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sentenza 3 febbraio 1982 (in cause riunite 62 e 63/81; Pres. Mertens De Wilmars, Avv. gen.Verloren Van Themaat (concl. conf.); Soc. Seco e altro c. Etablissement d'assurance contre lavieillesse et l'invaliditéSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1982), pp. 465/466-473/474Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174440 .
Accessed: 28/06/2014 13:27
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se zione I; sentenza 1° luglio 1982 (in causa 222/81); Pres. Bo
sco, Avv. gen. Rozes (conci, conf.); B.A.Z. Bausystem A.G.
c. Finanzamt Miinchen fiir Kòrperschaften.
Comunità europee — CEE — Imposta sul valore aggiunto —
Base imponibile — Interessi moratori — Esclusione (Tratta to CEE. art. 177; direttiva 11 aprile 1967 n. 67/228/CEE del
Consiglio, seconda direttiva in materia di armonizzazione del
le legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla
cifra d'affari - Struttura e modalità d'applicazione del sistema
comune d'imposta sul valore aggiunto, art. 8).
La base imponibile di cui all'art. 8, 1° comma, lett. a), della se
conda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967 n. 67/228, in ma
teria di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri
relative alle imposte sulla cifra d'affari, non comprende gli in
teressi moratori. (1)
Diritto. — 1. - Con ordinanza 30 giugno 1981, pervenuta in
cancelleria il successivo 22 luglio, il Rinanzgericht di Monaco
ha sottoposto alla corte, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, una questione vertente sull'interpretazione della nozione di « con
trovalore » di cui all'art. 8, 1° comma, lett. a), della seconda
direttiva del Consiglio 11 aprile 1967 n. 67/228, in materia di
armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative al
le imposte sulla cifra d'affari - Struttura e modalità d'applica zione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (G. U.
1967, del 14 aprile 1967, pag. 1303). 2. - La causa principale verte sull'inclusione degli interessi di
mora nella base di calcolo dell'imposta sulla cifra d'affari che si
pretende dall'attrice, l'impresa Bausystem di Zurigo. 3. - L'attrice aveva ricevuto da un consorzio di quattro im
prese tedesche l'incarico di eseguire dei lavori in un parcheg
gio a Berlino-ovest. Avendo essa subappaltato una parte del
l'opera ad un'altra impresa, la quale non l'aveva eseguita a
regola d'arte, i' 2 luglio 1973 il consorzio d'imprese chiedeva
la risoluzione del contratto con la Bausystem. Poiché il consor
zio rifiutava di pagare il corrispettivo dei lavori eseguiti dalla
Bausystem, questa otteneva, con sentenza 24 novembre 1978
dell'Òberlandesgericht di Monaco che decideva sull'appello propo sto dal consorzio con la sentenza di primo grado del Landgericht, la liquidazione del suddetto corrispettivo in DM 584.249,63 più
gli interessi al 5 % a decorrere dal 15 gennaio 1974, data della
valutazione del suddetto credito da parte della Bausystem. 4. - In seguito ad un controllo, l'amministrazione tedesca del
le finanze stabiliva in DM 191.050,85 l'imposta sul valore ag
giunto dovuta dalla Bausystem per il 1973, includendo nella
base imponibile l'importo degli interessi versati in forza della
sentenza dell'Òberlandesgericht, pari a DM 143.628.
5. - Poiché la sua opposizione contro l'accertamento di un de
bito d'imposta di DM 14.233,40 a titolo di i.v.a. sugli interessi
pagati dal consorzio veniva respinta, la Bausystem adiva il Fi
nanzgericht di Monaco, il quale solleva la questione del « co
me vada interpretata la nozione di controvalore nell'art. 8, 1"
comma, lett. a), della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati
mebri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Struttura e mo
dalità d'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore
aggiunto, e se essa comprenda anche le prestazioni che l'im
(1) Sull'interpretazione del termine « controvalore » di cui all'art. 8 della direttiva 67/228, cfr. da ultimo, in senso ugualmente restrittivo, Corte giust. 5 febbraio 1981, in causa 154/80, Foro it., 1982, IV, 99, con nota di richiami.
Sul regime degli interessi di mora nella B.D.R., alla luce dei §§ 288 BGB e 352 HGB, v. riassuntivamente J. Basedow, Die Aufgabe der
Verzugszinsen in Recht und Wirtschaft, in ZHR 143 (1979) 317. Nell'ordinamento tributario tedesco prevale, non da oggi, l'idea che
gli interessi, ivi compresi quelli da tardivo adempimento, vadano ri
compresi neU'Entgelt assoggettato ad imposizione: cfr. BFH 16 di cembre 1971, BStBl II 1972, 508, e, prim'ancora, 29 novembre 1955,
id., Ili 1956, 53; in dottrina, per tutti, H. Schumann, in Umsatz
steuergesetz (Mehrwertsteuer) - Kommentar. a cura di Rau Dìjrr
wàchter, Flick und Geist, Kòln, fogli mobili, Aum. 55-57 § 10.
È rimasta cosi isolata la tesi (« burgerlich-rechtlich », civilistica, e
perciò in contrasto con la logica pragmatica dell'UStRecht, che « tassa
non già contratti, ma eventi economici »: A. v. Wedelstadt, Verzugs-,
Stundungs- Zielzinsen bei der Umsatzstener, in DB, 1975, 1001, 1002)
di chi osservava che i Verzugszinsen costituiscono un risarcimento del
danno, sottratto all'imposta sul valore aggiunto proprio perché « man
ca una prestazione » (W. Friedrich, Reform der Rechtsprechung
zur Umsatzsteuer, in BB, 1957, 107). Tesi fatta propria, nella sentenza
su riportata, dai giudici di Lussemburgo e condivisa dal legislatore, italiano: cfr. art. 15 d.p.r. 29 gennaio 1979 n. 24.
Il Foro Italiano — 1982 — Parte IV-36.
prenditore riceve in più, oltre al corrispettivo convenuto per la
cessione di beni o per la prestazione di servizi, in quanto tale
corrispettivo non sia stato versato alla scadenza (con la preci sazione che la prestazione supplementare viene calcolata sotto
forma di interessi sul credito insoddisfatto e il creditore deve
essere indennizzato degli svantaggi causati dal ritardato paga
mento). 6. - L'art. 8, 1° comma, della seconda direttiva del Consiglio
recita quanto segue: « La base imponibile per le cessioni e pre stazioni di servizi è costituita: a) da tutto ciò che compone il
controvalore della cessione del bene o della prestazione di ser
vizi, comprese tutte le spese ed imposte ad eccezione della stes
sa imposta sul valore aggiunto; ...».
7. - Il punto 13 dell'allegato A, che costituisce parte integrante della direttiva, precisa: « per
' controvalore ' s'intende tutto ciò
che è ricevuto quale corrispettivo della cessione del bene o
della prestazione di servizi, comprese le spese accessorie (im
ballaggio, trasporto, assicurazioni, ecc.), vale a dire non solo
l'importo delle somme riscosse, ma anche, ad esempio, il va
lore dei beni ricevuti in cambio o, in caso di espropriazione ef
fettuata dalla p. a. o in suo nome, l'importo dell'indennità
riscossa ».
8. - Considerate le suddette disposizioni, si deve constatare
che gli interessi di cui trattasi nella causa principale non sono
connessi con la prestazione o con l'esecuzione della prestazione
e non costituiscono il corrispettivo (« Entgeld ») di un'operazio
ne commerciale. Essi sono invece un mero rimborso spese,
un indennizzo dovuto per il pagamento tardivo.
9. - La tesi dell'amministrazione tedesca delle finanze, secon
do cui i suddetti interessi rientrano fra le « spese accessorie »
di cui al punto 13 dell'allegato A sopra menzionato in quanto
spese che il destinatario di una prestazione paga oltre il vero
e proprio corrispettivo e si debbono considerare come compen
so particolare dovuto indipendentemente dalla prestazione del
l'imprenditore, non può essere accolta.
10. - Infatti, l'imprenditore è stato costretto a concedere al
destinatario della sua prestazione di servizi una mora non pre
vista nel contratto. Gli interessi che costituiscono il corrispettivo
di tale mora sono stati fissati da un giudice che ha applicato
norme tanto del codice civile quanto di quello commerciale. Ciò
premesso, la concessione di un credito è solo lontanamente con
nessa alla prestazione principale. Gli interessi relativi a tale
credito non possono quindi considerarsi una prestazione sup
plementare. 11. - Da tali considerazioni risulta che la questione sollevata
dal giudice a quo va risolta nel senso che la base imponibile
di cui all'art. 8, 1° comma, lett. a), della seconda direttiva del
Consiglio 11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle le
gislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'af
fari, non comprende gli interessi attribuiti all'imprenditore con
provvedimento giurisdizionale qualora la concessione degli stessi
sia dovuta al fatto che il saldo del controvalore della presta
zione di servizi non è stato versato alla scadenza. (Omissis)
Per questi motivi, pronunziandosi sulla questione sottopostale
'dal Finanzgericht di Monaco con ordinanza 30 giugno 1981, di
chiara:
La base imponibile di cui all'art. 8, 1° comma, lett. a), della
seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, in materia di
armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle
imposte sulla cifra d'affari, non comprende gli interessi attri
buiti all'imprenditore con provvedimento giurisdizionale, qua
lora la concessione degli stessi sia dovuta al fatto che il saldo
del controvalore della prestazione di servizi non è stato versato
alla scadenza.
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 3 febbraio 1982 (in cause riunite 62 e 63/81; Pres. Mer
tens De Wilmars, Avv. gen. Verloren Van Themaat (conci,
conf.); Soc. Seco e altro c. Etablissement d'assurance contre
la vieillesse et l'invalidité.
Comunità europee — CEE — Libera prestazione dei servizi —
Datore di lavoro stabilito in altro Stato membro — Servizio
prestato mediante lavoratori cittadini di paesi terzi — Obbligo
di versamento dei contributi di previdenza sociale nello Stato
della prestazione — Insussistenza — Condizioni (Trattato CEE,
art. 59, 60, 177)."
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PARTE QUARTA
Il diritto comunitario vieta che uno Stato membro obblighi un
datore di lavoro, stabilito in altro Stato membro e che eser
cita temporaneamente, mediante lavoratori cittadini di paesi terzi, lavori nel primo Stato, a versare la parte dei contributi
di previdenza sociale dovuti dal datore di lavoro per questi la
voratori, qualora il datore di lavoro sia già soggetto ad ana
loga contribuzione per gli stessi lavoratori e per lo stesso pe riodo di attività, in forza della legislazione del suo Stato di
stabilimento, e qualora i contributi versati nello Stato dove
tale prestazione viene effettuata non diano diritto ad alcun
beneficio sociale per questi lavoratori; tale obbligo non è
nemmeno giustificato nel caso in cui esso ha come scopo di
compensare i vantaggi economici che il datore di lavoro ha
potuto trarre dall'inosservanza della normativa in materia di
salario sociale minimo dello Stato in cui si effettua la presta zione. (1)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 17 dicembre 1981 (in causa 279/80); Pres. Mertens De
Wilmars, Avv. gen. Slynn {conci, conf.); Weeb.
Comunità europee — CEE — Libera prestazione dei servizi —
Nozione — Imprese di fornitura di manodopera — Obbligo di
licenza — Legittimità — Condizioni ((Trattato CEE, art. 59,
60, 177).
Nella nozione di « servizi », di cui all'art. 60 del trattato CEE, è compresa anche la fornitura di manodopera ai sensi della
«.Wet op het ter beschikking stellen van arbeidskrachten ». (2) L'art. 59 non osta a che uno Stato membro nel quale le imprese
di fornitura di manodopera sono soggette all'obbligo di munirsi di licenza imponga tale obbligo al prestatore di servizi sta bilito in altro Stato membro e che eserciti tale attività nel
suo territorio, anche qualora il prestatore di servizi sia ti tolare di licenza rilasciata dallo Stato in cui è stabilito, a
condizione, da una parte, che lo Stato membro destinatario della prestazione non operi, per ciò che riguarda l'esame delle domande di licenza ed il rilascio di questa, alcuna discrimina zione in base alla nazionalità o al luogo di stabilimento del
prestatore di servizi e, dall'altra, ch'esso tenga conto della do cumentazione e delle garanzie già presentate dal prestatore di servizi per poter esercitare la propria attività nello Stato mem bro in cui è stabilito. (3)
I
Diritto. — 1. - Con ordinanza 26 febbraio 1981, pervenuta alla corte il 19 marzo 1981, la Cour de Cassation del Granducato del
Lussemburgo ha proposto, in forza dell'art. 177 del trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione delle norme del trattato in materia di libera prestazione di servizi con ri
guardo alla normativa lussemburghese relativa ai contributi per l'assicurazione contro la vecchiaia e l'invalidità.
2. - Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di contro versie tra, da un lato, due imprese aventi sede in Francia e spe cializzate in opere di costruzione e manutenzione delle infra strutture di reti ferroviarie, le società anonime SECO e Desquenne & Gyral, e, dall'altro, l'Etablissement d'assurance contre la vieil lesse et l'invalidité, ente di previdenza sociale lussemburghese. Queste imprese effettuavano, nel 1974 e, rispettivamente, nel 1977, vari lavori nel granducato del Lussemburgo. A tal fine esse di staccavano provvisoriamente lavoratori che non erano cittadini di uno Stato membro né provenivano da un paese legato al Lus
semburgo, per il periodo di cui trattasi, da una convenzione in ternazionale in materia di previdenza sociale. Per tutta la du rata dei lavori effettuati in Lussemburgo detti lavoratori restava no obbligatoriamente affiliati al regime previdenziale francese.
3. - In forza del codice lussemburghese delle assicurazioni so ciali, i lavoratori occupati nel territorio lussemburghese sono, in via di principio, obbligatoriamente sottoposti al regime di assicu
(1-3) Non constano precedenti in termini. Peraltro, nel senso del di vieto di gravare il prestatore di servizi di limitazioni incompatibili con i principi di liberalizzazione e per la necessità di valutare, a tal fine, l'eventuale « equivalenza » delle condizioni e- degli oneri già im posti nello Stato di stabilimento, cfr. Corte giust. 3 dicembre 1974, in causa 33/74, Foro it., 1975, IV, 81; 26 novembre 1975, in causa 39/75, id., 1976, IV, 79; 18 gennaio 1979, in cause 110 e 111/78, id., 1979, IV, 170, tutte con nota di richiami. In dottrina: Tizzano, Circola zione dei servizi nei paesi della CEE, voce del Novissimo digesto, appendice, 1979, I, 1208, 1216; nonché, specificamente in nota alle due sentenze e in piena adesione: Druesne, Liberté de prestation des services et travailleurs salariés, in Revue trim, droit européen, 1982, 75.
razione contro la vecchiaia e l'invalidità. I contributi sono per metà a carico dei datori di lavoro e per metà a carico dei lavora tori. Tuttavia, in base all'art. 174, 2° comma, di detto codice, il
governo lussemburghese può esentare dall'obbligo assicurativo gli stranieri residenti solo tempestivamente nel granducato. In questo caso, in forza dell'art. 174, 3° comma, dello stesso codice, il da tore di lavoro deve comunque versare la parte di contributi a suo
carico; tuttavia questi contributi non attribuiscono ai lavoratori interessati il diritto a vantaggi previdenziali.
4. - Emerge dal fascicolo che le disposizioni suddette sono mo tivate dalla duplice considerazione che non sarebbe equo perce pire contributi da lavoratori che rimangono solo temporanea mente nel territorio lussemburghese e che è opportuno impedire che il datore di lavoro sia indotto, per alleggerire il proprio onere
contributivo, a ricorrere alla mano d'opera straniera. In pratica, tuttavia, la quota contributiva del datore di lavoro non è più ri chiesta nel caso di lavoratori che risiedano temporaneamente nel territorio lussemburghese e siano cittadini di uno Stato membro o persone ad essi equiparate.
5. - Nella fattispecie, le imprese SECO e Desquenne & Girai ottenevano la dispensa dal versamento della quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori, ai sensi dell'art. 174, 2° com ma, del codice delle assicurazioni sociali, ma venivano dichiarate, dall'ente lussemburghese, debitrici della quota di contributi a ca rico del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 174, 3° comma, dello stesso codice. Esse proponevano ricorso contro quest'ultima deci sione, sostenendo che la normativa lussemburghese di cui trattasi era inapplicabile nei loro confronti in quanto discriminatoria e tale da ostacolare la libera prestazione di servizi all'interno della Comunità.
6. - Ritenendo che la decisione da emettere dipenda dal se la normativa nazionale suddetta sia compatibile con le norme del di ritto comunitario in materia di libera prestazione di servizi, la Cour de Cassation del granducato del Lussemburgo ha sollevato le seguenti questioni:
1. « Se le disposizioni dell'art. 60 del trattato di Roma vadano intese nel senso che uno Stato membro delle Comunità europee può pretendere, in forza della sua legge nazionale, il versamento della quota dei contributi previdenziali dovuta dai datori di la voro per l'assicurazione vecchiaia ed invalidità, come dei propri cittadini, anche da una persona fisica o giuridica straniera, sta bilita in uno Stato membro della Comunità e che svolga tempo raneamente lavori nel primo Stato occupando lavoratori che, data la loro cittadinanza, non sono affatto soggetti alla disciplina co munitaria, oppure se questa pretesa sia contraria alle disposizioni comunitarie summenzionate, o a qualsiasi altra, nel senso che co stituisce una pratica discriminatoria e pregiudizievole per la li bera circolazione dei servizi, giacché detto prestatore di servizi comunitario risulta soggetto una prima volta, nel suo paese d'ori gine o di stabilimento, al versamento, tra l'altro, della quota a ca rico del datore di lavoro per i suoi operai stranieri e, una se conda volta, al versamento della quota dovuta dal datore di la voro nello Stato in cui presta temporaneamente i suoi servizi occupando mano d'opera straniera ».
2. « Qualora la prima questione venga risolta nel senso che la pratica summenzionata costituisce, in linea di massima, una pra tica discriminatoria vietata, se la soluzione debba essere inevi tabilmente la stessa, oppure possa essere differente, qualora il
prestatore compensi di fatto lo svantaggio del duplice versamento della quota dovuta dal datore di lavoro mediante altri fattori eco nomici, quali i salari corrisposti alla propria mano d'opera stra niera, inferiore al salario sociale minimo stabilito nello Stato in cui sono fornite le prestazioni di servizi oppure ai salari imposti dai contratti collettivi di lavoro vigenti in detto Stato ».
7. - Tali questioni mirano, in sostanza, ad accertare se il di ritto comunitario osti a che uno Stato membro obblighi un datore di lavoro, stabilito in un altro Stato membro e che effettui tempo raneamente avvalendosi dell'opera di lavoratori cittadini di paesi terzi, lavori nel primo Stato, a versare la quota dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro per detti lavoratori, qua lora tale datore di lavoro debba già versare contributi analoghi, per gli stessi lavoratori e per gli stessi periodi di attività, in forza delle leggi dello Stato in cui è stabilito e allorché i contributi ver sati nello Stato in cui detta prestazione viene effettuata non diano diritto ad alcun vantaggio previdenziale per i lavoratori stessi. In particolare, si chiede se tale obbligo possa essere giustificato in quanto compensi i vantaggi economici che il datore di lavoro abbia potuto trarre dall'inosservanza della normativa in materia di retribuzione sociale minima vigente nello Stato dove la presta zione viene effettuata.
8. - Ai termini degli art. 59 e 60, 3° comma, del trattato, il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare,
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
in via temporanea, la sua attività nel paese in cui la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale paese ai propri cittadini. Tali disposizioni comportano, come la corte ha ripetu tamente sottolineato, da ultimo nella sentenza 17 dicembre 1981
(causa 279/80, Webb, Foro it., 1982, IV, 465), l'eliminazione di
qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore in ragione della sua cittadinanza o del fatto che egli è stabilito in uno Stato
membro diverso da quello in cui la prestazione deve essere for
nita. In tal modo, esse vietano non solo le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza del prestatore, ma anche qualsiasi forma
di discriminazione dissimulata che, sebbene basata su criteri in
apparenza neutri, produca in pratica lo stesso risultato.
9. - Tale è il caso di una normativa nazionale come quella di
cui trattasi, allorché l'obbligo di versare la quota dei contributi
previdenziali a carico del datore di lavoro, imposto ai prestatori stabiliti nel territorio nazionale, viene esteso ai datori di lavoro
che sono stabiliti in un altro Stato membro e devono già ver
sare contributi analoghi per gli stessi lavoratori e per gli stessi
periodi di attività, in forza delle leggi di questo Stato. In tal
caso, infatti, la normativa dello Stato in cui la prestazione viene
effettuata comporta, sotto il profilo economico, un onere supple mentare per i datori di lavoro stabiliti in un altro Stato membro,
i quali sono di fatto assoggettati ad oneri più gravosi rispetto ai prestatori stabiliti nel territorio nazionale.
10. - Inoltre, una normativa che impone ai datori di lavoro, in
relazione ai loro dipendenti, un onere previdenziale a cui non
corrisponde alcun vantaggio previdenziale per tali dipendenti, i quali sono peraltro esonerati dall'assicurazione nello Stato dove
la prestazione viene effettuata e restano, per di più, per tutto il
periodo dello svolgimento dei lavori, obbligatoriamente affiliati
al regime previdenziale dello Stato membro in cui il datore di
lavoro è stabilito, non può ragionevolmente considerarsi giusti
ficata da motivi di interesse generale relativi alla tutela previ
denziale dei lavoratori.
11. - L'Etablissement d'assurance contre la vieillesse et l'invali
dité ha sostenuto al riguardo che gli Stati membri, poiché sono
liberi di rifiutare totalmente ai lavoratori cittadini di paesi terzi
sia l'entrata nel loro territorio che l'esercizio di un'attività la
vorativa subordinata, possono, a maggior ragione, accompagnare
un eventuale permesso di lavoro, concesso discrezionalmente, a
condizioni o restrizioni come il versamento obbligatorio, da parte
del datore di lavoro, dei contributi previdenziali.
12. - Tale argomento non può essere accolto. In effetti, uno
Stato membro non può servirsi dei poteri di controllo che eser
cita sull'impiego di cittadini di paesi terzi per imporre un onere
discriminatorio ad un'impresa di un altro Stato membro, che
gode della libertà di prestazione di servizi in forza degli art. 59
e 60 del trattato.
13. - L'Etablissement d'assurance contre la vieillesse et l'in
validité ha inoltre dedotto che l'estensione di una normativa na
zionale, come quella di cui alla fattispecie, ai prestatori di ser
vizi stabiliti in un altro Stato membro è comunque giustificata
in quanto compensa di fatto i vantaggi economici che essi pos
sono trarre dall'eventuale inosservanza della normativa dello
Stato in cui le loro prestazioni sono effettuate, in particolare in
materia di retribuzione sociale minima. Esso ha messo in evi
denza, al riguardo, le particolari difficoltà che lo Stato ove la
prestazione viene effettuata incontrerebbe nell'imporre il rispetto
di una normativa del genere da parte di datori di lavoro stabiliti
fuori del territorio nazionale.
14. - È assodato che il diritto comunitario non osta a che gli
Stati membri estendano le loro leggi o i contratti collettivi di
lavoro conclusi tra lavoratori e datori di lavoro, per quanto con
cerne le retribuzioni minime, a qualsiasi persona che svolga at
tività lavorativa subordinata, anche di carattere temporaneo, nel
loro territorio, quale che sia il paese in cui è stabilito il datore
di lavoro; del pari il diritto comunitario non vieta agli Stati mem
bri di imporre il rispetto di queste norme con mezzi adeguati.
Non si può tuttavia definire mezzo adeguato una normativa o una
prassi che impongano in modo generale un onere previdenziale o
para-previdenziale, restrittivo della libera prestazione dei servizi,
a tutti i prestatori stabiliti in un altro Stato membro e che occu
pano lavoratori cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal fatto
che essi abbiano o meno rispettato la normativa in materia di re
tribuzione sociale minima dello Stato membro in cui la presta
zione viene effettuata, giacché un siffatto provvedimento generale
non è idoneo a far rispettare questa normalità né ad arrecare van
taggio, in un modo qualunque, alla mano d'opera di cui si tratta.
15. - Bisogna quindi risolvere le questioni sollevate dalla Cour
de Cassation del granducato del Lussemburgo nel senso che il di
ritto comunitario osta a che uno Stato membro obblighi un datore
di lavoro, stabilito in un altro Stato membro e che esegue tem
poraneamente, mediante lavoratoli cittadini di paesi terzi, lavori
nel primo Stato, a versare la parte a carico del datore di lavoro dei contributi previdenziali per detti lavoratori, qualora detto da
tore di lavoro debba già versare contributi analoghi per gli stessi
lavoratori e per gli stessi periodi di attività in forza della legge dello Stato in cui è stabilito e i contributi versati nello Stato in
cui tale prestazione viene effettuata non diano diritto ad alcun
vantaggio sociale per i lavoratori stessi. Un obbligo del genere non è nemmeno giustificato nel caso in cui abbia lo scopo di
compensare i vantaggi economici che il datore di lavoro ha po tuto trarre dall'inosservanza della normativa in materia di retri
buzione sociale minima dello Stato in cui viene effettuata la pre stazione. (Omissis)
Per questi motivi, pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Cour de Cassation del granducato del Lussemburgo con or
dinanza 26 febbraio 1981, dichiara:
li diritto comunitario vieta che uno Stato membro obblighi un
datore di lavoro, stabilito in un altro Stato membro e che esercita
temporaneamente, mediante lavoratori cittadini di paesi terzi, la
vori nel primo Stato, a versare la parte dei contributi di previ denza sociale dovuti dal datore di lavoro per questi lavoratori,
qualora tale datore di lavoro è già soggetto ad analoga contribu zione per gli stessi lavoratori e per lo stesso periodo di attività, in forza della legislazione del suo Stato di stabilimento, e qua lora i contributi versati nello Stato dove tale prestazione viene effettuata non danno diritto ad alcun beneficio sociale per questi lavoratori. Un tale obbligo non è nemmeno giustificato nel caso in cui esso ha come scopo di compensare i vantaggi economici che il datore di lavoro ha potuto trarre dall'inosservanza della nor mativa in materia di salario sociale minimo dello Stato in cui si effettua la prestazione.
II
Diritto. — 1. - Con sentenza 9 dicembre 1980, pervenuta in cancelleria il 30 dicembre 1980, lo Hoge Raad der Nederlanden ha sottoposto a questa corte, ai sensi dell'art. 177 del trattato
CEE, tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli art. 59 e 60 del trattato, con riferimento alla legislazione olande se in materia di fornitura di manodopera.
2. - Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un pro cedimento penale vertente sulla violazione dell'art. 1 r. d. olan dese 10 settembre 1970 (Stb. 410). Questa norma subordina la fornitura di manodopera ad un'autorizzazione, rilasciata dal mi nistro degli affari sociali.
3. - Il regio decreto di cui trattasi costituisce attuazione del
l'art. 2, 1° comma, parte iniziale e lett. a), 1. olandese 31 luglio 1965 sulla fornitura di manodopera (Wet op het ter beschikking stellen van arbeidskrachten; Stb. 379), come modificata dalla 1.
30 giugno 1967 (Stb. 377). In base a questo articolo, l'esercizio
della fornitura di manodopera può venire vietato, con regio de
creto, a chi sia sprovvisto di un'apposita autorizzazione, qualora ciò sia necessario per mantenere buoni rapporti sul mercato del
lavoro o per la tutela dei lavoratori interessati. L'art. 6, 1° comma, della legge, stabilisce tuttavia che l'autorizzazione può venire ri
fiutata solamente se vi sono motivi di temere che l'effettuazione, da parte del richiedente, della fornitura di manodopera, possa
compromettere i buoni rapporti del mercato del lavoro o qualora
gli interessi della manodopera di cui trattasi non risultino sufficien
temente garantiti. 4. - L'art. 1, 1° comma, lett. b), della legge summenzionata de
finisce l'attività di cui trattasi come la messa a disposizione di
un terzo, contro corrispettivo, di manodopera, per l'esercizio, al
di fuori di un contratto di lavoro stipulato con detto terzo, di
attività abitualmente svolte nell'azienda dello stesso.
5. - L'imputato nella causa principale, Alfred John Webb, di
rettore di una società britannica, con sede nel Regno Unito, è ti
tolare di una licenza inglese per la fornitura di manodopera. La
società di cui trattasi si occupa in particolare dell'invio di perso nale tecnico nei Paesi Bassi. Tale personale viene assunto dalla
società e temporaneamente messo a disposizione di imprese dei
Paesi Bassi, senza che venga stipulato alcun contratto di lavoro
fra detto personale e tali imprese. Nel caso di specie, il giudice del merito ha constatato che, nel febbraio 1978, la società di cui
trattasi aveva a tre riprese fornito contro corrispettivo, nei Paesi
Bassi, manodopera ad imprese olandesi per l'esecuzione di lavori
correnti senza la stipulazione di contratti di lavoro, pur essendo
sprovvista della necessaria licenza del ministro olandese degli af
fari sociali.
6. - Lo Hoge Raad, investito del ricorso in Cassazione, rite
nendo che la decisione della causa dipenda dal se la legislazione olandese di cui trattasi sia compatibile con le disposizioni di di
ritto comunitario in materia di libera prestazione dei servizi e.
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PARTE QUARTA
in particolare, con gli art. 59 e 60 del trattato CEE, ha formu
lato le seguenti questioni: « 1. Se nella nozione di ' servizi ' di cui all'art. 60 del trattato
.sia compresa anche la fornitura di manodopera ai sensi del sud
detto art. 1, n. 1, prima parte e lett. b), della Wet of het ter
beschikking stellen van arbeidskrachten ».
2. Per il caso che la questione sub 1) venga risolta in senso af
fermativo: se l'art. 59 del trattato osti — sia in generale, sia
unicamente in determinate circostanze — a che uno Stato membro
nel quale la prestazione di tale servizio è subordinata ad una li
cenza — condizione posta al fine di poter rifiutare detta licenza
qualora esista un fondato timore che la fornitura di manodopera da parte del richiedente possa nuocere ai buoni rapporti sul mer
cato del lavoro o se gli interessi dei lavoratori non sono adegua tamente garantiti — imponga al prestatore di servizi stabilito
in un altro Stato membro l'obbligo di soddisfare tale condizione. 3. In che misura sia rilevante ai fini della questione sub 2), il
fatto che il prestatore di servizi straniero possegga, nello Stato
in cui è stabilito, una licenza per prestare il servizio di cui trattasi nello Stato in cui è stabilito».
Sulla prima questione. — 7. - Con la prima questione, il giu dice nazionale chiede, in sostanza, se nella nozione di «servizi», di cui all'art. 60 del trattato, sia compresa anche la fornitura di
manodopera ai sensi delle disposizioni olandesi summenzionate. 8. - Ai sensi dell'art. 60, 1° comma, del trattato, sono conside
rati servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Il 2° comma di tale articolo enumera, a titolo esemplificativo, certe attività
comprese nella nozione di « servizi ». 9. - La fornitura, contro corrispettivo, da parte di un'impresa,
di manodopera che rimane dipendente dell'impresa stessa, senza che venga stipulato alcun contratto di lavoro con l'utilizzatore, costituisce un'attività professionale avente le caratteristiche indi cate all'art. 60, 1° comma. Essa va pertanto qualificata come « servizio » ai sensi di questa disposizione.
10. - Il governo francese ha sottolineato, in proposito, il ca rattere particolare dell'attività di cui trattasi, la quale, pur rien trando nella nozione di « servizi » definita dall'art. 60 del tratta to, deve essere trattata in modo particolare in quanto ad essa pos sono essere applicate anche le disposizioni in materia di politica sociale e di libera circolazione delle persone. Benché ai lavora tori dipendenti da imprese che effettuano la fornitura di mano
dopera possano, all'occorrenza, applicarsi le disposizioni degli art. 48-51 del trattato e dei regolamenti comunitari adottati per la loro attuazione, tale circostanza non fa venir meno, nelle im
prese che effettuano tale fornitura, il carattere di imprese presta trici di servizi, le quali rientrano nell'ambito di applicazione de
gli art. 59 ss. del trattato. Come la corte ha già avuto modo di
osservare, in particolare nella sentenza 3 dicembre 1974 (causa 33/74, Van Binsbergen, Race. pag. 1299; Foro it., 1975, IV, 81), la natura particolare di certe prestazioni non può avere l'effetto di sottrarre tali attività all'applicazione delle norme in materia di libera circolazione dei servizi.
11. - La prima questione va pertanto risolta nel senso che nella nozione di « servizi », di cui all'art. 60 del trattato, è compresa anche la fornitura di manodopera ai sensi della « Wet op het ter
beschikking stellen van arbeidskrachten». Sulla seconda e sulla terza questione. — 12. - Con la se
conda e la terza questione, si chiede in sostanza se l'art. 59 del trattato osti a che uno Stato membro possa subordinare ad una licenza l'effettuazione nel suo territorio, da parte delle im
prese stabilite in un altro Stato membro, della fornitura di mano
dopera, in particolare qualora tali imprese siano titolari di una licenza rilasciata dal secondo Stato membro.
13. - Ai sensi dell'art. 59, 1° comma, del trattato, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità sono
gradatamente soppresse durante il periodo transitorio nei con fronti dei cittadini degli Stati membri della Comunità. Come la corte ha affermato nella sentenza 18 gennaio 1979 (cause 110 e
11/78, Van Wesemael, Racc. pag. 35; Foro it., 1979, IV, 170), questa norma, da interpretare alla luce dell'art. 8, n. 7, del trat tato, impone un preciso obbligo di risultato, il cui adempimento doveva essere facilitato, ma non era condizionato, dall'attuazione di un programma di provvedimenti graduali. Pertanto, gli impe rativi dell'art. 59 del trattato hanno acquistato efficacia diretta e incondizionata alla scadenza di detto periodo.
14. - Questi imperativi applicano l'eliminazione di tutte le di scriminazioni che colpiscono il prestatore a causa della sua nazio nalità o della sua residenza in uno Stato membro diverso da quello in cui dev'essere fornita la prestazione.
15. - I governi tedesco e danese sostengono che la legislazione dello Stato in cui ha luogo la prestazione di servizi deve, in ge
nerale, essere applicata integralmente a tutti i prestatori di ser
vizi, siano essi o no stabiliti in tale Stato, nel rispetto del princi pio di uguaglianza e, in particolare, dell'art. 60, 3° comma, del
trattato, in forza del quale il prestatore di servizi può, per l'ese cuzione della sua prestazione, esercitare la sua attività, nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condi zioni imposte da tale Stato ai propri cittadini.
16. - L'art. 60, 3° comma, ha anzitutto lo scopo di rendere
possibile al prestatore di servizi l'esercizio della propria attività
nello Stato membro destinatario della prestazione, senza alcuna discriminazione nei confronti dei cittadini di tale Stato. Esso non
implica tuttavia che qualsiasi disciplina nazionale che si applichi ai cittadini di tale Stato e si riferisca normalmente ad un'atti vità permanente delle imprese stabilite in tale Stato possa essere
integralmente applicabile anche ad attività di carattere tempora neo esercitate da imprese aventi sede in altri Stati membri.
17. - Nella summenzionata sentenza 18 gennaio 1979, la corte ha affermato che, tenuto conto delle speciali caratteristiche di talune prestazioni di servizi, non si possono considerare incompa tibili col trattato talune condizioni specifiche, eventualmente im
poste al prestatore di servizi, che siano giustificate dall'applicazio ne di norme relative a questo tipo di attività. Tuttavia, la li bera prestazione dei servizi, in quanto principio fondamentale sancito dal trattato, può venire limitata solamente da norme giu stificate dal pubblico interesse e obbligatorie nei confronti di tutte le persone e le imprese che esercitano la propria attività sul territorio di tale Stato, nella misura in cui tale interesse non risulti garantito dalle norme alle quali il prestatore di servizi è
soggetto nello Stato membro in cui è stabilito.
18. - Bisogna riconoscere, in proposito, che la fornitura di ma
nodopera costituisce un'attività particolarmente delicata dal punto di vista professionale e sociale. A causa delle peculiari caratteristi che del rapporto di lavoro sottostante ad una siffatta attività, l'esercizio di questa incide direttamente sia sui rapporti esistenti sul mercato del lavoro, sia sui legittimi interessi dei lavoratori di cui trattasi. Ciò è messo in evidenza, d'altronde, dalle disposi zioni vigenti in materia in alcuni Stati membri, le quali tendono, da un lato, ad impedire eventuali abusi e, dall'altro lato, a cir
coscrivere l'ambito di questa attività o addirittura a vietarla del tutto.
19. - Ne risulta in particolare che per gli Stati membri è le cito e costituisce una legittima scelta politica, effettuata nel l'interesse generale, il subordinare la fornitura di manodopera sul
proprio territorio ad un regime di licenze, in modo da poter ri fiutare la licenza se esiste il fondato timore che tale attività possa nuocere ai buoni rapporti sul mercato del lavoro o se gli inte ressi dei lavoratori di cui trattasi non sono adeguatamente ga
. rantiti. Tenendo conto, da un lato, delle differenze che possono sussistere, quanto alla situazione sul mercato del lavoro, fra uno Stato membro e l'altro e, dall'altro, dei diversi criteri di valuta zione applicati a questo genere di attività, non è possibile ne
gare allo Stato membro destinatario della prestazione il diritto
d'imporre agli stranieri l'obbligo di munirsi di una licenza, ri lasciata in base agli stessi criteri vigenti per i cittadini.
20. - Una disposizione del genere andrebbe tuttavia al di là del l'obietivo perseguito qualora i presupposti cui è subordinato il rilascio della licenza coincidano con la determinazione e con le
garanzie richieste nello Stato di stabilimento. Il rispetto del prin cipio della libera prestazione dei servizi implica, da un lato, che lo Stato membro destinatario della prestazione non operi, per ciò che riguarda l'esame delle domande di licenza ed il rilascio di
queste, alcuna discriminazione in base alla nazionalità o al luogo di stabilimento, del prestatore di servizi e, dall'altro, ch'esso ten
ga conto della documentazione e delle garanzie già prestate dal
prestatore di servizi per quel che riguarda l'esercizio della sua attività nello Stato membro dove è stabilito.
21. - La seconda e la terza delle questioni sollevate dallo Hoge Raad vanno pertanto risolte nel senso che l'art. 59 non osta a che uno Stato membro nel quale le imprese di fornitura di mano
dopera sono soggette all'obbligo di licenza imponga tale obbligo al prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro e che eserciti tale attività nel suo territorio, anche qualora tale pre statore di servizi sia titolare di una licenza rilasciata dallo Stato in cui è stabilito, a condizione, da una parte, che lo Stato membro destinatario della prestazione non operi, per ciò che riguarda l'esame delle domande di licenza ed il rilascio di questa, alcuna discriminazione in base alla nazionalità o al luogo di stabili mento del prestatore di servizi e, dall'altra, ch'esso tenga conto della documentazione e delle garanzie già presentate dal presta tore di servizi per poter esercitare la propria attività nello Stato membro in cui è stabilito. (Omissis)
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottopostele dallo Hoge Raad der Nederlanden con sentenza 9 dicembre 1980, dichiara: j
1. Nella nozione di «servizi», di cui all'art. ^0
del trattato
CEE, è compresa anche la fornitura di manodopera ai sensi della « Wet op het ter beschikking stellen van arbeidskrachten ».
2. L'art. 59 non osta a che uno Stato membro nel quale le
imprese di fornitura di manodopera sono soggette all'obbligo di
munirsi di licenza imponga tale obbligo al prestatore di servizi
stabilito in un altro Stato membro e che eserciti tale attività
nel suo territorio, anche qualora tale prestatore di servizi sia
titolare di una licenza rilasciata dallo Stato in cui è stabilito, a
condizione, da una parte, che lo Stato membro destinatario della
prestazione non operi, per ciò che riguarda l'esame delle doman
de di licenza ed il rilascio di questa, alcuna discriminazione in
base alla nazionalità o al luogo di stabilimento del prestatore di
servizi e, dall'altra, ch'esso tenga conto della documentazione e
delle garanzie già presentate dal prestatore di servizi per poter esercitare la propria attività nello Stato membro in cui è stabilito.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 14 luglio 1981 (in causa 172/80); Pres. Mertens de Wil
mars, Aw. gen. Slynn (conci, conf.); Zuchner c. Bayerische Vereinsbank AG.
Comunità europee — CBE — Concorrenza — Banche — Trasfe rimento di somme da uno Stato membro all'altro — Commis
sioni bancarie — Natura di pratiche concordate — Condizioni
(Trattato CEE, art. 85).
Il parallelismo di comportamento nella riscossione di una com
missione bancaria uniforme per i trasferimenti di somme da
uno Stato membro all'altro, trasferimenti effettuati dalle ban
che sui depositi della propria clientela, costituisce una pra tica concordata, vietata dall'art. 85, n. 1, del trattato CEE, qua lora il giudice nazionale accerti che tale parallelismo possiede le caratteristiche di coordinamento e collaborazione che con
traddistinguono una pratica del genere. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. Sul concetto di pratica concordata v. Commissione CE 5 settembre
1979, Foro it.. Rep. 1981, voce Comunità europee, n. 348; 23 di cembre 1977, id.. Rep. 1979, voce cit., n. 294 (nella specie, si trattava sia di uno scambio di informazioni, relative alle quantità esportate ed ai relativi prezzi, realizzato per il tramite di una associazione profes sionale, sia di riunioni periodiche aventi ad oggetto la fissazione dei summenzionati prezzi); 8 settembre 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 306; Corte giust. 16 dicembre 1975, in causa 40/73, id., 1976, IV, 118.
Per quanto attiene al rapporto tra la disciplina (spesso convenzio
nale) in tema di concorrenza bancaria e norme comunitarie, vanno
registrati diffusi tentativi di far rientrare le imprese bancarie nel dispo sto dell'art. 90, n. 2, per sottrarle all'applicazione degli art. 85 ss. del trattato di Roma (v. però Corte giust. 14 luglio 1971, in causa 70/71, id., Rep. 1972, voce cit., n. 145, a cui dire l'articolo in questione non è direttamente applicabile ai rapporti interprivati, fintantoché la Com missione non abbia esercitato i poteri che le spettano in base al § 3 della medesima norma. Cfr., in senso contrario, ma in riferimento al
§ 1 dell'art. 90, Fricnani-Waeleroeck. Disciplina della concorrenza nella CEE, Napoli, 1976, 114), cfr. Hartmann, Osservazioni sulla de
finizione dei concetti di « imprese pubbliche » « servizi di interesse ge nerale » « interesse della Comunità » nell'art. 90 del trattato istitutivo della Comunità economica europea, in II colloquio di Bruxelles sulla concorrenza tra settore pubblico e privato nella CEE, Milano, 1964, 78-80, che, a tal proposito, fa leva sul raffronto con la normativa antitrust tedesca e le eccezioni ivi sancite per la banca dei Lander, le banche centrali del Land, gli istituti di addito, le casse di risparmio (§§ 101 e 102 GWB). Siffatta ipotesi, che H. introduce con cautela a causa delle differenze esistenti tra la legislazione tedesca e quella comunitaria, è invece pienamente accreditata da Franceschelli, La
nozione di servizio di interesse economico generale di cui al § 2 del
l'art. 90, ibid., 109; e da Ruta, La concorrenza bancaria e le sue
limitazioni, in Riv. dir. ind., 1975, 15-17, a cui dire l'attività ban
caria, « quale strumento di intermediazione del credito e realizza
zione della politica monetaria, non può essere ricompresa in quella
pili generale (di carattere prettamente industriale e commerciale) »
considerata dagli art. 85 ss. del trattato di Roma; contra Drago, La
nozione di servizio di interesse economico generale ex art. 90, in
Il colloquio, cit., 134 (l'a. sostiene che la nozione di interesse generale può essere riassunta nella definizione, accolta dal Conseil d'Etat di
Francia, di servizio pubblico: « attività d'interesse generale compiuta da persone giuridiche, pubbliche o private, sotto il controllo del
l'autorità pubblica» [p. 128]; conf. Pappalardo, in Commentario
CEE, a cura di Quadri, Monaco, Trabucchi, Milano, 1965, II, 693, che puntualizza come l'espressione « incaricate » non significhi, neces
Diritto. — 1. - Con ordinanza 14 luglio 1980, pervenuta in
cancelleria il 29 luglio 1980, l'Amtsgericht di Rosenheim ha sot
toposto a questa corte, in forza dell'art. 177 del trattato CEE,
una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione degli art.
85 e 86 del trattato, allo scopo di determinare la portata di
tali disposizioni relativamente alla riscossione, da parte di un
istituto bancario avente sede nella repubblica federale di Ger
mania, di una commissione percepita in occasione del trasferi
mento di una somma di denaro, mediante assegno, da uno Stato
membro all'altro.
2. - Dal fascicolo trasmesso dal giudice nazionale risulta che
il titolare di un conto bancario presso la Bayerische Vereinsbank
di Rosenheim, repubblica federale di Germania, aveva emesso
nei confronti di questo istituto bancario, il 17 luglio 1979, un
assegno dell'importo di 10.000 DM all'ordine di un beneficiario
residente in Italia. Per questo operazione di trasferimento, il suo
conto veniva addebitato, dal suddetto istituto, di 15 DM, a ti
tolo di commissione valutaria (Bearbeitungsgebiihr), prelievo pa ri allo 0,15 % dell'importo trasferito.
3. - Il titolare del "conto bancario, ritenendo che la riscossione
di detta commissione fosse in contrasto con le disposizioni del
trattato CEE, adiva l'Amtsgericht di Rosenheim per ripetizione d'indebito nei confronti dell'istituto bancario.
4. - Egli sosteneva fra l'altro che la riscossione della commis
sione di cui trattasi era in contrasto con gli art. 85 e 86 del trat
tato, in quanto corrispondente ad una pratica concordata, se
guita da tutti gli istituti bancari o dalla maggior parte di essi,
tanto nella repubblica federale di Germania quanto negli altri
Stati della Comunità, pratica contrastante con le norme sulla
sanamente, l'esistenza di un atto formale in tal senso, come, ad esem
pio, una concessione, essendo sufficiente l'esistenza di controlli sta tali sull'attività in parola: ma v. il diverso avviso espresso dalla sen tenza che si riporta, la quale richiede l'affidamento del servizio di
interesse economico generale in forza di un atto della p. a.).
Le summenzionate opinioni si allineano alla tesi della Banca d'Ita
lia, a cui dire gli accordi sui saggi di interesse e sulle provvigioni non
possono essere considerate alla stregua di intese limitative della con
correnza (Assemblea generale dei partecipanti, anno 1962, Roma. 1963, 337 ss.); ma non hanno incontrato il favore della Commissione (v. la
risposta all'interrogazione dell'on. Gerlach. in cui viene affermato « il principio dell'applicabilità, al settore bancario, delle norme di concorrenza previste dal trattato CEE». in G.U.C.E. 11 settembre
1975, C 209, 41). Del resto non si può dimenticare che l'art. 90 esenta le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse eco nomico generale dall'applicazione delle regole antimonopolistiche nei
soli limiti in cui tale normativa osti all'adempimento della specifica missione affidata alle imprese. A tale riguardo si è ritenuto (France schelli, op. cit., 83; conf. Pappalardo, op. cit., 698) necessario un
impedimento al perseguimento dell'interesse generale, una sua frustra
zione, non una mera difficoltà nell'adempimento dei compiti in questio ne. E se è difficile individuare il requisito in discorso negli accordi
aventi ad oggetto le provvigioni per i servizi resi, appaiono assai più fondati i sospetti circa la fissazione di saggi di interesse uniformi. A
questo proposito, e con particolare riguardo alla cartellizzazione esi
stente in Italia, v. Vitari, Il «cartello bancario»: riflessioni giuridi che su di un tema scarsamente studiato, in Giur. comm., 1974, I, 767 ss. (sull'argomento, e in special modo in riferimento alla natura
ed effetti del cartello, v. Patroni Griffi, Note in tema di « cartello
bancario » e di disciplina dei tassi bancari, id., 1978, I, 734-735), che mette in luce come l'unica funzione realmente svolta dal cartello sia sta ta quella di massimizzazione dei profitti delle imprese bancarie — inte
resse questo meramente privato e non certo generale (v. Corte giust. 27 marzo 1974, in causa 127/73, Foro it., 1974, IV, 312, che nega l'esenzione di cui all'art. 90, n. 2, ad una società di gestione di diritti
d'autore, richiamandosi appunto alla natura tutta privata degli inte
ressi coinvolti) — permettendo, tra l'altro, la raccolta di denaro ad un
prezzo più basso di quello che sarebbe possibile in una disciplina di
mercato: la qual cosa, lungi dal rappresentare un valido motivo per non applicare gli art. 85 ss., potrebbe dar luogo ad una ingiustificata
posizione di vantaggio delle filiali estere delle banche italiane che po trebbero contare su questo denaro raccolto a minor prezzo.
Per un primo commento alla su riportata pronunzia dei giudici di
Lussemburgo, v. M. C. Hafke, Einheitliche Bankkonditionen und EG
Recht, in Zeitschrijt liir das gesamte Kreditwesen, 1981, 899, che ri
chiama l'attenzione sulle difficoltà connesse alla prova dcll'abgestimmte Verhaltenweise. Nemmeno a dirlo, proprio su questi ostacoli è nau
fragata — salvo l'esito dell'appello — la richiesta di restituzione del
cliente: Amtsgericht Rosenheim 12 ottobre 1981, ampiamente riassunta
in Die Bank, 1981, 623, che ha ravvisato (sulla scia di Amtsgerichts
Lorrach 12 marzo 1980, in Bankkaufman 7/80, 25) gli estremi di un
« Parallelverhalten . .. kartellrechtlich irrilevantes » (sui delicati proble
mi di « caratterizzazione » del « collusive tacit price fixing » — che la
corte si studia d'ignorare con zelo degno di miglior causa — v., diffu
samente, R. A. Posner, Antitrust Law. An economic perspective, Chi
cago/London, 1976, specie 40 ss.). V. SlNtsi V. Sin isi
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