolati a movimenti di capitale dev'essere

attuata in armonia con la liberalizzazione progressiva della circo

lazione dei capitali. 23. - Orbene, la costituzione di depositi a risparmio rientra

nella categoria di movimenti di capitali denominata «costituzione

e alimentazione di conti correnti e di deposito, rimpatrio od im

piego di disponibilità in conto corrente o in deposito presso isti

tuti di credito» che figura sull'elenco D dell'allegato I della prima direttiva del consiglio 11 maggio 1960, per l'applicazione dell'art.

67 del trattato (G.U. L 43 del 12 luglio 1960, pag. 921) e, rispetti

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461 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 462

vamente, sull'elenco C dell'allegato I sostituito con direttiva del

consiglio 17 novembre 1986 n. 86/566, che modifica la prima direttiva (G.U. L 332, pag. 22). Questi movimenti di capitali non sono ancora stati liberalizzati.

24. - Di conseguenza, nel caso di specie non può aversi viola

zione delle disposizioni del trattato Cee relative alla libera circo

lazione dei servizi delle banche in materia di movimenti di capitali. 25. - Per quanto riguarda, infine, l'applicabilità dell'art. 95

del trattato Cee alla normativa fiscale controversa, è sufficiente

osservare che il divieto di imposizioni interne discriminatorie o

protezionistiche contemplato da detto articolo riguarda soltanto

i «prodotti» di altri Stati membri. Orbene, i risparmi depositati in questa o in quella moneta rientrano, come è stato in preceden za menzionato, nella sfera d'applicazione degli art. 61, n. 2, e

67 del trattato Cee. Essi non costituiscono, pertanto, prodotti ai sensi dell'art. 95 dello stesso trattato.

26. - Si deve quindi risolvere la terza questione nel senso che

una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi l'esen

zione fiscale dinanzi descritta ai soli depositi a risparmio costitui

ti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede sociale

nello Stato membro interessato non è incompatibile con gli art.

59-66, nonché 95 del trattato Cee.

Sulle spese. (Omissis)

Per questi motivi, la corte pronunziandosi sulle questioni sot

topostele dal Vredegerecht del cantone di Beveren, con sentenza

28 ottobre 1986, dichiara:

1. - Una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi

il beneficio di un'esenzione fiscale contemplata, in materia di im

posta sul reddito, a favore della remunerazione ricavata da una

determinata categoria di depositi a risparmio, ai soli depositi per i quali siano rispettati i tassi di interesse e i premi massimi stabili

ti mediante regolamento non è incompatibile con gli obblighi che

derivano per gli Stati membri dal combinato disposto dell'art.

5 del trattato Cee e degli art. 3, lett. f), e 85, dello stesso trattato,

fatta salva la possibilità, per il giudice nazionale, di procedere eventualmente ad un esame per accertare se la disposizione con

troversa non si sia limitata a recepire tanto il metodo di limita

zione della remunerazione dei depositi, quanto il livello massimo

dei tassi adottati mediante accordi o pratiche concordate preesi

stenti.

2. - Una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi

l'esenzione fiscale dinanzi descritta ai soli depositi a risparmio

costituiti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede

sociale nello Stato membro interessato non è incompatibile con

gli art. 59-66, nonché 95 del trattato Cee.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ' EUROPEE; sen tenza 27 settembre 1988 (causa 65/86); Pres. Mackenzie

Stuart, Avv. gen. Darmon (conci, conf.); Soc. Bayer AG c.

Soc. Hennecke GmbH.

Comunità europee — Cee — Regole di concorrenza — Licenza

di brevetto — Clausola di non contestazione — Restrizione della

concorrenza — Limiti (Trattato Cee, art. 85, 177).

Pur essendo in astratto idonea a determinare una restrizione della

concorrenza, la clausola di non contestazione contenuta in un

accordo di licenza di brevetto non ha tale carattere qualora:

a) la licenza in questione sia stata concessa a titolo gratuito,

si che il licenziatario non possa subire svantaggi concorrenziali

relativi al pagamento di compensi; b) la licenza, pur essendo

stata concessa a titolo oneroso, riguardi un procedimento tec

nico superato, al quale l'impresa che ha accettato l'obbligo dì

non contestazione non faceva ricorso. (1)

(1) I giudici di Lussemburgo confermano l'orientamento espresso nella

sent. 25 febbraio 1986, causa 1993/83, in Race., 1986, 611 (e in Giur.

Il Foro Italiano — 1989.

1. - Con ordinanza 4 febbraio 1986, pervenuta alla corte il

6 marzo successivo, il Bundesgerichtshof ha sollevato, in forza

dell'art. 177 del trattato Cee, una questione pregiudiziale vertente

sull'interpretazione degli art. 30 ss. e 85 del trattato Cee al fine

di determinare la compatibilità con dette norme di una clausola

inserita in un accordo di licenza con la quale il licenziatario si

impegna a non contestare la validità di taluni diritti tecnici di

proprietà industriale di contenuto identico a quelli che gli sono

concessi in licenza e che sono stati riconosciuti al licenziante in

diversi Stati membri della Comunità europea. 2. - Detta questione è stata sollevata nel contesto di una con

troversia tra il sig. Sullhòfer (in prosieguo: il Sullhòfer), commer

ciante in Dusseldorf, e le società Bayer AG e Hennecke GmbH, il cui capitale appartiene totalmente alla prima (in prosieguo: Bayer e Hennecke), aventi sede nella Repubblica federale di Germania.

La controversia verte sulla validità dell'accordo sopra menziona

to nonché sull'obbligo per dette società di rendere i conti e di

versare un indennizzo al Sullhòfer.

3. - Il 20 dicembre 1950, la Bayer otteneva un brevetto («Mo

roni») relativo a procedimenti e dispositivi destinati alla fabbrica

zione a ciclo continuo di pannelli, strisce e fogli senza fine in

sostanze espanse a base, in particolare, di poliuretano. Il 22 lu

glio 1965, il Sullhòfer depositava un modello di utilità ed una

domanda di brevetto per l'installazione di un doppio nastro tras

portatore destinato alla fabbricazione di pannelli a base di espan so rigido di poliuretano. Il modello di utilità veniva registrato il 21 luglio 1966. Per quanto riguarda la domanda di brevetto,

essa veniva pubblicata il 17 agosto 1967, data a partire dalla qua le cominciava a decorrere il termine per l'opposizione.

4. - Successivamente, dal 1967 fino agli inizi del 1968, tra il

Sullhòfer e la Hennecke avevan luogo azioni giudiziarie. Il Sull

hòfer, avvalendosi del modello di utilità sopra descritto, diffida

va la Hennecke nonché i clienti della stessa. La Hennecke dal

canto suo domandava che il sopra citato modello di utilità fosse

dir. ind., 1987, n. 2224), che, a sua volta, capitalizzava una prassi conso

lidata della commissione a proposito delle clausole di non contestazione

della validità di marchi, brevetti e novità vegetali: v., infatti, dee. 13

dicembre 1985, G.U.C.E. 31 dicembre 1985, L 369/9; 11 luglio 1983, Foro it., Rep. 1985, voce Comunità europee, n. 197 (è il caso Windsur

fing, cui si riferisce la precitata sentenza della Corte di giustizia); 10 gen naio 1979, id., Rep. 1981, voce cit., n. 356, in extenso in Riv. dir. ind.,

1980, II, 314 (su cui v. R. Franceschelli, Accordi di licenza di brevetti

net progetto di regolamento di esenzione della commissione Cee del 3

marzo 1979, id., 1980, II,' 5, 18 ss.); 23 dicembre 1977, Foro it., Rep.

1979, voce cit., n. 287; 15 dicembre 1975, id., Rep. 1978, voce cit., n.

313; 2 dicembre 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 282, per esteso in

Riv. dir. comm., 1976, II, 327, nota di Cirenei; 18 luglio 1975, in G.U.C.E.

22 agosto 1975, L 222/34; 9 giugno 1972, id., 23 giugno 1972, L 143/39

(«Raymond-Nagoya»); 9 giugno 1972, Giur. dir. ind., 1972, n. 232 («Da vidson Rubber-»)-, 22 dicembre 1971, G.U.C.E. 17 gennaio 1972, L 13/53.

Tale prassi, del resto, aveva trovato consacrazione nell'art. 3, n. 1, del

regolamento della commissione n. 2349/84 (su cui v., in prima approssi

mazione, Guttuso, Il regolamento di esenzione per categorie di contratti

di licenze di brevetto, in Riv. dir. scambi internaz., 1985, 177), che nega l'esenzione per categoria agli accordi di licenza di brevetto che rechino,

appunto, clausole di non contestazione.

Decisione scontata, dunque? Nient'affatto. A voler sconvolgere acque tanto chete era proprio la commissione, che ha tentato d'introdurre un

'distinguo' per il caso in cui la clausola in parola sia inserita in un accor

do transattivo di composizione di una lite: a suo dire, infatti, la tenden

ziale illiceità cartellistica potrebbe, in presenza di determinate condizioni,

esser esclusa dal confliggente interesse della Comunità alla conclusione

del procedimento contenzioso. Un siffatto (e apprezzabile) sforzo di sce

verare il grano dal loglio non costituiva una novità in assoluto: in Corte

giust. 30 gennaio 1985, causa 35/83, Foro it., 1986, IV, 65, la dottrina

delle c.d. «ancillary restrictions» era stata felicemente invocata per sot

trarre i «trademark delimitation agreements» ai fulmini dell'art. 85. Sot

to questo profilo, la pronunzia in epigrafe segna un'inversione di rotta

persino sorprendente (cfr., infatti, Waelbroeck, Annua! Review of EEC

Competition Cases: 1988-89, in 1992 and EEC/U.S. Competition and

Trade Law, atti del convegno organizzato dal Fordham Corporate Law

Institute, di prossima pubblicazione). Ancora più singolari risultano, pe

raltro, i casi in cui, secondo la corte, la no contest clause sfugge al divie

to: tanto singolari da indurre un commentatore d'oltremanica a non far

mistero dell'auspicio che intervenga quanto prima una «further clarifica

tion of the startingly opaque language employed by the court in this ca

se» (cosi Shaw, Review of Competition Law Cases, in European L. Rev.,

1989, 94). [R.Pardolesi]

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