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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 18 ottobre 1979; Giud. Albamonte; imp. Torlonia e...

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ordinanza 18 ottobre 1979; Giud. Albamonte; imp. Torlonia e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp. 127/128-129/130 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171547 . Accessed: 24/06/2014 23:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.69 on Tue, 24 Jun 2014 23:20:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 18 ottobre 1979; Giud. Albamonte; imp. Torlonia e altri

ordinanza 18 ottobre 1979; Giud. Albamonte; imp. Torlonia e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.127/128-129/130Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171547 .

Accessed: 24/06/2014 23:20

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE SECONDA

militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualifi cano come tali. Quando non ricorrono le suddette condizioni, i

militari devono essere comunque tenuti all'osservanza delle di

sposizioni del regolamento di disciplina militare che concernono

i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del

segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari » (art. 5); « l'uso dell'abito civile è consentito fuori dei luoghi militari, du

rante le licenze e i permessi. Nelle ore di libera uscita è con

sentito, salvo limitazioni derivanti dalle esigenze delle accade

mie militari durante il primo anno di corso, delle scuole allievi

sottufficiali durante i primi quattro mesi di corso formativo e dei

collegi militari (sempre durante i primi quattro mesi), da esigenze dei servizi di sicurezza di particolari impianti ed installazioni, da

esigenze operative e di addestramento fuori sede » (art. 5).

Compito dell'esercito, della marina e dell'aeronautica è assi

curare ... la difesa della patria e concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni e al bene della collettività nazionale nei

casi di pubbliche calamità (art. 1). Viene a delinearsi una struttura dell'istituzione militare con

forme al dettato costituzionale. Le competenze delle forze armate

sono rigidamente fissate dalla legge. L'applicazione del regola mento di disciplina militare viene in linea generale limitato al

l'interno dei luoghi militari o a tassative fattispecie.

Emerge dalle maglie della nuova disciplina normativa un sol

dato che è cittadino anche in caserma, anzi proprio perché come

militare sopporta il peso (non indifferente) di una prestazione reale obbligatoria il legislatore è particolarmente attento a che i

suoi diritti inderogabili riconosciuti dalla Costituzione gli siano

garantiti. Limitazioni e doveri particolari vanno previsti per leg

ge, e solo per garantire l'assolvimento dei compiti propri delle forze armate (art. 3).

Il potere disciplinare del superiore deve riguardare il servizio e non eccedere i compiti di istituto.

Il fatto che abbiano la possibilità di indossare l'abito civile

pone in essere una delle condizioni per cui non si applica nei

loro confronti il regolamento di disciplina militare (art. 5, 3° com

ma, lett. c). In questo nuovo clima creato dalla legge sui principi della

disciplina militare si verifica l'episodio sottoposto alla attenzione

del collegio. Un gruppo di civili (quindici o venti giovani) percorre il corso

Vittorio Emanuele di Lecce in direzione della porta Rudiae. Sono

inquadrati e schiamazzano urlando ordini di addestramento for

male. Passa un ufficiale. Si tratta dell'ufficiale comandato per il

servizio di vigilanza in città. Non risultano in atti acquisite le

disposizioni che gli erano state impartite dal comando di presidio per verificarne la loro assonanza alla citata legge sui principi della disciplina militare.

È certo, per averlo, il s. ten. Serrone, dichiarato all'odierno di

battimento, che non ne aveva per quanto concerneva i militari che indossavano abiti civili. Ma non sappiamo nulla anche circa le modalità con cui il predetto ufficiale doveva prestare il ser vizio. Sembra al tribunale perlomeno insolito, per non usare termini più drastici, che l'ufficiale di vigilanza svolgesse il suo servizio sulla sua auto privata; che fosse autorizzato a svolgerlo in compagnia della moglie; che, inoltre, dovesse condurre con sé due amici.

Ma, tralasciando questi rilievi, che senz'altro non sfuggiranno ai superiori dell'ufficiale per gli eventuali provvedimenti discipli nari ove non si ravvisasse qualche ipotesi di reato militare (vio lata consegna!), l'intervento dell'ufficiale appare giustificato — se condo quanto lui dice — dal fatto che ci siano molti civili che schiamazzano.

Ma cosa c'entrano le forze armate con una situazione di que sto genere alla luce della legge sui principi della disciplina mili tare? E cosa significa per dei militari in borghese un ufficiale, sia pure in uniforme, accompagnato da una donna e da due civili? Viviamo un particolare periodo di tensioni in Italia e molto

spesso l'uniforme viene usata per gli scopi più impensabili da criminali e terroristi. Le stesse autorità militari hanno avvertito i giovani soldati di non lasciare a chicchessia in mano i loro

documenti, proprio per l'interesse dimostrato da una certa cri minalità.

Per la verità, non ritenuta sussistere da parte del collegio l'ipo tesi contravvenzionale di cui all'art. 659 cod. pen. (ma è compito delle forze armate rilevare le contravvenzioni?), non sembra che

ci sia nulla che giustifichi l'intervento dell'ufficiale. La legge pre vede che gli ordini devono attenere alla disciplina, riguardare il servizio e non eccedere i compiti di istituto (art. 4). Ma l'in

tervento per reprimere degli schiamazzi (ma erano veramente cosi

molesti quel gruppo di quindici civili che marciava inquadrato e secondo l'ufficiale composto da persone perfettamente sobrie

e che non puzzavano d'alcol?) sembra più proprio di vigili urbani

visto che si trattava di gente in borghese. È da escludere che tra i compiti di istituto delle forze armate ci sia quello di fermare dei civili per strada nel dubbio che possano essere dei militari.

Ed ancora a dei soldati in borghese il regolamento di disci

plina si applica solo se svolgono attività di servizio (ed i militari fermati dal s. ten. non lo svolgevano); se sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio (e non lo era il corso Vittorio

Emanuele di Lecce); se in relazione ai compiti di servizio a) t>i

qualificano come militari; b) si rivolgono ad altri militari in di

visa; c) che si qualificano tali (e venendo meno la relazione ai

compiti di servizio cadono le tre ipotesi conseguenziali). Infine

devono osservare le disposizioni del regolamento di disciplina militare per le disposizioni concernenti il giuramento prestato (e non è il caso); le disposizioni concernenti i doveri attinenti

al grado (e neppure questa ipotesi, v. pag. 13 delle « Norme di

principio sulla disciplina militare » con note illustrative, a cura

dello stato maggiore dell'esercito, ed. 1978), alla tutela del se

greto e al dovuto riserbo sulle questioni militari.

Quindi in conclusione non si applica al caso in esame il rego lamento di disciplina militare e l'ordine di fornire le proprie

generalità e di esibire il documento di riconoscimento non era

né attinente al servizio, né alla disciplina. I due imputati vanno,

pertanto, assolti dal reato di disobbedienza con la formula di

rito.

Per quanto concerne l'insubordinazione con ingiuria nei con

fronti di superiore ufficiale aggravata, pur con tutti i dubbi che

il solo vestire l'uniforme, in tempi come quelli che viviamo, possa costituire in obbligo di rispetto un inferiore che non veste l'uni

forme. Se così fosse si arriverebbe per formalismo ad imporre ai militari il rispetto di un terrorista in uniforme, mentre, forse, Il militare appartenente alle forze armate in un caso del genere dovrebbe anche usare violenza a quel simulacro di superiore. È certo che l'ufficiale non mostrò i propri documenti di ricono scimento e l'essersi qualificato, a parole, come ufficiale di sorve

glianza avvenne solo dopo che gli episodi all'esame di questo tribunale erano avvenuti.

L'apparizione dell'ufficiale da una macchina civile, con gio vane donna e altri due civili, non doveva certamente contribuire a rafforzare il convincimento del Bracciorosso. Questi vista tutta la situazione nel suo svolgersi non prende la cosa sul serio, ma cerca di strumentalizzarla.

È questo il significato colto dal tribunale del gesto del fiore. Nessuna coscienza e volontà ebbe l'imputato di offendere il su

periore ufficiale. Se è vero che per questo reato il dolo è in re ipsa o nel signi

ficato ingiurioso intrinseco delle parole pronunziate che di per sé è offensivo del prestigio, del decoro o dell'onore del supe riore, è anche vero che quando questa palese offensività manca l'accertamento va fatto aliunde.

Ed il tribunale dall'esame di tutto il contesto dell'azione esclu de che il Bracciorosso abbia realizzato con il suo comportamento una offesa del prestigio dell'ufficiale.

È questa, peraltro, una certezza che il collegio afferma senza trascurare nessuna delle modalità con cui si è realizzato l'episo dio delittuoso.

Il Bracciorosso deve, pertanto, essere mandato assolto del reato ascrittogli al capo b) della superiore rubrica con la formula di rito.

Per questi motivi, ecc.

PRETURA DI ROMA; ordinanza 18 ottobre 1979; Giud. Al

bamonte; imp. Torlonia e altri.

PRETURA DI ROMA;

Prescrizione penale — Sospensione in pendenza del procedimen to di ricusazione — Esclusione — Questioni non manifesta mente infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 25, 1° comma, 112; cod. pen., art. 159; cod. proc. pen., art. 69).

Non sono manifestamente infondate (e se ne rimette quindi l'esa me alla Corte costituzionale) le questioni di costituzionalità

degli art. 159 cod. pen. e 69 cod. proc. pen. nelle parti in cui non dispongono la sospensione del corso della prescri zione dei reati durante la pendenza del procedimento di

ricusazione, in riferimento agli art. 3, 25, 1° comma, e 112 Cost. (1)

(1) Pret. La Spezia 21 marzo 1977, Foro it., Rep. 1978, voce Astensione, n. 40, ha ritenuto che dal momento in cui il giudice riceve notizia dell'avvenuta presentazione di una dichiarazione di ricusazione a suo carico, è sospeso il termine di prescrizione per tutti i reati ai quali si riferisce il procedimento penale in corso.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Il Pretore, ecc. — Nel procedimento penale a carico di Tor

lonia Alessandro, Cipriani Milizio e Carlevaris Carlo, imputati

per aver fatto eseguire i lavori edilizi senza licenza, importanti la totale ristrutturazione, con mutamento di destinazione d'uso, di n. 77 sale del museo Torlonia in mini appartamenti, accer

tata in data 1° ottobre 1976 dopo l'ultimazione delle opere abu

sive, protrattesi nella esecuzione per alcuni anni, in assenza di

qualsiasi tempestivo rapporto giudiziario da parte degli organi del comune di Roma e della sopraintendenza competente, que sto pretore veniva ricusato, ai sensi degli art. 64 segg. cod. proc.

pen., dagli imputati Torlonia e Cipriani, nella udienza dibatti

mentale del 3 aprile 1979.

Contro l'ordinanza di rigetto della dichiarazione di ricusa

zione del Tribunale di Roma gli imputati predetti proponevano ricorso per cassazione. La Corte di cassazione, nell'udienza del

9 agosto 1979, su conforme richiesta del sig. procuratore gene

rale, rigettava il ricorso, e questo pretore apprendeva ufficial

mente la decisione della corte in data 15 ottobre 1979, median

te il ricevimento degli atti relativi presso il suo ufficio.

Questo pretore osserva che, ai sensi dell'art. 152 cod. proc.

pen., prima dell'emissione di un nuovo decreto di citazione, va

accertato se il reato contestato non sia estinto, e, nel presente

caso, non risulti estinto per prescrizione. Orbene, il termine di

oltre mesi sei, durante il quale il processo è rimasto sospeso, secondo la previsione dell'art. 69 cod. proc. pen., in attesa della

decisione definitiva nel giudizio di ricusazione, incide in modo

rilevante sull'eventuale compimento del termine prescrizionale del reato contravvenzionale contestato agli imputati, in sé as

sai breve, ed iniziato a decorrere in epoca anteriore a quella di

tardiva conoscenza dell'illecito edilizio da parte di questo pre tore.

Ciò posto, questo pretore ritiene non manifestamente infon

data e rilevante ai fini del presente procedimento la questione di legittimità costituzionale della norma prevista dall'art. 159

cod. pen. o della norma prevista dall'art. 69 cod. proc. pen., nella parte in cui sotto diversi profili queste non consentono

l'estensione della sospensione della prescrizione del reato ai casi

di giudizio di ricusazione del giudice, finché tale causa di so

spensione del processo non sia cessata, poiché in contrasto con

la previsione degli art. 3, 25, 1° comma, e 112 Cost. La que stione va apprezzata sotto entrambi i profili normativi suddetti in rispondenza all'unitarietà della censura di incostituzionalità.

Il procedimento di ricusazione, avente ad oggetto non già un

rapporto processuale con contrapposizione di parti ma la Veri

ficazione dell'imparzialità del giudice, viene introdotto attual

mente con alquanta disinvoltura e sovente con malizia dalla

parte interessata, precostituendo all'uopo, talvolta, alcune delle

cause di ricusazione previste dall'art. 64 cod. proc. pen., e ca

gionando inattività forzosa del processo penale in corso, disagi per il giudice, ed inoltre il decorrere favorevole per l'imputato ricusante del termine di prescrizione del reato.

Orbene, se l'infondatezza e l'eventuale malizia possono far incorrere il ricusante nelle responsabilità conseguenti, previste dall'art. 71 cod. proc. pen. — alle quali dovrebbero aggiungersi le necessarie iniziative degli ordini professionali degli avvocati e dei procuratori legali ove venga ravvisata una responsabilità disciplinare nell'ideazione e nell'attività inerente alla ricusazio ne posta in essere dal difensore del ricusante — il favorevole decorso del termine prescrizionale del reato costituisce un si curo vantaggio, innanzi agli aleatori rischi inerenti ad una te meraria ricusazione, che incentiva iniziative di tal genere in danno dell'interesse di giustizia.

La ratio della sospensione del corso della prescrizione del

reato, prevista dalla norma dell'art. 159 cod. pen., s'identifica

nell'impedire che, ai casi di sospensione del processo, nei quali cioè l'attività del giudice e conseguentemente quella del pubbli co ministero subiscono una stasi obbligatoria per previsione le

gislativa, rimanga indifferente la prescrizione del reato. Nei casi

previsti dall'art. 159 cod. pen. la sospensione del corso della

prescrizione del reato consegue o alla sospensione del processo

principale, a cagione dell'instaurarsi di altro giudizio, senza la

cui definizione il primo non può ulteriormente svolgersi, o alla

pendenza di una condizione o all'accertamento di un presuppo sto, che influiscono sull'ulteriore svolgersi del processo. Orbene, la situazione conseguente all'instaurazione del giudizio di ricu

sazione è del tutto omogenea ai casi generalmente accolti nella

previsione dell'art. 159 cod. pen., e risponde ad un criterio di

ragionevolezza logica adottare una identica soluzione per situa

zioni del tutto equivalenti. Tuttavia, la previsione della sospen

II Foro Italiano — 1980 — Parte II-9.

sione della prescrizione del reato ai casi di «... questione de ferita ad altro giudizio» (art. 150 cod. pen.), non è stata ritenuta

estensibile, dall'interpretazione giurisprudenziale, ai giudizi di

ricusazione. Poiché la norma è priva di una vis propria, ma assume i con

tenuti interpretativi giurisprudenziali dominanti, come più volte è stato rilevato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale,

appare opportuno sottoporre alla corte la questione di illegitti mità in ordine alla sopra esposta esclusione dei giudizi di ricu sazione dai casi di sospensione del corso di prescrizione del reato. Difatti, la non estensibilità della previsione suddetta ai casi di ricusazione del giudice, appare in contrasto con l'art. 3

Cost., poiché offende il principio di eguaglianza dei cittadini e discrimina costoro rispetto ai diversi casi di sospensione del pro cesso con o senza sospensione della prescrizione del reato, sen

za rispondere ad un criterio di ragionevolezza e di logicità. È

in contrasto con l'art. 25, 1° comma, Cost., poiché la ricusazione

priva il giudice naturale del potere giurisdizionale in ordine a

quel determinato processo in modo definitivo nei limiti tempo rali in cui si svolge il procedimento di ricusazione, durante il

quale continua a decorrere il termine di prescrizione del reato.

Inoltre, la non estensibilità suddetta ai casi di ricusazione del

giudice ostacola in modo riflesso l'esercizio dei poteri del pub blico ministero in modo irreversibile, stante la dovuta inerzia

imposta al giudice ricusato, a seguito e nei limiti della decor

renza del termine di prescrizione del reato, coincidente con lo

svolgimento del giudizio di ricusazione del giudice stesso.

Va ritenuto, infine, ove non si volesse accedere al prospettato

profilo di incostituzionalità della norma sopra citata, la non ma nifesta infondatezza e la rilevanza nel presente giudizio della

questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 cod. proc.

pen., in relazione all'art. 159 cod. pen., laddove alla sospensio ne del processo pendente innanzi al giudice ricusato tale norma

non riconnette l'effetto della sospensione del termine di pre scrizione del reato, secondo il rinvio contenuto nell'ultima par te della norma dell'art. 159 cod. pen., ad «...ogni caso in cui

la sospensione del procedimento penale è imposta da una parti colare disposizione di legge », poiché in contrasto con l'art. 3

Cost., con l'art. 25, 1° comma, e con l'art. 112 Cost, per le

stesse considerazioni innanzi esposte. Né la facoltà concessa

al giudice ricusato di compiere « soltanto atti urgenti d'istru

zione » (art. 69, capov., cod. proc. pen.), peraltro limitata alla

fase istruttoria, costituisce un argomento favorevole a soste

gno di tale irragionevole previsione normativa, che appare vi

ziata pertanto di illegittimità costituzionale.

Per questi motivi, ecc.

PRETURA DI MESSINA; sentenza 6 dicembre 1978; Giud. Ri

sicato; imp. Millo.

PRETURA DI MESSINA;

Edilizia e urbanistica — Costruzione abusiva — Violazioni del

le norme tecniche sull'edilizia in zone sismiche — Reati peri manenti — Cessazione della permanenza (Cod. pen., art. 158;

legge 25 novembre 1962 n. 1684, provvedimenti per l'edilizia

con particolari prescrizioni per le zone sismiche, art. 7, 13). Edilizia e urbanistica — Costruzione abusiva — Violazione del

le norme urbanistiche ed antisismiche — Confisca penale —

Ammissibilità — Obbligatorietà (Cod. pen., art. 240; legge 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 31, 32, 41; legge 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 15, 17; legge 25 novembre 1962 n. 1684, art. 7, 13; cod.

proc. pen., art. 622).

Le contravvenzioni di cui agli art. 7 e 13, lett. g), legge 25 no

vembre 1962 n. 1684 concernenti la violazione di norme tec

niche sull'edilizia in zone sismiche hanno natura di reati per manenti e, poiché trattasi di disposizioni dirette a garantire la sicurezza delle costruzioni ed evitare uno stato di pericolo

per la pubblica incolumità, la permanenza non cessa se non

con la eliminazione del pericolo stesso. (1)

(1) Non si riscontrano precedenti editi in termini. 'Il pretore perviene alla conclusione de qua distinguendo, nell'am

bito della normativa antisismica, disposizioni concernenti obblighi formali (per es. l'obbligo di munirsi dell'autorizzazione scritta del genio civile prima di dare inizio ai lavori di costruzione) e dispo sizioni concernenti obblighi sostanziali quali quelli di cui agli art. 7 e 13, lett. g), legge n. 1684: le contravvenzioni agli obblighi formali

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