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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 30 novembre 1989; Giud. ind. prel. Fenizia

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ordinanza 30 novembre 1989; Giud. ind. prel. Fenizia Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp. 113/114-115/116 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23186326 . Accessed: 28/06/2014 18:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.121 on Sat, 28 Jun 2014 18:14:06 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 30 novembre 1989; Giud. ind. prel. Fenizia

ordinanza 30 novembre 1989; Giud. ind. prel. FeniziaSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp.113/114-115/116Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186326 .

Accessed: 28/06/2014 18:14

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA PENALE

scaduti due effetti cambiari sottoscritti da Moglia Giancarlo in

favore di Gobbi Luigi e dell'importo, ciascuno di lire 1.000.000; — di non aver però mai emesso cambiali per tali somme e

con tali scadenze in favore di Gobbi Luigi; — di essersi recato presso l'istituto bancario e di aver riscon

trato che la firma apposta sulle cambiali non era sua.

Ciò premesso, il Moglia concludeva: «Evidentemente tale Gob

bi Luigi o altri hanno apposto la firma a mio nome con lo

scopo di arrecarmi pregiudizio». Il p.m. in data 5 gennaio 1990 ha chiesto il rinvio a giudizio

del Moglia per il delitto di calunnia evidenziando l'acquisizione delle seguenti fonti di prova: «Documentazione in atti da cui

appare che la firma esistente sui titoli è analoga a quella appo sta dal Moglia su vari atti (querela, p.v. di interrogatorio, ecc.). Il sostegno probatorio dell'accusa, dal quale il p.m. deduceva

una volontà calunniatrice del Moglia nei confronti del Gobbi, è parso a questo g.i.p. minimo, non adeguatamente approfon dito: la visione della firma degli effetti cambiari e di quella ap posta sugli altri atti indicati dal p.m. non induceva questo giu dice alle stesse conclusioni del p.m. Nel corso dell'udienza pre

liminare, terminata la discussione, il giudicante ha allora

«segnalato alle parti la necessità di chiarire maggiormente l'a

spetto relativo all'autenticità o meno delle firme di Giancarlo

Moglia apposte sugli effetti cambiari in discussione».

Il p.m. si riservava di chiedere una perizia grafica al giudice del dibattimento; la difesa del Moglia chiedeva l'audizione del

consulente tecnico di parte dr. Mulazzi che, con una relazione

in data 6 febbraio 1990 (che veniva prodotta) escludeva che le

firme apposte sugli effetti cambiari in discussione fossero di

pugno dell'imputato.

Questo giudice ammetteva le prove richieste dalla difesa ed

in una successiva udienza in data 5 aprile 1990 procedeva al

l'audizione del dr. Mulazzi che confermava e chiariva le conclu

sioni cui era pervenuto nella sua relazione.

Ritiene il giudicante che le conclusioni del c.t. dr. Mulazzi, siano precise, esaurienti ed immuni da vizi logici: esse, pertan

to, possono considerarsi attendibili, avendo la difesa completa mente inficiato il minimo sostegno probatorio su cui si reggeva

l'accusa, si impone allora la pronuncia di una sentenza di non

luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.

I

TRIBUNALE DI GENOVA; ordinanza 30 novembre 1989; Giud.

ind. prel. Fenizia.

TRIBUNALE DI GENOVA;

Parte civile — Incidente probatorio — Costituzione — Inam

missibilità (Cod. proc. pen., art. 79, 401). Incidente probatorio — Perizia — Nomina di consulente tecni

co della persona offesa — Ammissibilità (Cod. proc. pen., art. 225, 401).

Perizia in materia penale — Assistenza del consulente tecnico

all'esame delle parti ed all'assunzione di prove — Esclusione

(Cod. proc. pen., art. 228, 230).

È inammissibile la costituzione di parte civile per l'incidente

probatorio. (1) La persona offesa dal reato ha diritto di nominare un proprio

consulente tecnico per la perizia svolta in sede di incidente

probatorio. (2) Soltanto il perito, e non anche il consulente tecnico, può essere

autorizzato ad assistere all'esame delle parti ed all'assunzione

di prove. (3)

(1-2, 4) Entrambe le ordinanze in rassegna — prive di precedenti edi

ti — muovono dalla considerazione della stretta analogia, quanto a for

me ed efficacia dell'attività istruttoria che vi si svolge, tra dibattimento

ed incidente probatorio. Del pari identica sembra l'esigenza pratica alla

base delle due decisioni, intese giustamente ad assicurare alla persona offesa dal reato la possibilità di difendersi adeguatamente, mediante

un proprio consulente tecnico, anche nello svolgimento della perizia in

sede di incidente. La seconda decisione, però, nel farsi carico di tale

esigenza, spinge l'analogia sino all'estremo e, ritenuto che l'incidente

Il Foro Italiano — 1991.

II

PRETURA DI SASSARI; ordinanza 1° marzo 1990; Giud. ind. prel. Brianda; ind. Giannini ed altri.

Parte civile — Incidente probatorio — Costituzione — Ammis

sibilità (Cod. proc. pen., art. 79, 401).

È ammissibile la costituzione di parte civile per l'incidente pro batorio. (4)

probatorio costituisca fase dibattimentale inserita nelle indagini prelimi nari, ammette che la persona offesa vi si contituisca parte civile (con la conseguente pienezza di facoltà processuali proprie di questa); men tre la prima si limita ad inferire da quella analogia la semplice possibili tà, per la persona offesa, di nominare un proprio consulente tecnico ove l'incidente consista in una perizia.

G. Frigo, Il consulente tecnico della difesa nel nuovo processo pena le, in Cass, pen, 1988, 2187, esclude la possibilità della partecipazione della parte civile come tale all'incidente probatorio, sul presupposto che

questo si svolge prima del dies a quo utile per la sua costituzione nel

processo (che l'art. 79 c.p.p. indica nell'udienza preliminare), ed osser va che nel corso delle indagini preliminari — fase nella quale l'incidente

probatorio si inserisce — una costituzione di parte civile non sarebbe

concepibile, non essendovi ancora stato neppure esercizio dell'azione

penale (ciò che il pubblico ministero farà, in uno dei modi indicati nel l'art. 405, soltanto a chiusura delle indagini). Che la costituzione di

parte civile sia riservata alla fase propriamente processuale, successiva all'esercizio dell'azione penale, e quindi preclusa nel corso delle indagi ni preliminari, è affermazione incontroversa in dottrina (cfr. F. Corde

rò, Codice di procedura penale commentato, Utet, Torino, 1990, 94; R. Li Vecchi, Parte offesa e parte danneggiata: un dualismo ancora irrisolto dal legislatore, in Riv. pen., 1990, 403; N. Carulli-G. Esposito C. Massa-A. Palumbo, Lineamenti del nuovo processo penale, Jovene,

Napoli, 1989, 43; G. Conti-A. Macchia, Il nuovo processo penale, Buffetti, Roma, 1989, 34; G. Ichino, in Commentario del nuovo codi ce di procedura penale diretto da E. Amodio e O. Dominioni, Giuffrè, Milano, 1989, I, 469, che espressamente si riferisce anche all'incidente

probatorio; M. Nobili, La nuova procedura penale, Clueb, Bologna, 1989, 203 , 208).

La relazione al progetto preliminare del nuovo codice (in Le leggi, 1988, 2415) dà atto della discussione svoltasi in seno alla commissione sull'eventualità di consentire la costituzione di parte civile per l'inciden te probatorio; indica, alla fine, il motivo della scelta per la soluzione

negativa nell'«esigenza di non gravare oltre misura la fase delle indagini preliminari» con «la partecipazione all'incidente probatorio di soggetti diversi dal pubblico ministero, dall'imputato e dalla persona offesa».

Proprio in base alla considerazione che la persona offesa non può costituirsi parte civile prima dell'udienza preliminare e fino a quel mo mento non può, pertanto, qualificarsi parte, E. Sacchettini, La tutela

degli interessi civili nel nuovo processo penale, Pirola, Milano, 1990,

70, esclude altresì — non senza qualche incertezza — che essa abbia

facoltà di nominare un suo consulente tecnico in relazione alla perizia da svolgersi mediante incidente probatorio: vi osterebbe il disposto del

l'art. 225, 1° comma, secondo il quale detta facoltà è riservata, oltre che al pubblico ministero, alle sole «parti private». Dà invece per scon

tata la soluzione opposta Frigo, ibid.

La relazione al progetto preliminare, se sulle prime sembra offrire

argomenti alla tesi negativa, affermando che «la persona offesa resta . . .

puntualmente distinta dalla parte privata e nei suoi confronti non tro vano applicazione le norme che a questa si riferiscono» (Le leggi, cit.,

2423), dà poi anch'essa per scontato che «i poteri della persona offe sa ... si estendono sino a ricomprendere la facoltà ... di nominare un difensore anche al fine di assistere all'incidente probatorio (con l'e

ventualità, in caso di perizia, di nominare un proprio consulente tecni

co)» (ibid., 2426). In effetti, la persona offesa verrebbe a trovarsi, ove non le fosse

riconosciuta la facoltà in questione, in una posizione di evidente e grave menomazione di garanzia. Menomazione incomprensibile se paragonata alle ampie possibilità — ivi compresa quella di nominare un suo consu

lente tecnico — che le vengono assicurate nello svolgimento degli analo

ghi «accertamenti tecnici non ripetibili» dinanzi al pubblico ministero

(art. 360). A seguire la tesi negativa, inoltre, si determinerebbero seri problemi

nel coordinamento con l'art. 404, il quale opportunamente esclude che

la sentenza penale di assoluzione basata su una prova assunta mediante

incidente probatorio cui il danneggiato non sia stato posto in grado di partecipare esplichi, nei confronti di quest'ultimo, l'efficacia di cui

all'art. 652 nel giudizio civile o amministrativo di danno. È evidente

che l'art. 404 si riferisce al caso in cui il danneggiato coincida con la

persona offesa, essendo solo quest'ultima — e non anche il danneggia to in quanto tale — legittimata a partecipare all'incidente probatorio e posta in grado di farlo mediante l'avviso di cui all'art. 398, 3° com ma. Ne deriva che, con la notifica di detto avviso, il danneggiato-persona

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PARTE SECONDA

I

Nel nuovo codice di procedura penale, come si legge nella

relazione al codice stesso, «l'autonomia del ruolo della persona offesa rispetto alla posizione assegnata alle parti private diverse

dall'imputato ... fa si che ogni suo diritto o facoltà non derivi

dall'acquisto della qualità di parte» (Le leggi, 1988, 2406). Tut tavia, non può ignorarsi che, in alcune ipotesi, la persona offe

sa abbia interesse a far valere diritti, propri delle parti private. Ciò si verifica, certamente, in caso di incidente probatorio, nel

quale si proceda a perizia: in tale ipotesi, poiché il procedimen to è ancora nella fase delle indagini preliminari, non vi è la

possibilità di costituzione di parte civile e, tuttavia, la parte of

fesa può avere interesse a nominare un proprio consulente.

Sul punto nulla dispone l'art. 90 c.p.p., per cui occorre far

riferimento ad altre norme dello stesso codice. Innanzitutto va

osservato che, nella citata relazione, si afferma testualmente:

«. . . l'incidente probatorio . . . consente che, durante il tempo necessario per l'espletamento dell'investigazione, si anticipino i meccanismi dibattimentali di acquisizione probatoria» (ibid., 2535); l'incidente probatorio, quindi, deve essere considerato

uno spazio processuale, nell'ambito della fase delle indagini pre

liminari, volto a soddisfare l'esigenza di attribuire valore di prova anche ad atti compiuti prima e fuori del dibattimento. In esso,

pertanto, si realizzano gli effetti propri del dibattimento e, quindi, nello stesso, vanno tutelati tutti i diritti delle parti, non poten dosi escludere quelli della persona offesa.

Non può, pertanto, precludersi a quest'ultima la possibilità di tutelare i propri diritti, negandole la possibilità di nomina di un consulente di parte.

offesa è (salvo che non opti per l'esercizio dell'azione civile in sede

propria) senz'altro sottoposto alle conseguenze della prova; ed allorché

questa consista in una perizia cui si ritenga di escludere la partecipazio ne del suo consulente tecnico, il danneggiato medesimo subirebbe tali

conseguenze pur senza aver avuto la possibilità di difendersi adeguata mente. Il che non sembra in armonia col sistema e con l'art. 24, 2°

comma, Cost. Il dato letterale prima cennato non può dunque costituire serio osta

colo alla tesi affermativa, accolta, come si è visto, dalla stessa relazione al progetto preliminare del codice. L'art. 225 è senz'altro applicabile, come tutte le disposizioni del libro III sulle prove, sia al dibattimento

che all'incidente probatorio (v. Relazione al progetto preliminare, in

Le leggi, cit., 2458), ma, avuto riguardo alla perizia svolta in quest'ulti ma sede, il termine «parti» è in esso usato evidentemente in senso lato.

Ciò non solo perché, com'è stato osservato (O. Dominioni, in Com mentario del nuovo codice di procedura penale, cit., 385; Id., Parte

(diritto processuale penale), voce dell'Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1981, XXXI, 942; M. Rossi, Le persone offese dal reato e

gli enti esponenziali, in Quaderni Cons. sup. magistratura, 1989, fase.

28, 92), il concetto di parte è, a rigore, esclusivo della fase strettamente

processuale in quanto legato all'esercizio dell'azione (ed in tal senso

analogo uso non rigoroso del termine si rinviene in altre norme della

parte prima del codice, destinate a valere non solo nella fase processua le ma anche in quella delle indagini preliminari, come gli art. 121, 1°

comma, 127, 1° comma, 139, 5° comma, 141, 1° e 2° comma, 145, 1° comma, 152, 153, 1° comma, 173, 3° comma, 175, 1° comma, 176, 1° comma, 182, 2° comma, 183, 184, 1° e 2° comma), ma, in partico lare, perché almeno in due altre disposizioni sulla perizia — gli art.

227, 3° comma, e 229, 2° comma — quel termine è riferito senza dub bio anche alla persona offesa: è infatti impensabile che quest'ultima non abbia diritto alla comunicazione — ivi riservata alle «parti» —

della data in cui il perito dovrà rispondere ai quesiti e della continua zione delle indagini peritali. Qui, come nell'art. 225, il legislatore inten de riferirsi non necessariamente alle parti processuali strettamente inte

se, ma piuttosto ai soggetti ammessi a partecipare alla perizia in base alle norme proprie della fase in cui l'atto si inserisce: le norme, cioè, sulla costituzione delle parti nel dibattimento per la perizia dibattimen

tale, quelle sui soggetti ammessi all'incidente probatorio per la perizia svolta in tale sede. E la persona offesa è senz'altro legittimata a parteci pare all'incidente probatorio in base agli art. 398, 3° comma, e 401, 1°, 3° e 5° comma.

(3) Contra, F. Cordero, op. cit., 271 e G. Frigo, op. cit., 2184, sul rilievo che l'indagine peritale deve integralmente svolgersi nel con traddittorio delle parti. In effetti, il nuovo codice non contiene una norma analoga all'art. 317, 3° comma, di quello abrogato, che ricono sceva al solo perito — ed espressamente negava ai consulenti tecnici — la possibilità, previa autorizzazione del giudice, di assistere all'inter

rogatorio dell'imputato e di esaminare gli atti dell'istruzione. [C. De

Chiara]

Il Foro Italiano — 1991.

Detto consulente, però, non può essere autorizzato ad assiste

re all'esame delle parti ed all'assunzione di prove: tale autoriz

zazione è prevista esclusivamente per il perito (art. 228/2) e non

è in alcun modo richiamata dall'art. 230 c.p.p., che disciplina le attività dei consulenti tecnici.

Neppure può ritenersi che l'assistenza del perito agli atti di

cui sopra rientri tra le operazioni peritali, alle quali hanno la

facoltà di assistere i consulenti.

II

Il giudice per le indagini preliminari: ritenuto che l'incidente probatorio deve essere assunto con le forme stabilite per il di

battimento a norma dell'art. 401, 5° comma, c.p.p.; che nel

dibattimento l'assunzione della perizia comporta la possibilità di nominare consulenti per le parti anche private; che la perso na offesa può costituirsi parte civile anche successivamente al

l'udienza preliminare, e dunque nella fase dibattimentale; che

l'incidente probatorio può ritenersi fase dibattimentale sebbene

inserita nelle indagini preliminari: per questi motivi, ammette la costituzione di parte civile.

(Omissis)

PRETURA DI TORINO; sentenza 15 dicembre 1990; Giud.

Guariniello; imp. Caruso e altro.

PRETURA DI TORINO;

Lavoro (rapporto) — Sicurezza del lavoro al videoterminali —

Norme applicabili — Obblighi del datore di lavoro (Cod. civ., art. 2087; d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, norme per la preven zione degli infortuni sul lavoro, art. 4, 374; d.p.r. 19 marzo

1956 n. 303, norme generali per l'igiene del lavoro, art. 4,

6, 7, 8, 9, 10, 11).

Il lavoro ai videoterminali deve essere svolto nel rispetto delle

norme generali di prevenzione degli infortuni e di igiene del

lavoro dettate dai d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547 e 19 marzo

1956 n. 303; in particolare, il datore di lavoro ha l'obbligo di informarsi e informare i lavoratori circa i rischi specifici, di osservare i prescritti requisiti strutturali e microclimatici, di assicurare un'adeguata e conveniente illuminazione, di pre

disporre postazioni e ambienti di lavoro effettivamente ido

nei, in guisa da tutelare il benessere dei lavoratori come as

senza di malattia e di disagio e può rispondere penalmente

per l'omessa adozione di misure preventive che — pur non

imposte da specifiche norme di legge — siano necessarie in

forza dell'art. 2087 c.c. secondo la particolarità del lavoro,

l'esperienza e la tecnica: quali, nel lavoro al videoterminale, la sorveglianza sanitaria sui lavoratori addetti, la periodica interruzione del lavoro al videoterminale con pause o cambia

menti di attività, il divieto di adibizione ai videoterminali del le lavoratrici in gravidanza almeno nei primi mesi di gra vidanza. (1)

(1) A lungo, si è ritenuto che la legislazione italiana non fornirebbe strumenti idonei a tutelare la sicurezza del lavoro ai videoterminali. Con la presente sentenza, il Pretore di Torino dà atto che «manca un'ap posita, specifica disciplina della materia», e che «ancora da recepire rimane la direttiva Cee n. 270 del 29 maggio 1990, contenente le pre scrizioni minime in tema di sicurezza e di salute per le attività lavorati ve svolte su attrezzature munite di videoterminali». Ma afferma che

«preziose prospettive garantistiche scaturiscono dalla legislazione gene rale sulla sicurezza del lavoro», e, in particolare, mette mano alle nor me per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro rispettiva mente dettate dai d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547 e 19 marzo 1956 n. 303: «norme che delineano principi e obblighi di carattere generale, e, quin di, atti a tutelare pure gli operatori adibiti ai videoterminali»; e norme, d'altra parte, che in più casi perseguono il fine di proteggere il benesse re dei lavoratori come assenza non solo di malattia, bensì anche di

disagio (in questo senso, v. già Guarniello, Il posto di lavoro al video

terminale, in Office automation, 1985, n. 4, 28 s. e Malattie da lavoro e processo penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1981, 561-562.

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