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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 16 ottobre 1981; Giud. Montini Trotti; imp. Lion

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ordinanza 16 ottobre 1981; Giud. Montini Trotti; imp. Lion Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp. 73/74-77/78 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174551 . Accessed: 28/06/2014 09:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.121 on Sat, 28 Jun 2014 09:04:29 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 16 ottobre 1981; Giud. Montini Trotti; imp. Lion

ordinanza 16 ottobre 1981; Giud. Montini Trotti; imp. LionSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.73/74-77/78Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174551 .

Accessed: 28/06/2014 09:04

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA PENALE

senza aver corrisposto i diritti d'autore, Pupolizio Vincenzo veni

va condannato per decreto perché ritenuto responsabile della

violazione all'art. 171 1. 22 aprile 1941 n. 633 contestata come in

epigrafe. Avverso il decreto spiegava opposizione il Pupolizio. In

atti è versata la lettera raccomandata del 7 agosto 1979 ricevuta

dalla S.i.a.e. di Roma viale della Letteratura, 30 in data 16 agosto

1979, nella quale il Pupolizio, premesso di essere favorevole alle

proposte avanzate dall'A.n.t.i. per la quantificazione e la corre

sponsione di una percentuale sugli introiti lordi dell'emittente a

titolo di pagamento del diritto di autore e degli editori per l'utilizzo del repertorio musicale dalla destinataria tutelato, finché

tali proposte non verranno sottoscritte e le controversie sanate,

chiede l'invio del repertorio, o comunque notizie circa il modo di

acquisirne conoscenza, al fine di non danneggiare gli autori

affiliati alla S.i.a.e.

Alla odierna udienza è comparso il Pupolizio allontanandosi,

dopo la revoca dell'opposto decreto, per il ricovero ospedaliero di

stretto congiunto, senza attendere la lettura del dispositivo. Alla

dichiarazione di costituzione di parte civile del rappresentante della S.i.a.e. — agenzia di Bologna — si è opposto il difensore

dell'opponente, con adesione del rappresentante del p.m.

Con ordinanza il pretore, « considerato che la S.i.a.e. tutela i diritti degli autori musicali iscritti alla società e le cui opere siano

dall'autore con apposita dichiarazione affidate alla società con

effetto dalla accettazione promanante dalla società medesima;

rilevato che i due documenti prodotti non recano alcun segno di

autenticità circa la provenienza dalla direzione generale della

S.i.a.e. per cui non possono ritenersi avere il valore probatorio

privilegiato, dalla legge accordato alle dichiarazioni rese da enti

pubblici; che pertanto non è provata la legittimazione attiva e

processuale della S.i.a.e. a costituirsi parte civile per tutelare i

sigg. Dalla Lucio e Battisti Lucio, v. gli art. 22, 98 e 439 c.p.p. di

chiara inammissibile la costituzione di parte civile operata da Facchi

nate Filiberto, nella qualità di cui all'atto stesso dichiarata ».

Data lettura della lettera raccomandata, innanzi citata, il p. m.

e la difesa hanno concluso come in atti.

Diritto. — A completamento della motivazione circa l'inammis

sibilità della costituzione di parte civile va aggiunto che i prodotti documenti difettano dei requisiti formali di autenticità, che costi

tuiscono elementi essenziali delle certificazioni fidefacienti degli enti pubblici; né in proposito avrebbe potuto essere ammesso a

deporre Facchinate Filiberto, per l'inammissibilità della deposizio ne del rappresentante della parte, intorno alla legittimazione della

parte stessa; del resto per l'incompatibilità in re ipsa non avreb

bero fondato prova tranquillante neppure informali dichiarazioni

del Facchinata, in sede di libero interrogatorio. Vanno premesse delle considerazioni di ordine generale alla esposizione dei motivi

a sostegno della formula assolutoria, la cui declaratoria si impo neva, anche nel caso di mancata comparizione del Pupolizio all'odierna udienza, in osservanza dell'art. 152 c.p.p., essendo in

atti acquisita la raccomandata del 7 agosto 1979 ricevuta il 16

agosto 1979, dalla quale si ricava la prova che nel Pupolizio difetta l'elemento psicologico del reato ascrittogli. Va precisato che non « tutti » gli « autori » e non « tutte » le loro « opere »

sono automaticamente tutelate dalla S.i.a.e., non sussistendo un

automatismo legislativo in tal senso. La S.i.a.e. non protegge tutti

gli autori in quanto l'art. 180 1. 22 aprile 1941 n. 633 non obbliga

gli autori, che vogliano far valere i diritti loro riconosciuti dalla

legge protettiva del diritto d'autore, ad associarsi alla S.i.a.e.

neppure qualora, non avvalendosi della facoltà di protezione diretta e personale, intendessero esercitare la protezione a mezzo

di intermediario (Corte cost. 17 aprile 1968, n. 25, Foro it.,

1968, I, 1111): invero il 4° comma del citato art. 180 non

preclude all'interessato, che ne abbia la volontà e la possibilità, l'esercizio diretto e personale della protezione accordata dalla

legge (Corte cost. 19 aprile 1972, n. 65, id., 1972, I, 115). La

S.i.a.e. non protegge automaticamente tutte le opere in quanto la

tutela è operante solo allorché la dichiarazione dell'opera di cui

l'iscritto le affida la protezione sia seguita dalla relativa accetta

zione, di competenza del direttore generale, dell'ente (art. 9

d. p. r. 20 ottobre 1962 n. 1842). Il d.p. r. 20 ottobre 1962

n. 1842 prevede, inoltre, casi di decadenza e di perdita del

la qualità di iscritto (rispettivamente agli art. 12 e 14). L'af

fermazione che « non tutti gli autori e non tutte le loro ope re » sono automaticamente protette dalla S.i.a.e., comporta che

la S.i.a.e. debba, ai cittadini o stranieri, nel cui paese esista una

sua rappresentanza organizzata, richiedenti comunicare gli iscrit

ti e le loro opere affidate ed accettate in tutela, posto che tali

fatti, non essendo soggetti al regime della pubblicità legale, non

sono muniti della presunzione di conoscenza assoluta (iuris et de

iure); né si potrebbe invocare l'art. 103 1. 633/1941, per sostenere

la presunzione legale di conoscenza degli autori e delle opere affidate alla protezione della S.i.a.e., non potendosi identificare il

repertorio della S.i.a.e. col registro pubblico di cui trattano gli art.

103 1. 633/1941 e 30 e 11 reg. di esecuzione della legge (istituito

con r. d. 18 maggio 1942 n. 1369): quest'ultimo registro, invero,

riguardando tutte le opere dell'ingegno anche di natura diversa

dall'arte musicale, ed in questo campo tutte le opere indistinta

mente protette dalla legge sul diritto di autore (argomentando dall'esame dell'art. 1 1. 22 aprile 1941 n. 633).

Ricorre la configurabilità del reato previsto e punito dall'art.

171 1. 22 aprile 1941 n. 633 ogni qualvolta, utilizzata l'opera

tutelata, si ometta di corrispondere il compenso spettante all'auto

re (elemento materiale), mancando nell'agente la volontà della

corresponsione richiesta e quantificata (elemento psicologico). La

Corte costituzionale nella citata sentenza del 1972 n. 65 precisa che la sanzione penale si giustifica « solo per la mancata corre

sponsione del compenso all'autore», confermando che penalmente tutelato sia lo scopo di assicurare il compenso all'autore dell'ope ra utilizzata.

Nel caso di specie la S.i.a.e., sebbene abbia riconosciuto di non

tutelare la totalità degli autori, non ha comunicato al Pupolizio, che con la lettera raccomandata citata ne faceva richiesta (allo

scopo dichiarato di non danneggiare gli autori associati), il reper torio degli autori iscritti e delle opere tutelate. La S.i.a.e. di Roma

avrebbe dovuto aderire alla richiesta dal momento che gli autori

affiliati e le opere affidate ed accettate in protezione non parteci

pano del regime di pubblicità legale con presunzione assoluta di

conoscenza, sicché è irrilevante, anche, che la radiotrasmissione

del giorno 29 maggio 1979, durante la quale vennero radiodiffuse

le canzoni di Dalla e Battisti, sia precedente alla già citata

richiesta con lettera raccomandata. Nella detta missiva il Pupoli zio, inoltre, si dichiara favorevole alla iniziativa in sede nazionale

di corresponsione del compenso in base agli introiti lordi dell'e

mittente.

L'opponente ha, dunque manifestato la volontà di corrispondere

il compenso che sarebbe stato quantificato dalla S.i.a.e. in sede

nazionale, e nelle more, per non danneggiare gli associati, ha

chiesto notizie sul repertorio. Il pretore ritiene che l'opponente

abbia cosi posto in essere tutto il possibile per non nuocere gli

autori aderenti alla S.i.a.e., rispettando sostanzialmente la ratio

dell'art. 171 contestato: evitare danno all'autore assicurandogli il

compenso, la cui corresponsione costituisce l'oggetto della tutela

penale.

Manifestando la volontà di pagare, nel Pupolizio difetta, infine,

l'elemento psicologico del reato ascrittogli, che sarebbe, invece,

ravvisabile qualora, quantificato dalla S.i.a.e. il compenso, l'oppo

nente ne avesse, nella qualità, omesso o rifiutato la correspon sione.

PRETURA DI PADOVA; PRETURA DI PADOVA; ordinanza 16 ottobre 1981; Giud.

Montini Trotti; imp. Lion.

Sequestro per il procedimento penale — Edificio abusivo — Oc

cupazione — Reato permanente — Istanza di sgombero in

sede di polizia giudiziaria — Reiezione — Custodi giudiziari —

Nomina degli occupanti — Ammissibilità (Cod. pen., art. 633;

cod. proc. pen., art. 219, 344; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme

per la edificabilità dei suoli, art. 17).

Disposto il sequestro di un edificio costruito in totale difformità

dalla concessione, non può il proprietario invocare un prov

vedimento di polizia giudiziaria inteso ad ottenere lo sgombe

ro dell'immobile medesimo, arbitrariamente occupato da estra

nei, essendo interrotta, a seguito del sequestro, la permanenza

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PARTE SECONDA

nel reato di invasione di edifici da parte degli occupanti, e ve

nendo altresì meno la potenzialità lesiva del delitto, stante la

compressione del diritto del proprietario mediante la sottrazio

ne del manufatto sequestrato alla sua libera disponibilità. (1)

Pertanto, ben possono essere nominati custodi giudiziari dell'im

mobile, nell'ambito del procedimento per abusivismo edilizio

intentato contro il proprietario, gli stessi occupanti, pur impu tati per invasione di edifici. (2)

Fatto. — Lion Roberto presentò, in data 11 giugno 1981, de

nuncia e querela contro persone da identificare, appartenenti a

un sedicente «comitato di lotta dei senza casa», per arbitraria

invasione di un edificio ubicato in angolo tra le vie Guasti e

Bracciolini di Padova. Nelle more richieste dalla identificazione

degli autori della occupazione fu rilevato, in sede di indagine da parte del nucleo di polizia edilizia dei vigili urbani, che

l'immobile era stato costruito in difformità dalla concessione edi

lizia, risultandone variate le dimensioni d'ingombro e aumento

da quattro a sei il numero degli appartamenti. Conseguentemen

te, questo pretore ha disposto il sequestro dello stabile per as

ti) Singolare fattispecie in tema di occupazione di edifici abusivi, successivamente colpiti da provvedimento di sequestro.

Per un precedente, solo in parte analogo, v. Pret. Firenze 16 feb braio 1973, Foro it., 1975, II, 337, con nota di richiami, in tema di occupazione di azienda da parte dei lavoratori; l'istanza di sgombero avanzata dal proprietario dell'immobile viene rigettata dal pretore, che motiva nel senso dell'esclusiva rilevanza civilistica dei conflitti aziendali.

In ordine alla natura permanente del reato di cui all'art. 633 c. p., Cass. 17 novembre 1972, Della Valle, id., Rep. 1973, voce Occupa zione o invasione di aziende, edifìci e terreni e sabotaggio, nn. 2, 3; Pret. Roma 15 maggio 1971, id., Rep. 1972, voce cit., n. 13.

Sull'interruzione della permanenza nel reato predetto, a seguito di sentenza di condanna non definitiva, Cass. 3 marzo 1970, Fresenga, id., Rep. 1970, voce cit., n. 8, richiamata dal provvedimento in epigrafe.

In generale, per quanto afferisce l'interruzione della permanenza nel

reato, Cass. 13 febbraio 1976, Semeraro, id., Rep. 1977, voce Reato in genere, n. 29.

Sui requisiti di sussistenza del reato di cui all'art. 633 c. p., con particolare riferimento al dolo specifico richiesto dalla norma, Cass. 15 aprile 1977, Brambilla, ibid., voce Occupazione o invasione di azien de, edifici e terreni e sabotaggio, n. 11; 8 marzo 1977, Masetti, id., 1978, II, 330, con nota di richiami.

L'applicabilità dell'esimente dello stato di necessità (cui, in defini tiva, sembra preludere l'ordinanza istruttoria del Pretore di Padova) ad una fattispecie di occupazione di edifici disabitati da parte di

persone non abbienti, è ammessa da Pret. Roma 7 marzo 1978, id., 1980, II, 74, con nota di richiami.

In dottrina, è generalmente accolta la tesi — fatta propria dal Pretore di Padova — secondo cui oggetto della tutela penale della norma di cui all'art. 633 c. p. sia la libera disponibilità del fondo da

parte dell'avente diritto; in tal senso Venduti, Invasione di terreni o edifici, voce dell 'Enciclopedia del diritto, XXII, 626, sicché si re

puta possibile che autore del reato sia lo stesso proprietario (p. 627). Circa la natura permanente del reato, non sembrano sussistere dub

bi; in tal senso Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, 1977, I, 325; Venduti, op. cit., 627.

In tema di sequestro di manufatti abusivi, effettuato con finalità preventive, ne ammette la possibilità Pret. Messina 3 marzo 1980. Foro it., 1980, II, 348, che motiva specificamente sull'obbligo di impedire che il reato venga portato a conseguenze ulteriori. La na tura meramente preventiva del sequestro, e il suo fine di sottrazione del bene alla disponibilità del proprietario — chiave di volta della decisione riportata — sono negati da Cass. 2 ottobre 1975, Tibaldi, id., 1976, II, 349.

Sui limiti spaziali d'efficacia del provvedimento di sequestro, in relazione a prodotti alimentari, Cass. 7 maggio 1981, Trangoni, id., 1981, II, 505, con nota di Gironi (e in Giur. it., 1981, II, 497, con nota di A. Gaito), ai cui ampi richiami — anche dottrinali — in tema di se questro penale si fa rinvio.

(2) Non constano precedenti. In tema di abitazioni sfitte da lungo tempo (e sottratte quindi alla

disciplina sul canone legale), accede ad un provvedimento di seque stro a fini preventivi, con riferimento al reato di aggiotaggio (art. 501 bis c. p.), Pret. Roma 15 marzo 1979, Foro it., 1979, II, 142, e Pret. Messina 26 febbraio 1979, ibid., 143, entrambe annotate da La Cute, in Giur. merito, 1979, 937; decisioni che si segnalano per la nomina dei sindaci dei comuni rispettivamente interessati quali custodi giudiziari degli immobili sequestrati, in vista della reimmis sione nel mercato delle locazioni. A identica soluzione giunge, più di recente, Pret. Messina 29 maggio 1979, Foro it., 1980, II, 21.

sicurare la prova dell'ipotizzato reato, previsto dall'art. 17, lett.

b), 1. 28 gennaio 1977 n. 10, e impedire che fosse portato a

ulteriori conseguenze.

Diritto. Con la istanza indicata in premessa il Lion, quale

proprietario dell'edificio, chiede che vengano emessi immedia

tamente i provvedimenti idonei ad impedire che i reati, di cui

alla denuncia querela, producano ulteriori conseguenze, e cioè — per quanto si desume dai motivi della richiesta — un atto

di polizia giudiziaria diretto allo sgombero del fabbricato dalle

persone che, senza titolo, lo occupano, cosi determinando la

cessazione della condotta permanente del reato previsto dall'art.

633 c.p.

L'istanza è infondata, poiché non sussistono le invocate esi

genze di prevenzione delle conseguenze ulteriori del reato sud

detto. Infatti, alla esecuzione del decreto di sequestro, motivato

dalle finalità, probatorie e cautelari, inerenti alla ipotizzata vio

lazione dell'art. 17, lett. b), 1. n. 10 del 1977, è conseguito l'ef

fetto di interrompere la permanenza del delitto previsto dall'art.

633 c. p. Tanto si desume dalla considerazione che il suddetto

provvedimento è, precipuamente, finalizzato ad assicurare la in

tegrità di cose pertinenti al reato e, per tale scopo, a sottrarle

alla disponibilità del proprietario, che questi si identifichi op

pure no con l'autore del reato stesso. E poiché la incrimina

zione del fatto, descritto dall'art. 633 c. p., è preordinata alla

tutela del titolare del diritto — reale o personale — di uso e di

godimento dell'immobile, cessa la lesività giuridica della con

dotta consistente nell'occupazione, sebbene questa si protragga materialmente nel tempo, quando il diritto stesso venga svuo

tato del suo contenuto tipico — facoltà di uso e di godimento —

per effetto del sequestro, sia pure al solo fine e nei limiti richie

sti dal procedimento per violazione della legge sulla edificabi

lità dei suoli. Non convince la prevedibile obiezione che la fi

sica protrazione dell'occupazione lederebbe comunque il diritto

di proprietà, pur compresso nell'esercizio delle facoltà suddette,

del quale è, nella specie, titolare il querelante: una volta rico

nosciuto, in adesione alla più accreditata dottrina, che l'oggetto

giuridico del reato di invasione di edifici non è limitato al solo

diritto di proprietà, ma comprende, altresì', quelli, reali o per

sonali, di uso e di godimento, è di rigore la conclusione che

il pregiudizio recato alla condotta a facoltà peculiari del diritto

dominicale ed estranee, per converso, ai diritti limitati sulla

cosa, esula dalla economia della fattispecie penale — che, pa

cificamente, può essere realizzata anche dal proprietario in dan

no del conduttore (cfr. Cass. 18 ottobre 1976, Toniolo, Foro it.,

Rep. 1977, voce Occupazione e invasione di aziende, edifici e

terreni e sabotaggio, n. 14) — e perciò, in riferimento a questa, non assume rilevanza.

Pertanto, il proprietario non può lamentare che, in conseguen

za della protrazione materiale dell'occupazione, risulti compres sa la propria facoltà di disposizione giuridica della cosa: non

quésta, bensì' la facoltà di uso e di godimento, pregiudicata dal

delitto in questione, è temporaneamente affievolita dal seque

stro. Incidentalmente, non si può tacere che la stessa disponi bilità giuridica dell'immobile, costruito in assenza o difformità

totale dalla concessione, subisce gravi limitazioni — prima e

indipendentemente dal sequestro per il procedimento penale —

per volontà del legislatore. Queste limitazioni si compendiano:

1) nella sanzione di nullità degli atti giuridici aventi ad oggetto unità immobiliari abusivamente costruite; sanzione non diretta

mente comminata — secondo autorevole giurisprudenza — dal

l'art. 15, 7° comma, 1. n. 10 del 1977, che, anzi, ne eccettua il

caso di conoscenza da parte dell'acquirente, bensì' dagli art.

1346 e 1418 c. c., per illiceità dell'oggetto (Cass. 22 marzo 1976,

Verri, id.. Rep. 1977, voce Confisca, n. 7), con la conseguenza che ne sono vulnerati tutti gli atti giuridici — e non solo le

alienazioni — aventi ad oggetto unità costruite in assenza, o

anche in difformità totale, della concessione; 2) nella sanzione

dell'acquisizione al patrimonio indisponibile del comune (art.

15, 3° comma, 1. n. 10 del 1977); 3) nella facoltà di costituirsi

parte civile, che l'orientamento prevalente della Suprema corte

riconosce all'amministrazione comunale, le cui pretese risarci

torie potrebbero risultare pregiudicate da atti di alienazione o,

comunque, di disposizione dell'immobile. Quindi, il provvedi mento di sequestro, nella parte in cui, di fatto, comprime la

facoltà di disposizione giuridica dell'immobile, in nulla è in

compatibile con le finalità previste dalla legge speciale.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Una ulteriore perplessità va dissipata: è lecito chiedersi se

una situazione, astrattamente antigiuridica, possa divenire lecita

in conseguenza di un provvedimento di polizia giudiziaria e, in

pari tempo, di natura istruttoria, quale il sequestro. È agevole la osservazione che l'invasione dell'edificio, ove attuata dopo l'esecuzione della misura cautelare, potrebbe concretare altro

e più grave delitto, quello previsto dall'art. 349 c. p.

Si risponde, a titolo di considerazione di massima, che non

ripugna alla logica giuridica la possibilità che un provvedimen to cautelare, adottato al fine di assicurare la prova di un deter

minato reato, possa determinare la cessazione della permanenza di altro e distinto reato. Alla stregua dei principi generali, pro

prio i provvedimenti giurisdizionali di maggiore efficacia, quali la sentenza di condanna, sebbene non irrevocabile, e il decreto

penale di condanna, non ancora divenuto esecutivo, interrom

pono la permanenza del reato (Cass. 20 febbraio 1971, Sasso,

id., Rep. 1971, voce Reato in genere, n. 30, e, in materia di

occupazione, Cass. 3 marzo 1970, Fresenga, id., Rep. 1971, voce

Occupazione di aziende e sabotaggio, n. 8). Se la permanenza

può essere interrotta da provvedimenti di natura coercitiva (li berazione della persona sequestrata, arresto del colpevole, ecc.), non sembra consentito dubitare, d'altronde, che analogo effetto

possa derivare da atti giurisdizionali non suscettibili di effica

cia coattiva: si pensi a un provvedimento di affidamento della

prole al coniuge che si era reso, in precedenza, responsabile del reato di cui all'art. 574 c. p.

Sottesa all'allegazione del volantino del c. d. « Comitato di

lotta », anche se non resa esplicita nella istanza di sgombero,

è la doglianza per la nomina di custodi giudiziari, agli effetti

del sequestro, nella persona degli occupanti abusivi dell'immo

bile. E suggestiva, per fare risultare aberrante tale provvedi

mento, è l'analogia che si volesse istituire con il conferimento

della custodia della cosa rubata allo stesso autore del furto.

Per quest'ultimo profilo è immediata la risposta che non vi è

alcuna incompatibilità giuridica tra la qualità dell'autore di un

reato e quella di custode giudiziario delle cose pertinenti al

medesimo: tant'è che, proprio nel settore delle violazioni edi

lizie, la custodia degli immobili edificati in assenza o in dif

formità dalla concessione viene affidata, frequentemente, allo

stesso proprietario costruttore, che, di regola, ne risulta anche

possessore attuale. Nella specie, il problema della incompatibi

lità suddetta neppure si propone, poiché gli occupanti dell'edi

fiscio, accusati di un determinato reato (quello previsto dall'art.

633 c. p.), sono stati nominati custodi agli effetti processuali di

un reato diverso, e non connesso (la violazione dell'art. 17,

lett. b), 1. n. 10 del 1977). La nomina di custode giudiziario im

plica, comunque, non già un vantaggio patrimoniale, bensì' un

onere pubblico, imposto nell'interesse della giustizia penale: la

relativa scelta, come quella del modo della custodia, entrambe

affidate alla discrezionalità del giudice (art. 344, 2° comma,

c. p. p.), implicano una valutazione della migliore garanzia della

integrità della cosa, garanzia che, nella specie, viene assicurata

costituendo, non già il proprietario, bensì i materiali detentori

dell'immobile destinatari dell'obbligo di preservarlo da mano

missioni e di renderlo accessibile a semplice richiesta della

autorità giudiziaria. Tale obbligo, penalmente sanzionato, non

legittima la detenzione trascorsa, né quella futura successiva al

dissequestro, dell'edificio da parte degli occupanti. E, invero, il

sequestro penale di edifici abusivamente costruiti, disposto da

questa pretura, che non ha mai importato lo sgombero delle

persone ivi abitanti o esercenti attività lavorative, non deter

mina la legittimazione indiretta del loro titolo di possesso o

detenzione.

Rivista di giurisprudenza penale Sequestro per il procedimento penale — Opera d'arte — Custo

dia giudiziale — Affidamento a sopraintendenza per i beni ar

tistici e storici — Obbligo di esposizione al pubblico (Cod.

proc. pen., art. 344).

Il notevole interesse artistico di un'opera sottoposta a sequestro

penale rende opportuno il suo affidamento, in custodia giudiziale,

alla sopraintendenza per li beni artistici e storici, con obbligo di

esposizione al pubblico (e va, pertanto, revocata una precedente

ordinanza di affidamento a privato di un quadro attribuito a

Giovanni da Milano). (1)

Tribunale di Milano; ordinanza 7 agosto 1981; Giud. istr. Tad

dei; ric. Min. beni culturali.

(1) L'ordinanza — che s'inserisce in una vicenda, assurta a notorietà

con un articolo in prima pagina del « Corriere della Sera » del 2

agosto 1981 e seguita dalla stampa nazionale sino alla sua (provvisoria) conclusione (v. «Il Tempo» del 9 agosto 1981) — riconosce implici tamente l'esigenza di coordinare la facoltà discrezionale del giudice nel

nominare il custode giudiziale ex art. 344, 2° comma, c. p. c. (che

comunque deve tener conto della natura delle cose sequestrate: Cass. 31 gennaio 1974, Galazzo, Foro it., Rep. 1974, voce Sequesto penale, n.

8) con le attribuzioni istituzionali dell'amministrazione dei beni cultura

li (cui tuttora compete la tutela sulle cose di interesse artistico e storico: Cons. Stato, Sez. IV, 26 agosto 1980, n. 856, T.A.R. Puglia, Sez. Bari, 16 gennaio 1980, n. 9, id., Rep. 1980, voce Antichità e belle

arti, nn. 9, 10) ed i poteri specifici di questa per la conservazione di

detti beni (sui quali cfr. T.A.R. Veneto 23 novembre 1979, n. 568,

ibid., n. 23, sull'ordine di ricollocazione dell'opera sull'altare della

chiesa cui originariamente apparteneva; Cons. Stato, Sez. IV, 18

gennaio 1977, n. 1, id., Rep. 1977, voce cit., n. 21, sull'affidamento

dell'opera a galleria nazionale).

In giurisprudenza, sui compiti e poteri delle sopraintendenze, v. Cass. 8 gennaio 1980, Schiavo, id., Rep. 1980 voce cit., n. 8, annotata da

Testori, in Giur. it., 1981, II, 12; Cass. 7 luglio 1978, Bocci, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 17, nonché, in dottrina, Postiglione, Ruolo

delle sopraintendenze per i beni ambientali ed architettonici nella

giurisprudenza (nota a Pret. Roma 13 novembre 1979, id., 1979, II, 556, con nota di richiami), in Trib. amm. reg., 1979, II, 419.

Sulla sottoposizione alla tutela della p. a. delle cose artisti

che appartenenti ad enti o istituti legalmente riconosciuti (qua li gli enti ecclesiastici), Cass. 6 ottobre 1971, Bragantini, Foro it.,

Rep. 1972, voce cit., n. 38; Cass. 14 marzo 1968, n. 826, id., Rep.

1968, voce Monumento, n. 9, e, in dottrina, Testori, Osservazioni sulla

tutela del patrimonio artistico e storico degli enti ecclesiastici, in Riv.

it. dir. proc. pen., 1977, 1588; Di Giovine, La tutela dei beni mobili

aventi rilevanza culturale, appartenenti ad enti ecclesiastici, in Giur.

merito, 1975, IV, 165.

Per la non impugnabilità in Cassazione del decreto di sequestro

penale e degli altri provvedimenti concernenti le cose sequestrate,

soggetti solamente ad incidente di esecuzione, v. Cass. 17 maggio 1979,

Rodriquez, Foro it., 1980, II, 19, con nota di richiami.

Sulla sostituzione del custode giudiziario v. Pret. Messina 26 febbraio

1979, id., 1979, II, 143, con nota di richiami; in dottrina, Manzini, Trattato di diritto processuale penale, Torino, 1932, III, 555.

Circa la competenza a liquidare il compenso al custode giudiziario del giudice che deve ordinare la restituzione della cosa sequestrata, v.

Cass. 5 aprile 1978, Hagler, Foro it., Rep. 1978, voce Sequestro penale, n. 9.

Sulla legittimazione della p. a. a costituirsi parte civile per

danni al patrimonio artistico e storico, cfr. Cass. 20 dicembre

1974, Vermi, id., Rep. 1977, voce Antichità e belle arti, n. 40, annotata

da Tamiozzo, in Rass. avv. Stato, 1976, I, 444; 17 maggio 1966,

Perrone, Foro it., Rep. 1966, voce Monumento, n. 54, annotata da

Caramazza, in Rass. avv. Stato, 1966, I, 744.

In dottrina, in generale, sulla condizione dei beni artistici, v.

Cantucci, Beni culturali e ambientali, voce del Novissimo digesto,

appendice, Torino, 1980, I, 722; Alibrandi e Ferri, I beni culturali ed

ambientali, Milano, 1978; M. S. Giannini, I beni culturali, in Riv.

trim. dir. pubbl., 1976, 3.

* * ♦

L'ordinanza è cosi motivata: Letti gli atti del procedimento; letta

l'istanza dell'avvocatura dello Stato per il ministero dei beni culturali e

ambientali; letta l'ordinanza del 30 luglio 1981 con la quale si affida il

dipinto sopra citato in giudiziale custodia all'avv. Cesare Rimini;

ritenuto che, allo stato, è opportuno disporre che il quadro sia affidato

ad una galleria dello Stato che possa assicurare oltre alla custodia,

anche l'esposizione al pubblico dell'opera, che riveste un notevole

interesse artistico per bellezza e rarità; ritenuto pertanto che il quadro

va affidato in giudiziale custodia alla sovraintendenza dei beni artistici

e storici delle province di Firenze e di Pistoia con l'obbligo di esporlo

presso la galleria dell'accademia di Firenze, rispettando tutte le

modalità più idonee alla tutela e conservazione del quadro;

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