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RIVISTA DI GIURISPRUDENZA PENALESource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.227/228-231/232Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084760 .
Accessed: 17/06/2014 14:18
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PARTE SECONDA 228
diminuendo di sei mesi la pena pronunziata dai primi
giudici; Per tali motivi, riforma, ecc.
RIVISTA DI GIURISPRUDENZA PENALE
Cassazione — Imputazione non importante carcere
preventivo — Condanna a più ili 3 mesi ili car
cere — Libertà provvisoria (Cod. proc. pen., arti
coli 182, 187 e 206, modificato dalla legge 30 giugno
1876, e art. 657).
Il condannato alla pena del carcere per oltre tre
mesi, scarcerato per ordine del procuratore del Re,
siccome imputato di reato non importante arresto pre
ventivo, non può ricorrere in Cassazione se non si co
stituisce in carcere o non sia ammesso a libertà prov
visoria; e ciò giusta l'art. 657, proc. pen., che non fu
modificato dalla legge 30 giugno 1876. (1)
(Cassazione di Firenze, udienza 8 marzo 1879, Pres.
Poggi, Est. Ferrari, P. M. Gloria — Ric. Martinelli).
(Nostra sentenza).
Cassazione — Sentenza di non luog'o a procedere
per irregolarità di querela — Iticorso del I*. II.
— Inammessibilità (Cod. proc. pen., art. 642 e 646).
Il P. M. non può interporre ricorso per cassazione
contro nna sentenza che dichiara non farsi luogo a
procedimento per irregolare presentazione della que
rela. (2)
(Cassazione di Firenze, udienza 29 marzo 1879, Pres.
Poggi, Est. Mori-Ubaldini, P. M. Trecci — Ric. procu
ratore del Re di Lucca c. Simonetti — Terni Veneta,
1879, n. 20, pag. 271).
Parte lesa 11011 denunciante uè querelante — (>iu
ramento (Cod. proc. pen., art. 289 e 297).
MeiiuiizSante — Oli può ritenersi tale (Cod. proc.
pen., art. 98).
La parte lesa che non sia né querelante nè denun
ziaste deve udirsi, a pena di nullità, con giuramento in
dibattimento. (1) Si deve ritenere denunziante colui che spontanea
mente riferisce agli uffiziali giudiziari il fatto allo scopo
che si proceda. La notizia del reato comunicata da un giornale, di
cui si vale poi l'autorità inquirente per citare la per
sona a deporre di ciò che è a sua conoscenza, non at
tribuisce legalmente la veste di denunziante; e quindi,
se anche chi comunicò la notizia sia parte lesa, deve
essere udita, a pena di nullità, con giuramento.
(Cassazione di Firenze, udienza 30 aprile 1879, Pres.
Poggi, Est. Martucci, P. M. Trecci — Ric. Busin (Temi
veneta, 1879, pag. 299).
Appello — Responsabile civile — Ammontare dei
danni — Ammissibilità «lei gravame (Cod. proc.
pen., art. 399, n. 3).
Se una sentenza del Tribunale coiTezionale definisca
la questione an debeatur a carico del responsabile ci
vile, senza definire quantum debeatur, il responsabile
civile può appellare, e non è necessario che sia stata
contro di lui domandata una somma eccedente 1500 lire,
ma basta che la domanda sia indeterminata. (2)
(Cassazione di Napoli, udienza 17 marzo 1879, Pres.
Narici, Est. Ciollaro — Ric. Bellini (Gazz. trib., Na
poli, XXIX, n. 2976, pag. 510).
Appello — Sentenza «lei pretore — Appello del I». II.
— Lettera di ufficio (Cod. proc. pen., art. 353, n. 2,
e art. 356).
Il procuratore del Re può regolarmente appellare dalle sentenze pretorie anche con nota ufficiale diretta
(1) La Corte, ecc. — Considerando che, non essendo stato il ricor
rente ammesso a libertà provvisoria, l'art. 657 del Codice di proce dura penale osta a che il suo ricorso possa essere ammesso. Nè var
rebbe l'opporre che, arrestato dai reali carabinieri, fu però dimesso
dal carcere previo atto di sottomissione. Imperocché egli fu scarce
rato per ordine emesso dal procuratore del Re, dipendentemente dagli articoli 182, 187 e 206 del Codice di procedura penale, in quanto, avuto
riguardo al titolo della imputazione, non era luogo ad arresto preven tivo. Fu dimesso dunque per disposizione della legge, non ammesso
alla libertà provvisoria, di cui nel precitato art. 657, che fu già de
ciso non essere stato nè abrogato, nè derogato da leggi posteriori, dall'autorità, in forza dell'art. 213 competente.
Per questi motivi, dichiara inammessibile, ecc.
V. la sentenza 15 febbraio 1879 della stessa Corte, e la relativa
nota, a col. 17, del presente volume.
(2) Considerò la Corte che « il P. M. pel combinato disposto degli articoli 642 e 646 del Codice di procedura penale, non può chiedere
l'annullamento di una sentenza che abbia dichiarato non farsi luogo a procedimento, o abbia pronunziato l'assoluzione, se non negli unici due casi in cui sia stato da essa così deciso, o perchè il fatto non costituisca reato o perchè l'azione penale fosse prescritta o altrimenti estinta », e che « ad eccezione di questi due casi, che non compren dono certamente quello in esame, l'annullamento di una sentenza, che dichiari il non luogo a procedimento o l'assolutoria, non può essere, come costantemente ritenne la giurisprudenza, promossa dal P. M. che nell' interesse della legge ».
Si veda la sentenza 16 febbraio 1876 della stessa Corte, e la rela tiva nota (Foro it., 1876, col. 181).
(1) Giurisprudenza costante della Cassazione di Firenze accettata
pure dalle Cassazioni di Torino e Palermo. Contraria però è la giu risprudenza della Cassazione di Napoli. V. in proposito le nostre note a col. 99 e 119 del presente volume.
(2) Relativamente al diritto della parte civile di poter appellare non solo quando abbia specificato l'ammontare dei danni in somma maggiore di lire 30 o 1500 (art. 353, n. 3 e 399, n. 3 proc. pen.), ma anche quando abbia chiesta la condanna ai danni senza specificazione di somma, la giu risprudenza è concorde. V. Cass. Torino, 2 maggio 1878 (Foro it., 1878, col. 28S); Cass. Roma, 23 gennaio 1877 (Id, 1877, col. 431); Appello Bologna, 20 aprile 1871 (Id., 1876, col. 278), ecc. E pare non doversi dubitare che per i medesimi motivi e per uguaglianza di trattamento lo stesso principio debba applicarsi all'appello del responsabile civile.
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229 GIURISPRUDENZA PENALE 230
al cancelliere della pretura a quo, con cui dichiari di
interporre appello dalla relativa sentenza. (1) Non è necessario per la validità dell'appello cosi in
terposto dal procuratore del Re, che il cancelliere della
pretura stenda verbale che dia atto del ricevimento
della nota. (2) Se il procuratore del Re dichiarò dinanzi al cancel
liere del Tribunale di appellare dalla sentenza del pre
tore, deducendone contestualmente i motivi: il cancel
liere stesso ebbe a stendere verbale: questo, in copia
rilasciata dal cancelliere medesimo, fu dal procuratore
del Re spedito al cancelliere della pretura, al quale
pervenne entro i dieci giorni (art. 353, n. 2, alinea) :
il cancelliere della pretura rilasciò certificato, esistente
in atti, del ricevimento dell'atto coi motivi, e di averlo
inserito nel registro delle dichiarazioni d'appello: vi
ha una regolare interposizione d'appello da parte del
pubblico ministero: nè ha valore l'obbiezione che il
cancelliere della pretura non abbia steso verbale, ma
semplicemente rilasciato un certificato del ricevimento
dell'atto, che, per essere stato unito agli atti, non sia
più rimasto nella cancelleria. (3)
(Cassazione di Torino, udienza 14 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Pasini, P. M (Conci, conf.) — Ric. P. M. c. Carenzo ed altri — Monit. Trib., Milano,
1879, n. 25, pag. 590).
Amnistia — Sentenza elle ammette a quel beneficio — Appello (R. D. d'amnistia 19 gennaio 1878, art. 1
e 2; Cod. proc. pen., art. 353 d 399).
I.
La persona a cui favore fu pronunziato non farsi
luogo a procedere per effetto dell'amnistia non ha diritto
di proporre appello per provare la propria innocenza.
(Cassazione di Torino, udienza 12 febbraio 1879,
Pres. ed Est. D'Agliano, P. M. Pozzi (Conci, conf.) —
Ric. Pazzini — Giorn. trib., Milano, 1879, n. 56, pag. 225).
II.
Quantunque nel dispositivo della sentenza, non si
legga alcuna pronuncia di condanna dell'imputato a
pena, per la ragione che si ritenne abolita l'azione pe
nale, non potendo quella eccedere mai i sei mesi di
carcere, tuttavia, se dalla motivazione e dalla espressa condanna dell'imputato alle spese ed ai danni verso
la parte civile si rilevi che l'imputato fu pur ritenuto
colpevole, egli ha sempre diritto ad appellare. (4)
(Cassazione di Torino, udienza 30 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Pagani, P. M. Pozzi — Ric. Bazzi,
parte civile, c. Dolci Antonio — Giorn. trib., Milano,
1879, n. 139, pag, 556)
Appeilo — Sentenze preparatorie o definitive (Cod.
proc. pen., art. 358, 400).
I.
Sospensione del giudizio penale — Rinvio al giu
dizio civile.
Le sentenze con le quali si sospende il giudizio pe nale e s'ingiunge all'imputato di portare dinanzi al
giudice competente la questione civile, dalla cui riso
luzione dipende lo stesso giudizio penale, hanno ca
rattere di definitive, e quindi è ammesso contro le
stesse il rimedio dell'appello. (1)
(Cassazione di Torino, udienza 15 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Pasini, P. M. Gambara (Conci, conf.) — Ric. Piantanida (Giorn. trib., Milano, 1879, n. 135,
pag. 540; Mon. Mb., Milano, 1879, n. 25, pag. 588).
(1-3) V. la sentenza della Cassazione di Palermo a col. 154 e seg. del presente volume, in nota, alla quale è diffusamente esaminato lo
stato della giurisprudenza in proposito.
(4) La Corte — « Ritenuto in fatto che i primi giudici pur dichia
rando, per effetto dell'amnistia, abolita l'azione penale, ritennero ad un tempo che sussisteva l'imputazione fatta ai Dolci, i quali sareb bero stati passibili di pena ; che poi non siasi dal Tribunale voluto
ritenere insussistente il reato, e quindi affatto immuni da pena gli im
putati, lo si ricava dalla sentenza da esso emanata, colla quale furono
i Dolci condannati al risarcimento dei danni verso la parte civile e
nelle spese.
« Che pertanto non verificandosi il caso d'assolutoria degli imputati, e solo potendo essere modificati dall'amnistia gli effetti del giudicato, che pur li riteneva colpevoli, avevano li Dolci, al cospetto della sen tenza del Tribunale, interesse e diritto di appellare, onde liberarsi d'ogni contabilità tanto personale che reale e non poteva conseguentemente la Corte chiudere loro la via all'appellazione dichiarando irricevibile il loro appello ■•>.
(1) La Corte osservò che, nonostante la disposizione dell'art. 400
proc. pen. (pel quale l'appello dalle sentenze preparatorie o interlo cutorie non può interporsi che soltanto dopo la sentenza definitiva ed unitamente a questa), le sentenze che dichiarano l'incompetenza sono da considerarsi definitive e quindi appellabili, e ciò sia pel disposto del capoverso dell'art. 365 proc. pen. (in cui è detto che, se il Tribu nale riconosce che il pretore essendo competente a giudicare dichiarò non esserlo, annullerà la sentenza e pronunzierà in merito), sia perchè non potendosi avere sentenza definitiva dopo che il giudice si dichiarò
incompetente, sarebbe assurdo aspettare quella sentenza per ammet tere l'appello della sentenza dichiarativa d'incompetenza. Ciò pre messo, la suprema Corte considerò che « le sentenze, con le quali si
sospende il giudizio penale e si ingiunge all' imputato di portare di nanzi al giudice competente la questione civile, dalla cui risoluzione
dipende il giudizio penale, arrestando, se non per sempre, almeno per un tempo indeterminato, il corso del giudizio penale, ed interdicendo al giudice di compiere il suo mandato insino a che non sia esaurito il giudizio civile, si fa palese l'analogia loro con quelle di dichiara zione d'incompetenza, e quindi il carattere di definitiva nella sentenza, da cui il ricorrente, insieme cogli altri suoi coimputati ebbero ad appel lare, e così il diritto che sull'appello medesimo fosse giudicato ».
Come si vede dal premesso riassunto, ragion di decidere per la Corte fu che, a simiglianza della dichiarazione d'incompetenza, il rinvio al
giudizio civile sospende indefinitamente il corso del giudizio penale. Ci sia però lecito di osservare che l'analogia non sembra molto grande, perchè la dichiarazione d'incompetenza chiude definitivamente il corso al giudizio penale, mentre invece il rinvio al giudizio civile lo sospende soltanto. Anzi, questa sospensione non sempre può dirsi indeterminata o indefinita, poiché spesso nel rinvio si prefigge un termine per la ri soluzione della controversia civile, ed appunto nella specie decisa dalla sentenza che annotiamo, il pretore aveva assegnato il termine di nove mesi all'effetto di far riconoscere il diritto preteso dagl' imputati di esercitare in alcuni boschi il pascolo, pel cui esercizio erano stati im
putati. Del rimanente la giurisprudenza ha già stabilito, di conformità alla
massima che annotiamo, essere assimilate nei rapporti dell'appellabi lità alle sentenze definitive quelle che sospendono il giudizio penale fino all'esito dell'incidente civile, per la cui risoluzione rinviano le
parti. Cass. Torino, 13 giugno 1867 (Gozz. trib., Genova, 1867, pag. 329) ; Cass. Firenze, 21 luglio 1869 (Annali, 1869, pag. 270). V. pure la sen tenza che segue.
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231 PARTE SECONDA 232
II.
Incompetenza per territorio — Sospensione del giu dizio penale — Rinvio al giudizio civile (Cod. proc.
pen., art. 33, 365, 366 e 419, ali. 3).
L'ordinanza con la quale è respinta l'eccezione d'in
competenza per territorio è meramente preparatoria e interlocutoria, sicché è inammessibile l'appello contro
essa, interposto disgiuntamente e prima di quello di
merito. All'incontro è una vera sentenza definitiva il prov
vedimento, col quale si sospende il giudizio penale fino
all'esito di una controversia incidentale per sè stante, che viene rimessa per la risoluzione al giudice civile. (1)
(Cassazione di Firenze, udienza . .. marzo 1879, Pres.
Poggi, Est. Coppi, P. M. Gloria — Ric. Bongi (Giorn.
trib., Milano, 1879, n. 91, pag. 364).
III. Incompetenza per nuovi fatti emersi al dibattimento
(Cod. proc. pen., art. 365, 366 e 353).
Non può considerarsi come definitiva, e non è quindi suscettiva di appello, la sentenza del pretore che, a
seguito di nuove circostanze emerse al dibattimento, dichiari la propria incompetenza ed ordini la trasmis sione degli atti al Proc. del Re perchè promuova nuova
istruzione. (2)
(Cassazione di Torino, udienza 28 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Talice, P. M. Pozzi (conci, conf.) —
Ric. Varetto Michele). (Nostra sentenza).
IV.
Incompetenza per nuovi fatti emersi al dibattimento — Erralo avvertimento (Cod. proc. pen., art. 395, 399 e 419).
È inappellabile la sentenza del Tribunale colla quale,
giudicando in seguito a rinvio della Sezione d'accusa
ed essendo sorte al dibattimento nuove circostanze atte
a dar luogo a diversa pronuncia della stessa Sezione
d'accusa, venne senz'altro rimandata la causa al com
petente giudice istruttore per ulteriore procedimento
(art. 395, proc. pen.). Nè a rendere appellabile tale sentenza può valere la
circostanza che il presidente per errore abbia avver
tito l'imputato che gli spettava la facoltà di appel lare. (1)
Cassazione di Torino, udienza 23 maggio 1879, Pres.
Montagnini, Est. Malagoli, P. M. Gambara (Conc. conf.) — Ric. Negri (tìior. trib. Milano-, 1879, n. 161, pag. 645).
(1) Ecco la parte sostanziale dei motivi: « Attesoché (così la Cass. fiorentina) con le sentenze di questa specie
(si era rimessa la cognizione di merito al giudice civile assegnando all'imputato Bongi il termine di due mesi per la risoluzione) viene a decidersi un incidente perentorio, rinviando al giudice civile una con troversia incidentale di per sè stante, e interrompendo il procedimento penale fino all'esito dell'incidente civile, dimodoché sono da assimi larsi per le loro conseguenze alle sentenze definitive propriamente dette, in quanto possono esaurire la giurisdizione del magistrato sopra la materia del giudizio con danno delle parti interessate, e dirimono una grave questione di competenza e di attribuzioni fra due ordini di giurisdizione diversi, con effetto irreparabile. In tali casi, o sarebbe vano del tutto l'attendere la sentenza definitiva per rendere possibile l'appello, o certamente, differendolo, si andrebbe contro lo scopo della legge, che fu d'ovviare ai ritardi, alle tergiversazioni e alle inutili
spese, oltre che si verrebbe ad alterare irrevocabilmente quell'ordine di giudizio che era stato promosso ».
V. pure la nota precedente. (2) La Corte, ecc. — « Attesoché l'appellabilità del provvedimento
del pretore costituisce una vera impossibilità legale, non avendo, né potendo avere altro effetto tranneché quello di riaprire il periodo istrut torio onde poter precisare in seguito alle nuove ricerche la vera na tura del reato e porlo in armonia coll'ordine costituito delle compe tenze. E di vero, la pronunciazione del pretore, piuttostochè una vera decisione suscettiva dell'efficacia della cosa giudicata, sarebbe a con siderarsi come una specie di orclinatorium litis attinente alla giuris dizione meramente istruttoria, avente per suo istituto di emettere giudizi di semplice approvazione e probabilità. Tutti i provvedimenti interlocutori, aventi per iscopo l'esatto compimento dell' istruzione, prescriventi, cioè, nuove indagini ed informazioni per l'estensione della medesima a nuovi fatti, come lo addita l'art. 248 del Codice di pro cedura, e gli altri d'indole somigliante, non hanno virtù decisoria, altro non essendo che i modi onde prendono regolare sviluppo gli atti pre paratori del giudizio definitivo di merito.
« E quando pure siffatto provvedimento d'incompetenza ravvisare si
potesse come definitivo su tal punto, non per questo ne sorgerebbe per l'imputato il diritto d'appellarne, non potendo proporre alcun gravame da un provvedimento che non lo colpisce in alcuna maniera, e che
solo nell' interesse supremo della giustizia sociale, superiore e preva lente ad ogni interesse individuale, prescrive che siano meglio chia rite le cose nel senso di una più esatta imputazione, contro la quale a tempo debito avrà poscia esso imputato aperta la via ad esercitare in tutta la sua pienezza ed estensione l'illimitato suo diritto di difesa.
« E poi avendo il legislatore nelle concrete contingenze del caso se
gnata la via da percorrersi, non vi può esser dubbio che a fronte di
un procedimento speciale straordinario, formalmente da esso prescritto, cessar deve ogni altro rimedio generale ordinario incompatibile col
particolare provvedimento, con espressa disposizione sanzionato. « Nè si venga ad invocare in senso contrario l'art. 365 del Codice di
procedura, ove sta scritto che se il Tribunale riconosce che il pretore, essendo competente, dichiarò tuttavia non esserlo, annullerà la sen tenza e pronunzierà sul merito. Anzitutto tale argomento poggia sopra un falso supposto, ed è che il Tribunale riconoscesse come competente il pretore ; invece tutto il tenore della sentenza del Tribunale dimostra il contrario, e segnatamente ove si motivò : « che stante il dubbio « sulla natura precisa del fatto, e sulla relativa competenza a cono « scerne, non potendo allo stato delle cose essere ravvisato come « semplice delitto o contravvenzione, piuttostochè crimine, ne sorgeva « evidente la conseguenza della inappellabilità per parte dell'imputato, « a sensi dell'art. 353 » ; e si poteva anche aggiungere eziandio del l'art. 400 del Codice di procedura ora vigente, che regola l'appello delle sentenze preparatorie od interlocutorie, nel quale articolo venne
soppresso l'inciso del consimile art. 392 del Codice del 1859, dicente : nondimeno l'appello potrà essere interposto prima della sentenza
definitiva, quando si tratterà d'incompetenza. « Ma poi coll'accennata disposizione dell'art. 365 si volle solo allu
dere al caso in cui la pronunciazione in merito sia possibile, cioè, quando sia fermamente stabilita la vera natura del fatto imputato, e il medesimo per lo meno non esca fuori dei confini della competenza del Tribunale stesso, non già di portare la massima perturbazione in tutte le regole di procedura giurisdizionale al punto di costringere il
Tribunale a giudicare su fatti non bene determinati nella loro precisa entità, ovvero costituenti crimini di competenza della Corte d'assise, senza il previo rinvio della Sezione d'accusa. Giustamente quindi il Tribunale non si prese cura di esaminare l'applicabilità nella specie del detto art. 365, non meno che degli articoli 364 e 366 che erano in
vocati nelle requisitorie del P. M. : comecché tutti indubbiamente, estranei affatto alla questione che era a decidersi ;
Per questi motivi, rigetta, ecc. »
V. sentenza seguente. (1) La Corte osservò che un tale pronunziato non eccede la portata
di una semplice e pura sentenza interlocutoria, poiché non risolve il merito nè lo pregiudica, ma richiama sempl:cernente la causa allo stadio d'istruzione. E riguardo all'errato avvertimento considerò che un errore giuridico non può investire l'imputato di una facoltà che
gli manca, e rendere così appellabile una sentenza di sua natura
inappellabile, mentre di contro all'equivoco incorso sta la legge, la cui ignoranza non si può con efficacia allegare.
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