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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || ordinanza 4 novembre 1991; Giud. Filocamo; imp. X

Date post: 31-Jan-2017
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ordinanza 4 novembre 1991; Giud. Filocamo; imp. X. Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp. 181/182-183/184 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185925 . Accessed: 25/06/2014 02:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 02:54:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 4 novembre 1991; Giud. Filocamo; imp. X.Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp.181/182-183/184Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185925 .

Accessed: 25/06/2014 02:54

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA PENALE

(Omissis). Occorre, innanzi tutto, rilevare che l'inciso «il giu dice sente la persona offesa e l'imputato, se comparsi» conte

nuto nell'art. 561 c.p.p., il quale, peraltro, non richiama l'art.

421 c.p.p., non può essere inteso nel senso prospettato, in via

di eccezione, dai difensori dell'imputato: invero, se è pacifico che il giudizio deve svolgersi allo stato degli atti e non possono essere acquisiti nuovi elementi probatori (se ciò fosse necessa

rio, dovrebbero emettersi i provvedimenti previsti nell'art. 562

c.p.p.), incontestabile appare il potere del giudice e delle stesse

parti, in sede di tale esame ovvero anche in sede di discussione, di chiarire e di specificare gli elementi probatori già acquisiti, anche al solo fine di pervenire alla convinzione che si possa

giungere ad una decisione sulla base degli atti acquisiti. (Omissis)

ricavabile dall'art. 561, 2° comma, su cui insiste la Relazione al testo

definitivo del codice (Le leggi, 1988, 2717): «la discussione e le conclu sioni delle parti — e conseguentemente la decisione del giudice — si basano esclusivamente sugli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari»; gli apporti ulteriori — ivi compresi quelli emergenti dalle 'audizioni' dell'imputato e della persona offesa — si rivelano inidonei ad alterare gli equilibri pregressi.

In questa ottica, il discrimen tra utilizzazione in chiave ermeneutica — al mero fine di chiarire gli elementi già acquisiti al fascicolo del

pubblico ministero — e utilizzazione quali nuovi elementi di prova degli apporti delle effettuate 'audizioni' si rivela alquanto labile: avvalersi delle dichiarazioni rese dall'imputato o dalla persona offesa al fine di

operare una selezione qualitativa degli elementi già contenuti nel fasci colo del pubblico ministero importa pur sempre una utilizzazione di tali dati, e, pertanto, un indiscutibile superamento dello 'stato degli atti'; vicenda, questa, a ben vedere non ontologicamente incompatibile con il giudizio abbreviato, ma consentita solo ove prevista in via espres sa dalla legge (cosi, ad es., in materia di trasformazione del giudizio direttissimo in rito abbreviato: cfr. art. 452, 2° comma, c.p.p.). [G. Di Chiara]

I

PRETURA DI VERONA; PRETURA DI VERONA; ordinanza 4 novembre 1991; Giud.

Filocamo; imp. X.

Dibattimento penale — Ammissione di nuove prove — Poteri

del giudice (Cod. proc. pen., art. 507).

I poteri istruttori del giudice previsti dall'art. 507 c.p.p. posso no esplicarsi anche se la parte che li ha sollecitati risulta deca

duta dal diritto alla prova per mancata deduzione della stessa

nei termini di legge (nella specie, il pretore ha ritenuto di di

sporre l'ammissione di nuovi testi, ex art. 507, su sollecitazio

ne del p.m., nonostante questi avrebbe potuto indicarne tem

pestivamente i nominativi, nei termini di cui all'art. 468 c.p.p., in base agli atti del proprio fascicolo). (1)

(1-3) I. - La problematica dei poteri suppletivi del giudice in punto di prova, sanciti dall'art. 507, ha costituito, sin dall'inizio del dibattito

scientifico sul codice del 1988, un tema cruciale nell'economia del 'nuo

vo' dibattimento, in ordine alla esatta distribuzione dei ruoli tra giudice e parti ed al pericolo del riemergere di inusitate funzioni di supplenza

incompatibili con il modello del 'processo di parti': cfr., in vario senso,

Boschi, Il giudice tra il ruolo dell'inquisitore e quello del garante, in

Foro it., 1988, V, 287; Corso, Il giudice nel nuovo processo penale, in Profili del nuovo processo penale a cura di Garavoglia, Padova,

1988, 99; Lattanzi, La formazione della prova nel dibattimento, in

Cass, pen., 1989, 2301; Manzione, in Commento al nuovo codice di

procedura penale coordinato da Chiavario, Torino, 1991, V, sub art.

506-507, 390 s.; Nappi, Libero convincimento, regole di esclusione, regole

li Foro Italiano — 1992.

II

PRETURA DI VENEZIA; sezione distaccata di Mestre; senten

za 17 gennaio 1991; Giud. Di Mauro; imp. Frasson.

Dibattimento penale — Onere di presentazione della prova (Cod.

proc. pen., art. 468, 493, 567). Dibattimento penale — Ammissione di nuove prove — Limiti

(Cod. proc. pen., art. 507).

La parte che ha indicato la prova testimoniale ha l'onere di

presentarla al dibattimento ovvero di curarne gli adempimen ti necessari per la presentazione (nella specie, il pretore ha

ritenuto la parte decaduta dalla prova già ammessa per omes

sa citazione dei testi nei termini di legge e mancata presenta zione degli stessi all'udienza fissata). (2)

L'art. 507 c.p.p. non prevede una sorta di sostituzione del giu dice alla parte inattiva o poco diligente, ma rappresenta un

parziale temperamento del principio generale di cui all'art.

190, 1° comma, c.p.p., consentendo un'integrazione anche

d'ufficio del materiale probatorio sempre che la prova da as

sumere abbia caratteristiche di novità rispetto alle precedenti

acquisizioni dibattimentali. (3)

I

Sulla richiesta formulata dal p.m. di ammissione ex art. 507

c.p.p. di testi non inizialmente indicati dalle parti (Belloni Gil

berto, Gragantini Gaetano, Falzi Franco), alla quale la difesa

ha opposto l'impossibilità di ricorrere all'art. 507 cit. stante la

decadenza conseguente alla mancata tempestiva indicazione dei

testi, dei nominativi dei quali il p.m. avrebbe potuto avere co

noscenza in base agli atti del proprio fascicolo, osserva:

1) Deve anzitutto mettersi in rilievo che l'art. 507 c.p.p. su

bordina l'esercizio dei poteri istruttori anche officiosi ricono

sciuti al giudice alla sussistenza di tre sole condizioni: che siano

stati acquisiti i mezzi di prova introdotti dalle parti; che si tratti

di «nuovi mezzi di prove» e che l'ammissione degli stessi risulti

assolutamente necessaria. L'interpretazione letterale della nor

ma induce a ritenere, da un lato, che la novità dei mezzi di

prova debba essere valutata in rapporto alle prove acquisite in

base all'originario esercizio del diritto alla prova riconosciuto

alle parti (mezzi di prova «nuovi» sono, pertanto, quelli diversi

dalle prove acquisite e quindi sia le prove ammesse e non assun

te, sia quelle richieste e non originariamente ammesse, sia quel le con richiesta), dall'altro lato, che l'assoluta necessità si iden

fichi con l'indispensabilità dei mezzi di prove nuovi rispetto alla

ricerca della verità, ricerca alla quale il dibattimento è pur sem

pre finalizzato. Infine, nessun ulteriore requisito oltre quelli sud

detti è previsto dalla norma in esame siccome letteralmente for

mulata: in particolare, non è richiesto che si tratti di mezzi di

prove non potute introdurre prima nel dibattimento.

Una simile interpretazione letterale risulta confermata anche

dal ricorso a ulteriori criteri ermeneutici. La ratio dell'art. 507

è quella di riconoscere un ambito di iniziativa probatoria rimes

di assunzione, in Cass, pen., 1991, 1517; Randazzo, L'assunzione di

nuove prove e le integrazioni inquisitorie del giudice dibattimentale, ibid.,

1690; Siracusano, Il giudizio, in Siracusano-Dalia-Galatt-Tranchina

Zappalà, Manuale di diritto processuale penale, Milano, 1991, II, 259

s.; Tranchina, Nostalgie inquisitorie nel 'sistema accusatorio' del nuo

vo codice di procedura penale, in Legislazione pen., 1989, 390; Id., Ruoli naturali ed innaturali del giudice nel nuovo processo penale, in

Indice pen., 1989, 626; Zagrjebelsky, Sul ruolo del giudice nel nuovo

codice di procedura penale, in Cass, pen., 1989, 919.

Sul concetto di «nuovi mezzi di prova», cfr. Pret. Torino 22 marzo

1990, Foro it., Rep. 1990, voce Dibattimento penate, n. 39.

Per ulteriori problematiche in tema di integrazione probatoria ex art.

507, cfr. Pret. Genova 26 novembre 1990 e 12 ottobre 1990, id., 1991,

II, 692, con osservazioni di Scaglione. II. - In ordine alla seconda massima, cfr., nello stesso senso, Pret.

Salerno, ord. 20 marzo 1991, Arch, nuova proc. pen., 1991, 609, con

nota di Scarpetta, La decadenza dalla prova testimoniale ammessa

è riconducibile all'omessa citazione dei testi? Sulla sequenza richiesta - ammissione - citazione o presentazione in udienza del teste, cfr. Bo

netto, in Commento al nuovo codice di procedura penale, cit., sub

art. 468, 50.

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PARTE SECONDA

sa anche d'ufficio al giudice per garantire che il processo penale

(che non è un processo di parti e la cui definizione è di interesse

pubblico) rimanga funzionalmente aderente all'accertamento della

verità e, pertanto, non tollererebbe una insuperabile subordina

zione di tali poteri istruttori alla iniziativa (presente e anche

passata) delle parti. Sotto il profilo sistematico, poi, non sono

rinvenibili argomenti a favore della tesi propugnata dalla dife

sa, secondo cui l'assoluta necessità di cui all'art. 507 non con

sentirebbe di superare le decadenze nelle quali le parti siano

incorse. Una simile limitazione, da una parte, non è espressa

mente prevista da alcuna norma, ma, d'altra parte, non è nean

che ricavabile dalle norme che prevedono rigidi termini deca

denziali poiché le parti indichino, oggettivamente e soggettiva

mente, le prove orali di cui intendono ottenere l'ammissione

(art. 468 e, per il processo pretorile, 567, 2° comma, c.p.p.).

Tali ultime norme, infatti, come è evidente dalla loro colloca

zione sistematica e dalla stessa terminologia giuridica utilizzata,

pongono limitazioni temporali solamente all'esercizio del diritto

alla prova riconosciuto alle parti dall'art. 190, 1° comma, c.p.p.

e comminano decadenze relative esclusivamente a tale diritto

(nel senso che, decorsi i termini, le parti non hanno più diritto

alla ammissione delle prove, pur se non superflue e non irrile

vanti). Ma tali norme non possono incidere sui poteri istruttori

riconosciuti al giudice in modo svincolato dal diritto alla prova

che fa capo alle parti: si tratta di due ambiti ben diversi, al

primo dei quali fa espresso riferimento il 2° comma del citato

art. 190 (e dal citato tra i primi due commi di tale disposizione

è ben evidenziata la contrapposizione tra diritto alla prova rico

nosciuta alle parti e potere probatorio riconosciuto al giudice).

La conseguenza del decorso dei termini di decadenza di cui so

pra, pertanto, è solo l'estinzione del diritto delle parti di ottene

re l'ammissione della prova, ferma restando la possibilità di

esercizio dei poteri istruttori rimessi al giudice ove ricorrano

le condizioni di cui all'art. 507 c.p.p.

2) L'interpretazione proposta, infine, non lede il diritto di

difesa dell'imputato (come prospettato dalla difesa), poiché l'e

sercizio dei poteri probatori da parte del giudice (che non è

di per sé finalizzato alla raccolta di elementi d'accusa, ma solo

di elementi indispensabili all'accertamento della verità) non li

mita in alcun modo l'esercizio (necessariamente antecedente) del

diritto alla prova dell'imputato, né può basarsi su elementi di

conoscenza estranei al materiale già introdotto dalle parti; né

infine può influire sulle scelte processuali dell'imputato, scelte

che vengono evidentemente effettuate sulla base delle mere po

tenzialità di prova ricavabili dagli atti del fasciolo del p.m. e

non sulla base dell'esito dell'assunzione effettiva delle prove.

3) Si aggiunga, infine, che un'interpretazione contraria a quella

qui proposta incorrerebbe in inevitabili censure di incostituzio

nalità per eccesso di delega, posto che la direttiva n. 73 della

1. 81/87 prevede l'incondizionato potere del giudice di disporre

l'assunzione di mezzi di prove, senza alcun collegamento con

l'esercizio o il mancato esercizio del diritto alla prova facente

capo alle parti. (Omissis)

II

Frasson Gino veniva tratto al giudizio di questo pretore per

rispondere della contravvenzione in epigrafe. All'udienza del 10 novembre 1990, il pubblico ministero, do

po esposizone introduttiva, chiedeva l'ammissione di due testi

(i dipendenti della Usi che avevano accertato il fatto), dei quali

era stata già autorizzata la citazione, a seguito di presentazione

della lista testimoniale, nei termini di cui all'art. 567 c.p.p. La

difesa eccepiva l'inammissibilità della prova richiesta, per l'o

messa citazione dei testi. Il pubblico ministero instava per il

differimento del dibattimento, al fine di produrre prova docu

metale della richiesta — agli organi addetti alle notifiche —

della citazione dei testi. L'istanza veniva accolta, con conse

guente rinvio del procedimento all'odierna udienza, alla quale

si sono presentati i due dipendenti della Usi, citati a seguito

Il Foro Italiano — 1992.

di attivazione della procura circondariale, in data successiva al

10 novembre 1990.

La difesa ha riproposto l'eccezione formulata alla prima udien

za, che questo giudicante ha accolto con conseguente declarato

ria di inammissibilità della prova indicata dall'organo pubblico.

Va infatti rilevato che, in forza del combinato disposto degli

art. 493, 1° comma, e 567, 2° comma, c.p.p., l'ammissibilità

delle prove testimoniali è subordinata al verificarsi di due con

dizioni: 1) presentazione della lista dei testimoni almeno due

giorni prima della data fissata per il dibattimento (sempre che

non ricorra l'ipotesi di cui all'art. 493, 3° comma, c.p.p.); 2)

presentazione dei testi all'udienza fissata per il dibattimento o

documentazione dell'avvenuta, tempestiva richiesta di citazione

all'organo addetto alle notifiche.

La seconda condizione deriva indefettibilmente dalla prima.

Se la parte che ha indicato la prova testimoniale si potesse

sottrarre all'onere di presentare detta prova al dibattimento (o

di curare gli adempimenti necessari per la presentazione) da un

lato verrebbe ad essa attribuita la facoltà di una semplice indi

cazione dei testi, meramente ripetitiva di quella già risultante

dalla lista presentata ai sensi degli art. 468, 567 c.p.p., dall'al

tro si verrebbe ad imporre all'organo giudicante l'obbligo di

differire l'inizio dell'istruzione dibattimentale. Ne deriverebbe,

pertanto, una piena, assoluta ed irrazionale disponibilità delle

parti dei tempi e dei modi di celebrazione del processo.

Ovviamente, non può essere attribuito alcun effetto di sana

toria della decadenza verificatasi all'udienza del 10 novembre

1990 alla circostanza che il pubblico ministero abbia chiesto la

citazione ed ottenuto in concreto la presenza dei testi, alla suc

cessiva udienza, essendo stato il rinvio disposto al solo fine di

consentire la dimostrazione dell'avvenuta attivazione, in vista

dell'adduzione della prova, anteriormente alla prima udienza.

Una diversa conclusione avrebbe indebitamente e surretizia

mente trasformato il rinvio della trattazione in una riammissio

ne in termini per la presentazione del mezzo di prova.

Tanto premesso, va rilevato che, nel merito, la tesi accusato

ria presentata dal pubblico ministero è risultata totalmente sfor

nita di supporto probatorio.

Va anche sottolineato che, nel caso di specie, non c'era spa

zio alcuno per l'attivazione, da parte del giudicante, del potere

di assumere ex officio, i due testi indicati dal pubblico ministero. L'art. 507 c.p.p. non prevede una sorta di sostituzione del

giudice alla parte inattiva o poco diligente, ma rappresenta un

limitato temperamento del principio generale emergente dall'art.

190, 1° comma, c.p.p. consentendo una integrazione del mate

riale probatorio, indipendentemente dall'attivazione delle parti,

sempreché la prova da assumere abbia carattere di novità, ri

spetto a quelle già acquisite nel corso dell'istruttoria dibatti

mentale espletata. Si impone, quindi, l'assoluzione dell'imputato perché non è

emersa la prova della sussistenza del fatto.

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