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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Camera di consiglio 8 luglio 1929; Pres. Pujia, Rel. Janiri,...

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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Camera di consiglio 8 luglio 1929; Pres. Pujia, Rel. Janiri, P. M. Mazza (concl. conf.) — Ric. P. M. c. Porcino (Avv. Pittaluga)

Camera di consiglio 8 luglio 1929; Pres. Pujia, Rel. Janiri, P. M. Mazza (concl. conf.) —Ric. P.M. c. Porcino (Avv. Pittaluga)Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1930), pp.31/32-33/34Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23125685 .

Accessed: 28/06/2014 17:37

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PARTE SECONDA

perata sulla persona di coloro che intervengono per im

pedire il ratto ; in tal caso la violenza, se pure indiret

tamente riesca allo scopo d'agevolare la perpetrazione del

ratto, direttamente è insorta per evitare che altri portasse aiuto alla donna. Si commette cosi, per eseguire il reato

di ratto, un altro reato a sè stante, che concorre con esso

ed è punibile ai sensi dell'art. 77 cod. penale. Nel caso in esame nella denunziata sentenza è rite

nuto che i ricorrenti, riuniti assieme, raggiunta in aperta

campagna la Vitale Giuseppina, a viva forza la condus

sero in una vicina casa per fine di matrimonio, e inoltre,

per impedire che il padre Giuseppe, il quale trovavasi

con lei, le recasse aiuto, anche con la viva forza lo trat

tennero, sinché il ratto fu consumato. E, tali essendo le

circostanze di fatto, esattamente, in base agli accennati

criteri giuridici, è stato giudicato che in danno del Vi

tale Giuseppe fu commesso il reato di violenza privata

di cui all'art. 154, capov., cod. penale. Anche, quindi,

l'ultimo motivo principale e il motivo aggiunto sono inat

tendibili. Per questi motivi, rigetta il ricorso.

GORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

(Prima sezione penale)

Camera di consiglio 8 luglio 1929 ; Pres. Pujia, Rei.

Janiri, P. M. Mazza (conci, conf.) — Ric. P. M.

c. Porcino (Avv. Pittaluga).

(Ord. denunciata : App. Messina 7 maggio 1929)

Pena — Concorso «li pene — Cumulo giù ridico —

■tecluslone ed arresto — Frazione di giorno (Cod.

pen., art. 29, 30 e 72).

Non si deve tenere conto, nelle pene temporanee, delle

frazioni di giorno e, nelle pene pecuniarie delle fra

zioni di lira senza alcuna eccezione, sia che gli au

menti o le diminuzioni aritmetiche debbano calcolarsi

relativamente alle aliquote stabilite per le varie circo

stanze influenti all'accertata responsabilità penale del

condannato, sia che debbano calcolarsi per le aliquote

determinate per effetto del cumulo giuridico. (1)

Pertanto nel caso di concorso della reclusione con l'ar

resto, dovendosi la prima pena aumentarsi di un

sesto della durata della seconda, Vaumento non ha

luogo se risulti minore di un giorno intiero. (2)

Il Procuratore generale (Mazza) : — Osserva sulla

istanza per l'applicazione del cumulo giuridico delle pene

irrogate a Porcino Antonio dalle seguenti sentenze :

1° sentenza 27 agosto 1927 del Pretore di Reggio

Calabria, giorni due di arresto e lire 30 di ammenda per

contravvenzione al regolamento stradale ;

2° sentenza 4 ottobre 1927 del Tribunale di Reggio

Calabria, mesi sei e giorni quindici di reclusione per

furto ; 3° sentenza 16 gennaio 1928 dello stesso Tribunale,

un anno, mesi otto e giorni venticinque di reclusione per

furto.

La Corte di appello di Messina ritenne che il cumulo

della pena afflittiva dovesse operarsi con l'aggiungere alla

ft

(1-2) Conforme : la sentenza richiamata in testo 19 dicembre

1912, Bartolini (Foro it., 1913, li, 216, con nota di richiami).

pena più grave inflitta oon la sentenza 16 gennaio 1928

soltanto la metà della pena inflitta oon l'altra sentenza

4 ottobre 1927, perchè per il disposto dell'art. 30 cod.

pen. non si deve tenere conto del sesto della pena di

giorni due di arresti inflitti al Porcino con la sentenza

del Pretore sopra indicata.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l'Avvocato

generale della Sezione di Corte di appello di Messina, denunciando la violazione degli art. 29 e 30 cod. pen. e

sostanzialmente deducendo che, dal punto di vista giuri

dico, la decisione importa l'affermazione di un principio non ammesso dal nostro diritto penale, quello cioè del

l'assorbimento delle pene che urta con l'istituto del cu

mulo, pel quale invece tutte le pene concorrono con la

pena-base per apportare un aumento nelle proporzioni sta

bilite dalla legge, e, dal punto di vista pratico, la deci

sione urta contro il principio della corrispondenza di una

punizione per ogni reato e della uguaglianza di tratta

mento giuridico, non essendo consentito dalla legge che

per il solo fatto di trovarsi un Tizio condannato alla re

clusione debba perciò godere del privilegio di non scon

tare del tutto un'altra condanna all'arresto.

Ritenuto che il ricorso non merita accoglimento. La questione, sebbene variamente trattata in passato,

ha trovato infine nella Corte suprema già la sua risolu

zione, consenziente in ciò anche la dottrina (vedi sentenza

19 dicembre 1912, ric. P. M. c. Bartolini, in Foro it.,

1913, H, 216). La disposizione tassativa contenuta nell'ultimo capo

verso dell'art. 30 cod. proc. pen., è di ordine generale e

stabilisce una regola che deve tenersi presente dal magi

strato in tutti i casi che a lui si presentano quando è

chiamato alla determinazione della pena da espiarsi in

definitivo da un colpevole di uno o più reati. Sia quindi

che gli aumenti o le diminuzioni aritmetiche debbano cal

colarsi relativamente alle aliquote stabilite per le varie

circostanze influenti alla accertata responsabilità penale

del condani ato, sia che debbano calcolarsi per le aliquote

determinate per effetto del cumulo giuridico, nelle pene

temporanee, senza alcuna eccezione, non si deve tenere

conto delle frazioni del giorno e nelle pene pecuniarie non

si deve tenere conto delle trazioni di lira. E l'espressione

« non si deve tenere conto », che ha un valore imperativo

assoluto, non può significare altro che quelle frazioni non

si debbono nè calcolare nè computare, in qualsiasi modo,

per qualsiasi altra ragione, nella determinazione della pena

complessiva. Nè a tale applicazione della sanzione in esame può

fare ostacolo la disposizione del 3" capoverso dell'art. 29

cod. pen., per cui nell'aumento e nelle diminuzioni di

pena non si possono oltrepassare limiti stabiliti per cia

scuna specie di pena e quindi, per l'arresto il minimo di

un giorno stabilito dall'art. 21 cod. penale. Innanzi tutto

perchè quella disposizione ha valore soltanto quando trat

tasi di applicare una sola pena per sè stessa, come chia

ramente si rileva dal complesso dell'art. 29 cod. pen. e

dalle stesse parole quivi usate : « i limiti stabiliti per cia

scuna specie di pena », e nel caso di cumulo la pena del

l'arresto si viene a trasformare in detenzione o in reclu

sione, e poi perchè la regola sanzionata dal detto capoverso

dell'art. 29 cod. pen. ha in sè stessa espressa la eccezione

di applicazione, avendovi il legislatore aggiunto le parole

«salvo i casi espressamente determinati dalla legge»,

ammettendo quindi la possibilità che i limiti di cui sopra

possano essere superati in più o in meno. Così pure non

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GIURISPRUDENZA PENALE 34

può fare ostacolo all'applicazione della regola sanzionata

nell'art. 30 cod. pen. l'inconveniente pratico lamentato

dal ricorrente, per cui rimarrebbe senza sanzione penale, nel caso di cumulo di pena, il reato di contravvenzione

pel quale sia inflitta una pena iuferiore a sei giorni di

arresto.

Alla considerazione infatti ha già risposto la Suprema Corte con la sentenza riferita, osservando che per la con

travvenzione non viene affatto a mancare la dovuta san

zione di legge con la sentenza di condanna già irrevoca

bile che concorre nel cumulo e che rimane per tutti gli altri effetti, soltanto viene meno l'espiazione della pena, ma ciò per conseguenza del cumulo giuridico regolarmente

eseguito secondo le norme prescritte dalla volontà sovrana

del legislatore. Chiede che la Corte Ecc.ma rigetti il ricorso.

La Corte decise in conformità.

CORTE DI CASSAZIONE BEL REGNO. (Seconda sezione penale)

Udienza 13 giugno 1929 ; Pres. Lunghi, Est. De Nota

ristefani, P. M. Tancredi (conci, conf.) — Ric.

Giorgi (Avv. Libonati).

(Sent, denunciata : App. Milano 29 febbraio 1928)

Abuso di Togli» in bianco — Necessità dell'affidamento

da parie del firmatario — Consegna da parte di

un terzo — l'ossibile sussistenza di altri reati (Cod.

pen., art, 418).

Non sussiste il reato previsto dall'art. 418 cod. pen se

non quando si abusi della fiducia altrui in occasione

dell1 affidamento di un foglio sottoscritto in bianco, adibendolo a finalità diversa da quella per cui era

stato consegnato. (1)

Quindi se taluno si è fatto consegnare un assegno non

dal firmatario, ma da un terzo, e lo riempie e lo gira ad altri, potrà rispondere di falso, di appropriazione

indebita, di truffa, ma non di abuso di foglio in bianco. (2)

La Corte : — Giorgi Remo e Rossi Galileo si unirono

in società di fatto per il commercio dei vini. Il Rossi

dovè entrare all'ospedale per un atto operativo e lasciò

in consegna a tal Carrara, gestore materiale dell'azienda,

degli assegni in bianco sulla Banca nazionale di credito

portanti la firma Galileo Rossi per la ditta Rossi e C.

In tale circostanza il Giorgi, poiché la Società andava

male, pensò di ricuperare almeno in parte il suo capitale e si fece all'uopo consegnare dal Carrara due degli asse

gni suddetti per lire 1.250 ciascuno, che, a sua volta,

girò a tali Pizzocaro e Milioni. Detti assegni non ebbero

buon esito per mancanza di fondi, tanto che per quello

girato a Pizzocaro dovè il Giorgi firmare una cambiale.

(1) Infatti l'abuso di foglio in biarco presuppone un rap porto fiduciario : 26 aprile 1926, Como (id,., JSep. 1926, voce Abuso di foglio in bianco, n. 2).

(2) Nell'ipotesi di chi era venuto in possesso del foglio in bianco per caso è stato invece ritenuto l'abuso di foglio in

bianco, e non l'appropriazione indebita : A. Perugia, 25 otto bre 1927, Crescenzi (Foro it., Hep. 1927, voce Abuso di foglio in

bianco, n. 1).

Stabiliti i fatti suesposti, i giudici del merito riten

nero che, nell'operato del Giorgi, si riscontrassero gli ele

menti dell'abuso di foglio in bianco, perchè l'apprensione, il riempimento e la girata degli assegni, da lui fatti al

l'insaputa del firmatario Rossi, costituivano atti esecutivi

di quel reato e che non mancasse nella specie l'estremo

del danno per i protesti elevati contro il Eossi dal Pir

rocaro e dal Milioni. E la Corte d'appello di Milano con

sentenza 29 febbraio 1928 pronunciò analoga condanna.

Ricorre in cassazione ii Giorgi e deduce : 1° Mancano

nella specie gli estremi del reato di cui all'art. 418 cod.

penale. Per quanto ha ritenuto in fatto la Corte di me

rito, il Giorgi non ebbe in consegna dal Rossi i -due as

segni per farne un uso qualsiasi determinato. Li ebbe,

invece, dal Carrara in parziale pagamento dei suoi cre

diti. . . Osserva il Supremo Collegio che il primo motivo del

ricorso risulta fondato.

Non sussiste il reato di cui all'art. 413 cod. pen. se

non quando si abusi della fiducia altrui in occasione del

l'affidamento di un foglio sottoscritto in bianco adibendolo

a finalità diversa da quella per cui era stato affidato.

Nella specie, per quanto hanno ritenuto in fatto i

giudici del merito, tutto ciò manca. Non fu, invero, il

firmatario Rossi ad affidare al Giorgi gli assegni firmati

in bianco ; fu, invece, esso Giorgi che riusci ad ottenerne

la consegna dal commesso Carrara, affermando di dover

sene servire ad escomputo d'un suo credito, ed a tale

uso effettivamente li adibì.

È, quindi, evidente l'errata applicazione dell'ipotesi di delitto di cui all'art. 418 cod. pen., e la sentenza im

pugnata deve annullarsi con rinvio, perchè veggano me

glio i nuovi giudici di merito, con più corretta motiva

zione, rimanendo nei termini della pena inflitta al ricor

rente, di quale reato più esattamente lo stesso debba

rispondere, se di falso, di truffa od anche di altre ipo tesi di legge.

Attesoché per quanto sopra restano assorbiti gli altri

motivi del ricorso.

Per questi motivi, cassa e rinvia ad altra sezione della

stessa Corte d'appello di Milano.

TRIBDNALE DI REGGIO CALABRIA.

Udienza 4 giugno 1929 ; Pres. Prestia-Lamberti, Est.

Michienzi — App. Pulitanò.

Competenza penale — Rinvio al Pretore per tenuità

— Circostanze diminuenti della pena — Età mi

nore (Cod. proc. pen., art. 16 e 17).

Il rinvio al Pretore per tenuità può aver luogo soltanto

quando, concorrendo le circostanze previste nel n. 3

dell'art. 16 cod. proc. pen., il reato sia punito con

pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a tre anni e nel minimo a sei mesi, ovvero con pena pecuniaria sola o congiunta a detta

pena, senza tener conto delle circostanze che dimi

nuiscono la pena e neppure delle diminuzioni per

ragioni di età al fine di abbassare il massimo ed il

minimo suddetti, che sono limiti inderogabili entro

i quali il rinvio è ammissibile. (1)

(1) Conforme : T. Trani, 4 aprile 1921, Lodisposto (.Foro it.,

Kep. 1921, voce Competenza pen., un, 27 e 28). Ma, come è ac

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