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PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA || sentenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86);...

Date post: 31-Jan-2017
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sentenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86); Pres. Mackenzie Stuart, Avv. gen. Darmon (concl. parz. diff.); Hoffmann c. Krieg Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA (1988), pp. 321/322-329/330 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179855 . Accessed: 28/06/2014 18:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.163 on Sat, 28 Jun 2014 18:10:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA || sentenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86); Pres. Mackenzie Stuart, Avv. gen. Darmon (concl. parz. diff.); Hoffmann c. Krieg

sentenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86); Pres. Mackenzie Stuart, Avv. gen. Darmon (concl. parz.diff.); Hoffmann c. KriegSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1988), pp. 321/322-329/330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179855 .

Accessed: 28/06/2014 18:10

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

38. - Il y a lieu de rappeler à cet égard qu'ainsi que la Cour

l'a jugé dans son arret du 18 mai 1980 (Debauve, 52/79, Ree.

p. 833; Foro it., Rep. 1980, voce Comunità europee, n. 393), en l'absence d'harmonisation des règles nationales applicables en

matière de radiodiffusion et de télevision, chaque Etat membre

a compétence pour réglementer, restreindre ou mème interdire

totalement sur son territoire pour des raisons d'intérèt général la publicité télévisive, pourvu qu'il traite de facon identique tou

tes prestations dans ce domaine quelle qu'en soit l'origine et quels

que soient la nationalité ou le lieu d'établissement du prestatale. 39. - Dans ces conditions, il y a lieu de conclure que des inter

dictions de publicité et de sous-titrage, telles que celles contenues

dans la Kabelregeling, ne sont pas susceptibles d'etre justifiées

par des raisons d'ordre public au sens de l'article 56 du traité.

d) Sur les principes généraux du droit communautaire et les

droits fondamentaux reconnus par le droit communautaire. —

40. - Par sa neuvième question, la juridiction nationale demande

en substance si le principe de proportionnalité et la liberté d'ex

pression garantie par l'article 10 de la Convention européenne des droits de l'homme imposent en tant que tels des obligations aux Etats membres, indépendamment de 1 'applicabilité de dispo sitions écrites du droit communautaire.

41. - Il ressort des réponses données aux questions précedentes

que des interdictions de publicité et de sous-titrage, telles que celles contenues dans la Kabelregeling, sont incompatibles avec

les dispositions des articles 59 et suivans du traité. Ces réponses

permettant à elles seules à la juridiction nationale de trancher

le litige qui lui est soumis, la neuvième question est sans objet.

(Omissis) Par ces motifs, la Cour statuant sur les questions posées par

le Gerechtshof de La Haye, par décision du 18 novembre 1985, dit pour droit:

1. La diffusion par l'intermédiaire d'exploitants de réseaux de

cables établis dans un Etat membre, de programmes télévisés of

ferts par des émetteurs établis dans d'autres Etats membres et

contenant des messages publicitaires destinés spécialement au pu blic de l'Etat de réception, comporte plusieurs prestations de ser

vice au sens des articles 59 et 60 du traité.

2. Des interdictions de publicité et de sous-titrage telles que celles contenues dans la Kabelregeling comportent des restrictions

à la libre prestation des services qui sont prohibées par l'article

59 du traité.

3. Ces interdictions ne sont pas susceptibles d'etre justifiées

par des raison d'ordre public au sens de l'article 56 du traité.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen

tenza 4 febbraio 1988 (causa 145/86); Pres. Mackenzie Stuart, Aw. gen. Darmon (conci, parz. diff.); Hoffmann c. Krieg.

Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto

rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Sentenza straniera riconosciuta — Efficacia (Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza

giurisdizionale e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e

commerciale, art. 26). Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto

rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — «Exequatur» — Effetti di sentenza nazionale sulla sentenza

straniera — Rilevanza — Cessazione dell'esecuzione (Conven zione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 31).

Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto

rità straniera — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Sentenza straniera in contrasto con decisione nazionale pro

nunciata tra le stesse parti — Riconoscimento — Esclusione

(Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 27).

Il Foro Italiano — 1988.

Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto

rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — «Exequatur» — Opposizione tardiva — Inammissibilità —

Limiti (Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 36).

La decisione straniera riconosciuta in base all'art. 26 della con

venzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la compe

tenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia

civile e commerciale, deve avere nello Stato richiesto la stessa

efficacia che ha nello Stato di origine. (1) La decisione straniera, munita della formula esecutiva in uno Stato

contraente ai sensi dell'art. 31 della convenzione di Bruxelles

27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale,

ed ancora suscettibile di esecuzione nello Stato di origine, deve

cessare di essere eseguita nello Stato richiesto se, secondo la

legislazione di tale Stato, l'esecuzione non può più aversi per

ragioni estranee alla sfera di applicazione della convenzione. (2)

La decisione straniera che condanna un coniuge a versare all'al

tro gli alimenti in relazione agli obblighi di convivenza derivan ti dal matrimonio è in contrasto, ai sensi dell'art. 27, punto

3°, della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concer

nente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisio

ni in materia civile e commerciale, con una decisione nazionale

di divorzio resa tra le medesime parti. (3)

L'art. 36 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, con

cernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle deci

sioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che la parte, che non ha impugnato il provvedimento di exequatur ai sensi di tale disposizione, non può far valere

nella fase di esecuzione della sentenza straniera un motivo di

impugnazione che avrebbe potuto invocare in sede di opposi

zione al provvedimento di exequatur; tale regola deve essere

applicata di ufficio dal giudice dello Stato richiesto; essa, tutta

via, non si applica se ha per effetto di obbligare il giudice dello Stato di origine della decisione straniera (nella specie la decisio

ne sugli alimenti) di cui si chiede l'esecuzione. (4)

II

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; se zione V; sentenza 10 luglio 1986 (causa 198/85); Pres. Ever

ling, Aw. gen. Mancini (conci, conf.); Carron c. Repubblica

federale di Germania.

(1-3) Non constano precedenti in termini.

La prima massima, come affermato dalla corte (cpv. 10 della motiva

zione), trova preciso riscontro nella relazione Jenard alla convenzione

(in G.U.C.E. 5 marzo 1979, n. 59, 43). In generale sulle questioni di cui alla seconda massima, poste dal rap

porto tra materia delle obbligazioni alimentari tra coniugi e relativo pro cedimento di divorzio, cfn Corte giust. 6 marzo 1980, causa 120/79, Foro

it., 1980, IV, 365, con nota di richiami.

In tema di non riconoscimento di decisioni straniere di cui alla terza

massima si osserva come la corte si sia finora pronunciata soltanto sul

l'interpretazione dell'art. 27, punto 2°, della convenzione: v., da ultimo, Corte giust. 11 giugno 1985, causa 49/84, id., 1986, IV, 242, con nota

di richiami, e, nella giurisprudenza italiana, cfr. Cass. 25 ottobre 1984, n. 5439, id., 1985, I, 1118 con nota di richiami.

(4) Non risultano precedenti in termini.

La massima segue e sviluppa la linea interpretativa di Corte giust. 2

luglio 1985, causa 148/84, Foro it., 1986, IV, 241, evocata in motivazio

ne, nel senso della rilevanza della convenzione quanto alla disciplina del

procedimento di exequatur e dell'incidenza del diritto nazionale del giudi ce adito in materia di esecuzione in senso stretto.

Sulla natura di termine di decadenza del termine di cui all'art. 36, v. la relazione Jenard alla convenzione (in G.U.C.E. 5 marzo 1979, n. 59, 51). Nella giurisprudenza italiana in materia di opposizione al

provvedimento di exequatur e sul carattere perentorio del termine di

cui all'art. 36 cfr. Cass. 9 giugno 1983, n. 3949, Foro it., 1984, I,

803, con nota di richiami; specificamente sul decorso del termine per

l'opposizione, v. Cass. 25 giugno 1986, n. 4222, id., 1986, I, 2753, con nota di richiami.

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PARTE QUARTA

Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto

rità straniere — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Istanza di concessione di formula esecutiva — Obbligo di

eleggere domicilio — Modalità — Disciplina (Convenzione di

Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 33).

L'art. 33, 2° comma, della convenzione di Bruxelles 27 settembre

1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione

delle decisioni in materia civile e commerciale, va interpretato

nel senso che l'obbligo di eleggere domicilio, posto da detta

disposizione, va adempiuto secondo le modalità stabilite dalla

legge dello Stato richiesto e, nel silenzio della legge circa il mo

mento nel quale detta formalità vada adempiuta, al più tardi

al momento della notifica della sentenza che dà / 'exequatur. (5)

Le conseguenze derivanti dall'inosservanza delle modalità relative

all'elezione di domicilio, in forza dell'art. 33 della convenzione

di Bruxelles 27 settembre 1968, sono definite dalla legge dello

Stato richiesto, fatto salvo il rispetto degli scopi perseguiti dal

la convenzione. (6)

I

1. - Par jugement du 6 juin 1986, parvenu à la Cour le 13

juin suivant, le Hoge Raad a posé, en vertu du protocole du

3 juin 1971 concernant l'interprétation, par la Cour de justice,

de la Convention du 27 septembre 1968 concernant la compéten

ce judiciaire et l'exécution des décisions en matière civile et com

merciale (ci-après la Convention) cinq questions relatives à

l'interprétation de plusieurs articles de cette Convention.

2. - Ces questions ont été soulevèes dans le cadre d'un litige

opposant M. H.L.M. Hoffmann (ci-apprès le mari) à Mme A.

Krieg (ci-apprès la femme) au sujet de l'exécution aux Pays-Bas

d'un jugement de l'Amtsgericht Heidelberg, condamnant le mari

à verser une pension alimentaire mensuelle à la femme.

3. - Il ressort du dossier que les parties au principal sont des

ressortissants allemands qui se sont mariés en 1950 et qu'en 1978

le mari a quitté le domicile conjugal en République fédérale d'Al

lemagne et s'est installé aux Pays-Bas. A la demande de la fem

me, le mari a été condamné, le 21 aoùt 1979, par une décision

de l'Amtsgericht Heidelberg, à lui verser une pension alimentaire

entre époux séparés. 4. - Sur demande du mari, l'Arrondissementsrechtbank de Maa

stricht a prononcé le divorce par jugement par défaut du ler mai

1980, en appliquant, selon les règles néerlandaises de conflit de

lois, le droit allemand. Le 19 aoùt 1980, le divorce est devenu

effectif aux Pays-Bas par l'inscription au registre de l'état civil

à la Haye. Ce jugement de divorce, qui ne relève pas du champ

d'application de la Convention, n'avait pas fait l'objet d'une re

connaissance en République fédérale d'Allemagne au moment que le juridiction nationale estime déterminant pour les besoins de

l'affaire.

5. - Sur requète de la femme, le président de l'Arrondissements

rechtbank d'Almelo, par ordonnance du 29 juillet 1981, a accor

dé l'exequatur de la dècision de l'Amtsgericht Heidelberg, con

formément à l'article 31 de la Convention. Cette autorisation

d'exécution a été notifiée en avril 1982 au mari, qui n'a pas for

mé de recours contre elle.

6. - Le 28 février 1983, le femme a fait procéder à une saisie

arrèt exécutoire entre les mains de l'employeur du mari. Celui-ci

a saisi le président de l'Arrondissementsrechtbank d'Almelo en

référé dans le but de voir prononcer la mainlevée, au moins à

titre provisoire, de la saisie. Il a obtenu gain de cause en première

instance; en seconde instance, cependant, le Gerechtshof d'Arn

hem a rejeté sa demande. Cet arret a fait l'objet d'un pourvoi en cassation devant le Hoge Raad.

7. - Estimant que la solution du litige dépendait de l'interpréta

(5-6) Non constano precedenti in termini.

Sul rinvio alla legislazione interna dello Stato richiesto per le modalità

di elezione del domicilio di cui all'art. 33, 2° comma, cfr. la relazione

Jenard alla convenzione (in G.U.C.E. 5 marzo 1979, n. 59, 50).

Il Foro Italiano — 1988.

tion de plusieurs articles de la Convention, le Hoge Raad a saisi

la Cour des questions préjudicielles suivantes:

1. «L'obligation de reconnaìtre la decision rendue dans un Etat

contractant (article 26) impose-t-elle aux autres Etats contractants

de reconnaìtre à cette décision le mème effet que celui qu'elle

a selon le droit de l'Etat où elle a été rendue et cela implique-t-il

qu'elle peut done ètre exécutée chaque fois qu'elle peut égale

ment Tètre dans ledit Etat?»

2. - (En cas de réponse affirmative à la première question): «Les dispositions combinées des articles 26 et 31 de la Conven

tion de Bruxelles doivent-elles ètre interprétées en ce sens que

l'obligation de reconnaìtre une dècision rendue dans un Etat con

tractant implique que cette décision, parce qu'elle reste suscepti

ble d'exécution selon le droit de l'Etat où elle a été rendue, peut

également ètre exécutée dans les mèmes cas dans l'autre Etat con

tractant?»

3. - (En cas de réponse affirmative à la deuxième question):

«Peut-on, dans un cas comme celui de l'espèce, invoquer l'in

compatibilité de la condamnation prononcée par le juge allemand

à payer des aliments, avec le jugement de divorce néerlandais

rendu ultérieurement ou peut-on invoquer l'ordre public» (article

27, sous 1° et 3°)? 4. «(Le système mis en place par) la Convention de Bruxelles

oblige-t-il à admettre la règie selon laquelle, si la partie contre

laquelle l'exécution d'une décision rendue dans un autre Etat con

tractant est demandée, néglige de se prévaloir, dans son recours

contre l'exequatur, d'une raison valable qui fait obstacle à l'exé

cution ultérieure de ladite dècision et qui avait été portée à sa

connaissance avant l'expiration du délai visé au premier alinéa

de l'article 36 de la Convention de Bruxelles, elle n'est plus rece

vable à se prévaloir de cette raison valable au cours d'un recours

ultérieur par lequel elle fait opposition à (la poursuite de) l'exé

cution?»

5. - (En cas de réponse affirmative à la quatrième question):

(«Le système mis en place par) la Convention de Bruxelles oblige

t-il à admettre que le juge de l'Etat dans lequel l'exequatur est

accordé est tenu d'appliquer d'office, dans un recours ultérieur

contre l'exécution, la règie visée dans la (quatrième) question,

mème si son droit national ne prévoit pas une pareille application?» 8. - Pour un plus ampie exposé des faits de l'affaire au princi

pal ainsi que du déroulement de la procédure et des observations

écrites présentées à la Cour, il est renvoyé au rapport d'audience.

Ces éléments du dossier ne sont repris ci-dessous que dans la me

sure nécessaire au raisonnement de la Cour.

9. - La première question de la juridiction nationale vise en

substance à savoir si une decision étrangère reconnue en vertu

de l'article 26 de la Convention doit déployer en principe dans

l'Etat requis les mèmes effets que ceux qu'elle a dans l'Etat d'o

rigine. 10. - A cet égard, il convient de rappeler que la Convention

«tend à faciliter, dans toute la mesure du possible, la libre circu

lation des jugements» et que «c'est dans cet esprit qu'elle doit

ètre interprétée». La reconnaissance doit done «avoir pour effet

d'attribuer aux décisions l'autorité et l'efficacité dont elles jouis sent dans l'Etat où elles ont été rendues» (rapport sur La Con

vention concernant la compétence judiciaire et l'exécution des

décisions en matière civile et commerciale, JO 1979 C 59, pp. 42 et 43).

11. - Par conséquent, il convient de répondre à la première

question de la juridiction nationale qu'une décision étrangère re

connue en vertu de l'article 26 de la Convention doit déployer en principe dans l'Etat requis les mèmes effets que ceux qu'elle a dans l'Etat d'origine.

12. - Ai vu des circonstances du litige au principal qui résultent

du dossier, la deuxième question posée par la juridiction nationa

le vise en substance à savoir si une décision étrangère qui a été

revètue de la formule exécutoire dans un Etat contractant en ap

plication de l'article 31 de la Convention doit continuer à ètre

exécutée dans tous les cas où elle resterait susceptible d'exécution

dans l'Etat d'origine, alors mème que, selon la législation de l'E

tat de l'exécution, celle-ci ne peut plus avoir lieu pour des raisons

qui échappent au champ d'application de la Convention.

13. — En l'espèce, la décision dont d'exécution est en cause

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

condamne un époux à verser des aliments à son conjoint au titre

de ses obligations d'entretien résultant du mariage. Une telle dè

cision présuppose nécessairement l'existence du lien matrimonial.

14. - Il y a lieu, en conséquence, d'examiner si la dissolution

de ce lien matrimonial résultant d'un jugement de divorce pro noncé par une juridiction de l'Etat requis peut mettre fin à l'exé

cution de la décision étrangère, méme au cas où cette dernière

reste exécutoire dans l'Etat d'origine, faute de reconnaissance du

jugement de divorce.

15. - A cet égard, il convient de constater que la Convention

dans son article 1, deuxième alinéa, 1° exclut de son champ d'ap

plication notamment l'état des personnes physiques et qu'elle ne

contient aucune règie qui obligerait le juge de l'Etat requis à su

bordonner les effets d'un jugement national pronongant le divor

ce à la reconnaissance de ce jugement dans l'Etat d'origine de

la décision étrangère sur les aliments.

16. - Cette constatation est confirmée par la disposition de l'ar

ticle 27, sous 4°, de la Convention qui exclut en principe la re

connaissance des décisions étrangères comportant la

méconnaissance d'une règie de droit international privé de l'Etat

requis relative, entre autres, à l'état des personnes physiques. En

effet, cette disposition montre bien que, en ce qui concerne l'état

des personnes physiques, la Convention n'entend pas déroger aux

règles applicables en vertu du droit national du juge salsi.

17. - Il s'ensuit que la Convention ne s'oppose pas à ce que

le juge de l'Etat requis tire les conséquences d'un jugement natio

nal prononcant le divorce dans le cadre de l'exécution de la déci

sion étrangère sur les aliments.

18. - Il convient done de répondre à la juridiction nationale

qu'une décision étrangère, qui a été revètue de la formule exécu

toire dans un Etat contractant en application de 1'article 31 de

la Convention et qui reste susceptible d'exécution dans l'Etat d'o

rigine, ne doit pas continuer à ètre exécutée dans l'Etat requis

lorsque, selon la lègislation de ce dernier Etat, l'exécution ne peut

plus avoir lieu pour des raisons qui écl\appent au champ d'appli cation de la Convention.

19. - La troisième question posée par la juridiction nationale

vise en substance à savoir si une decision étrangère condamnant

un époux à verser des aliments à son conjoint au titre de ses

obligations d'entretien résultant du mariage est inconciliable au

sens de l'article 27, sous 3°, de la Convention avec une décision

nationale ayant prononcé le divorce entre les époux concernés

ou encore si une telle décision étrangère est contraire à l'ordre

public de l'Etat requis au sens du mème article sous 1°.

20. - Les dispositions dont l'interprétation est demandée énon

cent des motifs de non-reconnaissance des décisions étrangères. En vertu de l'article 34, deuxième alinéa, ce sont les mèmes mo

tifs qui justifient le refus de l'exequatur. 21. - En ce qui concerne la deuxième branche de la troisième

question, il convient de relever que, dans le système de la Con

vention, le recours à la clause de l'ordre public, qui «ne doit

jouer que dans des cas exceptionnels» (rapport sur la Conven

tion, précité, p. 44), est en tout cas exclu lorsque, comme en

l'espèce, le problème pose est celui de la compatibilite d'une déci

sion étrangère avec une décision nationale, ce problème devant

ètre résolu sur la base de la disposition spécifique de l'article 27,

sous 3°, qui vise le cas où la décision étrangère est inconciliable

avec une décision rendue entre les mèmes parties dans l'Etat requis.

22. - Afin d'établir s'il y a inconciliabilité au sens de ladite

disposition, il convient de rechercher si les décisions en cause en

traìnent des conséquences juridiques qui s'excluent mutuellement.

23. - Il résulte du dossier qu'en l'espèce la décision étrangère

sur les aliments a été revètue de la formule exécutoire alors que

la décisions nationale pronon?ant le divorce avait été déjà rendue

et avait acquis la force de la chose jugée, et que le litige au prin

cipal concerne la période postérieure au divorce.

24. - Dans ces conditions, les décisions en cause entraìnent des

conséquences juridiques qui s'excluent mutuellement. En effet,

la decision étrangère, qui présuppose nécessairement l'existence

du lien matrimonial, devrait ètre mise à exécution alors que ce

lien a été dissous par une décision rendue entre les mèmes parties

dans l'Etat requis.

Il Foro Italiano — 1988.

25. - Il convient done de répondre à la troisième question po sée par la juridiction nationale qu'une décision étrangère condam

nant un époux à verser des aliments à son conjoint au titre de

ses obligations d'entretien résultant du mariage est inconciliable

au sens de l'article 27, sous 3°, de la Convention avec une déci

sion nationale ayant prononcé le divorce entre les époux concernés.

26. - Les quatrième et cinquième questions posées par la juri diction nationale visent à savoir si l'article 36 de la Convention

doit ètre interprété en ce sens que la partie qui n'a pas intenté

le recours contre l'exequatur prévu par cette disposition ne peut

plus faire valoir au stade de l'exécution de la décision une raison

valable qu'elle aurait pu invoquer dans la cadre de ce recours

contre l'exequatur, et si cette règie doit ètre appliquée d'office

par les juridictions de l'Etat requis. 27. - En vue de répondre à ces questions, il convient de rappe

ler d'abord que, afin de limiter les exigences auxquelles l'exécu

tion des décisions rendues dans les Etats contractants peut ètre

soumise dans un autre Etat contractant, la Convention prévoit une procédure très sommaire pour la délivrance de l'exequatur,

lequel ne peut ètre refusé que pour les motifs limitativement énon

cés aux articles 27 e 28. Néanmoins, la Convention se borne à

régler la procédure d'exequatur des titres exécutoires étrangers et ne touche pas à l'exécution proprement dite qui este soumise

au droit national du juge saisi (arrèt du 2 juillet 1985, Deutsche

Genossenschaftsbank, 148/84, Ree. p. 1987; Foro it., 1986, IV,

241). 28. - Par conséquent, l'exécution d'une décision étrangère re

vètue de la formule exécutoire intervient selon les règles de procé dure du droit national du juge saisi, y comprises celles relatives

aux voies de recours.

29. - L'application des règles de procédure de l'Etat requis dans

le cadre de l'exécution ne saurait toutefois porter atteinte à l'effet

utile du système de la Convention en matière d'exequatur. 30. - Il s'ensuit que les voies de recours ouvertes par le droit

national doivent ètre exclues lorsque le recours contre l'exécution

d'une décision étrangère revètue de la formule exécutoire est for

mé par la mème personne qui aurait pu intenter un recours con

tre l'exequatur et est fondé sur une raison qui aurait pu ètre

invoquée dans le cadre de ce recours. En effet, dans ces circo

stances, la contestation de l'exécution aboutirait à une remise en

cause de l'exequatur hors du délai rigoureux fixé à l'article 36, deuxième alinéa, de la Convention et partant à priver d'effet utile

cette disposition. 31. - Le caractère impératif du délai fixé à l'article 36 de la

Convention comporte pour le juge national l'obligation de veiller

à son respect. Il lui appartient done d'écarter d'office la recevabi

lité d'un recours intenté sur la base du droit national lorsque ce recours aboutit à une remise en cause dudit délai.

32. - Cette règie, qui découle du système de la Convention,

ne saurait toutefois s'appliquer lorsque, comme en l'espèce, elle

aurait pour résultat d'obliger le juge national à ignorer les effets

d'un jugement national de divorce, exclu du domaine d'applica tion de la Convention, au motif que ce jugement ne serait pas reconnu dans l'Etat d'origine de la décision étrangère dont l'exé

cution est en cause.

33. - En effet, ainsi qui'il a été constaté dans le cadre de la

réponse à la deuxième question, la Convention ne contient aucu

ne règie qui obligerait le juge de l'Etat requis à subordonner les

effets d'un jugement national pronongant le divorce à la recon

naissance de ce jugement dans l'Etat d'origine d'une décision étran

gère sur les aliments qui relève du domaine d'application de la

Convention.

34. - Il convient done de répondre aux quatrième et cinquième

questions posées par la juridiction nationale que l'article 36 de

la Convention doit ètre interprété en ce sens que la partie qui

n'a pas intenté le recours contre l'exequatur prévu par cette di

sposition ne peut plus faire valoir au stade de l'exécution de la

décision une raison valable qu'elle aurait pu invoquer dans le

cadre de ce recours contre l'exéquatur, et que cette règie doit

ètre appliquée d'office par les juridictions de l'Etat requis. Toute

fois, cette règie ne s'applique pas lorsqu'elle a pour conséquence

d'obbliger le juge national à subordonner les effets d'un jugement

national exclu du domaine d'application de la Convention à sa

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PARTE QUARTA

reconnaissance dans l'Etat d'origine de la décision étrangère dont

l'exécution est en cause. (Omissis) Par ces motifs, la cour statuant sur les questions à elle soumises

par le Hoge Raad, par arrèt du 6 juin 1986, dit pour droit:

1. Une décision étrangère reconnue en vertu de 1'article 26 de

la Convention doit déployer en principe dans l'Etat requis les

mèmes effets que ceux qu'elle a dans l'Etat d'origine. 2. Une décision étrangère, qui a été revètue de la formule exé

cutoire dans un Etat contractant en application de l'article 31

de la Convention et qui reste susceptible d'exécution dans l'Etat

d'origine ne doi pas continuer à ètre exécutée dans l'Etat requis

lorsque, selon la législation de ce dernier Etat, l'exécution ne peut

plus avoir lieu pour des raisons qui échappent au champ d'appli cation de la Convention.

3. Une décision étrangère condamnant un époux à verser des

aliments à son conjoint au titre de ses obligations d'entretien ré

sultant du mariage est inconciliable au sens de l'article 27, sous

3°, de la Convention avec une décision nationale ayant prononcé le divorce entre les époux concernés.

4. L'article 36 de la Convention doit ètre interprété en ce sens

que la partie qui n'a pas intenté la recours contre 1'exequatur

prévu par cette disposition ne peut plus faire valoir au stade de

l'éxécution de la décision une raison valable qu'elle aurait pu in

voquer dans le cadre de ce recours contre l'exéquatur, est que cette règie doit ètre appliquée d'office par les juridictions de l'E

tat requis. Toutefois, cette règie ne s'applique pas lorsqu'elle a

pour conséquence d'obliger le juge national à subordonner les

effets d'un jugement national exclu du domaine d'application de

la Convention à sa reconnaissance dans l'Etat d'origine de la dé

cision étrangère dont l'exécution est en cause.

II

Diritto. — 1. - Con ordinanza 14 giugno 1985, pervenuta alla

corte-il 26 giugno successivo, la Corte di cassazione del Belgio, a norma del protocollo del 3 giugno 1971, relativo all'interpreta

zione, da parte della Corte di giustizia, della convenzione 27 set

tembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e

l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in pro

sieguo: «la convenzione») ha sollevato tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 33, 2° comma, di detta con

venzione.

2. - Dette questioni sono sorte nell'ambito del rinvio in Cassa

zione proposto dal Carron avverso la sentenza 14 giugno 1983

con la quale il Tribunale di Anversa respingeva l'opposizione da

lui fatta alla sentenza 27 luglio 1982 dello stesso tribunale.

Con quest'ultima sentenza, pronunciata su domanda della Re- '

pubblica federale di Germania, il Tribunale di Anversa aveva ap

posto la formula esecutiva per il Belgio alla sentenza 9 marzo

1982 con la quale il Landgericht di Duisburg aveva condannato il Carror a versare alla Repubblica federale di Germania la som

ma di 5.240.000 marchi come risarcimento dei danni.

4. - A sostegno dell'opposizione fatta a detta sentenza di exe

quatur, il Carron adduceva la nullità del procedimento seguito, in quanto la Repubblica federale di Germania non aveva proce duto ad elezione di domicilio nell'atto introduttivo. Il Tribunale

di Anversa, nella sentenza 14 marzo 1983, motivava la reiezione

dell'opposizione col fatto che l'art. 33, 2° comma, della conven

zione era stato osservato mediante l'elezione di domicilio nell'at

to di notifica della sentenza che dava l'exquatur. 5. - La Corte di cassazione del Belgio ha deciso di sottoporre

alla corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1. Se dipenda dalla legge dello Stato richiesto lo stabilire se

e come debba avvenire l'elezione di domicilio di cui all'art. 33, 2° comma, della convenzione.

2. In caso affermativo, se anche la sanzione sia disciplinata dal diritto dello Stato richiesto.

3. In caso di soluzione negativa della prima questione, quando e come debba essere effettuata l'elezione di domicilio e quale sia

l'eventuale sanzione».

Sulla prima questione. — 6. - Il Carron e la commissione sot

tolineano che la convenzione mira a porre in atto un procedimen to d'exequatur uniforme in tutti gli Stati membri; quindi, il giudice

Il Foro Italiano — 1988.

dello Stato richiesto può applicare le norme processuali nazionali

solo qualora la convenzione glielo prescriva espressamente. Poi

ché l'art. 33 della convenzione non contiene disposizioni in que sto senso per quanto riguarda il momento nel quale l'elezione

di domicilio dev'essere effettuata, è opportuno risolvere la prima

questione pregiudiziale alla luce degli scopi di questa disposizio ne. Orbene, questa mira a far si che il convenuto sia in grado

d'impugnare la sentenza d'exequatur il più presto possibile: essa

prescriverebbe dunque che l'elezione di domicilio venga effettua

ta, quanto meno, prima della pronuncia della sentenza che dà

V exequatur. 7. -1 governi della Repubblica federale di Germania e del Re

gno Unito sostengono invece che, stando alla stessa lettera del

l'art. 33 della convenzione, le^modalità dell'elezione di domicilio

sono determinate dal diritto dello Stato richiesto. Data la scarsa

precisione di questa disposizione per quanto riguarda il momento

nel quale si deve procedere all'elezione, i due governi deducono

che è opportuno tener conto del fatto che detta elezione assume

importanza per la parte contro la quale l'esecuzione è richiesta

solo quando comincia a decorrere il termine per l'impugnazione

esperibile, a norma dell'art. 36 della convenzione, nei confronti

della sentenza che dà Vexequatur, vale a dire quando la sentenza

deve essergli notificata.

8. - È opportuno osservare che con gli art. 31-49 la convenzio

ne ha istituito un procedimento di exequatur comune agli Stati

membri. Questo procedimento consente, in una prima fase di na

tura non contraddittoria, all'istante che intenda far eseguire la

sentenza in un altro Stato membro, di raggiungere rapidamente lo scopo. Esso garantisce, in una seconda fase di natura contrad

dittoria, i diritti della parte contro la quale l'esecuzione viene

effettuata mediante l'istituzione di un procedimento d'impugna zione contro detta decisione. In questo sistema, l'obbligo dell'i

stante di eleggere domicilio o di designare un procuratore deve

garantire alla parte contro la quale l'esecuzione è stata disposta la possibilità di esperire l'impugnazione contemplata dalla con

venzione, senza dover procedere a formalità fuori dalla circoscri

zione del giudice della sua residenza. Benché la convenzione fissi

questi scopi, il cui raggiungimento dev'essere garantito in tutti

gli Stati membri, è d'uopo rilevare che essa non disciplina le mo

dalità concrete del procedimento stesso e si riferisce espressamen

te, su vari punti, al diritto dello Stato richiesto.

9. - Ad esempio a norma dell'art. 33, 1° e 2° comma, della

convenzione, «le modalità del deposito dell'istanza sono determi

nate in base alla legge dello Stato richiesto.

L'istante deve eleggere il proprio domicilio nella circoscrizione

del giudice adito. Tuttavia, se la legge dello Stato richiesto non prevede l'elezio

ne del domicilio, l'istante designa un procuratore». 10. - Da queste disposizioni emerge che il diritto dello Stato

richiesto determina tutte le modalità per il deposito dell'istanza

e che l'elezione di domicilio ad opera dell'istante rientra fra que ste modalità. Se il diritto dello Stato richiesto non precisa il mo

mento esatto nel quale si deve effettuare l'elezione di domicilio, è opportuno ammettere, per far salvi gli scopi perseguiti dalla

convenzione, che detta formalità va compiuta in un momento

atto ad evitare che il procedimento venga arbitrariamente ritarda

to ed a far si che gli interessi della parte contro la quale l'esecu

zione va effettuata vengano tutelati. Questo momento si colloca

al più tardi al momento della notifica della sentenza che dà Vexe

quatur. 11. - Si deve quindi risolvere la prima questione pregiudiziale

dichiarando che l'art. 33, 2° comma, della convenzione 27 set

tembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecu

zione delle decisioni in materia civile e commerciale, va interpretato nel senso che l'obbligo di eleggere domicilio posto da questa di

sposizione, va adempiuto secondo le modalità stabilite dalla legge dello Stato richiesto e nel silenzio di questa legge circa il momen

to nel quale detta formalità va compiuta, al più tardi al momento

della notifica della sentenza che dà 1 'exequatur. Sulla seconda questione. — 12. - Il Carron sostiene che, tenuto

conto del fatto che l'obbligo di procedere all'elezione di domici

lio prima della pronuncia della sentenza che dà 1 'exequatur è pre scritto dal diritto comunitario, lo stesso vale per la sanzione relativa

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

all'inosservanza dell'obbligo stesso. Tenuto conto della natura im

perativa dell'art. 33, 2° comma, e dell'obbligo per il giudice adi

to di notificare «senza indugio» all'istante, a norma dell'art. 35

della convenzione, la decisione resa, questa sanzione può essere

solo la nullità dell'istanza,

13. - Si deve ammettere, coi governi della Repubblica federale

di Germania e del Regno Unito, che se la convenzione non con

templa alcuna sanzione per l'inosservanza dell'art. 33, questa san

zione va determinata dal diritto dello Stato richiesto, al pari delle

altre modalità processuali contemplate da detta disposizione. 14. - Il diritto dello Stato richiesto rimane tuttavia subordinato

all'osservanza degli scopi perseguiti dalla convenzione: la sanzio

ne contemplata non può quindi né rimettere in gioco la validità

della sentenza che dà Vexequatur, né consentire che vengano lesi

gli interessi della parte contro la quale si procede all'esecuzione.

15. - Si deve quindi risolvere la seconda questione pregiudiziale nel senso che le conseguenze derivanti dall'inosservanza delle mo

dalità relative all'elezione di domicilio, in forza dell'art. 33 della

convenzione, sono definite dalla legge dello Stato richiesto, fatto

salvo il rispetto degli scopi perseguiti dalla convenzione.

Sulla terza questione. — 16. - Tenuto conto delle soluzioni for

nite alle due prime questioni pregiudiziali, è superfluo risolvere

la terza questione. (Omissis) Per questi motivi, la corte (quinta sezione), pronunciandosi sulle

questioni ad essa sottoposte dalla Corte di cassazione del Belgio con ordinanza 14 giugno 1985 dichiara:

1. L'art. 33, 2° comma, della convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle de

cisioni in materia civile e commerciale, va interpretato nel senso

che l'obbligo di eleggere domicilio, posto da detta disposizione, va adempiuto secondo le modalità stabilite dalla legge dello Stato

richiesto e, nel silenzio di questa legge circa il momento nel quale detta formalità vada compiuta, al più tardi al momento della no

tifica della sentenza che dà Yexequatur. 2. Le conseguenze derivanti dall'inosservanza delle modalità re

lative all'elezione di domicilio, in forza dell'art. 33 della conven

zione, sono definite dalla legge dello Stato richiesto, fatto salvo

il rispetto degli scopi perseguiti dalla convenzione.

HOGE RAAD DER NEDERLANDEN; sezione I; sentenza 24

aprile 1987; Pres. Ras, Est. Martens, Aw. gen. Mok (conci,

conf.); Ubbink Isolatie B.V. c. Dax-en Wandtechnick B.V.

HOGE RAAD DER NEDERLANDEN;

Società — Olanda — Società a responsabilità limitata — Man

canza di costituzione per atto pubblico — Nullità — Operazio ni poste in essere dalla società — Fattispecie (Trattato Ce, art.

177; direttiva 9 marzo 1968 n. 68/151/Cee del Consiglio, intesa

a coordinare, per. renderle equivalenti, le garanzie che sono ri

chieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, 2° comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e

dei terzi, art. 11).

Nel diritto olandese, è dubbio — e se ne rimette pertanto l'esame

alla Corte di giustizia delle Comunità europee — se, ai sensi

della direttiva n. 68/151/Cee, debba ritenersi esistente una so

cietà a responsabilità limitata, costituitasi in modo non confor me al diritto nazionale, fino al momento in cui non ne sia

dichiarata la nullità in uno specifico procedimento a ciò preor dinato. (1)

(1) La Cassazione olandese sottopone alla Corte di giustizia una do

manda pregiudiziale in ordine alla portata dell'art. 11 della prima diretti

va (n. 68/151 del 9 marzo 1968) in materia di società.

Come noto, l'art. 11, n. 2, della direttiva, recepito in Italia con l'art.

3 d.p.r. 29 dicembre 1969 n. 1127 (che ha novellato l'art. 2332 c.c.),

prevede che la nullità della società può essere dichiarata solo nei seguenti casi: a) mancanza dell'atto costitutivo oppure inosservanza delle formali

tà relative al controllo preventivo o della forma di atto pubblico b) carat

tere illecito o contrario all'ordine pubblico dell'oggetto della società; c) mancanza, nell'atto costitutivo o nello statuto, di ogni indicazione riguar dante la denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare

del capitale sottoscritto, o l'oggetto sociale; d) inosservanza delle disposi

li. Foro Italiano — 1988.

1. Il procedimento davanti ai giudici di merito. — Con atto

8 febbraio 1982, la resistente in Cassazione — in prosieguo: Wand

techniek — citava davanti al Rechtbank di Arnhem la «società

a responsabilità limitata Ubbink Isolatie B.V.» — in prosieguo Ubbink — per sentir dichiarare la rescissione, con effetto dal 23

gennaio 1982, dei rapporti contrattuali tra le parti, come precisa to nell'atto di citazione, e condannare la Ubbink a pagare alla

Wandtechniek, dietro adeguata documentazione di fatture, la som

ma di 397.800 fiorini, maggiorata di un importo di 4.200 fiorini per settimana, calcolato dal 23 gennaio 1982 fino alla data della

restituzione della macchina menzionata nell'atto introduttivo, e

di un'ulteriore somma a titolo di risarcimento danni. Successiva

mente la Wandtechniek ampliava la sua domanda chiedendo an

che il risarcimento di danni non menzionati nell'atto introduttivo

da comprovare e da liquidare a norma di legge. La Ubbink si opponeva alla domanda della Wandtechniek e

chiedeva a sua volta, in via riconvenzionale il pagamento di

61.868,10 fiorini maggiorati dei relativi interessi e il risarcimento

di danni da comprovare e da liquidare a norma di legge. Il Recht

bank, con sentenza interlocutoria 20 ottobre 1983 pronunciata sulla domanda principale e riconvenzionale disponeva una com

parizione delle parti a scopo informativo e di conciliazione riser

vandosi ogni ulteriore decisione.

La Ubbink interponeva appello contro detta sentenza dinanzi

al Gerechtshof di Arnhem.

Con sentenza 5 marzo 1985 il giudice d'appello confermava

la decisione del Rechtbank di Arnhem e rinviava ad esso la causa

per l'ulteriore trattazione e per la decisione.

La sentenza del Gerechtshof è allegata alla presente. 2. Il procedimento in Cassazione. — Avverso la sentenza del

zioni della legislazione nazionale relative alla liberazione minimale del

capitale sociale; e) incapacità di tutti i soci fondatori; f) numero dei soci

fondatori inferiore a due (purché la legislazione nazionale richieda neces

sariamente la pluralità). Tale elencazione è tassativa, infatti si prevede che «fuori di questi casi

di nullità, le società non sono soggette ad alcuna causa di inesistenza, nullità assoluta, nullità relativa o annullabilità».

Ciò non di meno nel nostro paese si è proposta una interpretazione estensiva della lett. a) («mancanza dell'atto costitutivo»), si da ricom

prendere non solo i casi di vera e propria assenza di un atto costitutivo, ma anche le ipotesi di violenza assoluta, simulazione assoluta e incapacità di intendere e di volere dei soci fondatori (Ferrara jr, Gli imprenditori e le società, a cura di Corsi, Milano, 1987, 390); e addirittura si è pro

spettata la possibilità di usare questa norma come un «varco attraverso

il quale le questioni di qualificazione superano lo sbarramento della tas

satività delle cause di nullità» (Spada, Dalla nozione al tipo della società

per azioni, in Riv. dir. civ., 1985, I, 95, spec. 132; contra, Santini, Tra

monto dello scopo lucrativo nelle società di capitali, id., 1973, I, 159, che argomenta dalla insindacabilità in sede contenziosa della qualificazio ne societaria).

Nel caso di specie mancava l'atto pubblico, previsto sempre dalla lett.

a) dell'art. 11 della direttiva (in verità non si capisce bene se vi era stata

anche inosservanza delle formalità relative al controllo preventivo), e quindi la società poteva essere dichiarata nulla.

In realtà però né la società era stata dichiarata nulla, né il procedimen to che ha portato alla sentenza in rassegna era finalizzato all'accertamen

to della nullità. I giudici olandesi si sono allora domandati se la società

«debba essere considerata esistente fintanto che non ne sia dichiarata la

nullità», e dunque efficaci i contratti da essa stipulati. Al riguardo il nostro diritto (prescindere dalla qualificazione della so

cietà di capitali non iscritta, che è problema senz'altro diverso, su cui

v. comunque Oppo, Contratti parasociali, Milano, 1942, 42 ss.; da ulti

mo problematicamente in Convenzioni parasociali tra diritto delle obbli

gazioni e diritto delle società, in Riv. dir. civ., 1987, 523) presenta una

norma piuttosto chiara, l'art. 2332, 3° comma, c.c., ai sensi della quale «la dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle imprese».

Una norma analoga si trova per vero anche nella stessa direttiva (la norma italiana nel punto era però preesistente alla novella del 1969), al

l'art. 12, 3° comma: «la nullità non pregiudica la validità degli obblighi della società (. . .)».

Sembra pertanto che, se la dichiarazione di nullità non travolge gli atti compiuti in nome della società, tanto più l'efficacia di tali atti non

dovrebbe ritenersi travolta, in assenza di una dichiarazione di nullità, sol perché in astratto ne ricorrano gli estremi. [R. Lener]

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