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PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA || Sezione I; sentenza 3 luglio 1980 (in causa...

Date post: 30-Jan-2017
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Sezione I; sentenza 3 luglio 1980 (in causa 157/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (concl. conf.); Pieck Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA (1982), pp. 63/64-71/72 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174408 . Accessed: 28/06/2014 13:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 13:37:06 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; sentenza 3 luglio 1980 (in causa 157/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (concl.conf.); PieckSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1982), pp. 63/64-71/72Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174408 .

Accessed: 28/06/2014 13:37

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PARTE QUARTA

esige dalla Samavins il versamento della somma di 547.607,29 franchi francesi, corrispondenti agli importi compensativi mone tari a questa concessi, in base ai regolamenti della Commissione nn. 648/73 e 649/73, all'atto delle importazioni di vino in Francia.

3. - Con sentenza 7 giugno 1977, il Tribunal de commerce di Parigi respingeva la domanda dell'O.C.E. Quest'ultimo im

pugnava detta sentenza dinanzi alla Cour d'appel di Parigi. 4. - Nella sentenza di rinvio è formulata la questione se,

« nell'ipotesi d'importazione di vini dal Marocco, ad opera di

una società francese, la disciplina comunitaria — specie i re

golamenti n. 974/71 del Consiglio e nn. 648/73 e 649/73 della Commissione delle Comunità europee — prescriva che gli im

porti compensativi monetari di cui ha fruito l'importatore fran cese vadano da questi trasferiti all'esportatore marocchino ».

5. - Dal regolamento n. 974/71, modificato dal regolamento del Consiglio 22 febbraio 1973 n. 509 (G. U. L 50, pag. 1), e dalla normativa comunitaria nel settore agrimonetario risulta che l'operatore che espleta le formalità doganali d'importazione o d'esportazione percepisce o versa, a seconda dei casi, l'im

porto compensativo monetario. Dette disposizioni concernono solamente i rapporti tra questo operatore economico e l'auto rità pubblica che percepisce o versa l'importo compensativo monetario.

6. - Al di là di queste disposizioni si entra nel campo dei rap porti contrattuali disciplinati dal diritto nazionale.

7. - La questione del giudice di rinvio va pertanto risolta nel senso che il problema del se l'operatore che espleta le for malità doganali debba trasferire alla sua controparte il benefi cio dell'importo compensativo monetario rientra nella sfera dei

rapporti contrattuali ed esula dal diritto comunitario. (Omissis) Per questi motivi, pronunziandosi sulla questione sottopostale

dalla Cour d'appel di Parigi con sentenza 6 aprile 1979, di chiara:

La questione del se l'operatore che espleta le formalità doga nali debba trasferire alla sua controparte il beneficio dell'im

porto compensativo monetario rientra nella sfera dei rapporti contrattuali ed esula dal diritto comunitario.

I

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se zione I; sentenza 3 luglio 1980 (in causa 157/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (conci, conf.); Pieck.

Comunità europee — CEE — Circolazione delle persone — Do cumento speciale di soggiorno — Efficacia — Fattispecie (Trat tato CEE, art. 48, 177; dir. 25 febbraio 1964 n. 64/221/CEE del Consiglio, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giu stificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica; dir. 15 ottobre 1968 n. 68/360/CEE, rela tiva alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al

soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro fa

miglie all'interno della Comunità, art. 3, 4).

L'art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968 n.

68/360/CEE che vieta agli Stati membri di prescrivere un visto

d'ingresso o un obbligo equivalente ai lavoratori comunitari che si spostano all'interno della Comunità, va interpretato nel senso che i termini « visto d'ingresso né obbligo equivalente » si riferiscono a qualsiasi formalità, mirante ad autorizzare l'in

gresso nel territorio di uno Stato membro, prescritta oltre il controllo del passaporto o della carta d'identità alla frontiera, indipendentemente dal luogo o dal momento del rilascio di detta autorizzazione e da qualsiasi forma essa abbia. (1)

(1-9) Non constano precedenti in termini. Peraltro le due sentenze sviluppano precedenti orientamenti giurisprudenziali volti ad interpre tare estensivamente i diritti conferiti ai privati dalla normativa comuni taria in tema di circolazione delle persone, e segnatamente quanto al l'applicazione delle direttive n. 64/221 e n. 68/360: v., da ultimo, Corte giust. 28 marzo 1979, in causa 175/78, Foro it., 1980, IV, 59; 5 marzo 1980, in causa 98/79, id., 1980, IV, 372, e i precedenti richiamati nelle relative note. A tali precedenti si collegano anche le più signifi cative novità introdotte dalle due pronunce: la precisazione della por

Il rilascio del documento speciale di soggiorno di cui all'art. 4

della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968 n. 68/360 ha so

lo effetto dichiarativo e non può, per gli stranieri cui l'art. 48

del trattato o analoghe disposizioni di quest'ultimo attribui

scono dei diritti, venir equiparato ad un permesso di soggior no il quale implichi un potere discrezionale delle autorità na

zionali, qual è previsto per la generalità degli stranieri. (2)

Uno Stato membro non può richiedere ad una persona tutelata

dalle disposizioni del diritto comunitario di essere in possesso di un permesso di soggiorno anziché del documento di cui al combinato disposto dall'art. 4, n. 2, e dell'allegato della diret tiva n. 68/360. (3)

L'omissione, da parte di un cittadino comunitario cui si applica il regime della libera circolazione dei lavoratori, di munirsi della carta di soggiorno speciale contemplata dall'art. 4' della direttiva n. 68/360 non può venir punita con una proposta d'espulsione o con pene che possano essere anche detentive. (4)

II

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 22 maggio 1980 (in causa 131/79); Pres. O'Keeffe, Avv. gen. Warner (conci, conf.); Santillo.

Comunità europee — CEE — Circolazione delle persone — Espul sione — Condizioni — Limiti (Trattato CEE, art. 48, 177; dir. 25 febbraio 1964 n. 64/221/CEE del Consiglio, art. 8, 9).

L'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221/ CEE, impone agli Stati membri degli obblighi che possono es ser fatti valere dagli amministrati dinanzi ai giudici naziona li■ (5)

La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di valuta zione discrezionale per la designazione della « autorità compe tente » ; può essere considerata tale qualsiasi autorità pubblica indipendente dall'autorità amministrativa cui spetta l'adozione di uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organiz zata in modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappre sentare e di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad es sa. (6)

La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nell'emet tere una sentenza di condanna in forza della legislazione bri tannica può costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della diret

tiva, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo; il giudice penale deve fra l'altro tener conto di quanto disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la sola esistenza di condanne penali non può automatica mente giustificare provvedimenti di allontanamento dal territo rio dello Stato. (7)

Il parere della « autorità competente » dev'essere abbastanza vi cino nel tempo al provvedimento di allontanamento, si da far presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in con siderazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la per sona interessata devono essere poste in grado — sempre salva l'ipotesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano mo tivi inerenti alla sicurezza dello Stato — di conoscere i mo tivi che hanno indotto l'« autorità competente » ad emettere il parere. (8)

Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espulsione e il provvedimento dell'autorità amministrativa è atto a privare la

proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art. 9; è

importante, infatti, che il danno sociale derivante dalla pre senza di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene adottato il provvedimento di allontanamento, poiché i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento personale dell'interessato, pos sono mutare con l'andar del tempo. (9)

I

Diritto. — 1. - Con ordinanza del 5 settembre 1979, registrata presso la Corte di giustizia il successivo 10 ottobre, la Pontypridd

tata dell'art. 3, n. 2, e dell'art. 4 della direttiva 68/360; e la dichiara zione dell'applicabiltà diretta dell'art. 9 della direttiva 64/221, con la puntualizzazione di talune questioni interpretative connesse a tale norma e all'art. 8 della stessa direttiva: v., in particolare, Corte giust. 8 aprile 1976, in causa 48/75, id., 1976, IV, 375, con nota di A. Tizzano; 7 luglio 1976, in causa 118/75, id., 1976, IV, 361; 14 luglio 1977, in causa 8/77, id., 1977, IV, 369; 27 ottobre 1977, in causa 30/77, id., 1977, IV, 369, tutte con nota di richiami, cui adde Calamia, Ammis sione ed allontanamento degli stranieri, Milano, 1980, spec. 157 ss.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Magistrates Court ha sottoposto, a norma dell'art. 177 del trat

tato CEE, tre questioni circa l'interpretazione degli art. 7 e 48

del trattato, nonché delle direttive del Consiglio 25 febbraio 1964

n. 64/221, per il coordinamento dei provvedimenti speciali ri

guardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustifi cati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sa

nità pubblica (G. U. 1964, pag. 850) e 15 ottobre 1968 n. 68/360,

relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al

soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie

all'interno della Comunità (G. U. L 257, pag. 13).

2. - Il giudice nazionale è stato adito in seguito ad una azione

penale promossa nei confronti di un cittadino olandese residente

in Cardiff, nel Galles, ove svolge un'attività subordinata, che —

in quanto non « patrial » (cioè non cittadino britannico con di

ritto di risiedere nel territorio nazionale) e come tale autorizzato

ad entrare nel territorio del Regno Unito e a soggiornarvi solo

per un periodo limitato — ha deliberatamente protratto il suo

soggiorno oltre il termine concessogli. L'imputato non era mu

nito di carta di soggiorno; al momento del suo ultimo ingresso

nel territorio britannico, il 29 luglio 1978, sul suo passaporto

veniva apposto un timbro con la dicitura « autorizzato ad en

trare nel Regno Unito per sei mesi ».

Sulla prima questione. — 3. - Con la prima questione, il giu

dice a quo chiede quale sia il senso dei termini « visto d'ingres so né obbligo equivalente » di cui all'art. 3, n. 2, della direttiva

n. 68/360.

4. - La corte ha già ripetutamente affermato che il diritto dei

cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un al

tro Stato membro e di dimorarvi ai fini consentiti dal trattato,

deriva direttamente dal trattato o, a seconda dei casi, dalle di

sposizioni adottate per la sua attuazione.

5. - La direttiva n. 68/360 mira, come si evince dal suo pream

bolo, per quel che riguarda l'abolizione delle restrizioni ancora

esistenti in materia di trasferimento e di soggiorno all'interno

della Comunità, all'adozione di provvedimenti conformi ai di

ritti e alle facoltà riconosciuti ai cittadini degli Stati membri

dal regolamento del Consglio 15 ottobre 1968 n. 1612, relativo

alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità

(G. U. L 257 pag. 2). A questo scopo, la direttiva stabilisce le

condizioni alle quali i cittadini degli Stati membri esercitano

il loro diritto di lasciare il territorio del proprio Stato di ori

gine per svolgere un'attività subordinata sul territorio di un

altro Stato membro, nonché il loro diritto di accedere al terri

torio di quest'ultimo Stato e di soggiornarvi.

6. - L'art. 3, n. 1, della direttiva prescrive a questo proposito

che gli Stati membri ammettono sul loro territorio le persone

cui si applica il regolamento n. 1612/68 previa semplice esibi

zione di una carta d'identità o di un passaporto validi. Il n. 2

aggiunge che ai lavoratori in questione non può essere imposto

alcun visto d'ingresso né obbligo equivalente.

7. - Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte di giustizia,

il governo britannico ha sostenuto che l'espressione « visto d'in

gresso » si riferisce esclusivamente ad una autorizzazione d'in

gresso rilasciata, prima che il viaggiatore si presenti al valico di

frontiera, in forma di annotazioni sul suo passaporto o di un

documento separato. Per contro, un timbro apposto sul passa

porto al momento del transito alla frontiera e che autorizzi l'in

gresso sul territorio non potrebbe considerarsi visto d'ingresso

o documento equivalente.

8. - Questo punto di vista va disatteso. Ai fini dell'applicazione

della direttiva, che mira a sopprimere le restrizioni allo sposta

mento dei lavoratori comunitari all'interno di tutta la Comunità,

il momento in cui un'autorizzazione ad entrare nel territorio di

uno Stato membro viene rilasciata e registrata sul passaporto o

su un altro documento, è irrilevante. Per di più, il diritto dei

lavoratori comunitari ad entrare nel territorio di un altro Stato

membro, loro conferito dalle norme comunitarie, non può venir

subordinato al rilascio di una autorizzazione ad hoc da parte

dell'amministrazione di detto Stato membro.

9. - È innegabile che il diritto d'ingresso dei lavoratori di cui

trattasi non è assoluto. Tuttavia, l'unica, riserva contemplata dal

l'art. 48 del trattato in materia di libertà di spostamento nel ter

ritorio degli Stati membri, è quella riguardante le limitazioni giu

stificate da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e

di sanità pubblica. Questa riserva va intesa non già come un

presupposto per l'acquisto del diritto d'ingresso e di dimora, ma

come facoltà di restringere, in casi singoli e per giustificati mo

tivi, l'esercizio di un diritto derivante direttamente dal trattato.

Quindi essa non giustifica alcun provvedimento amministrativo

Il Foro Italiano — 1982 — Parte IV-5.

che prescriva in modo generale altre formalità alla frontiera di

verse dalla semplice esibizione di una carta d'identità o di un

passaporto validi.

IO. - È quindi opportuno risolvere la prima questione affer

mando che l'art. 3, n. 2, della direttiva n. 68/360, che vieta agli

Stati membri di prescrivere un visto d'ingresso o un obbligo

equivalente ai lavoratori comunitari che si spostano all'interno

della Comunità, va interpretato nel senso che i termini « visto

d'ingresso né obbligo equivalente » si riferiscono a qualsiasi for

malità, mirante ad autorizzare l'ingresso nel territorio di uno Sta

to membro, prescritta oltre il controllo del passaporto o della

carta d'identità alla frontiera, indipendentemente dal luogo o

dal momento del rilascio di detta autorizzazione e da qualsiasi

forma essa abbia.

Sulla seconda questione. — 11. - Con la seconda questione, il

giudice a quo chiede se la concessione da parte di uno Stato

membro, allorché un cittadino comunitario fa ingresso nel suo

territorio, di una prima autorizzazione a soggiornarvi sei mesi

sia compatibile con gli art. 7 e 48 del trattato nenché con le

direttive nn. 64/221 e 68/360.

12. - L'art. 4 della direttiva n. 68/360 stabilisce che gli Stati

membri riconoscono il diritto di soggiorno sul loro territorio al

le persone contemplate dalla direttiva ed aggiunge che detto di

ritto è « comprovato » con il rilascio di un particolare docu

mento di soggiorno. Questa norma va interpretata alla luce del

preambolo della direttiva, secondo il quale la disciplina appli

cabile in materia di soggiorno deve ravvicinare, nella misura del

possibile, la situazione dei lavoratori degli altri Stati membri a

quella dei lavoratori nazionali.

13. - Nella sentenza 14 luglio 1977, causa 8/77 (Sagulo, Brenca e

Bakhouche, Race. pag. 1495; Foro it., 1977, IV, 369) la corte ha

affermato che il rilascio del documento speciale di soggiorno

cui all'art. 4 summenzionato ha solo effetto dichiarativo e non

può, per gli stranieri cui l'art. 48 del'trattato o analoghe dispo

sizioni di quest'ultimo attribuiscono dei diritti, venir equipa

rato ad un permesso di soggiorno il quale implichi un potere

discrezionale delle autorità nazionali, qual è previsto per la

generalità degli stranieri. La corte ne ha concluso che uno Stato

membro non può quindi richiedere ad una persona tutelata

dalle disposizioni del diritto comunitario di essere in possesso

di un permesso di soggiorno anziché del documento di cui al

l'art. 4 della direttiva n. 68/360.

14. - Ne consegue che la seconda questione è già stata risolta

dalla corte nella sentenza summenzionata.

Sulla terza questione. — 15. - Con la terza questione si chie

de se un cittadino comunitario che sia rimasto nel territorio di

uno Stato membro oltre il termine stabilito nell'autorizzazione

di soggiorno, possa incorrere in questo Stato in sanzioni im

plicanti la detenzione o una proposta di espulsione.

16. - Nella sentenza del 14 luglio 1977 summenzionata, la

corte ha già affermato che, non avendo le autorità nazionali il

diritto di colpire con sanzioni la violazione di una norma in

compatibile col diritto comunitario, l'applicazione di sanzioni pe

nali o di altri provvedimenti coercitivi è esclusa nella misura

in cui una persona tutelata dalla normativa comunitaria non

si sia conformata a disposizioni nazionali le quali le impongano

di essere in possesso di un permesso di soggiorno anziché del

documento previsto dalla direttiva n. 68/360.

17. - Tuttavia, in considerazione della situazione specifica ac

certata dal giudice a quo, e alla luce della soluzione fornita al

secondo quesito, il terzo può anche intendersi nel senso che

sollevi il problema del se l'omissione, da parte di un cittadino

comunitario soggetto al regime della libera circolazione dei la

voratori, di munirsi della carta di soggiorno speciale contem

plata dall'art. 4 della direttiva n. 68/360 possa venir punita con

pene implicanti la detenzione o una proposta di espulsione.

18. - Tra le sanzioni comminate per l'inosservanza delle for

malità prescritte per comprovare il diritto di soggiorno di un

lavoratore tutelato dal diritto comunitario, l'espulsione è in

dubbiamente in contrasto con la disciplina comunitaria, in quan

to tale provvedimento costituisce la negazione del diritto stesso

conferito e garantito dal trattato, come la corte ha già affer

mato in altre occasioni.

19. - Quanto alle altre sanzioni, pecuniarie o detentive, se le

autorità nazionali hanno facoltà di comminare, per l'inosser

vanza delle disposizioni in materia di documenti di soggiorno,

penalità analoghe a quelle previste per le infrazioni minori

contemplate dal diritto nazionale, sarebbe tuttavia ingiustificato

ricollegare a quell'inosservanza sanzioni talmente sproporzionate

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PARTE QUARTA

rispetto alla gravità dell'infrazione da risolversi in un ostacolo

alla libera circolazione dei lavoratori. Ciò avverrebbe, in parti

colare, se dette sanzioni comprendessero pene detentive.

20. - Ne consegue che l'omissione, da parte di un cittadino

comunitario cui si applica il regime della libera circolazione dei

lavoratori, di munirsi della carta di soggiorno speciale contem

plata dall'art. 4 della direttiva n. 68/360 non può venir punita con una proposta di espulsione o con pene che possano essere

anche detentive. (Omissis)'

Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni ad essa sot

toposte dalla Pontypridd Magistrates Court, di Mid Glamorgan,

Galles, con ordinanza del 5 ottobre 1979, dichiara:

1) L'art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968

n. 68/360, che vieta agli Stati membri di prescrivere un visto

d'ingresso o un obbligo equivalente ai lavoratori comunitari che

si spostano all'interno della Comunità, va interpretato nel senso

che i termini « visto d'ingresso né obbligo equivalente » si ri

feriscono a qualsiasi formalità, mirante ad autorizzare l'ingres so nel territorio di uno Stato membro, prescritta oltre il con

trollo del passaporto o della carta d'identità alla frontiera, in

dipendentemente dal luogo o dal momento del rilascio di detta

autorizzazione e da qualsiasi forma essa abbia.

2 a) Il rilascio del documento speciale di soggiorno di cui al

l'art. 4 della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968 n. 68/360 ha solo effetto dichiarativo e non può, per gli stranieri cui l'art.

48 del trattato o analoghe disposizioni di quest'ultimo attribui

scono dei diritti, venir equiparato ad un permesso di soggiorno il quale implichi un potere discrezionale delle autorità nazionali,

qual è previsto per la generalità degli stranieri.

b) Uno Stato membro non può richiedere ad una persona tu

telata dalle disposizioni del diritto comunitario di essere in pos sesso di un permesso di soggiorno anziché del documento di

cui al combinato disposto dall'art. 4. n. 2, e dall'allegato della

direttiva n. 68/360.

3) L'omissione, da parte di un cittadino comunitario cui si ap

plica il regime della libera circolazione dei lavoratori, di mu

nirsi della carta di soggiorno speciale contemplata dall'art. 4 del

la direttiva n. 68/360 non può venir punita con una proposta

d'espulsione o con pene che possano essere anche detentive.

II

Diritto. — 1. - Con ordinanza 30 luglio 1979, pervenuta in cancelleria il 10 agosto successivo, la High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisional Court ha sottoposto a que sta corte, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, varie que stioni vertenti sull'interpretazione, in particolare, dell'art. 9, n.

1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221/CEE, « per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il

trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da mo tivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pub blica » (G. U. 1964, pag. 850), ai fini dell'esercizio del proprio sindacato giurisdizionale in un procedimento relativo all'istanza di un cittadino italiano, stabilitosi nel Regno Unito come lavo ratore dipendente, intesa all'annullamento di un decreto di espul sione emesso nei confronti dell'interessato in seguito a condan na penale.

2. - Dal fascicolo di causa e dalle osservazioni presentate nel la fase orale del procedimento risulta che il Regno Unito non ha adottato specifiche disposizioni legislative per l'attuazione della direttiva 64/221. La legge da applicare nella fattispecie, e cioè quella che disciplina l'immigrazione (« Immigration Act »), risale al 1971. Essa stabilisce che le persone qualificate «non

patrials » (stranieri) sono soggette, nel Regno Unito, a controlli che implicano la possibilità di espulsione nei seguenti casi:

— a norma dell'art. 3, n. 5, di tale legge, « a) se [l'interessato], autorizzato solo ad entrare nel paese

e a soggiornarvi temporaneamente, non rispetta una delle con dizioni poste per il soggiorno o si trattiene oltre la scadenza

prescritta nell'autorizzazione, o inoltre

b) se il ministro giudica che la sua espulsione è necessaria nel

pubblico interesse, o inoltre

c) se un decreto di espulsione è o è stato adottato contro un altro membro della sua famiglia»;

— a norma dell'art. 3, n. 6, « se [l'interessato] è condannato per un'infrazione per cui è

prevista una pena detentiva e se, a seguito della condanna, un

giudice ne propone l'espulsione...».

Il sistema di impugnazione è diverso a seconda dei casi: — in caso di applicazione del n. 5 di cui sopra, la decisione

del ministro di espellere lo straniero può venir impugnata di

nanzi ad un «Adjudicator», la cui pronunzia a sua volta è im

pugnabile dinanzi all'« Immigration Appeal Tribunal»; — nell'ipotesi in cui venga applicato il n. 6, la proposta di

espulsione avanzata da un giudice può venir impugnata, men

tre non è impugnabile l'eventuale successivo decreto di espul

sione, né si possono presentare osservazioni prima che venga

adottata la decisione di emanare il provvedimento.

3. - Dall'ordinanza di rinvio e dagli atti del fascicolo risulta

che, il 13 dicembre 1973, il ricorrente nella causa principale ve

niva dichiarato, dalla «Central Criminal Court», reo di sodo

mia (« buggery ») e violenza carnale nei confronti di una pro

stituita (reati commessi il 18 dicembre 1972), nonché di atti di

libidine violenti e lesioni nei confronti di un'altra prostituta

(reati commessi il 14 aprile 1973). Il 21 gennaio 1974 egli ve

niva condannato ad una pena detentiva di 8 anni complessivi

per questi quattro reati. Nel pronunziare la sentenza, la « Cen

tral Criminal Court » proponeva l'espulsione dell'interessato in

forza dell'« Immigration Act ».

4. - Il 10 ottobre 1974, la « Court of Appeal (Criminal Divi

sion) » rifiutava al ricorrente l'autorizzazione ad interporre ap

pello sia avverso la condanna alla pena detentiva, sia avverso

la proposta di espulsione. Il 28 settembre 1978, il ministro del

l'interno adottava nei confronti dell'interessato un decreto di

espulsione, che doveva essere eseguito al termine del periodo di detenzione. Il 3 aprile 1979, dopo che aveva scontato la pe na detentiva, ridotta di un terzo per buona condotta, il ricor

rente avrebbe dovuto esser posto in libertà, ma, in ragione del

l'» Immigration Act», non veniva rilasciato. Il 10 aprile 1979,

egli proponeva alla « High Court » un ricorso inteso all'annul

lamento del decreto di espulsione e motivato nel senso che que sto alto, emanato oltre quattro anni dopo la proposta di espul sione formulata dalla «Central Criminal Court», avrebbe leso

i suoi diritti soggettivi, in quanto incompatibile con l'art. 9, n.

1, della direttiva n. 64/221.

5. - L'art. 48 del trattato garantisce la libera circolazione dei

lavoratori nell'ambito della Comunità. Tale libertà implica, per tutti i cittadini degli Stati membri, fatte salve le limitazioni giu stificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e

di sanità pubblica, il divieto di spostarsi liberamente nel territo

rio degli Stati membri e di prendere dimora in uno Stato mem

bro al fine di svolgervi un'attività di lavoro, conformemente alle

disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che di

sciplinano l'occupazione per il lavoratori nazionali.

6. - A termini del terzo punto del suo preambolo, la direttiva

n. 64/221 persegue fra l'altro lo scopo di « offrire in ogni Stato

membro, ai cittadini degli altri Stati membri, idonei mezzi di

ricorso avverso gli atti amministrativi » nel settore dell'ordine

pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica. 7. - Secondo l'art. 8 della stessa direttiva, l'interessato deve po

ter esperire, avverso i provvedimenti adottati nei suoi confronti, «i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi»; se ciò non è ammesso, l'interessato deve avere quanto meno, ai

sensi dell'art. 9, la possibilità di far valere i propri mezzi di

difesa dinanzi ad un'autorità competente diversa da quella cui

spetta l'adozione del provvedimento di allontanamento dal ter

ritorio dello Stato.

8. - L'art. 9, n. 1, della direttiva dispone che: « Se non sono ammessi ricorsi giurisdizionali o se tali ricorsi

sono intesi ad accertare soltanto la legittimità dei provvedimenti

impugnati o se essi non hanno effetto sospensivo, il provvedi mento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno o quello di allontanamento dal territorio del titolare del permesso di sog

giorno è adottato dall'autorità amministrativa, tranne in casi di

urgenza, solo dopo aver sentito il parere di una autorità com

petente del paese ospitante, dinanzi alla quale l'interessato deve

poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rap

presentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di

detto paese. La suddetta autorità deve essere diversa da quella cui spetta

l'adozione dei provvedimenti di diniego del rinnovo del per messo o di allontanamento dal territorio».

9. - ;È noto che, nel diritto inglese, le impugnazioni ammesse contro un provvedimento di allontanamento riguardano unica mente la legittimità dell'atto. Ne consegue che lo stesso provve dimento di allontanamento dev'essere necessariamente emanato in conformità a quanto disposto dall'art. 9 della direttiva, che

prevede espressamente tale ipotesi.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

10. - Stando cosi le cose, la « High Court of England and Wa

les, Queen's Bench Division » è stata indotta a formulare le se

guenti questioni:

1) Se l'art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio

1964 n. 64/221 conferisca ai singoli diritti che possono essere

fatti valere dinanzi ai giudici nazionali e che questi devono

tutelare.

2) a) Quale sia il significato della frase « dopo aver sentito il

parere di una autorità competente del paese ospitante » di cui

all'art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964

n. 64/221 («parere»);

b) e, in particolare, se una proposta d'espulsione fatta da un

giudice penale nell'emettere una sentenza di condanna (« pro

posta ») possa costituire un «parere».

3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 2 b):

a) Se la « proposta » debba essere motivata in ogni sua parte.

b) In quali circostanze, eventualmente, il lasso di tempo in

tercorrente tra la formulazione della « propost# » e l'adozione di

un provvedimento di espulsione escluda che la « proposta » co

stituisca un « parere ».

c) In particolare, se il lasso di tempo trascorso scontando una

pena detentiva abbia l'effetto di privare la « proposta » del ca

rattere di « parere ».

L'art. 9, n. 1, della direttiva s'inquadra in un complesso di

norme intese a garantire il rispetto dei diritti dei cittadini di

uno Stato membro in materia di libera circolazione e di sog

giorno nel territorio degli altri Stati membri. Gli art. 3 e 4

della direttiva limitano le ragioni che possono giustificare l'espul sione del lavoratore o il rifiuto d'ingresso nei suoi confronti.

L'art. 6 stabilisce che i motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica sui quali si basa un dato provve

dimento sono portati a conoscenza dell'interessato, salvo il caso

che vi si oppongano motivi inerenti alla sicurezza dello Stato.

L'art. 7 dispone fra l'altro che il provvedimento di diniego del

rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno o il provvedi

mento di allontanamento dal territorio è notificato all'interessato.

L'art. 8 garantisce all'interessato la possibilità di esperire i ri

corsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi.

12. - Le disposizioni dell'art. 9 sono complementari rispetto a

quelle dell'art. 8. Esse hanno lo scopo di offrire un minimo di

garanzie procedurali alle persone colpite da uno dei provvedimen

ti corrispondenti alle tre ipotesi definite nel n. 1 dello stesso

art. 9. Qualora i ricorsi giurisdizionali riguardino unicamente

la legittimità del provvedimento impugnato, l'intervento della

«autorità competente» di cui all'art. 9, n. 1, deve consentire un

esame esauriente di tutti i fatti e di tutte le circostanze, ivi com

presa l'opportunità del provvedimento considerato, prima che

questo venga definitivamente adottato. Inoltre, l'interessato deve

poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rap

presentare secondo la procedura prevista dalla legislazione na

zionale.

13. - In complesso, si tratta di norme precise e concrete, tali

da poter esser fatte valere da qualsiasi persona interessata e

quindi atte ad essere applicate da qualsiasi organo giurisdizio nale. Questa constatazione induce a risolvere affermativamente

la prima questione formulata dal giudice nazionale.

14. - L'esigenza sancita dall'art. 9, n. 1, con lo stabilire che

qualsiasi provvedimento di allontanamento dev'essere preceduto dal parere dell'« autorità competente » e che l'interessato deve

poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi rappresentare dinanzi a detta autorità secondo la procedura prevista dalla le

gislazione nazionale, non può costituire una reale garanzia se

non qualora tutti gli elementi che l'autorità amministrativa deve

prendere in considerazione siano sottoposti alla valutazione del

l'» autorità competente », il parere di questa sia abbastanza vi

cino nel tempo al provvedimento di allontanamento, sf da far

presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in con

siderazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la persona interessata siano poste in grado — sempre salva l'ipotesi, con

templata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi inerenti alla

sicurezza dello Stato — di conoscere i motivi che hanno indotto

l'« autorità competente » ad emettere il parere.

15. - Circa la questione relativa al significato dell'espressione « parere di una autorità competente del paese ospitante » ed al

se la proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nell'emet

tere una sentenza di condanna costituisca un parere del genere,

va rilevalo che la direttiva non precisa la natura della « autorità

competente». Essa fa riferimento ad organi indipendenti dalla

autorità amministrativa, ma lascia agli Stati membri un certo

margine di valutazione discrezionale quanto alla natura di tali

organi.

16. - È pacifico che i giudici penali del Regno Unito sono

organi indipendenti dall'autorità amministrativa cui spetta l'ado

zione del decreto di espulsione, e che l'interessato ha il diritto

di farsi rappresentare e di far valere i propri mezzi di difesa

dinanzi a detti giudici.

17. - La proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nel

l'emettere una sentenza di condanna in forza della legislazione

britannica può, quindi, costituire un parere ai sensi dell'art. 9

della direttiva, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni

poste dallo stesso articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener

conto — com'è stato già sottolineato da questa corte nella sen

tenza 27 ottobre 1977 (causa 30/77, Bouchereau, Race. 1977. pag.

1999; Foro it., 1977, IV, 369) — di quanto disposto dall'art. 3

della direttiva, nel senso che la sola esistenza di condanne penali

non può automaticamente giustificare provvedimenti di allonta

namento dal territorio dello Stato.

18. - Quanto al momento in cui deve intervenire il parere del

l'» autorità competente », si deve rilevare che un lasso di tempo

di vari anni fra la proposta di espulsione e il provvedimento del

l'autorità amministrativa è atto a privare la proposta della sua

funzione di parere ai sensi dell'art. 9. È importante, infatti, che

il danno sociale derivante dalla presenza di uno straniero sia va

lutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene

adottato il provvedimento di allontanamento, poiché i fattori di

valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento per

sonale dell'interessato, possono mutare con l'andar del tempo.

19. - Queste considerazioni inducono a risolvere la seconda e

la terza questione della « High Court of Justice » nel seguente

modo:

La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di va

lutazione discrezionale per la designazione della « autorità com

petente ». Può essere considerata tale qualsiasi autorità pubblica

indipendente dall'autorità amministrativa cui spetta l'adozione di

uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organizzata in

modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappresentare e di

far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad essa.

La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nell'emet

tere una sentenza di condanna in forza "della legislazione britan

nica può costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della direttiva,

purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso

articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener conto di quanto

disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la sola esistenza

di condanne penali non può automaticamente giustificare prov

vedimenti di allontanamento dal territorio dello Stato.

Il parere della « autorità competente » dev'essere abbastanza

vicino nel tempo al provvedimento di allontafiamento, si da far

presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in con

siderazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la persona

interessata devono essere poste in grado — sempre salva l'ipo

tesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi ine

renti alla sicurezza dello Stato — di conoscere i motivi che hanno

indotto l'« autorità competente » ad emettere il parere.

Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espulsione

e il provvedimento dell'autorità amministrativa è atto a privare

la proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art. 9. iÈ im

portante, infatti, che il danno sociale derivante dalla presenza

di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei con

fronti di questo, viene adottato il provvedimento di allontana

mento, poiché i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi

al comportamento personale dell'interessato, possono mutare con

l'andar del tempo. (Omissis)

Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottopostele

dalla « High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisio

nal Court» con ordinanza 30 luglio 1979, dichiara:

1. L'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n.

64/221/CEE, impone agli Stati membri degli obblighi che pos

sono esser fatti valere dagli amministrati dinanzi ai giudici na

zionali.

2. a) La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di

valutazione discrezionale per la designazione della « autorità com

petente ». Può essere considerata tale qualsiasi autorità pubblica

indipendente dall'autorità amministrativa cui spetta l'adozione di

uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organizzata in

modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappresentare e

di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad essa.

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PARTE QUARTA

b) La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nel

l'emettere una sentenza di condanna in forza della legislazione britannica può costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della di

rettiva, purché siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener conto

di quanto disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la

sola esistenza di condanne penali non può automaticamente giu stificare provvedimenti di allontanamento dal territorio dello

Stato.

3. a) Il parere della « autorità competente » dev'essere abba

stanza vicino nel tempo al provvedimento di allontanamento, si

da far presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in considerazione, e tanto l'autorità amministrativa quanto la

persona interessata devono essere poste in grado — sempre salva

l'ipotesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi

inerenti alla sicurezza dello Stato — di conoscere i motivi che

hanno indotto l'« autorità competente » ad emettere il parere. b) Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espul

sione e il provvedimento dell'autorità amministrativa è atto a

privare la proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art.

9. È importante, infatti, che il danno sociale derivante dalla

presenza di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene adottato il provvedimento di al

lontanamento, poiché i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento personale dell'interessato, possono mu

tare con l'andar del tempo.

LOGISLAZIONE COMUNITARIA (*)

Comunità economica europea

Agricoltura

Generalità

Prima direttiva della Commissione del 28 luglio 1981 n. 81/

712/CEE, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo

dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (G. U. 10 set

tembre 1981, L 257, 1; Le leggi, 1981: appendice CE, 54). Nona direttiva della Commissione del 31 luglio 1981 n. 81/

715/CEE, che fissa i metodi d'analisi comunitari per il control lo ufficiale degli alimenti per animali (G. U. 10 settembre 1981, L 257, 38; Le leggi, 1981: appendice CE, 54).

Grassi

Regolamento della Commissione del 30 ottobre 1981 n. 3137/81/CEE, recante modalità d'applicazione del regime di aiuto alla produzione di olio d'oliva (G. U. 31 ottobre 1981, L 312, 64).

Latte e prodotti lattiero-caseari

Regolamento della Commissione del 14 settembre 1981 n. 2729/81/ CEE, che stabilisce modalità particolari di applicazione dei titoli d'importazione e di esportazione e del regime di fissazione anticipata delle restituzioni nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (G.U. 26 settembre 1981, L 272, 19).

(*) La rubrica si propone di fornire un'informazione sulla c. d. le gislazione comunitaria nei suoi aspetti più significativi, specie per quanto riguarda l'Italia. Per tal motivo, vengono segnalati, a titolo principale, gli atti « autoritativi » del Consiglio e della Commissione delle CE (« regolamenti », « direttive », « decisioni » CEE ed Eura tom; « decisioni » e « raccomandazioni » CECA); nonché, in misura più limitata, gli atti non autoritativi delle medesime istituzioni (pa

peri, raccomandazioni). Quando inoltre per l'interesse della materia ciò è parso opportuno, si è tenuto conto anche di atti di diversa na tura e provenienza, quindi, ad es., le risoluzioni dei rappresentanti degli Stati membri, le proposte di regolamenti e di direttive, gli atti del Parlamento europeo, ecc., nonché, all'occorrenza, delle convenzioni stipulate tra gli Stati membri in materia di rilevanza comunitaria.

Gli atti sono distinti secondo la Comunità cui si riferiscono: nel l'ordine CEE, CECA, Euratom, con una sezione finale per le dispo sizioni comuni. All'interno delle singole Comunità, la disposizione, quando è necessaria, segue tendenzialmente lo schema dei trattati (so lo per la CEE è aggiunta una sezione finale « Varie », che con cerne essenzialmente gli atti basati sull'art. 235 del trattato o non ri conducibili ad altre voci). Nell'ambito delle singole voci, infine, è rispettato l'ordine cronologico di pubblicazione degli atti. I più im portanti di tali atti appaiono, dal 1978, anche su Le leggi, appendice CE (A. Tizzano).

Pesca

Regolamento del Consiglio del 10 ottobre 1981 n. 3000/81/CEE, che stabilisce, per il 1981, talune misure di conservazione e di ge stione delle risorse ittiche da applicare alle navi immatricolate nelle

isole Faeroer (G. U. 24 ottobre 1981, L 304, 1).

Regolamento del Consiglio del 10 ottobre 1981 n. 3001/81/CEE, che dispone talune misure di conservazione e di gestione delle risorse

di pesca da applicare alle navi battenti bandiera della Svezia (G. U.

24 ottobre 1981, L 304, 10). Decisione del Consiglio del 10 ottobre 1981 n. 81/817/CEE, rela

tiva alla conclusione dell'accordo in forma di scambio di lettere, che istituisce, per il 1981, una convenzione in materia di pesca tra

la Comunità economica europea e il governo della Svezia (G. U. 24

ottobre 1981, L 304, 17).

Lavoratori

Regolamento del Consiglio del 17 settembre 1981, n. 2793/

81/CEE, recante modifica del regolamento (CEE) n. 1408/71 re

lativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavora

tori subordinati ed ai loro familiari che si spostano all'interno

della Comunità e del regolamento (CEE) n. 574/72 che stabi

lisce le modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/

71 (G.U. 29 settembre 1981, L 275, 1).

Politica economica

Bilancia dei pagamenti

Decisione della Commissione del 23 settembre 1981 n. 81/

803/CEE, che autorizza la Repubblica italiana a mantenere l'ob

bligo di un deposito all'acquisto di divise (G. U. 15 ottobre

1981, L 296, 50; Le leggi, 1981: appendice CE, 55).

Politica commerciale

Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2738/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu

ropea e la Repubblica di Colombia sul commercio dei tessili (G. U.

28 settembre 1981, L 273, 1).

Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2739/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu

ropea e la Repubblica araba d'Egitto sul commercio dei tessili (G. U.

28 settembre 1981, L 273, 39).

Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2740/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu

ropea e la Repubblica indiana sul commercio dei tessili (G. U. 28

settembre 1981, L 273, 76).

Regolamento del Consiglio del 24 giugno 1981 n. 2741/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu

ropea e la Repubblica socialista di Romania sul commercio dei tessili, nonché dell'accordo sotto forma di scambio di lettere (G. U. 28 set

tembre 1981, L 273, 116).

Regolamento del Consiglio del 23 luglio 1981 n. 2742/81/CEE, relativo alla conclusione dell'accordo tra la Comunità economica eu

ropea e la Repubblica federativa socialista di Jugoslavia sul commer

cio dei tessili (G. U. 28 settembre 1981, L 273, 161).

Regolamento del Consiglio del 29 settembre 1981 n. 2818/81/

CEE, relativo all'applicazione del regolamento economico e del

le norme di controllo dell'accordo internazionale sul cacao del

1980 (G.U. 1° ottobre 1981, L 279, 1).

Decisione della Commissione del 17 luglio 1981 n. 81/818/CEE, che autorizza la Repubblica italiana ad escludere dal trattamento comunitario i tessuti di cotone originari della Corea del Sud, dell'In

dia, del Pakistan e della Repubblica popolare cinese (G. U. 27 ottobre

1981, L 306, 25).

Banca europea per gli investimenti

Decisione del Consiglio dei governatori del 13 maggio 1981, che modifica Io statuto della Banca europea per gli investimenti in se

guito all'adozione, da parte della Banca, dell'ECU come unità di conto (G.U. 30 ottobre 1981, L 311, 1).

Disposizioni comuni

Unione dei passaporti

Risoluzione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri delle Comunità europee riuniti in sede di Consiglio del 23 giugno 1981 (G.U. 19 settembre 1981, C 241, 1; Le leggi, 1981: appen dice CE, 57).

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