sentenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86); Pres. Mackenzie Stuart, Avv. gen. Darmon (concl. parz.diff.); Hoffmann c. KriegSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1988), pp. 321/322-329/330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179855 .
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
38. - Il y a lieu de rappeler à cet égard qu'ainsi que la Cour
l'a jugé dans son arret du 18 mai 1980 (Debauve, 52/79, Ree.
p. 833; Foro it., Rep. 1980, voce Comunità europee, n. 393), en l'absence d'harmonisation des règles nationales applicables en
matière de radiodiffusion et de télevision, chaque Etat membre
a compétence pour réglementer, restreindre ou mème interdire
totalement sur son territoire pour des raisons d'intérèt général la publicité télévisive, pourvu qu'il traite de facon identique tou
tes prestations dans ce domaine quelle qu'en soit l'origine et quels
que soient la nationalité ou le lieu d'établissement du prestatale. 39. - Dans ces conditions, il y a lieu de conclure que des inter
dictions de publicité et de sous-titrage, telles que celles contenues
dans la Kabelregeling, ne sont pas susceptibles d'etre justifiées
par des raisons d'ordre public au sens de l'article 56 du traité.
d) Sur les principes généraux du droit communautaire et les
droits fondamentaux reconnus par le droit communautaire. —
40. - Par sa neuvième question, la juridiction nationale demande
en substance si le principe de proportionnalité et la liberté d'ex
pression garantie par l'article 10 de la Convention européenne des droits de l'homme imposent en tant que tels des obligations aux Etats membres, indépendamment de 1 'applicabilité de dispo sitions écrites du droit communautaire.
41. - Il ressort des réponses données aux questions précedentes
que des interdictions de publicité et de sous-titrage, telles que celles contenues dans la Kabelregeling, sont incompatibles avec
les dispositions des articles 59 et suivans du traité. Ces réponses
permettant à elles seules à la juridiction nationale de trancher
le litige qui lui est soumis, la neuvième question est sans objet.
(Omissis) Par ces motifs, la Cour statuant sur les questions posées par
le Gerechtshof de La Haye, par décision du 18 novembre 1985, dit pour droit:
1. La diffusion par l'intermédiaire d'exploitants de réseaux de
cables établis dans un Etat membre, de programmes télévisés of
ferts par des émetteurs établis dans d'autres Etats membres et
contenant des messages publicitaires destinés spécialement au pu blic de l'Etat de réception, comporte plusieurs prestations de ser
vice au sens des articles 59 et 60 du traité.
2. Des interdictions de publicité et de sous-titrage telles que celles contenues dans la Kabelregeling comportent des restrictions
à la libre prestation des services qui sont prohibées par l'article
59 du traité.
3. Ces interdictions ne sont pas susceptibles d'etre justifiées
par des raison d'ordre public au sens de l'article 56 du traité.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86); Pres. Mackenzie Stuart, Aw. gen. Darmon (conci, parz. diff.); Hoffmann c. Krieg.
Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto
rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Sentenza straniera riconosciuta — Efficacia (Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza
giurisdizionale e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e
commerciale, art. 26). Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto
rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — «Exequatur» — Effetti di sentenza nazionale sulla sentenza
straniera — Rilevanza — Cessazione dell'esecuzione (Conven zione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 31).
Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto
rità straniera — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Sentenza straniera in contrasto con decisione nazionale pro
nunciata tra le stesse parti — Riconoscimento — Esclusione
(Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 27).
Il Foro Italiano — 1988.
Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto
rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — «Exequatur» — Opposizione tardiva — Inammissibilità —
Limiti (Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 36).
La decisione straniera riconosciuta in base all'art. 26 della con
venzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la compe
tenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale, deve avere nello Stato richiesto la stessa
efficacia che ha nello Stato di origine. (1) La decisione straniera, munita della formula esecutiva in uno Stato
contraente ai sensi dell'art. 31 della convenzione di Bruxelles
27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale,
ed ancora suscettibile di esecuzione nello Stato di origine, deve
cessare di essere eseguita nello Stato richiesto se, secondo la
legislazione di tale Stato, l'esecuzione non può più aversi per
ragioni estranee alla sfera di applicazione della convenzione. (2)
La decisione straniera che condanna un coniuge a versare all'al
tro gli alimenti in relazione agli obblighi di convivenza derivan ti dal matrimonio è in contrasto, ai sensi dell'art. 27, punto
3°, della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concer
nente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisio
ni in materia civile e commerciale, con una decisione nazionale
di divorzio resa tra le medesime parti. (3)
L'art. 36 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, con
cernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle deci
sioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che la parte, che non ha impugnato il provvedimento di exequatur ai sensi di tale disposizione, non può far valere
nella fase di esecuzione della sentenza straniera un motivo di
impugnazione che avrebbe potuto invocare in sede di opposi
zione al provvedimento di exequatur; tale regola deve essere
applicata di ufficio dal giudice dello Stato richiesto; essa, tutta
via, non si applica se ha per effetto di obbligare il giudice dello Stato di origine della decisione straniera (nella specie la decisio
ne sugli alimenti) di cui si chiede l'esecuzione. (4)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; se zione V; sentenza 10 luglio 1986 (causa 198/85); Pres. Ever
ling, Aw. gen. Mancini (conci, conf.); Carron c. Repubblica
federale di Germania.
(1-3) Non constano precedenti in termini.
La prima massima, come affermato dalla corte (cpv. 10 della motiva
zione), trova preciso riscontro nella relazione Jenard alla convenzione
(in G.U.C.E. 5 marzo 1979, n. 59, 43). In generale sulle questioni di cui alla seconda massima, poste dal rap
porto tra materia delle obbligazioni alimentari tra coniugi e relativo pro cedimento di divorzio, cfn Corte giust. 6 marzo 1980, causa 120/79, Foro
it., 1980, IV, 365, con nota di richiami.
In tema di non riconoscimento di decisioni straniere di cui alla terza
massima si osserva come la corte si sia finora pronunciata soltanto sul
l'interpretazione dell'art. 27, punto 2°, della convenzione: v., da ultimo, Corte giust. 11 giugno 1985, causa 49/84, id., 1986, IV, 242, con nota
di richiami, e, nella giurisprudenza italiana, cfr. Cass. 25 ottobre 1984, n. 5439, id., 1985, I, 1118 con nota di richiami.
(4) Non risultano precedenti in termini.
La massima segue e sviluppa la linea interpretativa di Corte giust. 2
luglio 1985, causa 148/84, Foro it., 1986, IV, 241, evocata in motivazio
ne, nel senso della rilevanza della convenzione quanto alla disciplina del
procedimento di exequatur e dell'incidenza del diritto nazionale del giudi ce adito in materia di esecuzione in senso stretto.
Sulla natura di termine di decadenza del termine di cui all'art. 36, v. la relazione Jenard alla convenzione (in G.U.C.E. 5 marzo 1979, n. 59, 51). Nella giurisprudenza italiana in materia di opposizione al
provvedimento di exequatur e sul carattere perentorio del termine di
cui all'art. 36 cfr. Cass. 9 giugno 1983, n. 3949, Foro it., 1984, I,
803, con nota di richiami; specificamente sul decorso del termine per
l'opposizione, v. Cass. 25 giugno 1986, n. 4222, id., 1986, I, 2753, con nota di richiami.
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PARTE QUARTA
Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto
rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Istanza di concessione di formula esecutiva — Obbligo di
eleggere domicilio — Modalità — Disciplina (Convenzione di
Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 33).
L'art. 33, 2° comma, della convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, va interpretato
nel senso che l'obbligo di eleggere domicilio, posto da detta
disposizione, va adempiuto secondo le modalità stabilite dalla
legge dello Stato richiesto e, nel silenzio della legge circa il mo
mento nel quale detta formalità vada adempiuta, al più tardi
al momento della notifica della sentenza che dà / 'exequatur. (5)
Le conseguenze derivanti dall'inosservanza delle modalità relative
all'elezione di domicilio, in forza dell'art. 33 della convenzione
di Bruxelles 27 settembre 1968, sono definite dalla legge dello
Stato richiesto, fatto salvo il rispetto degli scopi perseguiti dal
la convenzione. (6)
I
1. - Par jugement du 6 juin 1986, parvenu à la Cour le 13
juin suivant, le Hoge Raad a posé, en vertu du protocole du
3 juin 1971 concernant l'interprétation, par la Cour de justice,
de la Convention du 27 septembre 1968 concernant la compéten
ce judiciaire et l'exécution des décisions en matière civile et com
merciale (ci-après la Convention) cinq questions relatives à
l'interprétation de plusieurs articles de cette Convention.
2. - Ces questions ont été soulevèes dans le cadre d'un litige
opposant M. H.L.M. Hoffmann (ci-apprès le mari) à Mme A.
Krieg (ci-apprès la femme) au sujet de l'exécution aux Pays-Bas
d'un jugement de l'Amtsgericht Heidelberg, condamnant le mari
à verser une pension alimentaire mensuelle à la femme.
3. - Il ressort du dossier que les parties au principal sont des
ressortissants allemands qui se sont mariés en 1950 et qu'en 1978
le mari a quitté le domicile conjugal en République fédérale d'Al
lemagne et s'est installé aux Pays-Bas. A la demande de la fem
me, le mari a été condamné, le 21 aoùt 1979, par une décision
de l'Amtsgericht Heidelberg, à lui verser une pension alimentaire
entre époux séparés. 4. - Sur demande du mari, l'Arrondissementsrechtbank de Maa
stricht a prononcé le divorce par jugement par défaut du ler mai
1980, en appliquant, selon les règles néerlandaises de conflit de
lois, le droit allemand. Le 19 aoùt 1980, le divorce est devenu
effectif aux Pays-Bas par l'inscription au registre de l'état civil
à la Haye. Ce jugement de divorce, qui ne relève pas du champ
d'application de la Convention, n'avait pas fait l'objet d'une re
connaissance en République fédérale d'Allemagne au moment que le juridiction nationale estime déterminant pour les besoins de
l'affaire.
5. - Sur requète de la femme, le président de l'Arrondissements
rechtbank d'Almelo, par ordonnance du 29 juillet 1981, a accor
dé l'exequatur de la dècision de l'Amtsgericht Heidelberg, con
formément à l'article 31 de la Convention. Cette autorisation
d'exécution a été notifiée en avril 1982 au mari, qui n'a pas for
mé de recours contre elle.
6. - Le 28 février 1983, le femme a fait procéder à une saisie
arrèt exécutoire entre les mains de l'employeur du mari. Celui-ci
a saisi le président de l'Arrondissementsrechtbank d'Almelo en
référé dans le but de voir prononcer la mainlevée, au moins à
titre provisoire, de la saisie. Il a obtenu gain de cause en première
instance; en seconde instance, cependant, le Gerechtshof d'Arn
hem a rejeté sa demande. Cet arret a fait l'objet d'un pourvoi en cassation devant le Hoge Raad.
7. - Estimant que la solution du litige dépendait de l'interpréta
(5-6) Non constano precedenti in termini.
Sul rinvio alla legislazione interna dello Stato richiesto per le modalità
di elezione del domicilio di cui all'art. 33, 2° comma, cfr. la relazione
Jenard alla convenzione (in G.U.C.E. 5 marzo 1979, n. 59, 50).
Il Foro Italiano — 1988.
tion de plusieurs articles de la Convention, le Hoge Raad a saisi
la Cour des questions préjudicielles suivantes:
1. «L'obligation de reconnaìtre la decision rendue dans un Etat
contractant (article 26) impose-t-elle aux autres Etats contractants
de reconnaìtre à cette décision le mème effet que celui qu'elle
a selon le droit de l'Etat où elle a été rendue et cela implique-t-il
qu'elle peut done ètre exécutée chaque fois qu'elle peut égale
ment Tètre dans ledit Etat?»
2. - (En cas de réponse affirmative à la première question): «Les dispositions combinées des articles 26 et 31 de la Conven
tion de Bruxelles doivent-elles ètre interprétées en ce sens que
l'obligation de reconnaìtre une dècision rendue dans un Etat con
tractant implique que cette décision, parce qu'elle reste suscepti
ble d'exécution selon le droit de l'Etat où elle a été rendue, peut
également ètre exécutée dans les mèmes cas dans l'autre Etat con
tractant?»
3. - (En cas de réponse affirmative à la deuxième question):
«Peut-on, dans un cas comme celui de l'espèce, invoquer l'in
compatibilité de la condamnation prononcée par le juge allemand
à payer des aliments, avec le jugement de divorce néerlandais
rendu ultérieurement ou peut-on invoquer l'ordre public» (article
27, sous 1° et 3°)? 4. «(Le système mis en place par) la Convention de Bruxelles
oblige-t-il à admettre la règie selon laquelle, si la partie contre
laquelle l'exécution d'une décision rendue dans un autre Etat con
tractant est demandée, néglige de se prévaloir, dans son recours
contre l'exequatur, d'une raison valable qui fait obstacle à l'exé
cution ultérieure de ladite dècision et qui avait été portée à sa
connaissance avant l'expiration du délai visé au premier alinéa
de l'article 36 de la Convention de Bruxelles, elle n'est plus rece
vable à se prévaloir de cette raison valable au cours d'un recours
ultérieur par lequel elle fait opposition à (la poursuite de) l'exé
cution?»
5. - (En cas de réponse affirmative à la quatrième question):
(«Le système mis en place par) la Convention de Bruxelles oblige
t-il à admettre que le juge de l'Etat dans lequel l'exequatur est
accordé est tenu d'appliquer d'office, dans un recours ultérieur
contre l'exécution, la règie visée dans la (quatrième) question,
mème si son droit national ne prévoit pas une pareille application?» 8. - Pour un plus ampie exposé des faits de l'affaire au princi
pal ainsi que du déroulement de la procédure et des observations
écrites présentées à la Cour, il est renvoyé au rapport d'audience.
Ces éléments du dossier ne sont repris ci-dessous que dans la me
sure nécessaire au raisonnement de la Cour.
9. - La première question de la juridiction nationale vise en
substance à savoir si une decision étrangère reconnue en vertu
de l'article 26 de la Convention doit déployer en principe dans
l'Etat requis les mèmes effets que ceux qu'elle a dans l'Etat d'o
rigine. 10. - A cet égard, il convient de rappeler que la Convention
«tend à faciliter, dans toute la mesure du possible, la libre circu
lation des jugements» et que «c'est dans cet esprit qu'elle doit
ètre interprétée». La reconnaissance doit done «avoir pour effet
d'attribuer aux décisions l'autorité et l'efficacité dont elles jouis sent dans l'Etat où elles ont été rendues» (rapport sur La Con
vention concernant la compétence judiciaire et l'exécution des
décisions en matière civile et commerciale, JO 1979 C 59, pp. 42 et 43).
11. - Par conséquent, il convient de répondre à la première
question de la juridiction nationale qu'une décision étrangère re
connue en vertu de l'article 26 de la Convention doit déployer en principe dans l'Etat requis les mèmes effets que ceux qu'elle a dans l'Etat d'origine.
12. - Ai vu des circonstances du litige au principal qui résultent
du dossier, la deuxième question posée par la juridiction nationa
le vise en substance à savoir si une décision étrangère qui a été
revètue de la formule exécutoire dans un Etat contractant en ap
plication de l'article 31 de la Convention doit continuer à ètre
exécutée dans tous les cas où elle resterait susceptible d'exécution
dans l'Etat d'origine, alors mème que, selon la législation de l'E
tat de l'exécution, celle-ci ne peut plus avoir lieu pour des raisons
qui échappent au champ d'application de la Convention.
13. — En l'espèce, la décision dont d'exécution est en cause
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
condamne un époux à verser des aliments à son conjoint au titre
de ses obligations d'entretien résultant du mariage. Une telle dè
cision présuppose nécessairement l'existence du lien matrimonial.
14. - Il y a lieu, en conséquence, d'examiner si la dissolution
de ce lien matrimonial résultant d'un jugement de divorce pro noncé par une juridiction de l'Etat requis peut mettre fin à l'exé
cution de la décision étrangère, méme au cas où cette dernière
reste exécutoire dans l'Etat d'origine, faute de reconnaissance du
jugement de divorce.
15. - A cet égard, il convient de constater que la Convention
dans son article 1, deuxième alinéa, 1° exclut de son champ d'ap
plication notamment l'état des personnes physiques et qu'elle ne
contient aucune règie qui obligerait le juge de l'Etat requis à su
bordonner les effets d'un jugement national pronongant le divor
ce à la reconnaissance de ce jugement dans l'Etat d'origine de
la décision étrangère sur les aliments.
16. - Cette constatation est confirmée par la disposition de l'ar
ticle 27, sous 4°, de la Convention qui exclut en principe la re
connaissance des décisions étrangères comportant la
méconnaissance d'une règie de droit international privé de l'Etat
requis relative, entre autres, à l'état des personnes physiques. En
effet, cette disposition montre bien que, en ce qui concerne l'état
des personnes physiques, la Convention n'entend pas déroger aux
règles applicables en vertu du droit national du juge salsi.
17. - Il s'ensuit que la Convention ne s'oppose pas à ce que
le juge de l'Etat requis tire les conséquences d'un jugement natio
nal prononcant le divorce dans le cadre de l'exécution de la déci
sion étrangère sur les aliments.
18. - Il convient done de répondre à la juridiction nationale
qu'une décision étrangère, qui a été revètue de la formule exécu
toire dans un Etat contractant en application de 1'article 31 de
la Convention et qui reste susceptible d'exécution dans l'Etat d'o
rigine, ne doit pas continuer à ètre exécutée dans l'Etat requis
lorsque, selon la lègislation de ce dernier Etat, l'exécution ne peut
plus avoir lieu pour des raisons qui écl\appent au champ d'appli cation de la Convention.
19. - La troisième question posée par la juridiction nationale
vise en substance à savoir si une decision étrangère condamnant
un époux à verser des aliments à son conjoint au titre de ses
obligations d'entretien résultant du mariage est inconciliable au
sens de l'article 27, sous 3°, de la Convention avec une décision
nationale ayant prononcé le divorce entre les époux concernés
ou encore si une telle décision étrangère est contraire à l'ordre
public de l'Etat requis au sens du mème article sous 1°.
20. - Les dispositions dont l'interprétation est demandée énon
cent des motifs de non-reconnaissance des décisions étrangères. En vertu de l'article 34, deuxième alinéa, ce sont les mèmes mo
tifs qui justifient le refus de l'exequatur. 21. - En ce qui concerne la deuxième branche de la troisième
question, il convient de relever que, dans le système de la Con
vention, le recours à la clause de l'ordre public, qui «ne doit
jouer que dans des cas exceptionnels» (rapport sur la Conven
tion, précité, p. 44), est en tout cas exclu lorsque, comme en
l'espèce, le problème pose est celui de la compatibilite d'une déci
sion étrangère avec une décision nationale, ce problème devant
ètre résolu sur la base de la disposition spécifique de l'article 27,
sous 3°, qui vise le cas où la décision étrangère est inconciliable
avec une décision rendue entre les mèmes parties dans l'Etat requis.
22. - Afin d'établir s'il y a inconciliabilité au sens de ladite
disposition, il convient de rechercher si les décisions en cause en
traìnent des conséquences juridiques qui s'excluent mutuellement.
23. - Il résulte du dossier qu'en l'espèce la décision étrangère
sur les aliments a été revètue de la formule exécutoire alors que
la décisions nationale pronon?ant le divorce avait été déjà rendue
et avait acquis la force de la chose jugée, et que le litige au prin
cipal concerne la période postérieure au divorce.
24. - Dans ces conditions, les décisions en cause entraìnent des
conséquences juridiques qui s'excluent mutuellement. En effet,
la decision étrangère, qui présuppose nécessairement l'existence
du lien matrimonial, devrait ètre mise à exécution alors que ce
lien a été dissous par une décision rendue entre les mèmes parties
dans l'Etat requis.
Il Foro Italiano — 1988.
25. - Il convient done de répondre à la troisième question po sée par la juridiction nationale qu'une décision étrangère condam
nant un époux à verser des aliments à son conjoint au titre de
ses obligations d'entretien résultant du mariage est inconciliable
au sens de l'article 27, sous 3°, de la Convention avec une déci
sion nationale ayant prononcé le divorce entre les époux concernés.
26. - Les quatrième et cinquième questions posées par la juri diction nationale visent à savoir si l'article 36 de la Convention
doit ètre interprété en ce sens que la partie qui n'a pas intenté
le recours contre l'exequatur prévu par cette disposition ne peut
plus faire valoir au stade de l'exécution de la décision une raison
valable qu'elle aurait pu invoquer dans la cadre de ce recours
contre l'exequatur, et si cette règie doit ètre appliquée d'office
par les juridictions de l'Etat requis. 27. - En vue de répondre à ces questions, il convient de rappe
ler d'abord que, afin de limiter les exigences auxquelles l'exécu
tion des décisions rendues dans les Etats contractants peut ètre
soumise dans un autre Etat contractant, la Convention prévoit une procédure très sommaire pour la délivrance de l'exequatur,
lequel ne peut ètre refusé que pour les motifs limitativement énon
cés aux articles 27 e 28. Néanmoins, la Convention se borne à
régler la procédure d'exequatur des titres exécutoires étrangers et ne touche pas à l'exécution proprement dite qui este soumise
au droit national du juge saisi (arrèt du 2 juillet 1985, Deutsche
Genossenschaftsbank, 148/84, Ree. p. 1987; Foro it., 1986, IV,
241). 28. - Par conséquent, l'exécution d'une décision étrangère re
vètue de la formule exécutoire intervient selon les règles de procé dure du droit national du juge saisi, y comprises celles relatives
aux voies de recours.
29. - L'application des règles de procédure de l'Etat requis dans
le cadre de l'exécution ne saurait toutefois porter atteinte à l'effet
utile du système de la Convention en matière d'exequatur. 30. - Il s'ensuit que les voies de recours ouvertes par le droit
national doivent ètre exclues lorsque le recours contre l'exécution
d'une décision étrangère revètue de la formule exécutoire est for
mé par la mème personne qui aurait pu intenter un recours con
tre l'exequatur et est fondé sur une raison qui aurait pu ètre
invoquée dans le cadre de ce recours. En effet, dans ces circo
stances, la contestation de l'exécution aboutirait à une remise en
cause de l'exequatur hors du délai rigoureux fixé à l'article 36, deuxième alinéa, de la Convention et partant à priver d'effet utile
cette disposition. 31. - Le caractère impératif du délai fixé à l'article 36 de la
Convention comporte pour le juge national l'obligation de veiller
à son respect. Il lui appartient done d'écarter d'office la recevabi
lité d'un recours intenté sur la base du droit national lorsque ce recours aboutit à une remise en cause dudit délai.
32. - Cette règie, qui découle du système de la Convention,
ne saurait toutefois s'appliquer lorsque, comme en l'espèce, elle
aurait pour résultat d'obliger le juge national à ignorer les effets
d'un jugement national de divorce, exclu du domaine d'applica tion de la Convention, au motif que ce jugement ne serait pas reconnu dans l'Etat d'origine de la décision étrangère dont l'exé
cution est en cause.
33. - En effet, ainsi qui'il a été constaté dans le cadre de la
réponse à la deuxième question, la Convention ne contient aucu
ne règie qui obligerait le juge de l'Etat requis à subordonner les
effets d'un jugement national pronongant le divorce à la recon
naissance de ce jugement dans l'Etat d'origine d'une décision étran
gère sur les aliments qui relève du domaine d'application de la
Convention.
34. - Il convient done de répondre aux quatrième et cinquième
questions posées par la juridiction nationale que l'article 36 de
la Convention doit ètre interprété en ce sens que la partie qui
n'a pas intenté le recours contre l'exequatur prévu par cette di
sposition ne peut plus faire valoir au stade de l'exécution de la
décision une raison valable qu'elle aurait pu invoquer dans le
cadre de ce recours contre l'exéquatur, et que cette règie doit
ètre appliquée d'office par les juridictions de l'Etat requis. Toute
fois, cette règie ne s'applique pas lorsqu'elle a pour conséquence
d'obbliger le juge national à subordonner les effets d'un jugement
national exclu du domaine d'application de la Convention à sa
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PARTE QUARTA
reconnaissance dans l'Etat d'origine de la décision étrangère dont
l'exécution est en cause. (Omissis) Par ces motifs, la cour statuant sur les questions à elle soumises
par le Hoge Raad, par arrèt du 6 juin 1986, dit pour droit:
1. Une décision étrangère reconnue en vertu de 1'article 26 de
la Convention doit déployer en principe dans l'Etat requis les
mèmes effets que ceux qu'elle a dans l'Etat d'origine. 2. Une décision étrangère, qui a été revètue de la formule exé
cutoire dans un Etat contractant en application de l'article 31
de la Convention et qui reste susceptible d'exécution dans l'Etat
d'origine ne doi pas continuer à ètre exécutée dans l'Etat requis
lorsque, selon la législation de ce dernier Etat, l'exécution ne peut
plus avoir lieu pour des raisons qui échappent au champ d'appli cation de la Convention.
3. Une décision étrangère condamnant un époux à verser des
aliments à son conjoint au titre de ses obligations d'entretien ré
sultant du mariage est inconciliable au sens de l'article 27, sous
3°, de la Convention avec une décision nationale ayant prononcé le divorce entre les époux concernés.
4. L'article 36 de la Convention doit ètre interprété en ce sens
que la partie qui n'a pas intenté la recours contre 1'exequatur
prévu par cette disposition ne peut plus faire valoir au stade de
l'éxécution de la décision une raison valable qu'elle aurait pu in
voquer dans le cadre de ce recours contre l'exéquatur, est que cette règie doit ètre appliquée d'office par les juridictions de l'E
tat requis. Toutefois, cette règie ne s'applique pas lorsqu'elle a
pour conséquence d'obliger le juge national à subordonner les
effets d'un jugement national exclu du domaine d'application de
la Convention à sa reconnaissance dans l'Etat d'origine de la dé
cision étrangère dont l'exécution est en cause.
II
Diritto. — 1. - Con ordinanza 14 giugno 1985, pervenuta alla
corte-il 26 giugno successivo, la Corte di cassazione del Belgio, a norma del protocollo del 3 giugno 1971, relativo all'interpreta
zione, da parte della Corte di giustizia, della convenzione 27 set
tembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e
l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in pro
sieguo: «la convenzione») ha sollevato tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 33, 2° comma, di detta con
venzione.
2. - Dette questioni sono sorte nell'ambito del rinvio in Cassa
zione proposto dal Carron avverso la sentenza 14 giugno 1983
con la quale il Tribunale di Anversa respingeva l'opposizione da
lui fatta alla sentenza 27 luglio 1982 dello stesso tribunale.
Con quest'ultima sentenza, pronunciata su domanda della Re- '
pubblica federale di Germania, il Tribunale di Anversa aveva ap
posto la formula esecutiva per il Belgio alla sentenza 9 marzo
1982 con la quale il Landgericht di Duisburg aveva condannato il Carror a versare alla Repubblica federale di Germania la som
ma di 5.240.000 marchi come risarcimento dei danni.
4. - A sostegno dell'opposizione fatta a detta sentenza di exe
quatur, il Carron adduceva la nullità del procedimento seguito, in quanto la Repubblica federale di Germania non aveva proce duto ad elezione di domicilio nell'atto introduttivo. Il Tribunale
di Anversa, nella sentenza 14 marzo 1983, motivava la reiezione
dell'opposizione col fatto che l'art. 33, 2° comma, della conven
zione era stato osservato mediante l'elezione di domicilio nell'at
to di notifica della sentenza che dava l'exquatur. 5. - La Corte di cassazione del Belgio ha deciso di sottoporre
alla corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1. Se dipenda dalla legge dello Stato richiesto lo stabilire se
e come debba avvenire l'elezione di domicilio di cui all'art. 33, 2° comma, della convenzione.
2. In caso affermativo, se anche la sanzione sia disciplinata dal diritto dello Stato richiesto.
3. In caso di soluzione negativa della prima questione, quando e come debba essere effettuata l'elezione di domicilio e quale sia
l'eventuale sanzione».
Sulla prima questione. — 6. - Il Carron e la commissione sot
tolineano che la convenzione mira a porre in atto un procedimen to d'exequatur uniforme in tutti gli Stati membri; quindi, il giudice
Il Foro Italiano — 1988.
dello Stato richiesto può applicare le norme processuali nazionali
solo qualora la convenzione glielo prescriva espressamente. Poi
ché l'art. 33 della convenzione non contiene disposizioni in que sto senso per quanto riguarda il momento nel quale l'elezione
di domicilio dev'essere effettuata, è opportuno risolvere la prima
questione pregiudiziale alla luce degli scopi di questa disposizio ne. Orbene, questa mira a far si che il convenuto sia in grado
d'impugnare la sentenza d'exequatur il più presto possibile: essa
prescriverebbe dunque che l'elezione di domicilio venga effettua
ta, quanto meno, prima della pronuncia della sentenza che dà
V exequatur. 7. -1 governi della Repubblica federale di Germania e del Re
gno Unito sostengono invece che, stando alla stessa lettera del
l'art. 33 della convenzione, le^modalità dell'elezione di domicilio
sono determinate dal diritto dello Stato richiesto. Data la scarsa
precisione di questa disposizione per quanto riguarda il momento
nel quale si deve procedere all'elezione, i due governi deducono
che è opportuno tener conto del fatto che detta elezione assume
importanza per la parte contro la quale l'esecuzione è richiesta
solo quando comincia a decorrere il termine per l'impugnazione
esperibile, a norma dell'art. 36 della convenzione, nei confronti
della sentenza che dà Vexequatur, vale a dire quando la sentenza
deve essergli notificata.
8. - È opportuno osservare che con gli art. 31-49 la convenzio
ne ha istituito un procedimento di exequatur comune agli Stati
membri. Questo procedimento consente, in una prima fase di na
tura non contraddittoria, all'istante che intenda far eseguire la
sentenza in un altro Stato membro, di raggiungere rapidamente lo scopo. Esso garantisce, in una seconda fase di natura contrad
dittoria, i diritti della parte contro la quale l'esecuzione viene
effettuata mediante l'istituzione di un procedimento d'impugna zione contro detta decisione. In questo sistema, l'obbligo dell'i
stante di eleggere domicilio o di designare un procuratore deve
garantire alla parte contro la quale l'esecuzione è stata disposta la possibilità di esperire l'impugnazione contemplata dalla con
venzione, senza dover procedere a formalità fuori dalla circoscri
zione del giudice della sua residenza. Benché la convenzione fissi
questi scopi, il cui raggiungimento dev'essere garantito in tutti
gli Stati membri, è d'uopo rilevare che essa non disciplina le mo
dalità concrete del procedimento stesso e si riferisce espressamen
te, su vari punti, al diritto dello Stato richiesto.
9. - Ad esempio a norma dell'art. 33, 1° e 2° comma, della
convenzione, «le modalità del deposito dell'istanza sono determi
nate in base alla legge dello Stato richiesto.
L'istante deve eleggere il proprio domicilio nella circoscrizione
del giudice adito. Tuttavia, se la legge dello Stato richiesto non prevede l'elezio
ne del domicilio, l'istante designa un procuratore». 10. - Da queste disposizioni emerge che il diritto dello Stato
richiesto determina tutte le modalità per il deposito dell'istanza
e che l'elezione di domicilio ad opera dell'istante rientra fra que ste modalità. Se il diritto dello Stato richiesto non precisa il mo
mento esatto nel quale si deve effettuare l'elezione di domicilio, è opportuno ammettere, per far salvi gli scopi perseguiti dalla
convenzione, che detta formalità va compiuta in un momento
atto ad evitare che il procedimento venga arbitrariamente ritarda
to ed a far si che gli interessi della parte contro la quale l'esecu
zione va effettuata vengano tutelati. Questo momento si colloca
al più tardi al momento della notifica della sentenza che dà Vexe
quatur. 11. - Si deve quindi risolvere la prima questione pregiudiziale
dichiarando che l'art. 33, 2° comma, della convenzione 27 set
tembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecu
zione delle decisioni in materia civile e commerciale, va interpretato nel senso che l'obbligo di eleggere domicilio posto da questa di
sposizione, va adempiuto secondo le modalità stabilite dalla legge dello Stato richiesto e nel silenzio di questa legge circa il momen
to nel quale detta formalità va compiuta, al più tardi al momento
della notifica della sentenza che dà 1 'exequatur. Sulla seconda questione. — 12. - Il Carron sostiene che, tenuto
conto del fatto che l'obbligo di procedere all'elezione di domici
lio prima della pronuncia della sentenza che dà 1 'exequatur è pre scritto dal diritto comunitario, lo stesso vale per la sanzione relativa
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
all'inosservanza dell'obbligo stesso. Tenuto conto della natura im
perativa dell'art. 33, 2° comma, e dell'obbligo per il giudice adi
to di notificare «senza indugio» all'istante, a norma dell'art. 35
della convenzione, la decisione resa, questa sanzione può essere
solo la nullità dell'istanza,
13. - Si deve ammettere, coi governi della Repubblica federale
di Germania e del Regno Unito, che se la convenzione non con
templa alcuna sanzione per l'inosservanza dell'art. 33, questa san
zione va determinata dal diritto dello Stato richiesto, al pari delle
altre modalità processuali contemplate da detta disposizione. 14. - Il diritto dello Stato richiesto rimane tuttavia subordinato
all'osservanza degli scopi perseguiti dalla convenzione: la sanzio
ne contemplata non può quindi né rimettere in gioco la validità
della sentenza che dà Vexequatur, né consentire che vengano lesi
gli interessi della parte contro la quale si procede all'esecuzione.
15. - Si deve quindi risolvere la seconda questione pregiudiziale nel senso che le conseguenze derivanti dall'inosservanza delle mo
dalità relative all'elezione di domicilio, in forza dell'art. 33 della
convenzione, sono definite dalla legge dello Stato richiesto, fatto
salvo il rispetto degli scopi perseguiti dalla convenzione.
Sulla terza questione. — 16. - Tenuto conto delle soluzioni for
nite alle due prime questioni pregiudiziali, è superfluo risolvere
la terza questione. (Omissis) Per questi motivi, la corte (quinta sezione), pronunciandosi sulle
questioni ad essa sottoposte dalla Corte di cassazione del Belgio con ordinanza 14 giugno 1985 dichiara:
1. L'art. 33, 2° comma, della convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle de
cisioni in materia civile e commerciale, va interpretato nel senso
che l'obbligo di eleggere domicilio, posto da detta disposizione, va adempiuto secondo le modalità stabilite dalla legge dello Stato
richiesto e, nel silenzio di questa legge circa il momento nel quale detta formalità vada compiuta, al più tardi al momento della no
tifica della sentenza che dà Yexequatur. 2. Le conseguenze derivanti dall'inosservanza delle modalità re
lative all'elezione di domicilio, in forza dell'art. 33 della conven
zione, sono definite dalla legge dello Stato richiesto, fatto salvo
il rispetto degli scopi perseguiti dalla convenzione.
HOGE RAAD DER NEDERLANDEN; sezione I; sentenza 24
aprile 1987; Pres. Ras, Est. Martens, Aw. gen. Mok (conci,
conf.); Ubbink Isolatie B.V. c. Dax-en Wandtechnick B.V.
HOGE RAAD DER NEDERLANDEN;
Società — Olanda — Società a responsabilità limitata — Man
canza di costituzione per atto pubblico — Nullità — Operazio ni poste in essere dalla società — Fattispecie (Trattato Ce, art.
177; direttiva 9 marzo 1968 n. 68/151/Cee del Consiglio, intesa
a coordinare, per. renderle equivalenti, le garanzie che sono ri
chieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, 2° comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e
dei terzi, art. 11).
Nel diritto olandese, è dubbio — e se ne rimette pertanto l'esame
alla Corte di giustizia delle Comunità europee — se, ai sensi
della direttiva n. 68/151/Cee, debba ritenersi esistente una so
cietà a responsabilità limitata, costituitasi in modo non confor me al diritto nazionale, fino al momento in cui non ne sia
dichiarata la nullità in uno specifico procedimento a ciò preor dinato. (1)
(1) La Cassazione olandese sottopone alla Corte di giustizia una do
manda pregiudiziale in ordine alla portata dell'art. 11 della prima diretti
va (n. 68/151 del 9 marzo 1968) in materia di società.
Come noto, l'art. 11, n. 2, della direttiva, recepito in Italia con l'art.
3 d.p.r. 29 dicembre 1969 n. 1127 (che ha novellato l'art. 2332 c.c.),
prevede che la nullità della società può essere dichiarata solo nei seguenti casi: a) mancanza dell'atto costitutivo oppure inosservanza delle formali
tà relative al controllo preventivo o della forma di atto pubblico b) carat
tere illecito o contrario all'ordine pubblico dell'oggetto della società; c) mancanza, nell'atto costitutivo o nello statuto, di ogni indicazione riguar dante la denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare
del capitale sottoscritto, o l'oggetto sociale; d) inosservanza delle disposi
li. Foro Italiano — 1988.
1. Il procedimento davanti ai giudici di merito. — Con atto
8 febbraio 1982, la resistente in Cassazione — in prosieguo: Wand
techniek — citava davanti al Rechtbank di Arnhem la «società
a responsabilità limitata Ubbink Isolatie B.V.» — in prosieguo Ubbink — per sentir dichiarare la rescissione, con effetto dal 23
gennaio 1982, dei rapporti contrattuali tra le parti, come precisa to nell'atto di citazione, e condannare la Ubbink a pagare alla
Wandtechniek, dietro adeguata documentazione di fatture, la som
ma di 397.800 fiorini, maggiorata di un importo di 4.200 fiorini per settimana, calcolato dal 23 gennaio 1982 fino alla data della
restituzione della macchina menzionata nell'atto introduttivo, e
di un'ulteriore somma a titolo di risarcimento danni. Successiva
mente la Wandtechniek ampliava la sua domanda chiedendo an
che il risarcimento di danni non menzionati nell'atto introduttivo
da comprovare e da liquidare a norma di legge. La Ubbink si opponeva alla domanda della Wandtechniek e
chiedeva a sua volta, in via riconvenzionale il pagamento di
61.868,10 fiorini maggiorati dei relativi interessi e il risarcimento
di danni da comprovare e da liquidare a norma di legge. Il Recht
bank, con sentenza interlocutoria 20 ottobre 1983 pronunciata sulla domanda principale e riconvenzionale disponeva una com
parizione delle parti a scopo informativo e di conciliazione riser
vandosi ogni ulteriore decisione.
La Ubbink interponeva appello contro detta sentenza dinanzi
al Gerechtshof di Arnhem.
Con sentenza 5 marzo 1985 il giudice d'appello confermava
la decisione del Rechtbank di Arnhem e rinviava ad esso la causa
per l'ulteriore trattazione e per la decisione.
La sentenza del Gerechtshof è allegata alla presente. 2. Il procedimento in Cassazione. — Avverso la sentenza del
zioni della legislazione nazionale relative alla liberazione minimale del
capitale sociale; e) incapacità di tutti i soci fondatori; f) numero dei soci
fondatori inferiore a due (purché la legislazione nazionale richieda neces
sariamente la pluralità). Tale elencazione è tassativa, infatti si prevede che «fuori di questi casi
di nullità, le società non sono soggette ad alcuna causa di inesistenza, nullità assoluta, nullità relativa o annullabilità».
Ciò non di meno nel nostro paese si è proposta una interpretazione estensiva della lett. a) («mancanza dell'atto costitutivo»), si da ricom
prendere non solo i casi di vera e propria assenza di un atto costitutivo, ma anche le ipotesi di violenza assoluta, simulazione assoluta e incapacità di intendere e di volere dei soci fondatori (Ferrara jr, Gli imprenditori e le società, a cura di Corsi, Milano, 1987, 390); e addirittura si è pro
spettata la possibilità di usare questa norma come un «varco attraverso
il quale le questioni di qualificazione superano lo sbarramento della tas
satività delle cause di nullità» (Spada, Dalla nozione al tipo della società
per azioni, in Riv. dir. civ., 1985, I, 95, spec. 132; contra, Santini, Tra
monto dello scopo lucrativo nelle società di capitali, id., 1973, I, 159, che argomenta dalla insindacabilità in sede contenziosa della qualificazio ne societaria).
Nel caso di specie mancava l'atto pubblico, previsto sempre dalla lett.
a) dell'art. 11 della direttiva (in verità non si capisce bene se vi era stata
anche inosservanza delle formalità relative al controllo preventivo), e quindi la società poteva essere dichiarata nulla.
In realtà però né la società era stata dichiarata nulla, né il procedimen to che ha portato alla sentenza in rassegna era finalizzato all'accertamen
to della nullità. I giudici olandesi si sono allora domandati se la società
«debba essere considerata esistente fintanto che non ne sia dichiarata la
nullità», e dunque efficaci i contratti da essa stipulati. Al riguardo il nostro diritto (prescindere dalla qualificazione della so
cietà di capitali non iscritta, che è problema senz'altro diverso, su cui
v. comunque Oppo, Contratti parasociali, Milano, 1942, 42 ss.; da ulti
mo problematicamente in Convenzioni parasociali tra diritto delle obbli
gazioni e diritto delle società, in Riv. dir. civ., 1987, 523) presenta una
norma piuttosto chiara, l'art. 2332, 3° comma, c.c., ai sensi della quale «la dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle imprese».
Una norma analoga si trova per vero anche nella stessa direttiva (la norma italiana nel punto era però preesistente alla novella del 1969), al
l'art. 12, 3° comma: «la nullità non pregiudica la validità degli obblighi della società (. . .)».
Sembra pertanto che, se la dichiarazione di nullità non travolge gli atti compiuti in nome della società, tanto più l'efficacia di tali atti non
dovrebbe ritenersi travolta, in assenza di una dichiarazione di nullità, sol perché in astratto ne ricorrano gli estremi. [R. Lener]
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