sentenza 5 marzo 1980 (in causa 98/79); Pres. Kutscher, Avv. gen. Capotorti (concl. conf.);Pecastaing c. Min. giustizia del BelgioSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1980), pp. 371/372-377/378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171092 .
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PARTE QUARTA
francese, un assegno alimentare in pendenza del procedimento di divorzio.
3. - Con la seconda questione si chiede inoltre se la conven zione — in particolare le disposizioni relative all'esecuzione di
pronunzie giurisdizionali — si applichi « ad una prestazione com
pensativa provvisoria da pagarsi mensilmente, attribuita ad una
delle parti in una sentenza francese di scioglimento del matrimo
nio ai sensi degli art. 270 segg. cod. civ. francese ». A termini di
detto art. 270, si tratta di una prestazione destinata a compen sare, per quanto possibile, lo squilibrio creato dallo scioglimento del matrimonio nelle rispettive condizioni di vita dei coniugi. L'art. 271 aggiunge che la prestazione compensativa è fissata in
base alle necessità del coniuge che la riceve ed alle risorse del
l'altro, tenendo conto della situazione esistente al momento del
divorzio e dell'evoluzione della stessa in un prevedibile futuro.
4. - Secondo l'art. 1, 1° comma, della convenzione, il campo
d'applicazione di quest'ultima si estende alla « materia civile e
commerciale ». Tuttavia, alcuni istituti che pur rientrano in que sta nozione sono stati esclusi, col 2° comma dello stesso articolo, dal suddetto campo d'applicazione. Ciò vale fra l'altro per lo stato
e la capacità delle persone fisiche, i regimi patrimoniali fra co
niugi, i testamenti e le successioni.
5. - È chiaro che le obbligazioni alimentari sono di per sé
comprese nella nozione di « materia civile » e che, non essendo
menzionate fra le eccezioni di cui al 2° comma dell'art. 1 della
convenzione, rientrano perciò nel campo d'applicazione di que sta. Ciò viene per di più confermato dall'art. 5, n. 2, della con
venzione. D'altra parte, le « prestazioni compensative » contem
plate dagli art. 270 segg. cod. civ. francese, ed alle quali si ri ferisce la seconda questione pregiudiziale, sono connesse ad even tuali obbligazioni finanziarie fra ex-coniugi, dopo il divorzio, commisurate alle rispettive risorse e necessità, ed hanno anch'esse
carattere alimentare. Esse rientrano quindi nella materia civile ai
sensi dell'art. 1, 1" comma, della convenzione e, conseguente mente, nel campo d'applicazione di quest'ultima, dal momento che non ne sono state escluse a norma del secondo comma di detto articolo.
6. - Si tratta quindi soltanto di accertare se la circostanza che
una pronunzia giurisdizionale in materia di obbligazioni ali
mentari si collochi nell'ambito di un procedimento di divorzio — il quale riguarda incontestabilmente lo stato delle persone ed
è perciò sottratto all'applicazione della convenzione — implichi che la lite in materia di obbligazioni alimentari debba, in quan to accessoria al procedimento di divorzio, essere anch'essa esclu
sa dal campo di applicazione della convenzione, con conseguente
impossibilità di servirsi, in tal caso, delle forme semplificate di
riconoscimento (art. 26-30) e di esecuzione (art. 31-45).
7. - Nessuna disposizione della convenzione vincola, per quan to riguarda il campo d'applicazione di quest'ultima, la sorte delle domande accessorie a quella delle domande principali. Varie
disposizioni confermano, al contrario, che la convenzione non
vincola la sorte delle domande qualificate come « accessorie » a
quella della domanda principale. Cosi, ad esempio, l'art. 42, a
norma del quale « se la decisione straniera ha statuito sui vari
capi della domanda e l'esecuzione non può essere accordata per tutti i capi, il giudice accorda l'esecuzione solo per uno o più di essi », e l'art. 24, secondo cui provvedimenti provvisori e cautelari — per definizione, « accessori » —, previsti dalla legge di uno Stato contraente, possono essere richiesti all'autorità giu diziaria di detto Stato « anche se, in forza della presente conven
zione, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al
giudice di un altro Stato contraente ».
8. - Queste disposizioni dimostrano in modo inequivocabile che, secondo il sistema generale della convenzione, la sorte della domanda accessoria non è necessariamente legata a quella della domanda principale. In conformità a questo principio, l'art. 5, n. 4, della convenzione attribuisce — per quanto riguarda per l'appunto il campo d'applicazione di questa — al giudice penale, le cui decisioni nell'ambito che gli è proprio sono manifesta mente escluse dalla sfera d'applicazione della convenzione, la
competenza a conoscere dell'azione civile accessoria, con la con
seguenza che la pronunzia emessa su questo punto sarà soggetta, relativamente al riconoscimento e all'esecuzione, alla conven zione. La suddetta norma prevede quindi espressamente che rien tra nel campo d'applicazione della convenzione una domanda accessoria proposta in una causa penale, la quale ultima ne è evi dentemente esclusa.
9. - Alle domande accessorie, perciò, la convenzione si ap plica a seconda della materia che esse stesse riguardano, non
già della materia cui si riferisce la domanda principale. In osse
quio a questo principio, nella sentenza 27 marzo 1979 (causa
143/78, De Cavel, Race. pag. 1055; Foro it., 1979, IV, 245) emes
sa fra le stesse parti, questa corte dichiarava che una domanda
di apposizione di sigilli, nell'ambito di un procedimento di di
vorzio, non rientrava nel campo d'applicazione della convenzione, non già a causa del suo carattere accessorio, ma perché nella fat
tispecie essa risultava, in considerazione del suo specifico og
getto, connessa al regime patrimoniale fra coniugi.
10. - D'altra parte, nella stessa sentenza, questa corte rite
neva già che il carattere provvisorio o definitivo delle pronun zie giurisdizionali non costituisce un elemento determinante per
quanto riguarda la loro inclusione nel campo di applicazione della convenzione. Non è quindi pertinente l'argomento basato
sul fatto che l'obbligazione alimentare venga imposta solo prov visoriamente e in presenza del procedimento di divorzio.
11. - Dalle precedenti considerazioni risulta che il campo d'applicazione della convenzione si estende anche, e per gli stessi
motivi, alle obbligazioni alimentari imposte ai coniugi, dalla
legge o dal giudice, per il periodo successivo al divorzio.
12. - Le questioni formulate dal Bundesgerichtshof vanno quin di risolte nel senso che la convenzione si applica sia all'esecu
zione di un provvedimento provvisorio emesso da un giudice francese in un procedimento per lo scioglimento del matrimonio e con il quale si attribuisce ad una delle parti un assegno men
sile per alimenti, sia ad una prestazione compensativa provviso ria da pagarsi mensilmente, attribuita ad una delle parti in una
sentenza francese di divorzio ai sensi degli art. 270 segg. cod.
civ. francese. (Omissis) Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottopostele
dal Bundesgerichtshof con ordinanza 27 giugno 1979, registrata in cancelleria il 30 luglio 1979, dichiara:
La convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza
giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale (G. U. L 299, pag. 32) si applica sia all'esecu zione di un provvedimento provvisorio emesso da un giudice francese in un procedimento per lo scioglimento del matrimonio e con il quale si attribuisce ad una delle parti un assegno men
sile per alimenti, sia ad una prestazione compensativa provvi soria da pagarsi mensilmente, attribuita ad una delle parti in una sentenza francese di divorzio ai sensi degli art. 270 segg. cod. civ. francese.
(1-3) Nulla in termini. In relazione alla prima pronuncia, sono da richiamare, con riguardo
all'indicazione delle finalità della convenzione di Bruxelles, Corte giust. 6 ottobre 1976, in causa 12/76, e 14 ottobre 1976, in causa 29/76, Foro it., 1977, IV, 49, con ampia nota di A. Tizzano, cui adde, da ul timo, sulla convenzione in generale, la nota di richiami a Corte giust. 17 gennaio 1980, in causa 56/79, id., 1980, IV, 150.
Con riferimento all'art. 24 della convenzione e al tema dei provve dimenti cautelari: Corte giust. 27 marzo 1979, in causa 143/78, id., 1979, IV, 245, con nota di richiami.
Si noti infine che l'avvocato generale Mayras, pur concludendo in modo formalmente difforme dalla corte (in quanto ha ritenuto nella specie applicabili gli art. 27, 46 e 47 della convenzione), ha seguito nella sostanza la tesi della rigorosa tutela dei diritti della difesa.
Per quanto concerne la pronuncia in causa 784/79, i precedenti ri chiamati in motivazione relativamente all'art. 17 della convenzione sono Corte giust. 14 dicembre 1976, in cause 24/76 e 25/76, id., 1977, IV, 133, con nota di richiami. Ma sulla norma v. anche, Corte giust. 9 novembre 1978, in causa 23/78, id., 1979, IV, 246; 13 novembre 1979, in causa 25/79, id., 1980, IV, 150; e 17 gennaio 1980, in causa 56/79, cit., tutte con nota di richiami.
Quanto all'art. 1, 2° comma, del protocollo allegato alla convenzione, v. Trib. Genova 22 gennaio 1977, id., Rep. 1977, voce Giurisdizione civ., n. 82.
Per l'ultima delle riportate pronunce, v., come precedente richia mato anche in motivazione, Corte giust. 27 marzo 1979, in causa 143/ 78, cit., e la relativa nota di richiami, anche per ulteriori riferimenti alla giurisprudenza sull'ambito di applicazione della convenzione. Adde le indicazioni in Pocar, Codice delle convenzioni sulla giurisdizione e l'esecuzione delle sentenze straniere nella CEE, Milano, 1980; non ché Hoet, in Journal de droit international, 1979, 663; Lemontey, in Revue critique de droit int. privé, 1979, 657.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 5 marzo 1980 (in causa 98/79); Pres. Kutscher, Aw.
gen. Capotorti (conci, conf.); Pecastaing c. Min. giustizia del Belgio.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Comunità europee — CEE — Circolazione delle persone — Li
mitazioni per motivi di ordine pubblico — Diniego di soggior no — Tutela giurisdizionale e amministrativa — Ambito —
Effetti sospensivi — Condizioni (Trattato istitutivo della CEE, art. 48, 56, 177; direttiva 25 febbraio 1964 n. 221/CEE del
Consiglio, per il coordinamento dei provvedimenti speciali ri
guardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giusti ficati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di
sanità pubblica).
L'art. 8 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221,
per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il
trasferimento ed il soggiorno degli stranieri, giustificati da mo
tivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pub blica, riguarda tutte le impugnazioni ammesse, in uno Stato
membro, contro gli atti amministrativi, nell'ambito dell'orga nizzazione giudiziaria e della ripartizione delle competenze giu risdizionali dello Stato di cui trattasi. (1)
Questa disposizione impone agli Stati membri l'obbligo di ga rantire alle persone contemplate dalla direttiva una tutela giu risdizionale che non sia meno favorevole di quella che essi
attribuiscono ai loro cittadini in caso di impugnazione degli atti dell'amministrazione, ivi compresa, se del caso, la sospen sione dell'esecuzione degli atti impugnati. (2)
Per contro, dall'art. 8 della direttiva n. 64/221 non si può desu
mere l'obbligo, per gli Stati membri, di ammettere la presenza di uno straniero nel loro territorio nelle more del giudizio, pur ché egli possa cionondimeno fruire di un processo equo ed es
sere in grado di far valere tutti i suoi mezzi di difesa. (3) Il procedimento di esame e di parere di cui all'art. 9 della di
rettiva n. 64/221, destinato ad ovviare alle carenze delle impu
gnazioni contemplate dall'art. 8, non ha lo scopo di attribuire
ai giudici una competenza supplementare in fatto di sospen sione dell'esecuzione dei provvedimenti contemplati dalla di
rettiva né quello di attribuire loro il controllo sull'urgenza di
un provvedimento di espulsione; l'esercizio di tali funzioni da parte dei giudici nazionali rientra nell'art. 8 della direttiva;
la portata di questa disposizione non può tuttavia essere limi
tata dai provvedimenti adottati da un Stato membro in forza dell'art. 9 della direttiva. (4)
La Corte, ecc. — Diritto. — 1. - Con ordinanza 18 giugno 1979,
pervenuta in cancelleria il 21 dello stesso mese, il presidente del
Tribunal de première instance di Liegi, adito per un provvedi mento d'urgenza, ha sottoposto a questa corte, in forza dell'art. 177
del trattato CEE, talune questioni relative all'interpretazione della
direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221, per il coordina
mento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il
soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (G. u. 1964, pag. 850),
allo scopo di valutare la ricevibilità di un ricorso proposto da una
cittadina francese e inteso ad ottenere, nell'ambito di un'azione
civile, la sospensione dell'esecuzione del provvedimento di espul sione adottato nei confronti della stessa dalla polizia belga.
Sull'applicazione della direttiva n. 64/221 in Belgio. — 2. - Dalle
informazioni assunte in corso di causa risulta che il Belgio non ha
emanato disposizioni legislative particolari per l'applicazione del
l'art. 8 della direttiva. È infatti pacifico che i rimedi esperibili, in
materia amministrativa, dinanzi al Consiglio di Stato belga sono
accessibili a chiunque, a prescindere dalla cittadinanza, e, di con
seguenza, le persone menzionate dall'art. 1 della direttiva hanno
la possibilità di promuovere un ricorso giurisdizionale contro i
provvedimenti di polizia emessi nei loro confronti. Per quanto con
cerne l'applicazione dell'art. 9, il Belgio ha adottato, con legge 1°
aprile 1969 (Moniteur Belge, pag. 6182), una disposizione intesa ad
attribuire, alle persone menzionate dalla direttiva, il diritto di
adire la « commissione consultiva » istituita dall'art. 10 della leg
ge 22 dicembre 1969 (Moniteur Belge, 1970, pag. 1402), le persone alle quali sia stato rifiutato il permesso di residenza o nei con
fronti delle quali sia stato adottato un provvedimento d'espul sione prima ancora del rilascio di tale permesso possono presen
tare un reclamo alla suddetta commissione indirizzando apposita domanda al ministro della giustizia entro otto giorni dalla data
in cui hanno avuto conoscenza del provvedimento che le riguarda. 3. - Dalle informazioni ottenute in corso di causa risulta che,
secondo la giurisprudenza amministrativa in materia, lo straniero
che abbia omesso di adire la commissione consultiva entro il ter
mine prescritto decade dal diritto di adire il Consiglio di Stato.
Il governo belga, rispondendo a taluni quesiti posti dalla corte, ha inoltre precisato che, secondo la prassi seguita dall'ammini
strazione, lo straniero colpito da un provvedimento di polizia non
viene informato, al momento in cui questo gli viene notificato, né della possibilità di presentare reclamo alla commissione ammi
nistrativa, né del termine entro il quale il reclamo va presentato, né delle conseguenze che possono derivare, per quanto concerne
l'ulteriore ricorso giurisdizionale, dalla mancata adizione della
commissione.
Sui fatti che hanno dato origine al ricorso. — 4. - Risulta dal
l'ordinanza di rinvio e dal fascicolo che l'attrice nella causa
principale entrava regolarmente in Belgio l'8 ottobre 1977 e la
vorava come cameriera in taluni bar della zona di Liegi, noti
alla polizia per il loro carattere equivoco dal punto di vista della
moralità. L'8 novembre 1977 l'interessata, che nel frattempo si era
fatta iscrivere nell'anagrafe del comune nel cui territorio soggior nava, chiedeva l'autorizzazione a stabilirsi in Belgio per svolgervi un'attività lavorativa subordinata. La polizia belga, chieste in
formazioni ai competenti servizi francesi, apprendeva che la stes
sa aveva in precedenza esercitato la prostituzione nel suo paese
d'origine e nella Repubblica federale di Germania. In base a tali
informazioni, il ministero della giustizia, amministrazione della
pubblica sicurezza, ufficio stranieri, adottava il 3 maggio 1978
una decisione con cui si rifiutava all'attrice il permesso di resi
denza e le si ingiungeva di lasciare il paese entro quindici giorni con l'avvertenza che, qualora non avesse ottemperato all'ingiun
zione, essa sarebbe stata arrestata e incarcerata per essere poi ac
compagnata alla frontiera. Tale provvedimento, nel quale l'inse
diamento dell'interessata in Belgio era giudicato « indesiderabile
per motivi d'ordine pubblico », veniva notificato alla stessa il 16
maggio 1978. L'attrice presentava immediatamente reclamo alla
commissione consultiva per gli stranieri. Siccome tale organo, nel
parere emesso il 14 dicembre 1978, dichiarava giustificato il ri
fiuto del permesso di residenza, l'ufficio stranieri, con provvedi mento 12 gennaio 1979, ribadiva l'ingiunzione all'interessata di la
sciare il paese, adducendo sostanzialmente gli stessi motivi espo sti nel primo provvedimento e contemplando le medesime misure
coercitive.
5. - È assodato che l'interessata non ha proposto ricorso con
tro tale provvedimento dinanzi al Consiglio di Stato. Essa di
chiara di non averlo fatto perché detto provvedimento non va
considerato atto suscettibile d'impugnazione, e solo i provvedi menti di espulsione adottati sotto forma di decreto ministeriale
possono, secondo la giurisprudenza, essere impugnati dinanzi al
Consiglio di Stato. L'attrice ha invece adfto il Tribunal de pre
mière instance di Liegi chiedendogli di condannare lo Stato belga al risarcimento dei danni in ragione dell'asserita illegittimità del
provvedimento adottato nei suoi confronti. Nel contempo essa
ha chiesto che venisse disposta, in via d'urgenza, la sospensio ne dell'esecuzione del provvedimento d'espulsione, in attesa che
il tribunale adito si fosse pronunziato nel merito.
6. - Al fine di poter statuire su tale domanda, il giudice nazio
nale ha sottoposto a questa corte le seguenti questioni:
interpretando gli art. 8 e 9 della direttiva n. 64/221 nella sen
tenza Royer pronunciata l'8 aprile 1976 nella causa 48/75, la
corte, sulla base dei punti 52-62 della motivazione, ha dichia
rato, al 4° punto del dispositivo, che: « il provvedimento d'espul
sione non può essere eseguito, salvo in caso d'urgenza compro
vata, nei confronti di una persona protetta dal diritto comunitario,
prima che l'interessato sia stato in grado di esperire i ricorsi con
sentitigli dagli art. 8 e 9 della direttiva n. 64/221 ».
Primo gruppo di questioni: A Se i ricorsi di cui si parla nella sen
tenza comprendano quelli di cui all'art. 9, n. 2, della direttiva
n. 64/221, disciplinati all'art. 1 della legge belga 1° aprile 1969
(ora art. 3 bis della legge 28 marzo 1952 sulla polizia degli stra
nieri) e cioè: le domande di revisione contro il diniego del ri
lascio del primo documento di soggiorno e quelle contro i prov vedimenti di espulsione adottati prima del rilascio di tale docu
mento (Conseil d'Etat de Belgique: sentenza 17.722 del 18 giu
gno 1976 e sentenza 18.609 del 2 dicembre 1977; Recueil des
arrets du Conseil d'Etat, 1977, pag. 1381).
Dal momento che sembra certo, in base all'art. 8 della diretti
va, che i ricorsi sospensivi comprendono i ricorsi di annullamento
consentiti dalla legislazione nazionale contro gli atti amministra
tivi, se questi ricorsi comprendano anche l'esperimento dell'azio
ne di responsabilità civile contro chi ha adottato il provvedi
mento di espulsione. In altre parole, se l'effetto sospensivo sia una norma di proce
dura limitata all'esercizio dei rimedi giurisdizionali diretti ovve
ro debba ritenersi un adattamento, a favore delle persone tutelate
dal diritto comunitario, del diritto fondamentale di ciascuno ad
un processo civile equo.
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PARTE QUARTA
B In via più generale: se nelle controversie tra il cittadino di uno Stato membro della Comunità europea ed un'autorità pub blica di un altro Stato membro, controversie vertenti su diritti e
obbligazioni di carattere civile (ai sensi dell'art. 6 della Conven zione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo), in esecuzione di
norme di diritto comunitario, il diritto a un processo equo im
plichi che al cittadino in questione debba garantirsi l'effettiva
possibilità di adire personalmente i tribunali dell'altro Stato membro.
In caso affermativo, se sia possibile dedurre dal combinato di
sposto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e del diritto comunitario che il cittadino in questione ha il di ritto di .trovarsi di persona nel territorio dello Stato cui si oppo ne in giudizio, in pendenza della causa, nonostante qualsiasi prov vedimento amministrativo di espulsione, salvo il caso d'urgenza debitamente comprovata.
Secondo gruppo di questioni: In caso d'urgenza debitamente
comprovata, se il provvedimento di espulsione possa essere ese
guito nonostante la presentazione di un ricorso. Se l'urgenza sia parte integrante del provvedimento d'espulsio
ne, di guisa che l'accertamento della sua sussistenza è di compe tenza esclusiva dell'autorità amministrativa che ha adottato il
provvedimento. Se essa non sia invece collegata all'esercizio dell'azione giu
risdizionale e vada pertanto valutata, in caso di controversia, dal tribunale dinanzi al quale l'azione è stata esperita.
7. - Dette questioni, nel loro complesso, mirano alla determi nazione degli obblighi derivanti, per gli Stati membri, dagli art. 8 e 9 della direttiva n. 64/221 per quanto concerne le garanzie giurisdizionali che vanno attribuite alle persone nei cui con fronti siano stati adottati provvedimenti di espulsione. Più parti colarmente, si chiede che vengano precisati gli obblighi incom benti agli Stati membri, in forza della direttiva, per quanto con cerne l'efficacia sospensiva dei ricorsi proposti contro detti prov vedimenti o la possibilità di ottenere la sospensione di questi, nonché la valutazione della nozione di urgenza di cui all'art. 9 della direttiva. Nel sollevare tali questioni, il giudice nazionale si richiama sia a taluni principi stabiliti dalla corte nella sentenza 8 aprile 1976 (causa 48/75, Royer; Race. pag. 497; Foro it., 1976, IV, 375) sia alla nozione di « processo equo » che figura all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del l'uomo e delle libertà fondamentali.
Sull'interpretazione dell'art. 8 della direttiva. — 8. - Le que stioni concernenti l'interpretazione dell'art. 8 sono intese, in so stanza, a stabilire se le impugnazioni ammesse in uno Stato mem bro in forza di tale disposizione comprendano, oltre ai ricorsi dinanzi al giudice amministrativo miranti all'annullamento di prov vedimenti in materia di polizia degli stranieri, anche i rimedi
esperibili dinanzi agli altri giudici, e se l'esperimento di tali ri medi abbia efficacia sospensiva, nel senso che l'interessato ha il diritto di dimorare nel territorio dello Stato che ha emesso il
provvedimento impugnato fintantoché sia pendente la causa da es so intentata.
9. - A termini dell'art. 8, « avverso il provvedimento di dinie go di ingresso, di diniego di rilascio del permesso di soggiorno o del suo rinnovo, o contro la decisione di allontanamento dal ter ritorio, l'interessato deve avere assicurata la possibilità di espe rire i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi ».
10. - Tale disposizione qualifica le decisioni contemplate dal la direttiva « atti amministrativi » e fa obbligo a ciascuno Stato membro di permettere a qualsiasi persona colpita da siffatti prov vedimenti di esperire gli stessi rimedi consentiti ai suoi citta dini contro gli atti dell'amministrazione. Di conseguenza, uno Stato membro non può, senza venir meno all'obbligo impostogli dall'art. 8, subordinare l'ammissibilità dei ricorsi proposti dalle persone contemplate dalla direttiva a requisiti formali o proce durali particolari, meno favorevoli di quelli che si applicano ai ricorsi promossi dai suoi cittadini avverso gli atti dell'ammini strazione. Pertanto, dev'essere consentito a qualsiasi persona cui si applica la direttiva di impugnare qualsiasi provvedimento che
possa dar luogo ad espulsione prima che questo venga eseguito. 11. - L'art. 8 non indica i giudici dinanzi ai quali vanno even
tualmente esperite le impugnazioni cui esso si riferisce. La solu zione di tale questione dipende dall'organizzazione giudiziaria di ciascuno Stato membro. Ne consegue che, qualora, in uno Stato
membro, gli atti amministrativi possano essere impugnati dinanzi al giudice ordinario, le persone che rientrano nella sfera d'appli cazione della direttiva n. 64/221 vanno trattate alla stessa stre
gua dei cittadini di detto Stato per quanto concerne la possibi lità di valersi dei rimedi esperibili dinanzi a tale giudice avverso
gli atti dell'amministrazione. Ne consegue inoltre che, qualora in
uno Stato membro il giudice amministrativo non avesse il potere di sospendere l'efficacia di un provvedimento amministrativo men
tre tale potere fosse attribuito ai giudici ordinari, detto Stato
sarebbe tenuto a consentire alle persone comprese nella sfera
d'applicazione della direttiva di presentare a questi giudici una
domanda di sospensione alle stesse condizioni dei suoi cittadini.
Va però sottolineato che tali possibilità dipendono essenzialmen
te dall'organizzazione giudiziaria e dalla ripartizione delle compe tenze giurisdizionali nei vari Stati membri, giacché l'art. 8 fa
unicamente obbligo agli Stati di accordare alle persone tutelate
dal diritto comunitario possibilità d'impugnazione che non siano
meno favorevoli di quelle concesse ai loro cittadini in materia
d'impugnazione degli atti amministrativi.
12. - L'art. 8 non stabilisce invece nessun obbligo specifico
per quanto riguarda l'eventuale efficacia sospensiva delle impu
gnazioni spettanti alle'persone contemplate dalla direttiva. Poiché tale articolo dispone che l'interessato deve poter impugnare il
provvedimento emesso nei suoi confronti, se ne deve inferire, co me la corte ha affermato nella sentenza Royer (punto 60 della
motivazione), che al provvedimento di espulsione non può essere data esecuzione — tranne che in caso d'urgenza —- prima che
l'interessato abbia avuto la possibilità di espletare le formalità ne cessarie per la proposizione del ricorso. Non è però lecito de sumere dalla stessa disposizione che l'interessato abbia il diritto di dimorare nel territorio dello Stato cui si oppone in giudizio per tutta la durata del procedimento da esso promosso. Tale in
terpretazione, che avrebbe l'effetto di conferire all'interessato il
potere di sospendere unilateralmente, mediante l'impugnazione, l'efficacia del provvedimento adottato nei suoi confronti, sarebbe
incompatibile con lo scopo della direttiva, che consiste nel conci liare le esigenze dell'ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica con le garanzie che vanno accordate alle
persone interessate dai provvedimenti di cui trattasi.
13. - Al giudice di rinvio va pertanto risposto che l'art. 8 ri
guarda tutte le impugnazioni ammesse, in uno Stato membro, con tro gli atti amministrativi, nell'ambito dell'organizzazione giudi ziaria e della ripartizione delle competenze giurisdizionali dello Stato di cui trattasi. L'art. 8 impone agli Stati membri l'obbligo di garantire alle persone contemplate dalla direttiva una tutela
giurisdizionale che non sia meno favorevole di quella ch'essi
attribuiscono ai loro cittadini in caso d'impugnazione degli atti
dell'amministrazione, ivi compresa, se del caso, la sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati. Non si può invece desumere dall'art. 8 l'obbligo, per gli Stati membri, di ammettere la pre senza di uno straniero nel loro territorio nelle more del giudi zio, a condizione ch'egli possa cionondimeno fruire di un processo equo ed essere in grado di far valere tutti i suoi mezzi di difesa.
Sull'interpretazione dell'art. 9 della direttiva n. 64/221. — 14. -
Per quanto concerne l'interpretazione dell'art. 9, la corte è in vitata a precisare, in primo luogo, in quale misura si debba ga rantire agli interessati la sospensione dei provvedimenti in mate ria di polizia degli stranieri onde consentire loro di avvalersi ef fettivamente dei rimedi da essi esperibili, e, in secondo luogo, se
l'urgenza di cui all'art. 9 debba essere valutata esclusivamente
dall'autorità amministrativa oppure possa essere valutata, in caso di controversia, dall'autorità giudiziaria.
15. - L'art. 9 della direttiva n. 64/221 ha una funzione comple mentare rispetto all'art. 8. Esso mira ad attribuire alle persone colpite da uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva una
garanzia procedurale minima in tre ipotesi specifiche che cosi de finisce al n. 1 : « se non sono ammessi ricorsi giurisdizionali o se tali ricorsi sono intesi ad accertare soltanto la legittimità dei
provvedimenti impugnati o se essi non hanno effetto sospensi vo». Nella prima di tali ipotesi, il reclamo ad una «autorità
competente » diversa da quella cui spetta l'adozione del provve dimento, ha la funzione di ovviare alla mancanza di ricorsi giu risdizionali. Nel secondo caso, l'intervento dell'autorità compe tente mira a permettere l'esame approfondito della situazione
dell'interessato, ivi compresa l'opportunità del provvedimento,
prima che questo venga definitivamente adottato. Nella terza ipo tesi, tale procedimento deve consentire all'interessato di chiedere
e, se del caso, ottenere la sospensione dell'esecuzione del provve dimento che si intende adottare, ovviando cosi all'impossibilità di ottenere tale sospensione dall'autorità giudiziaria.
16. - Ne consegue che gli Stati membri non possono applicare l'art. 9 della direttiva in modo da ridurre o escludere, in pratica,
per le persone che rientrano nella sfera d'applicazione della
direttiva, la possibilità di avvalersi dei rimedi loro spettanti in
forza dell'art. 8.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
17. - Quanto all'interpretazione dell'art. 9 considerato in se e
per se, va ricordato che, come la corte ha avuto occasione di af
fermare nella sentenza Royer (punto 59 della motivazione), tran
ne in caso d'urgenza, il reclamo all*« autorità competente » con
templato da tale articolo deve precedere il provvedimento d'espul sione. In particolare, nel caso in cui uno Stato membro abbia
applicato l'art. 9 per sopperire all'assenza di efficacia sospensiva dei ricorsi giurisdizionali esperibili, tale norma verrebbe resa pra ticamente inefficace qualora — fatti sempre salvi i casi d'ur
genza — l'esecuzione del provvedimento che s'intende adottare
non fosse differita al momento in cui la suddetta autorità
si sia pronunziata (sentenza Royer, punto 61 della motivazione). 18. - Risulta quindi dall'art. 9 che il provvedimento di espul
sione può essere eseguito non appena il parere di cui trattasi sia
stato emesso e portato a conoscenza dell'interessato, restando sem
pre salvo il diritto di quest'ultimo di dimorare nel territorio dello
Stato interessato il tempo necessario per esperire il rimedio con
sentitogli in forza dell'art. 8 della direttiva.
19. - Per quanto concerne infine la questione dell'urgenza, dal
l'art. 9, n. 1, 1° comma, risulta che la valutazione di questa, nei
casi debitamente giustificati, spetta all'autorità amministrativa e
che l'espulsione dal territorio può, in tali casi, aver luogo ancor
prima che l'« autorità competente » sia stata in grado di emettere
il suo parere. 20. - Le questioni sollevate dal giudice a quo vanno pertanto
risolte nel senso che il procedimento d'esame e di parere di cui
all'art. 9, destinato ad ovviare alle carenze delle impugnazioni
contemplate dall'art. 8, non ha lo scopo di attribuire ai giudici una competenza supplementare in materia di sospensione del
l'esecuzione dei provvedimenti contemplati dalla direttiva né
quello di attribuire loro il controllo sull'urgenza di un provve dimento di espulsione. L'esercizio di tali funzioni da parte dei
giudici nazionali rientra nell'art. 8 della direttiva. La portata di
questa disposizione non può tuttavia essere limitata dai provve dimenti adottati da uno Stato membro in forza dell'art. 9.
Sulla questione della necessità di un « processo equo » (art. 6
della Convenzione europea sui diritti dell'uomo). — 21. - Il giudice
nazionale, considerando, a quanto pare, che i diritti oggetto della
controversia di cui è stato chiamato a conoscere hanno natura
« civile », chiede inoltre se, prescindendo dalla direttiva n. 64/
221, si debba garantire il rispetto, nell'ordinamento giuridico co
munitario, degli imperativi dell'art. 6 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fonda
mentali, a norma del quale ognuno ha diritto ad un'equa e pub blica udienza, entro un termine ragionevole, dinanzi ad un tri
bunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, ai fini
della determinazione dei suoi diritti e obblighi di natura civile
o della fondatezza di qualsiasi accusa in materia penale formu
lata nei suoi confronti.
22. - Non appare necessario, nel presente contesto, esaminare
tale questione, giacché si può ritenere che la direttiva n. 64/221 sia conforme, per quanto concerne i provvedimenti da essa con
templati, secondo il terzo considerando del suo preambolo, all'esi
genza del « processo equo » formulata dall'art. 6 della Conven
zione europea, almeno per quel che riguarda il sistema dei ri
corsi giurisdizionali di cui all'art. 8 della direttiva stessa, com'è
stato sopra precisato. Nel caso presente si può pertanto fare a
meno di risolvere, per quanto concerne questo punto, le questioni
del giudice nazionale. (Omissis)
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottopostele dal presidente del Tribunal de première instance di Liegi, «dito
per un provvedimento d'urgenza, con ordinanza 18 giugno 1979,
dichiara:
1. L'art. 8 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n.
64/221, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguar danti il trasferimento ed il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità
pubblica, riguarda tutte le impugnazioni ammesse, in uno Stato
membro, contro gli atti amministrativi, nell'ambito dell'organiz zazione giudiziaria e della ripartizione delle competenze giurisdi zionali dello Stato di cui trattasi.
Questa disposizione impone agli Stati membri l'obbligo di ga rantire alle persone contemplate dalla direttiva una tutela giu risdizionale che non sia meno favorevole di quella che essi attri
buiscono ai loro cittadini in caso di impugnazione degli atti del
l'amministrazione, ivi compresa, se del caso, la sospensione del
l'esecuzione degli atti impugnati. Per contro, dall'art. 8 della direttiva n. 64/221 non si può
desumere l'obbligo, per gli Stati membri, di ammettere la pre senza di uno straniero nel loro territorio nelle more del giudi
zio, purché egli possa cionondimeno fruire di un processo equo ed
essere in grado di far valere tutti i suoi mezzi di difesa.
2. Il procedimento di esame e di parere di cui all'art. 9 della
direttiva n. 64/221, destinato ad ovviare alle carenze delle im
pugnazioni contemplate dall'art. 8, non ha lo scopo di attribuire
ai giudici una competenza supplementare in fatto di sospensio ne dell'esecuzione dei provvedimenti contemplati dalla direttiva
né quello di attribuire loro il controllo sull'urgenza di un prov vedimento di espulsione.
L'esercizio di tali funzioni da parte dei giudici nazionali rien
tra nell'art. 8 della direttiva.
La portata di questa disposizione non può tuttavia essere li
mitata dai provvedimenti adottati da uno Stato membro in forza
dell'art. 9 della direttiva.
(1-4) La sentenza costituisce una specificazione e uno svolgimento di Corte giust. 8 aprile 1976, in causa 48/75, Foro it., 1976, IV, 375, con nota di A. Tizzano, più volte richiamata in motivazione. Ma sugli art. 8 e 9 della direttiva 64/221 v. anche Corte giust. 28 ottobre 1975, in causa 36/75, id., 1976, IV, 79, con nota di richiami.
Sulla direttiva v. inoltre Corte giust. 4 dicembre 1974, in causa 41/ 74, id., 1975, IV, 88; 26 febbraio 1975, in causa 67/74, id., 1975, IV, 141; 27 ottobre 1977, in causa 30/77, id., 1978, IV, 367, tutte con note di richiami. Sulla materia in generale, v. altresì Corte giust. 7 luglio 1976, in causa 118/75, id., 1976, IV, 361; 14 luglio 1977, in causa 8/77, id., 1977, IV, 369; 28 marzo 1979, in causa 175/78, id., 1980, IV, 59, tutte con note di richiami. In dottrina, v. A. Tizzano, Circolazione dei servizi nei paesi della CEE, in Appendice del Novissimo digesto, 1979, I, 1227.
Sull'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo v. Corte
europea dei diritti dell'uomo 21 febbraio 1975, Golder, Foro it., 1975, IV, 97, con nota di richiami; e da ultimo: 26 settembre 1979, Winter
werp, 9 ottobre 1979, Airey, 27 febbraio 1980, Deweer, 13 maggio 1980, Artico, id., 1980, IV, 61, 1, 109, 141, tutte con note di richiami. Sui riferimenti alla Convenzione nel sistema comunitario, v. da ultimo Corte giust. 13 dicembre 1979, in causa 44/79, id., 1980, IV, 304, con nota di richiami, riportata anche in Giust. civ., 1980, I, 1207, con
brevi note di R. Scarpa, Diritti fondamentali ed ordinamento comu
nitario.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione I; sentenza 13 dicembre 1979 (in causa 42/79); Pres.
O'Keeffe, Avv. gen. Capotorti (conci, conf.); Milch-Feett
und Eierkontor GmbH c. Bundesanstalt fiir Landwirtschaftliche
Marktordnung.
Comunità europee — CEE — Burro — Vendita all'ammasso pub blico — Rivendita a terzo — Sviamento della destinazione le
gale per comportamento fraudolento del terzo — Responsabilità
dell'acquirente originario — Forza maggiore — Insussistenza —
Incameramento della cauzione prestata — Legittimità (Trattato istitutivo della CEE, art. 177; reg. 28 agosto 1968 n. 1308 CEE
della Commissione, relativo alla vendita di burro di ammasso
pubblico per l'esportazione, art. 3, 4).
Il regolamento della Commissione n. 1308/68 va interpretato nel
senso che l'acquirente del burro d'ammasso, qualora non effet tui direttamente l'esportazione della merce, bensì la rivenda
a tal fine ad un terzo, risponde del comportamento illecito del
suo avente causa e recupera la cauzione solo se l'esportazione ha avuto effettivamente luogo entro il termine stabilito dal re
golamento. (1)
Qualora l'acquirente del burro d'ammasso contemplato dal re
golamento della Commissione 28 agosto 1968 n. 1308 rivenda
detta merce ad un terzo ai fini dell'esportazione prescritta dal
regolamento, l'impossibilità sopravvenuta di effettuare l'espor tazione stessa, in conseguenza dello sviamento dalla destina
zione legale del burro dovuto ad atti delittuosi commessi da
un procuratore di tale terzo e a danno di questo, non costi
tuisce un caso di « forza maggiore » ai sensi dell'art. 4, n. 3,
1° comma, di detto regolamento e non ha quindi la conse
guenza di svincolare, per le quantità non esportate, la cauzione
versata in forza dell'art. 4, n.,1, dello stesso regolamento. (2)
La Corte, ecc. — Diritto. — 1. - Con ordinanza 22 febbraio
1979, pervenuta in cancelleria il 12 marzo 1979, il Verwaltungs
gericht di Francoforte sul Meno ha sottoposto alla Corte di giu
stizia, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, due questioni re
lative all'interpretazione del regolamento della Commissione 28
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