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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 21 novembre 1981; Giud. F. S. Ambrosio; imp....

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ordinanza 21 novembre 1981; Giud. F. S. Ambrosio; imp. Turone e Viola Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp. 151/152-153/154 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174569 . Accessed: 28/06/2014 19:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.81 on Sat, 28 Jun 2014 19:00:41 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 21 novembre 1981; Giud. F. S. Ambrosio; imp. Turone e ViolaSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.151/152-153/154Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174569 .

Accessed: 28/06/2014 19:00

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PARTE SECONDA

Il 16 dicembre 1981 Roberto Cicciomessere denunziava il diret tore del TG 2 (identificato per Ugo Zatterin) riferendo che il 4 dicembre 1981 nel corso del TG 2 che trattava di incidenti suc cessi nell'aula di Montecitorio, era stata trasmessa la frase: « L'on. Cicciomessere che si proclama non violento, durante un acceso

diverbio, è saltato in piedi sul banco del governo, pronto a lan ciarsi contro il banco della presidenza». Di tale frase il denun

ziante aveva chiesto e non ottenuto la rettifica nei termini specifi cati in denunzia.

Nel dibattimento, instauratosi con rito direttissimo, lo Zatterin

affermava di non aver disposto la trasmissione della rettifica, in

quanto la notizia era corrispondente alle fonti ufficiali di informa

zione ed era stata riportata con gli stessi termini da tutta la stam

pa nazionale.

Il comportamento omissivo previsto dall'art. 7 e successive mo

difiche della 1. 15 aprile 1975 n. 103 è sanzionabile penalmente solo per un breve periodo di tempo rientrando nell'ipotesi gene rale di depenalizzazione (art. 32 1. 24 novembre 1981 n. 689) la cui

entrata in vigore è prevista per il 30 maggio 1982 (art. 43). Que

sto periodo transitorio in cui è applicabile una sanzione, nono

stante il suo previsto depotenziamento, costituisce evidentemente

una di quelle situazioni di contraddizione di fatto con le scelte

di fondo del legislatore, che consigliano un prudente ricorso alla

norma stessa e comunque si riflettono sui meccanismi interpreta tivi che non possono non tenere conto della prefigurazione del

nuovo assetto normativo.

Tanto premesso, va considerato che entrambi i valori messi

a confronto dalla normativa su citata appaiono essenziali nel no

stro sistema socio-politico. Da una parte i diritti relativi alla libertà di stampa, in tutte le

sue manifestazioni, dall'altra i diritti alla tutela della personalità del singolo. Il punto di impatto di una delle due sfere di diritti

a danno dell'altra, è individuato dall'art. 7 1. 15 aprile 1975 n.

103, allorquando vi sia stata una aggressione alla personalità del

singolo attraverso uno strumentale o distorto esercizio del diritto

di informazione.

Proprio in considerazione della delicatezza dei beni giuridici che entrano in conflitto, la liceità del comportamento giornalistico è determinata dal rispetto della verità della notizia. A tale crite

rio appare riconducibile anche la valutazione del comportamento relativo alla mancata pubblicazione o trasmissione della rettifica

di una notizia. Tale considerazione appare tanto più evidente in

tivamente, non sussiste allorché il rifiuto di rettifica sia motivato dal

direttore con la convinzione che le sue primitive informazioni erano esatte »). Da notare come la tesi prevalente in dottrina (e pacificamente accolta oltralpe — cfr. Cass. Francia 22 febbraio 1972, Jobelin, Foro

it., 1972, IV, 213 — all'insegna di un più generale rifiuto da parte dei tribunali, di ergersi a « comptables de l'histoire »: cosi B. Edel

man, note a Trib. gran. inst. Paris 8 luglio 1981, D.S., 1982. 59, 61, e cioè all'affaire Faurisson, che sarà riportato in uno dei prossimi fa

scicoli) sembri ora trovare probante conforto nell'art. 42 1. 5 agosto 1981 n. 416, disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'edi

toria, Le leggi, 1981, I, 1404, che ha novellato, in senso decisamente

soggettivo, il 1° comma dell'art. 8 1. 47/1948 (del resto, lo stesso art. 42, nell'introdurre una sorprendente « stampella » al meccanismo di enforcement — la possibilità di ovviare alla mancata pubblica zione della rettifica con un provvedimento cautelare atipico te qui è facile immaginare il malessere di quanti si ostinano a credere che l'ordinamento giuridico sia un insieme di proposizioni logiche!] —

rivela le stimmate dell'acceso dibattito intorno al c. d. diritto al l'identità personale, politica o morale [cfr., da ultimo, Pret. Roma, ord. 11 maggio 1981 ed altre sei, Foro it., 1981, I, 1737, con nota di richiami], attualmente oggetto di un seminario itinerante organizzato dal Centro di iniziativa giuridica P. Calamandrei con la collabora zione di numerose facoltà giuridiche).

L'ormai celebre « salto » dell'on. Cicciomessere (le cui qualità acro batiche gli sono valse, sulla stampa nazionale, epiteti quali « zotico », « violento », « lanzichenecco », ecc.) traeva origine dalla protesta ra dicale per il forzato trasferimento di L. C. Vincino, vignettista di « Lotta continua », dalla tribuna del pubblico a quello della stampa.

La rettifica richiesta era del seguente tenore: « Nella edizione delle 19,45 del TG2 del 4 dicembre 1981, la redat

trice Piera Rolandi, riferendosi agli incidenti avvenuti nell'aula di Montecitorio nel corso della seduta pomeridiana della stessa giornata ha affermato: ' L'on. Cicciomessere che si proclama non violento, du rante un acceso diverbio, è saltato in piedi sul banco del governo, pronto a lanciarsi contro il banco della presidenza

L'insinuazione sulle mie intenzioni è priva di ogni fondamento. Sono infatti salito sui banchi del governo poiché questo era l'unico modo, nel momento in cui ogni possibile richiamo regolamentare veniva co perto dalle urla di centinaia di deputati, per sollecitare la presidente lotti al dovuto quanto omesso intervento per garantire l'incolumità fisica dei deputati radicali aggrediti da decine di deputati comunisti. In particolare, la mia azione è intervenuta quando la presidente del Gruppo radicale era stata colpita da un violento schiaffo vibratogli da un deputato comunista».

quanto una diversa valutazione verrebbe a configurare un diritto di rettifica senza alcuna limitazione, rendendo cosi bersagliabili anche notizie del tutto corrispondenti a situazioni reali.

Questa situazione contrasta innanzitutto con il testo della legge: « chi si ritenga leso da trasmissioni contrarie a verità », e com

porta una pesante limitazione al diritto di cronaca e nello stesso

tempo una minore credibilità alle successive rettifiche in quanto scaturenti da un meccanismo automatico più che da un implicito riconoscimento della falsità della notizia trasmessa. D'altra parte la dialettica in ordine all'interpretazione della veridicità della no

tizia, che può derivare da differenti valutazioni delle parti inte

ressate non è risolvibile ipotizzando una sorta di potere esclusi

vo dell'uno o dell'altro dei protagonisti, ma pone un problema di

accertamento in sede giudiziaria (ove il conflitto non si sia com

posto antecedentemente) in ordine al rapporto notizia-fatto e in

relazione all'atteggiamento intenzionale di chi ha trasmesso la

notizia.

Nel caso in specie, la frase di cui si chiede la rettifica, è rico

nosciuta in buona parte veritiera dallo stesso denunziante. È

vero che l'on Cicciomessere è stato espulso dall'aula; è vero che

egli è balzato sui banchi del governo. L'elemento di non veridi

cità sarebbe dato dall'attribuita intenzione al parlamentare di « lan

ciarsi sul banco della presidenza ».

Da una analisi della frase (riportata tra virgolette nella richie

sta di rettifica) appare evidente che la ricostruzione dei fatti ac

caduti è fedelmente riportata, mentre sarebbe stata distorta, se

condo il giudizio del denunziante, la possibile evoluzione degli stessi.

Il denunziante lamenta in sostanza più che una veridicità dei

fatti una loro malevola interpretazione accentuata dall'accosta

mento tra la professione di non violenza del denunziante stesso

e l'aggressività della sua azione. A questo proposito va osservato

che, a meno di non volere ritenere che la ricostruzione di un fatto

di cronaca sia operazione del tutto asettica, va data per scontata

una partecipazione, che è pur sempre « parzialità », del soggetto

agente. Una « parzialità » che ha tuttavia un limite esterno dato

dalla veridicità dei fatti, e una serie di condizionamenti che ap

portano vari livelli di responsabilità (politica, professionale, disci

plinare, ecc.). Nella notizia in questione l'apporto soggettivo non appare co

munque stravolgere l'episodio. In effetti, a parte l'aderenza quasi testuale a fonti ufficiali (la ricostruzione dei fatti del presidente Nilde Jotti), la successione dei fatti appare legittimare una lettura dinamica dell'intera vicenda. Il salto sul banco del governo già effettuato ha infatti lo stesso contenuto di infrazione di regola di comportamento interno di un ipotizzato salto sul banco della

presidenza, tanto che la previsione di questo evento non appare essere stata azzardata. Una riprova di ciò è data dall'analoga ri costruzione dei fatti da parte di una gran parte della stampa.

Il comportamento omissivo del prevenuto non configura per tanto il reato contestato.

PRETURA DI BRESCIA; PRETURA DI BRESCIA; ordinanza 21 novembre 1981; Giud. F. S. Ambrosio; imp. Turone e Viola.

Segreti (reati contro l'inviolabilità dei) — Segreto istruttorio —

Atti del procedimento penale — Comunicazione al presidente del consiglio — Reato — Insussistenza — Fattispecie (Cod. pen., art. 326; cod. proc. pen., art. 307; r. d. 18 giugno 1931 n. 773, t. u. delle leggi di p. s., art. 209, 212; 1. 24 ottobre 1977 n. 801, iistituzione e ordinamento dei servizi per le infor mazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato, art. 1 a 12).

Non va promossa azione penale — e ne va archiviata pertanto la relativa denuncia — nei confronti dei magistrati che, acqui sita notizia nel corso di un procedimento penale dell'esistenza dell'associazione segreta, denominata loggia P 2, segnalano al

presidente del consiglio dei ministri i nominativi degli ade renti a norma della l. 24 ottobre 1977 n. 801 e degli art. 209 e 212 r.d. 18 giugno 1931 n. 773.(1)

(1) Circa la responsabilità penale di pubblici dipendenti iscritti alla loggia P2 cfr. Pret. Messina 14 dicembre 1981, Foro it., 1982, II, 61, con esauriente nota di richiami in merito al reato desunto, con ine dita interpretazione, dal combinato disposto degli art. 17 e 212 r.d. n. 773/1931. In margine alla vicenda dei quindici magistrati presunti appartenenti alla confraternita cfr. A. Galasso, Prestigio della ma gistratura: mito e realtà, in Democrazia e diritto, 1982, n. 1, 136. La segretezza della loggia P2 è stata dichiarata dall'art. 5 1. 25 gen naio 1982 n. 17 (Le leggi, 1982, I, 124).

Il conflitto di competenza nell'istruttoria concernente tale associa

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GIURISPRUDENZA PENALE

Rileva: Per ammissione esplicita degli stessi denunziatiti, i

giudici, che indagavano sul caso Sindona, hanno trasmesso l'elen

co degli appartenenti alla loggia P 2 al presidente del consiglio dei ministri.

I giudici hanno comunicato al presidente del consiglio dei mi

nistri il suddetto elenco per superiori esigenze di giustizia e

per dovere d'ufficio in applicazione degli art. 1-12 1. 24 otto bre 1977 n. 801, dell'art. 6 disp. att. c. p.p. e dell'art. 212

t. u. p. s.

La cosiddetta loggia P 2 è stata considerata dalla commissio

ne amministrativa per l'inchiesta un'associazione segreta e, co me tale, vietata dall'art. 18 Cost.

La drasticità del divieto costituzionale si spiega con la con siderazione che un'associazione occulta, come la P 2 per le sue

estese ramificazioni, possa diventare uno Stato nello Stato od esercitare su tutta la società civile un'influenza contraria agli interessi nazionali.

Poiché al presidente del consiglio dei ministri è attribuito

dalla 1. 24 ottobre 1977 n. 801 il « coordinamento della politica informativa e di sicurezza nell'interesse e per la difesa dello

Stato democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a

zione è stato risolto da Cass. 2 settembre 1981, Foro it., 1982, II, 1, con nota di richiami di M. Bòschi e nota di R. Orlandi, L'art. 48 ter, 1" comma, c.p.p.: effetti della connessione nei procedimenti riguar danti magistrati. In margine alla vicenda cfr., con riferimento al l'attività giornalistica, Trib. Roma 15 ottobre 1981, ibid., 43.

Una rassegna delle questioni di cui all'ordinanza qui riportata è stata compiuta, prendendo spunto dalle vicende di cronaca, da

Ferrari, L'avventura del « segreto » nell'Italia repubblicana, nella relazione al Convegno su II segreto nella realtà giuridica italiana, Istituto di diritto pubblico, Facoltà di giurisprudenza, Università di Roma, 1981. In particolare, proprio sulla questione dall'ord. decisa, si vedano le pag. 30 ss. del dattiloscritto, in cui si nega al magistrato la facoltà di « dispensare » i terzi (nella specie il presidente del con

siglio) dall'osservanza del segreto istruttorio, perché, sinché questo segreto permane, « chiunque », e quindi anche il magistrato proce dente, è tenuto al divieto di cui all'art. 164 c.p.p. Critico sull'epi sodio anche Nuvolone, Il segreto istruttorio, relazione al Convegno predetto, 35. Sul convegno v. Indice pen., 1981, 791.

Trib. Roma 24 maggio 1980, Foro it., 1980, II, 391, con nota di

richiami, ha ritenuto la segretezza, a norma dell'art. 307 c. p. p., degli atti istruttori trasmessi al ministro dell'interno ai sensi dell'art. 165 ter c. p. p., escludendosi l'applicazione dell'esimente del diritto di cro naca giornalistica. Sulla vicenda è intervenuta anche App. Roma 12 settembre 1980, id., 1981, II, 29, annullata da Cass. 28 novembre 1981, Isman e altri, che sarà riportata in uno dei prossimi fascicoli.

Precisa l'ambito del segreto istruttorio a norma dell'art. 684 c. p., nel senso che esso concerne esclusivamente il contenuto degli atti tassativamente indicati nell'art. 164 c. p. p., senza estendersi a « tutto ciò che concerne gli atti medesimi ed i loro risultati » (nella specie era stata data notizia di una richiesta di mandato di cattura rivolta dal p. m. al giudice istruttore) Cass. 5 marzo 1979, Campili, id., 1980, II, 304.

La pubblicazione di un comunicato delle « brigate rosse » è stata compiuta in violazione degli art. 684 c. p. e 164 c. p. p., anche se il contenuto del documento era stato in precedenza ampiamente di

vulgato, secondo Trib. Roma 14 giugno 1978, ibid., 305. All'opposto, è stata ritenuta contraria all'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (libertà di espressione) l'ingiunzione rivolta ad un

giornale di non pubblicare un articolo concernente valutazioni intorno ad una controversia giudiziaria pendente, da Corte europea dei di ritti dell'uomo 25 aprile 1979, id., 1979, IV, 193, con nota di Fiumanò.

Da ultimo, Corte cost. 10 febbraio 1981, nn. 16, 17, 18 (id., 1981, I, 601, con nota di La Greca) ha dichiarato l'infondatezza della

questione di costituzionalità degli art. 684 c. p. e 164 c.p.p. (sent, n. 16), nonché delle norme relative al rito innanzi ai tribunali mi

norili, che fanno divieto di dare pubblicità agli atti dei relativi pro cedimenti. La Corte costituzionale ha inoltre giudicato infondata la

questione di costituzionalità delle norme che escludono la configura bilità del segreto professionale del giornalista, ivi compresa la facoltà di non rivelare la fonte delle notizie pubblicate (sent. 28 gennaio 1981, n. 1, ibid., 611, con nota di Pardolesi).

A commento della legge n. 801/1977, v., da ultimo, tra gli altri, Labriola, Informazioni per la sicurezza e segreto di Stato (spunti critici sulla nuova disciplina e la sua attuazione), in Dir. società, 1981, 833; P. Caretti, Limiti costituzionali alla tutela del segreto di Stato, in Democrazia e diritto, 1980, 815.

Sono inoltre di prossima emanazione i provvedimenti del ministro dell'interno a norma dell'art. 5 1. n. 17/82, relativo allo scioglimento della loggia P2.

In margine alla vicenda della loggia P2 cfr. inoltre un articolo di F. Grisolia (che sarà riportato sul fascicolo n. 2 del 1982 di

Questione giustizia, in corso di stampa) redatto sulla base di un in

tervento da lui letto, a nome di un gruppo di magistrati dell'ufficio istruzione e della procura della repubblica di Milano, al V congresso nazionale di Magistratura democratica (Giovinazzo 6-8 novembre 1981); sul convegno cfr. G. Salvi, / nuovi termini della « questione giusti zia», in Democrazìa e diritto, 1981, 83 ss.

Pret. Messina 14 dicembre 1981, sopra citata, è stata annullata da

Trib. Messina 5 marzo 1982, che sarà riportata nel prossimo fascicolo.

Il Foro Italiano — 1982 — Parte II-11.

suo fondamento», i giudici avevano il dovere di segnalare tem

pestivamente l'esistenza dell'associazione segreta. Tenendo presente che presso la procura della repubblica di

Roma, per come esposto nella denunzia a firma di Arnaud e

altri, era pendente procedimento penale contro il capo della

suddetta loggia per reati gravissimi, quali lo spionaggio politico militare e la associazione per delinquere, l'obbligo della segna lazione era anche impellente.

I poteri dello Stato, indipendenti ed autonomi, cooperano per la realizzazione di tutti i principi costituzionali e sarebbe vera

mente deleterio se il potere giudiziario non comunicasse al po tere esecutivo notizie e dati acquisiti in un processo penale o

civile riguardante la sicurezza e la difesa dello Stato demo

cratico.

Ai sensi dell'art. 6 disp. att. c. p. p. in riferimento anche agli art. 209-212 t. u. p. s., poiché nell'elenco degli appartenenti alla

loggia P 2 erano compresi anche impiegati dello Stato e di enti

pubblici, i giudici dovevano informare l'autorità da cui gli im

piegati dipendevano perché la violazione del divieto dell'appar tenenza all'associazione segreta traducendosi nella violazione del fondamentale dovere di fedeltà alla repubblica e della osser

vanza della Costituzione, poteva formare oggetto di accerta

menti penali e disciplinari. Attesa la vasta estensione territoriale e la consistenza nume

rica degli affiliati alla loggia P 2, la segnalazione al presidente del consiglio dei ministri, quale massima espressione dell'auto

rità amministrativa, era più tempestiva e più consona rispetto alla segnalazione alle diverse e molteplici autorità amministra

tive.

Le suddette conclusioni trovano conferma nel principio di

collaborazione sancito nell'art. 165 ter c. p. p. La correlazione

tra il diritto del ministro per l'interno di chiedere all'autorità

giudiziaria copie di atti processuali ed informazioni scritte sul

loro contenuto e la facoltà dell'autorità giudiziaria di trasmette

re le copie e le informazioni suddette di propria iniziativa co

stituisce la prova inconfutabile della difesa da parte di tutti i

poteri dello Stato dell'ordine costituzionale.

In ogni caso i magistrati non hanno divulgato alcun atto del

processo Sindona, ma hanno trasmesso al presidente del consi

glio dei ministri l'elenco degli appartenenti ad un'associazione

segreta, elenco di cui erano venuti a conoscenza occasionalmen

te e che non aveva alcuna correlazione diretta con l'attività

istruttoria in corso.

Mancando nel caso in esame sia l'elemento psichico (dolo

colpa) per le considerazioni soprasvolte, sia l'elemento mate

riale (rivelazione di atti del procedimento che si stava istruen

do) non è configurabile alcuna ipotesi di reato e, non dovendosi

promuovere azione penale, gli atti vanno archiviati.

PRETURA DI TARANTO; PRETURA DI TARANTO; sentenza 7 luglio 1981; Giud. Se

bastio; imp. Arosio e altri.

Acque pubbliche e private — Tutela dall'inquinamento — Ma

re — Scarico non autorizzato di materiali di dragaggio —

Reato — Insussistenza (L. 10 maggio 1976 n. 319, norme per la tutela delle acque dall'inquinamento, art. I, 11, 21; 1. 24

dicembre 1979 n. 650, integrazioni e modifiche delle 1. 16

aprile 1973 n. 171 e 10 maggio 1976 n. 319 in materia di

tutela delle acque dall'inquinamento, art. 14).

Danneggiamento — Inquinamento del mare territoriale — Sca

rico di materiali di dragaggio — Reato — Insussistenza — Li

miti (Cod. pen., art. 625, 635). Pesca — Inquinamento del mare territoriale — Scarico di ma

teriali di dragaggio — Reato — Sussistenza (L. 14 luglio 1965

n. 963, disciplina della pesca marittima, art. 15).

Non è ravvisabile il reato previsto e punito dall'art. 21 l. 10

maggio 1976 n. 319, in relazione all'art. 11 stessa legge, come

modificato dall'art. 14 l. 24 dicembre 1979 n. 650, nel fatto di

colui che effettua lo scarico in mare di materiali di dragaggio senza la prescritta autorizzazione rilasciata dall'autorità terri

torialmente competente. (1) Non commette il reato di danneggiamento di cosa altrui colui che

immette in zone di mare territoriale, non demaniale, sostanze

inquinanti, consistenti, nella specie, in materiali di dragaggio. (2) Commette il reato previsto dall'art. 15, lett. e), l. 14 luglio 1965

n. 963, colui che deposita sui fondali del mare territoriale ma

teriali di dragaggio in rilevanti quantità e concretamente ido

nei a danneggiare le condizioni dell'ambiente marino. (3)

(1-3) Nella specie si è ritenuto che il rilascio dell'autorizzazione di cui alla 1. 10 maggio 1976 n. 319, e successive modificazioni, sia

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