Sezione I; sentenza 3 luglio 1980 (in causa 157/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (concl.conf.); PieckSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1982), pp. 63/64-71/72Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174408 .
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PARTE QUARTA
esige dalla Samavins il versamento della somma di 547.607,29 franchi francesi, corrispondenti agli importi compensativi mone tari a questa concessi, in base ai regolamenti della Commissione nn. 648/73 e 649/73, all'atto delle importazioni di vino in Francia.
3. - Con sentenza 7 giugno 1977, il Tribunal de commerce di Parigi respingeva la domanda dell'O.C.E. Quest'ultimo im
pugnava detta sentenza dinanzi alla Cour d'appel di Parigi. 4. - Nella sentenza di rinvio è formulata la questione se,
« nell'ipotesi d'importazione di vini dal Marocco, ad opera di
una società francese, la disciplina comunitaria — specie i re
golamenti n. 974/71 del Consiglio e nn. 648/73 e 649/73 della Commissione delle Comunità europee — prescriva che gli im
porti compensativi monetari di cui ha fruito l'importatore fran cese vadano da questi trasferiti all'esportatore marocchino ».
5. - Dal regolamento n. 974/71, modificato dal regolamento del Consiglio 22 febbraio 1973 n. 509 (G. U. L 50, pag. 1), e dalla normativa comunitaria nel settore agrimonetario risulta che l'operatore che espleta le formalità doganali d'importazione o d'esportazione percepisce o versa, a seconda dei casi, l'im
porto compensativo monetario. Dette disposizioni concernono solamente i rapporti tra questo operatore economico e l'auto rità pubblica che percepisce o versa l'importo compensativo monetario.
6. - Al di là di queste disposizioni si entra nel campo dei rap porti contrattuali disciplinati dal diritto nazionale.
7. - La questione del giudice di rinvio va pertanto risolta nel senso che il problema del se l'operatore che espleta le for malità doganali debba trasferire alla sua controparte il benefi cio dell'importo compensativo monetario rientra nella sfera dei
rapporti contrattuali ed esula dal diritto comunitario. (Omissis) Per questi motivi, pronunziandosi sulla questione sottopostale
dalla Cour d'appel di Parigi con sentenza 6 aprile 1979, di chiara:
La questione del se l'operatore che espleta le formalità doga nali debba trasferire alla sua controparte il beneficio dell'im
porto compensativo monetario rientra nella sfera dei rapporti contrattuali ed esula dal diritto comunitario.
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se zione I; sentenza 3 luglio 1980 (in causa 157/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (conci, conf.); Pieck.
Comunità europee — CEE — Circolazione delle persone — Do cumento speciale di soggiorno — Efficacia — Fattispecie (Trat tato CEE, art. 48, 177; dir. 25 febbraio 1964 n. 64/221/CEE del Consiglio, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giu stificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica; dir. 15 ottobre 1968 n. 68/360/CEE, rela tiva alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al
soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro fa
miglie all'interno della Comunità, art. 3, 4).
L'art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968 n.
68/360/CEE che vieta agli Stati membri di prescrivere un visto
d'ingresso o un obbligo equivalente ai lavoratori comunitari che si spostano all'interno della Comunità, va interpretato nel senso che i termini « visto d'ingresso né obbligo equivalente » si riferiscono a qualsiasi formalità, mirante ad autorizzare l'in
gresso nel territorio di uno Stato membro, prescritta oltre il controllo del passaporto o della carta d'identità alla frontiera, indipendentemente dal luogo o dal momento del rilascio di detta autorizzazione e da qualsiasi forma essa abbia. (1)
(1-9) Non constano precedenti in termini. Peraltro le due sentenze sviluppano precedenti orientamenti giurisprudenziali volti ad interpre tare estensivamente i diritti conferiti ai privati dalla normativa comuni taria in tema di circolazione delle persone, e segnatamente quanto al l'applicazione delle direttive n. 64/221 e n. 68/360: v., da ultimo, Corte giust. 28 marzo 1979, in causa 175/78, Foro it., 1980, IV, 59; 5 marzo 1980, in causa 98/79, id., 1980, IV, 372, e i precedenti richiamati nelle relative note. A tali precedenti si collegano anche le più signifi cative novità introdotte dalle due pronunce: la precisazione della por
Il rilascio del documento speciale di soggiorno di cui all'art. 4
della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968 n. 68/360 ha so
lo effetto dichiarativo e non può, per gli stranieri cui l'art. 48
del trattato o analoghe disposizioni di quest'ultimo attribui
scono dei diritti, venir equiparato ad un permesso di soggior no il quale implichi un potere discrezionale delle autorità na
zionali, qual è previsto per la generalità degli stranieri. (2)
Uno Stato membro non può richiedere ad una persona tutelata
dalle disposizioni del diritto comunitario di essere in possesso di un permesso di soggiorno anziché del documento di cui al combinato disposto dall'art. 4, n. 2, e dell'allegato della diret tiva n. 68/360. (3)
L'omissione, da parte di un cittadino comunitario cui si applica il regime della libera circolazione dei lavoratori, di munirsi della carta di soggiorno speciale contemplata dall'art. 4' della direttiva n. 68/360 non può venir punita con una proposta d'espulsione o con pene che possano essere anche detentive. (4)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 22 maggio 1980 (in causa 131/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (conci, conf.); Santillo.
Comunità europee — CEE — Circolazione delle persone — Espul sione — Condizioni — Limiti (Trattato CEE, art. 48, 177; dir. 25 febbraio 1964 n. 64/221/CEE del Consiglio, art. 8, 9).
L'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221/ CEE, impone agli Stati membri degli obblighi che possono es ser fatti valere dagli amministrati dinanzi ai giudici naziona li■ (5)
La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di valuta zione discrezionale per la designazione della « autorità compe tente » ; può essere considerata tale qualsiasi autorità pubblica indipendente dall'autorità amministrativa cui spetta l'adozione di uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organiz zata in modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappre sentare e di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad es sa. (6)
La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nell'emet tere una sentenza di condanna in forza della legislazione bri tannica può costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della diret
tiva, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo; il giudice penale deve fra l'altro tener conto di quanto disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la sola esistenza di condanne penali non può automatica mente giustificare provvedimenti di allontanamento dal territo rio dello Stato. (7)
Il parere della « autorità competente » dev'essere abbastanza vi cino nel tempo al provvedimento di allontanamento, si da far presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in con siderazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la per sona interessata devono essere poste in grado — sempre salva l'ipotesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano mo tivi inerenti alla sicurezza dello Stato — di conoscere i mo tivi che hanno indotto l'« autorità competente » ad emettere il parere. (8)
Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espulsione e il provvedimento dell'autorità amministrativa è atto a privare la
proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art. 9; è
importante, infatti, che il danno sociale derivante dalla pre senza di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene adottato il provvedimento di allontanamento, poiché i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento personale dell'interessato, pos sono mutare con l'andar del tempo. (9)
I
Diritto. — 1. - Con ordinanza del 5 settembre 1979, registrata presso la Corte di giustizia il successivo 10 ottobre, la Pontypridd
tata dell'art. 3, n. 2, e dell'art. 4 della direttiva 68/360; e la dichiara zione dell'applicabiltà diretta dell'art. 9 della direttiva 64/221, con la puntualizzazione di talune questioni interpretative connesse a tale norma e all'art. 8 della stessa direttiva: v., in particolare, Corte giust. 8 aprile 1976, in causa 48/75, id., 1976, IV, 375, con nota di A. Tizzano; 7 luglio 1976, in causa 118/75, id., 1976, IV, 361; 14 luglio 1977, in causa 8/77, id., 1977, IV, 369; 27 ottobre 1977, in causa 30/77, id., 1977, IV, 369, tutte con nota di richiami, cui adde Calamia, Ammis sione ed allontanamento degli stranieri, Milano, 1980, spec. 157 ss.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
Magistrates Court ha sottoposto, a norma dell'art. 177 del trat
tato CEE, tre questioni circa l'interpretazione degli art. 7 e 48
del trattato, nonché delle direttive del Consiglio 25 febbraio 1964
n. 64/221, per il coordinamento dei provvedimenti speciali ri
guardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustifi cati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sa
nità pubblica (G. U. 1964, pag. 850) e 15 ottobre 1968 n. 68/360,
relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al
soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie
all'interno della Comunità (G. U. L 257, pag. 13).
2. - Il giudice nazionale è stato adito in seguito ad una azione
penale promossa nei confronti di un cittadino olandese residente
in Cardiff, nel Galles, ove svolge un'attività subordinata, che —
in quanto non « patrial » (cioè non cittadino britannico con di
ritto di risiedere nel territorio nazionale) e come tale autorizzato
ad entrare nel territorio del Regno Unito e a soggiornarvi solo
per un periodo limitato — ha deliberatamente protratto il suo
soggiorno oltre il termine concessogli. L'imputato non era mu
nito di carta di soggiorno; al momento del suo ultimo ingresso
nel territorio britannico, il 29 luglio 1978, sul suo passaporto
veniva apposto un timbro con la dicitura « autorizzato ad en
trare nel Regno Unito per sei mesi ».
Sulla prima questione. — 3. - Con la prima questione, il giu
dice a quo chiede quale sia il senso dei termini « visto d'ingres so né obbligo equivalente » di cui all'art. 3, n. 2, della direttiva
n. 68/360.
4. - La corte ha già ripetutamente affermato che il diritto dei
cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un al
tro Stato membro e di dimorarvi ai fini consentiti dal trattato,
deriva direttamente dal trattato o, a seconda dei casi, dalle di
sposizioni adottate per la sua attuazione.
5. - La direttiva n. 68/360 mira, come si evince dal suo pream
bolo, per quel che riguarda l'abolizione delle restrizioni ancora
esistenti in materia di trasferimento e di soggiorno all'interno
della Comunità, all'adozione di provvedimenti conformi ai di
ritti e alle facoltà riconosciuti ai cittadini degli Stati membri
dal regolamento del Consglio 15 ottobre 1968 n. 1612, relativo
alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità
(G. U. L 257 pag. 2). A questo scopo, la direttiva stabilisce le
condizioni alle quali i cittadini degli Stati membri esercitano
il loro diritto di lasciare il territorio del proprio Stato di ori
gine per svolgere un'attività subordinata sul territorio di un
altro Stato membro, nonché il loro diritto di accedere al terri
torio di quest'ultimo Stato e di soggiornarvi.
6. - L'art. 3, n. 1, della direttiva prescrive a questo proposito
che gli Stati membri ammettono sul loro territorio le persone
cui si applica il regolamento n. 1612/68 previa semplice esibi
zione di una carta d'identità o di un passaporto validi. Il n. 2
aggiunge che ai lavoratori in questione non può essere imposto
alcun visto d'ingresso né obbligo equivalente.
7. - Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte di giustizia,
il governo britannico ha sostenuto che l'espressione « visto d'in
gresso » si riferisce esclusivamente ad una autorizzazione d'in
gresso rilasciata, prima che il viaggiatore si presenti al valico di
frontiera, in forma di annotazioni sul suo passaporto o di un
documento separato. Per contro, un timbro apposto sul passa
porto al momento del transito alla frontiera e che autorizzi l'in
gresso sul territorio non potrebbe considerarsi visto d'ingresso
o documento equivalente.
8. - Questo punto di vista va disatteso. Ai fini dell'applicazione
della direttiva, che mira a sopprimere le restrizioni allo sposta
mento dei lavoratori comunitari all'interno di tutta la Comunità,
il momento in cui un'autorizzazione ad entrare nel territorio di
uno Stato membro viene rilasciata e registrata sul passaporto o
su un altro documento, è irrilevante. Per di più, il diritto dei
lavoratori comunitari ad entrare nel territorio di un altro Stato
membro, loro conferito dalle norme comunitarie, non può venir
subordinato al rilascio di una autorizzazione ad hoc da parte
dell'amministrazione di detto Stato membro.
9. - È innegabile che il diritto d'ingresso dei lavoratori di cui
trattasi non è assoluto. Tuttavia, l'unica, riserva contemplata dal
l'art. 48 del trattato in materia di libertà di spostamento nel ter
ritorio degli Stati membri, è quella riguardante le limitazioni giu
stificate da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e
di sanità pubblica. Questa riserva va intesa non già come un
presupposto per l'acquisto del diritto d'ingresso e di dimora, ma
come facoltà di restringere, in casi singoli e per giustificati mo
tivi, l'esercizio di un diritto derivante direttamente dal trattato.
Quindi essa non giustifica alcun provvedimento amministrativo
Il Foro Italiano — 1982 — Parte IV-5.
che prescriva in modo generale altre formalità alla frontiera di
verse dalla semplice esibizione di una carta d'identità o di un
passaporto validi.
IO. - È quindi opportuno risolvere la prima questione affer
mando che l'art. 3, n. 2, della direttiva n. 68/360, che vieta agli
Stati membri di prescrivere un visto d'ingresso o un obbligo
equivalente ai lavoratori comunitari che si spostano all'interno
della Comunità, va interpretato nel senso che i termini « visto
d'ingresso né obbligo equivalente » si riferiscono a qualsiasi for
malità, mirante ad autorizzare l'ingresso nel territorio di uno Sta
to membro, prescritta oltre il controllo del passaporto o della
carta d'identità alla frontiera, indipendentemente dal luogo o
dal momento del rilascio di detta autorizzazione e da qualsiasi
forma essa abbia.
Sulla seconda questione. — 11. - Con la seconda questione, il
giudice a quo chiede se la concessione da parte di uno Stato
membro, allorché un cittadino comunitario fa ingresso nel suo
territorio, di una prima autorizzazione a soggiornarvi sei mesi
sia compatibile con gli art. 7 e 48 del trattato nenché con le
direttive nn. 64/221 e 68/360.
12. - L'art. 4 della direttiva n. 68/360 stabilisce che gli Stati
membri riconoscono il diritto di soggiorno sul loro territorio al
le persone contemplate dalla direttiva ed aggiunge che detto di
ritto è « comprovato » con il rilascio di un particolare docu
mento di soggiorno. Questa norma va interpretata alla luce del
preambolo della direttiva, secondo il quale la disciplina appli
cabile in materia di soggiorno deve ravvicinare, nella misura del
possibile, la situazione dei lavoratori degli altri Stati membri a
quella dei lavoratori nazionali.
13. - Nella sentenza 14 luglio 1977, causa 8/77 (Sagulo, Brenca e
Bakhouche, Race. pag. 1495; Foro it., 1977, IV, 369) la corte ha
affermato che il rilascio del documento speciale di soggiorno
cui all'art. 4 summenzionato ha solo effetto dichiarativo e non
può, per gli stranieri cui l'art. 48 del'trattato o analoghe dispo
sizioni di quest'ultimo attribuiscono dei diritti, venir equipa
rato ad un permesso di soggiorno il quale implichi un potere
discrezionale delle autorità nazionali, qual è previsto per la
generalità degli stranieri. La corte ne ha concluso che uno Stato
membro non può quindi richiedere ad una persona tutelata
dalle disposizioni del diritto comunitario di essere in possesso
di un permesso di soggiorno anziché del documento di cui al
l'art. 4 della direttiva n. 68/360.
14. - Ne consegue che la seconda questione è già stata risolta
dalla corte nella sentenza summenzionata.
Sulla terza questione. — 15. - Con la terza questione si chie
de se un cittadino comunitario che sia rimasto nel territorio di
uno Stato membro oltre il termine stabilito nell'autorizzazione
di soggiorno, possa incorrere in questo Stato in sanzioni im
plicanti la detenzione o una proposta di espulsione.
16. - Nella sentenza del 14 luglio 1977 summenzionata, la
corte ha già affermato che, non avendo le autorità nazionali il
diritto di colpire con sanzioni la violazione di una norma in
compatibile col diritto comunitario, l'applicazione di sanzioni pe
nali o di altri provvedimenti coercitivi è esclusa nella misura
in cui una persona tutelata dalla normativa comunitaria non
si sia conformata a disposizioni nazionali le quali le impongano
di essere in possesso di un permesso di soggiorno anziché del
documento previsto dalla direttiva n. 68/360.
17. - Tuttavia, in considerazione della situazione specifica ac
certata dal giudice a quo, e alla luce della soluzione fornita al
secondo quesito, il terzo può anche intendersi nel senso che
sollevi il problema del se l'omissione, da parte di un cittadino
comunitario soggetto al regime della libera circolazione dei la
voratori, di munirsi della carta di soggiorno speciale contem
plata dall'art. 4 della direttiva n. 68/360 possa venir punita con
pene implicanti la detenzione o una proposta di espulsione.
18. - Tra le sanzioni comminate per l'inosservanza delle for
malità prescritte per comprovare il diritto di soggiorno di un
lavoratore tutelato dal diritto comunitario, l'espulsione è in
dubbiamente in contrasto con la disciplina comunitaria, in quan
to tale provvedimento costituisce la negazione del diritto stesso
conferito e garantito dal trattato, come la corte ha già affer
mato in altre occasioni.
19. - Quanto alle altre sanzioni, pecuniarie o detentive, se le
autorità nazionali hanno facoltà di comminare, per l'inosser
vanza delle disposizioni in materia di documenti di soggiorno,
penalità analoghe a quelle previste per le infrazioni minori
contemplate dal diritto nazionale, sarebbe tuttavia ingiustificato
ricollegare a quell'inosservanza sanzioni talmente sproporzionate
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PARTE QUARTA
rispetto alla gravità dell'infrazione da risolversi in un ostacolo
alla libera circolazione dei lavoratori. Ciò avverrebbe, in parti
colare, se dette sanzioni comprendessero pene detentive.
20. - Ne consegue che l'omissione, da parte di un cittadino
comunitario cui si applica il regime della libera circolazione dei
lavoratori, di munirsi della carta di soggiorno speciale contem
plata dall'art. 4 della direttiva n. 68/360 non può venir punita con una proposta di espulsione o con pene che possano essere
anche detentive. (Omissis)'
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni ad essa sot
toposte dalla Pontypridd Magistrates Court, di Mid Glamorgan,
Galles, con ordinanza del 5 ottobre 1979, dichiara:
1) L'art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968
n. 68/360, che vieta agli Stati membri di prescrivere un visto
d'ingresso o un obbligo equivalente ai lavoratori comunitari che
si spostano all'interno della Comunità, va interpretato nel senso
che i termini « visto d'ingresso né obbligo equivalente » si ri
feriscono a qualsiasi formalità, mirante ad autorizzare l'ingres so nel territorio di uno Stato membro, prescritta oltre il con
trollo del passaporto o della carta d'identità alla frontiera, in
dipendentemente dal luogo o dal momento del rilascio di detta
autorizzazione e da qualsiasi forma essa abbia.
2 a) Il rilascio del documento speciale di soggiorno di cui al
l'art. 4 della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968 n. 68/360 ha solo effetto dichiarativo e non può, per gli stranieri cui l'art.
48 del trattato o analoghe disposizioni di quest'ultimo attribui
scono dei diritti, venir equiparato ad un permesso di soggiorno il quale implichi un potere discrezionale delle autorità nazionali,
qual è previsto per la generalità degli stranieri.
b) Uno Stato membro non può richiedere ad una persona tu
telata dalle disposizioni del diritto comunitario di essere in pos sesso di un permesso di soggiorno anziché del documento di
cui al combinato disposto dall'art. 4. n. 2, e dall'allegato della
direttiva n. 68/360.
3) L'omissione, da parte di un cittadino comunitario cui si ap
plica il regime della libera circolazione dei lavoratori, di mu
nirsi della carta di soggiorno speciale contemplata dall'art. 4 del
la direttiva n. 68/360 non può venir punita con una proposta
d'espulsione o con pene che possano essere anche detentive.
II
Diritto. — 1. - Con ordinanza 30 luglio 1979, pervenuta in cancelleria il 10 agosto successivo, la High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisional Court ha sottoposto a que sta corte, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, varie que stioni vertenti sull'interpretazione, in particolare, dell'art. 9, n.
1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221/CEE, « per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il
trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da mo tivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pub blica » (G. U. 1964, pag. 850), ai fini dell'esercizio del proprio sindacato giurisdizionale in un procedimento relativo all'istanza di un cittadino italiano, stabilitosi nel Regno Unito come lavo ratore dipendente, intesa all'annullamento di un decreto di espul sione emesso nei confronti dell'interessato in seguito a condan na penale.
2. - Dal fascicolo di causa e dalle osservazioni presentate nel la fase orale del procedimento risulta che il Regno Unito non ha adottato specifiche disposizioni legislative per l'attuazione della direttiva 64/221. La legge da applicare nella fattispecie, e cioè quella che disciplina l'immigrazione (« Immigration Act »), risale al 1971. Essa stabilisce che le persone qualificate «non
patrials » (stranieri) sono soggette, nel Regno Unito, a controlli che implicano la possibilità di espulsione nei seguenti casi:
— a norma dell'art. 3, n. 5, di tale legge, « a) se [l'interessato], autorizzato solo ad entrare nel paese
e a soggiornarvi temporaneamente, non rispetta una delle con dizioni poste per il soggiorno o si trattiene oltre la scadenza
prescritta nell'autorizzazione, o inoltre
b) se il ministro giudica che la sua espulsione è necessaria nel
pubblico interesse, o inoltre
c) se un decreto di espulsione è o è stato adottato contro un altro membro della sua famiglia»;
— a norma dell'art. 3, n. 6, « se [l'interessato] è condannato per un'infrazione per cui è
prevista una pena detentiva e se, a seguito della condanna, un
giudice ne propone l'espulsione...».
Il sistema di impugnazione è diverso a seconda dei casi: — in caso di applicazione del n. 5 di cui sopra, la decisione
del ministro di espellere lo straniero può venir impugnata di
nanzi ad un «Adjudicator», la cui pronunzia a sua volta è im
pugnabile dinanzi all'« Immigration Appeal Tribunal»; — nell'ipotesi in cui venga applicato il n. 6, la proposta di
espulsione avanzata da un giudice può venir impugnata, men
tre non è impugnabile l'eventuale successivo decreto di espul
sione, né si possono presentare osservazioni prima che venga
adottata la decisione di emanare il provvedimento.
3. - Dall'ordinanza di rinvio e dagli atti del fascicolo risulta
che, il 13 dicembre 1973, il ricorrente nella causa principale ve
niva dichiarato, dalla «Central Criminal Court», reo di sodo
mia (« buggery ») e violenza carnale nei confronti di una pro
stituita (reati commessi il 18 dicembre 1972), nonché di atti di
libidine violenti e lesioni nei confronti di un'altra prostituta
(reati commessi il 14 aprile 1973). Il 21 gennaio 1974 egli ve
niva condannato ad una pena detentiva di 8 anni complessivi
per questi quattro reati. Nel pronunziare la sentenza, la « Cen
tral Criminal Court » proponeva l'espulsione dell'interessato in
forza dell'« Immigration Act ».
4. - Il 10 ottobre 1974, la « Court of Appeal (Criminal Divi
sion) » rifiutava al ricorrente l'autorizzazione ad interporre ap
pello sia avverso la condanna alla pena detentiva, sia avverso
la proposta di espulsione. Il 28 settembre 1978, il ministro del
l'interno adottava nei confronti dell'interessato un decreto di
espulsione, che doveva essere eseguito al termine del periodo di detenzione. Il 3 aprile 1979, dopo che aveva scontato la pe na detentiva, ridotta di un terzo per buona condotta, il ricor
rente avrebbe dovuto esser posto in libertà, ma, in ragione del
l'» Immigration Act», non veniva rilasciato. Il 10 aprile 1979,
egli proponeva alla « High Court » un ricorso inteso all'annul
lamento del decreto di espulsione e motivato nel senso che que sto alto, emanato oltre quattro anni dopo la proposta di espul sione formulata dalla «Central Criminal Court», avrebbe leso
i suoi diritti soggettivi, in quanto incompatibile con l'art. 9, n.
1, della direttiva n. 64/221.
5. - L'art. 48 del trattato garantisce la libera circolazione dei
lavoratori nell'ambito della Comunità. Tale libertà implica, per tutti i cittadini degli Stati membri, fatte salve le limitazioni giu stificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e
di sanità pubblica, il divieto di spostarsi liberamente nel territo
rio degli Stati membri e di prendere dimora in uno Stato mem
bro al fine di svolgervi un'attività di lavoro, conformemente alle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che di
sciplinano l'occupazione per il lavoratori nazionali.
6. - A termini del terzo punto del suo preambolo, la direttiva
n. 64/221 persegue fra l'altro lo scopo di « offrire in ogni Stato
membro, ai cittadini degli altri Stati membri, idonei mezzi di
ricorso avverso gli atti amministrativi » nel settore dell'ordine
pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica. 7. - Secondo l'art. 8 della stessa direttiva, l'interessato deve po
ter esperire, avverso i provvedimenti adottati nei suoi confronti, «i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi»; se ciò non è ammesso, l'interessato deve avere quanto meno, ai
sensi dell'art. 9, la possibilità di far valere i propri mezzi di
difesa dinanzi ad un'autorità competente diversa da quella cui
spetta l'adozione del provvedimento di allontanamento dal ter
ritorio dello Stato.
8. - L'art. 9, n. 1, della direttiva dispone che: « Se non sono ammessi ricorsi giurisdizionali o se tali ricorsi
sono intesi ad accertare soltanto la legittimità dei provvedimenti
impugnati o se essi non hanno effetto sospensivo, il provvedi mento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno o quello di allontanamento dal territorio del titolare del permesso di sog
giorno è adottato dall'autorità amministrativa, tranne in casi di
urgenza, solo dopo aver sentito il parere di una autorità com
petente del paese ospitante, dinanzi alla quale l'interessato deve
poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rap
presentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di
detto paese. La suddetta autorità deve essere diversa da quella cui spetta
l'adozione dei provvedimenti di diniego del rinnovo del per messo o di allontanamento dal territorio».
9. - ;È noto che, nel diritto inglese, le impugnazioni ammesse contro un provvedimento di allontanamento riguardano unica mente la legittimità dell'atto. Ne consegue che lo stesso provve dimento di allontanamento dev'essere necessariamente emanato in conformità a quanto disposto dall'art. 9 della direttiva, che
prevede espressamente tale ipotesi.
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
10. - Stando cosi le cose, la « High Court of England and Wa
les, Queen's Bench Division » è stata indotta a formulare le se
guenti questioni:
1) Se l'art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio
1964 n. 64/221 conferisca ai singoli diritti che possono essere
fatti valere dinanzi ai giudici nazionali e che questi devono
tutelare.
2) a) Quale sia il significato della frase « dopo aver sentito il
parere di una autorità competente del paese ospitante » di cui
all'art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964
n. 64/221 («parere»);
b) e, in particolare, se una proposta d'espulsione fatta da un
giudice penale nell'emettere una sentenza di condanna (« pro
posta ») possa costituire un «parere».
3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 2 b):
a) Se la « proposta » debba essere motivata in ogni sua parte.
b) In quali circostanze, eventualmente, il lasso di tempo in
tercorrente tra la formulazione della « propost# » e l'adozione di
un provvedimento di espulsione escluda che la « proposta » co
stituisca un « parere ».
c) In particolare, se il lasso di tempo trascorso scontando una
pena detentiva abbia l'effetto di privare la « proposta » del ca
rattere di « parere ».
L'art. 9, n. 1, della direttiva s'inquadra in un complesso di
norme intese a garantire il rispetto dei diritti dei cittadini di
uno Stato membro in materia di libera circolazione e di sog
giorno nel territorio degli altri Stati membri. Gli art. 3 e 4
della direttiva limitano le ragioni che possono giustificare l'espul sione del lavoratore o il rifiuto d'ingresso nei suoi confronti.
L'art. 6 stabilisce che i motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica sui quali si basa un dato provve
dimento sono portati a conoscenza dell'interessato, salvo il caso
che vi si oppongano motivi inerenti alla sicurezza dello Stato.
L'art. 7 dispone fra l'altro che il provvedimento di diniego del
rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno o il provvedi
mento di allontanamento dal territorio è notificato all'interessato.
L'art. 8 garantisce all'interessato la possibilità di esperire i ri
corsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi.
12. - Le disposizioni dell'art. 9 sono complementari rispetto a
quelle dell'art. 8. Esse hanno lo scopo di offrire un minimo di
garanzie procedurali alle persone colpite da uno dei provvedimen
ti corrispondenti alle tre ipotesi definite nel n. 1 dello stesso
art. 9. Qualora i ricorsi giurisdizionali riguardino unicamente
la legittimità del provvedimento impugnato, l'intervento della
«autorità competente» di cui all'art. 9, n. 1, deve consentire un
esame esauriente di tutti i fatti e di tutte le circostanze, ivi com
presa l'opportunità del provvedimento considerato, prima che
questo venga definitivamente adottato. Inoltre, l'interessato deve
poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rap
presentare secondo la procedura prevista dalla legislazione na
zionale.
13. - In complesso, si tratta di norme precise e concrete, tali
da poter esser fatte valere da qualsiasi persona interessata e
quindi atte ad essere applicate da qualsiasi organo giurisdizio nale. Questa constatazione induce a risolvere affermativamente
la prima questione formulata dal giudice nazionale.
14. - L'esigenza sancita dall'art. 9, n. 1, con lo stabilire che
qualsiasi provvedimento di allontanamento dev'essere preceduto dal parere dell'« autorità competente » e che l'interessato deve
poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi rappresentare dinanzi a detta autorità secondo la procedura prevista dalla le
gislazione nazionale, non può costituire una reale garanzia se
non qualora tutti gli elementi che l'autorità amministrativa deve
prendere in considerazione siano sottoposti alla valutazione del
l'» autorità competente », il parere di questa sia abbastanza vi
cino nel tempo al provvedimento di allontanamento, sf da far
presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in con
siderazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la persona interessata siano poste in grado — sempre salva l'ipotesi, con
templata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi inerenti alla
sicurezza dello Stato — di conoscere i motivi che hanno indotto
l'« autorità competente » ad emettere il parere.
15. - Circa la questione relativa al significato dell'espressione « parere di una autorità competente del paese ospitante » ed al
se la proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nell'emet
tere una sentenza di condanna costituisca un parere del genere,
va rilevalo che la direttiva non precisa la natura della « autorità
competente». Essa fa riferimento ad organi indipendenti dalla
autorità amministrativa, ma lascia agli Stati membri un certo
margine di valutazione discrezionale quanto alla natura di tali
organi.
16. - È pacifico che i giudici penali del Regno Unito sono
organi indipendenti dall'autorità amministrativa cui spetta l'ado
zione del decreto di espulsione, e che l'interessato ha il diritto
di farsi rappresentare e di far valere i propri mezzi di difesa
dinanzi a detti giudici.
17. - La proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nel
l'emettere una sentenza di condanna in forza della legislazione
britannica può, quindi, costituire un parere ai sensi dell'art. 9
della direttiva, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni
poste dallo stesso articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener
conto — com'è stato già sottolineato da questa corte nella sen
tenza 27 ottobre 1977 (causa 30/77, Bouchereau, Race. 1977. pag.
1999; Foro it., 1977, IV, 369) — di quanto disposto dall'art. 3
della direttiva, nel senso che la sola esistenza di condanne penali
non può automaticamente giustificare provvedimenti di allonta
namento dal territorio dello Stato.
18. - Quanto al momento in cui deve intervenire il parere del
l'» autorità competente », si deve rilevare che un lasso di tempo
di vari anni fra la proposta di espulsione e il provvedimento del
l'autorità amministrativa è atto a privare la proposta della sua
funzione di parere ai sensi dell'art. 9. È importante, infatti, che
il danno sociale derivante dalla presenza di uno straniero sia va
lutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene
adottato il provvedimento di allontanamento, poiché i fattori di
valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento per
sonale dell'interessato, possono mutare con l'andar del tempo.
19. - Queste considerazioni inducono a risolvere la seconda e
la terza questione della « High Court of Justice » nel seguente
modo:
La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di va
lutazione discrezionale per la designazione della « autorità com
petente ». Può essere considerata tale qualsiasi autorità pubblica
indipendente dall'autorità amministrativa cui spetta l'adozione di
uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organizzata in
modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappresentare e di
far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad essa.
La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nell'emet
tere una sentenza di condanna in forza "della legislazione britan
nica può costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della direttiva,
purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso
articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener conto di quanto
disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la sola esistenza
di condanne penali non può automaticamente giustificare prov
vedimenti di allontanamento dal territorio dello Stato.
Il parere della « autorità competente » dev'essere abbastanza
vicino nel tempo al provvedimento di allontafiamento, si da far
presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in con
siderazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la persona
interessata devono essere poste in grado — sempre salva l'ipo
tesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi ine
renti alla sicurezza dello Stato — di conoscere i motivi che hanno
indotto l'« autorità competente » ad emettere il parere.
Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espulsione
e il provvedimento dell'autorità amministrativa è atto a privare
la proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art. 9. iÈ im
portante, infatti, che il danno sociale derivante dalla presenza
di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei con
fronti di questo, viene adottato il provvedimento di allontana
mento, poiché i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi
al comportamento personale dell'interessato, possono mutare con
l'andar del tempo. (Omissis)
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottopostele
dalla « High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisio
nal Court» con ordinanza 30 luglio 1979, dichiara:
1. L'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n.
64/221/CEE, impone agli Stati membri degli obblighi che pos
sono esser fatti valere dagli amministrati dinanzi ai giudici na
zionali.
2. a) La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di
valutazione discrezionale per la designazione della « autorità com
petente ». Può essere considerata tale qualsiasi autorità pubblica
indipendente dall'autorità amministrativa cui spetta l'adozione di
uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organizzata in
modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappresentare e
di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad essa.
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PARTE QUARTA
b) La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nel
l'emettere una sentenza di condanna in forza della legislazione britannica può costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della di
rettiva, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener conto
di quanto disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la
sola esistenza di condanne penali non può automaticamente giu stificare provvedimenti di allontanamento dal territorio dello
Stato.
3. a) Il parere della « autorità competente » dev'essere abba
stanza vicino nel tempo al provvedimento di allontanamento, si
da far presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in considerazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la
persona interessata devono essere poste in grado — sempre salva
l'ipotesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi
inerenti alla sicurezza dello Stato — di conoscere i motivi che
hanno indotto l'« autorità competente » ad emettere il parere. b) Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espul
sione e il provvedimento dell'autorità amministrativa è atto a
privare la proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art.
9. È importante, infatti, che il danno sociale derivante dalla
presenza di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene adottato il provvedimento di al
lontanamento, poiché i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento personale dell'interessato, possono mu
tare con l'andar del tempo.
LOGISLAZIONE COMUNITARIA (*)
Comunità economica europea
Agricoltura
Generalità
Prima direttiva della Commissione del 28 luglio 1981 n. 81/
712/CEE, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo
dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (G. U. 10 set
tembre 1981, L 257, 1; Le leggi, 1981: appendice CE, 54). Nona direttiva della Commissione del 31 luglio 1981 n. 81/
715/CEE, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il control lo ufficiale degli alimenti per animali (G. U. 10 settembre 1981, L 257, 38; Le leggi, 1981: appendice CE, 54).
Grassi
Regolamento della Commissione del 30 ottobre 1981 n. 3137/81/CEE, recante modalità d'applicazione del regime di aiuto alla produzione di olio d'oliva (G. U. 31 ottobre 1981, L 312, 64).
Latte e prodotti lattiero-caseari
Regolamento della Commissione del 14 settembre 1981 n. 2729/81/ CEE, che stabilisce modalità particolari di applicazione dei titoli d'importazione e di esportazione e del regime di fissazione anticipata delle restituzioni nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (G.U. 26 settembre 1981, L 272, 19).
(*) La rubrica si propone di fornire un'informazione sulla c. d. le gislazione comunitaria nei suoi aspetti più significativi, specie per quanto riguarda l'Italia. Per tal motivo, vengono segnalati, a titolo principale, gli atti « autoritativi » del Consiglio e della Commissione delle CE (« regolamenti », « direttive », « decisioni » CEE ed Eura tom; « decisioni » e « raccomandazioni » CECA); nonché, in misura più limitata, gli atti non autoritativi delle medesime istituzioni (pa
peri, raccomandazioni). Quando inoltre per l'interesse della materia ciò è parso opportuno, si è tenuto conto anche di atti di diversa na tura e provenienza, quindi, ad es., le risoluzioni dei rappresentanti degli Stati membri, le proposte di regolamenti e di direttive, gli atti del Parlamento europeo, ecc., nonché, all'occorrenza, delle convenzioni stipulate tra gli Stati membri in materia di rilevanza comunitaria.
Gli atti sono distinti secondo la Comunità cui si riferiscono: nel l'ordine CEE, CECA, Euratom, con una sezione finale per le dispo sizioni comuni. All'interno delle singole Comunità, la disposizione, quando è necessaria, segue tendenzialmente lo schema dei trattati (so lo per la CEE è aggiunta una sezione finale « Varie », che con cerne essenzialmente gli atti basati sull'art. 235 del trattato o non ri conducibili ad altre voci). Nell'ambito delle singole voci, infine, è rispettato l'ordine cronologico di pubblicazione degli atti. I più im portanti di tali atti appaiono, dal 1978, anche su Le leggi, appendice CE (A. Tizzano).
Pesca
Regolamento del Consiglio del 10 ottobre 1981 n. 3000/81/CEE, che stabilisce, per il 1981, talune misure di conservazione e di ge stione delle risorse ittiche da applicare alle navi immatricolate nelle
isole Faeroer (G. U. 24 ottobre 1981, L 304, 1).
Regolamento del Consiglio del 10 ottobre 1981 n. 3001/81/CEE, che dispone talune misure di conservazione e di gestione delle risorse
di pesca da applicare alle navi battenti bandiera della Svezia (G. U.
24 ottobre 1981, L 304, 10). Decisione del Consiglio del 10 ottobre 1981 n. 81/817/CEE, rela
tiva alla conclusione dell'accordo in forma di scambio di lettere, che istituisce, per il 1981, una convenzione in materia di pesca tra
la Comunità economica europea e il governo della Svezia (G. U. 24
ottobre 1981, L 304, 17).
Lavoratori
Regolamento del Consiglio del 17 settembre 1981, n. 2793/
81/CEE, recante modifica del regolamento (CEE) n. 1408/71 re
lativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavora
tori subordinati ed ai loro familiari che si spostano all'interno
della Comunità e del regolamento (CEE) n. 574/72 che stabi
lisce le modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/
71 (G.U. 29 settembre 1981, L 275, 1).
Politica economica
Bilancia dei pagamenti
Decisione della Commissione del 23 settembre 1981 n. 81/
803/CEE, che autorizza la Repubblica italiana a mantenere l'ob
bligo di un deposito all'acquisto di divise (G. U. 15 ottobre
1981, L 296, 50; Le leggi, 1981: appendice CE, 55).
Politica commerciale
Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2738/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu
ropea e la Repubblica di Colombia sul commercio dei tessili (G. U.
28 settembre 1981, L 273, 1).
Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2739/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu
ropea e la Repubblica araba d'Egitto sul commercio dei tessili (G. U.
28 settembre 1981, L 273, 39).
Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2740/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu
ropea e la Repubblica indiana sul commercio dei tessili (G. U. 28
settembre 1981, L 273, 76).
Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2741/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu
ropea e la Repubblica socialista di Romania sul commercio dei tessili, nonché dell'accordo sotto forma di scambio di lettere (G. U. 28 set
tembre 1981, L 273, 116).
Regolamento del Consiglio del 23 luglio 1981 n. 2742/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu
ropea e la Repubblica federativa socialista di Jugoslavia sul commer
cio dei tessili (G. U. 28 settembre 1981, L 273, 161).
Regolamento del Consiglio del 29 settembre 1981 n. 2818/81/
CEE, relativo all'applicazione del regolamento economico e del
le norme di controllo dell'accordo internazionale sul cacao del
1980 (G.U. 1° ottobre 1981, L 279, 1).
Decisione della Commissione del 17 luglio 1981 n. 81/818/CEE, che autorizza la Repubblica italiana ad escludere dal trattamento comunitario i tessuti di cotone originari della Corea del Sud, dell'In
dia, del Pakistan e della Repubblica popolare cinese (G. U. 27 ottobre
1981, L 306, 25).
Banca europea per gli investimenti
Decisione del Consiglio dei governatori del 13 maggio 1981, che modifica Io statuto della Banca europea per gli investimenti in se
guito all'adozione, da parte della Banca, dell'ECU come unità di conto (G.U. 30 ottobre 1981, L 311, 1).
Disposizioni comuni
Unione dei passaporti
Risoluzione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri delle Comunità europee riuniti in sede di Consiglio del 23 giugno 1981 (G.U. 19 settembre 1981, C 241, 1; Le leggi, 1981: appen dice CE, 57).
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