sentenza 21 ottobre 1988 (causa 267/86); Pres. Bosco, Avv. gen. Mancini (concl. conf.); VanEycke c. Soc. AspaSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1989), pp. 457/458-461/462Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182951 .
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457 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 458
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ' EUROPEE; sen tenza 21 ottobre 1988 (causa 267/86); Pres. Bosco, Avv. gen. Mancini (conci, conf.); Van Eycke c. Soc. Aspa.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ' EUROPEE;
Comunità europee — Cee — Regole di concorrenza — Normati va fiscale di uno Stato membro — Violazione degli obblighi derivanti dal trattato (Trattato Cee, art. 3, 5, 85, 177).
Comunità europee — Cee — Circolazione dei servizi — Normati
va fiscale di uno Stato membro — Incompatibilità — Esclusio
ne (Trattato Cee, art. 59-66, 95, 177).
La norma nazionale di legge o di regolamento, che riservi il bene
ficio di un'esenzione fiscale (contemplata, in materia di impo sta sul reddito, a favore della remunerazione ricavata da una
determinata categoria di depositi a risparmio) ai soli depositi
per i quali siano rispettati i tassi d'interesse e i premi massimi
stabiliti mediante regolamento, non è incompatibile con gli ob
blighi che derivano agli Stati membri dal combinato disposto
degli art. 5, 3, lett. f), e 85 del trattato Cee, fatta salva la
possibilità, per il giudice nazionale, di accertare se la disposi zione controversa non si sia limitata a recepire tanto il metodo
di remunerazione dei depositi quanto il livello massimo dei tas
si adottati mediante accordi o pratiche concordate preesi stenti. (1)
La norma nazionale di legge o di regolamento, che riservi un'e
senzione fiscale (contemplata, in materia di imposta sul reddi
to, a favore della remunerazione ricavata da una determinata
categoria di depositi a risparmio) ai soli depositi a risparmio costituiti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede
sociale nello Stato membro interessato, non è incompatibile con
gli art. 59-66 e 95 del trattato Cee. (2)
1. - Con sentenza 28 ottobre 1986, pervenuta alla corte il 30
ottobre successivo, il Vredegerecht del cantone di Beveren (Bel
gio) ha sollevato, a norma dell'art. 177 del trattato Cee, tre que stioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli art. 59-66,
85, 86 e 95 del predetto trattato onde essere messo in grado di
valutare la compatibilità con il diritto comunitario di una norma
tiva nazionale che riserva ad una determinata categoria di deposi ti a risparmio il beneficio di un'esenzione fiscale, in materia di
imposta sul reddito realizzato sotto forma di interessi creditori.
2. - Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una con
troversia tra il Van Eycke (in prosieguo: l'attore) e la società per azioni Aspa, un istituto finanziario belga, vertente sul tasso degli interessi creditori di un deposito a risparmio che l'attore intende
va costituire presso l'Aspa. Dagli atti risulta che l'attore, dopo aver preso conoscenza della pubblicità dell'Aspa relativa ai tassi
di interesse sui depositi a risparmio, si presentava presso detto
(1-2) Oggetto della controversia: una disposizione fiscale belga che con
cedeva ai titolari di conto corrente un'esenzione d'imposta sui reddito
a condizione che gli interessi corrisposti sui depositi non eccedessero il
tetto fissato dal ministro delle finanze. Tale tetto era composto da un
saggio massimo di base e da un 'premio di fedeltà', riservato ai soli ri
sparmi rimasti depositati per un periodo non inferiore a dodici mesi: su
perando il tetto, si perdeva l'esenzione, col risultato di scoraggiare gli istituti di credito dal farsi concorrenza a colpi di maggiorazione degli interessi passivi.
Mentre la seconda massima fa leva sul rilievo che i movimenti di capi tali, cui deve ascriversi la costituzione di depositi a risparmio, non sono
ancora stati liberalizzati, e che, d'altro canto, il divieto d'imposizioni in
terne discriminatorie o protezionistiche vale solo per i 'prodotti', la pri ma riedita, sia pure con qualche contorsione di matrice bancaria (vezzo circa il quale conviene rinviare a L. M. Ubertazzi, Imprese bancarie
e diritto comunitario antitrust, in La concorrenza bancaria, Milano, 1985, 135 ss.) un principio affermato, di recente, da Corte giust. 1° ottobre
1987, causa 311/85, Foro it., 1988, IV, 204 (e già prima nelle pronunce 29 gennaio 1985, causa 231/83, id., Rep. 1988, voce Comunità europee, n. 212, e 10 gennaio 1985, causa 229/83, id., 1986, IV, 71, con nota
di Pardolesi). Ad avviso di Waelbroeck, Annual Review of EEC-Competition Ca
ses: 1988-89, in 1992 and EEC/U.S. Competition and Trade Law, atti
del convegno organizzato dal Fordham Corporate Law Institute, di pros sima pubblicazione, la decisione conferma l'approccio formalistico pre valso per l'addietro: evita, cioè, di verificare, come invece fanno le corti
statunitensi, se la restrizione era stata adottata in uno sforzo di buona
fede d'implementare l'interesse pubblico o se lo Stato aveva soltanto ste
so il velo di una misura governativa su quel che nella sostanza resta un'in
tesa privata.
Il Foro Italiano — 1989 — Parte IV-22.
istituto finanziario per costituire un deposito a risparmio alle con
dizioni pubblicizzate. Quando, successivamente, l'Aspa gli comu
nicava di essere tenuta, in base al regio decreto 13 marzo 1986, ad applicare condizioni meno favorevoli di quelle reclamizzate, l'attore adiva il giudice nazionale onde sentir dichiarare che l'A
spa non poteva avvalersi di detto regio decreto per giustificare una modifica delle condizioni da essa praticate sui depositi a ri
sparmio, poiché detto decreto violava gli art. 85 ss. del trattato
Cee.
3. - Il regio decreto sopramenzionato, per essere meglio com
preso, dev'essere collocato nel suo contesto giuridico ed econo
mico, caratterizzato dall'esistenza in Belgio, da lunga data, di
un'esenzione fiscale a favore di una parte dei redditi da depositi a risparmio che era stata introdotta per ragioni sociali e al fine
di promuovere il risparmio e le cui modalità di base sono discipli nate dall'art. 19, 7° comma, del codice delle imposte sui redditi.
4. - Quando, agli inizi degli anni '80, un numero crescente di
istituti di risparmio istituiva una politica di tassi elevati, il gover no belga, volendo limitare la portata dell'esenzione fiscale, la su
bordinava, con legge 28 dicembre 1983, a talune condizioni da
definirsi con regio decreto.
5. - Il regio decreto 29 dicembre 1983, adottato in esecuzione
della legge sopracitata, in sostanza, subordinava la concessione
dell'esenzione fiscale a due condizioni: la remunerazione dei de
positi a risparmio doveva essere costituita, da un lato, da un inte
resse di base per il quale era previsto un limite massimo corri
spondente al tasso medio minimo praticato sul mercato conside
rato, e, dall'altro, da un premio di fedeltà o di incremento che
poteva essere liberamente fissato da ciascun istituto finanziario.
6. - Successivamente, le autorità monetarie del Belgio riteneva
no che la concorrenza nel settore dei premi di fedeltà o di incre
mento fosse troppo accentuata e andasse in senso contrario alla
generale tendenza al ribasso dei tassi di interesse che caratterizza
va i restanti strumenti di risparmio. Siccome il mantenimento dei
tassi di interesse creditori nel settore dei depositi a risparmio ad
un livello elevato aveva come conseguenza, a parere delle medesi
me autorità, il mantenimento dei tassi debitori ad un livello al
trettanto elevato con effetti nefasti per l'attività economica del
paese e il debito pubblico, la commissione bancaria del Belgio
rivolgeva nel settembre 1985 una raccomandazione agli enti fi
nanziari intesa a limitare la remunerazione dei depositi a rispar mio. Essa sfociava il 30 dicembre 1985 nella conclusione di un
accordo di autodisciplina tra le banche, le casse di risparmio pri vate e gli istituti pubblici di credito per effetto del quale i tassi
di detta remunerazione venivano ridotti al limite massimo del 7%.
7. - Siccome detto accordo non veniva rispettato dalla totalità
degli istituti finanziari, il ministero delle finanze optava per un
regime nel quale i pubblici poteri avrebbero determinato diretta
mente le sopramenzionate condizioni di esenzione fiscale.
8. - Detto regime veniva istituito con il sopramenzionato regio decreto 13 marzo 1986 che fissava direttamente tanto il tasso mas
simo dell'interesse di base quanto il tasso massimo del premio di fedeltà o di incremento.
9. - In questo contesto, il giudice a quo, su conformi conclu
sioni delle parti della causa principale, ha sottoposto alla corte
le seguenti questioni pregiudiziali: «1. - Se la disciplina di legge, istituita con regio decreto 29
dicembre 1983 e confermata, pur con alcune modifiche, dal regio decreto 13 marzo 1986, in ordine alla remunerazione che può essere corrisposta dagli istituti finanziari per i risparmi da essi
raccolti, disciplina che — come recezione legislativa degli accordi
interbancari preesistenti o di comportamenti paralleli volti alla
limitazione della remunerazione dei depositi a risparmio — consi
ste nell'imporre detta remunerazione: a) come tasso di interesse
uniforme per tutti gli operatori sul mercato, b) in secondo luogo,
come margine che detti operatori devono rispettare nel determi
nare la remunerazione stessa, pena la perdita totale, da parte dei
risparmiatori, del regime fiscale agevolato in essere per i depositi a risparmio ordinari, sia compatibile con le regole di concorrenza
comunitarie dettate dagli art. 85 ss. del trattato Cee;
2. Se, e solo in caso di soluzione in senso affermativo della
questione sub a), l'imposizione, oltre ad un tasso di interesse uni
forme per l'interesse di base corrisposto dagli istituti finanziari,
di un margine massimo per il premio di fedeltà e/o per il premio
di accrescimento, eventualmente dovuti, con l'esclusione di ogni
altra forma di concorrenza in materia di raccolta di depositi a
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459 PARTE QUARTA 460
risparmio, a pena della perdita del regime fiscale agevolato men
zionato alla questione n. 1 (r.d. 13 marzo 1986 art. 1), sia com
patibile con le regole di concorrenza comunitarie dettate dagli art. 85 ss. del trattato Cee;
3. Se la concessione di agevolazioni fiscali, fra cui l'esonero
totale dalla ritenuta liberatoria anticipata sui valori mobiliari a
favore dei soli depositi a risparmio in franchi belgi costituiti uni
camente presso istituti finanziari stabiliti in Belgio, comporti una
discriminazione nei confronti di depositi analoghi raccolti da isti
tuti finanziari non stabiliti in Belgio o espressi in altre valute o
formule valutarie, e/o, di conseguenza, la concessione di tali age volazioni fiscali sia ancora compatibile con le disposizioni degli art. 59-66 nonché dell'art. 95 del trattato Cee».
10. - Per una più ampia illustrazione degli antefatti, del conte
sto della normativa nazionale e delle osservazioni presentate alla
corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del
fascicolo sono riportati in prosieguo solo se necessario alla com
prensione del ragionamento della corte.
Sulla competenza della corte.
11. - Il governo belga sostiene, in primo luogo, che la doman
da di pronunzia pregiudiziale proposta dal giudice a quo non è
ammissibile poiché da una serie di circostanze emerge il carattere
puramente fittizio della controversia di cui alla causa principale. In secondo luogo, esso afferma che l'interpretazione del diritto
comunitario richiesta nel caso di specie non può essere sotto al
cun aspetto pertinente ai fini della decisione del giudizio princi
pale. Infatti, il regio decreto 13 marzo 1986 non impedirebbe as
solutamente alla società Aspa di applicare le sue precedenti con
dizioni di risparmio più favorevoli per l'attore e non verrebbe,
pertanto, in nessun modo implicato nel giudizio principale. 12. - Si deve a questo proposito rilevare che dagli elementi di
fatto indicati nella sentenza di rinvio non emerge in modo palese
che, in realtà, ci si trovi di fronte ad una controversia fittizia.
13. — Il per quanto riguarda il secondo argomento dedotto
dal governo belga, è sufficiente ricordare che, secondo la costan
te giurisprudenza della corte, confermata con sentenza 12 giugno 1986 (cause riunite 98, 162 e 258/85, Bertini, Racc. pag. 1893; Foro it., 1987, IV, 397), è competenza del giudice nazionale valu
tare, alla luce dei fatti di causa, la necessità di una questione
pregiudiziale. 14. - Per questi motivi si deve procedere all'esame delle que
stioni sollevate dal giudice a quo.
Sulla prima e sulla seconda questione
15. - Dette questioni debbono essere intese come dirette, in
sostanza, a sapere se una norma nazionale di legge o di regola mento che riservi il beneficio di un'esenzione fiscale che è con
templata, in materia di imposta sul reddito, a favore del reddito derivante da una determinata categoria di depositi a risparmio, ai soli depositi per i quali siano rispettati i tassi di interesse ed i premi massimi stabiliti mediante regolamento, sia compatibile o meno con gli obblighi derivanti, per gli Stati membri, dal com
binato disposto dell'art. 5 del trattato Cee e degli art. 3, lett.
f), e 85 del medesimo trattato.
16. - Occorre ricordare, a questo proposito, che gli art. 85 e 86 del trattato, di per sé, riguardano soltanto la condotta delle
imprese e non provvedimenti di legge o di regolamento degli Stati
membri. Dalla costante giurisprudenza della corte, tuttavia, emerge che gli art. 85 e 86, letti congiuntamente con l'art. 5 del trattato, fanno obbligo agli Stati membri di non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche aventi il carattere di legge o di
regolamento, idonei a rendere praticamente inefficaci le norme
di concorrenza da applicarsi alle imprese. Tale caso ricorre, se
condo la medesima giurisprudenza, quando uno Stato membro
imponga o agevoli la conclusione di accordi in contrasto con l'art.
85, o rafforzi gli effetti di siffatti accordi, ovvero tolga alla pro
pria normativa il suo carattere pubblico, delegando ad operatori
privati la responsabilità di adottare decisioni d'intervento in ma
teria economica.
17. - Bisogna in primo luogo osservare che, secondo quanto accertato dal giudice a quo, esistevano, prima del sopravvenire della normativa controversa, accordi interbancari o pratiche con
cordate intese a limitare la remunerazione dei depositi a rispar
II Foro Italiano — 1989.
mio. Né da detti accertamenti, né dalle osservazioni presentate alla corte risulta però che la normativa in questione abbia potuto essere diretta ad imporre o ad agevolare la stipula di nuovi accor
di ovvero l'attuazione di nuove pratiche. Al fine di valutare, alla
luce dei criteri definiti dalla giurisprudenza della corte, l'effettiva
portata di siffatta normativa, è opportuno, pertanto, limitarsi ad
esaminare, da un lato, se questa possa essere considerata come
diretta a rafforzare gli effetti degli accordi preesistenti e, dall'al
tro, se talune circostanze non siano tali da toglierle il carattere
di normativa statale.
18. - A proposito del primo punto, è sufficiente notare che
secondo la giurisprudenza della corte affinché una normativa possa essere considerata come diretta a rafforzare gli effetti di accordi
preesistenti, deve limitarsi a recepire in tutto o in parte gli ele
menti di accordi intervenuti tra operatori economici obbligando o incoraggiando detti operatori ad assicurarne l'osservanza. Se
è vero che la perdita totale del beneficio del regime fiscale privile
giato vigente per i depositi a risparmio costituisce un importante incentivo al rispetto della normativa controversa, da nessun ac
certamento operato dal giudice a quo risulta che detta normativa
si sia limitata a convalidare il metodo di limitazione della remu
nerazione dei depositi ovvero il livello massimo dei tassi adottati
mediante gli accordi o le pratiche preesistenti. È tuttavia compito del giudice a quo incentrare su tale punto la sua indagine qualora
ritenga che possano sussistere dubbi a questo riguardo. 19. - A proposito del secondo punto, dalla normativa contro
versa emerge che le pubbliche autorità si sono riservate il potere di stabilire esse stesse i tassi massimi di remunerazione dei depo siti a risparmio e che non hanno delegato tale responsabilità ad
alcun operatore privato. Questa normativa riveste cosi un carat
tere pubblico. Questo carattere non può essere messo in discus
sione dalla semplice circostanza, sottolineata dall'attore nel giu dizio principale, che dal preambolo del regio decreto 13 marzo
1986 emerge che detto decreto è stato adottato previa concentra
zione con i rappresentanti delle associazioni degli istituti di credito.
20. - La prima e la seconda questione vanno, pertanto, risolte
nel senso che una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi il beneficio di un'esenzione fiscale contemplata, in ma
teria di imposta sul reddito, a favore della remunerazione ricava
ta da una determinata categoria di depositi a risparmio, ai soli
depositi per i quali siano rispettati i tassi di interesse e i premi massimi stabiliti mediante regolamento non è incompatibile con
gli obblighi che derivano per gli Stati membri dal combinato di
sposto dell'art. 5 del trattato Cee e degli art. 3, lett. f), e 85
dello stesso trattato, fatta salva la possibilità, per il giudice na
zionale, di procedere eventualmente ad un esame per accertare
se la disposizione controversa non si sia limitata a recepire tanto
il metodo di limitazione della remunerazione dei depositi quanto il livello massimo dei tassi massimi adottati mediante accordi o
pratiche concordate preesistenti.
Sulla terza questione
21. - Con questa questione, il giudice a quo intende sapere, in sostanza, se una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi l'esenzione fiscale sopra descritta ai soli depositi a ri
sparmio costituiti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede sociale nello Stato membro interessato sia compatibile o meno con gli art. 59-66 nonché 95 del trattato Cee.
22. - Quanto al problema se una normativa fiscale di questo
tipo che riguarda la remunerazione di una determinata categoria di depositi a risparmio costituiti presso banche, sia compatibile o meno con gli art. 59 ss. del trattato Cee relativi alla libera
circolazione dei servizi, occorre ricordare che, ai sensi dell'art.
61, n. 2, del medesimo trattato, la liberalizzazione dei servizi del
le banche che sono vincolati a movimenti di capitale dev'essere
attuata in armonia con la liberalizzazione progressiva della circo
lazione dei capitali. 23. - Orbene, la costituzione di depositi a risparmio rientra
nella categoria di movimenti di capitali denominata «costituzione
e alimentazione di conti correnti e di deposito, rimpatrio od im
piego di disponibilità in conto corrente o in deposito presso isti
tuti di credito» che figura sull'elenco D dell'allegato I della prima direttiva del consiglio 11 maggio 1960, per l'applicazione dell'art.
67 del trattato (G.U. L 43 del 12 luglio 1960, pag. 921) e, rispetti
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461 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 462
vamente, sull'elenco C dell'allegato I sostituito con direttiva del
consiglio 17 novembre 1986 n. 86/566, che modifica la prima direttiva (G.U. L 332, pag. 22). Questi movimenti di capitali non sono ancora stati liberalizzati.
24. - Di conseguenza, nel caso di specie non può aversi viola
zione delle disposizioni del trattato Cee relative alla libera circo
lazione dei servizi delle banche in materia di movimenti di capitali. 25. - Per quanto riguarda, infine, l'applicabilità dell'art. 95
del trattato Cee alla normativa fiscale controversa, è sufficiente
osservare che il divieto di imposizioni interne discriminatorie o
protezionistiche contemplato da detto articolo riguarda soltanto
i «prodotti» di altri Stati membri. Orbene, i risparmi depositati in questa o in quella moneta rientrano, come è stato in preceden za menzionato, nella sfera d'applicazione degli art. 61, n. 2, e
67 del trattato Cee. Essi non costituiscono, pertanto, prodotti ai sensi dell'art. 95 dello stesso trattato.
26. - Si deve quindi risolvere la terza questione nel senso che
una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi l'esen
zione fiscale dinanzi descritta ai soli depositi a risparmio costitui
ti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede sociale
nello Stato membro interessato non è incompatibile con gli art.
59-66, nonché 95 del trattato Cee.
Sulle spese. (Omissis)
Per questi motivi, la corte pronunziandosi sulle questioni sot
topostele dal Vredegerecht del cantone di Beveren, con sentenza
28 ottobre 1986, dichiara:
1. - Una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi
il beneficio di un'esenzione fiscale contemplata, in materia di im
posta sul reddito, a favore della remunerazione ricavata da una
determinata categoria di depositi a risparmio, ai soli depositi per i quali siano rispettati i tassi di interesse e i premi massimi stabili
ti mediante regolamento non è incompatibile con gli obblighi che
derivano per gli Stati membri dal combinato disposto dell'art.
5 del trattato Cee e degli art. 3, lett. f), e 85, dello stesso trattato,
fatta salva la possibilità, per il giudice nazionale, di procedere eventualmente ad un esame per accertare se la disposizione con
troversa non si sia limitata a recepire tanto il metodo di limita
zione della remunerazione dei depositi, quanto il livello massimo
dei tassi adottati mediante accordi o pratiche concordate preesi
stenti.
2. - Una norma nazionale di legge o di regolamento che riservi
l'esenzione fiscale dinanzi descritta ai soli depositi a risparmio
costituiti in moneta nazionale presso istituti finanziari con sede
sociale nello Stato membro interessato non è incompatibile con
gli art. 59-66, nonché 95 del trattato Cee.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ' EUROPEE; sen tenza 27 settembre 1988 (causa 65/86); Pres. Mackenzie
Stuart, Avv. gen. Darmon (conci, conf.); Soc. Bayer AG c.
Soc. Hennecke GmbH.
Comunità europee — Cee — Regole di concorrenza — Licenza
di brevetto — Clausola di non contestazione — Restrizione della
concorrenza — Limiti (Trattato Cee, art. 85, 177).
Pur essendo in astratto idonea a determinare una restrizione della
concorrenza, la clausola di non contestazione contenuta in un
accordo di licenza di brevetto non ha tale carattere qualora:
a) la licenza in questione sia stata concessa a titolo gratuito,
si che il licenziatario non possa subire svantaggi concorrenziali
relativi al pagamento di compensi; b) la licenza, pur essendo
stata concessa a titolo oneroso, riguardi un procedimento tec
nico superato, al quale l'impresa che ha accettato l'obbligo dì
non contestazione non faceva ricorso. (1)
(1) I giudici di Lussemburgo confermano l'orientamento espresso nella
sent. 25 febbraio 1986, causa 1993/83, in Race., 1986, 611 (e in Giur.
Il Foro Italiano — 1989.
1. - Con ordinanza 4 febbraio 1986, pervenuta alla corte il
6 marzo successivo, il Bundesgerichtshof ha sollevato, in forza
dell'art. 177 del trattato Cee, una questione pregiudiziale vertente
sull'interpretazione degli art. 30 ss. e 85 del trattato Cee al fine
di determinare la compatibilità con dette norme di una clausola
inserita in un accordo di licenza con la quale il licenziatario si
impegna a non contestare la validità di taluni diritti tecnici di
proprietà industriale di contenuto identico a quelli che gli sono
concessi in licenza e che sono stati riconosciuti al licenziante in
diversi Stati membri della Comunità europea. 2. - Detta questione è stata sollevata nel contesto di una con
troversia tra il sig. Sullhòfer (in prosieguo: il Sullhòfer), commer
ciante in Dusseldorf, e le società Bayer AG e Hennecke GmbH, il cui capitale appartiene totalmente alla prima (in prosieguo: Bayer e Hennecke), aventi sede nella Repubblica federale di Germania.
La controversia verte sulla validità dell'accordo sopra menziona
to nonché sull'obbligo per dette società di rendere i conti e di
versare un indennizzo al Sullhòfer.
3. - Il 20 dicembre 1950, la Bayer otteneva un brevetto («Mo
roni») relativo a procedimenti e dispositivi destinati alla fabbrica
zione a ciclo continuo di pannelli, strisce e fogli senza fine in
sostanze espanse a base, in particolare, di poliuretano. Il 22 lu
glio 1965, il Sullhòfer depositava un modello di utilità ed una
domanda di brevetto per l'installazione di un doppio nastro tras
portatore destinato alla fabbricazione di pannelli a base di espan so rigido di poliuretano. Il modello di utilità veniva registrato il 21 luglio 1966. Per quanto riguarda la domanda di brevetto,
essa veniva pubblicata il 17 agosto 1967, data a partire dalla qua le cominciava a decorrere il termine per l'opposizione.
4. - Successivamente, dal 1967 fino agli inizi del 1968, tra il
Sullhòfer e la Hennecke avevan luogo azioni giudiziarie. Il Sull
hòfer, avvalendosi del modello di utilità sopra descritto, diffida
va la Hennecke nonché i clienti della stessa. La Hennecke dal
canto suo domandava che il sopra citato modello di utilità fosse
dir. ind., 1987, n. 2224), che, a sua volta, capitalizzava una prassi conso
lidata della commissione a proposito delle clausole di non contestazione
della validità di marchi, brevetti e novità vegetali: v., infatti, dee. 13
dicembre 1985, G.U.C.E. 31 dicembre 1985, L 369/9; 11 luglio 1983, Foro it., Rep. 1985, voce Comunità europee, n. 197 (è il caso Windsur
fing, cui si riferisce la precitata sentenza della Corte di giustizia); 10 gen naio 1979, id., Rep. 1981, voce cit., n. 356, in extenso in Riv. dir. ind.,
1980, II, 314 (su cui v. R. Franceschelli, Accordi di licenza di brevetti
net progetto di regolamento di esenzione della commissione Cee del 3
marzo 1979, id., 1980, II,' 5, 18 ss.); 23 dicembre 1977, Foro it., Rep.
1979, voce cit., n. 287; 15 dicembre 1975, id., Rep. 1978, voce cit., n.
313; 2 dicembre 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 282, per esteso in
Riv. dir. comm., 1976, II, 327, nota di Cirenei; 18 luglio 1975, in G.U.C.E.
22 agosto 1975, L 222/34; 9 giugno 1972, id., 23 giugno 1972, L 143/39
(«Raymond-Nagoya»); 9 giugno 1972, Giur. dir. ind., 1972, n. 232 («Da vidson Rubber-»)-, 22 dicembre 1971, G.U.C.E. 17 gennaio 1972, L 13/53.
Tale prassi, del resto, aveva trovato consacrazione nell'art. 3, n. 1, del
regolamento della commissione n. 2349/84 (su cui v., in prima approssi
mazione, Guttuso, Il regolamento di esenzione per categorie di contratti
di licenze di brevetto, in Riv. dir. scambi internaz., 1985, 177), che nega l'esenzione per categoria agli accordi di licenza di brevetto che rechino,
appunto, clausole di non contestazione.
Decisione scontata, dunque? Nient'affatto. A voler sconvolgere acque tanto chete era proprio la commissione, che ha tentato d'introdurre un
'distinguo' per il caso in cui la clausola in parola sia inserita in un accor
do transattivo di composizione di una lite: a suo dire, infatti, la tenden
ziale illiceità cartellistica potrebbe, in presenza di determinate condizioni,
esser esclusa dal confliggente interesse della Comunità alla conclusione
del procedimento contenzioso. Un siffatto (e apprezzabile) sforzo di sce
verare il grano dal loglio non costituiva una novità in assoluto: in Corte
giust. 30 gennaio 1985, causa 35/83, Foro it., 1986, IV, 65, la dottrina
delle c.d. «ancillary restrictions» era stata felicemente invocata per sot
trarre i «trademark delimitation agreements» ai fulmini dell'art. 85. Sot
to questo profilo, la pronunzia in epigrafe segna un'inversione di rotta
persino sorprendente (cfr., infatti, Waelbroeck, Annua! Review of EEC
Competition Cases: 1988-89, in 1992 and EEC/U.S. Competition and
Trade Law, atti del convegno organizzato dal Fordham Corporate Law
Institute, di prossima pubblicazione). Ancora più singolari risultano, pe
raltro, i casi in cui, secondo la corte, la no contest clause sfugge al divie
to: tanto singolari da indurre un commentatore d'oltremanica a non far
mistero dell'auspicio che intervenga quanto prima una «further clarifica
tion of the startingly opaque language employed by the court in this ca
se» (cosi Shaw, Review of Competition Law Cases, in European L. Rev.,
1989, 94). [R.Pardolesi]
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